Patie Book (IT)

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Curriculum e Materiali Formativi


Il libro è stato originariamente scritto in lingua inglese. È stato pubblicato successivamente in quattro lingue: greco, italiano, polacco e spagnolo. Versione inglese: Sofia Dimou, Carlos Ramirez e Laura Remaschi Traduzione dall’inglese al greco: Krystallenia Fragkou e Konstantinos Androulakis Traduzione dall’inglese all’italiano: Alberto Bartolomeo, Mario Paiano, Mariagiovanna Ricciarelli e Cristiano Sanna Traduzione dall’inglese al polacco: Aleksander Schejbal Traduzione dall’inglese allo spagnolo: Craig Gallacher, Ernesto Elorza, Teresa Villaverde, Maddalen Gil e Amaia Goyena Questa pubblicazione riflette esclusivamente il punto di vista dell’autore, la Commissione non può essere ritenuta responsabile dell’uso che può essere fatto delle informazioni contentute al suo interno. Copertina, layout design: Kyriaki Vogiatzi, Ermis Graphics ©2015 Copyright: PaTiE Project Partners Stampato da: Pixartprinting SpA Via 1° Maggio 8, 30020 Quarto D'Altino (VE) Tel. 0422823301 fax. 0422780516 p.i. IT04061550275 c.f. 04061550275 Reg. Imp. Venezia n. 04061550275/ C.S. € 1.000.000,00 i.v. Publisher: Centro Machiavelli s.r.l. Piazza Santo Spirito 4 50125 Firenze, Italy http://www.patie.eu http://www.centromachiavelli.it http://www.training‐agency.centromachiavelli.it/en/patie‐psychodrama‐ss‐ tool‐in‐education


Il metodo esperienziale dello psicodramma Lo psicodramma come strumento educativo Materiali didattici ‐ Modulo 1 Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation

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Sommario 1. Descrizione del modulo............................................................................................

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1.1. Obiettivi.................................................................................................................

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1.2. Obiettivi formativi..................................................................................................

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1.3. Organizzazione dei materiali e del workshop........................................................

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2. Introduzione alla teoria............................................................................................ 5 2.1. J.L. Moreno e le origini dello psicodramma............................................................. 6 2.2. Creatività e spontaneità – i capisaldi dello psicodramma........................................ 9 2.3. L’importanza dell’incontro....................................................................................... 10 2.3. Sul palcoscenico dello psicodramma........................................................................ 14 2.5. Repertori dei ruoli..................................................................................................... 14 2.6. Condividere le esperienze.......................................................................................... 16 3. Introduzione agli esercizi............................................................................................ 20 3.1. Warm‐up........................................................................................................................ 21 ‐ Saluti........................................................................................................................... 21 ‐ Nomi........................................................................................................................... 22 3.2. Azione........................................................................................................................... 21 ‐ Fiducia........................................................................................................................ 24 ‐ Atomo Sociale............................................................................................................ 24 ‐ Complementarietà..................................................................................................... 27 ‐ Maschere................................................................................................................... 28 ‐ SI / NO....................................................................................................................... 29 3.3. Chiusura......................................................................................................................

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‐ Il Percorso.................................................................................................................

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4. Valutazione.............................................................................................................

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5. Bibliografia..............................................................................................................

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5.1. Riferimenti in Inglese.............................................................................................

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5.2. Riferimenti in Polacco.............................................................................................

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1. Descrizione del modulo Il metodo esperienziale dello psicodramma è il primo modulo introduttivo del corso Psychodrama as a Tool in Education (PaTiE), Lo psicodramma come strumento educativo. Il modulo dovrebbe essere studiato prima di procedere alle altre parti del corso, soprattutto da parte di coloro che non hanno familiarità con il metodo dello psicodramma e quindi hanno bisogno di afferrare i suoi concetti e principi fondamentali. Il corso è rivolto a insegnanti e formatori che sono interessati a imparare come applicare i metodi d’azione psicodrammatici in classe. La conoscenza pratica dello psicodramma può essere utile per affrontare una serie di questioni che si sviluppano nel processo educativo. Questo modulo introduttivo esamina gli aspetti del metodo di potenziale interesse per gli educatori che cercano modi per migliorare l’efficienza dei loro approcci. 1.1 Obiettivi Introdurre gli educatori professionali per adulti allo psicodramma, in particolare agli aspetti del metodo che sono applicabili al di fuori di contesti terapeutici Dare un assaggio di sessione psicodrammatica in tutte le sue fasi di warm‐up, azione e condivisione Mostrare le tecniche di campionamento e gli esercizi che verranno trattati in modo più dettagliato nelle seguenti parti del corso Discutere l’applicabilità e l’utilità dello psicodramma nell’istruzione ed educazione professionale degli adulti

1.2 Obiettivi formativi Al termine del modulo, l’insegnante sarà in grado di: Delineare i principali concetti e principi dello psicodramma Fornire esempi di applicazione del metodo in formazione Identificare le possibili minacce derivanti dall’uso dello psicodramma al di fuori dal contesto psicoterapeutico Sottolineare le opportunità di arricchimento dell’IFP degli adulti grazie alle tecniche e agli esercizi psicodrammatici

1.3 Organizzazione dei materiali e del workshop I materiali presentati in questo modulo possono essere utilizzati in due modi. Prima di tutto, specificano il contenuto della rispettiva parte del curriculum PaTiE e quindi aiutano il piano del direttore del corso ed eseguono il modulo introduttivo del corso. In secondo luogo, il contenuto può essere studiato dagli educatori professionali, dai partecipanti al corso, come materiali didattici integrativi utili alla comprensione e consolidamento della metodologia appresa durante il seminario. Questo è un modulo introduttivo, e quindi deve offrire una panoramica dello psicodramma e delineare il contenuto delle prossime parti del corso. A tal fine, dovrebbe essere dato tempo sufficiente alla presentazione dei concetti di base e dei principi dello psicodramma che ne fanno una risorsa interessante di tecniche

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esperienziali per gli educatori, nonché per comprendere i pericoli dell’utilizzo irresponsabile del metodo che può nuocere profondamente ai partecipanti. L’aspetto teorico del modulo non dovrebbe stare nelle dimostrazioni pratiche dello psicodramma come metodo esperienziale. Ciò sarà garantito in due modi. La sessione segue lo schema generale di un laboratorio di psicodramma che conduce i partecipanti attraverso tutte le fasi chiave di warm‐up, azione e condivisione. Tempo sufficiente è dato all’introduzione di tecniche di campionamento da presentare in dettaglio nei moduli seguenti del corso. Lo scopo di questa scelta è di annunciare il contenuto dell’intero corso in modo accattivante, dando ai partecipanti un “assaggio” della prossima esperienza. Le attività previste nel modulo introduttivo delineano gli approcci validati nell’ambito del progetto Psychodrama on the educational stage (POTENS) che ha sviluppato l’innovazione da trasferire al progetto PaTiE. Questa interconnessione si riflette in tutte le tre parti principali del modulo.

L’introduzione alla teoria si concentra su quegli aspetti dello psicodramma che si sono rivelati utili e applicabili nell’ambito dell’educazione degli adulti. Ora la metodologia è rivista alla luce delle esigenze specifiche degli educatori professionali per adulti che sono il principale gruppo target del corso PaTiE. L’introduzione alla teoria è redatta in modo tale da presentare brevemente le origini e la storia dello psicodramma, definire il suo carattere unico e annunciare i principali temi che verranno affrontati più approfonditamente nei moduli seguenti. La teoria è strettamente interconnessa con la parte pratica del workshop in linea con la filosofia psicodrammatica che valorizza l’apprendimento esperienziale. Viene fornito un ulteriore elenco di letture per lo studio autonomo, pensato per gli educatori che vogliono acquisire una comprensione più profonda delle teorie dietro il metodo. La parte fondamentale del modulo introduce una serie di esercizi psicodrammatici scelti in modo da dare ai partecipanti un assaggio della metodologia in tutti i suoi aspetti trattati nel corso. Si ritiene che un’introduzione pratica allo psicodramma come strumento di formazione sia un approccio più efficiente rispetto a quello delle lezioni. Tutti gli esercizi presentati sono stati convalidati nel quadro del progetto POTENS e costituiscono quindi un pacchetto adeguato di risorse per il primo incontro con lo psicodramma, che ci si aspetta rappresenti un nuovo metodo per i partecipanti al corso PaTiE. Il modulo è progettato in modo tale da fornire sia al formatore che ai partecipanti una chiara indicazione del livello di conseguimento dei risultati di apprendimento previsti. Ogni attività che introduce un aspetto specifico dello psicodramma si conclude con una serie di domande che dovrebbero portare a una discussione che coinvolga tutti i partecipanti e che riflette il livello di comprensione dei concetti chiave trattati. Strumenti di valutazione e di reporting sono forniti per aiutare il direttore del corso a valutare oggettivamente i risultati del modulo.

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2. Introduzione alla teoria Lo psicodramma è un metodo terapeutico che sostiene lo sviluppo personale fornendo una possibilità unica per presentare esperienze, problemi, difficoltà e conflitti interni sotto forma di drammatizzazione. Ci sono molte definizioni di psicodramma nella letteratura corrente. Ai fini dell’introduzione al corso PaTiE abbiamo adottato una definizione proposta da Peter Felix Kellermann nel suo libro Focus sullo psicodramma come la definizione più completa e ampiamente accettata dagli psicodrammatisti: “Lo psicodramma è un metodo di psicoterapia in cui i clienti sono invitati a proseguire e completare le loro azioni attraverso la drammatizzazione, i giochi di ruolo, e la presentazione teatrale di se stessi. Sia comunicazioni verbali che non verbali sono utilizzate. Sono rappresentate un certo numero di scene, per esempio, i ricordi di eventi specifici verificatisi in passato, situazioni incompiute, drammi interiori, fantasie, sogni, preparativi per le future situazioni di rischio e le espressioni estemporanee di stati mentali nel qui e ora. Queste scene sono sia situazioni di vita reale che esternazioni di processi mentali interiori. Se necessario, i membri del gruppo o oggetti inanimati possono assumere altri ruoli. Vengono impiegate molte tecniche come quella del rovesciamento dei ruoli, il raddoppio, il mirroring, la concretizzazione, la massimizzazione e il soliloquio. Di solito possono essere identificate le fasi di riscaldamento, azione, lavoro, di chiusura e di condivisione”. Il metodo è stato creato da Jacob Levy Moreno (1889‐1974), uno psichiatra rumeno, e da allora è stato sviluppato sostanzialmente in varie direzioni da psicoterapeuti in tutto il mondo. Moreno, nella sua teoria, ha sottolineato il fatto che l’uomo si sviluppa e cresce in un gruppo che ha una forza unica di interazione proveniente dalle sue dinamiche interne. Un gruppo è come uno specchio in cui tutti possono vedere i propri riflessi. Sul palco psicodrammatico vengono riprodotte queste riflessioni e scenari di situazioni che possono accadere in futuro. Le norme sono o molto simili alle situazioni che si sono verificate nella vita reale o sono un modo figurato di presentare stati e processi mentali. I ruoli dei vari personaggi e i sentimenti che sono importanti per un membro del gruppo sono interpretati da altri membri scelti dalla persona il cui “dramma” viene esplorato. Questa attenzione per i processi di gruppo rende il metodo, concepito soprattutto come approccio psicoterapeutico, di interesse e di valore per gli educatori che si dedicano alle dinamiche di gruppo come parte fondamentale del loro lavoro. Le linee guida sull’uso dello psicodramma nell’educazione degli adulti, create come parte del progetto POTENS, sensibilizzano i potenziali utenti all’uso della metodologia come strumento educativo per le seguenti questioni: Lo psicodramma, come metodo di lavoro di gruppo, può creare le condizioni adatte per il processo educativo tramite la costruzione di un clima di fiducia e di sicurezza, nonché rafforzando l’integrità di un gruppo. Lo psicodramma può migliorare la spontaneità e la creatività dei partecipanti. Lo psicodramma offre strumenti pratici di applicazione in materia di istruzione, facilitando l’acquisizione di competenze e plasmando gli atteggiamenti. L’applicazione di metodi psicodrammatici non consiste nella semplice attuazione di procedure e tecniche, ma richiede un approccio responsabile, creativo e unico nella costruzione di relazioni personali e di gruppo. Per poter utilizzare le tecniche psicodrammatiche in modo efficiente, l’educatore deve avere sufficienti competenze che possono essere pienamente acquisite solo attraverso una formazione completa sulla metodologia dello psicodramma.

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Per riassumere i punti di cui sopra, si deve sottolineare che l’applicazione dello psicodramma in materia di istruzione può aumentare e migliorare il lavoro del gruppo, ma può anche portare a molteplici rischi qualora il trainer non possieda sufficiente conoscenza, abilità ed esperienza. Così la seguente panoramica dello psicodramma dovrebbe essere presa come un incoraggiamento per uno studio più approfondito del metodo che può essere in parte condotta attraverso la lettura. Tuttavia, la piena comprensione del potenziale del metodo è realizzabile solo attraverso la pratica sotto la supervisione di un istruttore qualificato, preferibilmente con il supporto di un gruppo di praticanti della stessa età. 2.1 J.L. Moreno e le origini dello psicodramma Lo psicodramma è stato inventato da Jacob Levy Moreno (1889 ‐ 1974), un pensatore versatile che non può essere etichettato e collocato facilmente nella storia delle idee. Da un lato, ha avviato una corrente importante in psicoterapia moderna, essendo il creatore del metodo di terapia di gruppo e il fondatore dell’Associazione Internazionale di Psicoterapia di Gruppo. D’altra parte, si è avventurato in vari exploit intellettuali, la pubblicazione di fantasie onnipotenti, come Le parole del Padre, contenente “le parole di Dio, nostro Padre, il Creatore dell’universo”. Così Moreno è un soggetto particolarmente privilegiato per tutti coloro che amano indulgere nella psicoanalisi speculativa delle fonti di tali scritti ermetici e vederli nei traumi della prima infanzia, nel rapporto dell’autore con sua madre ebrea, o il suo rapporto di fantasia idealizzata con il padre assente. Ciò non è tuttavia l’oggetto del corso PaTiE. Dovremmo piuttosto concentrarci su quelle idee di Moreno che hanno influenzato il metodo dello psicodramma così come è praticato oggi. A questo punto noi citiamo solo ciò che vale la pena di essere consultato; almeno alcuni degli scritti originali sullo psicodramma per apprezzare appieno il contesto unico in cui ha avuto origine. Moreno ha iniziato la sua carriera professionale come medico psichiatra a Vienna nel 1920 nel momento in cui Freud era una figura influente nei circoli intellettuali viennesi. Si distanziò dalla psicoanalisi fin dall’inizio sottolineando le differenze sostanziali tra le sue teorie e il pensiero freudiano. Sono due i fattori più importanti di differenziazione delle due scuole di psicoterapia: Moreno ha sottolineato la negatività insita nella visione di Freud sul mondo e sugli esseri umani, visibile nella tendenza ad associare le origini della vita con calamità e con la messa a fuoco del dolore e del male che domina l’universo. Al contrario, Moreno ha visto l’uomo come un essere creativo onnipotente e il co‐creatore dell’universo. Lo psicodramma si allinea perfettamente a questa prospettiva come metodo di responsabilizzazione che mira a far emergere il nostro potenziale nascosto. In secondo luogo, Moreno ha preso le distanze dalla preoccupazione totale di Freud per l’analisi della psiche, a scapito dei metodi di gruppo in azione. Ciò deriva dall’impostazione della filosofia di Moreno che sottolinea la natura sociale degli esseri umani: ciò che conta è soprattutto il rapporto come il sé che emerge dalle interazioni umane. La terapia riguarda quindi più la creativa (ri)costruzione delle relazioni piuttosto che le esplorazioni solitarie del proprio mondo interno. È interessante notare che lo scontro iniziale degli approcci tra i fondatori delle due scuole di psicoterapia si riflette sullo stato attuale delle rispettive teorie. C’è un’ampia letteratura scientifica sulla psicoanalisi mentre lo psicodramma è molto più noto per la sua “azione” che per le sue teorie. Ciò può causare una difficoltà nel proporre una spiegazione completa e scientificamente valida dei principi alla base degli interventi psicodrammatici. In seguito illustreremo solo gli aspetti dello psicodramma che sono stati ampiamente riconosciuti come validi nel lavoro di gruppo.

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Ricorda Lo psicodramma di Moreno si configura come un approccio basato sull’azione in contrasto con il metodo terapeutico analitico di Freud. I primi esperimenti di Moreno a Vienna erano altamente innovativi nel contesto in cui sono nati ma non sono stati pienamente compresi o apprezzati in quel momento. Egli sviluppò le sue idee direttamente in “azione”, intraprendendo varie iniziative durante gli anni di studio e poi nella sua pratica medica e non solo. Ha diretto i primi giochi psicodrammatici con i bambini nei parchi di Vienna incoraggiandoli alla narrazione attiva sulle oppressioni della famiglia e della scuola. Moreno, nei suoi anni viennesi, è stato coinvolto anche nella pratica del teatro innovativo contestando la mancanza di spontaneità negli spettacoli teatrali istituzionali e sperimentando con l’improvvisazione di esperienze di vita direttamente sul palco. Ha anche fondato una sua compagnia teatrale, Living Newspaper, portando notizie del giorno sul palco e coinvolgendo il pubblico alla partecipazione spontanea all’azione. L’aspetto terapeutico dello psicodramma non era ancora presente in queste acrobazie artistiche, ma l’idea di base del metodo psicodrammatico che è una forma di “teatro della spontaneità” è già visibile. Aveva bisogno di essere concretizzata e formulata attraverso la pratica clinica terapeutica. Il lavoro di gruppo come metodo di terapia è stata anche avviato da Moreno a Vienna, dove entra a far parte di un progetto per aiutare a prevenire la diffusione di malattie veneree attraverso la psicoterapia di gruppo offerto alle prostitute. Il periodo viennese mostra Moreno come pensatore altamente creativo e attivista, fino ad avanzare idee originali che abbracciano la spiritualità, la filosofia, il teatro, il lavoro sociale e la medicina. I capisaldi dello psicodramma come lo conosciamo oggi, che mettono in risalto le doti di creatività e spontaneità, sono già visibili nella stessa vita del suo fondatore.

Ricorda Lo psicodramma è nato a Vienna agli inizi del 20° secolo nel lavoro altamente innovativo di J.L. Moreno. Moreno lasciò l’Austria per gli Stati Uniti nel 1926, totalmente scoraggiato dall’accoglienza ostile ricevuta dalle sue idee nei circoli intellettuali e medici viennesi e sperando in un benvenuto più entusiasta nel Nuovo Mondo. A quel tempo egli si preoccupava di elaborare metodi in grado di apportare un cambiamento sociale e di combattere contro le malattie della società, convinto del fatto che i conflitti interni e la patologia su cui tanto si concentra la psicoanalisi freudiana siano il prodotto delle interazioni dell’individuo con la società esterna che ha bisogno di essere guarita nel suo complesso. Non è il singolo essere umano che ha bisogno di essere cambiato ma tutta l’umanità. Lo psicodramma come metodo lavorativo di terapia di gruppo era strettamente legato ad altre invenzioni di Moreno per il quale egli cercava riconoscimento tra i suoi colleghi psichiatri americani. Si tratta principalmente di una sociometria che egli sviluppò come scienza di misurazione delle relazioni e delle interazioni interpersonali. È il primo metodo inventato da Moreno ad essere stato riconosciuto come strumento prezioso in psichiatria. Le sue altre idee, andando ben oltre la serie di tecniche particolari da essere utilizzate nella pratica medica, erano molto più difficili da comunicare. In particolare, l’idea di “sociometria”, che combina sociometria, psicoterapia di gruppo e psicodramma in una nuova scienza 7


con l’obiettivo radicale di cambiare il tessuto essenziale della società, era totalmente respinto. Moreno è riuscito tuttavia ad applicare la sua pratica psicodrammatica a situazioni cliniche in cui ha lavorato negli Stati Uniti e a propagarla anche grazie alla moglie Zerka Moreno che ha contribuito a tradurre gli scritti astrusi del pensatore visionario in una serie di “Regole psicodrammatiche, tecniche e metodi di terapie supplementari“. Questo è uno dei motivi dell’ampio riconoscimento dello psicodramma come particolare forma di psicoterapia clinica di gruppo. Si ricorda inoltre che lo psicodramma ha origine a partire da una filosofia sociale radicale che vede ogni essere umano come co‐ creatore della società, co‐responsabile del proprio benessere. Questi obiettivi possono difficilmente essere limitati alla terapia dei disturbi mentali, essi si adattano molto meglio agli obiettivi formativi della formazione.

Ricorda Lo psicodramma non è semplicemente un metodo o una tecnica. Esso è profondamente radicato nella filosofia degli obiettivi sociali. Il movimento dello psicodramma è stato fondato negli Stati Uniti, ma sia Moreno che la moglie hanno viaggiato molto per propagandare le loro idee. Sono venuti in Europa in una serie di occasioni per dare lezioni e dimostrazioni pratiche del loro lavoro. Essi sono stati seguiti da una serie di rinomati psicodrammatisti americani che hanno incoraggiato le pubblicazioni sullo psicodramma e l’istituzione di centri di formazione. Questi sforzi hanno ottenuto slancio nel 1970 e, infine, hanno portato alla creazione di istituti nazionali di psicodramma, ora attivi nella maggior parte dei paesi europei e associati sotto confederazioni internazionali ‐ PIFE http://www.pife‐europe.eu/en/ e FEPTO http://www.fepto.com/ (collegamenti a tutti gli istituti nazionali accreditati in Europa possono essere trovati su questi portali). Così lo psicodramma è diventato un metodo consolidato di psicoterapia, praticato sia in ambito clinico che non clinico mediante psicodrammatisti certificati, e come parte dei servizi sanitari nazionali in alcuni paesi (ad esempio nel Regno Unito). Non sorprende che esso sia principalmente percepito come una forma di intervento terapeutico. Tuttavia, la necessità di andare oltre le impostazioni terapeutiche e sviluppare ulteriormente le applicazioni non cliniche di psicodramma è ampiamente riconosciuta tra gli psicodrammatisti. Anche in questo caso la spinta principale viene dagli Stati Uniti dove vari campi di tali applicazioni, tra cui l’istruzione, sono stati esplorati (cfr. la banca dati on‐line di articoli e documenti di ricerca http://www.blatner.com/adam/pdntbk/resources.htm). Il fattore che limita la popolarità dello psicodramma in Europa al di fuori dei circoli di terapeuti professionisti è il sistema di certificazione rigorosa propagato dagli istituti di psicodramma nazionali e una relativa mancanza di formazione in Psicodramma al di fuori del contesto della psicoterapia. Il corso PaTiE colma questa lacuna e offre un corso intensivo introducendo concetti e metodi di psicodramma di base per educatori adulti, saldamente radicato nella precedente iniziativa pilota del progetto POTENS.

Ricorda Lo psicodramma è noto soprattutto come forma di psicoterapia, ha applicazioni non cliniche, tra cui l’istruzione.

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2.2 Creatività e spontaneità: i capisaldi dello psicodramma Al fine di cogliere immediatamente l’importanza dello psicodramma per l’educazione dovremmo guardare più da vicino i due concetti che svolgono un ruolo fondamentale nella filosofia di Moreno. Essi sono strettamente connessi e quindi dovrebbero essere considerati insieme. Moreno credeva che ogni uomo è naturalmente dotato di un certo grado di spontaneità e creatività, anche se non tutti sono in grado di beneficiare appieno del loro potenziale. Vi è una certa confusione sul significato di questi due concetti, fatto che incide sulla comprensione della natura del percorso di formazione psicodrammatica che è, tra l’altro, finalizzato a promuovere e a favorire queste qualità nei partecipanti. La spontaneità non deve essere vista come impulsività, che non è certo una virtù. Si tratta piuttosto di uno stato nel qui ed ora che permette di rispondere adeguatamente a una situazione nuova o di fornire una nuova risposta in una situazione familiare. La spontaneità si manifesta come libera espressione della personalità e come capacità di comportarsi in modo autonomo, nel corso degli eventi della vita. Non è tanto una riserva di energia che spinge l’uomo verso l’azione, ma piuttosto un processo interiore della persona nell’immediato, un flusso di sensazioni attivate in una particolare situazione, soprattutto di fronte alla spontaneità di un’altra persona. Così la spontaneità si comprende meglio come uno stato opposto all’inibizione che si manifesta in un rigido comportamento automatico. La spontaneità è un catalizzatore per la creatività. Per essere in grado di elaborare una nuova idea o di produrre qualcosa di nuovo, non solo una replica di ciò che già esiste, uno si deve trovare in una condizione particolare, che Moreno etichetta come “stato della spontaneità”. Ciò che si intende è un particolare stato d’animo in cui immagini, concetti o soluzioni emergono, vengono alla luce, a volte in forma sorprendentemente chiara e talvolta come suggerimenti per essere ulteriormente elaborati consapevolmente. Questo fenomeno, non è facile da essere compreso o spiegato, è l’essenza di tutta la creatività umana. Moreno ha più volte sottolineato il valore unico di questi atti creativi durante la sua vita: ciò che conta è il processo alla base della creazione, non la “riserva culturale” che ne è il risultato e che ci lascia schiacciati, a meno che non vi ci avviciniamo a modo nostro, con la nostra spontaneità e creatività (prendere in considerazione una visita ad un museo con un gruppo di studenti non in vena di ammirare i reperti). I principi di Moreno di spontaneità e creatività hanno molte ramificazioni importanti per gli educatori, se presi sul serio. Prima di tutto, rivelano un personalismo radicale che si concentra più sui processi soggettivi e sulle qualità della persona rispetto ai prodotti oggettivi in cui questi processi risultano. Da questo punto di vista anche le più grandi meraviglie della creatività umana ‐ poesie, sinfonie o invenzioni tecniche ‐ sono visti come “riserve culturali”, in cui un atto creativo è concluso. L’etichetta peggiorativa incoraggia una revisione totale dei modi in cui la cultura viene insegnata: invece dell’apprezzamento passivo dei manufatti, è necessario un impegno attivo per innescare un interesse autentico e il dialogo con l’oggetto. Infine, l’obiettivo è quello di promuovere la creatività, non il consumo dei prodotti “preservati”. Questo dovrebbe essere letto alla luce della contestazione di Moreno di quello che lui chiama “normism”, che è un’ossessione o un bisogno compulsivo di seguire un modo comunemente accettato di comportamento, invece di pavimentare il proprio percorso per tutta la vita. In particolare, egli detestava questo “conformismo compulsivo” che vedeva come una piaga sociale dei nostri tempi. Nel suo magnum opus, Who Shall Survive, ha sostenuto una nuova società che valorizza i singoli contributi degli individui.

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Ora, come possono formarsi la spontaneità e la creatività, se diventano mete ambite di pratiche terapeutiche o educative? Questo sembra un paradosso in quanto entrambe sembrano qualità naturali o abilità di un individuo. Moreno credeva fermamente che questo fosse possibile e ha visto nel lavoro di gruppo psicodrammatico un modo per promuoverle. Il metodo crea un ambiente sicuro in cui i membri del gruppo si trovano in situazioni che li obbligano a rispondere in modo nuovo a situazioni già sperimentate in precedenza nella loro vita e in occasione delle quali non hanno reagito in maniera adeguata. Grazie all’aiuto del direttore e del gruppo, possono essere sperimentate una serie di reazioni alternative. Essi possono inoltre esplorare potenziali situazioni future e provare diversi modelli di comportamento, compresi quelli percepiti in precedenza come possibili a causa del proprio carattere, temperamento o norme accettate. La dimensione sociale della formazione è qui essenziale; Moreno era infatti profondamente convinto della “forza del gruppo” per facilitare il cambiamento nel comportamento dei suoi membri. Così il suo personalismo, di cui sopra, dovrebbe essere visto come la salda collocazione della persona in un contesto di gruppo in cui lui/lei si sviluppa. Essenziale è qui la creazione di un ambiente favorevole e sicuro alla sperimentazione di diversi comportamenti e reazioni senza aver paura di essere puniti gli errori commessi o le azioni sbagliate. A questo scopo gli psicodrammatisti hanno sviluppato una serie di tecniche di warm‐up, di applicazione molto più ampia rispetto alle impostazioni terapeutiche da cui sono nate e in cui vengono principalmente utilizzate. Il concetto di warm‐ up è strettamente legato a quello della spontaneità: questa parte iniziale della sessione di psicodramma mira a preparare i membri del gruppo di azione, facilità l’apertura aumentando così il calore delle interazioni interpersonali nel gruppo. Il corso PaTiE ha un modulo specifico sul warm‐up (modulo 4) per sensibilizzare gli educatori a questa fase essenziale del lavoro di gruppo. Si introducono una serie di tecniche applicabili in contesti educativi, e va inoltre ricordato che queste non possono essere viste come un insieme predefinito di strumenti ma sono piuttosto esempi che incoraggiano un’accurata evoluzione del contesto in cui la spontaneità e la creatività potrebbero germogliare.

Ricorda Nella filosofia di Moreno è la spontaneità che favorisce la creatività. Queste sono entrambe qualità essenziali dell’essere umano e possono essere promosse in un ambiente sicuro e solidale come quello di una sessione psicodrammatica. 2.3 L’importanza dell’incontro Moreno è stato uno dei primi pensatori ad aver posto il fenomeno dell’incontro con l’altro al centro delle indagini filosofiche. Il suo Invitation to an Encounter (Invito a un incontro) pubblicato nel 1914 ha preceduto un lavoro fondamentale in questo campo, I and Thou, (Io e tu), di un altro pensatore ebreo che lavorava a Vienna in quel periodo, Martin Buber, a cui si deve l’avvio della filosofia dialogica oggi di grande importanza (cfr. il movimento esistenziale, Lévinas e i suoi seguaci). Le basi della filosofia di Moreno sull’incontro devono almeno essere intese in modo da cogliere il carattere unico dello psicodramma che è saldamente radicato in questo quadro.

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Prima di tutto, le indagini di Moreno hanno spostato il fulcro della psicoterapia dal livello individuale al livello delle relazioni interpersonali. Egli ha sostenuto che l’incontro di due persone in una situazione concreta è un fenomeno elementare, sottolineandone il processo di sviluppo sia personale che sociale. Chiamò questo fenomeno la “diade primaria”, cioè l’esperienza di un incontro autentico, nel qui e ora. Moreno ha sottolineato l’aspetto essenziale di questa relazione, che risiede nella capacità delle persone di comprendere i sentimenti degli altri grazie alle sottili interazioni che le legano insieme. Per questo rapporto unico egli ha coniato il termine “tele”, che si riferisce alla capacità di raggiungere o influenzare l’altro “a distanza” (radice greca del termine) a causa dei legami invisibili. Tele opera non solo nel rapporto diadico ma anche in gruppi. L’identità personale emerge sullo sfondo del gruppo come in larga misura influenzata dai rapporti con gli altri. Quindi la psicoterapia deve affrontare questi processi di gruppo, che aprono la strada per comprendere i conflitti interni dei membri del gruppo. Una gran parte degli scritti di Moreno è dedicata a questi fenomeni che esplorano una vasta gamma di questioni etiche, sociali e politiche nella sua ricerca di una società più sana, più spontanea e creativa. Le intuizioni di cui sopra sono state condivise da molti filosofi moderni e scienziati sociali. Tuttavia, ciò che rende unici i contributi di Moreno è la sua elaborazione di metodi concreti che potrebbero contribuire alla risoluzione di questo genere di questioni nei contesti in cui hanno bisogno di essere curati o corretti i rapporti umani. Il concetto di tele emerso nel corso della costruzione della scienza della sociometria, che mira a misurare i rapporti tra i membri di piccoli gruppi (una forma di micro‐sociologia come egli chiamava la sua scienza) in particolare la portata di attrazioni e repulsioni tra di loro. Gli strumenti che Moreno ha sviluppato, ad esempio i sociogrammi, sono ancora utilizzati dagli psicoterapeuti per “mappare” le relazioni interpersonali facilitando così i processi di gruppo essenziali in qualsiasi forma di terapia di gruppo. Queste tecniche hanno anche applicabilità in materia di istruzione e sono quindi trattati in modo più dettagliato nel modulo 3 del corso PaTiE che riguarda le sociometrie. Il metodo dello psicodramma usa la sociometria come un importante strumento diagnostico. Ma va molto oltre rispetto alla mera misurazione descrivendo le relazioni tra le persone che hanno aderito al gruppo. Utilizza i legami interni che si sono formati tra i membri nel corso del tempo per creare un ambiente favorevole per il lavoro condiviso sulle relazioni, essenziali per la loro identità. Così gli incontri psicodrammatici accadono a molti livelli diversi. In primo luogo, tra i partecipanti delle sedute che formano nuove relazioni significative, mentre si aprono gli uni agli altri e rivelano le loro esperienze più profonde ed emozioni (ad esempio, psicodrammi terapeutici possono coinvolgere il gruppo in rappresentazioni condivise di scene di stupro, morte di familiari stretti, divorzio, ecc.). I nuovi incontri sono a volte più importanti e significativi per i partecipanti di quelli che essi riescono a stabilire al di fuori del gruppo di terapia. In secondo luogo, i partecipanti possono in qualche modo incontrare figure chiave della loro vita sulla scena psicodrammatica: gli eventi essenziali della vita da loro proposti sono rappresentati con gli altri membri del gruppo che sono gli “ego ausiliari”, cioè le forme di realizzazione degli attori reali nella vita dei partecipanti. In terzo luogo, e più importante, il palcoscenico diventa un “laboratorio” in cui lavorare sul miglioramento degli incontri reali. Ruoli e comportamenti differenti possono essere praticati in tutta sicurezza, al fine di consentire ai membri un rinnovamento delle loro relazioni interpersonali. Questa breve panoramica mostra da quanto lontano Moreno sia partito rispetto alla corrente principale della filosofia dialogica, che tende a essere concentrata sull’autenticità dell’incontro, escludendo qualsiasi direzione artificiale (le sessioni 11


di psicodramma sono facilitate dall’intervento di trainer professionisti chiamati “registi”). Lo psicodramma non rimane a livello di intuizioni sul fenomeno dell’incontro ma va oltre “l’azione”, per gestire consapevolmente i rapporti profondi che obbligano o dividono le persone. Il metodo è quindi di interesse per i formatori per i quali il lavoro di gruppo è l’ambiente primario e che hanno bisogno di saperlo rendere uno spazio di apprendimento condiviso. Sembra che valga la pena soffermarsi su alcuni metodi e tecniche utilizzate dagli psicodrammatisti e considerare di adattarli agli obiettivi e ai limiti del lavoro di gruppo in classe. Certo, la prima considerazione richiede agli insegnanti di essere sensibili alle questioni che possono essere affrontate in questo ambiente. Affrontare profondi problemi personali degli studenti attraverso la loro rappresentazione da parte dei loro compagni di classe può danneggiare profondamente i partecipanti. Lo psicodramma è un potente metodo per aprire la gente e portare i traumi nascosti in primo piano: sono molte le prove della facilità con cui le persone si rivelano se coinvolti, o “diretti”, in incontri psicodrammatici. È responsabilità dell’educatore essere a conoscenza dei pericoli di tali auto‐ esposizioni personali al fine di non affrontare situazioni che non possono essere risolte. Il Modulo 2 del corso PaTiE è stato progettato per sensibilizzare gli educatori alla “forza del gruppo”.

Ricorda Lo psicodramma sottolinea l’importanza dell’incontro e crea un’atmosfera in cui le persone possono rivelare i loro sentimenti più profondi. 2.4 Sul palcoscenico dello psicodramma Ora dobbiamo guardare più da vicino l’ambiente specifico in cui vengono eseguite le sessioni di psicodramma. Il significato letterale del termine è “azione dell’anima” che riporta subito l’immagine di una rappresentazione drammatica sul palco. In poche parole queste associazioni sono corrette, ma hanno bisogno di spiegazione per poter cogliere il carattere unico dello psicodramma in confronto con il teatro o la rappresentazione educativa. Le sessioni sono di solito organizzate con la diagnosi di alcuni problemi nevrotici e psicotici. I gruppi sono solitamente di piccole dimensioni, fino a 20 partecipanti, anche se ci sono casi di gruppi molto più grandi guidati con successo nel processo psicodrammatico. Sono gestiti da formatori che assumono il ruolo di “dirigenti”. Questo è un altro termine che riporta alle radici dello psicodramma in teatro. Tuttavia, il ruolo del regista è più complesso che nel teatro istituzionale e combina le funzioni di un terapeuta, facilitatore del processo di gruppo e leader del gruppo. In particolare, un regista esperto è in grado di preparare il palco su cui la rappresentazione terapeutica avviene, creare un clima di reciproca comprensione favorisce esplorazioni condivise dei drammi interni dei partecipanti, facilitare la scelta dei membri del gruppo i cui problemi personali saranno adottati con il supporto di ausiliari, spostare l’azione di concentrazione sul cuore del problema e garantire un’ adeguata chiusura significativa della sessione attraverso il ruolo del feedback e la condivisione delle esperienze. Così lo psicodramma si differenzia dal teatro visto giacché esso non persegue obiettivi artistici. I suoi obiettivi sono terapeutici o più ampiamente formativi, nel contesto delle relazioni interpersonali.

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Durante la rapprensentazione prisodrammatica, agli attori sono assegnati anche ruoli unici. C’è un “protagonista” del dramma, che letteralmente significa il primo in azione, che si fa avanti con la sua questione personale da far esplorare al gruppo. Questa può essere un evento traumatico della sua vita o una certa situazione in cui lui/lei non è riuscito a reagire adeguatamente. Il compito del regista è quello di contribuire a ricreare sul palcoscenico l’ambiente autentico in cui l’evento ha avuto luogo e suscitare il coinvolgimento degli altri membri del gruppo, che rappresentano i personaggi reali in quelle situazioni. Essi vengono chiamati “io ausiliari”, o semplicemente “ausiliari”. L’idea è quella di riprodurre la vita sul palco attraverso lo sforzo condiviso del gruppo. L’evento si svolge ancora una volta nel qui e ora e permette al protagonista di visualizzare più da vicino il modello del suo comportamento. Il palco offre anche la possibilità di riprodurre l’avvenimento in modo diverso, nel tentativo di ricercare una risposta più adeguata a un problema irrisolto. La direzione consiste idealmente più una facilitazione del processo che nella sua gestione. L’atmosfera di sostegno e fiducia del gruppo è ancora più importante in quanto favorisce una risposta spontanea e creativa del protagonista ai suoi traumi esistenziali. La fase psicodrammatica crea anche un ambiente idoneo all’esplorazione della sfera delle azioni di fantasia e dell’immaginazione nella “realtà in surplus”, come Moreno ha chiamato il regno dell’immaginato che trascende il reale. Il protagonista può viaggiare liberamente attraverso entrambi i regni del qui e ora. Ciò assume particolare rilevanza grazie all’influenza che le immagini interiori hanno sulla nostra vita reale. Il palco aiuta a concretizzare tali immagini permettendo che queste entrino nella rappresentazione sotto forma di oggetti, scene o atti emanati da ausiliari. Il loro significato simbolico può essere esplorato attraverso la visualizzazione che può portare a potenti emozioni nascoste che hanno un impatto sulla vita del protagonista. Il modulo 6 del corso, “lavorare con i simboli”, introduce questo aspetto dello psicodramma in relazione alla psicoanalisi che ha influenzato le teorie di Moreno sulla “realtà in surplus”, nonostante la sua ostilità a questa corrente in psicoterapia. Oggetti simbolici, atti e gesti sono ampiamente utilizzati anche nello psicodramma in senso molto diverso. La scena viene preparata con strumenti semplici: un trainer esperto si presenta al workshop solamente con un pacchetto di sciarpe colorate con cui segnare simbolicamente i confini della situazione da rappresentare e il gruppo si unisce nel creare lo scenario con un paio di sedie, tavoli, giocattoli, cuscini o capi di abbigliamento. Nonostante ciò il coinvolgimento nella scena può essere autentico come nella realtà, con forti emozioni e la pulizia catartica delle anime. Non è solo il protagonista che è affetto ma anche gli io ausiliari e la parte del gruppo che rappresenta il pubblico. L’esperienza di entrare nella vita di un’altra persona attraverso la rappresentazione di eventi della sua vita o anche l’impatto del semplice assistere ai suoi traumi sul palco, può avere un effetto trasformativo sul gruppo in termini di cambiamento delle percezioni, degli atteggiamenti e comportamenti. L’impostazione del palco e l’inizio dell’azione devono essere facilitati con tatto per mezzo di una corretta fase di riscaldamento del gruppo e procedendo gradualmente verso il nucleo del problema. Il processo può riflettersi nell’organizzazione spaziale dell’ambiente come nel classico psicodramma moreniano, che consiste in un cerchio con tre livelli (pubblico, eventi periferici e cuore della rappresentazione). Nella pratica corrente la rappresentazione centrale si svolge ancora nei confini, che poi aiuta simbolicamente a venire fuori dai ruoli e tornare alla realtà. Questo è visto come essenziale per permettere ai partecipanti di tornare tranquillamente a se stessi dopo l’azione sul palco.

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I temi da esplorare sulla scena psicodrammatica sono concordati con il protagonista e il gruppo, e tale accordo assume a volte la forma di un contratto scritto. Anche qualora sia fatto un accordo verbale, questo è essenziale per mettere a fuoco la drammatizzazione e non discostarsi dalle questioni di cui si è trattato nella sessione. Questa pratica ha rilevanza per l’uso didattico dello psicodramma ed è consigliabile soprattutto nei contesti in cui vi è il pericolo che le azioni tocchino questioni personali sensibili o scivolino in zone che possono essere trattate solo in un ambiente terapeutico sicuro. È un modo per garantire la riservatezza e il rispetto dei diversi punti di vista, in particolare quelli che si differenziano dal parere della maggioranza e dalla cultura del gruppo.

Ricorda Il palcoscenico psicodrammatico crea l’ambiente per l’esplorazione dei drammi personali propri dei partecipanti. Il regista, il protagonista e gli io ausiliari sono le figure chiave coinvolte nelle rappresentazioni psicodrammatiche. 2.5 Repertorio dei ruoli La teoria di ruolo è al centro dello psicodramma moreniano. Si tratta di un insieme complesso di principi e concetti che non possono essere presentati completamente in questa sede. Le basi di questa teoria devono essere necessariamente colte al fine di comprendere il potenziale dello psicodramma in ambito educativo. Moreno ha definito il ruolo come “la forma funzionale che l’individuo assume nel momento specifico in cui reagisce a una situazione specifica nella quale sono coinvolti altre persone e oggetti”. La fase fondamentale del processo ricade sull’infanzia, quando i ruoli principali sorgono e si differenziano nel corso delle interazioni del bambino con il suo ambiente più vicino. La personalità emerge da questa intricata rete di rapporti con persone e oggetti; infatti, come afferma Moreno, “i ruoli non emergono dal sé, ma il sé può emergere dai ruoli”. Per una personalità integrata, un certo repertorio di ruolo è necessario, nel senso di un insieme di ruoli che possono essere riprodotti adeguatamente senza discordia. Tuttavia, alcuni dei ruoli che un individuo può assumere sono sottosviluppati limitando così la realizzazione del suo potenziale e alcuni possono essere troppo sviluppati o in conflitto. Alcuni modelli di comportamento appresi nell’infanzia tendono a essere “fissi” e trasferiti ai contesti di interazione in cui non si adattano e quindi escludono incontri autentici. Questi vecchi schemi, che avrebbero potuto essere la risposta più adeguata ad una situazione particolare che il bambino è stato in grado di elaborare, possono essere inconsciamente rievocati e proiettati su nuove relazioni che sostanzialmente differiscono dalla situazione originaria. Il punto di vista di Moreno è qui molto vicino al concetto freudiano di “transfert” visto come uno dei fattori essenziali per i disturbi mentali. Nel linguaggio dello psicodramma, il passaggio non è altro che la riproduzione di un vecchio copione in una situazione nuova. Moreno sostiene che questo meccanismo ha un impatto di distrazione sulla vita sociale dell’individuo, come il blocco delle tele relazioni in cui le persone possono “sentirsi” l’un l’altro nel qui e ora. Lo scopo del lavoro è quello di ridurre il transfert e favorire le strutture di tele come una condizione preliminare per la capacità di soddisfare gli altri in modo autentico.

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Nel contesto psicoterapeutico un gruppo psicodrammatico comprende individui con disturbi di personalità. Alla luce della teoria di Moreno ciò che deve essere affrontato principalmente sono le “forme di funzionamento” del comportamento che i pazienti rivelano in particolari situazioni, in altre parole, i ruoli specifici che svolgono nella vita reale. Il palco dello psicodramma offre un ambiente in cui ricreare queste situazioni e riprodurre i ruoli al fine di acquisire una panoramica dei modelli di comportamento e di elaborare risposte più adeguate alle sfide della vita e interazioni sociali più fruttuose. Questo viene fatto attraverso la ri‐ sperimentazione delle emozioni originali e provando diversi comportamenti che vanno oltre il repertorio originale di ruolo. Il valore terapeutico essenziale risiede anche nelle nuove relazioni che nascono nel gruppo, soprattutto tra il protagonista, i cui problemi sono allo studio, e quelli scelti per interpretare i personaggi nella sua storia. Ci sono una serie di approcci e tecniche specifiche utilizzate nello psicodramma per lavorare con i ruoli. Prima di tutto, il direttore ha una funzione importante di analista e dovrebbe essere in grado di ottenere una panoramica del repertorio dei ruoli dei destinatari. Tale valutazione del ruolo ha una funzione diagnostica chiave e può essere gradualmente concretizzata attraverso la formazione, insieme a test sociometrici che mirano a misurare le relazioni tra i membri del gruppo. L’individuazione dei ruoli, che possono essere disfunzionali nel repertorio di ruoli del partecipante, sensibilizza il direttore alle questioni particolari che devono essere affrontate nel processo psicodrammatico. Un direttore esperto può dedurre un sacco di informazioni utili in tal senso già in fase di warm‐up attraverso attività che impegnano i membri del gruppo in movimento fisico per tutta la stanza. Nella filosofia di Moreno il corpo è un importante mezzo di sé: la prima fase di sviluppo dei ruoli nel neonato sono i cosiddetti proto‐ruoli di natura psicosomatica e il campo di espressione corporea è fondamentale in tutti i lavori psicodrammatici (il concetto di tele è strettamente associato con la “percezione” dell’altro). Ciò che caratterizza lo psicodramma è la concretizzazione e drammatizzazione della vita reale e di situazioni immaginarie, con il coinvolgimento attivo del gruppo. Il repertorio di ruoli del soggetto coinvolto, insieme ai modelli di comportamento disfunzionali, può essere visualizzato sul palco, “recitato”, come Moreno chiamava originariamente la rappresentazione psicodrammatica. Ciò richiede non soltanto che il protagonista assuma ruoli sulla scena, ma anche che gli “io ausiliari” risultino i più idonei al ruolo specifico che deve essere esplorato attraverso la drammatizzazione. Gli ausiliari sono tenuti a comportarsi come se fossero le persone reali del dramma, interpretando i ruoli nel modo più vicino possibile alle aspettative del protagonista. La cosiddetta “rolling‐in” degli ego ausiliari di solito è fatta dal protagonista fornendo informazioni esatte sulla scena e sui personaggi coinvolti. Il processo può essere facilitato dal direttore che può aiutare a suscitare le informazioni mancanti essenziali per raffigurare la scena. Esistono varie tecniche che possono essere utilizzate per far entrare l’io ausiliario nel ruolo, ad esempio tramite l’inversione di ruolo tra il protagonista e le figure della sua storia in modo che gli ausiliari possano vedere “di persona” quello che deve essere riprodotto in scena. La sfida principale è quella di sviluppare il ruolo nel flusso drammatico della rappresentazione della struttura di base fissata dal protagonista. Questo può essere fatto con successo e gli psicodrammatisti vedono la ragione di questo fenomeno sorprendente nel funzionamento effettivo del tele nel gruppo. La recitazione è controllata in una certa misura dal direttore, ma è tuttavia compito degli attori portare il dramma interiore del protagonista sul palco e farlo emergere e concretizzarsi. Il processo terapeutico è radicato in

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questa rappresentazione dal momento che permette al protagonista e al gruppo di rivedere in modo creativo la scena, modificando, correggendo o riorganizzando i modelli di comportamento. Idealmente, la rigidità e costrizione nell’interpretare i ruoli di vita reale possono quindi essere ridotte o facilitate. L’inversione di ruolo è una delle principali tecniche utilizzate nelle sessioni di psicodramma. Mentre si rappresenta il tema proposto dal protagonista, gli attori possono invertire il ruolo e vedere se stessi attraverso gli occhi degli altri. Questo può avere un forte impatto sul protagonista che gli permette di ottenere una nuova prospettiva sulla manifestazione di vita in fase di studio, ma anche sugli ausiliari del dramma, perché potrebbe verificarsi una situazione nuova che ora hanno bisogno di affrontare in modo creativo. I ruoli svolti dagli ausiliari possono essere distanti dal loro repertorio di ruoli nella vita di tutti i giorni, anche se le scelte del protagonista dovrebbero essere influenzate dai tele e quindi basate sulle “percezioni” che permettono di scegliere i candidati più idonei a rappresentare il dramma. Un’altra tecnica frequentemente utilizzata nel contesto dello sviluppo del ruolo è la tecnica dello specchio. La persona che è lo specchio ha il compito di dimostrare all’attore che svolge un ruolo che il suo messaggio è stato capito. Questo viene fatto attraverso “il rispecchiamento all’indietro” dell’azione a cui si è assistito sul palco. Se l’attore è in grado di riconoscere se stesso nello “specchio”, questo può essere considerato come una garanzia di precisione del gioco di ruolo in termini di comunicazione del giusto messaggio o modello comportamentale. La tecnica dello specchio ha anche altre applicazioni nello psicodramma ma è particolarmente utile nella formazione di ruolo. Nel caso in cui il protagonista trovi un ruolo o una parte difficile, può essere supportato da un doppio. La funzione del doppio è quella di ripetere i movimenti fisici del protagonista e di esprimere quello che lui o lei ha provato in quel ruolo. Con il supporto del doppio, il protagonista può trovare la rappresentazione più facile da esprimere. Il corso PaTiE ha un modulo specifico sul gioco di ruolo (Modulo 5), che presenta in modo più dettagliato la teoria di Moreno sul ruolo e le tecniche di cui sopra.

Ricorda Per una personalità integrata è necessario un certo repertorio di ruoli nel senso di un insieme di ruoli che possano essere riprodotti adeguatamente senza discordie. Lo psicodramma può essere visto come una particolare forma di formazione al ruolo.

2.6 Condividere le esperienze La fase finale di una sessione psicodrammatica, chiamata fase di condivisione, è di cruciale importanza per l’intero processo. Il fulcro parte dal protagonista per poi spostarsi a tutto il gruppo i cui membri sono ora liberi di esprimere i sentimenti che il dramma ha in loro evocato. Ci potrebbe essere una disposizione spaziale diversa della stanza per sottolineare la differenza di questa parte dalla fase drammatica centrale del laboratorio: il cerchio della scena si trasforma in un cerchio di gruppo, con i membri seduti vicini l’uno all’altro, contenente tutto il contenuto emotivo della rappresentazione. Ci sono una serie di tratti caratteristici

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della condivisione psicodrammatica che la distinguono da una valutazione classica spesso praticata nei contesti educativi. Condividere non vuol dire analizzare la sessione. Non ci si aspetta che i membri del gruppo razionalizzino l’intero processo a cui hanno partecipato o giudichino le prestazioni del protagonista o degli attori. Se questo accade interviene il direttore, ricordando ai partecipanti lo scopo dell’incontro finale, ora dobbiamo condividere con gli altri ciò che le emozioni del gioco suscitato in noi, quali immagini, pensieri o associazioni sono emerse nella nostra mente, piuttosto che valutare le prestazioni. In questo modo il protagonista non è il perno del cerchio ma l’attenzione si sposta ai membri del gruppo che condividono i loro sentimenti. Lo psicodramma è essenzialmente un processo di gruppo. Anche se la sua parte centrale “l’azione” ruota intorno al tema proposto dal protagonista, l’impatto di una particolare sessione dovrebbe toccare tutto il gruppo. Da qui la necessità della condivisione, che restituisce il protagonista al gruppo e dà al gruppo la possibilità di esprimere tutte le interconnessioni sottili che vengono concretizzate attraverso il loro coinvolgimento nel dramma: la sessione di condivisione attiva e visualizza il tele del gruppo. In un trattamento terapeutico questo ha un forte impatto sui membri del gruppo che possono identificarsi con gli altri partecipanti e rendersi conto che il loro disagio è condiviso da altri. La capacità di andare al di là del proprio mondo interno e vedere esperienze analoghe in altra persone, provoca sollievo e conforto a coloro che possono aver vissuto in totale isolamento per lungo tempo. Il potente rilascio di emozioni che può verificarsi nella sessione di condivisione, con i partecipanti che piangono, si abbracciano o litigano, non deve essere visto come qualcosa di altro rispetto al processo di apprendimento. In effetti, la rivelazione di confessioni all’interno del cerchio di condivisione ha una funzione cognitiva importante come per esempio aiutare i partecipanti ad articolare i loro traumi inconsci, gli atteggiamenti, le immagini, ecc., e quindi agevolare il processo di integrazione personale. Conflitti interiori possono essere portati alla ribalta e quindi aprire l’opportunità per ulteriori lavori nelle sedute successive. Il valore di auto‐comprensione e consapevolezza di sé è universalmente riconosciuto non solo in contesti terapeutici, ma in tutte le forme di auto‐sviluppo. Ciò che rende unico lo psicodramma in questo senso è il potere di identificazione esperienziale con gli altri come un percorso nel proprio mondo interno. Gli psicodrammatisti sottolineano il valore dell’identificazione che deve essere facilitata dal processo di condivisione rispetto alle proiezioni di un incontro autentico. Entrambi i termini, così come vengono utilizzati in psicologia, sono di origine freudiana e richiedono una breve spiegazione. La proiezione è un processo attraverso il quale pensieri interni, atteggiamenti o emozioni sono “collocati” nell’altro, e quindi vissuti come gli attributi degli altri e non della materia in cui hanno avuto origine. Questo si riferisce in particolare alle qualità negative che sono in qualche modo vietate, non accettate dalla propria psiche e poi ancorate a caratteristiche psicologiche analoghe visibili nell’altro. Questo processo interessa non solo personalità nevrotiche o psicotiche, ma in una certa misura è considerato un fenomeno visibile nelle “normali” interazioni umane. La proiezione è opposta all’ identificazione che deve essere promossa nel processo terapeutico. L’identificazione è qui intesa come la capacità di cogliere un’unica qualità personale nell’altro (un’emozione, il modello comportamentale, una attitudine, ecc.) e assimilarla nella propria psiche. L’effetto è di trasformazione visto che l’identificazione apre nuovi percorsi cognitivi e comportamentali dovuti alla penetrazione in altri mondi interni e quindi un autentico processo di apprendimento interpersonale. Il ruolo del direttore nella fase di condivisione è 17


quello di monitorare le riflessioni personali dei partecipanti al fine di individuare le proiezioni e la progettazione di ulteriori lavori su questi temi. Senza un attento monitoraggio e intervento, la sessione di condivisione può facilmente allontanarsi dal processo di apprendimento, offrendo solo l’opportunità per i membri del gruppo di esplorare le immagini distorte dell’altro. Un’altra funzione della sessione di condivisione si riferisce alla necessità di “deruolizzare” gli attori che sono stati coinvolti nel dramma centrale. Hanno bisogno di tornare alle loro identità di tutti i giorni dopo un profondo impegno nel recitare altri personaggi. Questo è essenziale per assicurare l’integrità dei membri del gruppo, soprattutto in contesti terapeutici dove il direttore potrebbe avere a che fare con personalità instabili. La deruolizzazione è consiste in parte nel riordinare la stanza del workshop, ma ha anche bisogno di essere assicurata consentendo a tutti i membri del gruppo di parlare di se stessi, prendendo le distanze dalle esperienze degli altri sul palco. La profondità della promulgazione psicodrammatica può, a volte, rendere questo obiettivo, apparentemente facile, un compito davvero difficile. La fase di condivisione è interconnessa con la cosiddetta “chiusura” che permette ai membri di lasciare il gruppo in modo sicuro. Questo significa che nessuno lascia la sessione in uno stato di profonda agitazione emotiva che può incidere sul comportamento al di fuori dei confini di protezione del gruppo. A volte le questioni più difficili emergono alla fine della sessione, quindi l’evento ha limiti di tempo netti che devono essere rispettati. È il ruolo del direttore quello di essere in grado di gestire l’intero processo in modo tale che queste importanti questioni non siano bruscamente interrotte, lasciando i membri in uno stato di confusione o di difficoltà. Il problema può essere parzialmente risolto mantenendo un contatto individuale con i partecipanti più difficili dopo la sessione, anche se questo non è sempre possibile. La vera soluzione è nelle precise misure di prevenzione che dipendono dalla capacità del direttore di gestire l’intero processo, da un adeguato warm‐up a una chiusura efficace. Nel contesto di formazione professionale dello psicodramma, la sessione di chiusura può includere il “trattamento” che permette ai partecipanti di analizzare il processo a cui hanno partecipato. Questo non deve essere confuso con la condivisione. Per una presentazione più dettagliata riguardante la fase di chiusura di una sessione di psicodramma si rimanda al Modulo 8.

Ricorda Lo psicodramma dà avvio a un processo psicologico profondo. Ogni sessione deve essere condivisa con i membri del gruppo e chiusa correttamente in modo da non lasciare i partecipanti in agitazione o in difficoltà.

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Il metodo esperienziale dello Psicodramma Prima di considerare l’utilizzo di alcuni aspetti dello psicodramma nella pratica educativa, prenditi del tempo per riflettere sui concetti teorici trattati nel modulo introduttivo. In particolare, prendi in considerazione i seguenti punti: Lo psicodramma, come metodo di lavoro di gruppo, può creare le condizioni adatte per un processo educativo con la costruzione di un clima di fiducia e sicurezza, e anche rafforzando l’integrità di un gruppo, richiede comunque che il direttore disponga di sufficienti competenze che possono essere acquisite completamente solo attraverso una formazione completa sulla metodologia dello psicodramma. L’applicazione di metodi psicodrammatici non consiste nella semplice attuazione di procedure e tecniche, ma richiede un approccio responsabile, creativo e unico nella costruzione di relazioni personali e di gruppo. Lo psicodramma è nato da una radicale filosofia sociale che vede ogni essere umano come un co‐creatore della società, co‐responsabile del suo benessere. Nella sua versione originale sviluppata da Moreno, lo psicodramma ha obiettivi ben più ampi del trattamento dei disturbi mentali, in linea con gli obiettivi formativi della formazione liberale degli adulti. Lo psicodramma è un potente metodo che permette alle persone di aprirsi e di portare i propri traumi nascosti in primo piano. Gli incontri psicodrammatici realizzati in un contesto terapeutico sono di natura diversa da quelli che possono essere promossi in classe. Ricade tra le responsabilità dell’educatore che applica la metodologia quella di essere a conoscenza dei pericoli legati alle profonde auto‐esposizioni personali che potrebbero essere dannose per gli studenti. La scena psicodrammatica può essere creata con oggetti di scena semplici e non richiede un ambiente speciale. La difficoltà sta nel “dirigere” la rappresentazione in cui le figure chiave dell’ego protagonista e degli ausiliari recitano temi sensibili. La non violazione della scelta dei temi e dei limiti di impostazione durante la rappresentazione è essenziale in qualsiasi applicazione educativa dello psicodramma. La personalità è vista da Moreno come emergente dai ruoli ricoperti nella vita reale. Questi ruoli possono essere riproposti sul palco dello psicodramma per permettere alla persona di gettare uno sguardo al suo repertorio di ruoli e modificarli, correggerli, svilupparli o estenderli. In linea di principio si tratta di un’attività formativa, che diventa terapeutica quando riguarda gravi disfunzioni del comportamento sociale. Il lavoro di gruppo nello psicodramma prevede una fase di condivisione che si concentra non sull’analisi della sessione, ma piuttosto sulle emozioni sollevate nei partecipanti. L’auto‐espressione è una parte importante di un processo di apprendimento che porta alla consapevolezza di sé e alla comprensione di sé. La condivisione non deve essere confusa con l’elaborazione che è una parte della formazione in psicodramma per i potenziali utilizzatori del metodo

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3. Introduzione agli esercizi Gli esercizi in questo modulo sono stati scelti in modo tale da fornire una breve introduzione all’intero corso, annunciandone il contenuto. Di conseguenza, essi dovrebbero essere visti come “tester” della successiva esperienza di apprendimento che verrà sperimentata in modo più dettagliato nei moduli seguenti del corso. L’altra considerazione presa in considerazione nella scelta e nel flusso degli esercizi riguarda la struttura di una tipica sessione di psicodramma: si tratta di un processo a tre fasi, inizio con warm‐up, seguito dal coinvolgimento graduale del gruppo in azione e chiusura con la cosiddetta condivisione della sessione. Gli esercizi del modulo introduttivo seguono questo scenario in modo che i partecipanti possano cogliere l’intero processo psicodrammatico fin dall’inizio. Si ritiene che una tale introduzione pratica è più significativa rispetto ad una vasta presentazione della teoria. In questo modo stiamo seguendo il principio fondamentale dello psicodramma che è una forma di apprendimento esperienziale. Il terzo fattore preso in considerazione nella pianificazione di questa sezione si riferisce alla ricerca preparatoria completata prima del lavoro sui curricula PaTiE e sui materiali formativi. Abbiamo individuato una serie di abilità essenziali e di competenze degli educatori professionali per adulti che potrebbero essere valorizzate mediante metodi e tecniche psicodrammatiche. La scelta riflette queste esigenze dirette mentre le abilità specifiche e le competenze, obiettivi di questo modulo, sono evidenziate sotto. Aiutare l’educatore ad essere un giocatore della squadra, in rete con gli studenti Coinvolgere gli studenti, incoraggiandoli a partecipare e a condividere opinioni ed esperienze Essere un motivatore Trattare con gruppi diversi e creare un clima di fiducia Sviluppare la consapevolezza dei reali bisogni degli studenti Incoraggiare le menti a essere aperte a nuove conoscenze Promuovere il rispetto in aula Sviluppare la fiducia degli studenti e la fiducia nelle proprie capacità di apprendimento La presentazione si basa su esempi di esercizi e tecniche concrete che si sono dimostrati efficaci in contesti educativi. Alcuni di loro sono stati progettati e testati nel quadro del progetto POTENS che ha fornito uno sfondo sul quale sviluppare le risorse del PaTiE. Così possono essere usati anche nella pratica di formazione professionale degli adulti, se il contesto educativo e l’obiettivo della classe o del soggetto lo rendendono significativo. Questa è una considerazione molto importante che deve sempre essere presa in considerazione quando si lavora con metodi dello psicodramma. Devono avere uno scopo ben pensato e non possono essere considerati come meri strumenti pronti all’uso. Essi non possono essere separati dal processo di gruppo, che è unico a causa del make‐up emotivo e intellettuale dei partecipanti e dei temi specifici trattati dal gruppo di lavoro. Gli esercizi servono come introduzione al metodo dello psicodramma nei suoi vari aspetti, e possono essere ulteriormente adattati ai concreti lavori educativi. Se è così, è necessario prestare particolare attenzione allo scopo del loro utilizzo e alle sfide concrete che possono essere affrontate tramire la loro applicazione. Un certo grado di creatività e flessibilità è essenziale per un uso efficace delle tecniche. Le seguenti linee guida devono quindi essere viste come suggerimenti su come procedere, piuttosto che misure prescritte da seguire.

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Ricorda I capisaldi dello psicodramma sono la spontaneità e la creatività. È necessario essere consapevoli del proprio potenziale prima di considerare l’utilizzo degli esercizi con gli studenti. 3.1 Warm‐up I due seguenti esercizi di riscaldamento o warm‐up sono stati scelti per dare ai partecipanti una comprensione immediata della natura viva dell’esperienza psicodrammatica. L’inizio del lavoro di gruppo è di grande importanza nello psicodramma e vari approcci vengono utilizzati per garantire la motivazione e il coinvolgimento attivo dei membri. La funzione più importante di warm‐up è quella di stimolare le capacità del gruppo e di prepararlo per il “dramma”, che è la fase centrale del processo. L’attività di warm‐up ha anche un importante scopo diagnostico che permette al regista di ottenere alcune preziose informazioni sulle dinamiche e la struttura di gruppo. Di solito gli esercizi hanno un vivace carattere giocoso che permette di elevare il livello di spontaneità del gruppo favorendo in tal modo un ambiente conduttivo per risposte creative alle tematiche a fuoco nella sessione. Gli elementi di sorpresa e novità sono fattori importanti in questo senso. Una fase di warm‐up ben pianificata e condotta aiuta i partecipanti a superare la timidezza e la paura che rappresentano gli ostacoli più comuni all’impegno e, quindi, i fattori di resistenza chiave nel lavoro di gruppo. Gli esercizi di riscaldamento introdotti in modo artificiale, senza una chiara consapevolezza delle dinamiche di gruppo, possono avere l’effetto opposto e in realtà “congelare” il gruppo che può percepire questa forma di introduzione come strana, insufficiente o inadeguata nel particolare contesto. Le considerazioni di cui sopra, derivate dalla pratica psicodrammatica, valgono anche per il contesto educativo. Il problema decisivo è la consapevolezza del qui e ora del gruppo, un chiaro obiettivo dietro le attività proposte e la capacità di utilizzare il feedback dal gruppo per regolare il corso in azione.

SALUTI

L’esercizio può essere eseguito con un gruppo che si incontra per la prima volta, così come con partecipanti che si sono già incontrati ma ora sono invitati a salutarsi l’un l’altro in un modo diverso da come fanno di solito. Si tratta di un’attività che ha il potenziale di generare un sacco di divertimento e interazioni vivaci quindi fate in modo di essere sicuri che ci sia abbastanza spazio in camera e che tutti i partecipanti siano abbastanza in forma per impegnarsi in tale esercizio. Non si consiglia di utilizzare l’attività con un gruppo che compreda membri disabili, a meno che non siano già a loro agio nel gruppo così che non si sentano frustrati dalle interazioni fisiche che li circondano. Questo è un esercizio breve, un “antipasto” che può essere eseguito fino a un massimo di dieci minuti. Un’attività più lunga può facilmente portare a una situazione in cui la gente scherzi senza un senso. Un tale sviluppo può avere un effetto di distrazione sulla motivazione per i lavori successivi. Lo scopo dell’esercizio è esattamente l’opposto: energizzare il gruppo e sfidarlo con un compito che richiede una risposta spontanea e vivace.

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Il formatore deve prima di tutto spiegare il compito: “salutiamoci in modo nuovo. Possiamo usare i nostri piedi, ginocchia, fianchi, spalle e testa, ma non le parole oggi”. Camminate per la stanza e scegliete la persona che desiderate salutare. È possibile avvicinarsi a più di una persona, se volete potete anche salutare tutti gli altri partecipanti uno per uno. L’esercizio dovrebbe generare un sacco di movimento e divertimento man mano che appaiono forme sempre più sofisticate di saluti. I partecipanti di solito si comportano liberamente e spontaneamente alla ricerca di diversi modi di stabilire relazioni. Le interazioni nella stanza sono simultanee, cosa che rende più facile per tutti impegnarsi, anche se il livello di coinvolgimento varia a seconda del temperamento, dell’umore e della volontà dei singoli partecipanti di partecipare. Il conduttore si aggira per la stanza rispondendo ai saluti se avvicinato dai partecipanti. Il gioco richiede ai suoi giocatori di sfondare la loro resistenza alla vicinanza fisica, che per molte persone è un grosso problema. Il movimento con contatto è considerato un fattore molto importante in psicodramma in quanto il corpo è un mezzo di tele e quindi consente al gruppo di percepire relazioni che non possono essere completamente comunicate attraverso le parole. Tali interazioni sono anche una rappresentazione visiva essenziale delle dinamiche del gruppo e della composizione che dovrebbe dare al conduttore indizi preziosi su come procedere sia con il gruppo nel suo complesso che con i suoi singoli membri. È importante stabilire limiti di sicurezza per non violare la sensibilità degli altri. I confini si riferiscono sia ai fattori individuali che alle questioni culturali e possono differire da un gruppo all’altro. Ovviamente, un gruppo multiculturale rappresenterebbe una sfida particolare per il conduttore in cui il movimento con esercizi di contatto deve essere eseguito con molta cautela. Il principio di base è che tutti dovrebbero sentirsi liberi di controllare il loro rapporto con i partner e di decidere quali “saluti” sono disposti ad accettare. Questo va detto apertamente e deve essere attentamente monitorato. Nessuno deve sentirsi in colpa per essersi distanziato da una particolare forma di interazione. Tale distanza dovrebbe essere vista come un ulteriore modo valido di prendere parte alle attività.

Il movimento con le attività di contatto aumenta il livello di energia necessaria per impegnarsi in futuri compiti Attivano i tele del gruppo Sfidano i membri a intervenire con risposte spontanee e creative

I NOMI

L’esercizio dei nomi è di carattere più “statico” rispetto al precedente in cui il movimento è una caratteristica essenziale. L’idea di questa attività è di generare una risposta spontanea e creativa a un compito a sopresa, lontano da un’introduzione classica dei membri del gruppo. A seconda del livello dei partecipanti e dalle dinamiche di gruppo, l’esercizio può essere eseguito per un massimo di 15 minuti. Un’attività più lunga può portare i partecipanti a rimuginare sul significato dei loro nomi invece di rispondere con associazioni rapide attivando così l’inconscio. Un conduttore esperto sa quando sospendere l’esercizio e passare ad altre attività. 22


L’attività deve essere spiegata chiaramente al gruppo: “guardiamo da vicino i nostri nomi e il modo in cui possono collegarsi con il nostro carattere, passato, interessi, professione, abilità, ecc. Per semplificare l’analisi dei nomi, annotiamoli e notiamo come le rispettive lettere si associano con la personalità. Ad esempio, il nome Adam può portare alle seguenti associazioni: altruista, distinto, attivo, malinconico. È anche possibile inventare parole e neologismi che caratterizzano specificamente la vostra personalità e che formerà una breve presentazione per il gruppo”. A seguito dell’introduzione a ciascuno dei partecipanti è permesso di pensare in silenzio per un pò e annotare le associazioni. La scrittura deve essere fatta su fogli di carta di dimensione sufficiente affinchè i caratteri siano visibili a tutto il gruppo durante la presentazione. Idealmente, i partecipanti devono avere a loro disposizione pastelli per rendere i loro nomi e le rispettive reti di associazioni colorate e distinte. I disegni saranno poi mostrati a tutto il gruppo ad uno ad uno, e serviranno come trampolino di lancio per l’auto‐presentazione dei partecipanti che si riferiranno così agli aspetti della loro personalità che sono “emersi” dai nomi. Il contenuto e la direzione delle presentazioni possono essere richiesti dal conduttore a seconda del tipo di gruppo. Ad esempio, nel contesto della formazione professionale i partecipanti possono essere incoraggiati a cercare associazioni con i loro interessi professionali, preferenze, background, ecc. In una versione diversa di questo esercizio, i partecipanti prima camminano per tutta la stanza e si presentano agli altri partecipanti con le parole che hanno annotato, e solo in seguito si analizzano le parole che hanno scelto, in un grande cerchio. L’ “analisi” può anche essere modificata e, per esempio, consistere nel costruire una frase logica a partire dalle rispettive lettere dei nomi. Per esempio: “Adam: adora la meditazione profonda e astratta”. La combinazione delle attività mentali e fisiche è più adatta in situazioni in cui il gruppo ha bisogno di essere spostato ed energizzato in una certa misura. L’attività può portare molti benefici per il gruppo. Essa incoraggia la riflessione sui lati forti e deboli del proprio carattere proprio attraverso giochi di parole, giocando con il significato e le allusioni. Aiuta anche i partecipanti a conoscersi l’un l’altro e a motivarli nel cercare nuove soluzioni creative e idee necessarie per la loro partecipazione attiva alle attività seguenti. Il conduttore sarà in grado di trasmettere alcune informazioni utili all’impostazione di nuove attività. L’esercizio è relativamente “sicuro” nel senso che permette ai partecipanti di scegliere il modo in cui preferiscono auto‐presentarsi e di svelare informazioni sensibili su se stessi. In questo modo l’esercizio può essere introdotto anche in gruppi che nutrono timore nei confronti di scambi interpersonali aperti. Esso può essere utilizzato come punto di partenza per le attività che richiedono ai partecipanti di rispondere alla novità provenienti dagli altri.

Non tutte le attività di warm‐up hanno bisogno del movimento fisico Le menti possono essere alimentate lavorando sulle associazioni, puzzles, ecc. Il carattere interattivo di queste attività è quello di facilitare le relazioni interpersonali nel gruppo

Nell’ambito del corso PaTiE entrambi gli esercizi dovrebbero consentire al conduttore di discutere con i partecipanti il significato e l’importanza delle attività di warm‐up nello psicodramma e la loro possibile applicazione in materia di

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istruzione e formazione professionale degli adulti. I seguenti punti possono essere sollevati come temi chiave di interesse per gli educatori: Quali sono le funzioni più importanti di warm‐up e le qualità essenziali che mira a suscitare nei partecipanti? Come mettere in relazione le attività al soggetto della classe e alle dinamiche del gruppo? Come affrontare la resistenza che è probabile che si verifichi quando i partecipanti vedono tali forme di azione come puerili, inadeguate alle loro esigenze, e anche inadeguate nel contesto delle lezioni educative?

3.2 Azione La parte principale di una sessione di psicodramma è solitamente dedicata alle esplorazioni drammatiche dei temi proposti dal protagonista. Questi problemi hanno carattere personale e come tali non possono essere affrontati nel lavoro di gruppo in classe, a meno che il conduttore non abbia un forte background nell’applicazione di tecniche dello psicodramma e che il quadro del programma permetta tali esplorazioni. Tuttavia, vi è una ricchezza di approcci e tecniche utilizzate nello psicodramma terapeutico che possono essere applicate anche in materia di istruzione. La seguente scelta di esercizi dovrebbe essere vista come un insieme di esempi di attività che si adattano anche in contesti educativi, se utilizzati con ragione e prudenza. Essi sono stati ordinati in modo tale da illustrare il contenuto dei prossimi moduli che forniscono una selezione più ampia di esercizi e attività.

FIDUCIA

Lo psicodramma si basa sul riconoscimento del potere del gruppo che forma la vita umana. Il suo carattere distinto non sta tanto in una elaborazione teorica della natura sociale dell’essere umano, ma piuttosto nella creazione di opportunità per le persone di riunirsi e plasmare le loro identità attraverso il lavoro di gruppo su temi essenziali che li riguardano nel qui e ora. Nei contesti educativi i temi da esplorare devono essere scelti con cura, per non avventurarsi in traumi personali profondi che potrebbero causare una catena di gravi conseguenze per i partecipanti all’incontro, compreso il conduttore. L’esercizio è una prova di fiducia reciproca tra i membri del gruppo. Può essere introdotto all’inizio del lavoro di gruppo, ma anche in qualsiasi fase del processo quando vi è la necessità di visualizzare e rafforzare le relazioni tra i membri. Questo può consistere in un’attività breve (circa 15 minuti) o più lunga (oltre 30 minuti) a seconda del tempo a disposizione, della dimensione del gruppo e della profondità delle esplorazioni. Il formatore deve spiegare lo scopo dell’esercizio e poi controllare tale processo. Nella prima fase a metà della squadra viene chiesto di lasciare la stanza in cui il laboratorio è in atto, e nel frattempo il resto del gruppo prepara lo spazio per l’attività: vengono disposti vari oggetti per la stanza che serviranno come ostacoli alla libera circolazione. Fatto questo, il resto del gruppo è invitato di nuovo a entrare nella stanza, ma con gli occhi bendati da sciarpe. Quando i partecipanti entrano nella stanza, ciascuno di essi viene accompagnato da un membro del

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gruppo rimasto dentro. La persona bendata mette la mano sulla spalla della guida e viene portata in giro per tutta la stanza, passando in modo sicuro tra gli ostacoli. Di tanto in tanto, le guide si scambiano le persone bendate, guidando persone diverse. Alla fine, tutti i partecipanti descrivono le loro esperienze nel gruppo. La condivisione può essere facilitata attraverso la formazione di statue viventi che esprimono le emozioni evocate dall’esercizio. Le statue possono essere formate da gruppi composti da poche persone. La scelta dei membri di un particolare gruppo si basa sulle similitudini dei sentimenti presentati. In questo modo, le idee simboliche appaiono in forma di statue che vivono, che mostrano l’equilibrio delle emozioni all’interno del gruppo.

La fiducia tra i membri del gruppo è una caratteristica essenziale del lavoro di squadra La possibilità di provare cosa vuol dire essere considerato attendibile o di fiducia rafforza le relazioni nel gruppo La visualizzazione di emozioni condivise aumenta il potere del gruppo

L’esercizio può fornire al conduttore l’occasione per sottolineare il valore dei processi di gruppo e ai partecipanti la possibilità di esprimere le loro opinioni. In particolare, possono essere discussi i seguenti temi: Qual è il possibile impatto del “movimento con contatto” nelle attività per i partecipanti? Tali esercizi possono aumentare la coesione del gruppo, nel caso di tensioni e disaccordi sostanziali? Come adattare l’esercizio al flusso di didattica nel settore dell’IFP?

ATOMO SOCIALE

La sociometria è un metodo sviluppato da Moreno e frequentemente utilizzato nelle sessioni di psicodramma. In sostanza si tratta di uno studio della formazione e costruzione di gruppi con una visuale raffigurante le relazioni interpersonali ad essi inerenti. L’obiettivo del metodo è pratico, gli esercizi sociometrici infatti affrontano l’impatto del singolo sulla coesione del gruppo, e viceversa, l’influenza del gruppo sull’individuo. Come tale, la sociometria ha diretta rilevanza per l’istruzione agevolando il processo di costituzione del gruppo, occupandosi dell’isolamento e della resistenza degli studenti. Se applicato correttamente, il metodo può portare a risultati che migliorano notevolmente la motivazione dei membri del gruppo ad impegnarsi in compiti educativi. Gli esercizi sociometrici possono essere eseguiti nella fase di warm‐up della sessione, ma possono anche essere inclusi in tutti i workshop di psicodramma in varie forme. Il metodo è brevemente introdotto nella fase introduttiva del corso PaTiE attraverso il seguente esercizio. L’attività può essere eseguita con le attrezzature di base e le risorse disponibili in classe: una lavagna, una lavagna a fogli mobili o proiettore e fogli di carta di medie dimensioni per i disegni dei partecipanti. L’attività può durare fino ad un’ora a seconda delle dimensioni del gruppo e del tempo a disposizione. Può essere introdotto quando il conduttore ritiene che il gruppo ha bisogno di una 25


riorganizzazione delle sue sotto‐squadre a cui sono assegnati compiti specifici. Un coinvolgimento attivo e aperto di tutti i membri così come la conoscenza tra di loro, sono elementi necessari che permettono all’esercizio di adattarsi meglio a una fase avanzata del lavoro di gruppo. In primo luogo, il codice di base dei simboli sociometrici deve essere spiegato disegnandoli sulla lavagna o visualizzandoli in un altro modo: Cerchio – femminile Triangolo – maschile Linea continua – relazione ferma e stabile Linea tratteggiata – rapporto problematico e variabile Possono essere utilizzati anche altri simboli (ad esempio punti di domanda, linee in grassetto). La distanza tra i componenti particolari dell’atomo è anche importante in quanto rappresenta la profondità e l’intimità di una relazione. Una volta che i simboli sono stati presentati e il loro significato fondamentale capito, a ogni partecipante è chiesto di disegnare un “atomo sociale” su un foglio di carta ponendo il simbolo di se stesso in mezzo e segnando le altre persone sul disegno collegandole con le linee e scrivendo i loro nomi o le loro iniziali. Dopo che il lavoro individuale è stato fatto, si procede con la presentazione di particolari schemi e discussioni di gruppo. Questa parte del compito può iniziare con una esposizione dei disegni, posti su sedie o sul pavimento, in modo che tutti i partecipanti possano visualizzare tutte le immagini. In seguito, determinati partecipanti parlano dei propri progetti a turno e poi gli altri partecipanti partecipano alla discussione. Essi possono porre domande, puntare al significato degli elementi del disegno, scoprire molte cose che l’autore stesso non riusciva a vedere, anche se erano presenti nel suo lavoro. Il feedback da parte del gruppo aiuta a migliorare la comprensione dei propri rapporti con le altre persone presenti negli atomi sociali.

Gli esercizi sociometrici rendono i partecipanti consapevoli della complessità delle relazioni tra il gruppo Essi possono fornire una base per migliorare queste relazioni e una motivazione a lavorare in squadra

Nell’introduzione al corso PaTiE, l’esercizio può essere preso come un’opportunità per delineare i concetti di base e le tecniche sociometriche e di fornire agli educatori partecipanti la possibilità di sollevare questioni che verranno trattate in dettaglio nel modulo specifico del corso. In particolare, le seguenti domande possono essere discusse con l’obiettivo di mostrare sia i vantaggi della sociometria in materia di istruzione che dei pericoli derivanti dal suo uso irresponsabile: Se avete deciso di fare questo esercizio con i vostri studenti, che tipo di relazioni all’interno della classe ti aspetti che riveli? È l’esercizio un buon strumento per affrontare le questioni personali in classe? Che cosa aggiunge la tecnica ad altri metodi volti a migliorare la comprensione dei rapporti nel gruppo?

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COMPLEMENTARIETÀ La fase centrale di una sessione di psicodramma è chiamata “gioco da protagonista”, in cui un partecipante scelto emana ricordi di eventi passati, drammi intimi, fantasie, sogni e anche scenari di situazioni che possono accadere in futuro. I ruoli di personaggi diversi in queste situazioni sono assegnate a diversi membri del gruppo, scelti dal protagonista. Varie tecniche di ruolo sono utilizzate al fine di lavorare attraverso le esperienze di vita che possono causare o aver causato disturbi psicologici nel protagonista sulla scena. Il gioco del protagonista ha uno scopo psicoterapeutico nello psicodramma e quindi un’applicabilità limitata in contesti non terapeutici. Ci sono tuttavia alcuni aspetti della messa in atto psicodrammatica che può essere utilizzata nel settore dell’istruzione. Questo modulo presenta un esercizio “leggero” per mostrare il lato divertente e vivace del gioco applicabile in classe, che sarà seguito da una presentazione delle attività del gioco di ruolo nel Modulo 5. L’esercizio può essere introdotto nel mezzo del lavoro di gruppo, in particolare in una fase in cui il livello di energia nel gruppo scende e i partecipanti devono essere mobilitati per svolgere altre attività. Questa è una breve attività che non dovrebbe richiedere più di 15‐30 minuti. Non vi è alcuna necessità di particolari attrezzature o risorse dal momento che l’esercizio si basa interamente sulla spontaneità e creatività dei partecipanti da attivare attraverso il gioco. Il conduttore divide il gruppo in coppie o, preferibilmente, i partecipanti scelgono le loro controparti per l’attività. Uno di loro, in qualità di leader, inizia una sequenza di movimenti. Il compito del suo partner è quello di completare la sequenza a modo suo. Dopo un po’, si scambiano i ruoli e si impegnano in un nuovo movimento, ora avviato dall’altro partner. Il gioco non consiste nella ripetizione o nel mimare le mosse degli altri, ma di completarle. Proprio come in un puzzle, ogni persona deve trovare il modo di adattarsi e avere un’idea di “insert”, come un pezzo mancante di un puzzle. Il conduttore può iniziare l’attività, scegliendo una persona tra il gruppo e la riproduzione di una scena campione. Tutti i partecipanti devono vedere che il movimento “complementare” può essere molto diverso da quello originale, nonostante entrambi si completino a vicenda. Le coppie continuano il gioco contemporaneamente, mentre il conduttore gira fra di loro e monitora l’attività. Il gioco, che appare abbastanza facile è, in realtà, una grande sfida. Può essere estremamente difficile indovinare quali sono le vere intenzioni del leader, capire le sue espressioni, gesti, azioni, e successivamente proporre la propria conclusione logica e coerente. Una sintesi interessante di questo esercizio è quello di discutere in coppie, confrontare i punti di vista del leader e del partner, sottolineando le somiglianze e le differenze di linguaggio del corpo umano e l’interpretazione dei gesti. Questo è un ottimo gioco per allenare la comunicazione interpersonale in quanto rende i partecipanti consapevoli della complessità e ricchezza di forme disponibili per la trasmissione di messaggi. Essa serve anche come stimolatore, attivando l’espressione corporea e i tele nel gruppo.

Il gioco è una parte essenziale dello psicodramma Tali attività non sempre esplorano le questioni personali oggetto delle sedute terapeutiche Lo psicodramma riguarda anche il lato gioioso e

vivace delle interazioni umane

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Le questioni da discutere al termine delle attività dovrebbero sollevare l’interesse dei partecipanti nei confronti dello psicodramma come risorsa di tecniche di gioco e delle loro possibili applicazioni nei contesti educativi: Come integrare il gioco nel settore dell’istruzione professionale? Qual è il valore aggiunto dell’esperienza di gioco in relazione all’accumulazione passiva di conoscenze? In quali situazioni intervenire con attività di ruolo?

MASCHERE

Lo psicodramma è un metodo creativo di azione di gruppo che può aiutare i partecipanti ad esplorare la complessità di pensieri ed emozioni presenti all’interno di ogni situazione di vita. Al centro dell’approccio c’è la creatività e la spontaneità dell’azione, che può rivelare aspetti di noi stessi di cui non siamo stati a conoscenza, aiutarci a esprimerci in modo più chiaro e a rivalutare la messa a fuoco e la direzione della nostra vita. Il linguaggio simbolico dei sogni, una storia significativa o metafora possono essere materiale interessante da essere esplorato attraverso questi metodi, come lo sono gli oggetti e le immagini. Il ruolo del gruppo, e del suo conduttore, è quello di creare un ambiente sicuro in cui i sentimenti possono essere riconosciuti, espressi e contenuti. Il processo di qualsiasi messa in scena psicodrammatica è quello di entrare in contatto con i temi o le questioni che si potrebbero voler esplorare ulteriormente attraverso l’azione. L’esercizio seguente può servire come introduzione a lavorare con i simboli da scoprire in dettaglio nel Modulo 6. L’esercizio può essere introdotto a metà del lavoro di gruppo, in una fase in cui i partecipanti sono già abituati ad attività creative come parte dell’esperienza di apprendimento. L’attività richiede relativamente molto tempo e non può essere completata in una breve sessione; richiede almeno 1 ora per portare risultati significativi. Il gruppo avrà bisogno di alcuni materiali e strumenti per esercitare l’attività: cartone, carta, carta colorata e riviste, pennarelli, forbici, colla, spago o qualsiasi altre risorsa analoga per il lavoro creativo. Essi dovrebbero essere messi a disposizione di tutto il gruppo con i singoli partecipanti liberi di scegliere di che cosa hanno bisogno per la creazione della loro maschera. Il conduttore dovrebbe introdurre lo scopo dell’attività prima: “il compito dei partecipanti è quello di creare le maschere per se stessi, raffiguranti il ruolo di un educatore adulto. La difficoltà del compito consiste nell’utilizzare o creare dei simboli appropriati che colgano l’essenza della professione come è stata vista dagli educatori stessi. L’attività non implica l’espressione verbale, che sarebbe comune per lo svolgimento di tale compito, ma piuttosto la creativa rappresentazione visiva delle esperienze fondamentali in un gruppo di educatori adulti”. I partecipanti possono lavorare senza fretta, preferibilmente insieme su un grande tavolo con tutte le risorse disponibili. Tali risorse dovrebbero essere fornite in quantità sufficiente da non limitare il lavoro per la scarsità dei materiali. I partecipanti possono parlare, aiutarsi a vicenda e discutere le loro idee con il conduttore. Molte e diverse forme di espressione sono possibili, ognuna delle quali parla con la sua forma, colore, consistenza, e la scelta della decorazione. Quando il lavoro è completato, tutti sono invitati a fare una passeggiata in giro per l’aula con le maschere. È il momento per incontrare le rispettive nuove

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“incarnazioni”, lo scambio di opinioni e altre interazioni. Dopo un po’ i partecipanti possono presentare le loro maschere a tutto il gruppo. Ci sono molti modi in cui questo può essere fatto. Ad esempio, nel mezzo della stanza, sulla scena, viene posizionata una sedia. Il suo occupante assume il ruolo di un educatore adulto. I partecipanti si siedono sulla sedia, a loro volta, con una maschera sul volto, e spiegano il significato delle forme che hanno creato, analizzando i suoi vari elementi. Essi possono anche rispondere a domande e osservazioni formulate dal resto del gruppo. Dopo il completamento dell’esercizio, tutte le maschere vengono rimosse e poste sul pavimento e i partecipanti ci si siedono intorno. La discussione dell’esercizio dovrebbe aiutare il conduttore a chiarire alcuni aspetti essenziali circa l’ultizzo del linguaggio simbolico per comunicare un significato. Il lavoro con la maschera è un’ eccellente introduzione all’esperienza del recitare ruoli molto diversi della vita quotidiana e situazioni professionali che rivelano nuove possibilità con la loro funzionalità.

Lo psicodramma crea un ambiente sicuro in cui i sentimenti possono essere espressi attraverso il linguaggio simbolico I simboli e le metafore possono rivelare aspetti di noi stessi di cui non siamo a conoscenza e quindi aumentare la consapevolezza di sé e la comprensione

Le seguenti domande sono suggerite per la sintesi dell’esercizio: Qual è l’importanza di lavorare con i simboli per l’educazione degli adulti? Quali obiettivi educativi potrebbero essere affrontati attraverso la collaborazione con i simboli? Perché lo psicodramma ruota attorno ai perni della creatività e spontaneità? SI / NO

La gestione dei conflitti è un settore vasto e crescente, lo psicodramma rimane una risorsa di metodi e tecniche che potrebbero essere utilizzate per questo scopo. Il più importante di essi è facilitare gli incontri autentici tra le persone stimolando punti di vista opposti, gestendo l’aggressività, sviluppando l’empatia e la fiducia, nonché contribuendo a mantenere la comunicazione in situazioni difficili. È meglio introdurre questo repertorio di strumenti coinvolgendo i partecipanti in un esercizio a campione e tramite una discussione di follow‐up sulla funzione e lo scopo di queste “azioni” relative a metodi da presentare più dettagliatamente nel Modulo 7. L’esercizio concretizza un caso di confronto diretto fornendo spunti per gli ulteriori lavori sui modi verbali e non verbali di comunicazione negli incontri interpersonali. Può essere introdotta come forma di visualizzazione campione del conflitto, preferibilmente nella fase in cui il gruppo deve affrontare tensioni interne e l’aperto confronto di opinioni. Questo può essere breve (circa 30 minuti) o più attivito (oltre 1 ora) a seconda del tempo a disposizione, la dimensione del gruppo e la profondità delle esplorazioni. Il conduttore deve spiegare lo scopo dell’esercizio e poi controllare tale processo. 29


Il punto di questo esercizio è quello di coinvolgere i partecipanti in uno scontro diretto su opinioni e argomenti divergenti in un modello di situazione quando entrambe le parti si attaccano al loro punto di vista e non sono disposte a moderarle. Questa situazione viene riprodotta in breve attraverso una conversazione limitata a solo due parole ‐ ad uno degli interlocutori è consentito solo di dire ‘sì’ e l’altro può solo dire ‘no’. L’esercizio può essere fatto in coppia o in gruppi divisi in due parti, quello del SI e quello del NO. Il gioco di gruppo rafforza l’impatto dell’attività. L’esercizio aiuta a testare le relazioni, i rapporti di forza e la capacità di comunicare e convincere. Il risultato atteso è la comprensione del potenziale nocivo di pura negazione che non porta a negoziare punti di vista contrastanti. Quando impegnati nel confronto del SI / NO, i partecipanti dovrebbero essere in grado di realizzare i limiti di un discorso radicato nei reclami non negoziabili e vedere la necessità di un approccio comunicativo più flessibile. Una discussione di follow‐up è parte essenziale dell’attività. Le domande proposte dovrebbero riguardare l’esercizio di un caso particolare di conflitto nel gruppo in cui i soggetti coinvolti siano in grado di moderare i loro punti di vista e la ricerca di una soluzione accettabile per tutti.

Lo psicodramma è una risorsa di metodi e approcci alla formazione della gestione dei conflitti Il valore unico dello psicodramma risiede nella possibilità di concretizzazione e visualizzazione di tensioni e scontri attraverso giochi di ruolo

Le seguenti domande hanno lo scopo di aiutare gli educatori per adulti nel corso PaTiE ad affrontare la questione dell’uso dello psicodramma per la gestione dei conflitti nei contesti educativi: È consigliabile portare alla ribalta le emozioni nascoste che stanno dietro i conflitti nel gruppo? Quali sono i limiti alle esplorazioni “drammatiche” dei conflitti in classe? Quale è il valore aggiunto dello psicodramma ai metodi già utilizzati? 3.3 Chiusura La fase di chiusura del modulo comprende elementi sia di condivisione che di elaborazione visto che il modulo costituisce una parte del corso di formazione per i potenziali utenti della metodologia. Esso dà ad ogni partecipante l’opportunità di fornire il suo feedback al gruppo sull’esperienza di apprendimento. Questa parte di chiusura del seminario è qui trattata attraverso un’attività che coinvolge i partecipanti in interazioni che contraddistinguono l’ambiente vivace e dinamico di una sessione di psicodramma dall’insegnamento di tipo tradizionale in aula. La fase di chiusura dello psicodramma e la sua importanza in tutto il flusso delle attività è trattata nel Modulo 8. In questa fase i partecipanti ricevono un assaggio del suo valore esminando i progressi e i risultati del workshop introduttivo.

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IL PERCORSO

L’attività del percorso è un modo per condividere l’esperienza e le conoscenze acquisite durante il workshop e dare un feedback sui singoli passaggi del processo di lavoro svolto insieme. Nel contesto del modulo introduttivo dovrebbe essere consentito tempo sufficiente per la copertura di tutte le principali fasi del “percorso”. Di conseguenza, il conduttore dovrebbe riservare almeno un’ora a questa attività di chiusura, al fine di permettere ai partecipanti di valutare la loro esperienza di apprendimento. Il conduttore invita il gruppo a un viaggio simbolico attraverso il programma del workshop al fine di svelare l’intero processo del lavoro di gruppo e delle sue parti principali. I partecipanti hanno prima bisogno di ripensare alle successive attività e condividere le loro riflessioni mentre parlano di quello che hanno trovato più importante. È importante mettere a fuoco i momenti più memorabili e cercare di immaginare l’intero processo come un percorso dalla forma specifica, come per esempio scale, una linea curva, un labirinto, ecc. Poi il gruppo lavora insieme per tracciare un percorso posizionando sciarpe multicolori sul pavimento della sala in cui si svolge il laboratorio. I partecipanti devono lavorare insieme e devono accordarsi su una versione dell’immagine accettata da tutti, anche se ognuno ha i propri sentimenti e impressioni. Come risultato, sul pavimento si forma una strada con molte curve. Il conduttore deve chiedere ai partecipanti se sono soddisfatti del risultato, o se vogliono modificare o aggiungere qualcosa. Questo può essere fatto in questa fase per far sì che il percorso rappresenti le percezioni di tutti i partecipanti. Il passo successivo è quello di delimitare il percorso tra le diverse parti del workshop e identificarli con eventuali oggetti nella stanza. I partecipanti, insieme con il conduttore, discutono e si ricordano reciprocamente quanto è successo nelle varie fasi del workshop, e quali esercizi e giochi sono stati importanti e significativi per loro. Il conduttore incoraggia il gruppo a cercare segni creativi e immagini per esprimere meglio il senso e l’atmosfera del “viaggio” durante il percorso. Essi possono essere forniti da singoli partecipanti per mezzo di associazioni e simboli mentre il resto del gruppo osserva e ascolta. Infine, quando l’immagine è costituita, il conduttore chiede ai partecipanti di percorrere individualmente e silenziosamente il percorso, rivolgendo i loro pensieri a quelle situazioni ed esperienze di ogni fase che hanno avuto un significato per loro. Una volta che il viaggio simbolico è completato, i partecipanti tornano al loro posto e il conduttore chiude la sessione. La parte di chiusura del workshop dovrebbe dare al conduttore la possibilità di annunciare il contenuto dei moduli seguenti in modo più dettagliato e procedere con la valutazione della sessione secondo lo scenario delineato nel capitolo successivo.

Al termine di ogni sessione del workshop il gruppo dovrebbe condividere la sua esperienza di apprendimento Questo può essere facilitato attraverso esplorazioni simboliche dei temi trattati nel lavoro di gruppo

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4. La valutazione Il workshop è pianificato in modo tale da dare sia al conduttore che ai partecipanti una chiara indicazione del livello di conseguimento dei risultati di apprendimento previsti. Ogni attività che introduce un aspetto specifico dello psicodramma di interesse per il settore dell’istruzione e della formazione professionale dgli educatori per adulti è chiuso da una serie di domande che dovrebbero portare a una discussione che coinvolga tutti i partecipanti e che rifletta il livello di comprensione dei concetti chiave messi a fuoco. Il conduttore ha bisogno di avere il suo proprio modello di riferimento per registrare i risultati della valutazione del modulo. Questo deve essere compilato dopo il workshop ed essere aggiunto alla documentazione del corso. Il modulo introduttivo si distingue nel contesto dell’intero corso per la sua intenzione di dare agli educatori professionali per adulti una panoramica del settore e un “assaggio” dello psicodramma nei suoi vari aspetti. Come tale, non può essere attuato e quindi valutato in classe dai partecipanti. Ci si aspetta che l’intera esperienza di apprendimento influenzi direttamente i loro approcci di insegnamento e che quindi valga la pena condurre l’autovalutazione sui cambiamenti registrati in seguito alla partecipazione al corso. D’altra parte, le attività presentate in questo modulo possono essere introdotte in varie fasi del processo di insegnamento e il loro impatto può essere valutato tramite un’indagine degli studenti. I seguenti gruppi di domande dovrebbero essere visti come suggerimenti su come procedere, non come uno scenario di valutazione stabilito che non può essere concepito senza la conoscenza del particolare contesto di insegnamento. Questionario di autovalutazione per il conduttore Ho raggiunto i risultati di apprendimento proposti per questo modulo? Ho notato un cambiamento nella percezione dei partecipanti del lavoro di gruppo? Come sono stati ricevuti ed eseguiti gli esercizi e le attività proposte? Questionario per i partecipanti al corso In che misura la conoscenza dello psicodramma influenza la mia percezione del lavoro di gruppo e della pratica educativa? Visualizzo la situazione della mia classe per adulti in modo diverso ora? Ho capito come integrare nella pratica le strategie e le tecniche specifiche dello psicodramma nel processo di educazione e formazione professionale degli adulti? Mi sono chiari gli ulteriori passi da intraprendere per pianificare e modificare il mio curriculum e per concentrarmi meglio sulle dinamiche di gruppo?

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5. Bibliografia 5.1 Riferimenti in inglese Blatner, A. and Blatner, A. (1988). Foundations of Psychodrama – History, Theory and Practice, New York: Springer Publishing Company Dayton, T. (2004). The Living Stage: A Step‐By‐Step Guide to Psychodrama, Sociometry and Experiential Group Therapy. Deerfield Beach, FL: Health Communications Goldman, E. and Morrison, D. (1984). Psychodrama: Experience and Process, Dubuque, IA: Kendall Hunt Greenberg, I. (1994). Psychodrama Theory and Therapy, New York: Behavioural Publications Fox, J. (ed.) (1987). The essential Moreno: writings on psychodrama, group method, and spontaneity by Jacob Levy Moreno. New York: Springer Publishing Company Hare, P.A. and Hare, J.R., (1996). J.L. Moreno, London: Sage Holmes, P. and Karp, M. (eds.) (1991). Psychodrama: Inspirations and Techniques, London: Routlege Holmes, P., Karp, M. and Watson, M. (eds.) (1994). Psychodrama since Moreno, London: Routlege Holmes, P., Karp, M. and Tauron, K. B. (eds.) (1998). The Handbook of Psychodrama, London: Routlege Horvatin, T. & Schreiber, E. (eds.) (2006). The Quintessential Zerka: Writings by Zerka Toeman Moreno on Psychodrama, Sociometry and Group Psychotherapy. London: Routledge Marineau, R.F. (1989). Jacob Levy Moreno 1889‐1974: Father of Psychodrama, Sociometry, and Group Psychotherapy. London: Routledge

5.2 Riferimenti in polacco Bielańska, A. (ed.) (2009). Psychodrama. Warszawa: ENETEIA Czapów, G., Cz. (1979). Psychodrama. Warszawa: PWN Michałowska D.A. (2008). Drama w edukacji. Poznań: Wyd. IF UAM Pawlik, J. (ed.) (2012). Psychodrama i techniki niewerbalne. Warszawa: ENETEIA Reichel G., Rabensteina R., Thanhoffer M. (1997). Grupa i ruch. Warszawa Roine E. (1999) Psychodrama. O tym, jak grać główną rolę w swoim życiu. Warszawa

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Il Warm up Lo psicodramma come strumento educativo Materiali didattici – Modulo 2 Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation


Sommario 1. Descrizione del modulo..................................................................................................... 3 1.1. Obiettivi............................................................................................................................. 3 1.2. Risultati attesi.................................................................................................................... 3 1.3. Approccio metodologico formativo................................................................................... 3 2. Warm Up........................................................................................................................... 4 3. Tele ................................................................................................................................... 6 3.1. Tele e incontro.................................................................................................................... 7 4. Spontaneità....................................................................................................................... 7 4.1. Formazione e spontaneità................................................................................................ 10 4.2. Come controllare la spontaneità e renderla base della creatività ................................... 10 4.3. È possibile misurare la spontaneità?................................................................................ 13 5. La Creatività .................................................................................................................... 13 5.1. Creatività e scienze cognitive ........................................................................................... 14 5.2. È possibile misurare la creatività...................................................................................... 16 5.3. Creatività e psicoanalisi .................................................................................................... 16 5.3.1. La concezione di Freud sulla creatività come sfogo delle nevrosi.......................... 17 5.3.2. La concezione di Jung sulla creatività che nasce da archetipi e dalla funzione simbolica.................................................................................................. 17 5.3.3. La concezione di Arieti sulla creatività: tra ordinario e straordinario .................... 18 5.3.4. La concezione di Hillman sulla creatività: anima, vocazione, possessione ............ 18 6. Gioco e Psicodramma ...................................................................................................... 19 6.1. Definizione di gioco .......................................................................................................... 19 6.2. Struttura del gioco............................................................................................................ 20 6.3. Le teorie del gioco nello sviluppo della persona .............................................................. 20 6.4. Le teorie del gioco in psicoanalisi..................................................................................... 22 6.5. Critiche alle teorie del gioco come esercizio per l’apprendimento.................................. 23 6.6. Teorie del gioco in quanto tale......................................................................................... 23 6.7. Classificazione del gioco ................................................................................................... 24 6.7.1. Tassonomie evolutive............................................................................................. 24 6.7.2. La tipologia di Caillois ............................................................................................. 25 6.7.3. Categorie descrittive come teorie del gioco .......................................................... 25 7. Funzione del Warm Up .................................................................................................... 26 8. Esempi di attività di Warm Up ......................................................................................... 27 8.1. Attività per facilitare le presentazioni .............................................................................. 27 8.2. Attività di team building ................................................................................................... 30 8.3. Attività da fare in movimento .......................................................................................... 34 9. Valutazione ..................................................................................................................... 35 10. Bibliografia .................................................................................................................... 36

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1. Descrizione del modulo Questo Modulo 2, Il Warm up, fa parte del corso Psychodrama as a Tool in Education (PaTiE), Lo psicodramma come strumento educativo. Può essere letto sia come modulo indipendente che come parte dell’intero corso. È importante tenere in mente che ogni strumento o attività proposta fa parte ed è concepita come appartenente all’approccio psicodrammatico. Le attività e i giochi proposti come warm up sono utili per creare un buon clima con gli studenti, per aumentare la loro motivazione e per facilitare l’espressione delle emozioni. In questo capitolo sono esposti e descritti i presupposti teorici e i concetti che stanno alla base degli aspetti metodologici e applicativi del warm‐up.

1.1. Obiettivi Il modulo ha i seguenti obiettivi: • Introdurre agli educatori e i formatori professionali le basi del warm‐up e la sua rilevanza in educazione • Presentare una serie di tecniche di warm‐up utili per attivare la persona e il gruppo alle attività psicodrammatiche che vengono proposte • Illustrare come tali tecniche possono essere scelte e usate in un workshop • Discutere se e come possano essere applicate nella pratica educativa dei formatori professionali

1.2. Risultati attesi Alla fine del modulo ci si aspetta che i partecipanti siano in grado di: • Spiegare i principi del warm‐up e i suoi possibili benefici per i formatori professionali • Elencare una lista di tecniche di warm‐up e argomentare se e come possano o non possano essere applicate nell’ambito educativo dei partecipanti • Proporre e gestire un appropriato esercizio di warm‐up per affrontare e risolvere un particolare problema in un gruppo di allievi 1.3. Approccio metodologico formativo Il modulo è composto di una parte teorica e una pratica. Entrambe sono rilevanti per la tencica didattica. Questi aspetti sia pratici che teorici hanno un impatto nella scelta dei metodo più rilevante di insegnamento. Dal punto di vista metodologico il modulo applicativo segue la scansione organizzativa tipica dello psicodramma, una prima parte di riscaldamento, una centrale di azione e una finale di condivisione e riflessione sull’esperienza.

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2. Warm Up Per capire cosa si intende con warm up è necessario ribadire alcuni concetti chiave dello psicodramma e della sua applicazione in ambito formativo. L'interesse per la formazione è dato in Moreno dalla prima esperienza del Teatro della Spontaneità. Si trattava in questo contesto di addestrare l'attore alla spontaneità e alla creatività, alla capacità di inventare il ruolo e di sapere fronteggiare e concretizzare in modo spontaneo le imprevedibili situazioni proposte dal pubblico. La preoccupazione principale era il superamento delle "cristallizzazioni culturali" (stereotipi e rigidità di ruolo) per giungere alla condizione di spontaneità, premessa alla possibilità di creatività nella realizzazione del ruolo. Questo lavoro di preparazione dell'attore richiama alcune delle tecniche tuttora utilizzate nell'addestramento e nella formazione (le simulazioni e le attività di warming‐up, o riscaldamento). La caratteristica centrale delle modalità psicodrammatiche è sicuramente l'attenzione a tradurre in azione quanto rischierebbe di rimanere su un piano di narrazione razionalizzazione o intellettualismo. Azione nello psicodramma non significa però né agire incontrollato né fare senza pensare. Si parla piuttosto di “contesto di azione”, che significa inserire i contenuti emotivi e razionali in un contesto situazionale che renda percepibile plasticamente e comunicabile, mediante un linguaggio diretto, tali contenuti. Per fare un esempio: è sostanzialmente diverso che un insegnante “racconti" il suo rapporto professionale con un allievo, oppure che in un contesto psicodrammatico entri nei panni dell'allievo stesso, e da quel punto di vista descriva come sente e valuta quell'insegnante... Nel primo caso prevale il racconto e il filtro razionale, nel secondo caso prevale l'azione intesa come confluenza di dati spaziali, situazionali, corporei, razionali ed emotivi. Il contesto di azione è sempre attivo e solitamente precede il contesto di verbalizzazione, intellettualizzazione e sistematizzazione teorica che viene comunque tenuto presente. Vi è quindi una spirale continua che parte dal racconto all'azione e dall'azione all'intellettualizzazione per ritornare all'azione, se si rende ancora necessaria. Direttamente collegato al concetto di azione vi è quello di warming‐up. L’azione da un lato è "riscaldamento” o preparazione all'emergere della spontaneità e della creatività; d'altra parte è necessario in un gruppo creare gradualmente le condizioni (relazionali ed emotive) affinché l'azione possa espletarsi in tutte le sue potenzialità formative e terapeutiche.

Ricorda L'azione è "riscaldamento” o preparazione all’emergere della spontaneità e della creatività. È per questo che un’attività di riscaldamento precede e crea le condizioni per l'attuarsi dell'attività formativa: infatti vi è un'equazione che vede da un lato spontaneità e riscaldamento e dall'altro ansia e assenza di riscaldamento. Citando Moreno possiamo dire che: "L'ansia è in funzione della spontaneità. La spontaneità, secondo la nostra definizione, è la risposta adeguata alla presente situazione. Se la risposta alle circostanze è adeguata, se c'è “pienezza" di spontaneità, l'ansia decresce e scompare. [...] Partire dall'aspetto negativo, dall'ansia sarebbe un errore dialettico. Il problema vero sta nell'individuare il fattore dinamico che fa insorgere l'ansia. L'ansia si manifesta 4


quando fa difetto la spontaneità: non è l'ansia che compare per prima e che comporta a causa della propria comparsa l'attenuazione della spontaneità”. (J.L. Moreno, 1980: 185‐186). Il riscaldamento è la prima parte di una sessione di psicodramma, volta a favorire la comunicazione tra i membri del gruppo, a far circolare le emozioni e a promuovere la spontaneità. L’attività di riscaldamento è la conditio sine qua non per avviare un lavoro psicodrammatico col protagonista o con il gruppo. Il riscaldamento altresì è un processo che riguarda ogni momento della sessione nel quale sia necessario attivare la spontaneità. È la fase in cui il gruppo si organizza attorno a un tema. In questa fase un membro del gruppo diventa il protagonista mentre lo psicoterapeuta ha il ruolo di “direttore dei lavori”. Quando si è deciso cosa si vuole rappresentare il protagonista assegna i ruoli agli altri membri del gruppo. Nella prima fase di riscaldamento, l’obiettivo da prefiggersi è raggiungere uno stato di maggiore spontaneità, permettendo alle energie e alle emozioni personali di emergere; si lavora per la costruzione e per il consolidamento del legame di tele stabilitosi all’interno del gruppo. Si tratta di tecniche messe a punto da Moreno e dai suoi collaboratori ai fini di facilitare l´azione spontanea degli attori psicodrammatici, e di favorire sia la diagnosi che la soluzione della situazione problematica. Il processo di riscaldamento può essere stimolato da attivatori corporei (movimento fisico e contatto corporeo), attivatori mentali (immagini e sensazioni), e attivatori psicochimici (stimolazioni artificiali).

Ricorda Obiettivo del warm‐up è raggiungere uno stato di maggiore spontaneità, permettendo alle energie e alle emozioni personali di emergere.

Attraverso il processo di riscaldamento l´individuo può sperimentare molti ruoli, anche quelli che nella vita quotidiana vive raramente, o non ha mai vissuto. Infatti, se nella routine giornaliera l´uomo si limita a un piccolo numero di ruoli, in realtà le sue potenzialità vanno ben oltre. “Viviamo solo una piccola parte del raggio d´azione della nostra personalità; la maggior parte resta inutilizzata e senza sviluppo.” (Moreno, 1946, p. 295). Le tecniche di riscaldamento, invece, sono finalizzate a generare l´opposto: mettendo in moto il corpo e la mente, il soggetto raggiunge lo stato di spontaneità necessario per riuscire a esprimere liberamente tutte le proprie potenzialità, anche quelle più nascoste, inutilizzate, o temute. In particolare, all´interno di una sessione psicodrammatica il processo di riscaldamento ricopre diverse funzioni: generare e rafforzare i legami di tele all´interno del gruppo; far emergere il protagonista e prepararlo alla rappresentazione del suo mondo interiore; far emergere gli io ausiliari. La fase introduttiva della sessione di psicodramma, quindi, può contemplare esercizi fisici ed espressivi che coinvolgono tutti i membri del gruppo, oppure una discussione, o, più semplicemente, l’attesa silenziosa che qualcuno si proponga quale protagonista del gioco. Il riscaldamento rende più permeabile il gruppo alla condizione “hic et nunc”; favorisce l’amalgama tra i partecipanti e affina i loro sensi; mobilita la capacità preconscia e inconscia di captare i segnali emessi da tutti nei confronti di tutti. In questo prologo, inoltre, ogni individuo ha l’opportunità entrare in assonanza più profonda con il proprio stato emotivo, sondando il suo umore e la disponibilità alla relazione con il regista e con il gruppo. Prima di introdurre le tecniche specifiche di attuazione degli esercizi di warming up è importante approfondire i concetti che stanno alla base dell’introduzione di queste tecniche. 5


3. Tele Il termine tele deriva dal greco τελέ (telé) e significa “a distanza”. Indica la capacita delle persone di entrare in relazione emotiva reciproca per giungere a un incontro. È reciproco e di bidirezionale, a differenza dell’empatia, che è unidirezionale. Il tele si differenzia anche dal transfert, in quanto relativo solo agli aspetti proiettivi della relazione paziente‐terapeuta. Moreno nelle sue osservazioni si ispirò a ciò che Aristotele scoprì a proposito della catarsi nella tragedia greca. La rappresentazione provocava nel pubblico l'attivazione di una sequenza di emozioni, che suscitavano un senso di sollievo, una sorta di "purificazione" dell'anima. Questo aspetto in parte, viene ripreso dall’autore e da altri nel primo '900, intendendo l’evento catartico come componente emozionale risvegliata attraverso l'azione e l’incontro. L’incontro per Moreno (1947) è inteso come: “un Io e un Tu (che) stabiliscono un vero rapporto di reciprocità soltanto quando ognuno dei due riesce a immaginarsi e a sentirsi nei panni dell’altro. In tal modo realizzano l’incontro, cioè lo stare insieme, il ritrovarsi, l’essere in contatto fisico, il vedersi e osservarsi, il condividere, l’amare, il comprendersi, il conoscersi intuitivamente attraverso il silenzio o il movimento, la parola o il gesto”. L’Incontro è il punto centrale dello psicodramma di Moreno, che non si individua né come teatro né come psicologia ma come nuova combinazione delle due cose: viene spesso chiamato “la psicologia della gente, fatta dalla gente per la gente”. Implica un’esperienza intensa dove la gente si incontra, si conosce e si lega agli altri con senso di profonda gratitudine venendosi così a creare una sorta di cornice di intimità che accompagna tutto l’evolversi dell’esperienza drammatica. L’atmosfera di familiarità che si crea in un gruppo di psicodramma a carattere continuativo conduce alla creazione di quella che Moreno (1953) denomina una relazione di tele, “la più semplice unità di sentimento trasmessa da un individuo verso un altro”. Il tele è un’empatia reciproca, una comunicazione emotiva a doppia via, una reciproca comprensione, “un’invisibile corrispondenza, una specie di sensibilità esasperata per i reciproci sentimenti interiori” (Moreno 1947); il tele è un elemento cardine dello psicodramma. La qualità dell’emozione che passa attraverso questo ponte invisibile, chiamato tele, dà al legame la caratteristica dell’attrazione o del rifiuto: una relazione di attrazione ci fa parlare di tele positivo, una relazione di rifiuto di tele negativo; la condizione primaria perché si realizzi è uno stato di spontaneità che per Moreno è un’energia che sorge dal di dentro e opera nel qui ed ora: “la spontaneità opera nel presente, nel qui ed ora: essa stimola l’individuo verso una risposta adeguata a una situazione nuova o a una risposta nuova a una situazione già conosciuta.” (Moreno, 1953).

Ricorda La relazione di tele, “la più semplice unità di sentimento trasmessa da un individuo verso un altro”. Il tele è un’empatia reciproca, è un elemento cardine dello psicodramma. Ritenuta da Moreno, la più alta espressione dell’intelligenza umana, la spontaneità, consentirebbe di trasformare la realtà, di rompere gli schemi e di evitare le cristallizzazioni, stimolando la creatività dell’individuo. La spontaneità è ritenuta l'obiettivo psicoterapeutico dello psicodramma, la creatività la sua derivante attiva: l'una e l'altra vengono sollecitate sulla scena psicodrammatica. L’autore definirà fattore S‐C, l'elemento chiave che misura l’espressione dell'individuo e la relazione con l'altro. Secondo le teorizzazioni moreniane, spontaneità e psicopatologia sono inversamente collegate: se la prima diminuisce o scompare, la seconda insorge e aumenta.

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3.1 Tele e incontro Sviluppando operativamente gli apporti filosofici di Max Buber (1923), Moreno individua nella possibilità di incontro (inteso come capacità dell'essere umano di entrare in relazione emotiva con i suoi simili, in modo autentico e non distorto) la chiave di lettura della salute mentale e dell'equilibrio della personalità. La capacità d'incontro presuppone che siano attivi i processi di tele. Come già affermato, tele significa "a distanza”, e indica la capacità che ognuno ha fin dalla nascita di entrare in relazione emotiva con gli altri esseri umani. Il tele si differenzia dall'empatia, la quale e un processo a una via (una persona è empatica verso un'altra, ma non necessariamente tale atteggiamento viene corrisposto). Si può definire il tele come un'empatia a doppia via, ove centrale diventa le reciprocità. Il tele si differenzia dal transfert, processo chiave del trattamento psicoanalitico. Il tele precede il transfert che ne è la manifestazione patologica. Man mano che crescono le relazioni teliche diminuiscono le relazioni transferali, e viceversa un ampio spazio alle relazioni transferali riduce la possibilità di incontro autentico e profondo. Moreno definisce il concetto di tele quindi per differenza rispetto all’empatia e al transfert. L’empatia è unidirezionale, è un sentimento a una via che una persona rivolge a un’altra. Il transfert è un fenomeno psicodinamico individuale, che assume anche significati psicopatologici. Il tele è caratterizzato invece da reciprocità e si manifesta come elemento base della relazione; esso è pertanto un evento sociale, più che un fenomeno psicologico individuale. G. Boria così definisce il concetto di tele “è la corrente affettiva che lega in modo invisibile e reciproco una persona con un’altra. Il tele costituisce la più semplice unità di sentimento che viene trasmessa da un individuo a un altro [...] La qualità dell’emozione che passa attraverso questo ponte invisibile dà a tale legame la caratteristica dell’attrazione, della repulsione o dell’indifferenza. (Boria, 1983, p. 263)”. Questo concetto è utile non solo in ambito terapeutico, ma anche educativo e di formazione professionale, in quanto consente all’insegnante di avere uno strumento per capire se è in contatto con l’allievo e per come fare a entrare o mantenere tale contatto. È molto più utile del concetto semplice di empatia o di transfert di derivazione psicoanalitica, perché implica che ci sia reciprocità nella relazione. L’empatia, invece, pone l’accento su quanto l’insegnante dà e trasmette all’allievo, inteso come oggetto dell’intervento. Con ciò si rischia di rimanere ancorati a una impostazione direttiva, formale e a una via dell’approccio formativo. Il rischio è di passivizzare il discente e di inaridire il docente, che si sente di non avere niente in cambio da parte dell’alunno. Il transfert pone l’accento sulle distorsioni che l’alunno mette in atto nella relazione. L’insegnante potrebbe interpretare troppo o non essere in grado di usare questo specifico strumento della relazione terapeutica, con il rischio di psicologizzare più del dovuto il contesto formativo. Spostare l’accento sulla relazione di tele, focalizza sul flusso emotivo che passa attraverso la dinamica di azioni‐interazioni reciproche, riequilibrando la matrice formativa e restituendo potere al ruolo di alunno.

4. Spontaneità Nello psicodramma il concetto di spontaneità è fondamentale. Moreno ha scelto il teatro di ricerca come mezzo per ottenere la riconquista della spontaneità. Un setting con regole rigide e definite sarebbe stato infatti un ostacolo rispetto al suo obiettivo. Questo è un concetto detto e ripetuto nel corso delle sue opere. Sul palcoscenico psicodrammatico " [...] è possibile la scoperta dell'uomo spontaneo, ossia della natura spontanea e creativa dell'esistenza" (Moreno, 1940). Si può dire in negativo che tra 7


spontaneità e psicopatologia sono inversamente proporzionale: se la prima diminuisce o scompare, la seconda insorge e aumenta. Ogni individuo ha la possibilità di avere comportamenti spontanei, nella relazione con se stesso e con il mondo esterno. Ma nel processo di socializzazione è presente un costante apprendimento di relazioni che sono destinate a ripetersi in modo stereotipato nel corso delle esperienze successive. Moreno parla a questo proposito di “conserve naturali”, identificando in esse tutti quei comportamenti che continuano a riprodursi meccanicamente (“per inerzia”) nonostante siano lontane nel tempo le circostanze che li hanno provocati la prima volta. Quindi, la spontaneità è la capacità di agire comportamenti funzionali alle esigenze reali dell’individuo, ai bisogni legati al momento del presente in modo immediato e libero da condizionamenti. Un fattore che può ostacolare l’espressione spontanea del Sé è l’ansia. Se c’è una autentica manifestazione di spontaneità, l’individuo è privo di ansia; quando l’individuo è in uno stato di minaccia e di non autenticità, viene manifestata ansia che può arrivare allo stato di panico. Un altro fattore che mina la spontaneità è la troppa importanza al giudizio degli altri, in particolare a quelli dei contro‐ruoli significativi, ma anche della società nel suo complesso. Come ad esempio, le aspettative del genitore sulle prospettive di successo del figlio o gli imperativi della moda sulle forme fisiche della donna.

Ricorda La spontaneità è la capacità di attuare comportamenti funzionali alle esigenze reali dell’individuo, ai bisogni legati al momento del presente in modo immediato e libero da condizionamenti.

Ciò comporta che le persone tendano ad assumere comportamenti forzati che hanno come unico fine quello di mettersi al riparo da critiche esterne. Ma questo modo di vivere, portato avanti quotidianamente, finisce per sfinire la persona: non esiste infatti momento di pace per chi teme sempre di dire o fare qualcosa che non piaccia agli altri, chiunque essi siano. “Non è piacevole né rilassante la vita di chi indossa perennemente una maschera. Sono parecchie le situazioni che ci disarmano mettendo a nudo il nostro vero io, e, anche ammettendo che possa essere utile l’atto di controllarsi in sé, non è piacevole né rilassante la vita di chi indossa perennemente una maschera. Quant’è serena invece la semplicità schietta e spontanea, non priva di grazia, di un comportamento senza veli! (…). Anche della spontaneità, comunque, si faccia un uso equilibrato: c’è differenza tra il vivere in modo autenticamente spontaneo e in modo trasandato e volgare” dice Seneca nel passo del De tranquillitate animi (Sulla serenità dell’animo) che sviluppa proprio questo argomento: l’inquietudine generata dalla mancanza di spontaneità. Anche Erich Fromm (1941), psicoanalista tedesco, si occupa del concetto di spontaneità nel suo libro Fuga dalla libertà in cui evidenzia come possa la modalità espressiva aiutare le persone a ritrovare la propria autenticità: “Può esistere la libertà in un mondo di maschere e di automi in cui l’avere schiaccia l’essere e la menzogna è la regola dei rapporti umani?”… “È la risposta al problema della libertà”. La spontaneità è una condizione che può essere creata in ogni individuo, uno stato interno che può essere prodotto e che costituisce la base per l'espletarsi della creatività. La spontaneità è pertanto un catalizzatore per la creatività e l'una senza l'altra portano conseguenze negative e non produttive. Per Moreno, nell’atto concreto la spontaneità e la creatività sono intimamente fuse. Se manca lo stato di spontaneità, la creatività rimane inerte e nascosta, qualunque sia la 8


sua entità potenziale. L’atto privo di spontaneità è l’atto meccanico, stereotipato, ripetitivo. La spontaneità stimola a trasformare la realtà, a rompere gli schemi a evitare le cristallizzazioni. Essa porta ad affrontare i rischi del cambiamento “L’attività spontanea non è l’attività coatta, alla quale l’individuo è spinto dall’isolamento e dall’impotenza; non è l’attività dell’automa, che è assimilazione acritica di modelli suggeriti dall’esterno. L’attività spontanea è libera attività dell’io e implica, psicologicamente, quello che la radice latina della parola, sponte, significata letteralmente: di propria libera volontà. Per attività non intendiamo il «far qualcosa», bensì quell’attività creativa che può operare nelle proprie esperienze emotive, intellettuali e sensuali, e anche nella propria stessa volontà. Un presupposto di questa spontaneità è l’accettazione della personalità totale, e l’eliminazione della spaccatura tra «ragione» e «natura»; infatti, solamente se l’uomo non reprime parti essenziali del proprio essere, solo se è diventato trasparente a sé stesso, e solo se le diverse sfere della vita hanno raggiunto una fondamentale integrazione, l’attività spontanea è possibile” (Fromm, 1941). Le parole di Fromm richiamano direttamente ciò che Moreno aveva ben individuato nel fattore spontaneità‐creatività. Moreno distingue quattro diverse forme di spontaneità: innanzitutto essa è uno slancio, cioè un impulso primigenio dell’individuo; in secondo luogo essa è un’acquisizione culturale, conseguente alle innovazioni che si possono registrare nel campo dell’arte, o a livello di ambienti, organismi o istituzioni che si sforzano di interrompere il succedersi automatico degli eventi attraverso cui si perpetua la tradizione; esiste poi una spontaneità che è creazione di un’espressione libera della personalità; infine, la spontaneità può intendersi anche come una risposta adeguata e originale a situazioni nuove. In questo senso la spontaneità si definisce anche come possibilità caratteristica dell'individuo di avere sentimenti e comportamenti in armonia con le proprie tendenze naturali. La creatività consente che la tendenza naturale diventi azione concreta, tanto che Moreno chiama fattore S‐C (spontaneità‐creatività) l'elemento chiave che misura l'espansione soddisfacente dell'individuo e la relazione con l'altro. Per Moreno un buon equilibrio del fattore S‐C si manifesta come capacità di "rispondere in modo adeguato alle situazioni nuove o in modo nuovo alle situazioni già conosciute" (Moreno, 1940)

Ricorda Moreno individua quattro forme di spontaneità: 1. È uno slancio immediato e istintivo dell’individuo 2. È una acquisizione culturale 3. È una espressione libera della personalità 4. È una risposta originale a situazioni nuove

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4.1. Formazione e spontaneità Come si è affermato in precedenza, quando non c’è spontaneità, l’individuo si manifesta con ansia e/o con comportamenti rigidi e stereotipati. Cercare di essere spontanei nei rapporti interpersonali significa imparare a rispondere in modo armonico alle esigenze dell’ambiente senza distorcerne le richieste e la realtà e far fronte alle proprie istanze interiori senza atteggiamenti difensivi, facendo emergere bisogni ed emozioni autentici. Moreno usa il concetto di spontaneità non solo in riferimento ai fenomeni psicopatologici, ma si interessa di spontaneità soprattutto quando osserva l’attore sulla scena. Il concetto è stato ulteriormente elaborato in molteplici situazioni volte a formare l’attore, la singola persona e il gruppo ad agire in nuovi ruoli. Evidente è l’utilità di questo concetto nella formazione alle professioni che richiedono un rapporto con il gruppo, come l’insegnante. L’insegnate, oltre che delle necessarie competenze teoriche e tecniche, si dota anche della capacità di adattarsi in modo flessibile alla varietà delle persone e delle situazioni professionali con le quali viene a contatto. Moreno verifica che, nello sviluppo della spontaneità, ha un ruolo centrale l’azione, l’interpretazione scenica improvvisata. Nell’ipotizzare due canali diversificati di funzionamento della memoria (il centro dell’azione e il centro del contenuto) Moreno sottolinea come l’apprendimento della spontaneità richieda un contesto di azione per essere efficace (Moreno, 1980b, p. 524). Solo in tal modo contenuti e azioni possono trovare sintesi nella capacità di realizzare ruoli e comportamenti spontanei. 4.2. Come controllare la spontaneità e renderla base della creatività È necessario che tra spontaneità/controllo ci sia un equilibrio dinamico nel lavoro psicodrammatico. Questa dinamica attraversa sia i gruppi terapeutici che quelli formativi, ma nella formazione ci sono dei vincoli molto più evidenti che nella psicoterapia. Solo una visione ingenua dell’intervento psicodrammatico può considerare la dimensione spontaneità come autenticamente vera e la dimensione controllo come una semplice limitazione. A tal riguardo così si esprime Moreno: “Lo psicodramma è tanto un metodo di educazione all’autocontrollo quanto un metodo di espressione libera. Il carattere repressivo della nostra cultura ha finito per dare alla «espressione per se stessa» un valore spesso esagerato. Metodi come l’inversione di ruolo, o la rappresentazione di ruoli, in quanto richiedono una limitazione, un riaddestramento e/o un ricondizionamento dell’eccitabilità, costituiscono un’applicazione dello psicodramma assai sottovalutata e trascurata. Soprattutto l’interpolazione di barriere (interpolation of resistences) consente all’io di acquisire sempre più controllo nei confronti di un’emozione che viene più volte messa in scena nello psicodramma. (Moreno, 1987, p. 266).

Spontaneity

Creativity

Cultural conserve

WARM UP Fig. 1. Canone della spontaneità‐creatività: La visione di Moreno (J.L. Moreno, 1993). 10


Moreno si riferisce alla spontaneità in stretta relazione al concetto di creatività, il fattore S‐C (spontaneità‐creatività) è l’elemento chiave nell’espansione dell’individuo e della relazione con l’altro. L’interesse per la spontaneità in Moreno è strumentale rispetto al tema dello sviluppo della creatività, dell’atto creativo. Pertanto, centrare l’attenzione solo sullo sviluppo della spontaneità senza il collegamento con la creatività appunto, rischia di sminuire la funzione dell’atto spontaneo privandolo della sua finalizzazione creativa.

High Spontaneity state

The product: Cultural conserve

Creativity

Low

High

Spontaneity deficency

Anxiety

Non creative product Uncontrolled behavior Controlled

Low

Fig. 2. Canone esteso di spontaneità‐creatività.

In ambito formativo, uno degli obiettivi principali non è lo sviluppo della spontaneità, quanto la capacità di realizzare atti creativi, di assumere ruoli nuovi creativamente e di trasformare in modo creativo i ruoli sociali e lavorativi. La spontaneità per tradursi in atto creativo ha bisogno di un medium, che costituisce al tempo stesso un vincolo e una opportunità espressiva, che è il ruolo, unità di comportamento percepibile, osservabile e modificabile nell’interazione con l’ambiente umano. La creatività non può svilupparsi se non è attivata la spontaneità, e al tempo stesso necessita di un canale espressivo per prendere forma attraverso il ruolo, che sganciato dalla spontaneità e dalla creatività esaurisce la sua funzione, cristallizzandosi in modo stereotipato. La spontaneità priva del collegamento con la creatività e il ruolo, si esaurisce in uno “stato di spontaneità” senza contatti col dato di realtà. In questo percorso di sviluppo della creatività diventa centrale nella formazione il contesto di regole, opportunità e dati percettivo‐relazionali in rapporto ai quali la spontaneità viene stimolata, amplificata, oppure incanalata o messa a confronto con barriere (interpolation of resistences), che costituiscono l’occasione per un balzo in avanti creativo (ruolo nuovo o insight). In questo processo è importante avere chiaro il focus dell’intervento, che giustificherà l’accento posto sulla spontaneità, oppure sullo sviluppo di un ruolo nuovo. Nell’attività formativa si deve considerare che in certe fasi il focus dell’intervento è il gruppo di alunni stesso. Ciò comporta avere attenzione ai rapporti tra i membri del gruppo la reciprocità di ruoli e contro‐ruoli presenti tra loro e l’immagine di gruppo che emerge in quanto insieme unitario, anche il gruppo ha in questi termini un contro‐ruolo rispetto all’insegnante. Ad esempio, una conflittualità tra due o tre membri della classe può influenzare il clima di tutto il gruppo e far emergere un’ansia e un’irrequietezza che non permette il buon svolgimento della lezione. In questo caso, fermare il programma didattico e creare un setting formativo di tipo psicodrammatico, significa prima di tutto ristabilire un ambiente protetto di accettazione nel quale il fattore S‐C può emergere. Il warming‐up è funzionale proprio a far entrare in partecipanti in una dimensione relazionale nel quale sentono di potersi esprimere senza temere il giudizio degli altri. 11


Per evitare fraintendimenti è necessario chiarire che cosa intende Moreno per spontaneità. Essa non è ciò che il linguaggio comune definisce: un comportamento privo di regole che fa uscire in modo incontrollato emozioni, pensieri o azioni indipendentemente dalle esigenze della persona. La spontaneità è piuttosto una condizione che può essere creata in ogni individuo, uno stato interno che può essere prodotto e che costituisce la base per l'espletarsi della creatività.

Ricorda Il warming‐up è funzionale proprio a far entrare in partecipanti in una dimensione relazionale nella quale sentono di potersi esprimere senza temere il giudizio degli altri. La spontaneità è pertanto un catalizzatore per la creatività e l'una senza l'altra portano conseguenze negative e non produttive. Moreno definisce due estremi a tal riguardo: – –

il deficiente spontaneo, colui che, in uno stato perenne di “spontaneità" ma privo di risorse creative, fornisce in continuazione risposte inadeguate all'ambiente e dettate solo da bisogni e stati interni; il creatore disarmato, colui che, ricco di potenzialità creative, non riuscendo a creare in sé uno stato di spontaneità, resta paralizzato e non riesce a esternare le potenzialità creative.

È importante sottolineare che la spontaneità può essere educata, sviluppata e ricreata mediante un processo di riscaldamento. La metodologia psicodrammatica parte dal presupposto che la spontaneità può manifestarsi in determinate situazioni (per esempio: uso del corpo, umorismo, situazioni di intimità e di contatto con l'altro, ecc.) e in tutte le persone, anche quelle più limitate o malate. È per questo che metodologicamente la fase di warming‐up è particolarmente curata nei gruppi di psicodramma. Da questo punto di vista quello che il formatore è chiamato a fare, come anche in psicoterapia e nelle situazioni di apprendimento, non è altro che una risposta creativa scaturita dopo una fase di incubazione, in un momento di adeguata spontaneità. Un buon equilibrio del fattore S‐C porta da un lato alla capacità di dare risposte adeguate a una situazione nuova e imprevista, e dall'altro di saper dare una risposta nuova e creativa a una situazione vecchia e cristallizzata. Si tratta di accompagnare il gruppo verso uno stato di maggiore disposizione al coinvolgimento con gli altri da un lato e a un maggiore contatto con il flusso interiore, ovvero con le parti inconsapevoli di se stesso. Quelle che solitamente vengono mantenute nascoste se si usano solo i processi di pensiero logico‐deduttivi. 4.3. È possibile misurare la spontaneità? L’idea di misurare la spontaneità, attraverso un test basato sull’azione è stata introdotta da Moreno nel 1944. Il test è composto da una serie di situazioni sceniche che non sono necessariamente standardizzate, in cui il protagonista risponde con azioni improvvisate. L’osservatore categorizza le risposte in base ad adeguatezza, originalità e velocità, da qui si misura il quoziente di spontaneità. Qualche anno fa sono stati pubblicati alcuni studi sulla valutazione della spontaneità attraverso scale standardizzate. Il primo è il Personal Attitude Scale (PAS; Collins, Kumar, Treadwell, & Leach, 1997) composto da 58 voci, che poi è stato rivisto da Kellar e altri PAS‐II (Kellar, Treadwell, Kumar, & Leach, 2002), che comprende 66 voci. Da 12


questa scala emergono 6 caratteristiche del comportamento spontaneo: 1) è nuovo e creativo, 2) è immediato, 3) è adeguato e appropriato, 4) emerge facilmente e senza sforzo, 5) coinvolge la totalità della persona, 6) la persona ha sotto controllo le proprie azioni che non sono impulsive (Kellar et al., 2002). Un altro strumento che misura la spontaneità è lo Spontaneity Assessment Inventory (SAI) costruito da Kipper and Hundal (2005). Viene chiesto “Quanto forti sono in te questi sentimenti e pensieri durante una normale giornata?”, la domanda è seguita da 20 voci che descrivono sentimenti e pensieri che caratterizzano lo stato di spontaneità (come per esempio: energico, disinibito, controllato, ecc…) a cui va dato un punteggio attraverso una scala Likert a 6 punti. Inoltre, il SAI (Spontaneity Assessment Inventory) si correla positivamente con la misura di benessere (Friedman,1994) e negativamente con stati e tratti ansiosi (Spielberger, Gorsuch, Lushen, Vagg, & Jacobs, 1983), con il comportamento ossessivo‐compulsivo (Foa, et al., 2002) e con l’orientamento verso il passato misurato attraverso il Temporal Orientation Scale (TOS; Jones, Banicky, Pomar, & Lasane, 2004). Kipper e Shemer (2007) hanno elaborato una versione rivista del SAI, il SAI‐R, nella quale hanno ridotto le voci a 18 e la scala Likert è stata ridotta a 5 punti. L’aspetto più importante che Moreno ha sottolineato è che la spontaneità è alla base del benessere psicologico (Moreno, 1923, 1953). Anche studi successivi hanno messo in correlazione la spontaneità con la salute mentale, Steitzel and Hughey (1994) hanno messo in luce come la spontaneità sia necessaria per poter sperimentare gioia e soddisfazione. Maslow (1970) considera che la spontaneità sia una condizione necessaria per raggiungere lo stadio di autorealizzazione personale. Nello studio più recente del SAI‐R si è visto come effettivamente la dimensione della spontaneità sia positivamente correlata con le dimensioni del benessere e negativamente con quelle dello stress (Kipper, & Shemer, 2007)

5. La Creatività La creatività è definita da Moreno in stretta relazione con la spontaneità, costituendo il fattore s‐c (spontaneità–creatività). Spontaneità e creatività sono interdipendenti. La creatività si definisce nell’atto concreto, la cui caratteristica è di fornire risposte adeguate a situazioni nuove o risposte nuove a situazioni note o cristallizzate. Lo psicodramma ha l’obiettivo di favorire lo sviluppo di ruoli più spontanei e creativi nell’individuo e nei gruppi. Arte e creatività sono state usata nelle esperienze di gruppo come mezzo per fare esprimere sentimenti, per creare empatia, non tanto per produrre un qualcosa di esteticamente valido (Liebmann, 2004). La creatività fa da ponte, è canale espressivo per fare emergere conflitti, emozioni e aspetti della personalità che altrimenti rimarrebbero nascosti (Liebmann, 2004; Rubin, 1999). Alcuni studi hanno anche messo in luce che coloro che sono interessati all’arte hanno capacità empatiche maggiori degli altri (Bayam, Simsek & Dilbaz, 1999; Dokmen, 1994). I metodi espressivi accelerano l’emergere di associazioni connesse con l’esperienza emotiva, in quanto sono basate sull’azione, per questo sono sfruttabili sia in ambito terapeutico che formativo. Il fatto di mobilitare la globalità della persona attraverso l’azione permette che ci si centri nel qui e ora e che si lasci l’intellettualizzazione astratta per vivere in modo immediato l’esperienza creativa. Usare il medium creativo permette inoltre di fare abbassare le difese nel gruppo in quanto fa percepire meno il giudizio reciproco. Ad esempio, il compito di fare un disegno, per esprimere una propria caratteristica di personalità o una propria passione, aiuta prima di tutto a concentrarsi su se stessi e a sollecitare capacità cognitive, emotive, immaginative e di motricità, e poi, nella condivisione con gli altri, aiuta a manifestare e a mettere in luce aspetti della personalità di ciascuno che 13


attraverso le modalità espressive tradizionali non sarebbero emerse (Ozcan et al., 2011). Rispetto al concetto di creatività Umberto Eco (2004) ha fatto una rassegna delle definizioni che si possono trovare in rete e ha visto che sono oltre 1.560.000 siti dedicati a questo concetto e che molti di essi fanno riferimento “a una capacità industriale e commerciale di risolvere problemi, identificata con l’innovazione, ovvero la disposizione a concepire idee nuove, e a tale arte sono dedicati molti siti che vi insegnano come diventare creativi e, pertanto, guadagnare molto denaro. (…). Ma prima dell’avvento dell’era delle multinazionali, due sono stati in genere, i sensi di creatività. Uno è quello biblico, per cui Dio crea l’universo dal nulla. La seconda è derivata per analogia dalla prima e riconosce all’artista, che effettivamente pone in essere qualcosa che non esisteva prima, poteri quasi divini. Ecco allora una proposta che mette sullo stesso piano la creatività scientifica e quella artistica. Come tutte le scoperte scientifiche a venire dovrebbero in qualche modo essere contenute negli algoritmi che reggono gli eventi naturali, così tutte le creazioni artistiche dovrebbero già essere contenute in potenza negli elementi fondamentali, suoni, lettere, intervalli, tinte, linee e figure geometriche di cui la nostra specie dispone. Creativo non sarà allora colui che ha tratto qualcosa di nuovo ex nihilo ma colui che lo ha individuato, per intuizione, per trial and error, per caso – o per quell’infinita pazienza che per Flaubert era segno del genio – dalla ganga che lo racchiudeva e lo nascondeva ai nostri occhi. Piuttosto il problema è quanto questa combinatoria permettere sempre nuovi modi di descrivere o ricostruire il mondo, e quanto questi modi possano essere accettabili” (Eco, 2004).

5.1 Creatività e scienze cognitive In ambito psicologico, la creatività è stata studiata in particolare in ambio cognitivo a partire dalle ricerche di Giulford del 1950 hanno condotto studi sistematici per comprendere più a fondo la creatività e come essa influenzi e sia influenzata dalla personalità, dalle relazioni sociali, dagli aspetti cognitivi ed emotivi. Fra tutti gli studi su questi fattori uno dei più indagati è stato sicuramente il rapporto fra stato emotivo, umore e creatività. Data l’ingente quantità di lavori sul tema una meta‐analisi ha recentemente combinato i risultati di 102 articoli scientifici che hanno indagato la relazione fra creatività ed emozioni (Baas, De Dreu, Nijstad, 2008). Quando si parla di emozioni la prima cosa che si nota è la loro valenza edonica o tono affettivo. Infatti alcune emozioni, come gioia, entusiasmo e tranquillità, hanno un tono positivo, mentre altre, come rabbia, ansia, tristezza, hanno un tono negativo. Attraverso evidenze neuropsicologiche si è scoperto inoltre che lo stato emotivo può essere attivante (ad alto arousal) o de‐attivante (a basso arousal) (Posner, Russell, & Peterson, 2005). Combinando le due classificazioni si avranno stati emotivi positivi a basso arousal, come calma e tranquillità, e ad alto arousal, come felicità e euforia, così come stati emotivi negativi a basso arousal, come tristezza e depressione, e ad alto arousal, come rabbia e paura. La questione però si complica ulteriormente. I risultati della meta‐ analisi hanno permesso di comprendere che il legame fra creatività e stato emotivo è molto più complesso di quanto sembrasse in partenza poiché sembra essere regolato dall’interazione fra valenza edonica, attivazione emotiva e motivazione. Dall’analisi di queste complesse interazioni emerge che in generale gli stati emotivi positivi sono la fonte migliore per la creatività rispetto a quelli negativi. Tuttavia non bisogna dimenticare il ruolo che il livello di attivazione o arousal ha in questa equazione: se si introduce questa variabile, infatti, si scopre che solo gli stati positivi attivanti sono veramente in grado di favorire la creatività. Quindi solo emozioni come la felicità possono favorire la flessibilità e la velocità di processazione cognitiva, che a loro volta favoriscono alti livelli di creatività e originalità. Come abbiamo detto ulteriori mediatori 14


sono gli stati emotivi in grado di promuovere la motivazione. Dalla ricerca è emerso che le emozioni negative a basso arousal non sono correlate con un aumento della creatività e addirittura quelle negative ad alto arousal sono negativamente correlate con essa soprattutto perché riducono drasticamente la flessibilità cognitiva impedendo così di trovare nuove soluzioni. I modelli teorici sulla creatività che si sono succeduti nel tempo hanno in comune alcuni aspetti: prima di tutto che il processo creativo comprende analisi propositiva, generazione di idee o immaginazione, valutazione critica, per cui l’intero processo è in equilibrio tra immaginazione e analisi; secondo, i modelli più vecchi tendevano a ritenere centrale l’importanza dei processi inconsapevoli, mentre quelli più attuali tendono a vedere predominante la generazione di alternative determinate dal controllo cognitivo. Infine, l’intero processo creativo richiede che ci sia il diretto collegamento con il passaggio all’azione, le nuove idee devono avere anche un’applicazione pratica. Plsek ha proposto il “DirectedCreativity Cycle” che è una sintesi di un modello creativo che combina i concetti che sono alla base delle diverse teorie proposte negli ultimi ottanta anni (vedi fig. 3).

Fig. 3. The DirectedCreativity Cycle

Il grafico si legge partendo dalla parte in alto a sinistra del quadrante, nel primo spicchio, attraverso l’osservazione e l’analisi si raccolgono e analizzano le idee, nel secondo quadrante si potenziano le idee e si valutano approfonditamente, fino ad arrivare alla scelta di quale tra esse tradurre in azione e sviluppare attraverso la pratica. (Plsek, 1997). Anche il processo psicodrammatico può essere visto come un atto creativo e analizzato secondo questo schema. Infatti, nella prima fase, quella del riscaldamento, si preparano le condizioni per facilitare l’emergere di idee, emozioni, atteggiamenti, che vengono poi tradotti in azione scenica, che ne permettono la rielaborazione, infine nella condivisione si rielabora quanto viene vissuto per trovare nuove strategie di azione nella vita quotidiana. 15


5.2 È possibile misurare la creatività? Oggigiorno è possibile reperire in rete vari test che permettono di misurare i tratti di personalità legati alla creatività che si fondano su modelli scientifici di rilievo. Uno di essi è il Fast Company che elenca dieci punti, segnalando che si tratta di caratteristiche di personalità contraddittore, paradossali, e specificandone la fonte: le ricerche di Mihaly Csikszentmihalyi, uno degli studiosi attualmente più reputati sull’argomento, il teorico del “flow”. I tratti su cui si basa la scala sono: 1) grande energia fisica ma propensione alla quiete e al riposo; 2) acutezza e candore; 3) giocosità e disciplina, responsabilità e irresponsabilità; 4) immaginazione e fantasia alternate a un radicato senso della realtà; 5) estroversione e introversione, simultaneamente; 6) compresenza di umiltà e orgoglio; 7) tendenza a uscire dagli stereotipi di genere (uomini più femminili, donne più maschili); 8) conservazione (nel senso del radicamento in una cultura) e ribellione; 9) passione e contemporanea obiettività sul proprio lavoro; 10) apertura e sensibilità, che generano molta pena e molta gioia. Un altro strumento è stato elaborato da Paul Torrance, si trova su Cre8ng ed elenca 52 tratti, tra cui: astrattezza, adattabilità, contesti (capacità di cambiarli), combinazione di idee fatti e situazioni, flessibilità e futuro (orientamento al), idealismo e indipendenza, originalità, passione e prospettiva, ricchezza nel dettagliare, sensibilità e sintesi, tolleranza per l’ambiguità, visualizzazione (capacità di). Altro sito che si occupa del tema è Inc.com che si limita a sette tratti, così come li descrive Øyvind L. Martinsen. Sono: 1) capacità di associare e di far rapidi passaggi tra realtà e immaginazione; 2) bisogno di originalità e resistenza a regole e convenzioni; 3) motivazione e orientamento al risultato; 4) ambizione e desiderio di reputazione; 5) flessibilità, e capacità di osservare la realtà da diversi punti di vista; 6) scarsa stabilità emozionale, umori altalenanti, tendenza a sperimentare emozioni negative; 7) scarsa socievolezza e ostinazione. Copyblogger invita i suoi lettori a scoprire se possiedono gli “undici tratti delle persone altamente creative”. Segnala che creatività e intelligenza sono sì correlate, ma non più di tanto (le persone creative, l’ha dimostrato per primo Robert Sternberg, hanno un’intelligenza sopra la media – attorno a 120 di QI – ma non necessariamente e non sempre picchi elevatissimi. Sul sito si parla di coraggio, intuizione, giocosità, espressività, capacità di trovare un ordine nel mezzo della confusione (questo è un tratto significativo. Einstein lo cita), motivazione, attitudine a cercare soluzioni, senso della sfida, capacità di trovare legami tra elementi diversi e di forzare i confini, voglia di sperimentare nuove idee. L’Università dell’Indiana che produce uno scarno elenco, ma almeno divide i tratti per Prodotti (fluidità, flessibilità, originalità, elaborazione: sono le categorie identificate da Torrance), Attitudini (curiosità, immaginazione, complessità, propensione al rischio), Comportamenti (flessibile, inventivo, non conformista, risposte nuove) e aggiunge una serie di caratteristiche cognitive importanti, tra le quali la capacità di pensare per metafore, l’indipendenza di giudizio, il pensiero eidetico (per immagini). 5.3 Creatività e psicoanalisi I primi studi moderni sul tema della creatività e del suo rapporto con lo sviluppo cognitivo risalgono alla seconda metà dell’800, quando Broca e Wernicke localizzano le aree del linguaggio. Oggi le neuroscienze si occupano di studiare quali aree cerebrali interagiscono nel processo creativo e di come la creatività sia connessa con il linguaggio e la visione. Ne risulta un bel puzzle estremamente complesso.

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Prima delle neuroscienze è stata la psicoanalisi, con la scoperta dell’inconscio, a indagare le cause più remote della creatività. È importante esplicitare come intorno alla dimensione psichica della creatività ci sia un pregiudizio: l’idea che pensiero creativo e malattia psichica siano connessi, ma che la creatività sia il risultato della malattia. Come abbiamo visto alla base della creatività c’è la dimensione di spontaneità e, se essa è negativamente correlata con stress e positivamente con benessere, risulta chiaro che anche la creatività si può manifestare in condizioni di equilibrio psichico.

5.3.1 La concezione di Freud sulla creatività come sfogo delle nevrosi Sigmund Freud indaga le motivazioni della creatività mettendone in luce la componente inconscia e quella psicopatologica. Freud dice che la creatività è una risposta positiva a un desiderio inconscio infantile, di natura prevalentemente sessuale, che sia stato frustrato, poi rimosso dalla mente. Ma rimuovere gli eventi dolorosi o traumatici semplicemente dimenticandoli causa nevrosi, il malessere della psiche che nasce quando si seppelliscono nell’inconscio fatti dolorosi che comunque, in un modo o nell’altro, provano a riaffiorare in altra forma: compulsioni, gesti illogici, tic, manie, ossessioni che solo in apparenza sono senza motivo. In alternativa le nevrosi possono essere trasformate attraverso la creatività. Questo si verifica quando la libido, cioè la tensione emozionale connessa con il desiderio che è stato frustrato nel passato, invece di sfogarsi producendo comportamenti nevrotici, si sposta cambiando oggetto. Lo spostamento orienta le energie attivate che si traducono in attività creativa, socialmente accettabile e fonte di gratificazioni alternative a quelle in precedenza desiderate e non ottenute. In sintesi, per Freud, la creatività è frutto della sublimazione di energie scaturite da una situazione frustrante e del loro nuovo orientamento in una direzione produttiva. Questo avviene quando il principio di realtà, cioè la consapevolezza che bisogna venire a patti con le situazioni, si sostituisce al principio del piacere, il bisogno di appagare qualsiasi desiderio in modo immediato e incondizionato. 5.3.2 La concezione di Jung sulla creatività che nasce da archetipi e dalla funzione simbolica Il pensiero di Gustav Jung (1909‐1961) è meno causale, lineare e sistematico di quello di Freud. La complessità della sua visione e l’ampiezza del suo campo di indagine possono difficilmente essere ridotti a poche righe che siano esaurienti e fedeli. Per Jung la libido è energia psichica, non solo sessuale. La psiche è un insieme di complessi: cioè di sistemi di rappresentazioni carichi di energia e caratterizzati da una propria tonalità affettiva, per esempio, il complesso materno. Anche l’Ego è un complesso, il più saldo e stabile: è connesso con la personalità, l’auto‐rappresentazione e l’auto‐percezione dell’individuo. Esiste un inconscio collettivo, cioè una struttura psicologica di base, fatta di archetipi condivisi dall’intero genere umano. Sono modelli innati, possono essere narrati in forma di mito e nell’esperienza individuale ci si può rispecchiare. È il rapporto dialettico tra archetipi interiorizzati e opposti (Animus/Anima, Persona/Ombra, ecc.) a generare le dinamiche psichiche di ciascun individuo e a sviluppare l’energia della libido. In particolare, l’Ombra è la parte oscura, ma non necessariamente negativa e a volte portatrice di energie creative, che l’individuo tenderebbe a ignorare. La Persona è invece la sua maschera pubblica e rispettosa delle convenzioni sociali. Anima (spontanea, intuitiva, materna) è l’aspetto femminile 17


presente nell’inconscio collettivo maschile, Animus (logico e razionale, saggio) l’aspetto maschile che c’è nell’inconscio collettivo femminile. Dalla sintesi che fa la funzione simbolica mettendo in relazione gli archetipi, innati e immutabili, con le esperienze individuali e contingenti emerge la creatività. È una trasformazione che Jung chiama individuazione. È una sintesi dinamica che si verifica quando l’Ego riesce a negoziare con l’ansia, l’ambiguità e l’ambivalenza che sono intimamente connesse con il vivere perché trascende gli archetipi opposti integrandoli, e perché è capace di interagire con il mondo sia attraverso la percezione, sia grazie al pensiero, all’intuizione e al sentimento. Si tratta di un processo di carattere istintuale: per Jung fame, sessualità, attività, riflessione e creatività sono tutti istinti, ed è l’istinto creativo a rendere differente l’uomo dalla altre specie viventi muovendolo verso la spiritualità e la produzione di simboli. Anche la psicoterapia è volta allo sviluppo delle potenzialità creative latenti nel paziente stesso. Ciò significa che c’è un profondo legame tra manifestarsi della creatività e psiche che si trasforma. L’individuo che è capace di rapportarsi in modo maturo col mondo sa anche avere relazioni e produrre visioni creative restando in contatto con il proprio Sé: il luogo in cui si trovano la saggezza dell’organismo, la sua vocazione, la sua tensione a sviluppare tutto il proprio potenziale.

5.3.3 La concezione di Arieti sulla creatività: tra ordinario e straordinario Lo psicoanalista Silvano Arieti distingue tra creatività ordinaria, capace di migliorare la vita dell’autore rendendola più piena e soddisfacente, e creatività straordinaria, quella che inventa nuovi paradigmi e migliora la vita di tutti contribuendo al progresso. Per Arieti (1976) l’individuo capace di produrre creatività straordinaria conserva una possibilità più grande della media di accesso alle immagini, alla metafora, alla verbalizzazione accentuata e ad altre forme connesse al processo primario, che è inconscio o preconscio. Sia il sognatore, sia lo schizofrenico e l’individuo creativo condividono un accesso facilitato alla sfera primaria, ma mentre lo schizofrenico ci resta intrappolato e il sognatore perde le sue suggestioni notturne quando si confronta con le logiche del giorno, l’individuo creativo seleziona, adotta e adatta materiali primari innescando il pensiero logico e integrato che appartiene al processo secondario. La magia della sintesi creativa, il processo terziario, chiede una dose superiore alla norma di passività ricettiva: quella che permette ai materiali primari di emergere improvvisamente; durante la meditazione, la contemplazione, il fantasticare, il rilassamento, l’assunzione di droghe, i sogni… ma chiede anche una dose superiore di attività intenzionale e consapevole per gestire quei materiali adeguatamente. È una magia di cui la persona creativa rimane la depositaria, un segreto che non può rivelare né a se stesso né agli altri. Quello che non è più un segreto è il modo in cui il suo processo creativo si svolge, raggiunge la sua conclusione, e quali condizioni facilitino la sua comparsa (Arieti, 1976).

5.3.4 La concezione di Hillman sulla creatività: anima, vocazione, possessione Il tema junghiano degli archetipi appartiene anche allo psicoanalista James Hillman (1996), che lo proietta potentemente in una dimensione più ampia di quella terapeutica: è la psicologia archetipale, una terapia delle idee e non delle persone. Hillman dice che le immagini che hanno valore di archetipo, cioè che sono universali e necessarie; su esse si fondano i miti. L’anima entrando in contatto con le strutture 18


simboliche del mito può esprimere la propria energia e riconoscere la propria vocazione, al di là delle pressioni sociali e delle situazioni contingenti. Solo onorando il mito che ciascuno porta in sé è possibile ricostruire un rapporto equilibrato con la realtà, evitare derive patologiche, crescere nel mondo, compiere il proprio destino. La creatività non è un dono speciale, ma è un’immensa energia la cui origine è al di là della psiche umana e che spinge a dedicarsi a se stessi attraverso un nesso specifico con l’altro. La creatività costringe alla devozione verso la propria persona nel suo divenire attraverso quel nesso, e porta con sé un senso di impotenza e di crescente consapevolezza del proprio potere e al tempo stesso è più umana e più potente del suo possessore. Operando come coazione, la forza è sempre eccessiva. È una possessione che può prendere varie forme. La sregolatezza del ribelle o del folle: ombra, distruzione, morte. È il successo che premia l’ambizione e lascia l’individuo intrappolato nel mito che ha creato per se stesso. È la grande madre che accoglie e rigenera. È il femminile sensuale, immaginativo, stravagante, sensibile all’esperienza estetica.

6. Gioco e Psicodramma È importante a questo punto introdurre e inquadrare come la funzione del gioco possa divenire strumento attraverso cui si può sviluppare il fattore S‐C durante la fase introduttiva di uno psicodramma, appunto il warm‐up. Infatti, durante questa fase si usano spesso attività che provengono dall’animazione sociale, dalle tecniche di insegnamento del teatro, da esercizi di training autogeno. Queste tecniche hanno in comune la capacità di mobilitare la globalità della persona, attraverso l’uso del sé corporeo, si abbassano le difese e il controllo cognitivo sull’espressione delle emozioni e dei vissuti più profondi. Si riattiva quel flusso che ha un andamento verticale, dal profondo all’esteriore e orizzontale tra il sé e gli altri. Il gioco ha la caratteristica intrinseca di portare la persona nella dimensione del come se, che è anche quella tipica dell’azione psicodrammatica. Nel come se ci si può esprimere autenticamente e liberi dagli schemi tipici della quotidianità, pur mantenendo la coscienza del fatto non si tratta della realtà vera, ma che è una finzione, nella quale però è consentito usare punti di riferimento e regole che altrimenti non sono consentite. 6.1. Definizione di gioco Elemento peculiare dello psicodramma freudiano è il gioco e più specificamente il gioco di rappresentazione. Premesso che in psicodramma esistono differenti tipi di gioco, dei quali ricordiamo la paidia e il ludus, nello psicodramma dei Lemoine è soprattutto la mimicry (imitazione e metamorfosi) ad apparire maggiormente più operativa. Con il primo termine, Roger Caillois nel suo libro Man, Play and Games, intende il gioco spontaneo. È libera improvvisazione, come quella del bambino che crea ruoli nel gioco simbolico attraverso la capacità immaginativa. Mentre, per ludus si intende il gioco con regole, azioni stabilite e istruzioni da applicare a un definito contesto. ll gioco è inteso come strumento di crescita e di sviluppo dell'essere umano. È fatto di antinomie “in quanto il gioco è sia gioia che dolore, incanto e seduzione, conoscenza e ignoranza, serietà e allegria, incontro e scontro, le bambole fanciullesche e la tragedia; e può diventare anche responsabilità e leggerezza così come scrupolosità e negligenza. Il gioco è dono che alimenta la curiosità e la creatività, così come è mania che dischiude alla malattia e alla follia. Il gioco è sia vittoria che sconfitta. Per tutto ciò l’esperienza giocosa è vista come una metafora dell'esistenza” (Di Chiara, 2012).

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6.2. Struttura del gioco Caillois (1958), afferma che il gioco è qualcosa che non produce nulla se non se stesso e che non lascia traccia di sé, perché si consuma nell’atto stesso del suo farsi. È perciò complesso trovare una specifica documentazione all’interno della storia delle civiltà. Sotto il nome di gioco stanno attività diverse tra loro, che vanno da quelle infantili, come manipolare oggetti correre, saltare fare piroette, alle gare sportive e ad altre attività cui si dedicano a volte adulti, come le scommesse o gli scherzi pesanti. Per arrivare a una definizione bisogna cercare di individuare i tratti comuni alle varie attività. Il gioco è un’attività: – libera: un giocatore non può essere obbligato; – separata: ha dei limiti di spazio e di tempo; – incerta: lo svolgimento e il risultato non possono essere conosciuti in anticipo; – improduttiva: non crea beni o ricchezza, salvo uno spostamento di proprietà nella cerchia dei giocatori; – regolata: risponde a regole proprie che sospendono momentaneamente le leggi ordinarie; – fittizia: il giocatore è consapevole delle differenze con la vita normale. Sulla base di queste premesse Caillois propone una suddivisione dei giochi in quattro macro categorie, che sono da mettere in relazione con le categorie di paidia e ludus: agon: il gioco è caratterizzato dalla competizione alea: il gioco è caratterizzato dal caso, la fortuna, l’azzardo. Ci si abbandona a una sorta di passività come ad esempio le filastrocche per fare la conta, testa e croce, lotterie, gioco dei dadi ecc. mimicry: il gioco è caratterizzato dalle ricerca della simulazione, della finzione, come nel teatro, nel gioco con la bambola, nel travestimento ecc. ilinx: il gioco è caratterizzato dalla ricerca del rischio, del brivido come nel dondolare con l’altalena, girare sulla giostra, andare sulle montagne russe ecc. Secondo Caillois all’interno di ciascuna categoria di gioco è facilmente rintracciabile un passaggio dalla paidia al ludus. Così in agon si può andare dalle corse sfrenate e improvvise tra bambini alle competizioni sportive. In alea dalle filastrocche per fare la conta alle lotterie. In mimicry dalle imitazioni dei bambini al teatro e in ilinx dal roteare infantile alle acrobazie. È utile perciò definire che cosa si intende per gioco nel senso comune da un lato e in psicologia dall’altro.

6.3 Le teorie del gioco nello sviluppo della persona La valorizzazione dell’attività ludica è presente negli studi e nelle ricerche psico‐ pedagogiche per le sue qualità socializzanti, cognitive, comunicative e affettive che evidenziano come il gioco risponda ai bisogni fondamentali dell’uomo. Attraverso il gioco il bambino apprende, conosce, comunica, instaura relazioni, esplora ed elabora attivamente emozioni, sentimenti, conflitti. Si considera gioco un’azione, o un insieme di azioni, spinte da una motivazione intrinseca, volte cioè a soddisfare un piacere fine a se stesso, senza nessun risultato produttivo, o senza la volontà di raggiungere alcun obiettivo se non quello di compiere l’azione stessa. Libertà, creatività, improduttività, gratuità, agio e benessere fanno del gioco una risorsa privilegiata di apprendimento, di conoscenze e di relazioni, attraverso rapporti attivi in cui il bambino trasforma la realtà secondo le sue esigenze interiori, realizza le sue potenzialità e si 20


rivela a se stesso e agli altri. Il gioco, fenomeno complesso e poliedrico, che sostanzialmente sfugge alle definizioni, ha costituito una sfida di grande interesse per tutte le scienze umane e costituisce a tutt’oggi un oggetto di approfondita riflessione nell’ambito del sapere pedagogico. Per Vygotsky (1972) il gioco costituisce la molla fondamentale dello sviluppo in quanto consente al bambino di liberarsi dai limiti situazionali della prima infanzia e di agire sulla base delle idee più che delle cose. Nel gioco simbolico il bambino agisce sulla base dei significati e, anche se ha bisogno ancora di un oggetto come intermediario della sua immaginazione, ciò che conta non sono le proprietà dell’oggetto, ma i significati di cui può essere investito. Mentre per Piaget (1950; 1952; 1974) nel gioco il decentramento compare molto tardi con il gioco regolato, per Vygotsky il gioco simbolico è fin dall’inizio un intreccio di regole e di immaginazione: non distingue tra gioco simbolico e gioco con regole poiché il primo contiene sempre regole, e il secondo situazioni immaginarie. Vygotsky ritiene che l’immaginazione sia trasformazione delle impressioni accumulate connessa al linguaggio e quindi arricchita fin dall’inizio tramite l’interazione sociale. L’immaginazione che opera nel gioco non è elemento che fa confendere tra realtà e fantasia, mondo interno e mondo esterno, ma è molla di sviluppo in quanto crea la zona di sviluppo prossimale. Mentre per Piaget nel gioco simbolico non vi è spazio per l’educazione, Vygotsky attribuisce a esso una fondamentale valenza educativa: nel gioco infatti, come nell’area di sviluppo prossimale, svolge un ruolo decisivo il compagno esperto adulto o bambino. L'interazione con un adulto o con un partner più esperto fornisce al bambino ciò che Bruner (1968) definisce scaffolding ossia un'impalcatura di sostegno che lo aiuta in una costruzione cognitiva nuova. Quest'ultima ha una funzione regolativa che consiste in indicazioni su quello che il bambino deve fare, in iniziazione o completamento dell'azione e in incoraggiamenti; lo scaffolding viene offerto al bambino in una fase iniziale, e, in seguito, viene smantellato a mano a mano che il piccolo diventa capace di svolgere autonomamente l'attività. In pratica, a un certo punto, l'apprendimento sostenuto dall'interazione sociale con l’adulto si interiorizza, diventa parte dello sviluppo individuale del bambino. Un esempio di attività in cui il bambino opera nella sua area di sviluppo prossimale è appunto il gioco simbolico in cui egli va oltre le sue capacità intellettuali, poiché l'attività di gioco stessa, il materiale che ha a disposizione e la presenza degli altri servono proprio da supporto. Piaget ha attirato l’attenzione sul valore del gioco nello sviluppo cognitivo ma le ricerche empiriche successive hanno smentito la sua tesi. È infatti emerso che nel gioco il bambino, stimolato dalla realtà, tende a elaborare creativamente organizzazioni mentali nuove, anziché ripetere le vecchie. Il gioco è momento di accomodazione, più che di assimilazione. Secondo Bruner il gioco è funzionale all’apprendimento soprattutto perché, consente la libera sperimentazione di comportamenti e soluzioni a problemi, facilitando così l’inventiva e le correlazioni insolite. Anche nel campo dello sviluppo della socialità il gioco è ritenuto utile. Le ricerche empiriche affermano che i giochi di finzione in particolare facilitano i rapporti sociali, perché preparano ai ruoli da svolgere, rendono più flessibili e più tolleranti nei riguardi degli altri. In antropologia culturale il gioco infantile viene visto come momento in cui le nuove generazioni vengono socializzate ai valori alle norme e ai modelli di vita della cultura di appartenenza. C. Geertz (1973) in un noto lavoro sul combattimento di galli a Bali mostra quando i contenuti del gioco sono contro le strutture della cultura. I balinesi hanno orrore degli aspetti animaleschi della vita. Nel combattimento dei galli, lo spettacolo sanguinario e crudele rafforza per contrasto i valori della cultura, mostrando l’abisso da cui tenersi lontani. In etologia pensano che il gioco sia un’occasione di esercizio di preparazione della vita reale. Gli animali che giocano sono quelli più flessibili nell’adattamento all’ambiente. Ad esempio, il picchio delle Galapagos quando è sazio gioca a estrarre dalle fessure delle 21


cortecce d albero le prede senza mangiarle. Tenuto in gabbia nasconde vermi dentro fessure per poi riprenderli con un bastoncino appuntito. Questo picchio però quando ha fame si procura il cibo allo stesso modo. Il gioco è quindi un esercizio preparatorio alla caccia.

6.4 Le teorie del gioco in psicoanalisi Dal punto di vista psicodinamico invece è molto importante la prospettiva psicoanalitica che ha esplorato la dimensione emozionale del gioco. In tale prospettiva il gioco viene considerato sia come analizzatore degli affetti, delle emozioni, dei conflitti attraverso i quali il bambino costruisce la propria identità, sia come motore dello sviluppo in quanto favorisce lo sviluppo competenze nella gestione dell’emotività. Centrale è appunto il simbolismo in cui si intrecciano pulsioni e rappresentazioni: il gioco è teatro dei desideri, ma anche riedizione di esperienze non totalmente elaborate e padroneggiate. Questo aspetto viene trattato da Freud (1920) nel famoso episodio del nipote Ernst e del gioco del rocchetto con cui il bimbo elabora e controlla l’ansia da separazione dalla madre. Nel riprodurre azioni frustranti, o percepite come minacciose, la situazione reale subita diventa rappresentazione ludica agita in prima persona. Attraverso il gioco il bambino è attivo, elabora l’esperienza. La qualità simbolica del gioco è stata sottolineata in particolare da Melanie Klein (1929) che lo ha utilizzato come strumento di espressione per i piccoli pazienti con funzioni analoghe alle libere associazioni dell’adulto. Il gioco in questa prospettiva è veicolo di vissuti inconsci, ma è anche strumento di mediazione con la realtà, di liberazione dalle tensioni conflittuali per la sua capacità di elaborare creativamente l’esperienza. Non sempre il gioco ha questo valore positivo: in certe condizioni è ripetizione ossessiva, è stereotipia, ma laddove salute mentale e ambiente stimolante/rassicurante si incontrano, il gioco consente dell’interesse e la curiosità per il mondo esterno in relazione ai desideri, ai timori e alle fantasie dei bambini. La spinta verso il gioco è data da un oscillazione tra paura e rassicurazione che è stata approfondita anche dallo psicoanalista infantile Donald Winnicott (1971), secondo il quale l’atteggiamento ludico è il prototipo dell’esperienza creativa ed è alla base del senso di identità. L’esperienza condivisa di gioco è base per lo sviluppo della capacità creativa cui il bambino trova il Sé attraverso la scoperta dell’altro, la madre. La madre sufficientemente buona infatti soddisfa i desideri del piccolo proprio nel momento in cui egli sta “bramando” il seno, contribuendo a stabilire un senso di onnipotenza che rafforza l’Io infantile e consente poi al bambino di scoprire la madre come oggetto separato. Lo spazio in cui si svolge questo processo di graduale “acquisizione” della realtà è un’area dell’esperienza che Winnicott chiama “area dell’illusione” o “area transizionale” che coincide sostanzialmente con “l’area del gioco”. Quando il bambino accede a questo spazio, accetta la separazione dalla madre e, spesso, nel tentativo di elaborare l’angoscia della separazione, si serve di “oggetti‐ponte”, oggetti che servono a legare l’esperienza del Sé all’esperienza precedente di totale dipendenza dalla madre, gli “oggetti transizionali”. L’oggetto transizionale è anche un oggetto interno, rappresenta il seno materno. Il formarsi dell’oggetto transizionale è possibile solo qualora l’oggetto interno sia stato introiettato come un oggetto, non troppo presente, ma neppure troppo labile. Attraverso di esso il bambino dimostra il suo primo interesse per il mondo esterno: possiede qualcosa che è diverso da sé, che è fuori, ma che non appartiene esclusivamente alla realtà esterna, che gli consente di essere un individuo separato dalla madre e di non subire il terrore della separazione. Winnicott introduce una significativa analogia tra l’oggetto transizionale e l’area del gioco. Il senso di identità si costruisce quindi all’interno di una cornice ludica, metafora di quella originaria tra madre e bambino, a cui poi si ricorre per curare un Sé turbato o malato. Con Winnicott infatti la terapia diventa setting di gioco e la guarigione è riappropriazione della dimensione 22


ludica dell’esperienza. Il gioco è un terreno di congiunzione, funziona come collegamento tra due mondi e apre la via al processo di simbolizzazione. Ogni gioco detiene legami con il passato, è qualcosa di speciale, in cui c'è una compartecipazione di elementi vecchi e famigliari con altri nuovi e sconosciuti. In questo senso il gioco è come un oggetto transizionale, che connette due mondi antitetici, quello del "dentro" e quello del "fuori".

6.5 Critiche alle teorie del gioco come esercizio per l’apprendimento Le concezioni dell’esercizio sono state criticate alla radice, in quanto partono dal presupposto che siano primarie le attività “serie” della vita per poi giustificare il gioco in vista di queste. Non si arriva a pensare che il gioco possa avere significato e valore in sé. Lo storico olandese Johan Huizinga (1939) espone chiaramente i limiti delle teorie dell’esercizio: “Cercano di definire il significato del gioco con spiegazioni che hanno in comune la supposizione che il gioco avvenga in funzione di un'altra cosa, che serva a una data utilità biologica”. Partendo da un diverso punto di vista, E. H. Erikson (1977), coglie che le spiegazioni del gioco come esercizio hanno il sapore di razionalizzazioni dinanzi a qualcosa che sfugge agli schemi usuali “Per l’adulto che lavora il gioco è ricreazione”. Come dice Erikson le teorie dell’esercizio vorrebbero sostenere che il gioco dei bambini sia un lavoro inconsapevole mascherato da gioco. Un difetto delle teorie dell’esercizio è che pongono troppa enfasi sul carattere positivo del gioco. Si dimentica cosi l’esistenza del gioco cattivo, che non ha valore educativo ma possiede aspetti negativi, di dissipatezza, vizio, corruzione morale, crudeltà, aggressività, distruttività. 6.6 Teorie del gioco in quanto tale Il primo a elaborare una concezione in cui il gioco non si spiega subordinandolo ad altro, ma per ciò che in sé, è stato Johan Huizinga (1939), per il quale lo spirito ludico è un tratto fondamentale dell’uomo; noi giochiamo perché giocare è importante come lo sono sopravvivere e essere produttivi. Huizinga però va oltre e pone il gioco al centro della civiltà. Quando gli uomini danno vita alla civiltà in realtà giocano, perché solo nel gioco è possibile la creatività necessaria a questa operazione, così dietro all’arte, alla scienza, alla religione, alla filosofia, al diritto troviamo lo spirito ludico. Huizinga pensava a una dialettica storica tra momenti creativi di gioco e momenti di cristallizzazione e stabilizzazione istituzionale. Senza questa continua dialettica le civiltà decadono e degenerano. La sua visione dialettica della storia si oppone a quella evoluzionistica, perché esclude l’idea che la nostra civiltà rappresenti uno stadio avanzato consolidato e introduce il punto di vista inquietante secondo il quale saremmo sempre in bilico tra civiltà e barbarie. Basta perdere l’equilibrio tra tradizione e innovazione, spirito serio e spirito ludico che subito si scivola nella barbarie. Le tesi di Huizinga sono state riprese dal saggista francese Roger Caillois (1958), esposte all’inizio del paragrafo. 23


6.7

Classificazione del gioco

6.7.1 Tassonomie evolutive Le più note classificazioni del gioco sono ispirate alle teorie dell’esercizio. Certe attività ludiche sarebbero proprie dei primi stadi evolutivi e altre di stadi più avanzati perché le une servono ad apprendere abilità più di base, mentre le altre si possono attuare solo quando un certo grado di maturità è ormai raggiunto. Si tratta di tassonomie perché pretendono di trovare rispondenza nella realtà e di essere sistematizzazioni delle trasformazioni che l esperienza ludica subisce con lo sviluppo. La più famosa tassonomia evolutiva è quella di Piaget (1974) che ha distinto tra giochi senso‐motori o di esercizio, giochi simbolici e giochi con regole. Nei primi, caratteristici del periodo senso‐motorio (0‐2 anni) il bambino manipola il mondo circostante, senza operare con rappresentazioni mentali della realtà. Il gioco simbolico si affaccia col periodo pre‐operatorio (2‐6 anni) e sta a testimoniare che ormai il bambino possiede rappresentazioni interiori nel mondo esterno. Ora adopera simboli al posto delle cose reali. Per Piaget, l’evoluzione dei giochi ricalca lo sviluppo dell’intelligenza dalla nascita in poi e il progressivo superamento dell’egocentrismo infantile, che lascia il posto alla socialità. Molte delle cose sostenute da Piaget, alla luce delle ricerche empiriche successive, si sono rivelate errate. Ad esempio, non è vero che nei primi due anni di vita manchino le rappresentazioni mentali e il bambino instauri con la realtà un contatto senso‐motorio. È sbagliata anche la convinzione dell’egocentrismo infantile perché sembra proprio che i bambini siano precocemente orientati al sociale e che i loro primi giochi collettivi siano socio‐centrici anziché egocentrici. Rubin, Fein e Vandenberg (1983) distinguono sette tipi di gioco che compaiono in successione nello sviluppo: •

Il gioco senso‐motorio. Da un primo periodo di indifferenziazione tra l'io e non‐ io, in cui ogni attività del bambino è incentrata sul proprio corpo e sulle proprie azioni, si arriva all'emissione ripetuta di segnali e quindi l'elaborazione di scambi comunicativi. Il bambino di circa 12 mesi cerca di comprendere ciò che gli oggetti sono e inizia a usarli come qualcosa di diverso da se: c'è l'emergere di uno spazio tra sé e l'oggetto. Il gioco di finzione. Il bambino è consapevole del suo "far finta" per cui userà degli oggetti "finti", come ad esempio un bicchiere giocattolo per bere, oppure un pettine giocattolo per pettinarsi. I giocattoli vengono utilizzati per il loro scopo reale, le azioni sono ancora orientate verso il sé, ma ora è presente la simulazione, il "far finta di". L'elaborazione con gli oggetti. Tra i 15 e i 21 mesi il destinatario del "far finta" è l'altro, ad esempio le bambine offrono il caffè con la tazza giocattolo alla mamma o alla bambola ecc. Gli oggetti vengono ancora adoperati rispettando la loro funzione reale, ma adesso il bambino è orientato verso la condivisione del "far finta di". Altri giochi di finzione. Tra i 2 e i 3 anni i bambini usano oggetti che rappresentano cose completamente diverse da ciò che sono: una sedia può diventare un cavallo, una bottiglia può essere usata come una spada ecc., nasce in questo periodo la funzione simbolica e il gioco simbolico. L'evento della rappresentazione è di estrema importanza sul piano affettivo, in quanto l'oggetto (l'altro) ora diventa sempre evocabile durante le separazioni, quindi sempre presente. Il bambino può ricorre alla rappresentazione mentale della madre quando è lontano da lei, non è assolutamente fissato sulla presenza fisica. 24


• •

Il gioco sociodrammatico. Questo gioco si manifesta verso i 4‐5 anni, i bambini interpretano dei ruoli, giocano a mamma e papà, ai cowboy e agli indiani. La consapevolezza dei ruoli. Verso i 6 anni i bambini riescono a descrivere e definire i ruoli che stanno interpretando, progettano il gioco per tempo e assegnano ai partecipanti dei ruoli. È evidente una maggiore consapevolezza e intenzionalità che riflette lo sviluppo affettivo e cognitivo. I giochi con le regole si presentano generalmente tra i 6 e gli 11 anni. Inizialmente i bambini si creano delle regole specifiche per loro, poi utilizzano le regole definite dal gruppo.

6.7.2 La tipologia di Caillois Caillois (1958) individua una seria di tratti che possono servire a inquadrare i diversi tipi di gioco, a suo avviso ci sono quattro categorie di base: la competizione, la sorte, la finzione e la vertigine. Ogni gioco si può collocare in rapporto a questi quattro parametri. Molti giochi si basano sulla loro capacità di associazione. Possiamo quindi trovare: • • • • • •

competizione – caso (agon – alea) competizione – imitazione (agon – mimicry) competizione – vertigine (agon – ilinx) caso – imitazione (alea – mimicry) caso – vertigine (alea – ilinx) imitazione – vertigine (mimicry – ilinx)

Gli abbinamenti agon – alea e mimicry – ilinx sono per Caillois fondamentali per definire una teoria sociologica vera e propria, tracciando un’evoluzione politico‐sociale delle società. Abbiamo due binomi essenziali: mimicry – ilinx per le società primitive; agon – alea per le società moderne. Le prime società erano rette e governate dagli sciamani, dalle maschere, e il momento di riunione collettiva era la festa, intesa non nel senso attuale, ma nelle pratiche rituali in cui la società arcaica credeva. Si evocavano gli dei e le paure di ognuno. Il capo tribù indossava delle maschere brutali, spaventose, ed entrava nel personaggio in modo reale. Sia il mascherato che il pubblico credevano veramente all’avvenimento di incarnazione del rituante nel Dio‐mostro. Il tutto grazie alla complicità di sostanze allucinogene in grado di aiutare in maniera efficace il prestarsi a quella illusione spaventosa. Man mano che il mondo viene regolato, prende il sopravvento la democrazia (nell’antica Grecia in particolar modo), e con la nascita della scienza, dei numeri e delle carriere ereditarie si determina l’avvento del merito e del caso. Caillois traccia un’analisi politica che spiega in modo brillante che ogni società, anche la più democratica, oscillerà sempre tra Alea e Agon. Sia il merito personale che il caso della nascita avranno sempre il loro peso.

6.7.3 Categorie descrittive come teorie del gioco Allo stato attuale non esistono teorie certe e definitive sulla natura del gioco, occorre perciò essere prudenti nell’uso delle classificazioni. Forse la cosa migliore è tenersi a un livello descrittivo. Possiamo anche adoperare i concetti e i termini introdotti da Piaget, Caillois e altri, purché si considerino come categorie descrittive per designare le comuni forme di gioco. Così si può definire gioco senso‐motorio per intendere quel manipolare la realtà cosi tipico dei bambini piccoli a patto di non rifarci solo per questo al periodo senso‐motorio di Piaget, alla sua stadiazione dello sviluppo e alla sua concezione del gioco come esercizio. 25


7. Funzione del Warm Up Dopo aver fatto un excursus dei principali concetti teorici e metodologici che stanno alla base della fase di warm‐up nello psicodramma, è maggiormente comprensibile quale sia la sua funzione. Il warm‐up è inteso come momento nel quale si possa far emergere il fattore S‐C, necessario per far sì che l’esperienza psicodrammatica sia realmente autentica e portatrice di crescita e benessere. Le funzioni del gioco di warm‐up in ambito psicodrammatico sono molteplici. Una di queste è la funzione trasformativa, nel senso che i partecipanti hanno la possibilità di elaborare l'esperienza in modo nuovo rispetto al passato. Attraverso il gioco si produce un atto visibile e concreto che porta con sé dei ricordi, senza la cui memoria il gioco non sarebbe possibile, ma in quest'atto c'è l'emergere di un nuovo orizzonte, c'è la scoperta di parti di sé non ancora sperimentate. È nella scoperta di parti di sé che il gioco si definisce creativo. Il gioco permette di comunicare in modo fluido e libero una successione di idee, di pensieri, di impulsi che sembrerebbero scollegati se interpretati con categorie logico‐deduttive. Questo "atto creativo" è quindi possibile in un ambiente protetto, del quale le persone si fidano tra loro. Il gioco diventa così uno strumento di comunicazione, diviene un ponte per creare un clima di condivisione nel gruppo. È importante trasmettere al gruppo l’importanza di tale fase. Infatti, c’è il rischio che se i partecipanti non sono consapevoli della funzione dei giochi di riscaldamento, non ne capiscano il senso e li vedano come inutili momenti che fanno perdere tempo rispetto alle attività “importanti”. Questo si rende necessario in quanto il setting dello psicodramma è molto diverso dai contesti formativi a cui le persone sono abituate. L’aula viene destrutturata completamente. Non ci sono tavoli, alle sedie si preferiscono tappeti e guanciali, si sta in cerchio e spesso ci si muove nello spazio per svolgere gli esercizi proposti. Il conduttore usa uno stile relazionale informale, aperto, accogliente e non giudicante. Alcune persone potrebbero essere destabilizzate da una tale situazione e provare ansia e frustrazione che non dispone a un buon clima. Si rende perciò necessario che il conduttore prenda qualche minuto per spiegare il senso di quello che sarà introdotto a breve. Questo soprattutto nel primo incontro, quando ci saranno incontri successivi ciò non sarà più necessario. Il warm up diverrà invece un rituale che aiuta i partecipanti a sintonizzarsi tra loro per ritrovare il clima che facilita gli elementi motori dell’azione dello psicodramma, il tele attivato dal fattore S‐C. Gli esercizi che si presentano sono solo alcuni che possono essere utilizzati ed è importante che il formatore scelga attentamente qual è più opportuno usare sia in funzione delle caratteristiche del gruppo, come l’età, la provenienza culturale, il numero di partecipanti, il sesso, ecc., sia dell’obiettivo del percorso e/o del singolo incontro, sia della fase di sviluppo del gruppo, iniziale, di profonda conoscenza, conflittuale, finale, ecc. Inoltre, il formatore può decidere di cambiare e adattare gli esercizi in modo creativo. Anzi spesso può accadere che sia la dinamica stessa del gruppo a trasformare il gioco, rendendolo sempre nuovo e diverso. Si possono usare come attività di warm‐up anche molte delle attività presentate negli altri capitoli, è importante per questo che il conduttore/formatore inserisca e contestualizzi il gioco nella prospettiva dell’intero incontro, in modo che sia finalizzato all’emergere di quegli aspetti che si vogliono poi trattare nella parte centrale della sessione.

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8. Esempi di attività di Warm Up 8.1 Attività per facilitare le presentazioni Quando i partecipanti si riuniscono per la prima volta, può essere utile usare una attività che consenta a tutti di presentarsi e di scambiare informazioni personali/ professionali. Una potrebbe servire per far parlare tra loro i partecipanti e consentire loro di scambiare informazioni personali, un’altra potrebbe aiutare a riascoltare e memorizzare i nomi altrui, e un’altra potrebbe essere usata durante una pausa. 8.1.1 Sociometrie Le sociometrie in azione possono essere utili attività di warm up. Si può chiedere ai partecipanti di disporsi in base all’ordine alfabetico: a seconda del nome proprio o a seconda della data di nascita. Poi di disporsi in modo più o meno distante dal centro della stanza che rappresenta il posto dove ci si trova in quel momento, in base al luogo di nascita o di residenza attuale.

8.1.2 Bloccato I partecipanti sono bloccati su un’isola. Quali sono le cinque cose che ciascuno porterebbe con sé. Dopo una prima fase individuale, si chiede al gruppo di scegliere insieme solo cinque cose per tutto il gruppo. Se il gruppo è molto numeroso, si può introdurre una fase intermedia con sottogruppi di 4‐5 persone.

8.1.3 Una bugia e due verità Ogni partecipante è invitato a dire tre cose su se stesso di cui una deve essere una bugia. Il gruppo deve collaborare e indovinare qual è la cosa falsa.

8.1.4 Se fossi un animale sarei… Si chiede ai partecipanti di presentarsi dicendo quale animale vorrebbero essere e spiegando il perché. Su questo gioco si possono fare molte varianti, per esempio, quale città del mondo vorrebbero essere, oppure quale oggetto di arredamento, quale pianta, ecc…

8.1.5 Io ti assomiglio Ai partecipanti viene dato un foglio con un cerchio diviso in 6 quadranti, in ogni quadrante c’è scritta una caratteristica, per esempio: colore degli occhi, colore dei capelli, cibo preferito, sport praticato, ecc., ogni partecipante scrive le sue risposte nel quadrante e applica il foglio sul petto, poi si sposta in giro nella stanza e cera altri con le stesse caratteristiche, quando li trova continua ad andare in giro in coppia, poi in terzetto e così via, fino a che non si crea un catena di tutto il gruppo, fatta in base alle caratteristiche simili. 27


8.1.6 Le carte degli imperatori cinesi A ciascun partecipante è stata consegnata una carta cinese che, senza guardarla, devono tenere con una mano sulla propria testa in modo che la carta sia vista dagli altri ma non da chi la possiede. Con la carta in testa i membri del gruppo devono interagire in considerazione del livello della carta e, a seconda delle modalità di interazione degli altri, ciascuno dovrebbe comprendere il grado della carta che possiede. Prima che possano vedere la carta si chiede ai partecipanti di disporsi in tre gruppi – carta di alto grado, carta di medio grado, carta di basso grado – e su quale base si sono collocati in un gruppo o nell’altro, per poi verificare la corrispondenza delle loro percezioni con la carta posseduta. L’esercitazione delle carte cinesi consente di riflettere e aumentare la consapevolezza rispetto a come si vive il ruolo, la gerarchia, i processi di etichettamento, i possibili stereotipi. I diversi gruppi d’interesse hanno convenuto sul fatto che risulterebbe interessante applicarlo allo svolgimento di un compito, anche semplice (es. preparare il coffee break), in cui l’orientamento all’obiettivo, alla riuscita e l’assunzione di ruoli possono amplificare e accentuare le dinamiche vissute.

8.1.7 L’intervista Si chiede ai partecipanti di scrivere su un foglio tre domande che vorrebbero fare agli altri per conoscerli meglio. Si mettono le domande in una scatola, poi a turno ogni partecipante estrae le domande e risponde. Una variante può essere quella di far dividere i partecipanti in coppie e farli rispondere prima così, poi successivamente in plenaria.

8.1.8 Presentazioni e allitterazioni Si chiede ai membri del gruppo di alzarsi e di formare un cerchio. Parte il conduttore presentando sé stesso attraverso una caratteristica che inizia con la stessa lettera del proprio nome, come per esempio, "Giovanni il giovane”, oppure “Bruna la bella”, “Laura laboriosa”. Oltre all’aggettivo ogni partecipante deve associare un gesto. Ognuno dice il proprio nome e caratteristica e fa il gesto, subito dopo, in coro tutto il gruppo ripete nome, caratteristica e gesto.

8.1.9 Palla Con una palla ogni partecipante si presenta dicendo il proprio nome e una caratteristica positiva e una negativa di se stesso, poi lancia la palla a un altro, che prima di presentarsi deve ripetere ciò che ha detto quello che gli ha lanciato la palla. Questo stratagemma, aiuta a concentrarsi e a rimanere attenti, visto che non si può sapere quando gli verrà lanciata la palla.

8.1.10 Ingarbuglia i nomi col gomitolo Ciascun partecipante usa un gomitolo di lana che lancia come una palla tenendo tra le dita l’estremità in modo che si formi un reticolo di fili. Nel lanciare si può usare la stessa domanda del gioco della palla. Alla fine si chiede al gruppo come pensa di fare per riavvolgere il gomitolo. Il modo migliore e fargli fare il percorso inverso. Allora si chiede che ciascuno via via che rimanda il gomitolo a chi glielo ha lanciato in precedenza, dica qualcosa, come ad esempio una caratteristica, un apprezzamento sull’altro. 28


8.1.11 Nome e numero Entrando nel luogo dove si terrà la riunione, i partecipanti scrivono il loro nome su cartoncini e un numero sul lato opposto. Tutti attaccano il nome sulla propria camicia (con del nastro trasparente, per esempio) e devono presentarsi al maggior numero di persone. Dopo che è passato un po’ di tempo durante il quale i partecipanti socializzano, si chiede a tutti di girare il cartoncino dalla parte opposta in modo che solo il numero sia visibile agli altri e non il nome. A questo punto si distribuisce un foglio di carta e si chiede a tutti di scrivere i nomi degli atri partecipanti a fianco al corrispondente numero di ciascuno.

8.1.12 Pacca sulle spalle Si chiede a tutti di tracciare il profilo della propria mano su un foglio di carta, e poi si fissa sulla schiena di ciascuno usando del nastro adesivo. Si lascia che il gruppo trascorra un po’ di tempo a socializzare e si chiede loro di scrivere sulla schiena di ciascuno tutto quello di positivo che ciascuna persona ha detto.

8.1.13 Non ho mai… Tutti devono avere delle caramelle in mano. Le persone disposte in un cerchio iniziano a rispondere, una alla volta, alla domanda: “Non ho mai ...”. Chi risponde di aver fatto quello che la persona che pone la domanda non hai mai fatto darà a tale persona una delle sue caramelle. Questo è un modo divertente per imparare delle cose sugli altri che magari non si verrebbero mai a sapere.

8.1.14 Anche io Questa attività funziona meglio con gruppi di piccole dimensioni o con gruppi di dimensioni più grandi che vengono divisi in sottogruppi minori composti da 4‐6 persone. 1. A tutti vengono date 10 monetine da un centesimo/stuzzicadenti/fogli di carta, ecc. 2. La prima persona dice una cosa che ha fatto (per esempio, “sci acquatico”). 3. Tutti quelli che hanno fatto la stessa cosa lo devono ammettere e devono mettere una monetina da un centesimo nel mezzo del tavolo. 4. Poi la seconda persona dice qualcos’altro (per esempio, “ho già mangiato la carne di struzzo”). 5. Tutti quelli che l’hanno già mangiata devono mettere una monetina da un centesimo nel mezzo. 6. Continuare fino a che uno dei partecipanti finisce le monetine.

8.1.15 Terreno comune Anche questa attività funziona meglio per gruppi di piccole dimensioni e per piccoli gruppi seduti assieme per formare un team (4‐6 persone). Date al gruppo un tempo a disposizione specifico (per esempio, 5 minuti) per scrivere tutto quello che hanno in comune. Informare i gruppi di evitare le cose ovvie (come per esempio “a tutti noi piace fare parte di questo corso”). Quando il tempo a disposizione è finito, chiedere a ciascun gruppo quante cose in comune sono riusciti a trovare. Come divertimento, chiedere ai gruppi di leggere a voce alta quelle più interessanti.

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8.1.16 Sfera di cristallo In questo gioco ognuno invece di chiedere a un altro qualcosa si concentra attentamente su un altro membro e condivide ciò che immagina: “io immagino che tu viva da solo con due figli”... "io immagino che tu sia un insegnante di scuola, e molto severo con gli studenti"... "io penso che tu sia molto gentile con i tuoi familiari" ... "secondo me quando eri piccolo eri molto disubbidiente" ... "io penso che tu legga molto”. Poi ognuno risponde dicendo se le cose immaginate sono effettivamente vere o no. 8.1.17 Il mio autoritratto con un simbolo In questo caso si chiede al gruppo di presentarsi attraverso un disegno di se stessi. La consegna da dare può essere attraverso un simbolo, per esempio: disegnate l’albero che vi rappresenta di più, o disegnate l’animale, o l’oggetto, ecc.

8.1.18 Il mio autoritratto con un collage Una variante del gioco precedente può essere quella di fornire al gruppo una serie di immagini riprese da riviste. Si chiede quindi al gruppo di fare un collage che li rappresenti o che rappresenti una caratteristica di loro stessi.

8.2 Attività di team building Queste attività possono essere svolte in ogni momento del ciclo di vita del gruppo ed essere usate sia come momento iniziale di riscaldamento, che per approfondire dopo alcune tematiche che suscitano.

8.2.1 Ordine numerico cieco In questo gioco non si può parlare, gli occhi devono sempre essere bendati, a ciascuno verrà sussurrato un numero in un orecchio. L’obiettivo da raggiungere per il gruppo è quello di disporsi in ordine numerico senza poter parlare o vedere. Si bendano gli occhi di tutti i partecipanti. Si sussurrano un numero all’orecchio di ciascuno di loro (facendo in modo che gli altri partecipanti non sentano il numero). I numeri dovrebbero essere scelti in modo casuale (non solo in ordine consecutivo). Dopo aver sussurrato il numero a tutti i partecipanti si portano in un luogo a scelta. Appena tutti i partecipanti hanno ricevuto il proprio numero potranno iniziare. Fate attenzione che nessuno si faccia male durante tale esercizio.

8.2.2 Contare in cerchio I partecipanti disposti in piedi in cerchio e a occhi chiusi, devono contare in modo progressivo, dicendo ognuno un numero una sola volta. Non si possono soprammettere né dire il numero più dii una volta. Se succede si deve iniziare di nuovo.

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8.2.3 Tutti legati Materiali necessari: fazzoletti o strisce di stoffa, altro se necessario. Tempo richiesto: 15‐30 minuti, a seconda degli obiettivi e del numero di partecipanti. Lo scopo è lavorare in team per raggiungere l’obiettivo comune. Si dispongono i partecipanti in un cerchio in modo che guardino verso l’interno. Si chiede al gruppo di mettere le mani in avanti. Si legano i componenti del gruppo tra di loro, in modo che ciascun partecipante sia legato ai polsi del vicino. Adesso che sono "tutti legati", si dà loro un compito da svolgere assieme. Come ad esempio: fare dei pacchi regalo usando carta da pacco, fiocchi e bigliettino, mangiare il pranzo, fare un disegno, ecc.

8.2.4 La bicicletta Su un cartellone si disegna una bicicletta. Si chiede a ciascun partecipante di disporsi su un pezzo della bicicletta e di spiegare perché lo ha scelto. Si possono usare altri oggetti, come la macchina, un albero, ecc…

8.2.5 Macchine umane Chiedere a un gruppo di 6 o 8 persone di creare una macchina usando altre persone, cercando di imitare l'aspetto e il funzionamento di una macchina. In altri casi si potrebbe chiedere di imitare un frullatore, un tostapane, un tagliaerba, una fotocopiatrice, una lampada o una lavatrice, una nave, ecc... 8.2.6 Sussurra la frase Si creano due squadre e il conduttore fa leggere una frase al primo concorrente di ognuna, frase che deve essere poi sussurrata nell’orecchio del compagno vicino, e così via fino all’ultimo concorrente di ogni squadra, il quale dovrà poi venire a pronunciarla davanti al pubblico. Quando il conduttore leggerà al pubblico la frase iniziale si noteranno delle buffe differenze. Si continua così con altre frasi e vince la squadra che distorce meno le frasi. 8.2.7 Disegna sulla schiena Una variante del gioco precedente è quella di far mettere le due squadre disposte in fila, in modo che ognuno abbia la schiena del compagno davanti. Il primo della fila deve disegnare una parola sulla schiena di quello che ha davanti. Lo scopo del gioco è che quello che a chi è in fondo alla fila arrivi la parola correttamente.

8.2.8 Pioggia Chiedere a tutti di stare in piedi in cerchio, spalla contro spalla. Non è consentito parlare. Il conduttore inizia l’esercizio ed ogni persona si unisce quando sente il suono che la persona a suo lato sta facendo. Il conduttore inizia l’esercizio iniziando a strofinare assieme il palmo delle mani. L’esercizio viene ripetuto in cerchio fino a che torna al conduttore che a questo punto cambia il suono (per esempio, facendo scrocchiare le dita, applaudendo, battendo le mani sulle cosce, battendo i piedi, e poi in ordine inverso). Il suono che si crea è simile al rumore di un acquazzone. 31


8.2.9 Consenso Questo gioco è diviso in alcune fasi: Dividere i partecipanti in gruppi di 3 o 4 persone a seconda del numero totale dei partecipanti. 2. Chiedere a ciascun gruppo di mettersi vicini uno all’altro e di produrre dei suoni e di fare dei movimenti per gli altri gruppi. 3. Dopo che ogni gruppo ha effettuato per due volte la propria dimostrazione di suono e azione per gli altri gruppi, il moderatore darà 10 secondi a ciascun altro gruppo per organizzarsi. 4. L’obiettivo è quello di far si che tutti i gruppi producano dei suoni e facciano dei movimenti contemporaneamente, e senza consultarsi a vicenda. 5. Quando i gruppi sono pronti, il moderatore conterà fino a tre, e tutti i gruppi dovranno produrre suoni e fare movimenti allo stesso tempo. (Non è necessario che i suoni/gesti siano gli stessi di quelli scelti originariamente dal gruppo). 6. Si continua a far formare i gruppi fino a che tutti i gruppi sono in sintonia e producono gli stessi suoni e facciano gli stessi movimenti. Varianti: Se per qualche motivo i gruppi riescono nell’intento al secondo o terzo tentativo, dividere i partecipanti in gruppi di minori dimensioni, e fate ripetere l'esercizio.

8.2.10 Palla e frase Si chiede ai partecipanti di formare un cerchio, e si dice che presto saranno in grado di migliorare le loro capacità di comunicazione per improvvisare un discorso. I partecipanti a questo punto dovranno passarsi la palla antistress dicendo allo stesso tempo una semplice frase descrittiva: (“il lago tranquillo, la giovane ragazza, il bellissimo skyline della città, un enorme orso grizzly, la palla antistress, ecc.). Si dica ai partecipanti che siccome non esistono regole, è impossibile sbagliare dicendo una frase errata! Si dica anche di iniziare a tirarsi la palla da uno all'altro fino a che tutti i partecipanti non si sentano a proprio agio nell'improvvisare una frase (di solito ci vogliono meno di 5 minuti). Quando si ritiene che il gruppo abbia raggiunto questo livello di comunicazione, si attende che qualcuno tiri la palla al conduttore che conclude il gioco trattenendo la palla. Si rifà adesso il gioco ma si deve rispettare una regola: la frase deve seguire un filo logico continuando quando affermato nella frase precedente. Cioè, se una persona dice una frase e poi passa la palla a un altro, la persona che riceve la palla dovrà dire una frase che si rifà alla frase precedente. Inizia il conduttore con un paio di passaggi. 8.2.11 La storia inventata Inizia il conduttore dicendo la fase “C’era una volta” poi si chiede a i partecipanti di dire una parola ciascuno senza pensare a cosa dire, via via il conduttore scrive le parole che vengono fuori, alla fine si sarà creata una storia inventata in modo collettivo.

8.2.12 Il postino Si chiede ai partecipanti di scrivere qualcosa che non ha mai detto a un altro membro del gruppo a propria scelta, si mettono poi i messaggi chiusi in una busta. Il conduttore che è il postino, porta i messaggi ai destinatari che leggeranno ciò che gli è stato scritto. Si può lasciare liberi i partecipanti di firmare o meno i messaggi, in modo da dare maggior libertà nel dire le cose.

8.2.13 Il meteoumore Sui tre lati dell’aula sono affissi tre diversi cartelli, che rimandano a degli stati d’animo associandoli alle condizioni metereologiche: sereno, nuvoloso, pioggia. I partecipanti si 32


posizionano e successivamente esprimono un breve giudizio sul proprio umore ed eventuali motivazioni.

8.2.14 Massaggi I partecipanti vengono invitati a iniziare le attività con il contatto fisico, massaggiandosi reciprocamente, e riscaldando l’interesse e la curiosità per le successive attività.

8.2.15 Rilassamento e fantasie guidate Si invita i partecipanti a distendersi o a sedersi in una posizione comoda e a chiudere gli occhi. Si guida la respirazione verso un ritmo rilassato e si chiede di riflettere sulla consapevolezza sul proprio corpo e sullo stato di tensione degli arti. Si può anche introdurre una fantasia che può condurre i partecipanti a ripensare a un aspetto della propria vita, come ad esempio il ricordo del primo giorno di scuola, o quando hanno imparato ad andare in bicicletta. Ciò in funzione dell’argomento o dell’obiettivo del gruppo.

8.2.16 Il nodo di mani Si dispone il gruppo in cerchio vicini spalla a spalla. Si chiede di chiudere gli occhi e di mettere tutti la mano destra in avanti più in alto e quella sinistra sempre in avanti, ma più in basso. Si fa fare un paio di passi in avanti fino a che i partecipanti non arrivano a toccarsi le mani. Si fa in modo che ogni mano destra prenda un’altra mano destra e lo stesso per la sinistra. Il conduttore aiuta a far sì che ciò avvenga. A questo punto si fanno aprire gli occhi e il gruppo deve sciogliere il groviglio di mani senza mai lasciare la mano dell’altro.

8.2.17 Palla immaginaria Disposti in cerchio il conduttore fa finta di tenere in mano una palla che passa alla persona che ha alla destra attraverso il gesto di battere lievemente una mano sull’altra nella direzione della persona che c’è a destra e ognuno continua così, poi si introduce con il doppio battito di mani per cambiare giro. Quando il gruppo si è abituato al gioco si introduce un altro cambiamento: il lancio al lato opposto attraverso uno schiocco di dita. Si possono introdurre varie varianti, in funzione della capacità del gruppo di stare al gioco.

8.2.18 Capo facci cambiare… Il conduttore chiede a un partecipante di uscire, il resto del gruppo sceglie chi è il “capo” del gioco e fa rientrare la persona che deve indovinarlo. Il “capo” sceglie un gesto che tutti gli altri devono fare mentre il gruppo lo ripete ritmicamente dicendo la filastrocca “capo facci cambiare, facci cambiare capo, se non ci fai cambiare noi cambieremo capo…”. Il capo deve introdurre gesti nuovi senza farsi scoprire e se vuole può passare la conduzione a un altro facendo l’occhiolino a qualcuno che, diventato capo a sua volta, deve introdurre un nuovo gesto. Si va avanti finché non si indovina chi è il capo.

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8.2.19 La mascotte Si sta in cerchio in piedi. Il conduttore ha in mano un pelouche, che accarezza. Dice al gruppo che questa è la nuova mascotte e che ognuno dovrà fare un gesto per darle il benvenuto, di qualsiasi genere. Ognuno farà qualcosa di diverso si può scegliere in tutta libertà. Per esempio, gli dò un bacio sulla guancia, gli do una pacca sulla spalla, gli do un calcio, gli do un abbraccio, ecc. Una volta finito il giro, il conduttore dice che adesso ciascuno deve rifare ciò che ha fatto alla mascotte al proprio vicino di posto.

8.3 Attività da fare in movimento Queste attività hanno in particolare la caratteristica di stimolare maggiormente la parte corporea del sé. Attraverso il gioco di movimento si energizza il gruppo, viene stimolata una carica energetica positiva che passa spesso attraverso l’esperienza di piacere e divertimento propria del gioco ricreativo. 8.3.1 A passeggio nella stanza Il conduttore chiede ai partecipanti di camminare liberamente nella stanza, via via chiede di fare delle andature diverse, più lente o più veloci, chiede di imitare il passo di animali o personaggi. Chiede poi di cercare lo sguardo degli altri ogni volta che incontra qualcun altro. Chiede di fare un’espressione di saluto, ad esempio un sorriso, poi chiede di introdurre un gesto, poi una parola per esempio “ciao”. Le varianti possono essere varie a seconda del tempo a disposizione e dello scopo che si vuol raggiungere. Questo tipo di gioco è introduttivo ad esempio alle sociometrie in azione

8.3.2 Gattino‐gattone Si divide il gruppo in coppie che si dispongono in piedi a braccetto dislocate nella stanza. Tranne due che sono slegati dagli altri: uno è il “gattone” e l’altro è il “gattino”. Il gattone deve inseguire il gattino e lo prende facendogli un ruggito con la voce e con i gesti. Il gattino si salva attaccandosi a una delle coppie che sono ferme. Il membro della coppia che rimane all’esterno si deve sganciare e diviene il gattino fino a che non viene colpito dal ruggito del gattone o fino a che non si attacca a un’altra coppia.

8.3.3 Il ponte di sedie Si divide il gruppo in due e si dà un numero di sedie uguali al numero di ogni squadra. Le sedie sono disposte in linea orizzontale rispetto alla parete della stanza. Si dice ai partecipanti che dovranno raggiungere l’altro capo della stanza camminando sopra le sedie, nessuno potrà toccare terra, né si può tornare indietro. Ogni squadra deve perciò trovare la propria strategia e fare sì che le sedie diventino un ponte mobile. 8.3.4 Sacco pieno sacco vuoto Il conduttore fa disporre in ordine sparso tutti i partecipanti nella stanza. Li fa rivolgere tutti con lo sguardo verso di lui: il gioco consiste nell'eseguire esattamente quello che enuncia a voce alta. Le frasi chiave sono: sacco pienissimo, sacco pieno, mezzo sacco, sacco vuoto, sacco vuotissimo. I partecipanti devono pensare di essere dei sacchi e quindi rappresentare visivamente quanto affermato dal capo squadra. Le posture che devono assumere sono: sacco pienissimo: in piedi con le braccia alzate; sacco pieno: in 34


piedi con le braccia lungo il corpo; mezzo sacco: in piedi piegati con una sola mano che tocca terra; sacco vuoto: in ginocchio con le due mani che toccano terra; sacco vuotissimo: completamente sdraiati a terra.

8.3.5 Il gioco delle sedie Si dispongono tante sedie al centro del campo di gioco. Il numero di partecipanti deve essere superiore al numero delle sedie. Parte la musica e tutti ballano o girano attorno alle sedie senza toccarle, finché, una volta interrotta la musica, tutti tentano di sedersi. I giocatori in esubero sono eliminati, poi si ricomincia il giro togliendo una sedia ed eliminando un concorrente per volta. Vince l’ultimo rimasto.

8.3.6 Napoleone Il gioco inizia con Napoleone (un partecipante) disposto da una parte del campo e gli altri partecipanti distribuiti nel campo restante dentro a cerchi. Dietro Napoleone è disposta una prigione. Al via, Napoleone dice: “Dichiaro guerra a ...” (il nome di un altro partecipante) e lo insegue. Chi scappa deve cercare di rientrare nel suo cerchio oppure liberare i compagni in prigione toccandoli. Vince Napoleone se cattura tutti e li porta in prigione.

8.3.7 Frullatore e tostapane In questo gioco i partecipanti stanno in cerchio e uno sta al centro. Chi sta al centro deve “chiamare” alcune statue animate che sono rappresentate dai membri del gruppo che via via sono indicati da quello in mezzo. Lo scopo è fare sbagliare nell’interpretare la figura. Chi sbaglia deve andare in mezzo. Le statue chiamate sono: frullatore: rappresentato da una persona al centro che sta ferma con le braccia alzate e le mani chiuse con il dito indice rivolto verso la testa delle due persone che ha di lato, le quali devono girare su se stesse; tostapane: interpretato da tre persone, chi sta al centro saltella, interpretando la fetta di pane che esce dalla bocca del tostapane, e le persone ai suoi due lati si danno le mani, simboleggiandone la bocca; elefante: tre persone, chi sta al centro si tiene il naso con una mano e un altro braccio in avanti, a simboleggiare la proboscide, le due persone ai lati aprono le braccia sul fianco della persona al centro, simboleggiando le orecchie; palma: tre persone, la persona al centro alza le braccia aperte e stese, le due persone ai suoi lati simulano la danza hawaiana. Si possono introdurre molte altre figure, in base all’inventiva del conduttore e dei partecipanti.

9. Valutazione Una valutazione dell’esperienza può essere fatta attraverso attività proiettive ed esperenziali. Ad esempio, si può chiedere ai partecipanti di scrivere una parola su un post‐it per comunicare cosa ha lasciato loro l’esperienza. I post‐it sono affissi su un cartellone e i partecipanti cercano d trovare punti di contatto e differenze tra le varie cose emerse. Un altro modo può essere usando il linguaggio simbolico. Il direttore chiede ai partecipanti di scegliere un oggetto che descriva i sentimenti e le opinioni sul meeting. La stessa cosa può essere realizzata mostrando ai partecipanti alcune immagini che devono scegliere per esprimere attraverso una immagine quello che provano e pensano rispetto al corso. In più, viene realizzata una valutazione di tipo quantitativo attraverso la somministrazione di un questionario. 35


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10.1

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Il potere del gruppo Lo psicodramma come strumento educativo Materiali didattici – Modulo 3 Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation


Sommario 1. Descrizione del Modulo........................................................................................................ 3 1.1. Obiettivi................................................................................................................................ 3 1.2. Obiettivi formativi................................................................................................................. 3 1.3. Organizzazione dei materiali e del workshop....................................................................... 3 2. Introduzione alla teoria........................................................................................................ . 5 2.1. Scoperte storiche dello studio scientifico del Gruppo.......................................................... 6 2.2. Definire i Gruppi.................................................................................................................... 7 2.3. Descrivere i Gruppi................................................................................................................ 8 2.4. Le dinamiche di Gruppo....................................................................................................... 12 2.4. a. Fasi del Gruppo.......................................................................................................... 13 2.5. Gruppi & Dinamiche di Gruppo nello Psicodramma............................................................ 16 2.6. Il valore dei Gruppi & Dinamiche di Gruppo nei processi educativi.................................... 18 3. Introduzione agli esercizi.................................................................................................... 19 3.1. Considerazioni & Rischi nell’applicazione degli esercizi per gli educatori........................... 20 3.2. Esercizi................................................................................................................................. 22 ‐ Contare fino a 20............................................................................................................... 24 ‐ Cambio di posizione.......................................................................................................... 24 ‐ Chi mi farà attraversare................................................................................................... 26 ‐ Group‐Body...................................................................................................................... 27 ‐ Come un film..................................................................................................................... 28 ‐ Creare storie..................................................................................................................... 29 ‐ Solo una parola................................................................................................................... 29 ‐ Divagare e concentrarsi ................................................................................................... 29 ‐ Scultura di gruppo ............................................................................................................ 30 ‐ Il mio percorso nel gruppo ............................................................................................... 30 4. Valutazione........................................................................................................................ 31 5. Bibliografia........................................................................................................................ 32 5.1. Titoli in inglese................................................................................................................... 32 5.2. Titoli in greco..................................................................................................................... 32

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1.

Descrizione del modulo Il potere del gruppo è il terzo modulo del corso Psychodrama as a Tool in Education (PaTiE), Lo psicodramma come strumento educativo. Come tutti i moduli che compongono questo corso, anche questo può essere studiato in modo indipendente. Tuttavia, si raccomanda di unire le informazioni qui presentate con gli altri moduli, in modo da avere una conoscenza più integrata del progetto. Esso è rivolto a tutti gli insegnanti per adulti impegnati nel settore dell’istruzione professionale o nella formazione permanente e che sono interessati a conoscere i processi di gruppo e la dinamica di gruppo dal punto di vista psicodrammatico nonché la loro applicazione in classe. Questo compito può essere applicato a diversi gruppi di studenti e può contribuire allo sviluppo di un ambiente più spontaneo e creativo in classe, con la semplice comunicazione, cooperazione ed empatia tra tutti gli studenti e l’insegnante, che guiderà alla scoperta di rapporti più funzionali e di processi di apprendimento più produttivi.

1.1. Obiettivi Il modulo si propone le seguenti finalità correlate: Permettere una migliore comprensione da parte del conduttore circa il significato di gruppo, delle sue caratteristiche principali, della sua rilevanza per l’istruzione. Per avere una visione più chiara dei processi e delle dinamiche ovvie e sottostanti che formano e influenzano il gruppo e, quindi, la classe. Per presentare e illustrare praticamente campioni di esercizi e interventi che mostrano/ rivelano come funziona il gruppo e come possono essere applicati all’ambiente del workshop. Per sviluppare le loro capacità, al fine di gestire in modo più funzionale le diverse situazioni che emergono a livello personale e di gruppo e contribuire allo sviluppo personale dei partecipanti. Per ottenere un lavoro collettivo derivato da un lavoro personale e per discutere sul modo in cui possono trasferire questa conoscenza alle loro classi, al fine di rendere il processo educativo più piacevole, fecondo e cooperativo. 1.2. Obiettivi formativi In caso di successo del modulo gli studenti sono tenuti a: Spiegare i principi di gruppo e di dinamica di gruppo e i loro possibili benefici nella loro attuazione nel settore dell’IFP. Identificare i benefici dello psicodramma nel processo educativo, come membro del gruppo. Elencare tre esercizi che fanno riferimento al lavoro di gruppo e come questi possano essere applicati in classe. Proporre ed eseguire un certo esercizio, che possa essere stimolante in un gruppo di studenti adulti 1.3. Organizzazione dei materiali e del workshop La raccolta di materiali in questo manuale è orientata ad aiutare l’educatore nell’applicare semplici esercizi che hanno a che fare con le dinamiche di gruppo in classe. Tale workshop permetterà ai docenti di acquisire una comprensione più approfondita di come funziona un gruppo nella pratica psicodrammatica. Ove possibile, 3


il workshop avrà una durata di otto ore e si svolgerà come una sessione giornaliera. Se questo non è possibile, viene attivato per due giorni, preferibilmente consecutivi. È meglio che il gruppo abbia almeno 8 e non più di 14 membri. Questo modulo è diviso in 2 sezioni principali; un’introduzione alla teoria e un’introduzione alla pratica. Ulteriori sezioni completano le informazioni di cui gli educatori avranno bisogno, al fine di raggiungere gli obiettivi previsti. L’introduzione alla teoria comprende sei sezioni attraverso le quali la storia del gruppo e della dinamica di gruppo viene ripercorsa. La definizione del gruppo e delle sue caratteristiche particolari, il significato delle dinamiche di gruppo e l’importanza di riconoscere quando si sviluppa un gruppo, nonché le fasi da cui un gruppo passa durante la sua formazione, costituiscono la parte principale di questo capitolo. Il valore aggiunto della filosofia psicodrammatica e l’utilità dello psicodramma nel processo educativo segue e completa la parte teorica. L’introduzione agli esercizi costituisce lo sfondo teorico degli esercizi proposti e la loro applicazione pratica. La classificazione di questi esercizi è stata effettuata secondo l’obiettivo di ciascuna fase del gruppo. Inoltre, è presente una sezione che contiene considerazioni e rischi che il conduttore dovrebbe tenere a mente quando si applicano questi esercizi e la responsabilità che deriva dal loro utilizzo. Nella sezione che si occupa della valutazione, il conduttore sarà in grado di valutare l’impatto che l’esercizio ha in classe. La bibliografia elenca i libri e gli articoli che hanno fornito le informazioni utilizzate per preparare questo modulo. Questi costituiscono una guida molto utile per tutti coloro che desiderano ampliare le loro conoscenze e studiare i gruppi nello psicodramma in modo più approfondito.

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2.

Introduzione alla teoria Il solitario individualismo del singolo uomo o donna che non ha alcun collegamento con altri uomini e donne è un essere umano straordinariamente raro. L’homo sapiens è in grado di sopravvivere da solo, e il recluso, l’asceta e il prigioniero in isolamento può forgiare una vita per conto proprio. Ma pochi esseri umani vanno in cerca o godono delle sfide della solitudine. La maggior parte delle persone preferisce vivere in gruppo. Praticamente la maggior parte delle attività della nostra vita – lavoro, apprendimento, rilassamento, gioco, e anche il sonno – si verificano in gruppo piuttosto che isolati dagli altri. La maggior parte delle persone appartengono a molti gruppi differenti, così che il numero di gruppi nel mondo probabilmente raggiunge ben oltre i sei miliardi. Il mondo è letteralmente brulicante di gruppi. Questa constatazione mette in evidenza l’importanza dei gruppi e dei benefici che da loro derivano. I formatori per adulti, tra gli altri, lavorano con i gruppi e con le dinamiche di gruppo come parte essenziale di questo. Lo psicodramma, attraverso la sua filosofia e i suoi interventi, riconosce il potere del gruppo e contribuisce a una sua migliore gestione. Lo psicodramma dà un grande valore alle dinamiche che emergono, in modo più o meno evidente, all’atmosfera del gruppo, all’umore dei membri, alle loro posizioni del corpo, alla loro espressione verbale o non verbale. Secondo la filosofia psicodrammatica, il conduttore deve prestare attenzione a tutti questi aspetti sopra menzionati e deve essere molto ben riscaldato e in sintonia con il gruppo, al fine di contribuire al suo processo di sviluppo e non di limitarlo. Il lavoro di gruppo, che ha già avuto un ruolo nel miglioramento della nostra cultura e continuerà a farlo, è uno strumento importante per promuovere le relazioni sociali funzionali. Sia le relazioni personali che quelle sociali sono riformate, infatti i membri del gruppo imparano regolarmente a percepire e apprezzare il funzionamento di coloro che li circondano e a godere dei successi degli altri. I sentimenti emergono nella coscienza in misura maggiore, i membri del gruppo si avvicinano l’uno all’altro e stabiliscono forti legami che aiutano il lavoro creativo (lavori di riparazione dell’atomo sociale). La vita è una potente forza dinamica che spinge costantemente gli esseri umani verso un nuovo sviluppo. Gettarsi in mezzo alla vita, esprimersi liberamente nel momento indipendentemente dal fatto che questo sia esilarante e spaventoso è l’azione di una persona eroica. Questo è ciò di cui si compongono fatti romanzi, poesie, canzoni e sogni. Questo salto nella vita deve essere fatto. Concentriamo tutte le nostre energie in un breve momento di tempo. Questo approccio alla vita richiede grande sviluppo di noi stessi come attori spontanei. Per secoli, i saggi e gli studiosi sono stati affascinati dai gruppi, dal modo in cui si formano, cambiano nel tempo, si dissolvono inaspettatamente, raggiungono grandi obiettivi, e talvolta commettono grandi errori. Qui esaminiamo la loro natura di base, i loro stadi di sviluppo, e il loro impatto sui membri. Iniziamo il nostro compito tracciando le parti principali: Rilevazione storica della scienza del gruppo. Determinazione del gruppo. Le caratteristiche dei gruppi che più ci interessano. Il significato delle dinamiche di gruppo. Le fasi di sviluppo del gruppo. L’approccio psicodrammatico del lavoro di gruppo. L’utilità nel processo educativo.

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Prima di procedere alle citazioni analitiche delle sezioni di questo modulo, è fondamentale chiarire quanto sotto; in vari punti del documento è menzionato il termine “terapia”. Questo è inevitabile fino a un certo punto, perché lo psicodramma è stato concepito e sviluppato dal suo creatore J.L. Moreno, come metodo di psicoterapia di gruppo. Tuttavia, gli educatori per adulti non sono invitati a utilizzarlo in tal modo, in quanto non è questo l’obiettivo del nostro progetto. Gli educatori per adulti sono introdotti alle sue estensioni psicoterapeutiche e sono invitati ad apprezzare il valore delle azioni e la drammatizzazione e a utilizzarlo per preparare i loro gruppi, come un impulso a nuove prospettive di apprendimento, al di là del noto modello lezione – interrogativo – risposta. 2.1 Scoperte storiche dello studio scientifico del gruppo La scienza della psicoterapia di gruppo e il gruppo non sono stati creati per caso. All’inizio del 20° secolo e tra le due guerre mondiali si osserva un allentamento delle istituzioni, dei valori della morale e di uno sviluppo decadente della società. Questa situazione ha portato alla disfunzione degli individui all’interno dei gruppi e nella società nel suo complesso, i rapporti interpersonali stavano diventando sempre più difficili e i problemi psicopatologici personali e collettivi aumentavano. La crisi sociale non aveva mai portato a tali squilibri personali e collettivi. Così, le cause e lo scopo della nascita della scienza di gruppo e della psicoterapia di gruppo si basano sulla necessità esistenziale e funzionale della società di ridefinire gli equilibri perduti nel livello personale e collettivo. La scienza di gruppo e la psicoterapia di gruppo hanno cercato di contribuire allo studio e alla riorganizzazione dei rapporti sociali, di interazione sociale e di cambiamento e al restauro della crisi dell’identità personale e sociale dell’individuo. I sociologi e gli psicologi hanno "scoperto" i gruppi quasi contemporaneamente agli inizi del 20° secolo (Steiner, 1974). I sociologi, cercando di spiegare come i sistemi religiosi, politici, economici, educativi sostengano la società, hanno evidenziato il ruolo svolto dai gruppi nel mantenere l’ordine sociale (Shotola, 1992). Cooley ha suggerito che i gruppi primari, come le famiglie, i gruppi di gioco per bambini e i coetanei emotivamente vicini, sono fondamentali nella formazione della natura sociale e delle idee della persona (Cooley, 1909, p. 23). Allo stesso modo, Émile Durkheim (1897/1966) ha sostenuto che gli individui che non sono amici, membri della famiglia, o di gruppi religiosi possono perdere il loro senso di identità e, di conseguenza, hanno più probabilità di commettere suicidio (Forsyth, 2006 ). Durkheim (1897/1966) ha sostenuto che i suoi studi sui matrimoni e i suicidi abbiano fornito una chiara testimonianza sulla realtà dei gruppi, perché hanno rivelato che tali atti personali possono essere previsti considerando i collegamenti di un individuo ai gruppi sociali. Mentre le persone e le generazioni cambiano, il numero annuo di matrimoni e suicidi rimangono stabili. La gente pensa di sposarsi perché segue i propri sentimenti, ma in realtà essi sono guidati da una regola collettiva, una tendenza collettiva. Durkheim è stato anche colpito dal lavoro di Le Bon e altri psicologi e si spinge fino a suggerire che i grandi gruppi di persone a volte hanno agito con una sola mente. Egli crede che tali gruppi, piuttosto che essere semplici collezioni di individui in uno schema fisso di relazioni con gli altri, sono stati collegati da una mente collettiva unificante, o da una coscienza collettiva. Durkheim crede che questa forza era a volte così forte che la volontà del gruppo potrebbe dominare la volontà del singolo. Allo stesso tempo, gli psicologi hanno anche studiato l’impatto dei gruppi sugli individui. Nel 1895, lo psicologo francese Gustave Le Bon ha pubblicato il suo libro Psychologie des foules (Psicologia delle folle), che descrive come gli individui si trasformano quando si uniscono a un gruppo: "In determinate circostanze, e solo in quelle circostanze, un agglomerato di uomini presenta nuove caratteristiche molto diverse da quelle degli 6


individui che compongono il gruppo "(1895/1960, p. 23). Gustave Le Bon ha concluso che gli individui nella cornice di un gruppo, ottengono un’anima collettiva che li fa reagire in modo diverso da quello che avrebbero se fossero soli. Egli ipotizza che dietro ogni reazione di gruppo esiste un’anima collettiva e ha tentato di registrarne le caratteristiche. Questa ipotesi potrebbe essere l’essenza del lavoro di Le Bon. Ha cercato di usare elementi di psicologia atomica al fine di studiare i fenomeni che appaiono nei gruppi (Letsios, 2001). Anche se il lavoro di Le Bon era speculativo, lo studio di Norman Triplett (1898) sulla concorrenza ha confermato che altre persone, con la loro sola presenza, possono cambiare i membri del gruppo. Triplett ha organizzato un gioco per 40 bambini che consiste nel trasformare una piccola bobina il più rapidamente possibile. Egli ha scoperto che i bambini che hanno partecipato al gioco in coppia, hanno trasformato la bobina più velocemente rispetto a quelli che erano soli, verificando sperimentalmente lo spostamento che si verifica quando una persona si muove da una circostanza del tutto individuale a una sociale (Forsyth, 2006).

2.2 Definire i gruppi Cosa includeresti se ti fosse chiesto di nominare tutti i gruppi di cui sei membro? Elencheresti la tua famiglia? Le persone che accedono regolarmente a una chat room su Internet con te? Il tuo partito politico? La manciata di altri studenti che spesso frequentano le tue stesse classi? I colleghi che escono per un drink dopo il lavoro di tanto in tanto? Le persone in fila con te alla cassa del supermercato? Ognuna di queste raccolte di persone può sembrare unica, ma ognuna possiede quell’elemento critico che definisce un gruppo: le connessioni che collegano i singoli membri. Sappiamo intuitivamente che tre persone sedute in stanze separate che lavorano su compiti indipendenti possono difficilmente essere considerati un gruppo, per cui non sono collegati in alcun modo l’uno all’altro. Se, tuttavia, si crea una connessione tra loro, allora questi tre individui possono essere considerati un gruppo rudimentale. I membri di una famiglia che vivono nella stessa casa, per esempio, sono collegate tra loro da compiti comuni, uno spazio di vita comune, forti legami affettivi e somiglianze genetiche. Le persone che lavorano insieme sono collegate dai compiti di collaborazione che devono completare insieme, ma in molti casi diventano anche collegati attraverso una rete di amicizie e antagonismi. Anche le persone che sono in piedi in coda alla cassa sono un gruppo, perché sono brevemente connessi in una situazione che richiede la cooperazione, la comunicazione, e la pazienza. In tutti questi esempi, i membri sono collegati tra loro in una rete di relazioni interpersonali. Così, un gruppo è definito come due o più persone che sono collegate tra loro da relazioni sociali.

Ricorda Gruppo: Due o più individui che sono collegati tra loro da relazioni sociali. La dimensione di un gruppo condiziona la sua natura in molti modi, un gruppo con solo due o tre membri possiede molte caratteristiche uniche semplicemente perché include pochi membri. La diade è, per definizione, l’unico gruppo che si scioglie quando uno lascia e l’unico gruppo che non può mai essere suddiviso in sottogruppi (J.M. Levine e Moreland, 1995). Molti grandi collettivi, come le folle, o le congregazioni, hanno qualità uniche. In un gruppo molto grande, per esempio, le probabilità per ciascun membro di essere collegato a tutti gli altri membri diventano molto basse. Quando i gruppi 7


aumentano di dimensione, tendono a diventare più complessi e più formalmente strutturati (Hare, 1976). Per definizione, tuttavia, tutti sono considerati gruppi. Come una serie di computer interconnessi, gli individui di un determinato gruppo sono collegati in rete: sono collegati tra loro. Queste connessioni, o legami, possono essere forti legami emotivi, come i legami tra i membri di una famiglia o di una cricca di amici intimi. I collegamenti possono essere anche relativamente deboli che si rompono facilmente con il passare del tempo o al verificarsi di eventi di relazione dannosi. Anche i legami deboli, tuttavia, possono creare risultati robusti in un intero gruppo di individui collegati in rete. Né queste relazioni hanno bisogno di collegare ogni persona direttamente ad ogni altra persona nel gruppo. Ci vogliono, ad esempio, 6 collegamenti a quattr’occhi per collegare ogni membro di un gruppo di 4 persone ad ogni altro membro di quel gruppo (A / B, A / C, A / D, B / C, B / D , e C / D), ma un gruppo di 12 persone avrebbe bisogno di 66 collegamenti per unire ogni membro ad ogni altro membro. Quindi, molti legami tra i membri dei gruppi sono indiretti. La persona A potrebbe, per esempio, parlare direttamente con B, B può parlare a C, quindi A è legato a C attraverso B. Ma anche in grandi gruppi, i membri spesso si sentono gruppo. Due o più individui che sono collegati fra loro da rapporti sociali sono connessi alla maggior parte dei membri del gruppo e al gruppo nel suo insieme (Granovetter, 1973). 2.3 Descrivere i gruppi Ognuno dei miliardi di gruppi che esistono in questo momento è una configurazione unica di individui, processi e relazioni. Ma tutti i gruppi, nonostante le loro caratteristiche distintive, possiedono anche proprietà comuni e dinamiche. Quando studiamo un gruppo, dobbiamo andare oltre le sue qualità uniche per considerare le caratteristiche che appaiono con consistenza nella maggior parte dei gruppi, non importa quale sia la loro origine, scopo, o appartenenza: qualità come l’interazione, l’interdipendenza, la struttura, la coesione e gli obiettivi . INTERAZIONE. I gruppi sono sistemi che creano, organizzano e sostengono interazioni tra i membri. I membri del gruppo affrontano argomenti, parlano di questioni, e prendono decisioni. Si infastidiscono l’un l’altro, danno l’un l’altro aiuto e sostegno, e approfittano delle reciproche debolezze. Si radunano insieme per portare a termine compiti difficili, ma a volte mollano quando pensano che gli altri non se ne accorgeranno. I membri del gruppo si insegnano l’un l’altro cose nuove; essi comunicano tra loro verbalmente e non verbalmente, e si toccano letteralmente ed emotivamente. I membri del gruppo fanno le cose per e con gli altri. Lo sviluppo di forti legami tra i singoli membri del gruppo favorisce l’emergere di espressioni adeguate e creative, la volontà di entrare in zone sconosciute e lo sviluppo di nuove funzionalità. Lo sviluppo di legami più forti è spesso incoraggiato dal mantenimento di un’interazione più lunga tra il leader del gruppo e un altro membro del gruppo. L’interazione continua provoca un innalzamento del warm‐up dei membri del gruppo e questo a sua volta porta a un maggiore grado di coesione degli altri membri del gruppo. Ciò si traduce nella generazione di risposte spontanee. I membri del gruppo iniziano a portare avanti le loro preoccupazioni e gli obiettivi formulati che hanno un significato per ciascuno di essi e per il resto del gruppo. Lo sviluppo di collegamenti viene ulteriormente rafforzato quando il capogruppo nota le risposte fornite da un membro del gruppo a un altro e chiede subito a quel soggetto di esprimersi verbalmente. Al formarsi di questi collegamenti, aumentano le singole espressioni riguardanti gli obiettivi, i risultati, le esperienze presenti e sperate. La libera espressione e interazione in un gruppo di psicodramma e la loro continuazione è essenziale per lo sviluppo dei membri del gruppo e per la vita del gruppo nel suo complesso. Come risultato di tale espressione, si sviluppano legami positivi tra i membri del gruppo e si crea un’atmosfera vivace. Ciò significa che le preoccupazioni espresse da 8


ciascun membro del gruppo sono vissute in un modo molto diverso. I membri del gruppo sono in grado di guardare le loro preoccupazioni e quelle degli altri in maniera più riflessiva, di lasciar andare vecchie risposte e cominciare a “scaldarsi” per sviluppare nuove attitudini.

Ricorda Interazione: Le azioni sociali degli individui in un gruppo, in particolare quelli che sono influenzati direttamente o indirettamente dal gruppo.

INTERDIPENDENZA. La maggior parte dei gruppi creano uno stato di interdipendenza, i risultati, le azioni, i pensieri, sentimenti ed esperienze dei membri sono determinati in parte da altri membri del gruppo (Wageman, 2001). L’acrobata sul trapezio cadrà sulla rete a meno che il suo compagno di squadra non lo prenda a braccia tese. Il lavoratore alla catena di montaggio non è in grado di completare il suo lavoro fino a quando non riceve il prodotto incompleto da un lavoratore che lo precede nella catena di produzione. In tali situazioni, i membri sono obbligati o responsabili di altri membri del gruppo ai quali forniscono reciprocamente supporto e assistenza. L’interdipendenza risulta anche quando i membri sono in grado di influenzare e di essere influenzati da altri membri del gruppo. In un’azienda, per esempio, il capo potrebbe determinare come i dipendenti debbano trascorrere il loro tempo, che tipo di ricompense gli spettino, e anche la durata della loro appartenenza al gruppo. Questi dipendenti possono influenzare il loro capo fino a un certo punto, ma l’influenza del capo è quasi unilaterale: Il capo li influenza in misura maggiore di quanto essi non influenzino il capo. In altri gruppi, al contrario, l’influenza è più comune: un membro può influenzare il membro successivo, che a sua volta influenza il successivo (interdipendenza sequenziale) o due o più membri possono influenzarsi a vicenda (interdipendenza reciproca). L’interdipendenza può verificarsi anche perché i gruppi sono spesso nidificati in gruppi più grandi, e gli esiti dei gruppi più grandi dipendono da attività e risultati dei gruppi più piccoli (interdipendenza multilivello).

Ricorda Interdipendenza: La dipendenza reciproca o l’influenza si ha quando i risultati, le azioni, i pensieri, sentimenti ed esperienze di un individuo sono determinate, in tutto o in parte da altri. STRUTTURA. Norme, ruoli, e altri aspetti strutturali dei gruppi, anche se invisibili, sono al centro dei loro processi più dinamici. La concentrazione immediata del conduttore sulla struttura del gruppo porta un immediato senso di sicurezza. Questo è necessario poiché tutti hanno almeno qualche esigenza di sicurezza all’inizio di ogni sessione di gruppo e ciò vale in particolare per l’inizio della prima sessione. In assenza di struttura, l’apprendimento è minore e talvolta non avviene affatto. Alcuni membri del gruppo si ritirano fisicamente o emotivamente e in entrambi i casi non riescono a sviluppare nuove funzionalità. Le azioni e interazioni dei membri del gruppo sono modellate sugli standard consensuali delle norme del gruppo che descrivono i comportamenti che dovrebbero e non dovrebbero essere eseguiti in un determinato contesto e dai ruoli dei soci. Questi assistono i membri del gruppo nel raggiungere un punto di vista equilibrato rispetto al materiale che gli viene presentato da altre persone. I ruoli nello psicodramma, sono collegati, dal punto di vista sociologico, con posizioni sociali e con i i più ampi valori 9


sociali e strutture e, da punto di vista psicologico, indicano le azioni di ogni individuo che comprendono alcuni tratti della sua personalità. Per Moreno (1953) il ruolo è il modo in cui l’individuo esiste e funziona in una certa situazione, in un certo momento, al fine di far fronte alle circostanze sociali e soddisfare i suoi desideri e obiettivi nel modo più idoneo. La struttura sociometrica di qualsiasi gruppo ha un impatto sulla quantità e la qualità dell’apprendimento. La misurazione di attrazione o repulsione tra i membri del gruppo costituisce il seminterrato dell’esame qualitativo delle strutture sociali e dei gruppi. Le preferenze dei membri del gruppo (Moreno le chiamava sociogramma), mostra la complessa rete di rapporti e le posizioni dei membri del gruppo. Essa mostra gli atteggiamenti comunicativi amichevoli o ostili dei membri, i sottogruppi che si formano, la coerenza e la dinamica che si formano e dà anche altri elementi per le griglie alla base delle strutture sociali e dei gruppi. Quando la maggioranza dei rapporti nel gruppo sono reciprocamente positivi la precisione e la profondità di percezione reciproca è alta. I membri del gruppo hanno una maggiore capacità di inversione dei ruoli tra loro. Quindi è utile per il conduttore del gruppo creare un senso di legami sociometrici che incrementeranno ulteriormente lo sviluppo di ogni persona (Letsios, 2001).

Ricorda Struttura del gruppo: Norme, ruoli e griglie delle relazioni tra i membri di un gruppo. Struttura sociometrica: La misurazione di attrazione o repulsione tra i membri del gruppo.

Ricorda Ruolo: Il modo specifico in cui i singoli agiscono in una certa situazione, in un certo momento, al fine di far fronte alle circostanze sociali e per soddisfare i propri desideri e obiettivi.

Ricorda Norma: Uno standard consensuale e spesso implicito che descrive quali comportamenti devono e non devono essere eseguiti in un determinato contesto.

Ricorda Sociometria: La misurazione qualitativa e quantitativa delle relazioni dei membri del gruppo, attraverso le attrazioni e repulsioni.

Ricorda Sociogramma: Il risultato di questa misurazione, che mostra il totale delle relazioni dei membri secondo vari criteri.

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OBIETTIVI. I gruppi solitamente esistono per un motivo. Un gruppo di studio vuole aumentare i gradi di tutti gli studenti che sono membri. I membri di una congregazione cercano l’illuminazione spirituale e religiosa. In ogni caso, i membri del gruppo sono uniti nel perseguimento di obiettivi comuni. Nei gruppi, le persone risolvono i problemi, creano prodotti, creano standard, comunicano conoscenze, si divertono, fanno arte, creano delle istituzioni e ne garantiscono la sicurezza da attacchi da parte di altri gruppi. In parole povere, i gruppi facilitano il raggiungimento dei nostri obiettivi. Per questo motivo, gran parte del lavoro del mondo è fatto da gruppi piuttosto che da individui. Nei gruppi dello psicodramma la creazione di un obiettivo utile è della massima importanza per ogni individuo e per il gruppo nel suo complesso. Lo sviluppo di un obiettivo utile è determinante per il progresso di un gruppo. È anche essenziale per lo sviluppo di relazioni entro le quali è osservabile un lavoro socievole da svolgere insieme. La creazione di un obiettivo utile provoca una diminuzione di quegli aspetti del funzionamento che appartengono allo strato falso della personalità. Rafforza anche i nostri sforzi per lasciar andare quei ruoli che sono determinati dalle nostre paure. Pertanto lo sviluppo di un obiettivo utile ci pone su un percorso che ci accompagna attraverso la nostra ipocrisia, attraverso i nostri timori, e poi in altre aree della vita che sono molto più impegnative e allo stesso tempo molto più soddisfacenti. Un gruppo esiste per raggiungere determinati obiettivi, in altre parole un gruppo si riunisce per fare il lavoro. Quando il conduttore e i membri di un gruppo abbracciano coscientemente e liberamente un obiettivo, c’è un improvviso salto nel buio. Ogni individuo assume il compito di formulare un obiettivo preciso, che si baserà sulle loro capacità precedenti. Questo è spesso accompagnato da una rinnovata speranza o gioia di vivere. La realizzazione dello scopo di un gruppo o è favorita o diminuita dal processo di gruppo che predomina. La produzione di macchine in una fabbrica è maggiore quando il processo di gruppo è una cooperativa. Così i membri di un gruppo di lavoro efficace sviluppano continuamente modelli e norme di interazione che faciliteranno l’adempimento del compito generale (Clayton, 1994).

Ricorda Scopo: L’obiettivo o il risultato perseguito dal gruppo e dai suoi membri

COESIONE. I gruppi non sono solo serie di individui aggregati e indipendenti; essi si sono unificati in entità sociali. I gruppi non possono essere ridotti al livello del singolo senza perdere le informazioni sul gruppo come unità, nel suo complesso. Ogni volta che un gruppo si crea, si trasforma in un sistema con proprietà emergenti che non possono essere pienamente comprese da esami frammentari. L’aforisma di Gestalt, "L’intero è maggiore della somma delle parti", suggerisce che un gruppo è più della somma dei singoli membri. Questa qualità di "gruppo" o unità è determinato, in parte, dalla coesione del gruppo: la forza dei legami che collegano i membri fra loro. Tutti i gruppi richiedono un minimo di coesione altrimenti il gruppo si disintegrerebbe e cesserebbe di esistere (Dion, 2000). La coesione di gruppo non costituisce un fattore terapeutico di per sé, ma costituisce un presupposto necessario per una terapia efficace, in quanto garantisce la buona relazione terapeutica, la fiducia, il calore, la comprensione empatica (Yalom, 2005). Così, la creazione di coesione porta allo sviluppo della coscienza di gruppo internazionale, lo spirito di squadra di lavoro e di obiettivi comuni. Significa anche l’azione consensuale del gruppo, la collaborazione, il sostegno reciproco, la libertà di espressione (Yalom, 2005). Nei gruppi dello psicodramma lo sviluppo di forti legami tra i 11


singoli membri del gruppo vede l’emergere di un’espressione adeguata e creativa, la volontà di entrare in aree sconosciute e lo sviluppo di nuove funzionalità. I membri del gruppo iniziano a portare avanti le loro preoccupazioni e i loro obiettivi che hanno un significato per se stessi e per il resto del gruppo.

Ricorda Coesione di gruppo: La forza dei legami che collegano gli individui al gruppo, sentimenti di attrazione per gli specifici membri del gruppo e per il gruppo stesso, l’unità di un gruppo, e il grado in cui i membri del gruppo coordinano i loro sforzi per raggiungere gli obiettivi. 2.4 Le dinamiche di gruppo Se fossi limitato a una sola parola, come descriveresti le attività, i processi, le operazioni, e le modifiche che traspaiono nei gruppi sociali? Quale parola illumina l’interdipendenza delle persone in gruppo? E che parola sintetizza adeguatamente la capacità di un gruppo di promuovere l’interazione sociale, di creare interrelazioni tra i suoi membri, di impegnare i membri insieme per formare una singola unità, e per raggiungere i suoi obiettivi? Kurt Lewin (1943, 1948 e 1951) ha scelto la parola dinamica. I gruppi tendono a essere potenti, piuttosto che deboli, attivi e non passivi, fluidi piuttosto che statici, e catalizzanti piuttosto che reificanti. Lewin ha usato il termine “dinamiche di gruppo” per sottolineare il forte impatto di questi processi sociali complessi su membri del gruppo, per descrivere il modo di agire e reagire dei gruppi e degli individui al mutare delle circostanze. Ma Lewin ha utilizzato la frase anche per descrivere la disciplina scientifica dedicata allo studio di queste dinamiche.

Ricorda Le dinamiche di gruppo: lo studio scientifico dei gruppi; anche le azioni, i processi e i cambiamenti che si verificano nei gruppi sociali. La teoria delle dinamiche di gruppo di Kurt Lewin (1951) ritiene che i gruppi siano più che la somma delle loro parti. La teoria dei campi si fonda sul principio dell’interazionismo che presuppone che il comportamento delle persone in gruppo è determinato dall’interazione della persona e dell’ambiente. La formula B = f (P, E) riassume questa ipotesi. In un contesto di gruppo, questa formula implica che il comportamento (B) dei membri del gruppo è una funzione (f) dell’interazione delle loro caratteristiche personali (P) con fattori ambientali (E), che comprendono le caratteristiche del gruppo, i membri del gruppo, e la situazione. Secondo Lewin, ogni volta che un gruppo si crea, si trasforma in un sistema unificato con proprietà emergenti che non possono essere completamente comprese da un esame frammentario. Wilfred Bion ha una prospettiva comune che egli sintetizza in tre principi fondamentali: a) I gruppi sono osservati nel loro insieme piuttosto che attraverso i singoli individui che li compongono. Allo stesso modo un orologio ha più parti, ma è solo un orologio quando le parti sono unite fra loro b) il gruppo ha una funzione o lavoro da svolgere, come un orologio che indica il tempo. Il gruppo è definito come una funzione o un insieme di funzioni di un aggregato di individui c) il gruppo si riunisce per dimostrare il comportamento da gruppo. 12


Moreno ha visto il gruppo come un totale distinto e autonomo. Ha cercato di studiare l’adattamento del singolo non sulla base dei tratti della personalità, ma in base allo stato che ha o ha avuto in ogni momento nel complesso reticolo di relazioni e ruoli che esistono nella società. Sulla base di ciò, Moreno ha sviluppato la psicoterapia di gruppo e lo psicodramma, non come una continuazione della psicoterapia personale, ma come risultato dell’analisi sociometrica del gruppo, lo ha combinato con la sociologia e la psicologia sociale. Gli individui e i gruppi formano una griglia complessa, che nella terapia evoca nuovi interrogatori che vanno oltre i limiti dei singoli. Questa complessa rete sociometrica di energia psichica tra i membri del gruppo, che si specchia con intensità diverse nelle simpatie, antipatie, nei conflitti e compromessi, si sviluppa durante lo sforzo di realizzare l’obiettivo terapeutico comune del gruppo.

2.4.a. Fasi del gruppo Una prospettiva olistica sui gruppi ha spinto i ricercatori a rilevare che un gruppo, come unità, cambia nel tempo. Alcuni gruppi sono così stabili che i processi e le strutture di base rimangono invariati per giorni, settimane o addirittura anni, ma questi gruppi sono rari. Di solito, quando si studiano fenomeni di gruppo, si distinguono tre grandi fasi che un gruppo attraversa e che ogni conduttore, psicodrammatista, educatore o altro dovrebbe avere in mente. Ogni gruppo con l’unicità delle sue caratteristiche, la complessità delle interazioni, segue il proprio sviluppo, ma è necessario che il leader familiarizzi con le fasi di sviluppo del gruppo. Per aiutare la formazione di regole terapeutiche che promuovono il gruppo e prevengano o controllino ciò che potrebbe limitarle, il conduttore deve avere una chiara percezione del processo di sviluppo in cui il gruppo si trova. Nel caso specifico in cui siamo interessati al settore dell’istruzione, non ci interessa il lato “terapeutico”, ma le fasi di sviluppo restano comunque le stesse e il conduttore le deve avere in mente per affrontare ciò che seguirà, sapere in che direzione guidare il gruppo, sentirsi meno ansioso, effettuare gli interventi idonei nel processo di apprendimento e avere i risultati desiderabili. In linea generale, il gruppo passa attraverso una fase iniziale dove cerca il suo orientamento ed è caratterizzato dalla ricerca di una struttura e di obiettivi, da una grande dipendenza dal conduttore e da ansia per la determinazione dei suoi limiti. Poi il gruppo passa alla fase di conflitto, poiché è occupato dalla dominazione tra i membri. In seguito, la tensione nel gruppo aumenta quando si tratta di questioni che riguardano l’armonia o la tenerezza tra i membri. In questa fase le differenze tra i membri del gruppo non sono espresse, al fine di mantenere la coesione del gruppo. Molto più tardi, emerge il lavoro di un gruppo maturo. In questa fase, le caratteristiche principali sono la grande coesione, l’importante investimento interpersonale e intrapersonale e l’impegno solidale nei confronti degli obiettivi di ogni individuo e dell’obiettivo del gruppo. La fase iniziale: orientamento – partecipazione titubante – ricerca di significato – dipendenza. I membri di ogni nuovo gruppo di trovano ad affrontare due compiti fondamentali: a) devono trovare un modo per raggiungere l’obiettivo per il quale si sono uniti al gruppo, b) devono prendersi cura dei loro rapporti sociali nel gruppo, al fine di trovare una posizione che faciliterà la realizzazione del loro obiettivo iniziale e che gli offrirà soddisfazione per la loro partecipazione. Simultaneamente, varie percezioni sono presenti nelle prime sessioni. I membri cercano di trovare una spiegazione logica per la terapia o per il metodo o l’esercizio sperimentale; cercano di trovare una relazione tra le attività del gruppo e i loro obiettivi personali terapeutici o educativi. Allo stesso tempo, ogni membro cerca di plasmare 13


un’opinione per gli altri membri, si chiedono se sono amabili, apprezzabili, indifferenti, respinti. Tutti i membri sono governati da forze sociali che li portano alla ricerca di accettazione, apprezzamento o dominio. Si chiedono in merito alla loro partecipazione, che sono le esigenze degli altri, quanto devono dare o rivelare di se stessi, che tipo di relazioni devono creare. Così, consciamente o inconsciamente, cercano tipi attesi e accettabili di comportamento. Quando tutto ciò si svolge, il gruppo iniziale dipende anche dal conduttore. Ovviamente o no, i membri del gruppo cercano accettazione da parte del conduttore, per dare loro risposte e plasmare una struttura. Commenti, sguardi che aspettano ricompensa o comportamenti che vogliono farsi accettare, sono diretti verso il conduttore. I suoi commenti sono percepiti come guida per i comportamenti desiderabili o non desiderabili e i membri del gruppo sembrano credere che la loro salute o conoscenza arriverà solo da lui. I membri hanno sentimenti molto intensi per il conduttore (in particolare in un gruppo terapeutico). fra di loro serpeggia il bisogno umano di uno onnipotente, onnisciente, di qualcuno, come un genitore, che accudisca. Freud si riferisce a questo bisogno come “l’esigenza del gruppo di essere governato senza limiti dal potere, come fosse una sete di obbedienza”. È abbastanza usuale idealizzare il conduttore all’inizio di una serie di sessioni di gruppo, ma in realtà le azioni dei membri sono segnate dalle loro precedenti esperienze in materia di figure di autorità e dal desiderio di ri‐creare i sistemi di relazione nel gruppo. Nella fase iniziale, il contenuto e lo stile comunicativo sono relativamente stereotipati e limitati. Il codice sociale nelle relazioni è valido. I problemi sono avvicinati logicamente e il lato irragionevole viene soppresso utilizzando il tag di supporto e la tranquillità del gruppo. La ricerca di somiglianze è comune anche all’inizio. Essa allevia molti membri e fornisce le basi per la coesione del gruppo. Gli interrogativi e il fatto di elargire consigli rappresentano un’altra caratteristica di questa fase. In realtà, questo non ha alcun valore funzionale, ma è offerto ai membri come un’opportunità per esprimere l’interesse e la cura reciproca. Così, secondo quanto è stato presentato, se qualcuno osserva un gruppo può facilmente capirne l’età. La seconda fase: conflitti – dominazione – ribellione. Il gruppo si muove nell’ambito dei temi di cui sopra e lavora sui temi di dominio, controllo e potere. Il conflitto avviene sia tra i membri che tra i membri e il conduttore. Il leader deve attendere fino alla quinta sessione. Giunti alla quinta sessione, alcuni o tutti i membri del gruppo possono interagire tra loro a due a due in modo amichevole e le conversazioni si sviluppano senza fare ferimento al conduttore del gruppo, quindi possiamo concludere che un nuovo riscaldamento si sviluppa spontaneamente tra i membri (Clayton, 1994). Inoltre, alcuni membri possono iniziare a ribellarsi nei confronti del conduttore. I commenti negativi e le critiche sono comuni. Le convenzioni sociali vengono abbandonate e i membri si sentono liberi di esprimere critiche per il comportamento o l’atteggiamento di chi si lamenta. I membri indicano e consigliano come parte della procedura di assunzione di un ruolo nel gruppo. La lotta per il controllo è una parte della struttura interna in ogni gruppo: è sempre presente. Se ci sono membri con esigenze intense per il controllo, questo deve essere il problema principale delle prime sessioni. Questa necessità di controllo diventa più evidente e intensa quando vengono aggiunti nuovi membri del gruppo, che invece di obbedire ai più grandi, mostrano tendenze dominanti. L’ostilità verso la figura del conduttore è anche inevitabile. Nelle fasi iniziali del gruppo, si osservano ambiguità nei confronto del conduttore, che è accompagnato dalla resistenza all’ esplorazione ed esposizione di sé. Questa ostilità è collegata alle non realistiche proprietà magiche che i membri del gruppo attribuiscono al conduttore. Le loro aspettative sono infinite e gradualmente, identificando la dinamica limitata che il conduttore stesso ha, inizia la delusione. Questa procedura non è cosciente: i membri vogliono un gruppo democratico, che si basi sulle proprie forze, ma nonostante questo, 14


a un livello più profondo, desiderano la dipendenza e quindi in primo luogo cercano di creare e poi distruggere la figura di dominazione. I gruppi terapeutici negano l’autorevole ruolo tradizionale: non dare risposte e soluzioni, invece stimola il gruppo a esplorare e utilizzare le proprie risorse. Così, a poco a poco i membri cancellano il loro desiderio di un “vero capo”. Un altro motivo di delusione verso il leader sta nella progressiva realizzazione di ogni membro che lui/lei non diventerà il figlio prediletto del leader (il desiderio che sottende sempre all’inizio) e che lui/lei non è più o meno interessato/a a nessun membro. Queste aspettative non realistiche del conduttore e la successiva delusione, non sono una mentalità infantile o un’ingenuità psicologica. Lo stesso accade nei gruppi con psicoterapeuti professionisti. E infatti, la migliore lezione per qualcuno che vuole diventare un leader del gruppo è quello di partecipare come membro di un gruppo. I membri che attaccano e i membri che resistono danno al conduttore materiale per la migliore comprensione delle tendenze che appariranno nel gruppo in futuro. Altri membri scelgono di stare dalla parte del conduttore molto rapidamente. Alcuni di loro, perché sentono che lui/lei è molto fragile e altri perché fantasticano un’alleanza con lui/lei e contro altri membri potenti del gruppo. Questa è una ragione per cui il conduttore deve avere la dinamica in mente per non far parte di alcun sottogruppo. In caso contrario, i membri lasceranno il gruppo e, eventualmente, questo si scioglierà. La ribellione contro il conduttore è inevitabile. Ma il suo comportamento può aumentare o moderare l’esperienza e l’espressione della ribellione. I conduttore che ha uno stile vago, volutamente enigmatico, autorevole, che non offre alcuna struttura o che fa promesse non mantenute, provoca reazioni negative da parte dei membri. In ogni caso, il conduttore è necessario per la sopravvivenza del gruppo. Egli deve imparare a discernere tra l’attacco rivolto a lui personalmente e l’attacco rivolto al suo ruolo nel gruppo. I conduttori che sono minacciati da attacchi, si proteggono in vari modi, ad esempio non consentendo agli attacchi di emergere apparendo molto gentili e di cuore, facendo così in modo che i membri si sentano ingrati nei confronti del conduttore; oppure essi rimangono distanti, molto vaghi, sconcertanti così che i membri ritengano che un eventuale attacco sia pericoloso, vanitoso e irrispettoso. Tale atteggiamento da parte del conduttore blocca lo sviluppo di forme di lealtà interpersonale e di sentimenti da parte del gruppo. Al contrario, la resistenza del conduttore in una situazione di attacco e il suo autentico sforzo di comprensione, convince il gruppo che le emozioni ostili non sono letali, che è permesso esprimersi e farsi comprendere. La soppressione della rabbia contro il conduttore del gruppo disorienta la sua direzione ‐ il membro non attacca questo particolare insegnante, ma tutti gli insegnanti o tutte le persone di autorità. Oppure egli può rivolgere la rabbia contro un altro membro del gruppo e poi, se il conduttore non interviene per rivolgere l’attacco verso la sua persona, il membro potrebbe essere espulso dal gruppo. La terza fase: lo sviluppo della coesione di gruppo. Mentre il gruppo passa attraverso le fasi precedenti, si sviluppa gradualmente in un’unità coerente. Questa fase è caratterizzata dalla coscienza intergruppo, dallo spirito di squadra, da obiettivi comuni, azioni di squadra consensuali, da cooperazione e da sostegno reciproco, il completamento del gruppo e la reciprocità, il sostegno e la libertà di espressione. In questa fase, aumenta la fiducia reciproca e i membri si espongono. Molti rivelano le ragioni interne che li ha portati nel gruppo, in particolare nel gruppo psicoterapeutico. Schutz caratterizza il rapporto dei componenti con il gruppo come “dentro o fuori” nella prima fase, “alto o basso “ nella seconda e “vicino o lontano” nella terza. L’ansia principale si intreccia con la percezione si essere simpatico o meno, di essere abbastanza vicino agli altri o meno. 15


Talvolta, in questa fase, il gruppo sopprime l’espressione di emozioni negative, grazie alla sua coesione e al suo sforzo di sentire il calore della sua nuova unità. Qui esiste un grande sostegno tra i membri. Se in questa fase, il gruppo permette l’espressione non solo dei sentimenti di coesione, ma anche dei sentimenti ostili, tutte le emozioni saranno elaborate in modo creativo. I limiti tra gli stadi non sono evidenti quando un gruppo esce da una scena ed entra in un’altra o quando torna a lavorare su alcune questioni in modo più profondo (“cicloterapia”). Molti psicoterapeuti di gruppo hanno osservato che i gruppi prima vengono tenuti occupati con la ragione della loro esistenza e dei limiti, poi con i problemi di dominazione e sottomissione e poi con questioni di relazioni intime. I terapeuti o i conduttori di ogni gruppo devono conoscere la sequenza evolutiva dei gruppi, in modo da essere in grado di mantenere la loro obiettività, per seguire il percorso del gruppo ed essere aperti ad apprezzare ciò che viene di volta in volta. Normalmente una percentuale del 10‐35% dei membri lascia il gruppo tra le 12 e le 20 sessioni. Solo dopo il gruppo si stabilizza e inizia a impegnarsi su altre questioni. Il ritardo e la partecipazione irregolare, di solito, mostrano la resistenza in terapia o la resistenza a qualunque cosa il gruppo sia orientato a fare. Se alcuni membri sono spesso assenti, la ragione della resistenza può essere personale o può essere correlata con la bassa coesione nel gruppo. In entrambi i casi, deve essere valutata e affrontata opportunamente dal conduttore. I ritardi e le assenze rivelano i modi in cui ci colleghiamo agli altri; costituiscono parti del microcosmo sociale dell’atomo (Yalom). Anche se la partecipazione irregolare provoca diverse difficoltà nel lavoro di gruppo, Max Clayton incoraggia la realizzazione della sessione, indipendentemente dalle dimensioni del gruppo o dai membri che non sono venuti. Il conduttore deve rispettare e apprezzare i membri che sono presenti in quel momento e deve lavorare con loro. Queste persone sono venute qui per fare un certo lavoro e questo lavoro deve essere fatto. Inoltre, il valore "terapeutico" di sapere che il gruppo è sempre lì, costantemente, è immenso.

Ricorda Fasi del Gruppo: le fasi da cui un gruppo passa durante il suo processo di sviluppo. La fase iniziale: orientamento, partecipazione titubante, ricerca di significato, dipendenza. La seconda fase: conflitti, dominazione, ribellione. La terza fase: lo sviluppo della coesione.

2.5 Gruppi e dinamiche di gruppo nello psicodramma Moreno vedeva il gruppo come una totalità autonoma e distinta. Ha cercato di studiare l’adattamento dei singoli non sulla base dei tratti della personalità, ma in base allo stato che ha o ha avuto in ogni momento della complessa rete di relazioni e ruoli che esistono nella società. Su queste basi, Moreno ha sviluppato la psicoterapia di gruppo e lo psicodramma non come una continuazione della psicoterapia personale, ma come risultato dell’analisi sociometrica di un gruppo, che lui ha combinato con la sociologia e la psicologia sociale. Per l’analisi sociologica del gruppo, Moreno ha concepito un metodo, chiamato sociometria, che ha presentato approfonditamente nel suo libro Who Shall Survive? Foundations of Sociometry, Group, Psychotherapy and Sociodrama (Chi sopravivvera? Fondamenti di sociometria, psicoterapia di gruppo e sociodramma) del 1934. La misurazione dell’attrazione o repulsione tra i membri del gruppo costituisce la base 16


dell’esame qualitativo delle strutture sociali e dei gruppi. Le preferenze dei membri del gruppo (Moreno lo chiama sociogramma), mostra la complessa rete di relazioni e le posizioni dei membri al suo interno. Essa mostra gli atteggiamenti comunicativi amichevoli o ostili dei membri, i sottogruppi che si formano, la coerenza e le dinamiche che si creano e fornisce anche altri elementi per le griglie alla base delle strutture sociali e dei gruppi. La posizione sociometrica della persona che viene scelta da molti altri membri raffigura diverse cose per la dinamica del gruppo e si differenzia dalla posizione sociometrica di una persona che non è stata scelta o che si è rifiutata. Un gran numero di relazioni singole e isolate nel sociogramma di un gruppo mostra i rapporti reali tra i membri e concentra l’attenzione del conduttore sullo sviluppo dell’orientamento e dell’obiettivo del gruppo. Nello psicodramma, la dinamica di gruppo è percepita come una situazione caratterizzata da una tendenza costante all’equilibrio o squilibrio; questa situazione si forma nel contesto di un’interazione in continuo cambiamento tra i membri, poiché le varie tensioni che agiscono nel bilanciamento (che provengono dalle persone o dalla funzione del gruppo) trasformano il comportamento sociale e la struttura della personalità della persona. In un gruppo, il conduttore del gruppo valuta costantemente l’equilibrio delle forze in ogni situazione del gruppo. Ci sono forze motivanti che spingono le persone a iniziare qualche nuovo modo di vivere. Le forze motivanti si oppongono alle forze di reazione che sono controllate dal timore. Le soluzioni a cui un gruppo arriva sono il risultato degli sforzi fatti nel corso del conflitto tra le forze motivanti e reattive (Clayton, 1994). Durante tutta la nostra vita ci sono forze interne che motivano la persona (forze motivati) e forze che non la lasciano andare avanti, la attirano indietro (forze restrittive). La struttura atomica della personalità è un sistema di ruoli, dove il ruolo è il modo specifico con cui la persona agisce in una certa situazione (Clayton, 1992; Woodcock, 2003). Ci sono ruoli che incoraggiano la persona per tutta la vita e la spingono avanti (ruoli progressivi), come il ruolo di chi si gode la vita, del bambino giocoso, dell’insegnante creativo, del tutor organizzativo di un asilo, della tenera madre; ci sono anche ruoli che disorganizzano la persona e le impediscono di andare avanti (ruoli frammentati), come il ruolo dello studente stressato, del padre preoccupato, del giudice severo, del bambino isolato e solitario; ci sono ruoli di sopravvivenza (ruoli copia), che ogni persona ha formulato per sopravvivere durante le situazioni difficili della sua vita, come il ruolo di colui che è sempre in conflitto e in lotta con le difficoltà, colui che le evita e chi cerca di avvicinarsi a loro con spirito conciliante. Così come nella vita, in una sessione di psicodramma una persona può funzionare adeguatamente, può avere alcune abilità che sono troppo sviluppate, funzioni in conflitto, sottosviluppate o che possono essere assenti (Clayton, 1992). Secondo l’analisi sistematica dei ruoli che la personalità di ogni bambino, educatore o altro ha, la percezione psicodrammatica ha come obiettivo il rafforzamento dei lati sani della personalità, lo sviluppo di spontaneità e di quelle abilità che aiutano la persona confrontarsi nel miglior modo possibile con le circostanze della vita (Clayton & Carter, 2004). L’introduzione di un membro del gruppo a una serie di altre persone è normalmente di grande aiuto per una persona che è stata limitata nelle proprie funzioni e nella propria esperienza di vita. Invitare una persona ad assumere il ruolo di un uomo d’affari, di un artista, di un poeta, di un elettricista o di un esploratore e intervistarla in modo che sia in grado di entrare nelle diverse esperienze di vita e sistema di valori di queste persone, ha come risultato che questa persona incorpora una serie di aspetti dei ruoli di queste altre persone. Ciò, conseguentemente, porta a un’espansione della sua personalità.

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Dopo la drammatizzazione, i membri del gruppo traggono vantaggio dalla loro autopresentazione e, contemporaneamente, si trovano faccia a faccia con il loro vero sé. Al fine di gestire quello che vivono, cercano di creare una posizione che unisca il modo in cui funzionano già nella vita di tutti i giorni e le nuove esperienze derivanti dalla messa in scena. La tensione che accompagna questo sforzo si riflette, come dice Merei, nella posizione del corpo e nel modo di esprimersi prima e dopo la recitazione, a cui i conduttori devono dare grande attenzione e una giusta valutazione, in altre parole devono “leggere i ruoli”, come si dice nel linguaggio psicodrammatico. Moreno ha contribuito alla formazione e alla sistematizzazione di una teoria integrata sui ruoli e la loro utilità, che si diffonde in tutta la gamma di comportamenti individuali e sociali. Attraverso la drammatizzazione, ha combinato il ruolo con l’entità esistenziale e il mondo in continua evoluzione. E, infine, unendo il ruolo con la spontaneità e la creatività, ha suggerito una proposta per il cambiamento sociale e l’intervento terapeutico (Letsios, 2001).

Ricorda La struttura della personalità è definita secondo un sistema di ruoli (progressivi, frammentati, ruoli copia) e per il modo in cui questi ruoli funzionano (in modo adeguato, troppo sviluppato, in modo conflittuale, sottosviluppato, assente). 2.6 Il valore del gruppo e le dinamiche di gruppo nei processi educativi Secondo la filosofia psicodrammatica, la domanda è: “come mi riferirò nel miglior modo possibile alla persona che ho davanti a me?”, in questo risiede il particolare progetto con gli allievi della formazione professionale al fine di migliorare l’atmosfera in classe. La filosofia che è già stata sviluppata, i suoi interventi e gli esercizi elencati di seguito mirano a creare un ambiente che aiuterà gli educatori IFP a creare un quadro sicuro, piacevole e sano, attraverso il quale insegnanti e studenti svilupperanno il senso di spontaneità, creatività, libertà e espressione emotiva. Lo psicodramma contribuisce alla coltivazione di un clima caratterizzato da una cooperazione e da una comunicazione efficace e diretta, che porta a una migliore connessione tra educatori e discenti. Contribuisce ad avere un migliore contatto con se stessi, a rimanere aperti a qualsiasi novità sia in arrivo, ad accettare più facilmente la diversità e così imparare a instaurare relazioni basate sull’accettazione e non sul rifiuto. Il risultato di tutto questo sforzo è la riduzione del senso di vanità e/o di esaurimento professionale e l’aumento del desiderio di creatività e per la vita in generale (Kavrohorianou E. e Dimou S., 2013). Lo psicodramma non è un metodo per risolvere i problemi, ma di sviluppo della vita all’interno della persona ed è per questo che si chiama “metodo di sviluppo della personalità“. È un modo di affrontare la vita con spontaneità e creatività, dove la spontaneità nello psicodramma significa reagire nel miglior modo al momento opportuno. La percezione psicodrammatica si riassume in questo: quando la spontaneità e la creatività sono sviluppate in una persona, allora non esistono problemi psicopatologici (Letsios, 2001). E questa percezione si accorda perfettamente con l’obiettivo che abbiamo per la classe: creare un clima con prospettive di uscita, in modo che sia possibile liberare gli studenti (adulti o bambini) dalle loro fissazioni psicopatologiche e portarli a un cambiamento della personalità, sulla quale si rispecchia il cambiamento e lo sviluppo delle strutture interne della nostra psiche. La filosofia dello psicodramma è una e unica, indipendentemente dal gruppo destinatario. L’obiettivo è lo sviluppo e l’espansione delle capacità e di nuovi ruoli per bambini, genitori, studenti, educatori, ecc., al fine di rispondere adeguatamente a una 18


certa situazione, in un certo momento. Oppure, per riformulare, l’obiettivo è quello di entrare in relazione e rispondere alle situazioni difficili della vita di tutti i giorni nel miglior modo possibile e non mantenere modi disfunzionali di affrontare la vita che facciano sfociare in situazioni psicopatologiche. La spontaneità costituisce la base sulla quale si possono sviluppare le capacità e il lato creativo della personalità, in modo che la persona possa rispondere con successo alle situazioni, possa essere presente nell’ “hic et nunc” con tutti i suoi sensi. Moreno l’ha definito come una nuova risposta a una vecchia situazione o una risposta sufficiente a una nuova situazione e si caratterizza per l’ampiezza, un approccio rinnovato e una sintesi di funzioni intuitive, logiche, sentimentali e spirituali (Moreno, 1941). Quindi potremmo dire che lo scopo dello psicodramma è la riconquista di questa spontaneità perduta, che si riduce nel corso degli anni per le esperienze dell’infanzia, (Kavrohorianou E. & Dimou S., 2013). Anche se riusciamo a introdurlo solo minimamente in una classe di formazione professionale, sarà un grande vantaggio per gli studenti. La funzione dei gruppi e l’analisi della dinamica dei gruppi, secondo la filosofia psicodrammatica e gli interventi, possono contribuire allo sviluppo di: Comunicazione diretta e originale tra educatori, studenti, colleghi Empatia, più profonda comprensione delle esigenze, dei sentimenti propri e degli altri Nuove competenze e nuovi atteggiamenti verso la procedura di apprendimento e la vita Il ruolo di educatore nella formazione professionale contemporanea Abilità per la gestione di situazioni difficili all’interno della classe Apprendimento cooperativo Insegnamento creativo Una qualità di vita con vitalità e umorismo. ANALIZZANDO IL GRUPPO: Per capire meglio come funzione il gruppo in una classe, prendete un po’ di tempo per riflettere su concetti teorici che avete letto. In particolare, non dimenticate le cose seguenti: Cos’è un gruppo Quali sono le sue caratteristiche speciali Il significato delle dinamiche di gruppo e cosa rivelano Le fasi attraversate da un gruppo mediante i suoi processi di sviluppo L’approccio psicodrammatico a un gruppo e alle dinamiche di gruppo

3.

Introduzione agli esercizi Nello psicodramma, invece di fare parlare semplicemente qualcuno della propria famiglia, di un evento a scuola o una situazione personale che lo disturba, si ricrea sul “ palco “ la situazione esattamente come lui la sperimenta. È possibile entrare nel ruolo degli altri membri presenti nella circostanza particolare, di diventare lui stesso un allievo, insegnante, padre, madre, amica e di parlare direttamente a qualsiasi persona sia in questa situazione, per esprimere pensieri e

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sentimenti che sono non esprimibili nella vita reale e, così, per essere liberato da tutto ciò che conserva al suo interno (Blatner, 1996; Corsini, 1966). Combinando l’espressione di pensieri ed emozioni con l’azione del corpo, lo psicodramma si intromette in profondità nella realtà, come chiunque può sperimentare. Attraverso l’azione è possibile “ aprirsi alla vita “, poiché si creano infinite possibilità e si trovano diverse alternative. Nello psicodramma, anche le azioni che sembrano improbabili, come incontrare un parente morto, potrebbe diventare realtà e finire in una nuova interiorizzazione dinamica di una sensazione positiva. Questo è il motivo per cui la soluzione simbolica di un tema non deve essere sottovalutata. Dicendo questo intendiamo dire che la soluzione data a un tema – la soluzione di un dramma – anche se è data attraverso il gioco, è interiorizzata, funziona inconsciamente nella psiche e così in un certo momento sopraggiunge il cambiamento ‐ il movimento correttivo. La drammatizzazione, contenendo l’essenza della sperimentazione e dando la possibilità di usarla per la vita, costituisce una espansione più matura del gioco infantile, per questo è un modo molto naturale e familiare di lavorare per gli adulti. Nel nostro progetto per l’apprendimento professionale, il lavoro del conduttore è, sia con tecniche psicodrammatiche o strumenti provenienti da altre arti espressive, per aiutare l’individuo a esplorare e percepire le diverse prospettive della questione di cui si occupa, portandolo ad acquisire una migliore comprensione della situazione e allo stesso tempo sostenendolo nelle scelte e nella creatività (Corsini, 1966). Questi elementi, rafforzati attraverso lo psicodramma in quanto favorisce l’iniziativa e l’azione, sono componenti necessari e funzionali per il presente e il futuro dell’atomo (Kavrohorianou E. & Dimou S., 2013). Gli esercizi elencati di seguito hanno come obiettivo, in accordo con la filosofia psicodrammatica, di far familiarizzare gli educatori con interventi esperienziali; per aiutare gli educatori a creare un clima più cooperativo in classe e una procedura di apprendimento più fruttuoso, in altre parole un modo più “semplice” e consistente di apprendimento. Questi esercizi contribuiscono a dare importanti conoscenze per tutte le fasi della funzione di gruppo, divise in riscaldamento, azione e condivisione. Il conduttore deve prendere in considerazione se la partecipazione dei membri sia obbligatoria, e in tal caso ci saranno alcune specificità, o se sia “libera” e quindi i partecipanti saranno più motivati. La classificazione delle attività è stata effettuata secondo lo scopo utile in ogni fase del gruppo.

3.1 Considerazioni e rischi nell’applicazione degli esercizi per gli educatori Qui sono elencati alcuni punti cruciali che gli educatori dovrebbero avere in mente prima di applicare gli esercizi che seguono e nel corso dell’attuazione nei loro gruppi. Il conduttore del gruppo si concentra subito sul lavoro del gruppo, all’inizio della sessione per controllare che i membri del gruppo siano positivi, vigili e ascoltino bene. Il conduttore del gruppo deve compiere un passo importante verso la creazione di credibilità con il gruppo. I membri del gruppo hanno fatto grandi sforzi per essere lì e possiamo ritenere che siano ben motivati a perseguire gli obiettivi dichiarati nel bando di presentazione. Essi sperano che la leadership sia in sintonia con gli obiettivi previsti e che fornisca la massima assistenza al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Le precisazioni immediate del conduttore sulla struttura del gruppo porta un istantaneo senso di sicurezza. Questo è necessario poiché tutti hanno almeno in parte l’esigenza di sicurezza all’inizio di ogni sessione di gruppo e ciò vale in particolare per l’inizio della prima sessione. Di solito nella nostra cultura l’aspettativa dei membri del gruppo è che il conduttore farà qualcosa per dare un senso di sicurezza. I conduttori devono fare i conti con il fatto che nessun conduttore è in grado di creare un gruppo che sia completamente sicuro per tutti. Il conduttore che cerca di fare questo è destinato a fallire e, successivamente, è destinato a diventare eccessivamente auto‐critico e depresso. Altri conduttori del gruppo a volte agiscono all’opposto, ritenendo che i membri del gruppo continueranno a imparare in

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modo efficace, in assenza di qualsiasi struttura o iniziativa per stabilire un ambiente di lavoro. Questo presupposto non è corretto. In assenza di struttura, l’apprendimento è minore e talvolta non avviene affatto. Alcuni membri del gruppo si ritirano fisicamente o emotivamente e in entrambi i casi non riescono a sviluppare nuove funzionalità. L’atteggiamento del conduttore nei confronti del tempo ha un profondo effetto sul warm up globale dei membri del gruppo e quindi vale la pena mettere in evidenza questa parte. Il tempo è nostro amico. • L’idea che ci sia la giusta quantità di tempo promuove un approccio disciplinato e ben organizzato per le attività del gruppo. Porta il conduttore a osservare, interessarsi, e pensare al funzionamento dei membri del gruppo, non appena è stata raggiunta la preannunciata fase di avviamento. C’è il graduale sviluppo della consapevolezza che il lavoro di gruppo si fa tra un inizio e un punto finale. Ciò infonde una maggiore volontà di mettersi al lavoro. • Un simile atteggiamento nei confronti del tempo crea un’esperienza di relax e in un tale stato di rilassamento diventa possibile il pensiero creativo, l’intuizione funziona meglio e l’immaginazione prende vita. Un conduttore fa bene a coinvolgere tutti in qualche modo nella prima sessione di un gruppo e a coinvolgere il maggior numero possibile di persone durante le prime quattro sessioni. Questo migliora la posizione sociometrica di ogni persona, la dinamica tra i membri, la loro capacità di lavorare con gli altri e di generare esperienze che siano utili per il proprio sviluppo. Questo è ancora più importante nel lavoro con coloro che sono nuovi al lavoro di gruppo e che possono diventare sempre più intimiditi, isolati e timorosi, se non hanno una esperienza positiva nell’interazione con il conduttore del gruppo o con un altro membro del gruppo. Prima di procedere alla scelta di un esercizio, il conduttore deve valutare il clima della classe, lo stato d’animo dei membri, le esigenze del gruppo, che essi apprezzino il luogo “dove” si trova, altrimenti l’esercizio è destinato a fallire. Le questioni delicate di leadership emergono, ad esempio, sulla scelta di quale intervento sia più adatto; su quando si deve intervenire e in che modo; quando fermarsi, quando andare oltre; come coinvolgere tutti; cosa chiedere e a chi, come chiederlo, ecc. Il conduttore deve “riscaldarsi” bene nella ‘situazione’ ‘qui e ora’, al fine di trovare il modo più adatto per introdurre il materiale didattico in classe. E c’è sempre la possibilità che qualcuno possa non voler partecipare o che suggerisca di non lavorare come il conduttore ha immaginato o pensato. Quindi, noi rispettiamo la scelta di ogni individuo e esploriamo di più le dinamiche per scoprire che cosa è meglio fare. Molti degli esercizi elencati possono essere introdotti per diversi punti che emergono in un gruppo, ma hanno bisogno di familiarità e di esperienza da parte del conduttore per apprezzare il modo in cui possono essere utilizzati e per quale obiettivo. o Inoltre, c’è sempre la possibilità che un esercizio non funzioni, che non dia i risultati che il conduttore aveva in mente. Questo accade sia perché il conduttore fraintende il problema che ha il gruppo e quindi l’esercizio è irrilevante, o perché il gruppo non è ancora ben riscaldato. La sperimentazione cosciente è un buon trampolino di lancio per saperne di più, non solo per gli studenti, ma anche per l’educatore. I metodi esperienziali, come dice il loro nome, coinvolgono l’esperienza personale. La sfida per il conduttore in una classe è quello di contribuire all’ulteriore conoscenza e allo sviluppo delle competenze degli studenti, che unisce la mente, le emozioni e le esperienze, senza cadere in pseudo‐interventi terapeutici. Deve usare il modo esperienziale, per mostrare loro che la partecipazione, la cooperazione e l’iniziativa sono rinforzate, aumentano la motivazione per l’apprendimento e soprattutto, per l’apprendimento attivo. C’è sempre la possibilità per i membri di regredire in una situazione di tensione interna e di toccare problemi più profondi attraverso il gioco. Spesso, quando cerchiamo di lavorare sulla forza che ci spinge avanti, appare la forza che ci trascina indietro. Il conduttore deve perseguire ciò che serve all’obiettivo educativo. Deve essere chiaro che non si tratta di una terapia di gruppo.

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I membri possono esprimere vergogna, prudenza, timidezza. Ma la creazione di un processo di gruppo efficace coinvolge essenzialmente due importanti concetti. Il primo di questi è che ogni membro del gruppo è lì per mostrarsi. Il secondo è che tutti nel gruppo contribuiscono dando uno sguardo riflessivo a ciò che viene mostrato. Il punto di vista che un gruppo esiste al fine di permettere di mostrare ai membri del gruppo le loro funzioni ha molti vantaggi. Un conduttore che adotta questo punto di vista sviluppa un atteggiamento positivo verso i membri del gruppo. Riconosce valore nei membri del gruppo che esprimono se stessi, sviluppano un interesse ingenuo, esprimono uno spirito incontaminato che si avvicina a tutto in modo fresco e nuovo e pongono semplici domande senza secondi fini. Cercano un significato nelle espressioni dei membri, fanno valutazioni dei sistemi di relazione e delle capacità dei singoli membri del gruppo in base al loro funzionamento nel gruppo. L’enfasi sull’accettazione e valorizzare di ciò che è mostrato dai membri significa che in un primo tempo un conduttore non cerca di cambiare ciò che è espresso, ma piuttosto di sentirlo ed esplorarlo. Una tale presa di posizione da parte di un conduttore può spingere alcuni membri del gruppo ad assumersi la responsabilità di quello che fanno. In ogni gruppo ci sono discrepanze tra gli obiettivi dei membri e il loro funzionamento effettivo del gruppo. I membri partecipano ai gruppi al fine di assumersi la responsabilità, per impostare obiettivi, per autodirigersi nel loro apprendimento, per esprimere la loro unicità. Tuttavia, nel momento in cui viene fatto lo sforzo di creare una cultura in cui i membri del gruppo dichiarano i loro obiettivi e lavorano attivamente per la loro realizzazione sopraggiunge spesso un fallimento. Un membro del gruppo può essere affrontato con il silenzio, o con manifesta difficoltà, o un apparente incapacità di collocarlo in un obiettivo specifico. Alcuni conduttori diventano estremamente frustrati da questo. Diventano negativi e critici nei confronti di un gruppo. Essi possono sviluppare un forte desiderio di lasciare il loro lavoro. Eppure, un conduttore può ottenere un nuovo impulso attraverso l’adozione della prospettiva che esiste il gruppo in modo che i suoi membri possano mostrare se stessi.

3.2 Esercizi Ci sono alcuni elementi che il conduttore del gruppo dovrebbe avere in mente prima di applicare un esercizio. Vale la pena di esaminare: il clima del gruppo il grado di correlazione tra i membri i sottogruppi che esistono nel gruppo “leggere“ la posizione del corpo dei membri il loro stato d’animo (che è aperto, chiuso, scettico, difensivo, ecc.) chi siede accanto a chi chi sono le figure centrali chi sono i soggetti periferici / marginali come si connettono l’obiettivo che ha il gruppo e le motivazioni. Ed è inoltre importante chiedersi: quando è utile lasciare la libera comunicazione tra i membri o quando si deve intervenire? come poter stabilire rapporti reciproci (tele)? come poter includere le persone più isolate? 22


Qui sono elencati alcuni criteri di esempio (sociometria) che potrebbero essere utilizzati per questo scopo: Farli alzare dalla sedia e farli divider in: 1. quelli che sono gli educatori e quelli che non lo sono 2. quelli che lavorano da più di 10 anni quelli che lavorano da meno tempo 3. quelli che sono soddisfatti del loro lavoro e quelli che non lo sono 4. quelli che hanno un buon rapporto con gli studenti e quelli che non lo hanno 5. quelli che hanno un buon rapporto con i loro colleghi e non quelli che non lo hanno 6. quelli che si aspettano di trovare quello che vogliono dagli altri e quelli che lo vogliono fare da soli, ecc.

Nota: 9 L’uso di questi criteri specifici è indicativo. Essi possono essere modificati e adattati ai punti che vogliamo esplorare. L’esame di tutti gli elementi di cui sopra è utile al il conduttore per valutare il comportamento dei componenti e anche per valutare quali interventi porteranno a una espansione. Per un gruppo educativo è utile, perché contribuisce alla diminuzione dei conflitti, al miglioramento della comunicazione e permette anche al gruppo di vedersi in modo oggettivo nonché di analizzarne le dinamiche e lo sviluppo. Nota: 9 Grazie alla multi‐dimensionalità della natura degli esercizi, moti di essi possono essere usati per molti argomenti e scopi!!! Note: 9 Negli esercizi di coppia, si raccomanda di scegliere persone che hanno meno familiarità tra di loro. 9 Se nella stessa sessione, il gruppo è diviso più volte in coppie, è meglio scambiare i partner. RISCALDAMENTO

Il conduttore, con la sua presenza e gli interventi, cerca di creare un clima rilassato senza critiche che provocano tensioni e aumentano le resistenze per il gioco. L’obiettivo del gruppo è quello di far sentire i membri il più possibile a proprio agio, al fine di esprimersi liberamente e formulare una lamentela, un pensiero, un desiderio, un conflitto, qualcosa su cui vogliono saperne di più o qualcosa che vorrebbero gestire meglio. I componenti vengono attivati dalla discussione e si forma un ambiente emozionale nel gruppo. Così tutto il gruppo, il conduttore e i membri, iniziano gradualmente a riscaldarsi fino a un problema, in cui si concentreranno e con cui saranno occupati in modo più approfondito. Gli esercizi di seguito hanno come obiettivo la mobilitazione dei membri, la loro partecipazione attiva, la creazione di legami più coerenti, l’emersione degli argomenti che li occupano. 23


CONTA FINO A 20

Il conduttore chiede ai membri del gruppo di alzarsi e formare un cerchio. Ognuno deve essere vicino all’altro, ma non tanto da essere oppressi. Il cerchio sarà stretto come necessario, in modo che le braccia si tocchino leggermente. Ogni membro deve avere spazio per muoversi e allo stesso tempo per essere così vicino agli altri da sentirli. Il conduttore spiegherà ai membri come deve essere formato il cerchio e continuerà spiegando l’obiettivo, che è quello di contare fino a 20. Chiunque può iniziare il conteggio. Di solito, la prima volta che il conduttore dice “uno”, al fine di iniziare. Il conduttore partecipa pienamente fino al completamento dell’esercizio. Il conteggio non avviene in linea. SI conta uno dopo l’altro spontaneamente per mantenere il conteggio, fino a raggiungere il numero 20. Ma, lo stesso numero non deve essere detto da due o più persone contemporaneamente. Se ciò accade, l’esercizio deve ricominciare dall’inizio. Si conclude quando i membri finalmente riescono a contare da 1 fino a 20 senza sosta. Quando si inizia una sessione, di solito si svolgono numerose ripetizioni fino a quando il gruppo riesce a contare senza fermarsi fino a quel numero. In un ambiente sicuro e positivo l’intenzione del conduttore è quello di rendere i membri più attivi, per avvicinarli, per creare una atmosfera più rilassata, con meno stress, tensione e imbarazzo, per essere insieme in armonia, per concentrare l’attenzione di ciascuno su se stesso / se stessa e sul resto dei partecipanti allo stesso tempo, al fine di rilassarsi e per raggiungere l”obiettivo’ ‘finale’, che è quello di riuscire a contare fino al 20. Questo esercizio può essere ripetuto alla fine della sessione. Di solito, il gruppo poi riesce a contare fino al 20 al primo tentativo. Questo dimostra la variazione dinamica che è accaduta nel gruppo durante la sessione, i membri si sentono più rilassati, più in contatto con se stessi e gli altri, la coerenza del gruppo è più alta. CAMBIO DI POSIZIONE

Il conduttore chiede ai membri di mettere le loro sedie in modo da formare un cerchio chiuso. Le sedie devono essere una certa distanza tra loro, per formare un cerchio chiuso e allo stesso tempo non impenetrabile, perché i membri dovranno muoversi nello spazio dato all’interno del cerchio. Le sedie devono essere una in meno dei membri. Chiunque può iniziare l’esercizio, ma di solito il conduttore lo avvia, per dare l’esempio su come procedere. Il ruolo del conduttore non è solo quello di dare le istruzioni di inizio, lui / lei parteciperà pienamente fino alla fine. L’educatore è in piedi al centro del cerchio e tutti gli altri sono seduti sulle sedie. In alternativa, i membri possono stare in piedi su piccole stuoie / tappeti, invece di sedersi sulle sedie. Le stuoie sono posizionate esattamente come le sedie, formano un cerchio, come precedentemente descritto. La differenza è che ora i partecipanti hanno una maggiore libertà di movimento. Il conduttore o il membro, in piedi al centro del cerchio, parla in prima persona singolare e esprime come lui/lei vorrebbe andare via quel giorno, al termine della sessione. Ad esempio, “oggi dopo che il seminario si conclude, vorrei sapere più cose sulla coesione del gruppo”, “vorrei sapere come fare un gruppo più creativo”, “vorrei andare via più rilassato/a”, “vorrei conoscere meglio gli altri”, ecc. In sostanza, si chiede loro di esprimere le proprie aspettative, quello che si aspettano dal workshop, in modo giocoso. 24


Chi nel gruppo ha la stessa aspettativa o è d’accordo con quello che è stato espresso dal membro al centro del cerchio deve alzarsi per lasciare la sua sedia o tappetino e sedersi su un’altra sieda o occupare un altro tappetino. Può succedere che un membro non farà in tempo a sedersi e rimarrà al centro del cerchio e dovrà esprimere quello che lui/lei vuole apprendere, quello che lui/lei desidera sviluppare maggiormente durante questo workshop ecc. I membri che sono d’accordo su quanto espresso e cambiano posizione, non possono sedere di nuovo nella sedia che hanno lasciato. Questo cambiamento di posizione con varie istruzioni o criteri andrà avanti per diverse volte. Una stima della durata dell’esercizio è di circa 10/15 minuti. AZIONE La fase di produzione è la parte principale della sessione di psicodramma. Segue la fase di riscaldamento e precede la fase di condivisione. Di solito in questa fase, il dramma del protagonista o il riscaldamento centrato sul gruppo è organizzato dal conduttore. Il protagonista diventa la persona più riscaldata, il membro che incarna ed esprime meglio in questo momento la tensione o il problema del gruppo. Il riscaldamento centrato sul gruppo avviene dalle sedie e il gruppo discute sul tema che li occupa. La sfida per il conduttore consiste nel mantenere ogni membro concentrato sul proprio problema senza fare una discussione generale su di esso, per incoraggiarli a esprimere le cose nascoste che tengono dentro, per esplorare come i membri si sentono, chi è d’accordo, chi è in disaccordo, chi esprime un punto di vista più sintetico per ciò che viene discusso. Ulteriori informazioni circa la realizzazione di sessioni di psicodramma si trovano nella bibliografia suggerita alla fine dei materiali per la formazione e più in particolare a: migliorare la vita e le relazioni del Dr. Max Clayton e in Το Ψυχόδραμα. Η επιστήμη της ομάδας στην ψυχοθεραπευτική προοπτική, di Κωνσταντίνος Λέτσιος. Nell’istruzione per adulti, l’obiettivo del conduttore è di non creare un dramma, ma di introdurre nel corso delle procedure giochi didattici che contribuiscano alla formazione del gruppo e mettano in risalto la sua dinamica. In particolare, aumentare di più la creazione di relazioni e interazioni tra i membri, sviluppare la coesione, fiducia, fantasia, creatività, spontaneità. Gli esercizi e i giochi che seguono devono essere percepiti come prosecuzione del riscaldamento dei membri e non come qualcosa di diverso o separato. Non si deve mai dimenticare che nello psicodramma, l’obiettivo del conduttore è quello di riscaldare costantemente i membri. Solo quando si raggiunge il punto più alto del riscaldamento, si crea la spontaneità e così il nuovo nasce un nuovo ruolo, cioè il nuovo modo di affrontare una situazione vecchia e nuova. Per seguire e aumentare il riscaldamento dei membri è necessario che il conduttore abbia capito il tema che occupa il gruppo e quindi che intervenga con gli esercizi adatti. Altrimenti, l’esercizio sarà irrilevante o non avrà il risultato desiderato. Così, essi non devono essere scelti con una sessione preordinata. I giochi proposti mirano a riscaldare i membri per creare un gruppo più dinamico e per essere collegati con le cose che promuovono l’apprendimento in modo più creativo. E come membri, invece di essere semplici osservatori, possono iniziare a creare, partecipando e condividendo le loro esperienze personali. Allora, questa conoscenza è interiorizzata e porta a cambiamenti personali e allo sviluppo di nuove competenze.

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CHI MI FARÀ ATTRAVERSARE?

L’educatore chiede ai membri di pensare a una persona dal gruppo. Lui/lei non dà ulteriori spiegazioni, quantunque i membri chiederanno qualcosa, perché probabilmente penseranno di non aver capito. Non ci sono criteri specifici indicati per questa scelta e probabilmente ognuno sceglierà la persona a cui si sente più vicino in quel momento. Il conduttore chiede a ciascuno se ha fatto la propria scelta. In questo momento non è interessato a conoscere chi. Lui/lei vuole solo fare in modo che ognuno abbia scelto una sola persona. Se un membro dice di essere indeciso tra due persone, il conduttore deve insistere che ne scelga una. Non appena ognuno ha fatto la sua scelta, il conduttore chiede loro di dire chi hanno scelto. Poi il conduttore dà le istruzioni: “immaginate ora che si debba attraversare la stanza da questo lato della stanza all’altro lato”, e indica i punti: il punto di partenza e il punto di arrivo, che devono essere un po’ distanti tra loro. Il conduttore chiede a tutti i membri di alzarsi e riunirsi al punto di partenza. A questo punto il conduttore aggiunge che “il modo in cui ciascuno passerà attraverso la stanza sarà deciso dalla persona che ha scelto”. Se alcuni membri chiedono che cosa è questo spazio tra i due punti, il conduttore risponderà che “può essere qualsiasi cosa, si può immaginare quello che volete”. Una persona può essere scelta da uno, due o più membri per guidarli, per condurli attraverso la stanza. E, naturalmente, lui/lei può usare gli stessi o diversi modi per farli passare. Ma questa è una spiegazione che non sarà data dal conduttore: lui/lei dovrà solo rassicurare la guida che essa è libera di scegliere qualsiasi modo voglia. Ogni membro, come un “seguace”, cammina solo una volta. Dopo che tutti sono passati attraverso la stanza, il gruppo tornerà e si siederà sulle sedie. Inizierà una discussione/condivisione di pensieri e sentimenti. Il conduttore porrà le domande riportate di seguito per ogni membro: “chi ti ha scelto per farlo passare attraverso la stanza?”, “chi hai scelto per passare attraverso la stanza?”, “come ti sei sentito ripensando al modo in cui sei passato?”, “ti è piaciuto?”. Questo è un esercizio che esplora il modo di relazionarsi, in questo gruppo e nella loro vita fuori del gruppo. Come si accompagnano con gli altri? Quanto sentono ciò di cui l’altro ha bisogno? Quanto prendono in considerazione l’altro? Sono davvero con l’altro? La filosofia psicodrammatica si basa su “ essere con” l’altro, mentre cerchiamo di sviluppare collegamenti con le altre persone (il conduttore con i membri, i membri tra loro) in modo diretto, onesto, vero e funzionale. Questo esercizio pone alcuni interrogativi sul modo in cui le persone sono collegate, comunicano e pongono dei limiti. I membri giungono a un maggiore contatto con il loro sé interiore, il proprio corpo e i corpi degli altri. Questa conoscenza fisica crea una maggiore fiducia e un più forte senso di responsabilità. I membri imparano a dirigere e ad essere diretti, nonché come rilassarsi in un ambiente di assoluta sicurezza e fiducia. Vengono rafforzati il lavoro di squadra e la cooperazione nella soluzione dei problemi. Imparano come accogliere qualunque cosa il loro compagno suggerisca e a porsi nel conflitto drammatico senza bloccare il proprio sviluppo.

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GROUP‐BODY

Il conduttore chiede ai membri di lasciare le loro sedie e di stare in piedi sul palco. Lui / lei mostra un corpo umano sul palco e indica dove è la testa e dove sono i piedi. Vengono date le istruzioni: “ Immaginate di essere una parte del corpo umano, si può essere un organo o qualsiasi altra parte di esso. Scegliete ciò che si vuole essere e andate a stare dove si trova “. I membri cominciano a pensare cosa diventare e iniziano a muoversi fino a quando trovano la loro posizione. Non appena la trovano, il conduttore chiede loro un nome: “Che cosa siete?” Poi, viene chiesto loro di dire una frase nel ruolo scelto e poi, di collegarsi con gli altri organi o parti del corpo. Il conduttore permette loro di comunicare. L’ultima cosa che il conduttore chiede loro di fare è “tutti insieme come un corpo umano facciamo un passo “. La durata proposta per questa attività è di 15 minuti. Alla fine dell’esercizio ognuno torna alle sedie, dove inizia lo scambio di esperienze e sentimenti. Questo è un esercizio che contribuisce alla formazione del gruppo. Senza rendersene conto, i membri scelgono di diventare un organo o una parte del corpo umano che corrisponde alla loro funzione nel gruppo. Il simbolismo intenso contribuisce a fare una scelta, senza la razionalizzazione della mente. È molto interessante notare ciò che ognuno diventa e come interagisce con gli altri. Il conduttore osserva attentamente se le persone si sentono dentro o fuori dal gruppo, vicino o lontano dagli altri, ecc. Le interpretazioni devono essere evitate in ogni caso. Secondo la filosofia psicodrammatica, il ruolo del conduttore non è di rispondere perché questo o quello succede, ma di stimolare ogni individuo a porsi questa domanda. COME UN FILM Il conduttore chiede due volontari nel gruppo. Molto probabilmente, i membri domanderanno: “per fare cosa?”. Non sarà data nessuna spiegazione, solo due volontari. Appena i due volontari ci sono, il conduttore chiede a uno di mettersi in un punto (mostra un punto del palco), all’altro un altro punto (indica un punto distante 3‐4 passi dall’altro volontario). Quindi chiede al resto dei membri di alzarsi e mettersi dietro all’uno o all’altro, così da formare due gruppi. L’unica limitazione è quella che i gruppi devono essere di numero quasi uguale, ad esempio 3 o 4 membri. Gli si chiede di discutere tra loro di cosa hanno in mente. Dopo 10 minuti, il conduttore chiede loro di dare un titolo al loro tema, come se fosse il titolo per un film. Un paio di minuti dopo gli chiesto di dire solo il titolo. Ogni gruppo comunica il titolo che ha scelto. L’istruzione seguente è: “se questo è il titolo, trovate il sottotitolo. Un sottotitolo che spieghi un po’ meglio perché andare a vedere il film”. Viene dato un po’ di tempo in più per trovarlo. Quando sono pronti, gli viene chiesto di ripetere il titolo e di dire anche il sottotitolo. “Discutete insieme quale potrebbe essere la prima scena del film, come potrebbe cominciare”. Quando entrambi i gruppi avranno trovato la loro prima scena gli verrà 27


chiesto di realizzarla: “Fate la prima scena del vostro film, potete anche farla solo come se fosse un’immagine”. Entrambi i gruppi eseguono la loro scena, uno dopo l’altro. Alla fine, gli altri membri applaudono. L’istruzione finale sarà: “fate l’ultima scena di questo film, anche questa può essere statica”. Ogni gruppo la presenta all’altro, e si applaudiranno a vicenda. Questo esercizio mette in luce le dinamiche del gruppo: emergono i problemi al suo interno, quanto essi siano vicini o lontani e, conseguentemente come i membri comunicano/cooperano l’uno con l’altro, con quanta volontà partecipano a tutto questo, quanta resistenza dimostrano verso il conduttore o a esporsi. Ad esempio, un gruppo si può rifiutare persistentemente di dare un titolo o fare una scena, dicendo che non capisce, che hanno già detto tutto e che non hanno niente da dire, ecc. Sono elementi che dovrebbero far pensare attentamente e approfondire per continuare la sessione. CREARE STORIE

Tutti i membri del gruppo formano un cerchio, fatta eccezione per il conduttore del gruppo. Il loro compito è quello di creare una storia in cooperazione e questa è anche l’istruzione che gli viene data. Non vi è alcun argomento particolare fornito in anticipo. Chi vuole inizia con una frase dalla sua mente o dall’immaginazione (ad esempio “mentre stavo andando a piedi a lavorare questa mattina, una rana è saltata davanti a me”). La persona accanto a lui, alla sua sinistra, deve aggiungere una frase al fine di continuare la storia e così, la realizzazione della storia prosegue seguendo il cerchio di persone. Il conduttore fin dall’inizio dà un intervallo di tempo predefinito, ad esempio 10 minuti o un quarto d’ora. Non appena mancano un paio di minuti, comunica al gruppo che devono giungere a una conclusione in due minuti. Ognuno torna al cerchio del proprio gruppo e l’educatore chiede le loro impressioni su questa esperienza. “È stato facile, difficile, divertente, stressante?, “Come vi siete sentiti quando è arrivato il vostro turno di parlare?”, “Come è stato per voi avere qualcosa in mente che è stata distolta dagli altri?”. Attraverso questo esercizio aumenta la cooperazione tra i membri e quindi anche la coesione del gruppo. Essi sono chiamati a essere creativi, qualunque cosa un altro giocatore suggerisca, e ad affrontare il conflitto che si può provare quando l’altra persona cambia i loro piani o interviene su quello che avevano in mente. Essi imparano a essere più flessibili nelle diverse circostanze e, naturalmente, a usare la loro fantasia. CHIUSURA: CONDIVISIONE E ANALISI Questi esercizi sono utilizzati alla fine della sessione e anche alla fine di una serie di sessioni. Essi contribuiscono a una migliore integrazione di ciò che è avvenuto durante l’insegnamento del materiale di formazione. L’obiettivo è duplice: per far creare ai membri una relazione ‘interna’ di quello che hanno vissuto, di ciò che hanno appreso, di quello che portano con loro alla fine della sessione o di una serie di sessioni; per 28


integrare, per acquisire la maggior parte di ciò che è avvenuto durante la sessione di gruppo e anche, se il gruppo si conclude, per facilitare l’espressione e l’elaborazione dei sentimenti di separazione dal conduttore e dagli altri membri del gruppo. Questo processo di “rendicontazione” e addio è una parte inevitabile della procedura per ogni tipo e la lunghezza di gruppo. Il conduttore facilita l’espressione dei membri e propone esercizi per fare il bilancio e la stima dello sviluppo di ciascuno all’interno del gruppo. E, naturalmente, propone esercizi in modo che i membri sperimentino la separazione in modo formale. Il conduttore può partecipare agli esercizi ed esprimere se stesso e i suoi sentimenti per questa esperienza e per la conclusione del gruppo. SOLO UNA PAROLA Alla chiusura della sessione, il conduttore chiede ai membri del gruppo di dire una parola o una frase per qualcosa che ognuno di loro porta con sé. Può essere qualsiasi cosa, qualcosa che lui / lei ha imparato, di cui si è reso/a conto una cosa che l’ha colpito/a o qualsiasi altra cosa. Ad esempio: “comunicazione”, “ io non sono solo, ci sono altri che la pensano allo stesso modo”. In un cerchio, o in una fila libera, tutti ne discutono brevemente. Il conduttore può, se vuole, dire una parola che ha scelto, quando tutti hanno finito di parlare. Questo esercizio aiuta ciascun membro a concentrarsi sulla “cosa” più importante per sé. Tra tutte le cose dette e fatte, ne sceglie una. È legato al principio di concretizzazione, una delle tecniche più basilari dello psicodramma. È molto importante sceglierne una, per sviluppare la capacità di fare attenzione a una cosa alla volta. Esso prevede anche la possibilità di vedere per l’educatore più chiaramente dove “è” ogni partecipante, quello che ha appreso dal corso di formazione, quello che vuole sviluppare maggiormente, quello su cui vuole saperne di più, ecc. DIVAGARE E CONCENTRARSI Il conduttore chiede ai membri di dividersi in coppie. Ognuno di loro discuterà e condividerà con gli altri ciò che è stato importante per lui / lei, quello che ha imparato, quello che ha scoperto, quello che gli/le è piaciuto. Le coppie possono lasciare la classe, se lo vogliono, e se è possibile. In caso contrario, troveranno il modo di coesistere con gli altri senza disturbarsi, sparsi in diversi punti della stanza, parlando a bassa voce. Tornano in classe dopo 20 minuti e si siedono sulle sedie. È preferibile per le coppie sedersi insieme, cioè una accanto all’altra nel cerchio, ma non è obbligatorio. Ognuno condivide con il resto del gruppo i pensieri e i sentimenti di cui hanno precedentemente parlato. 29


Ogni membro cerca di concentrarsi sulle cose più importanti che ha imparato e sentito durante questa sessione. È molto importante per ognuno di loro comprenderle, per dargli un valore, per trovare i collegamenti con gli altri membri e/o sentire qualcosa da loro a cui non aveva pensato.

SCULTURA DI GRUPPO

I membri sono invitati dal conduttore a creare una scultura di gruppo. La scultura sarà statica, come un fermo immagine, senza movimento o parole. Se i membri lo trovano significativo, va bene se la scultura, dice una parola o fa un leggero movimento. Essi possono usare oggetti, tutti possono partecipare all’immagine della scultura o solo alcuni dei membri e sono totalmente liberi di farla come credono. Così facendo, tutti i membri si avvicinano per discutere, scambiare opinioni, cooperare e, infine, per scegliere e creare come vogliono e cosa questa scultura sia e rappresenti. Ogni membro avvia un processo interno riguardante ciò che il gruppo è per loro e ciò che è per gli altri. I partecipanti descrivono la sensazione che il gruppo gli lascia e il conduttore potrà trarre valutazioni per il suo lavoro. IL MIO PERCORSO NEL GRUPPO

Questo esercizio è consigliato per la fase di condivisione dell’ultima sessione, dopo che l’illustrazione di tutti i materiali per la formazione è arrivato al termine. Il conduttore chiede ad ogni membro di dipingere un sentiero che simboleggia il proprio percorso nel gruppo, dall’inizio fino a oggi. Possono aggiungere disegni, simboli o parole per i momenti importanti che hanno vissuto durante esso. Possono essere necessari evidenziatori, matite, pastelli a olio di diversi colori al fine di differenziare alcuni elementi, di sottolinearne altri, per renderli più gioiosi, più significativi o qualsiasi altra cosa. Poiché ognuno cerca di concentrarsi sui momenti più importanti, fa un rapporto interiore del processo di gruppo e del loro percorso personale. Il conduttore chiede loro anche di immaginare e disegnare dove questo percorso porterà dopo che le sessioni saranno finite. I membri condividono ciò che faranno, ciò che hanno appreso, come si sono sentiti. Immaginando dove questa strada conduce, fanno una proiezione futura (tecnica dello psicodramma), su come essi si immaginano dopo questa nuova esperienza, questa nuova conoscenza. La proiezione futura aiuta i membri a rendere il loro obiettivo più concreto e internamente a connettersi con i loro ruoli progressivi, i ruoli che li aiutano a muoversi, ad andare avanti. 15‐ 20 minuti sembra essere un tempo sufficiente per la creazione dei percorsi. Ognuno espone il suo lavoro di fronte a tutto il gruppo e ciascuno lo presenta, parlandone un po’. Il tempo necessario per l’esposizione e la condivisione dei percorsi personali è di circa 30 minuti, sempre tenendo conto del numero totale dei partecipanti. Nota: Tutti i membri collaborano a una creazione collettiva del percorso del gruppo. 30


4. Valutazione L’educatore procederà a una valutazione di ciò che i membri hanno recepito dall’insegnamento di tutti i moduli applicando alcuni utili esercizi. Per l’uso e il fine di questi esercizi, si prega di leggere sopra: Chiusura: Condivisione e analisi. In aggiunta a questi: Ogni membro del gruppo sceglie un oggetto dalla stanza, per simboleggiare ciò che porta con sé, quando questa sessione si conclude. Lo lascia davanti ai suoi piedi, in modo che tutti lo possano vedere. Dopo che ognuno ha scelto un simbolo, in cerchio condividono con gli altri ciò che portano con loro. Ogni membro crea un’immagine di quello che ha guadagnato nel workshop. Può utilizzare oggetti o membri del gruppo. Ogni membro crea il suo percorso nel gruppo non disegnandolo come accennato prima, ma vivace, sul palco, con i membri del gruppo o anche oggetti, per le cose importanti che ha imparato e per la fine del percorso. A coppie, lasciano la classe, possono anche lasciare l’edificio, se possibile, e andare in giro per 15’, a discutere su ciò che hanno appreso dal seminario. Dopo il ritorno, ciascuno condivide con il gruppo quello che si è posto come obiettivo da raggiungere dopo aver lasciato il corso. In piccoli gruppi, di numero pari, viene fatta una breve dichiarazione libera su ciò che hanno appreso durante questa sessione. Tutti i membri, tranne il conduttore, formano un cerchio e ognuno diventa il conduttore del gruppo per 10’. Il conduttore che sta al di fuori del cerchio, segnala ogni volta il momento di passare al prossimo conduttore. Dalla realizzazione di alcuni di questi esercizi esperienziali e la condivisione che seguirà, il conduttore farà una auto‐valutazione per il processo di insegnamento della materia di formazione, tenendo conto degli obiettivi e risultati di apprendimento del modulo. Il modo in cui gli esercizi e le attività sono stati ricevuti ed eseguiti dai membri, darà le risposte per il funzionamento del gruppo e del conduttore. Gli studenti potranno anche effettuare una autovalutazione di ciò che hanno appreso, di come l’insegnamento esperienziale li ha colpiti come membri del gruppo, di come questa conoscenza influenzi la loro percezione sul lavoro di gruppo e di come essi pensano di migliorarlo nel loro lavoro.

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5. Bibliografia 5.1 Titoli in inglese BION, W.R., The Perspective of Bion, In: Different perspectives on Group Work. BLATNER, A. (1996), Acting in Practical Applications of Psychodramatic Methods (3rd ed.), New York: Springer Publishing Company Inc. CLAYTON, G.M. (1994), Effective Group Leadership. Book 4 in a series of Training Books, Australia: ICA PRESS. CLAYTON, G.M. (1992), Enhancing Life and Relationships. Book 2 in a series of Training Books, Australia: ICA PRESS. CLAYTON, G.M. & CARTER, D.P. (2004), The Living Spirit of the Psychodramatic Method, New Zealand: Resource Books. CORSINI, R. (1972), Roleplaying in Psychotherapy, Chicago: Aldine Publishing Company. DURKHEIM, E. (2006), Suicide. A study in sociology, England: Routledge. FORSYTH, R.D. (2006), Group Dynamics (4th ed.), USA: Thomson Learning Inc. LE BON, G. (1896), The Crowd. A Study of the Popular Mind, NY: The MacMillan Co.LEWIN, K. (1935), A Dynamic Theory of Personality, NY, US: McGraw‐ Hill. MORENO, L.J. (1953), Who Shall Survive? Foundations of Sociometry, Group Psychotherapy and Sociodrama (2nd ed.), Beacon NY: Beacon House MORENO, L.J. (1952), A Note on Sociometry and Group Dynamics, Sociometry, Vol. 15, No. 3/4, pp. 364‐366, JSTOR Archive.

MORENO, T.Z., The function of “Tele” in Human Relations, In: The Evolution of Psychotherapy, Publ.: The Milton H. Erickson Foundation Press. SHERIF, M. (1936), The Psychology of social norms, Oxford, England: Harper. WINNICOTT, D. (1971), Playing and Reality, England: Routledge. YALOM, D.I. & LESZCZ, M. (2005), The Theory and Practice of Group Psychotherapy (5th ed.), United States: Basic Books.

5.2 Titoli in greco ΆΛΚΗΣΤΙΣ (1983), Η δραματοποίηση για παιδιά, Αθήνα: Άλκηστις. ΑΡΧΟΝΤΑΚΗ, Ζ. & ΦΙΛΙΠΠΟΥ Δ. (2003), 205 βιωματικές ασκήσεις για εμψύχωση ομάδων ψυχοθεραπείας, κοινωνικής εργασίας, εκπαίδευσης (γ’ εκδ.), Αθήνα: Καστανιώτης. ΓΚΟΒΑΣ, Ν. (2003), Για ένα δημιουργικό νεανικό θέατρο. Ασκήσεις, παιχνίδια, τεχνικές. Ένα πρακτικό βοήθημα για εμψυχωτές ομάδων και εκπαιδευτικούς, Αθήνα: ΜΕΤΑΙΧΜΙΟ. ΚΑΒΡΟΧΩΡΙΑΝΟΥ, Ε. & ΔΗΜΟΥ Σ. (2013), Ψυχόδραμα για Παιδιά (4ος τόμ., Α’ κεφ.), In: Βοήθημα εκπαιδευτικού μικρών παιδιών. Θεωρία‐ Πράξη, blogs.sch.gr/symnip54/4ος‐ τόμος/κεφάλαιο‐πρώτο. ΛΕΤΣΙΟΣ, Κ. (2001), Το Ψυχόδραμα. Η επιστήμη της ομάδας στην ψυχοθεραπευτική προοπτική, Αθήνα: Ελληνικά Γράμματα. ΛΕΤΣΙΟΣ, Κ. Χειρόγραφες σημειώσεις με βιωματικές ασκήσεις ζεστάματος για ομάδες ψυχοδράματος. YALOM, D.I. Χειρόγραφη μετάφραση διαφόρων αποσπασμάτων για την ομαδική ψυχοθεραπεία από την Μαρία Ζούνη.

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Mappatura sociometrica dei gruppi Lo psicodramma come strumento educativo Materiali didattici – Modulo 4 Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation


Sommario 1. Descrizione del modulo............................................................................................

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1.1. Obiettivi..................................................................................................................

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1.2. Esiti dell’apprendimento........................................................................................

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1.3. Organizzazione dei materiali e del workshop......................................................... 3 2. Introduzione alla teoria............................................................................................ 5 2.1. Le fondamenta della sociometria negli scritti di J.L Moreno................................... 6 2.2. Atomo sociale………………………………………………………………......................................... 8 2.3. Scienza dell’azione................................................................................................... 10 2.4. Metodi e tecniche sociometriche….......................................................................... 12 2.5. Controversie attuali................................................................................................... 16 3. Introduzione agli esercizi............................................................................................ 19 3.1. Warm‐up.................................................................................................................... 20 ‐ Linea di Demarcazione............................................................................................... 20 3.2. Azione........................................................................................................................ 22 ‐ Atomo Sociale............................................................................................................ 22 ‐ Cosa scegliere............................................................................................................. 23 ‐ Sinergie....................................................................................................................... 25 ‐ Triangolo di conflitto................................................................................................... 27 3.3. Chiusura...................................................................................................................... 28 ‐ Mappa........................................................................................................................ 28 4. Valutazione................................................................................................................. 30 5. Bibliografia.................................................................................................................. 31 5.1. Riferimenti in Inglese.................................................................................................. 31

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1. Descrizione del modulo La Mappatura sociometrica dei gruppi è il quarto modulo del corso Psychodrama as a Tool in Education (PaTiE), Lo psicodramma come strumento educativo. Il modulo può essere studiato in modo indipendente rispetto alle altre parti del corso, anche se una conoscenza dei concetti e principi di base dello psicodramma può essere utile per una migliore comprensione del contenuto di questa parte. Il corso è rivolto a educatori IFP per gli adulti che sono interessati a imparare come applicare metodi d’azione psicodrammatici in classe. Una conoscenza di base della sociometria ha il potenziale per sensibilizzare gli insegnanti sui fattori nascosti delle interazioni di gruppo e fornire suggerimenti su come portarli alla luce e quindi renderli disponibili per ulteriori attività. Di conseguenza, il metodo è di potenziale interesse per gli educatori che cercano modi per migliorare la loro gestione delle dinamiche di gruppo. La sociometria è una scienza complessa, che non può essere completamente presentata nel quadro del corso PaTiE. In ogni caso le basi introdotte in questo modulo dovrebbe fornire educatori VET adulti sufficienti conoscenze e competenze per implementare semplici esercizi sociometrici nel loro processo educativo. 1.1. Obiettivi Introdurre gli educatori VET per adulti alle basi della sociometria nella sua rilevanza per l’istruzione Presentare un insieme di tecniche sociometriche utili per dare comprensione alla struttura del gruppo e facilitare il team building e gestione dei conflitti Illustrare come queste tecniche possono essere implementate praticamente in un workshop Discutere l’applicabilità delle tecniche nella pratica educativa dei partecipanti 1.2. Esiti dell’apprendimento Al termine del modulo, i formatori adulti saranno in grado di: Spiegare i principi della sociometria e dei suoi possibili benefici per la pratica educativa in materia di IFP Elencare tre tecniche sociometriche e spiegare perché e come possono (o non possono) essere applicate all’attività pratica dei partecipanti Proporre e gestire un adeguato esercizio sociometrico per rispondere a un particolare problema di un gruppo di studenti adulti “Mappare” la struttura di un esempio di gruppo e gli schemi delle sue relazioni intrinseche

1.3. Organizzazione dei materiali e del workshop I materiali presentati in questo modulo possono essere utilizzati in due modi. Prima di tutto, specificano il contenuto della rispettiva parte del curriculum PaTiE e quindi aiutano il trainer a eseguire questa sessione del corso. In secondo luogo, il contenuto può essere studiato dagli educatori IFP, i partecipanti al corso, come materiali didattici integrativi utili nella comprensione e nel consolidamento della metodologia appresa durante il seminario. Il modulo inizia con una presentazione dei concetti di base e dei principi della sociometria e il contesto teorico in cui hanno avuto origine. L’attenzione si 3


concentra su quegli aspetti del metodo che possono facilitare la formazione di un gruppo e come risolvere le tensioni in classe. La discussione riguarda sia i vantaggi che possono essere ottenuti attraverso l’applicazione della metodologia nel contesto dell’educazione degli adulti, così come pericoli dell’uso poco responsabile di un approccio che può portare a gravi perturbazioni del processo di gruppo. L’aspetto teorico del modulo non dovrebbe essere di intralcio a dimostrazioni pratiche del metodo esperienziale della sociometria che è oggi utilizzato principalmente nella pratica formativa dello psicodramma. Ciò sarà garantito in due modi. La sessione segue lo schema generale di un laboratorio di psicodramma che conduce i partecipanti attraverso tutte le fasi chiave di warm‐up, azione e condivisione. Viene assicurato un tempo sufficiente all’introduzione di un certo numero di tecniche sociometriche con l’obiettivo di adeguarle al contesti educativi.

Le attività presentate in questo modulo attingono agli approcci validati nell’ambito del progetto Psicodramma sul palco educativo (POTENS) che ha sviluppato l’innovazione che è stata trasferita al progetto PaTiE. Questi approcci sono stati ulteriormente elaborati per questo modulo attraverso lo studio della letteratura in oggetto e pilotaggio delle tecniche scelte in laboratori per apprendenti adulti. Questo input complementare si riflette in tutte e tre le parti principali del modulo.

La parte teorica si concentra su quegli aspetti della sociometria che si sono rivelati utili e applicabili nell’ambito dell’educazione degli adulti. Ora la metodologia è rivista alla luce delle esigenze specifiche degli educatori IFP per gli adulti che sono il principale gruppo target del corso PaTiE. L’introduzione alla teoria è redatta in modo tale da presentare brevemente i principi fondamentali di sociometria e definire la sua unicità come metodo per affrontare le dinamiche di gruppo. La teoria è strettamente legata alla parte pratica del workshop in linea con la filosofia psicodrammatica di valorizzare l’apprendimento esperienziale. Ulteriore bibliografia è prevista per lo studio individuale, per gli educatori che vogliono acquisire una più profonda comprensione delle teorie che si sottendono dietro il metodo. La parte fondamentale del modulo introduce una serie di esercizi sociometrici scelti in modo da dare ai partecipanti un assaggio della metodologia riguardante tutti gli aspetti trattati nel corso. Si ritiene che un’introduzione pratica alla sociometria come strumento di formazione costituisca un approccio più efficiente rispetto a conferenze o tutoraggio. Alcuni degli esercizi presentati qui sono stati convalidati nel quadro del progetto POTENS mentre gli altri sono stati progettati specificamente per il corso Patie. Ogni modulo è progettato in modo tale da dare sia al formatore che ai partecipanti una chiara indicazione del livello di conseguimento dell’apprendimento previsto. Ogni attività che introduce un aspetto specifico della sociometria che può interessare agli educatori IFP è concluso da una serie di domande che dovrebbero portare a una discussione che coinvolga tutti i partecipanti e che riflette il livello di comprensione dei concetti chiave che sono stati messi a fuoco. 4


2. Introduzione alla teoria La sociometria è una scienza delle relazioni umane originariamente concepita da J.L. Moreno e ulteriormente sviluppata dai suoi seguaci nello psicodramma e nel sociodramma. Essa studia la formazione e la costruzione di gruppi con lo scopo di raffigurare, “mappare”, le relazioni interpersonali a essi inerenti. In particolare, il grado di accettazione e di rifiuto tra i membri del gruppo stesso è l’oggetto al centro delle indagini. Ai fini di questo modulo abbiamo adottato una definizione della Network Sociometria Training International (www.sociometry.net) come la definizione più completa e ampiamente adottata dagli psicodrammatisti, che sono il gruppo di utenti principale del metodo: “Sociometria è lo studio delle relazioni interpersonali, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, focalizzato sul numero di relazioni e sulla natura delle stesse. Esploriamo le attività in cui si devono prendere decisioni in gruppi di ogni genere, esaminando le scelte che le persone fanno per altre persone con cui interagiscono, condividono il tempo e lo spazio, l’energia e gli stati di coscienza.” La definizione deve essere ulteriormente chiarita per sottolineare l’unicità dei alcuni aspetti del metodo che possono essere di interesse per gli educatori: Il metodo è focalizzato sulla pratica in quanto gli esercizi sociometrici affrontano l’impatto del singolo individuo sulla coesione del gruppo, e viceversa, l’influenza del gruppo sul singolo. Di conseguenza, la sociometria ha rilevanza diretta per il processo educativo in quanto agevola la costruzione del gruppo, affrontando l’isolamento e resistenza degli apprendenti. Se applicato correttamente il metodo può portare a risultati che migliorano notevolmente la motivazione dei membri del gruppo di impegnarsi in compiti di apprendimento. Gli esercizi sociometrici aiutano i partecipanti ad affinare la loro consapevolezza riguardo la complessità delle relazioni all’interno del gruppo e a capire meglio come queste relazioni sono collegate ai tratti della loro personalità, dei loro sentimenti e delle loro convinzioni. Conoscere se stessi e sviluppare una migliore comprensione di come funzioni una squadra ha un influsso determinante sull’evoluzione di ciascuno dei membri del gruppo e migliora la cooperazione tra di loro. Le tecniche sociometriche facilitano i processi decisionali del gruppo, in particolare in situazioni in cui vi sono conflitti e una condizione di cooperazione deve essere ancora raggiunta. La sociometria ha un fondamento teorico negli scritti di Moreno, ma è la sua applicazione pratica che è al centro dell’interesse per insegnanti e formatori, tra cui educatori IFP adulti. Nelle pagine seguenti ci accingiamo quindi a delineare i principali concetti teorici e i principi della sociometria necessari per cogliere le basi della scienza e quindi concentrarsi su esercizi concreti che possono facilitare il lavoro di gruppo in contesti educativi. Tuttavia, si deve sottolineare che l’applicazione della sociometria nell’istruzione implica anche molteplici rischi in una situazione in cui il trainer non possieda sufficiente conoscenza, abilità ed esperienza. Così la seguente panoramica sulla sociometria deve essere considerata come un incoraggiamento a uno studio più approfondito del metodo, che può essere in parte realizzato attraverso la lettura. Nondimeno, la piena comprensione del potenziale del metodo è realizzabile solo attraverso la pratica, sotto la supervisione di un istruttore qualificato, preferibilmente con il supporto di un gruppo di pari di operatori. 5


2.1. Le fondamenta della sociometria negli scritti di J.L. Moreno La sociometria è stata inventata da Jacob Levy Moreno (vedi capitolo 2.1 del modulo introduttivo, Il metodo esperienziale dello Psicodramma) nel corso del suo lavoro sulle dinamiche delle relazioni. Il nucleo della scienza è una comprensione intuitiva del fatto che le persone tendono a comportarsi in modo più spontaneo e creativo quando sono in affiliazione con altri con cui si sentono a loro agio e, viceversa, tendono a diventare rigide o tese quando hanno a che fare con persone percepite come sgradevoli. Questa intuizione non è particolarmente nuova o illuminante in sé, ma tuttavia è stata sviluppata in modo originale e innovativo da Moreno, che si è avventurato nell’esplorazione delle correnti invisibili di attrazione o repulsione, che sottendono le interazioni interpersonali e si è spinto fino a proporre degli strumenti per “misurarle”. Tale formulazione degli obiettivi principali della sociometria ha istantaneamente aperto una complessità di fattori che sono in gioco nella comunicazione interpersonale, che non era stata mai in precedenza oggetto di indagini scientifiche. Il nucleo della teoria di Moreno è incluso nel suo lavoro fondamentale Who Shall Survive? Foundations of Sociometry, Group, Psychotherapy and Sociodrama (Chi sopravviverà? Fondamenti di sociometria, psicoterapia di gruppo e sociodramma), pubblicato in tre edizioni nel 1934, 1953 e 1978 (ora disponibile gratuitamente in una versione on‐line sul sito web della Società Americana di psicoterapia di gruppo e Psicodramma http://www.asgpp.org). Questo libro è il fondamento sia della teoria che della pratica sociometrica ed è ancora la principale fonte di ispirazione per la comunità di sociometristi. Cominceremo dunque con una descrizione dei concetti chiave e metodi esposti in questo trattato. Moreno era uno psichiatra e l’invenzione della sociometria è saldamente radicata nella sua pratica di medico. Tuttavia, la stessa apertura di Who Shall Survive? chiarisce la portata dei suoi interessi e gli obiettivi che sostanzialmente lo distanzia dalla corrente principale della scienza: “Una procedura veramente terapeutica non può che avere come un obiettivo tutta l’umanità. Ma nessuna terapia adeguata può essere prescritta a patto che l’umanità non sia unita in qualche modo e fino a quando la sua organizzazione rimane sconosciuta”.(Who Shall Survive?, p. 3) Di conseguenza, vi è la necessità di una scienza che come primo obiettivo riveli la struttura sociale dell’umanità, percepita come una unità sociale e organica, e quindi guarisca l’umanità dato che la stessa è giunta a uno stato sostanzialmente distorto. In sintesi, questi sono i compiti che Moreno ha intrapreso nel suo disegno della nuova scienza sociometrica, una forma di ricerca spirituale per un mondo migliore in cui vivere, moderata in una certa misura da un esame razionale e dai dati empirici provenienti da esperimenti sociali. Questo deve essere detto all’inizio, per non confondere la sociometria con la “scienza” come la conosciamo oggi. Tuttavia, vale la pena di prendere piena coscienza della novità e del valore delle intuizioni di Moreno nel tessuto delle interazioni umane che hanno influenzato la psicologia sociale, la psicoterapia di gruppo e la formazione per la comunicazione interpersonale, solo per citare i principali settori in cui il suo ingresso è ancora visibile ai giorni nostri. Qualsiasi processo di guarigione della società ha bisogno di essere guidato dalla comprensione di cosa si intenda per “salute” in questo contesto. Moreno ha sottolineato due principi che dovrebbero essere tutelati in modo che un essere umano possa realizzare appieno il suo potenziale: “I capisaldi della concettualizzazione sociometrica sono i concetti universali di spontaneità e creatività. La sociometria ha preso questi concetti dal livello 6


metafisico e filosofico e li ha portati a livello della sperimentazione empirica attraverso il metodo sociometrico”. (Who Shall Survive?, p. 11) Il valore dell’esistenza umana risiede nel libero esercizio delle abilità creative che rendono l’uomo la più alta manifestazione di infinita creatività che permea l’universo. Sia la società che la cultura hanno valore in quanto offrono un ambiente in cui gli esseri umani possano realizzarsi come esseri creativi. Tuttavia, quando queste limitano questo potenziale attraverso il “confinamento” dell’energia creativa in manufatti o modelli stereotipati di comportamento, questi ultimi hanno un’influenza distruttiva sull’individuo, lo colpiscono nel nocciolo stesso del suo essere. Questo processo distruttivo funziona più visibilmente al livello della spontaneità, intesa come uno stato di apertura mentale a un flusso di nuove idee e sentimenti. La spontaneità e la creatività si sviluppano in parallelo, il primo essendo il catalizzatore del secondo. Quando la spontaneità è bloccata, il comportamento umano assume la forma di una risposta automatica, priva delle qualità uniche dell’azione creativa. Moreno ha visto questo fenomeno come una forma di patologia radicata in particolari forme di istituzioni e organizzazioni sociali che hanno bisogno di essere “curate” da partire dai più piccoli “atomi sociali” al fine di promuovere la guarigione del genere umano. A tal fine ha sviluppato sociometria come “una tecnica di libertà, una tecnica di bilanciamento delle forze sociali spontanee per la maggior armonia e unità possibili”. (Who Shall Survive?, p. 8) Per fare un passo avanti rispetto alla ricchezza di implicazioni del discorso speculativo di Moreno in direzione delle idee più concrete della sua scienza dobbiamo esaminare più da vicino il concetto di spontaneità. Moreno stesso lo ha definito come un processo che opera nel presente e spinge l’individuo a una risposta adeguata a una nuova situazione o una nuova risposta a una vecchia situazione. Moreno ha progettato e sperimentato in diversi ambienti in cui questa abilità unica può essere addestrata e custodita: “il teatro della spontaneità”, di cui lo psicodramma e il sociodramma sono le manifestazioni più conosciute. La cosa che accomuna queste invenzioni è un gioco di gruppo in cui i partecipanti sono invitati a intervenire con espressioni spontanee. Moreno potuto osservare in nuce la comparsa della spontaneità e quali sono i fattori che la limitano. In particolare si è concentrato sui processi interpersonali che influenzano la produzione spontanea del gruppo e le vie che conducono da una parte a una performance di successo o a una priva di unità o armonia. Moreno ha portato alla luce le tendenze che emergono tra i diversi membri di un gruppo che qualche volta li allontanano e che in altre occasioni li fanno avvicinare . Queste tendenze possono avere diverso impatto sugli individui e il gruppo ed essere talvolta vantaggiose per gli individui, ma svantaggiose per il gruppo, o vantaggiose per alcuni membri mentre svantaggiose per gli altri. Queste correnti di emozioni fluiscono sotto la superficie delle interazioni e quando diventano evidenti sono percepite come attrazione o repulsione tra i membri del gruppo. Quando si tratta di mettere in scena questi fattori hanno un’influenza determinante sul livello di spontaneità degli attori, sia sostenendo un’espressione libera e disinibita che bloccandola. Il ruolo di un trainer esperto è quello di facilitare l’emergere di un gruppo in cui ciascuno dei membri si senta libero di contribuire all’azione collettiva di cui fa parte, in linea con le correnti naturali di attrazioni e repulsioni che lo portano a esserne attratto o allontanato. L’obiettivo generale è quello di costruire un gruppo longevo e armonioso che abbia come obiettivo il bene comune, rispettando i sentimenti autentici dei partecipanti e garantendone il livello di spontaneità. Le intuizioni di cui sopra, applicate allo studio della società, hanno portato alla formulazione della legge di gravità sociale e si concentrano su piccoli gruppi sociali nei quali la formazione di legami sociali può essere studiata come al microscopio. 7


Se tutta l’umanità è composta da piccoli aggregati, ad esempio, famiglie, quartieri, club, ecc., la sociologia deve iniziare come micro‐sociologia e indagare scientificamente le correnti di attrazioni e repulsioni sottese sotto le strutture organizzative visibili. Questa è la definizione della sociometria in poche parole secondo Moreno: “La sociometria aspira a essere una scienza a sé stante. È il prologo indispensabile per ogni scienza sociale. Senza per niente rinunciare alla visione di insieme, si è ritirata dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, fino agli atomi e alle molecole sociali. Può quindi essere chiamata una sociologia degli eventi dinamici microscopici, indipendentemente dalle dimensioni del gruppo sociale, piccolo o grande, a cui è applicata. Il risultato dello sviluppo sociometrico è che l’indagine dei piccoli aggregati sociali è diventata più interessante di quella dei grandi. Per il futuro sviluppo della sociometria può essere desiderabile per separarla come disciplina speciale e di considerare come una scienza microscopica e microdinamica alla base di tutte le scienze sociali”. (Who Shall Survive?, p. 20)

Ricorda La sociometria esplora le correnti di attrazione e repulsione nascoste tra i membri di piccoli aggregati sociali al fine di costruire gruppi armoniosi, basati sui rapporti autentici che li tengono uniti. 2.2. Atomo sociale La società umana ha una struttura atomica e Moreno ha sostenuto che è la sociometria la scienza che può rivendicare la scoperta di queste formazioni microscopiche del tessuto sociale. Il termine “atomo sociale” è stato coniato per descrivere la più piccola unità funzionale all’interno di un gruppo sociale, caratterizzata da attrazione, repulsione e indifferenza relative ai suoi membri sia gli uni con gli altri che con tutto il gruppo. Ogni membro di tale gruppo è in una relazione positiva o negativa con un numero indefinito di co‐membri, che a loro volta possono essere correlati a lui positivamente o negativamente. Ci sono anche le relazioni unidirezionali osservabili in questi gruppi alcuni membri potrebbero essere legati alla figura centrale ed essere da questa ignorati, mentre lui / lei potrebbe essere correlato/a ad alcuni membri a cui lui / lei non è nota. Un atomo sociale è ciò che comprende una tale configurazione totale. Gli esseri umani vivono e si sviluppano negli atomi sociali dalla nascita stessa e le strutture di relazioni intorno a loro si espandono con la crescita. Questo contesto sociale così fittamente popolato è ciò che dà un senso alla vita. Il concetto di atomo sociale è strettamente connesso a quello di atomo culturale definita come un modello di relazioni e di ruoli focalizzati attorno a un individuo. La differenziazione di questo aspetto risulta dal fatto che ciascun membro di un gruppo è al centro di numerosi ruoli che sono legati ai ruoli di altri membri, proprio come lo stesso è oggetto di attrazioni e repulsioni. L’ego o il sé, che sono oggetto di indagini psicologiche emergono dai ruoli reali in cui un individuo opera. E i ruoli e le relazioni tra i ruoli sono caratteristici di una specifica cultura, il che spiega la scelta del termine. Quindi entrambi gli atomi, sociale e culturale, sono manifestazioni della stessa realtà sociale delle interazioni umane. È importante rendersi conto che l’atomo sociale è diverso da un’unità organizzativa o istituzionale come la famiglia, il gruppo di lavoro o il club. Queste sono le divisioni visibili della società che sono l’oggetto di studio della sociologia, 8


la macro‐scienza della società. La sociometria va più in profondità nel tessuto delle relazioni umane ed esplora i fili “microscopici” che tengono le persone legate insieme. Di conseguenza, quando il sociometrista che intraprende l’analisi di una certa comunità, collocata in una certa località, con una certa geografia fisica, per esempio una città piena di scuole, negozi, ecc, esamina la posizione concreta di ogni individuo in questa comunità, circondato dal nucleo dalle sue relazioni. Questo nucleo può essere “più spesso” intorno ad alcuni individui e “più sottile” intorno ad altri e si compone delle correnti di attrazioni e repulsioni a diversi livelli di intensità, con i “fili” di indifferenza di minore importanza (in pratica Moreno si concentra sulla polarità di questi legami affettivi). Tale nucleo di relazioni costituisce un atomo sociale. Inoltre, alcune “parti” di questi atomi possono essere collegati con le altre “parti” di atomi sociali e così via, formando complesse catene di interrelazioni nelle reti sociometriche. Le reti sociometriche sono parte, a loro volta, di una unità più grande, una geografia sociometrica di una comunità, che alla fine formano la più grande configurazione, la totalità sociometrica della società umana. “Il dominio responsabile delle scienze sociali richiede espansione per includere la immediata e pratica strutturazione e la guida della società umana odierna in tutti i suoi aspetti, da quello fisico fino a quello organizzativo a tutti i livelli. Questo lavoro potrebbe preferibilmente iniziare facendo una bella pulizia sui nostri scaffali e laboratori di ricerca e concentrando tutti i nostri sforzi su alcuni punti selezionati strategicamente. Il punto più debole nella corazza della presente società e della cultura odierna è la sua ignoranza della propria struttura sociale, in particolare delle piccole strutture locali in cui le persone effettivamente passano la vita. È giunto il momento per la sociometria di uscire dal chiuso dei laboratori alla comunità “aperta”. Attraverso dimostrazioni pratiche, dirette e immediate dell’utilità dei metodi sociometrici, la fede nella scienza può essere recuperata e consolidata. Così facendo, la scienza può essere “salvata” e utilizzata in tutte le sue potenzialità. Con la collaborazione di “tutti”, dovremmo essere in grado di creare un ordine sociale degno delle più alte aspirazioni del nostro tempo. Questo è il significato rivoluzionario e dinamico della sociometria”. (Who Shall Survive?, p. 29) La visione di Moreno, rivoluzionaria allora, ha dimostrato di essere in grado di precorrere i tempi. Negli ultimi decenni del 20° secolo, il mondo occidentale è stato testimone di una disintegrazione del tessuto sociale tradizionale, con la famiglia “chiusa” come unità di base gradualmente sostituita da relazioni “aperte”, formatesi liberamente in base alla dinamica delle attrazioni e delle repulsioni reciproche. Le “tecniche di libertà”, per prendere in prestito il termine moreniano, sono pienamente in uso al giorno d’oggi: il divorzio, i matrimoni gay, la manipolazione di genere sono i casi più lampanti di allontanamento dalle norme tradizionali. L’idea di valorizzare le correnti nascoste delle emozioni e “tirarle fuori” liberamente nell’arco della propria vita tende a essere predominante nella cultura occidentale e crea un gap incolmabile con le società tradizionali (considerando lo scontro con il cristianesimo – sia cattolico che ortodosso – o l’Islam). Una parte significativa della sociometria è dedicata allo studio di queste correnti invisibili di sentimenti che costituiscono i processi che attirano gli individui gli uni agli altri o che li respingono. Moreno ha coniato un termine per descrivere questo fenomeno tele (dal termine greco che significa “lontano”). Si può comprendere meglio accostandolo a un concetto più noto, quello di empatia, come capacità di sentire l’altro a distanza, con la differenza che il primo è un processo a due vie, un continuum tra le persone. Moreno ha sostenuto che ci sono alcuni processi reali nella propria vita che corrispondono a processi reali nella vita di un’altra persona, 9


in vari gradi di intensità e polarità (positiva, negativa o neutra) e spiegano il motivo per cui alcune persone immediatamente entrano in sintonia con l’altro quando si incontrano, si respingono o rimangono indifferenti. Ogni atomo sociale è composto da queste numerose configurazioni di tele, in sostanza, si tratta di una struttura telica. La sociometria ha una gamma di metodi volti a esplorare questo invisibile, microscopico tessuto delle relazioni umane. Prima di presentare alcune di queste tecniche, qualche parola deve essere dette circa la natura generale dell’esperimento sociometrico.

2.3. Scienza dell’azione L’esperimento sociometrico richiede particolari condizioni alla presenza delle quali possano emergere fatti significativi delle relazioni umane. La sociometria è una scienza sociale che studia oggetti di natura diversa rispetto alle scienze fisiche. Queste includono anche oggetti inanimati e organismi non umani che possono essere oggetto di osservazione, e quindi esterni all’osservatore. Nel caso della sociometria, l’osservatore è una parte dell’oggetto dell’indagine, che pertanto non può essere completamente esternalizzato, esaminato dal punto di vista di un “puro” osservatore. Ciò risulta dalla differenza fondamentale tra il mondo degli organismi e il mondo degli esseri umani, che dovrebbe tradursi in diverse metodologie scientifiche: “Come inizia un esperimento sociale? Non comincia con organismi, comportamenti e cathexis (termine tecnico della psicoanalisi); tale è la vista degli osservatori e degli spettatori. Si inizia con “voi” e “me”, con incontri e incontri con attori e controparti. Essa non inizia con “lui” e “lei”, con “relazioni interpersonali”, e il mondo “esterno”. Una scienza di azione inizia con due verbi, essere e creare, e con tre nomi, attori, spontaneità e creatività “(Who Shall Survive?, pp. 45‐46). Questa affermazione rende il metodo di Moreno rivoluzionario in quanto focalizzato sulle attrazioni e repulsioni tra singoli individui. In realtà, la metodologia è un corollario logico del concetto in oggetto di esame. La struttura interna telica di un gruppo è solo, in casi eccezionali, visibile osservando la superficie delle interazioni sociali. Al fine di renderla operativamente visibile i membri del gruppo hanno bisogno di emergere qui e ora nella loro qualità di “attori” in un ambiente pieno di situazioni che stimolino l’azione. Gli attori devono agire come se fossero impegnati in situazioni di vita reale, “tirare fuori” i loro rapporti con gli altri attori in scena. Così il palcoscenico diventa un vero e proprio campo sperimentale dove le performance degli attori sostituiscono il comportamento degli individui sotto l’occhio di un osservatore. Il sociometrista si unisce all’esperimento come uno degli attori sul posto. Il suo ruolo è quello di promuovere un ambiente in cui i partecipanti possano spontaneamente aprirsi gli uni agli altri e comunicare i loro sentimenti in modo autentico. In breve, la scienza della sociometria utilizza lo psicodramma come una delle sue tecniche fondamentali ed è esattamente come viene introdotto il metodo nel trattato fondamentale di Moreno sulla sociometria. L’esperimento sociometrico si sviluppa in diverse fasi. Si può iniziare con una fase interpretativa di osservazione nella quale è possibile notare delle regolarità e tentare una classificazione provvisoria della posizione degli individui. Questo si svolge al meglio quando i membri del gruppo sono coinvolti in interazioni spontanee e non sono a conoscenza dell’”esperimento” in corso. Tuttavia, i risultati di tale osservazione sono generalmente superficiali e forniscono solo i dati preliminari per l’esplorazione sociometrica vera e propria. Nella fase successiva il sociometrista trasforma in un osservatore partecipante, entrando nel gruppo e 10


diventando parte di esso. A questo punto lo studio diventa esperienziale in quanto lo stesso sociometrista può sperimentare la polarità delle relazioni tra i membri e registrare le dinamiche interne al gruppo. Questa è una forma di collaborazione con il gruppo che porta a un affinamento delle osservazioni iniziali e una classificazione più precisa della posizione di ogni individuo del gruppo. La fase chiave dell’esperimento, che fa della sociometria un metodo unico tra le scienze sociali, inizia con il coinvolgimento diretto dei membri del gruppo, che è anche la fase in cui sociometria diagnostica (le fasi appena descritte) si apre verso procedure sociometriche dinamiche: “Non possiamo comprendere adeguatamente la direzione centrale di un individuo nel suo sviluppo né attraverso l’osservazione, per esempio, di un bambino, guardando la sua espressione più spontanea, la sua vita di gioco, nè tramite associazione. Dobbiamo fare di lui uno sperimentatore. Considerando la formazione di gruppo, dobbiamo fare i membri dei futuri gruppi stessi dei gruppi a cui appartengono gli autori.” (Who Shall Survive?, p. 73) Questo passaggio dà un indizio per definire la sociometria come una “scienza in azione”. Il suo fine ultimo non è la conoscenza teorica della società vista come un “oggetto” di indagine. Tale oggettività è praticamente impossibile, secondo Moreno, come praticamente impossibile è adottare una posizione di osservatore “oggettivo”. Possiamo solo avvicinarci alla natura delle relazioni umane mettendole in scena con altri co‐protagonisti nel perseguimento di obiettivi che siano motivanti per il gruppo in osservazione. Questo si realizza meglio se è messo in atto attraverso progetti percepiti dai partecipanti come operanti un cambiamento dell’organizzazione sociale di cui fanno parte. Un esempio dal contesto educativo illustra l’approccio molto bene: un sociometrista entra in una classe e presenta la sua proposta agli studenti nel modo seguente: “Siete seduti secondo le istruzioni che il vostro insegnante ha dato. Il vicino che vi siede accanto non è scelto da voi. Ora vi è data la possibilità di scegliere il ragazzo o la ragazza che desiderate sia seduto/a alla tua destra e alla tua sinistra. Annotate chi volete come prima scelta; dopo, chi vorreste come seconda. Guardatevi intorno e prendete una decisione. Ricordate che il prossimo trimestre l’amico che si sceglie adesso potrà sedersi accanto a voi”. (Who Shall Survive?, p. 75) Questo è un esempio di base di un esperimento sociometrico ma subito la sfida messa in atto dal metodo non può non essere notata. Che cosa succede se gli studenti prendono l’invito sul serio e sottolineano non solo i loro amici, ma anche i nemici? E se “l’atomo sociale” di una rete di attrazioni e repulsioni mostra un nucleo di classe ben integrata attraverso legami reciproci con alcuni studenti respinti o isolati nel gruppo? Ci sono serie questioni etiche che vengono in mente quando si considera tale procedura. Ci sono anche problemi pratici, e poi? La sociometria, nelle sue fondamenta gettate da Moreno, ha risposte ottimistiche a tali dilemmi. In primo luogo vi è la fiducia nel potere del gruppo. Il punto essenziale di questo esperimento è quello di aiutare i partecipanti a realizzare il bene comune in focus: stiamo facendo questo per il bene di tutti, stiamo creando una nuova realtà basata sull’autenticità dei rapporti. “Se la procedura di prova è identica alla vita‐ obiettivo del soggetto, egli non può mai sentire se stesso come vittima di un abuso” (Who Shall Survive?, p. 77). In più il soggetto dell’esperimento non è mai un singolo ma piuttosto l’intero gruppo. La procedura deve determinare uno sconvolgimento nello status quo attuale, ha carattere rivoluzionario, altrimenti rimarrebbe solo un “innocuo strumento destinato all’impotenza” (Who Shall Survive?, p. 87) 11


La sociometria afferma di essere “l’etica sociale per eccellenza”. Il suo principio fondamentale è la verità dei rapporti su cui basare l’ordine sociale. Nell’esperimento sociometrico i partecipanti sono tenuti a essere sinceri e spontanei nello scegliere e rifiutare loro partner e esporsi lasciando da parte ogni egoismo. Forse il detto più conosciuto del fondatore della sociometria è preso da questa ambiziosa parte della sua teoria: “dare la verità e riceverla, dare amore al gruppo e questo tornerà a te, dare la spontaneità e la spontaneità sarà quello che riceverai” (Who Shall Survive?, p. 86). Il sociometrista non è un osservatore esterno come il sociologo, lo psicologo o lo psicanalista, ma piuttosto un leader sociale, in grado di promuovere tutte le succitate qualità in un gruppo. Il test iniziale deve essere seguito da esplorazioni di scenari di vita reale, che potrebbe tradursi in una migliore e più fruttuosa organizzazione. L’esempio della scuola è un caso “leggero” rispetto a esplorazioni di strutture sociali più complesse, ad esempio quelle in cui le tensioni interculturali vengono alla ribalta nelle comunità in difficoltà. In entrambi i casi la sociometria non può essere separata dagli altri “metodi d’azione” inventati da Moreno, lo psicodramma per il trattamento di questioni più personali e il sociodramma per la guarigione delle relazioni nei gruppi. In nessuno di questi metodi ci sono scenari predeterminati da seguire. Alcune delle tecniche del repertorio del sociometrista saranno illustrate nel prossimo capitolo, anche se è la sua capacità di riscaldare il gruppo per l’azione e spostarlo nella direzione giusta per il bene di tutti, che è la prima garanzia per l’esperimento. 2.4. Metodi e tecniche sociometriche Ci sono un certo numero di metodi e tecniche utilizzati dai sociometristi per esplorare l’area delle relazioni umane. Il test sociometrico e il sociogramma sono i più importanti, potremmo definirli il “motore” a due cilindri della sociometria. Per questo hanno bisogno di essere presentati in modo più dettagliato rispetto agli altri metodi.

Il test sociometrico Questo è il primo passo dello studio della struttura profonda del gruppo in esame. È uno strumento progettato per esaminare le strutture sociali attraverso la misurazione di attrazioni e repulsioni tra i membri del gruppo, o per usare termini più adeguati alle relazioni interpersonali, le scelte e rifiuti tra loro. Di conseguenza, il test richiede a un individuo di scegliere i suoi collaboratori in un gruppo di cui è un membro. L’obiettivo principale del test è quello di rivelare la struttura psicologica sottostante del gruppo e determinare la posizione di ogni singolo in esso. Il test può essere applicato a un esame di gruppi diversi, ad esempio famiglie, gruppi di lavoro, classi scolastiche, ecc. Un test sociometrico va a toccare temi psicologici molto delicati, quindi, il gruppo deve essere accuratamente preparato in basa alla maturità e la disposizione verso il test dei partecipanti. Eventuali resistenze devono essere comprese e tenute in considerazione. Potrebbero fare riferimento a diversi fattori quali: l’ignoranza della procedura sociometrica, la paura di conoscere la propria posizione attuale nel gruppo, conseguenze sociali del mettersi in gioco e quindi di scoprirsi o la paura degli altri che apertamente esprimono i loro sentimenti e i loro punti di vista. Così il gruppo deve essere adeguatamente istruito sulla natura dell’esperimento e sui suoi potenziali benefici in termini di una migliore e più equilibrata organizzazione del gruppo e di un posizionamento più equilibrato di 12


ciascuno dei suoi membri. La preparazione alla prova è quindi essenzialmente un processo di riscaldamento che deve essere condotto con tatto per coinvolgere tutti i partecipanti. Senza un sufficiente grado di consapevolezza sociometrica e la disponibilità del gruppo, tutta la procedura rischia di finire in un fallimento totale o parziale (nuocendo ad alcuni membri del gruppo). Il test viene effettuato sulla base di criteri sociometrici scelti, intesi come le motivazioni comuni che attirano gli individui insieme spontaneamente per un certo fine. Ogni gruppo particolare ha una serie di determinati valori o obiettivi che lo tengono insieme, anche se questa struttura non può essere visibile sulla superficie di strutture organizzative istituzionali, ufficiali. Il compito del sociometrista è quello di rivelare, attraverso il test, questa struttura nascosta. L’ideale sarebbe scegliere una situazione dove i partecipanti sono attratti tra loro da uno o più criteri e selezionare un criterio per cui sono portati a rispondere spontaneamente, ad esempio quello citato nel capitolo precedente: “Con chi ti piacerebbe sedere?”. Il prossimo requisito è che i partecipanti devono essere adeguatamente motivati a dare risposte sincere, come nel test dell’esempio precedente che potrebbe comportare una migliore organizzazione della classe. La motivazione sarà rafforzata se il criterio è forte, chiaro e punta alla soluzione duratura di un problema che riguarda il gruppo qui e ora. Il test dovrebbe idealmente coinvolgere i partecipanti in azione verso un obiettivo condiviso dal gruppo. È quindi probabile che sia percepito come un’opportunità per loro di diventare agenti attivi in questioni che concernono la loro vita. In alcuni casi, l’esperimento può avvenire direttamente in un ambiente di vita reale. Per usare ancora l’esempio della scuola, gli studenti possono essere incoraggiati a scegliere i loro compagni di banco come vogliono, muovendosi e provando varie configurazioni. In questa situazione è importante ricordare che la disposizione finale deve beneficiare tutti, non solo la minoranza della classe. Tuttavia,la condizione più comune per il test è l’ambiente dello psicodramma in cui i partecipanti possono liberamente praticare diversi scenari di scelta/rifiuto, senza essere penalizzati se commettono errori. Il palcoscenico è una forma di realtà virtuale in cui gli atti possono essere fatti e “annullati” in un ambiente di gioco sicuro. Al giorno d’oggi i test sociometrici sono raramente condotti in situazioni di vita reale, anche se il fondatore della sociometria ha avuto il coraggio di sperimentare con i suoi strumenti direttamente su intere comunità (ad esempio, comunità Hudson o piccole cooperative agricole e industriali negli USA). I potenziali benefici della procedura sono numerosi. Il test può rivelare di un gruppo la struttura psicologica sottostante sostanzialmente diversa da quella che appare superficialmente dall’esterno. L’uso di criteri diversi con lo stesso gruppo può provocare raggruppamenti diversi evidenziando chi preferisce associarsi con chi in vari compiti e in varie situazioni. Le scelte reali e i rifiuti tra i partecipanti possono documentare la loro volontà di raggrupparsi in modo diverso da quella che è la struttura ufficiale, imposta dall’alto. Tale divergenza è solitamente un fattore determinante che inibisce il lavoro di squadra e la presa di coscienza è il primo passo verso un intervento efficace. A questo proposito il test sociometrico può diventare uno strumento prezioso per gli educatori che si occupano di tensioni e conflitti di gruppo su base regolare. Può essere utile, se condotto con conoscenze e competenze sufficienti a usare lo strumento, nonché la sensibilità ai fattori psicologici sottili qui in gioco.

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Il sociogramma Il test sociometrico genera dati complessi che hanno bisogno di essere rappresentati in uno schema visivo per essere compresi appieno. Moreno ha ideato un procedimento per dare a questi dati la forma grafica di un sociogramma. Ha concepito questo strumento non solo come metodo di presentazione del tessuto di relazioni interpersonali, ma anche come strumento di esplorazione di fatti sociometrici. Un sociogramma mostra la posizione di ogni individuo in un dato gruppo e tutte le interrelazioni. Come tale, lo schema è un metodo di analisi strutturale di una comunità. La creazione di grafici rende visibili anche le relazioni sottili tra i membri del gruppo. Requisito fondamentale di un sociogramma è l’accuratezza della rappresentazione delle strutture di scelta, rifiuto e neutralità all’interno del gruppo, anche se può essere ulteriormente esteso ad altre correnti emozionali relazionate con gli schemi di attrazione e repulsione. I sociogrammi sono concepiti in modo tale da consentire al sociometrista di mappare una struttura complessiva del gruppo ma anche di concentrarsi su specifiche relazioni tra i membri del gruppo come osservandoli al microscopio. Bilanciare entrambi questi aspetti è un compito difficile in considerazione della natura idiosincratica di sociometria. Per rendersi conto di questa impresa, vi consigliamo di consultare alcuni dei sociogrammi originali disegnati da Moreno, disponibili gratuitamente nella versione on‐line di Who Shall Survive?, ad esempio, http://www.asgpp.org/docs/WSS/Map III/images/Map III ‐ 999x739.jpg I simboli utilizzati nei sociogrammi sono influenzati dalla mitologia greca che ha rappresentato le forze di attrazione e repulsione tra le persone attraverso le figure di Eros (amore), Anteros (amore reciproco) e Eris (discordia). Di conseguenza, la linea rossa con una freccia (che ricorda Eros che scocca una freccia verso la scelta) sta per attrazione a senso unico e la linea rossa con le frecce su entrambi i lati è sinonimo di una reciproca attrazione. Analogamente, le linee nere sono evidenziate con uno o due frecce alla fine. La neutralità è rappresentata da una mancanza di connessione. Le forme assunte dall’interrelazione degli individui rappresentano la struttura di un gruppo e lo schema generale di queste strutture sta per l’organizzazione del gruppo. Il seguente glossario spiega i simboli di base utilizzati nei sociogrammi. Cerchio – donna Triangolo – uomo Linea rossa con due frecce ‐ due individui formano una reciproca attrazione Linea rossa con una freccia ‐ un individuo è attratto da un altro senza reciprocità Linea nera con due frecce – due individui si respingono l’un l’altro Linea nera con una freccia – un individuo rifiuta un altro senza reciprocità Coppia incompatibile – due individui non sono compatibili, si invia una linea rossa a cui viene risposto con una linea nera Catena rossa – due individui sono reciprocamente attratti, uno di essi stabilisce una reciproca attrazione con un terzo e il terzo forma una reciproca attrazione con un quarto, ecc. Catena nera – due individui si respingono reciprocamente, uno di essi stabilisce un rifiuto reciproco con un terzo e il terzo un rifiuto reciproco con un quarto, ecc. Triangolo rosso – tre individui compatibili tra loro Triangolo nero – tre individui incompatibili tra loro Stella rossa – alcuni individui sono attratti dalla stessa persona Stella nera – alcuni individui rifiutano la stessa persona Isolamento – un individuo non è scelto o rifiutato e non sceglie o rifiuta 14


Al fine di rendere un sociogramma significativo con l’uso di questi simboli, deve essere definito un criterio secondo il quale le persone “si scelgono” o “si respingono”. Nel seguente sociogramma il criterio è “con chi ti piacerebbe lavorare su un progetto” e il grafico rappresenta le preferenze di un gruppo campione di intervistati attraverso un test sociometrico. Si tratta di un sociogramma redatto solo per gli scopi didattici.

Il vantaggio principale di tale visualizzazione si trova in una chiara comprensione dei problemi che interessano l’attuale struttura del gruppo e le dinamiche nel perseguimento di un obiettivo specifico, ad esempio, l’organizzazione di un lavoro migliore o di un ambiente di apprendimento. Il sociogramma sopra mostra le seguenti questioni che devono essere prese in considerazione nel caso che questo gruppo particolare ha presentato: il numero di individui isolati ‐ maggiore è il numero, minore è il livello di integrazione di gruppo il numero di attrazioni reciproche ‐ maggiore è il numero, più alto è il livello di coesione di gruppo il numero di repulsioni ‐ indica la difficoltà nel creare un team affiatato e motivato I sociogrammi aiutano ad andare in profondità e concentrarsi sui rapporti specifici nel contesto della struttura di un gruppo specifico. Ovviamente, questa procedura che richiede che il sociometrista consideri l’intero contesto delle interazioni ‐ il sociogramma è solo uno strumento per la mappatura del campo da esplorare.

Altre tecniche Le altre tecniche hanno un carattere complementare al test sociometrico e al sociogramma e non sono state sviluppate in modo così dettagliato. Hanno un carattere più generico e non sono specifiche per la sociometria, essendo conosciute e utilizzate in altri contesti. La seguente presentazione così illustra solo i principali metodi che contribuiscono alla “mappatura” delle relazioni interpersonali e delle posizioni degli individui del gruppo. Il test di conoscenza misura l’estensione dei contatti sociali di un individuo, il livello della sua espansione sociale. Nello svolgimento del processo sociometrico può essere prima eseguito il test sociometrico per fornire informazioni iniziali sul numero delle persone con cui ogni individuo intrattiene relazioni significative. Il test può essere eseguito con ricerche che riguardano intere comunità tramite l’uso di strumenti sociali di indagine (questionari, interviste) e dati soggetti ad analisi statistica. I risultati di solito documentano sostanziali variazioni nel numero 15


di conoscenti dei membri della comunità e, quindi, di fornire prime intuizioni sulla struttura del gruppo da indagare più in dettaglio attraverso la prova sociometrica. Il test di espansività emotiva misura il potenziale emotivo di un individuo che si traduce nella possibilità di mantenere vivo l’affetto di altre persone per un certo periodo di tempo. Va in profondità nei tessuti microscopici di un gruppo rispetto al test di conoscenza visto che in questo caso non è solo il numero di contatti sociali che conta, ma anche la profondità e l’intensità delle relazioni. Il test mostra che la posizione di un individuo in un gruppo è condizionata dal livello della sua “energia” emozionale e sotto questo aspetto le differenze tra le persone sono notevoli. In particolare, lo strumento è una tecnica diagnostica importante per analizzare fenomeni di isolamento sociale, spesso causati da una incapacità di mantenere una sufficiente gamma di relazioni significative. Il test di spontaneità e il test di ruolo sono strettamente correlati. Il primo misura la capacità di un individuo di rispondere a una situazione già conosciuta in un modo nuovo o di comportarsi in modo adeguato in una situazione nuova. Tale prova è fatta solitamente da sociometristi all’interno dello psicodramma quando mettere in scena situazioni sul palco diventa parte essenziale del metodo. Il test di ruolo misura la capacità di un individuo di svolgere diversi ruoli sociali. Per una personalità integrata è necessario un certo repertorio di ruoli, nel senso di un insieme di ruoli che possono essere riprodotti in modo adeguato senza collidere tra di loro. Tuttavia, alcuni dei ruoli che un individuo può giocare non sono pienamente sviluppati, limitando così la realizzazione delle sue potenzialità e alcuni possono essere sovrasviluppati o in conflitto. Il test di ruolo è uno strumento diagnostico che valuta la gamma di ruoli svolti da un individuo. Il palcoscenico dello psicodramma offre un ambiente in cui ricreare situazioni concrete in cui i ruoli specifici sono svolti e riprodotti in vista della presa di coscienza dei modelli di comportamento. Questo porta a elaborare risposte più adeguate alle sfide della vita e interazioni sociali più proficue. La sociometria è una scienza in azione, non un’analisi fine a se stessa. Tutti i metodi e le tecniche di cui sopra sono state elaborate in nuce da Moreno e presentati nel suo opera più significativa: Who Shall Survive? Da allora, molte modifiche sono state introdotte dai suoi seguaci nel processo di adeguamento dei metodi per diversi scopi scientifici, terapeutici ed educativi. La presente trattazione non può offrire un resoconto completo di tutti questi sviluppi. Tuttavia, nel capitolo seguente presenteremo alcuni temi di attualità in discussione, al fine di sensibilizzare gli educatori IFP sia sulle potenzialità del metodo nel facilitare il lavoro di gruppo che sui possibili danni che possono essere causati dal suo uso irresponsabile.

2.5. Controversie attuali La sociometria si sovrappone a molti campi delle indagini psicologiche e delle scienze sociologiche e, anche se il contributo di Moreno non è sempre riconosciuto, l’influenza del suo metodo si può riscontrare nelle seguenti aree: Psicologia dello sviluppo nella sua analisi dell’impatto sulla personalità dell’essere accettati o respinti Studio dei tipi di temperamento e della personalità, in particolare dei fenomeni di introversione e estroversione Psicologia sociale nella sua indagine multiforme di come le persone si comportano in presenza di altri 16


Teoria della comunicazione interpersonale e interculturale, che si occupa della complessità delle relazioni tra le persone in vari contesti sociali Teoria del management che cerca modi per promuovere un efficace ambiente di lavoro per i gruppi, tenendo conto dei problemi interpersonali in gioco Psicoterapia di gruppo nelle sue varie forme e tipologie che basano gli interventi sull’impatto del gruppo sul singolo e vice versa Pedagogia che, indipendentemente dalla fascia di età dei discenti in oggetto, si occupa della dimensione sociale dell’apprendimento e dell’insegnamento Le dinamiche esplorate dalla sociometria sono rilevanti per tutti i settori sopra citati, anche se il metodo, nella versione originale proposta da Moreno, mostra i suoi limiti. Alcuni dei punti principali oggetto di discussione riguardano i seguenti aspetti dell’approccio. La sociometria tende a concentrarsi esclusivamente sui modelli delle preferenze interpersonali all’interno di gruppi. Tuttavia, nei fenomeni osservabili in un gruppo sono coinvolti molti altri fattori che esulano dal ristretto campo della sociometria. Anche se il test sociometrico comprende molti diversi criteri in base al quale le persone si sentono attratte l’una all’altra o si rifiutano, i risultati in alcun modo si avvicinano alla complessità delle relazioni umane. Anche un breve disamina del “vocabolario” emozionale “umano” – consideriamo le emozioni nascoste sotto le etichette di amore, odio, simpatia, disprezzo, disistima, ammirazione, svalutazione, attrazione fisica, disgusto – mostra l’incompatibilità degli strumenti di misura sociometrici con la ricchezza delle relazioni interpersonali come si svolgono nella realtà. Possono essere disegnate come una mappa della rete ferroviaria con linee, frecce, cerchi, quadrati, ecc.? Possono tutte le sfumature delle emozioni essere ridotte ai sentimenti di attrazione e repulsione interpersonale? Non è che anche il sociogramma più dettagliato costituisce in realtà solo una rozza semplificazione della materia? Tali questioni devono essere prese in considerazione prima di imbarcarci in un esperimento sociometrico. Siamo certamente di fronte a un problema di validità che sarebbe riconosciuto da ogni educatore: alcune persone nella classe, tra cui il maestro, entrano in sintonia con l’altro, mentre alcuni altri si respingono a vicenda e alcuni provano indifferenza. Come capire questa dinamica? Quali strumenti diagnostici abbiamo? Come far fronte a questi fenomeni? La sociometria è uno dei pochissimi tentativi sistematici di esplorare questo campo. Come tale è, a prescindere dei suoi difetti, di interesse per tutti coloro che cercano modi per capire meglio e migliorare una situazione in cui si lavora in gruppo. Nelle aree di effettiva implementazione dei metodi sociometrici, vi è la coscienza delle questioni da prendere in esame e il potenziale danno emotivo a cui potrebbero andare incontro i partecipanti. Anche se riconosciamo il fatto che la dimensione di attrazioni e repulsioni tra le persone è un fattore che gioca un ruolo chiave in qualsiasi gruppo, la questione è come affrontare le conseguenze del loro disvelamento. Un gruppo può avere “stelle”, personaggi focali che sono oggetto di attrazione nel gruppo, e individui relegati ai margini in quanto respinti dalla maggioranza per vari motivi (ad esempio lo status, il carattere, la cultura, l’apparenza, ecc.). Rendere pubbliche tali correnti emotive in forma di grafico che tutti possono vedere e su cui possono lavorare può sembrare una linea di azione bizzarra e rischiosa. Una simile rivelazione mina i complessi meccanismi sociali che sono presenti in ogni cultura e mantengono un certo equilibrio tra ciò che può essere svelato e ciò che deve essere nascosto. Avvicinandoci al punto con i propri termini di Moreno possiamo dire che la vita è un teatro e la facciata è un suo elemento intrinseco. Se la demoliamo, ciò che resta può mostrare uno spettacolo abbastanza deludente. La facciata nelle interazioni umane maschera le carenze e 17


aiuta gli attori della vita reale che ci si possono nascondere dietro. È la ricerca di autenticità nella vita sociale la strada giusta da percorrere, allora? Quello che la sociometria propone nella sua rimozione delle maschere è la demolizione del palcoscenico della vita vera. Uno sviluppo interessante, considerando il fatto che sono proprio i sociometristi i promotori della “fase artificiale” dello psicodramma su cui formare le persone per le prestazioni che dovranno svolgere nella “vita vera”. Comunque questo sembra un corollario coerente dato che l’esperimento sociometrico è quasi impossibile in altri contesti. Per intraprendere la procedura, il leader ha bisogno non solo la padronanza degli strumenti sociometrici (scelta di criteri appropriati, test, realizzazione di sociogrammi), ma anche la capacità di gestire gli sviluppi del gruppo in seguito alla divulgazione dei suoi schemi intrinseci di attrazioni e repulsioni. Non esiste una metodologia pubblicata su come procedere: tutto dipende dalla particolare struttura del gruppo e dalla dinamica che esclude ogni ricetta precostituita di azione. I sociometristi, che oggi fanno parte principalmente della “comunità dello psicodramma”, devono intraprendere una formazione a lungo termine prima di essere in grado di utilizzare il metodo nella pratica. La formazione è fornita come parte integrante delle qualifiche dello psicodramma, quindi la conoscenza approfondita del metodo rimane entro i confini dello psicodramma. Tuttavia, le intuizioni di Moreno sugli effetti del tele nei gruppi e i suoi tentativi di esplorare sistematicamente queste interrelazioni aprono la strada a un approccio meno dogmatico rispetto al quadro delle qualifiche impostato dagli istituti che si occupano di psicodramma. L’indagine più completa di questi sviluppi è disponibile attraverso il portale gestito da Adam Blatner (blatner.com), che ha ispirato le riflessioni di questo capitolo. La sociometria è vista come una scienza che si colloca nel territorio raramente esplorato tra la psicologia del profondo e la psicologia sociale, proponendo questioni essenziali che devono essere messe in atto negli interventi pratici in cui la dinamica di gruppo deve essere migliorata. In questo contesto, gli esercizi sociometrici non sono considerati tanto come una procedura scientifica per esaminare le strutture del gruppo, ma piuttosto come potenti catalizzatori della discussione sul modo in cui un individuo funziona in un gruppo: Sei a conoscenza del modo in cui la gente ti guarda? Perché sei stato scelto da alcuni e respinto da altri? Per quale motivo vieni effettivamente scelto e per quale motivo vorresti essere scelto? Cosa puoi fare per presentarti meglio e attrarre persone che ti interessano? Questi sono solo esempi di domande che potrebbero essere esplorate sulla base di conoscenze acquisite attraverso attività sociometriche ma illustrano il passaggio in atto dall’originale “scienza” moreniana della sociometria a un approccio più modesto che utilizza alcune delle tecniche per promuovere la conoscenza di sé e interazioni sociali più proficue. Questa è la sociometria in poche parole come viene praticata oggi: uno strumento complementare adatto a interventi aventi come obiettivo la costruzione di un gruppo coeso.

Ricorda La sociometria si sovrappone a molti campi della psicologia e della sociologia ed è oggi indicata come una ricca risorsa di idee e metodi su come trattare le dinamiche di gruppo in vari contesti scolastici, formativi e terapeutici.

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3. Introduzione agli esercizi Gli esercizi in questo modulo sono stati scelti in modo tale da dare un assaggio della sociometria nelle sue applicazioni pratiche nell’ambito dell’istruzione degli adulti. L’altro criterio, preso in considerazione nella scelta e nell’ordine degli esercizi, riguarda la struttura di una tipica sessione di psicodramma: si tratta di un processo a tre fasi, si inizia con un warm‐up, si coinvolge gradualmente il gruppo nell’azione e si chiude con la cosiddetta condivisione. Gli esercizi di questo modulo seguono questo modello, iniziando con attività “leggere”, per procedere quindi con quelle più impegnative e, infine, incoraggiano la riflessione sull’esperienza. In questo modo, stiamo seguendo il principio fondamentale dello psicodramma che è una forma di apprendimento esperienziale. Il terzo fattore preso in considerazione nella pianificazione delle attività in questo modulo si riferisce alla ricerca preparatoria completata prima del lavoro sui curricula e di formazione dei materiali PaTiE. Abbiamo individuato una serie di abilità e competenze essenziali degli educatori IFP adulti che potrebbero essere valorizzate mediante la conoscenza pratica della sociometria. La scelta riflette queste esigenze dirette al fine di: Aiutare l’educatore a sviluppare il “gioco di squadra” Coinvolgere i discenti, incoraggiandoli a partecipare ad attività collaborative Creare un clima di cooperazione e di fiducia nel gruppo Sviluppare la consapevolezza delle reali preferenze degli studenti Promuovere la coesione in aula La presentazione si basa su esempi di veri esercizi e tecniche realmente messe in pratica che hanno avuto successo in contesti educativi. Alcuni di loro sono stati progettati e testati nel quadro del progetto POTENS che ha fornito uno sfondo sul quale sviluppare le risorse PaTiE. Alcuni altri sono stati sviluppati a partire dalle attività ampiamente praticate dai sociometristi nell’addestramento allo psicodramma. Possono essere utilizzati nella formazione VET adulti se il contesto della formazione e lo scopo della classe in questione rende significativo applicare tali esercizi. Questo è un presupposto molto importante che deve sempre essere preso in considerazione quando si lavora con metodi sociometrici. Si deve avere uno scopo ben definito e non può essere solo considerato come uno strumento pronto a portata di mano. Essi non possono essere separati dal processo di gruppo, che è unico a causa della peculiarità emotiva e intellettuale dei partecipanti e dei temi specifici del lavoro di gruppo. Le attività di esempio presenti in questo modulo illustrano la specificità del metodo e hanno come obiettivo: Svelare connessioni tra le persone che formano una squadra Mostrare la complessità e la multidimensionalità delle relazioni di gruppo Facilitare i momenti decisionali di gruppo, cosa utile nelle situazioni in cui gli studenti durante le lezioni propongono idee diverse su come procedere Tutti gli esercizi possono essere adattati al lavoro educativo reale. In tal caso, è necessario prestare particolare attenzione allo scopo del loro utilizzo e alle sfide che devono essere affrontate applicandoli. Un certo grado di creatività e flessibilità è essenziale per un uso efficace delle tecniche. Le seguenti linee devono quindi essere viste come suggerimenti su come procedere, piuttosto che ricette da seguire alla lettera.

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Ricorda Gli esercizi sociometrici possono avere forte impatto sul gruppo nel suo complesso e sui suoi singoli membri. Per questo dovrebbero sempre essere usati con sensibilità e cautela al fine di non recare danno ai partecipanti. 3.1. Warm‐up Il concetto di warm‐up si applica a tutte le sessioni di psicodramma indipendentemente dal tema particolare da esplorare. Nel caso di un workshop dedicato ad attività sociometriche, un adeguato warm‐up dei partecipanti è un requisito essenziale per il successo. L’inizio del lavoro di gruppo è di grande importanza nello psicodramma e sono utilizzati vari approcci per garantire la motivazione e il coinvolgimento attivo dei partecipanti. La funzione più importante di warm‐up è quella di stimolare le capacità del gruppo e di prepararlo a entrare più in profondità nei temi da esplorare. Le attività di warm‐up hanno anche un importante scopo diagnostico di permettere all’allenatore di ottenere alcune preziose informazioni sulle dinamiche e la struttura di gruppo. Idealmente, gli esercizi dovrebbero avere carattere vivace e giocoso, elevando il livello spontaneità del gruppo e favorendo in tal modo un clima favorevole per risposte creative alle tematiche della sessione. Elementi di sorpresa e novità sono fattori importanti in questo senso. Un warm‐up ben pianificato e ben condotto aiuta i partecipanti a superare la timidezza e la paura che sono gli ostacoli più comuni a impegnarsi e quindi possono costituire fattori chiave di resistenza al lavoro di gruppo. Esercizi di riscaldamento introdotti in modo artificiale, senza una chiara consapevolezza delle dinamiche di gruppo, possono avere l’effetto opposto e piuttosto “congelare” il gruppo che può percepire questa forma di introduzione come strana, insufficiente o inadeguata in quel particolare contesto. Le considerazioni che abbiamo appena fatto, derivate dalla pratica dello psicodramma, valgono anche per il contesto educativo. La questione decisiva è la consapevolezza del qui e ora del gruppo, un chiaro obiettivo dietro le attività proposte e la capacità di utilizzare il feedback che si riceve dal gruppo per regolare il corso dell’azione.

LINEA DI DEMARCAZIONE

Lo scopo principale di questo esercizio è quello di visualizzare “graficamente” preferenze diverse nello stile di lavoro di gruppo. Come al solito nel lavoro psicodramma, il warm‐up esercizio dovrebbe anche avere la capacità di stimolare il gruppo a intraprendere ulteriori azioni e di sfidare i partecipanti con un’attività che richiede una risposta spontanea. L’esercizio può essere eseguito con un gruppo che si incontra per la prima volta, così come un altro nel quale i partecipanti si sono già incontrati, ma sono ora sono incoraggiati a esaminare i loro atteggiamenti verso alcune questioni che vengono alla ribalta nel corso del lavoro di gruppo. L’attività genera un certo movimento in aula quindi dovrebbe esserci sufficiente spazio per dar modo ai partecipanti di muoversi liberamente. L’esercizio può durare più o meno a lungo, a seconda del numero di partecipanti e il livello di indagine. Tuttavia, se l’esercizio ha la funzione di un warm‐up non dovrebbe richiedere più di 15 minuti, a meno che il gruppo e il leader siano disposti a continuare l’attività oltre questa fase iniziale del seminario. 20


Il formatore deve come prima cosa spiegare il compito: “Esaminiamo la nostra percezione dello stile ottimale del lavoro di gruppo. Ad alcune persone potrebbe piacere un ambiente dove vige una forte leadership, in cui vi è un quadro chiaro di regole, compiti e gli obblighi stabiliti e monitorati dal leader, mentre alcuni altri potrebbero invece apprezzare il lavoro in uno spazio collaborativo in cui tutto quanto viene negoziato in uno sforzo condiviso. Prima di iniziare a “tracciare” i nostri atteggiamenti, riportiamo alla mente esempi di tali stili differenti dalla nostra esperienza. Passeggiate pure nella stanza o sedetevi per riflettere sulla vostra esperienza, mentre si prepara la sala per la attività successiva”. Mentre gli studenti riflettono, il formatore divide la stanza del seminario con una striscia fatta di foulard per separare i due stili di lavoro preferiti dal gruppo. Un settore è contrassegnato da sciarpe verdi e rosse raffigurante l’approccio SI / NO , mentre l’altro è coperto con quelli colorati sparsi in un ordine più caotico. Il simbolismo della disposizione deve essere sufficientemente chiaro per far cogliere immediatamente ai partecipanti di cogliere la differenza tra un rigoroso approccio ordinato e una collaborazione, uno stile più flessibile del lavoro di squadra. Tutta la fase preparatoria del esercizio non dovrebbe richiedere più di cinque minuti. Una volta che la stanza è organizzata i partecipanti sono incoraggiati a raggiungere a piedi uno dei due lati e scegliere un posto sul pavimento vicino o più lontano dalla linea per esprimere il loro grado di accettazione del particolare stile di lavoro di gruppo. Molto probabilmente la camera sarà popolata in maniera non uniforme, possibilmente con alcuni partecipanti in piedi vicini gli uni agli altri, con alcuni altri in posizioni lontane. La divisione può essere sbilanciata con pochi partecipanti da un lato e molti altri dall’altro. Tutti questi modelli sono significativi per dare sia al formatore che ai partecipanti preziose intuizioni per lavorare nelle seguenti parti della sessione. L’esercizio introduce il gruppo alla sociometria nella sua funzione di visualizzare graficamente gli atteggiamenti nel gruppo. Se c’è abbastanza tempo e possibilità di continuare l’attività oltre la fase di riscaldamento, la posizione che gli studenti hanno preso sul pavimento può essere rappresentata su un grafico e fornire una base per una discussione di un equilibrio ottimale tra la leadership e la collaborazione in squadra di lavoro. Preferibilmente il grafico dovrebbe essere interattivo (utilizzo dei media digitali), in modo che potrebbero essere introdotti ulteriori criteri e le rispettive posizioni dei partecipanti affinate. Questa è una introduzione “leggera” a una prova sociometrica, visto come la questione delle attrazioni e repulsioni reciproche all’interno del gruppo è sfiorata in questa attività. Nonostante ciò, il concetto di mappatura e misurazione degli atteggiamenti dovrebbe essere stato afferrato dai discenti già a questo stadio del seminario

Non è consigliabile introdurre la sociometria in un contesto educativo affrontando direttamente le questioni della scelta e del rifiuto tra gli studenti Le tecniche sociometriche possono essere adattati alle visualizzazioni di varie altre relazioni e atteggiamenti La funzione di riscaldamento è di entrare gradualmente nel campo di esplorazione

Nell’ambito del corso PaTiE l’esercizio può aprire una strada per una discussione del valore di divulgazione e visualizzare modelli di atteggiamenti nel lavoro di gruppo nel contesto dell’educazione e della formazione professionale degli adulti. I seguenti punti possono essere sollevati per introdurre i temi chiave di interesse per gli educatori: 21


Qual è il valore aggiunto della creazione di grafici degli atteggiamenti rispetto alla semplice discussione? Come mettere in relazione le attività sociometriche al tema della classe e alle dinamiche del gruppo? Come trattare le resistenze che potrebbero verificarsi se i partecipanti non afferrassero pienamente il significato e lo scopo di tali esercizi? 3.2. Azione La sociometria si occupa apertamente di aspetti molto delicati delle relazioni interpersonali, che non possono essere completamente affrontati nel lavoro di gruppo in classe, a meno che l’educatore non abbia un forte background nella sociometria e il quadro del programma permetta di tali esplorazioni. Tuttavia, vi è lo stesso una ricchezza di approcci e tecniche sociometriche utilizzate nello psicodramma che possono essere applicate in materia di istruzione. La seguente scelta di esercizi dovrebbe essere vista come un insieme di esempi di attività che si adattano anche ai contesti educativi, se utilizzate con discernimento e prudenza. Sono state ordinate in modo tale da illustrare gli aspetti essenziali della sociometria come viene praticata oggi.

ATOMO SOCIALE

Questo esercizio è una versione diversa dell’attività presentata nel modulo introduttivo. Per coloro che hanno partecipato alla prima sessione che dà l’occasione per rivisitare il concetto di “disegnare atomi sociali”; per coloro che hanno aderito al corso più tardi introdurrà un concetto chiave e la tecnica usata dai sociometristi. L’attività può essere svolta con le attrezzature di base e le risorse disponibili in classe: la lavagna, la lavagna a fogli mobili o di un proiettore e fogli di carta di medie dimensioni di carta per i disegni dei partecipanti; può durare fino a due ore a seconda della dimensione del gruppo e il tempo disponibile. Può essere introdotta quando il trainer ritiene che il gruppo abbia bisogno di una riorganizzazione dei sotto‐gruppi ai quali sono assegnati compiti specifici. Un coinvolgimento attivo e aperto di tutti i membri è necessario così come una certa conoscenza tra di loro, quindi, l’esercizio si adatta a una fase più avanzata del lavoro di gruppo. All’inizio deve essere spiegato ai partecipanti il codice di simboli sociometrici, disegnandolo sulla lavagna o visualizzandolo in un altro modo. Il seguente elenco comprende simboli molto semplici, ma può essere completato con quelli descritti nella parte teorica del modulo. Cerchio – persona di sesso femminile Triangolo – persona di sesso maschile La linea continua – relazione fissa e stabile La linea tratteggiata – rapporto problematico e variabile Freccia – atteggiamento, relazione unilaterale o reciproca Una volta che i simboli sono presentati e il loro significato fondamentale è stato compreso il trainer ha bisogno di proporre un criterio con il quale i membri del gruppo si scelgono l’un l’altro, si rifiuta o rimangono neutrali. Il criterio deve essere scelto con cautela per non entrare in un terreno molto rischioso di questioni personali sensibili. Tale criterio potrebbe essere: “con chi ti piacerebbe lavorare in un progetto di collaborazione?” (il contenuto del progetto deve essere 22


specificato in relazione al settore della formazione in cui è coinvolto il gruppo). Ad ogni partecipante viene poi chiesto di disegnare un atomo sociale su un foglio di carta ponendo il simbolo di se stesso in mezzo e tracciando i simboli di altre persone con i loro nomi o le iniziali sul disegno e collegandoli con le linee. È importante che ogni tabella comprenda tutti o quasi tutti i partecipanti (possibile nel caso di gruppi in workshop di circa 10‐15 membri). Alcune persone sui grafici potrebbero rimanere “scollegati”, mentre alcuni altri potrebbero essere posizionati in una complessa rete di relazioni. Dopo che il lavoro individuale è stato fatto, si svolge la presentazione dei singoli diagrammi e la discussione di gruppo. I sociogrammi presentano le percezioni soggettive della composizione del gruppo e il punto chiave dell’esercizio è il confronto di queste percezioni. Questa parte del compito può iniziare con una breve esposizione di tutti i disegni posti su sedie o sul pavimento in modo che tutti i partecipanti possono vedere tutti i grafici. Tuttavia, i grafici possono essere discussi approfonditamente solo in piccoli gruppi o in coppia a meno che l’intera attività possa essere estesa a un intero seminario. Anche un confronto molto parziale dei disegni è significativo e può portare a una riconsiderazione del proprio status all’interno del gruppo e delle posizioni degli altri. I partecipanti potranno fare domande, indicare gli elementi del disegno e spiegare il loro significato, scoprire molte cose che l’autore stesso non poteva vedere, anche se sono presenti nel suo stesso lavoro. Il feedback da parte del gruppo aiuta a migliorare la comprensione delle proprie relazioni con le altre persone presenti negli atomi sociali. L’esercizio è un potente strumento per favorire la consapevolezza di sé nelle interazioni sociali.

L’atomo sociale rende I partecipanti consapevoli della loro posizione nella complessa rete di relazioni del gruppo Può fornire le basi per migliorare le relazioni e le motivazioni per lavorare in gruppo

Nell’ambito del corso PaTiE l’esercizio può essere preso come un’opportunità per introdurre il concetto chiave di sociometria e dare agli educatori partecipanti la possibilità di sollevare questioni riguardanti l’applicabilità della tecnica nel contesto dell’educazione e della formazione professionale degli adulti. In particolare, le seguenti domande possono essere discusse: Come scegliere criteri sociometrici appropriati per tale lavoro? Quali sono i requisiti essenziali degli atomi sociali per esprimere atteggiamenti reali dei partecipanti? Quali sono le attività successive da pianificare al fine di capitalizzare le conoscenze acquisite dai partecipanti? COSA SCEGLIERE

Le scelte sociometriche di base esplorate da Moreno si riferiscono a schemi di attrazione, repulsione e neutralità. Vale comunque la pena di sensibilizzare gli educatori sul fatto che il lavoro di gruppo è in grado di generare un insieme di atteggiamenti più complesso rispetto a qualsiasi questione che sia stata messa sotto esame. Questo esercizio ha lo scopo di presentare un approccio che possa 23


svelare tali atteggiamenti complessi classificandoli come scelte positive, scelte negative, scelte neutrali, scelte conflittuali e il “non scegliere di scegliere”, opzioni che sono tutte suscettibili di emergere in una situazione in cui si pongono alle persone domande sulle loro preferenze. L’esercizio deve essere eseguito con un gruppo di persone che si conoscono e si sentono a loro agio dibattendo insieme questioni controverse. L’attività ha bisogno di spazio sufficiente nella stanza in modo che i modelli di scelta possano essere raffigurati sul pavimento, il che richiederà ai partecipanti di muoversi liberamente per la stanza. A seconda del numero di partecipanti e il livello di indagine l’esercizio può richiedere più o meno tempo (da 1 a 2 ore). L’attività ha bisogno di preparazione in termini di organizzazione dello spazio del gruppo. Si possono utilizzare sciarpe colorate per disegnare una forma irregolare sul pavimento raffigurante l’irregolarità degli atteggiamenti umani e delle preferenze. Il poligono dovrebbe essere abbastanza grande per contenere tutti i membri del gruppo. All’interno la figura è organizzata come segue: un punto centrale è contrassegnato dalla forma di uno 0 per rappresentare la posizione neutra. Su entrambi i lati della posizione 0 ci sono aree marcate per il positivo (+) e la preferenza negativa (‐). A una certa distanza da questa polarità di atteggiamenti ci sono due aree contrassegnate per la posizione in conflitto (+/‐) e un’altra per la posizione “ha scelto di non scegliere” (?). Questa “mappa” sul pavimento deve essere utilizzata per l’esplorazione attiva delle polarità e ambivalenze in situazioni di scelta utilizzando vari criteri. Nella fase iniziale dell’esercizio il gruppo deve comprendere il significato dei simboli sul pavimento prima di impegnarsi in un’attività. Come in tutti gli esercizi sociometrici, è essenziale che la scelta dei temi da esplorare per l’attività sia significativa. Il formatore deve preparare una o varie domande in anticipo per cui i membri del gruppo possono rispondere prendendo una posizione al suolo. Le domande devono riguardare la particolare fase del processo di gruppo e quindi non possono essere proposte senza conoscere il contesto specifico di lavoro. Un esempio può illustrare la procedura. Immaginiamo che il trainer voglia coinvolgere il gruppo nella scelta di un luogo appropriato per una visita di studio. Possibili opzioni dovrebbero essere presentate e discusse con il gruppo prima. Arrivato il momento di prendere una decisione, il leader deve formulare una domanda chiara, ad esempio, “Ti piacerebbe andare al workshop X per la visita di studio?”, E poi chiedere ai membri del gruppo di scegliere la posizione sul pavimento che meglio esprime le loro preferenze. La mappa delle preferenze rischia di rappresentare il modello di scelte nel gruppo, mostrando non solo il chiaro SI / NO risposte, ma anche posizioni contrastanti in cui alcuni membri vedono entrambi i pro e i contro della scelta mentre altri scelgono di non scegliere niente. La visualizzazione delle preferenze dovrebbe dare a tutti una visione dei fattori che influenzano il processo decisionale del gruppo e facilitare una scelta giusta rispettando gli atteggiamenti di tutti i membri del gruppo. Ovviamente, la decisione finale sarà effettuata attraverso la discussione che seguirà e un possibile riposizionamento sul pavimento quando i partecipanti siano diventati consapevoli dei fattori che influenzano il processo decisionale del gruppo. 24


Moreno ha esplorato nei suoi scritti soprattutto gli schemi di attrazione, repulsione neutralità. Il lavoro di gruppo può generare un quadro più complesso, mostrando quindi opzioni come quella di una scelta conflittuale o di una “scelta di non scegliere”. Vale la pena di avere a portata di mano tecniche d’azione come strumenti per visualizzare le preferenze e quindi gestire meglio i processi del gruppo

In chiusura della sessione del corso PaTiE per gli educatori IFP adulti il gruppo può tenere una discussione sulla “mappatura” degli atteggiamenti e delle preferenze in classe. I seguenti punti potrebbero essere sollevati come potenzialmente interessanti per gli educatori: Che cosa hai notato sulla facilità o difficoltà a “localizzare” la tua risposta? Qual è il vantaggio di un esercizio simile rispetto alla semplice discussione seguita da una votazione? Come puoi tenere traccia delle risposte dei membri del gruppo durante l’uso della tecnica nelle classi per farsi un’idea delle dinamiche in gioco?

SINERGIE Il lavoro di gruppo comporta sempre la sfida di coinvolgere le diverse competenze dei partecipanti e le loro preferenze personali a cooperare tra loro. Il compito del conduttore è quello di aumentare le opportunità per tutti i membri di partecipare e giocare un ruolo nella squadra. Di solito l’ideale è farlo dividendo il gruppo in unità più piccole, più contenute e far confluire sinergicamente le loro potenzialità. La sfida è particolarmente visibile nei contesti educativi in cui gli insegnanti spesso devono lavorare con classi numerose e che hanno bisogno di padroneggiare la capacità di efficiente sub‐raggruppamento. Questo esercizio utilizza la sociometria per facilitare il processo di divisione del gruppo in squadre più piccole in base alle preferenze reali dei membri. L’esercizio può essere introdotto all’inizio del lavoro di gruppo e quindi ripetuto se vi è una necessità di riorganizzazione della squadra. Il vantaggio dell’attività è che nessuno spazio speciale o materiali sono necessari per eseguirla, quindi può essere facilmente realizzata in una classe normale. A seconda del numero di partecipanti e dei criteri scelti per costruire i sottogruppi, l’esercizio può prendere più o meno tempo (circa 1 ora è il tempo ottimale). La preparazione per l’attività consiste principalmente in un attento esame dei criteri da prendere in considerazione mentre si formano i sottogruppi. La scelta di un solo criterio non è raccomandata in quanto può distorcere l’immagine reale di preferenze all’interno del gruppo. Noi di solito scegliamo una persona per un certo criterio, ma respingiamo la stessa persona per un altro. Un criterio può anche far sì che alcune persone vengano respinte e lasciate sole senza nessuno che voglia lavorare con loro. È più probabile che tale situazione non si verifichi se i membri dei sottogruppi sono scelti sulla base di criteri complementari, che possano ottimizzare le loro potenzialità. La selezione di opportuni criteri è ovviamente legata a un particolare contesto e non può essere consigliata senza conoscere il gruppo specifico e i suoi compiti. Di seguito sono una serie di criteri di esempio: 25


Chi scegli, non scegli o ti è indifferente per lavorare in un progetto? Volendo garantire un sufficiente livello di competenze, chi sceglieresti nel tuo gruppo? Volendo assicurare una consegna tempestiva dei risultati, chi sceglieresti nel tuo gruppo? Volendo mantenere un’atmosfera lavorativa piacevole, chi sceglieresti nel tuo gruppo? Una volta selezionati i criteri i membri del gruppo sono invitati a scrivere le loro scelte su una scheda appositamente preparata in anticipo dal leader. Seguendo ogni criterio sono dati i nomi delle persone selezionate, suddivisi fra quelli scelte, non scelti e quelli né scelti né respinti (neutro). Va sottolineato ancora una volta che esiste sempre il pericolo che alcuni individui potrebbero essere respinti da tutti o dalla stragrande maggioranza del gruppo e il conduttore deve avere pronte le strategie per affrontare tale situazione. Un’attenta selezione di criteri, scelti in modo da non toccare questioni personali profonde è un requisito fondamentale per l’uso della tecnica in contesti educativi. Una attenta valutazione deve anche essere fatta per decidere se i dati devono essere divulgati a tutto il gruppo. C’è la possibilità di mantenere i risultati riservati; in questo caso solo il conduttore acquisisce una visione globale delle preferenze all’interno del gruppo che lo può aiutare a gestire meglio i processi di collaborazione nel gruppo. Per concludere l’intero processo della formazione di sottogruppi può essere rappresentato in un modo psicodrammatico. I partecipanti formano piccoli cerchi in base alle loro scelte e mettono una mano sulla spalla della persona con cui si è scelto di lavorare. La sensazione di braccia estese in piccoli composti umani trasmette il significato di sinergie in tutto il gruppo pronto per l’avvio di un’attività di collaborazione.

Il lavoro di gruppo implica l’abilità di coinvolgere le diverse competenze dei partecipanti e le loro preferenze personali a cooperare tra loro. La sociometria può facilitare il compito di dividere il gruppo in squadre più piccole in base alle preferenze reali dei membri e quindi ottimizzare il lavoro collaborativo.

L’esercizio è un’altra ottima occasione per sollevare la questione dei potenziali benefici e dei rischi della sociometria nei contesti educativi. In chiusura della sessione del corso PaTiE per gli educatori IFP adulti, il gruppo dovrebbe essere incoraggiato a discutere i seguenti punti: Come scegliere i criteri sociometrici rilevanti per la creazione di sottogruppi in classe? Quali dei criteri proposti sono potenzialmente rischiosi, come l’apertura di questioni personali, e non devono essere trattati in classe? Quali sono i possibili scenari in cui gestire il palese rifiuto di alcuni individui da parte del gruppo?

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TRIANGOLO DI CONFLITTO

Il lavoro di gruppo è facilmente soggetto a conflitti interni e gli educatori devono avere strategie pronte per gestirli. La sociometria può fornire alcuni strumenti per affrontare situazioni in cui vi è la necessità di portare in superficie tensioni nascoste per affrontarle e risolverle. L’attività qui proposta può essere particolarmente utile in una situazione in cui il conflitto coinvolge un piccolo gruppo di partecipanti ma l’impatto crea tensioni sulle prestazioni dell’intero gruppo. Poi il conduttore deve essere in grado di coinvolgere l’intero gruppo nel processo di risoluzione del conflitto. Questo è lo scopo dell’esercizio che attinge sia sul potenziale diagnostico della sociometria che sul potere esperienziale dello psicodramma. L’attività ha la sua collocazione naturale a mezza strada del processo quando vi è la necessità di affrontare apertamente tensioni e conflitti accumulati nel gruppo. Il conduttore deve essere a conoscenza di tali conflitti che interessano il gruppo e non dovrebbe proporre l’attività a meno che non ve ne sia una necessità specifica. In caso contrario, l’esercizio può favorire atteggiamenti contrastanti invece di risolverli. Nessuno spazio speciale o materiali extra sono necessari, ma la camera dovrebbe essere grande abbastanza per costruire un “triangolo” sul pavimento con tutti i partecipanti in piedi sui lati. A seconda del numero dei membri del gruppo e la complessità del conflitto, l’esercizio può richiedere fino a due ore. Il conduttore deve prima identificare il conflitto attraverso una discussione di gruppo aperto. È essenziale definire la tensione per gestirla. Di conseguenza, proprio come nel caso di definizione dei criteri sociometrici, la questione dovrebbe essere espressa in una dichiarazione chiara, comprensibile a tutti i membri. Può essere formulata sia da uno dei partecipanti e ulteriormente specificata attraverso la discussione di gruppo, o riferita dal conduttore e poi concretizzata sulla base del feedback di gruppo. Vale anche la pena di mettersi d’accordo sui prerequisiti per il lavoro sui conflitti in termini di regole (ad esempio modi di affrontare l’un l’altro, l’ascolto reciproco, ecc.), di riservatezza e di fiducia. Aiuta sempre avere in mente gli scenari peggiori che possono essere conseguenza dell’attività al fine di essere in grado di gestire i rischi e i potenziali danni . Quando una questione di interesse è presa in esame dal gruppo, un grande triangolo è segnato sul pavimento con sciarpe colorate. Il lato verde rappresenta un punto di vista positivo, il lato rosso uno negativo, e il lato blu un atteggiamento neutrale. Poi i membri del gruppo si muovono intorno al triangolo e si posizionano sui lati a seconda dei loro punti di vista. Mentre sono ancora in piedi, dovrebbero discutere le loro posizioni nei tre sotto‐gruppi emersi ai lati del triangolo. L’ideale sarebbe che ogni squadra concordasse un’argomentazione comune per affrontare i lati opposti nella discussione che segue. Questa è la fase successiva dell’attività in cui tutti i partecipanti siedono sul pavimento lungo i tre lati del triangolo. La posizione seduta rende più facile per pacificare le emozioni che possono essersi accumulate intorno al problema in questione. La presenza del lato neutro, che probabilmente emergerà in tali dibattiti, ha anche il potenziale per moderare i punti di vista opposti e facilitare un accordo comune su come risolvere il conflitto. Questo risultato finale, se ottenuto attraverso l’attività, può essere rappresentato sul pavimento, trasformando il triangolo in un cerchio colorato di sciarpe verdi, rosse e blu intrecciate con intorno i partecipanti in piedi che si tengono a braccetto. La “forma” conclusiva di questa attività dipende ovviamente dalla misura in cui il conflitto è stato risolto, moderato o lasciato da parte per lavorarci ancora su. Le sciarpe sul pavimento possono essere riorganizzate in diversi modi per 27


rappresentare la complessità della questione. Si consiglia comunque di concludere l’attività con la forma che meglio riflette i risultati del lavoro svolto finora e riprenderla, se necessario, nelle sedute successive.

Il lavoro di gruppo tende a sviluppare conflitti interni e gli educatori hanno bisogno di possedere delle strategie per gestirli. La sociometria fornisce strumenti per portare in superficie tensioni nascoste con lo scopo di affrontarle e risolverle. Aggiungono valore alla semplice discussione o al semplice dibattito attraverso l’azione e la visualizzazione delle tensioni

L’esercizio dà modo di vedere la sociometria non solo come risorsa di strumenti diagnostici, ma anche come un mezzo per promuovere la gestione dei conflitti. In chiusura della sessione del corso di formazione professionale PaTiE per gli educatori adulti il gruppo dovrebbe essere incoraggiato a discutere i seguenti punti: È essenziale divulgare tensioni e conflitti nascosti per migliorare le dinamiche di gruppo? Quando deve tale divulgazione essere evitata? Quali attività necessitano una visualizzazione sociometrica di fratture nella struttura del gruppo? 3.3. Chiusura La condivisione è una parte essenziale della sessione di psicodramma. Dà ad ogni partecipante l’opportunità di dare al gruppo il suo feedback riguardo all’esperienza di apprendimento. Questa parte di chiusura del seminario deve essere collegata qui con l’elaborazione del valore delle conoscenze e delle tecniche introdotte nella formazione IFP. Le procedure raccomandate dovrebbero utilizzare la sociometria per dare ai partecipanti ulteriori approfondimenti nelle sue possibili applicazioni. La condivisione per sua stessa natura è un’attività spontanea che non può essere “gestita”, ma dovrebbe piuttosto essere facilitata dal formatore sulla base della sua comprensione delle dinamiche di gruppo e delle questioni emergenti. Il flusso di attività può quindi essere solo suggerito.

MAPPA

Lo scopo dell’esercizio è quello di visualizzare graficamente i risultati di una sessione, in termini di benefici ottenuti dai partecipanti. La tecnica della mappa serve qui come strumento per concretizzare diverse percezioni di questi benefici nel gruppo attraverso una visualizzazione spaziale. Si tratta di un libero adattamento della sociometria che si concentra sulla misurazione delle relazioni tra le persone rispetto a una serie di criteri specifici. In questo caso l’obiettivo non è tanto delineare rapporti interpersonali ma piuttosto mostrare come singoli componenti del gruppo si pongano riguardo a punti specifici di riferimento, in questo caso i vantaggi di un processo di apprendimento. Ancora gli elementi essenziali della procedura sociometrica sono visibili nell’attività dato che la mappa 28


finale rivela non solo “aggregati” di persone intorno a criteri concreti (benefici individuati), ma anche la loro prossimità o distanza l’uno dall’altro. La tecnica è particolarmente utile ad agevolare la chiusura di un processo di gruppo attraverso la condivisione dei punti di vista dei partecipanti sul valore dell’esperienza di apprendimento. La focalizzazione sui vantaggi ha il potenziale per evidenziare i lati positivi, ma il conduttore dovrebbe anche essere a conoscenza della possibilità dell’emersione di aspetti negativi e consentire ai partecipanti di segnalarli. Altrimenti l’esercizio può essere visto come una tecnica di manipolazione per mettere in rilievo i successi a scapito di una visione accurata dei risultati di apprendimento. La stanza deve essere abbastanza grande per il “rilevamento”, come nel caso della maggior parte degli altri esercizi presentati in questo modulo del corso PaTiE. A seconda del numero dei componenti del gruppo e dei benefici da esplorare l’esercizio può prendere 1‐2 ore. L’attività inizia con la raccolta di partecipanti in un cerchio e l’apertura di una franca condivisione di sentimenti e intuizioni derivanti dalla sessione. La discussione dovrebbe concentrarsi sulle competenze realmente acquisite, competenze o conoscenze che i partecipanti hanno attinto dal processo di apprendimento. È importante estrapolare le varie sfaccettature dei benefici in quanto accade solo in casi molto rari che l’apprendimento sia unidimensionale, di solito l’impatto sul discente si realizza in molti modi diversi. Una volta che il gruppo ha esaminato tutti gli aspetti dell’esperienza di apprendimento in termini di competenze acquisite, competenze o conoscenze, il leader dovrebbe distribuire pezzi di nastro colorato a tutti i partecipanti: ogni persona ha sempre lo stesso numero di pezzi che rappresentano i vari benefici individuati nella discussione di gruppo. Poi una “mappa” viene creata sul pavimento dai partecipanti, ciascuno segnando un punto nel cerchio di condivisione con una composizione che riflette i suoi benefici individuali. I modelli simili devono essere collocati vicino gli uni agli altri mentre quelli non compatibili, il più lontano possibile. Il “grafico” dovrebbe essere fatto dai partecipanti uno dopo l’altro. Quando una persona segna un punto sul pavimento, lo studente che segue ha un punto di riferimento che riguarda il suo contributo, e così via. Il risultato finale dovrebbe presentare una immagine colorata con alcune aree affollate e alcune isole separate. La mappa può essere presa come una chiusura visiva della sessione o, se il tempo lo permette, come base per una discussione più mirata.

La visualizzazione spaziale delle percezioni risultanti dal corso di processo di apprendimento di gruppo è un valido metodo di condividere i punti di vista La sociometria è una ricca risorsa di tecniche che possono facilitare la “mappatura” di diverse percezioni, attitudini, ecc.

In chiusura della sessione del corso PaTiE per gli educatori IFP adulti il gruppo dovrebbe essere incoraggiato a discutere i seguenti punti: Perché è importante concretizzare i benefici di un processo di apprendimento alla chiusura di una sessione? Qual è il valore aggiunto della “mappatura” di tali prestazioni rispetto a una sintesi da parte del leader? Come possono le informazioni acquisite attraverso l’esercizio essere utilizzate per ulteriori lavori?

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4. Valutazione Il seminario è organizzato in modo tale da dare sia al conduttore che ai partecipanti una chiara indicazione del livello di conseguimento dei risultati di apprendimento previsti. Ogni attività che introduce una specifica tecnica o un esercizio si chiude con una serie di domande che dovrebbero portare a una discussione che coinvolga tutti e che rifletta il livello di comprensione dei concetti chiave in questione. I metodi di valutazione dovrebbero essere adattati al contenuto della fase di condivisione / svolgimento: La conoscenza dei partecipanti e la comprensione dei principi della sociometria e la sua applicabilità in IFP sono controllate al meglio nel dibattito finale. La discussione dovrebbe coprire una gamma di proposte concrete provenienti dal gruppo su come utilizzare le tecniche con discenti adulti e per quali scopi. Gli argomenti favorevoli e contrari in relazione a questi usi aiuteranno il formatore a cogliere il livello di comprensione del metodo tra il gruppo. Il conduttore può presentare un caso particolare di un conflitto in un gruppo e incoraggiare i partecipanti a presentare proposte su come “mappare” le relazioni che hanno un impatto sulla sua risoluzione. L’ideale sarebbe eseguire l’esercizio in sotto‐gruppi; i risultati forniranno un ulteriore indizio sulla comprensione pratica della metodologia da parte dei partecipanti e sulla loro capacità di trovare soluzioni creative e adattamenti delle tecniche apprese durante il seminario. Il tempo limitato della sessione rende necessario pianificare le attività di valutazione come successive alle varie sessioni. Se i partecipanti non intendono prendere parte ai successivi moduli del corso il formatore dovrebbe incoraggiarli a lasciare dei feedback sull’implementazione della metodologia via e‐mail / blog / forum. Si raccomanda di raccogliere feedback attraverso un modello che richiede ai partecipanti di riferire sui loro target, sui temi trattati attraverso tecniche sociometriche, sulle conoscenze acquisite e sulla risposta del gruppo alle attività. Il conduttore ha bisogno di avere il suo apposito modello di riferimento per registrare i risultati della valutazione del modulo. Deve essere riempito dopo il workshop e incluso nella documentazione del corso. I seguenti set di domande dovrebbero essere visti come suggerimenti su come procedere, non come uno scenario di valutazione stabilito che non può essere concepito senza la conoscenza del particolare contesto di insegnamento / formazione. Auto‐questionario per l’istruttore

Ho raggiunto i risultati di apprendimento proposti per questo modulo? Ho notato un cambiamento nella percezione dei partecipanti del lavoro di gruppo? Come sono stati accolti ed eseguiti gli esercizi e le attività ? Questionario per i partecipanti al corso:

In che misura la conoscenza della sociometria influenza la mia percezione del lavoro di gruppo e della pratica educativa? Ho una percezione diversa della situazione nella mia classe per adulti ora? Posso vedere modi fattibili di integrare le attività presentate e le tecniche in materia di istruzione e formazione professionale degli adulti? Ho ben chiari gli ulteriori passi da intraprendere per pianificare o modificare il mio curriculum e mettere meglio a punto le relazioni nel gruppo? 30


5. Bibliografia 5.1 Titoli in inglese Blatner, Adam. (1994). Tele: The dynamics of interpersonal preference. In P. Holmes, M. Karp, & M. Watson (Eds.), Psychodrama since Moreno. London: Tavistock/Routledge. Blatner, A. (2000). Sociometry: (Chapter 18: General considerations; Chapter 19: Methods) and related chapters on role theory in: Foundations of Psychodrama: History, Theory & Practice (4th ed.): New York: Springer. Blatner, A. (July, 2010). The dynamics of rapport: theoretical underpinnings fostering the elements in group psychotherapy (Part 1). In The Group Psychologist, Volume 20, No. 2., pp 9‐11. Carlson‐Sabelli, Linnea; Sabelli, Hector C. & Hale, Ann E. (1994). Sociometry and sociodynamics. In: P. Holmes; M. Karp & M. Watson, (Eds). Psychodrama Since Moreno: innovations in theory and practice, London: Routledge. Casson, John. (2001b). The social role and cultural atoms. ‘The British Journal of Psychodrama & Sociometry’, 16, 15‐22. Dayton, Tian. (2004). The Living Stage: A step‐by‐step guide to psychodrama, sociometry and group psychotherapy. Deerfield Park, FL: HCI. Hale, A. E. (2009). Moreno’s sociometry: exploring interpersonal connection. ‘Group: the journal of the Eastern Group Psychotherapy Society’, 33, (4), 347‐358. Holmes, P., Karp, M. and Tauron, K. B. (eds.) (1998). The Handbook of Psychodrama, London: Routlege Horvatin, T. & Schreiber, E. (Eds.). (2006). The Quintessential Zerka: Writings by Zerka Toeman Moreno on Psychodrama, Sociometry and Group Psychotherapy. London: Routledge. Howie, P. (2010). Using sociodrama and sociometry to create group environments. The Group Psychologist (the online journal of the Society of Group Psychology and Group Psychotherapy, a newsletter of Division 49 of the American Psychological Association), 20, 2, pp. 11‐14. Hollander, Carl E. (1978). Psychodrama, role playing and sociometry: Living and learning processes. In: D. Kurpius, (Ed). Learning: Making learning environments more effective. Muncie, IN: Accelerated Development. Hollander, Carl E. (1978). An introduction to sociogram construction. Denver: Snow Lion Press. Jones, Diana. (2001). Sociometry in team and organisational development. ‘The British Journal of Psychodrama & Sociodrama’. 16, 69‐78. Kuethe, J.L. (1975). Mapping into a structure: a method for studying social cognition (‘Psychological Reports’, 37, 1279‐1283. Miller, C. (2013). Who’s Calling? Cell Phone Sociometry. ‘Journal of Psychodrama, Sociometry, and Group Psychotherapy’, 61 (1), 73‐76. McKimmie, Peter. (1999). Building a student support system using sociometry. ‘Australian & New Zealand Psychodrama Association Journal’, 8, 39‐42. Moreno, J. L. (1953b). Who shall survive? Foundations of sociometry, group psychotherapy and sociodrama (2nd ed.). Beacon, NY: Beacon House. (Revised and expanded version of 1934 1st ed.) Moreno, Zerka T. (1987). Psychodrama, role theory and the concept of the social atom. In: J. K. Zeig, (Ed). The Evolution of Psychotherapy. New York: Brunner Mazel. (1989). ‘Journal of Group Psychotherapy, Psychodrama & Sociometry’, 42, 178‐186. Remer, Rory. (1995). Using strong sociometry as an interpersonal feedback tool. ‘Journal of Group Psychotherapy, Psychodrama & Sociometry’, 48 (2), 69‐83. Treadwell, T., Stein, S. & Leach, E. (1989). The Social Atom Test Revised. ‘International Journal of Small Group Research’, 5. (1), 47‐63.

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Treadwell, T., & Collins, L. (1992). The Moreno Social Atom Test ‐R‐ Brief Report. ‘Journal of Group Psychotherapy, Psychodrama, and Sociometry’, 45 (3), 122‐124. Treadwell, T., Stein,S., & Leach E. (1993). The Social Networks Inventory: a diagnostic instrument measuring interpersonal relationships. ‘Journal of Small Group Research’, 24 (2), 155‐178. Zachariha, M. & Moreno, R. (2006). Finding My Place: The Use of Sociometric Choice and Sociodrama for Building Community in the School Classroom. ‘Journal of Group Psychotherapy, Psychodrama & Sociometry’, 58 (4), 157‐167.

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La gestione dei conflitti Lo psicodramma come strumento educativo Materiali didattici ‐ Modulo 5 Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation

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Sommario 1. Descrizione del modulo..................................................................................................... 3 1.1. Scopi ................................................................................................................................... 3 1.2. Obiettivi formativi .............................................................................................................. 3 1.3. Organizzazione dei materiali e dei workshop .................................................................... 4 2. Introduzione alla teoria..................................................................................................... 4 2.1. Che cosa significa “funzione normale del gruppo”?........................................................... 6 2.2. Che cosa significa “funzione non‐normale del gruppo”? ................................................... 7 2.3. Come si esprime in un gruppo una situazione conflittuale? ............................................ 10 2.4. Come si risolve un conflitto di gruppo?............................................................................ 11 2.5. Quali debolezze si presentano nella conduzione? ........................................................... 12 2.6. Elementi sociali nei gruppi ............................................................................................... 15 2.7. Gestione dei conflitti nello psicodramma ........................................................................ 17 2.8. Gestione dei conflitti nella formazione ............................................................................ 17 3. Introduzione agli esercizi.................................................................................................. 18 3.1. Considerazioni e rischi per l’educatore nell'applicazione degli esercizi .......................... 19 3.2. Esercizi .............................................................................................................................. 20 4. Valutazione...................................................................................................................... 29 5. Bibliografia....................................................................................................................... 30 5.1. Titoli in inglese................................................................................................................. 30 5.2. Titoli in greco................................................................................................................... 30

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1. Descrizione del modulo La gestione dei conflitti è il quinto modulo del corso Psychodrama as a Tool in Education (PaTiE), Lo psicodramma come strumento educativo. Come tutti i moduli che compongono questo corso, può essere studiato in modo indipendente. Tuttavia, si raccomanda di collegare le informazioni qui presenti con gli altri moduli, in modo da avere una conoscenza più olistica e integrata del progetto. Esso è rivolto a tutti coloro che insegnano agli adulti, professionisti o in formazione permanente, interessati a conoscere la gestione dei conflitti di gruppo dal punto di vista dello psicodramma e l’applicazione di questo metodo in classe. Questo compito può riguardare diversi gruppi di studenti e può contribuire a sviluppare un clima più spontaneo e creativo in classe, in quanto i partecipanti imparano a interagire in modo aperto, onesto e sensibile. Non importa quanto arrabbiati o delusi essi siano, comunque impareranno a mantenere aperta la comunicazione, senza interromperla, come di solito fanno gli avversari in contesti sociali pubblici. Accrescendo l’empatia, studenti e insegnanti saranno portati ad acquisire una maggiore consapevolezza dei propri meccanismi psicologici, e ciò porterà a instaurare relazioni più funzionali e a procedure di apprendimento più produttive ed efficaci.

1.1. Scopi Il modulo ha le seguenti finalità, correlate tra loro: 1.

introdurre gli educatori IFP/VET per adulti al modo di gestire le situazioni di conflitto a livello personale e di gruppo, proprio dello psicodramma sviluppare le proprie capacità personali, durante i workshop, per imparare a sostenere e a saper gestire in modo più funzionale le situazioni di conflitto e contribuire allo sviluppo personale dei partecipanti. presentare e illustrare come tali esercizi, interventi e tecniche che possono essere applicate nella pratica, all’interno dei workshop giungere a un lavoro collettivo che nasca dall’impegno personale di ognuno e discutere poi della sua applicabilità nella pratica educativa

2.

3. 4.

1.2. Obiettivi formativi In caso di successo del modulo del corso gli educatori sono tenuti a: • •

• • •

indicare il valore aggiunto dell’utilizzo dello psicodramma nella gestione dei conflitti identificare i vantaggi dell’“apertura” e del confronto in un conflitto esistente, evidente o sottostante, e analizzare come questo influenzi le procedure di apprendimento indicare i limiti di un tale approccio in classe Indicare tre esercizi inerenti la gestione dei conflitti e spiegare come possono essere applicati in classe proporre ed eseguire un esercizio psicodrammatico appropriato, che corrisponda a una situazione di conflitto emersa in una classe di studenti adulti

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1.3. Organizzazione dei materiali e dei workshop La raccolta di materiali presenti in questo manuale mira ad aiutare l'educatore a svolgere semplici esercizi che hanno a che vedere con la gestione dei conflitti in una classe. Tuttavia, il contenuto qui presentato può essere utilizzato anche per organizzare un seminario di formazione, tenuto da uno psicodrammatista, per gli educatori stessi. Tale seminario permetterà ai formatori e ai discenti di espandere la propria percezione dei diversi aspetti dei conflitti di gruppo, che devono essere tenuti in considerazione. Quando possibile, il workshop dovrebbe durare otto ore e svolgersi in un’unica sessione. Qualora ciò non fosse possibile, il workshop dovrebbe tenersi in due giorni, meglio se consecutivi. È preferibile che il numero dei partecipanti sia compreso tra gli otto e i quattordici. Linee guida più specifiche si possono trovare nel manuale per gli istruttori. Questo modulo è diviso in due sezioni principali: un’introduzione alla teoria e una introduzione alla pratica. Ulteriori sezioni completano le informazioni di cui gli educatori avranno bisogno, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati. ● L'introduzione alla teoria comprende 9 sezioni, attraverso cui si esplorano alcune questioni importanti sui conflitti e sulla loro gestione. In particolare, è analizzato il significato di funzionamento normale e non normale del gruppo; come si manifesta e come si risolve una situazione conflittuale nel gruppo; quali sono i principali punti deboli; quale dovrebbe essere l'atteggiamento del leader/conduttore in una situazione di conflitto e quali sono i fattori sociali dei gruppi che dovrebbero essere presi in considerazione. Nella successiva sezione, la Gestione dei conflitti nello psicodramma, si descrive come lo strumento dello psicodramma aiuti a gestire le situazioni difficili, mentre il contributo dello psicodramma è esposto nella sezione Gestione dei conflitti nell’istruzione. ● L’introduzione fornisce esempi di esercizi e di applicazione pratica delle conoscenze acquisite. L'obiettivo degli esercizi è quello di sperimentare un problema in modo spontaneo e inconscio, perché solo quando le persone agiscono senza pensare, mantenendo basse le proprie difese e resistenze, possono comprendere come si rapportano realmente a un problema specifico. In tal modo, i partecipanti cominciano a interrogarsi sui propri meccanismi psicologici e comportamentali, sia in classe, sia in analoghe situazioni presenti nella vita reale ● Vi è inoltre una sezione contenente le considerazioni e i rischi che il conduttore dovrebbe avere presenti quando applica tali esercizi e la responsabilità che deriva dal loro uso. ● Nella sezione che tratta di valutazione, l'istruttore sarà in grado di valutare l'impatto che l'esercizio ha sulla classe. La bibliografia contiene i libri e gli articoli utilizzati per fornire le informazioni presenti in questo modulo. Essa costituisce una guida molto utile per chi desidera ampliare le proprie conoscenze e studiare in modo più approfondito i gruppi nello psicodramma.

2. Introduzione alla teoria I conflitti interpersonali sono universalmente presenti nelle relazioni umane e si rendono particolarmente evidenti nei gruppi di psicoterapia e nei gruppi in genere. Il solo fatto di stare insieme in un gruppo implica una certa quantità di attrito tra i suoi membri. Sebbene tali attriti possano avere un effetto apparentemente “negativo” sul gruppo, essi non sono necessariamente qualcosa di “cattivo” o patologico, di cui doversi sbarazzare. Piuttosto, in quanto “stati di crisi”, i conflitti possono essere visti come normali nelle relazioni sane e, se gestiti correttamente, come opportunità di sviluppo, di crescita e di apprendimento (Bach e Goldberg, 4


1974; Ormont, 1984; Cornelius e Faire, 1989; Gans, 1989). Pines (1988: 57) ha osservato che gli analisti dei gruppi stanno particolarmente attenti a bilanciare gli elementi di collaborazione e di conflitto e a portare all'attenzione dei membri del gruppo la presenza di entrambe queste forze, centripete e centrifughe. I conflitti interpersonali sono così centrali nel processo terapeutico di gruppo, che l'apprendimento acquisito a seguito della loro esplorazione è considerato da alcuni come la conditio sine qua non della terapia di gruppo. Nei gruppi, l'espressione dei sentimenti negativi verso altri membri del gruppo o nei confronti del conduttore può aprire a un livello più intimo e onesto del rapporto e può, in maniera paradossale, contribuire al mantenimento stesso del gruppo, nonché a turbare le relazioni personali. Se il conflitto “aperto” viene negato o soppresso, si manifesterà comunque in modi indiretti, erosivi del rapporto e spesso sgradevoli. Anche se i nostri pensieri associativi diretti verso il concetto di “conflitto” sono quelli negativi di “distruzione”, “amarezza”, “guerra” o “violenza”, se ci fermiamo un attimo a pensare, possono emergere anche pensieri associativi positivi, come quelli di “azione”, “stimolo”, “cambiamento” e “sviluppo”. Questo accade anche nei gruppi terapeutici. Alcuni gruppi sono “estremamente buoni” ed evitano accuratamente il conflitto e la giustapposizione, rispecchiando la mancanza di aggressività del conduttore. Tuttavia, il conflitto è così inevitabile nel processo di sviluppo del gruppo, che la sua assenza indica un deficit. Inoltre, il conflitto può essere persino messo al servizio del gruppo, a condizione che la sua intensità non superi la tolleranza dei suoi membri e a condizione che siano state introdotte norme adeguate nel gruppo. Imparare a gestire con successo i conflitti è un importante passo terapeutico, che contribuisce alla maturazione individuale e a rinforzare le capacità di adattamento e di resistenza emotive (Yalom, 2006: 490‐491).

Iniziamo il nostro compito individuando le parti principali: •

Che cosa significa “funzionamento normale del gruppo”?

• •

Che cosa significa “funzionamento non‐normale del gruppo”? Come si presenta una situazione conflittuale in un gruppo?

Come si risolve un conflitto di gruppo?

Che cosa succede in una “conduzione debole”?

L'atteggiamento del leader in una situazione di conflitto.

Elementi sociali nei gruppi.

La gestione dei conflitti nello psicodramma.

La gestione dei conflitti nell’educazione.

Nota: In questo particolare modulo un dato storico non è una prova. Ogni cornice sociale e culturale definisce il modo in cui ogni individuo funziona, il modo in cui I conflitti emergono, il modo in cui gli aspetti funzionali e non funzionali delle persone, delle personalità, emergono. Una certa soluzione trovata in un particolare contesto non può essere generalizzata. Ciò costituirebbe stereotipo o pregiudizio; in questo modo perderebbe quella particolare sfumatura che riceve in un particolare contesto, nel particolare momento, nel qui e ora.

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2.1. Cosa significa “funzione normale del gruppo”? Una relazione adeguata con il leader, la coesione del gruppo e la fiducia tra i membri del gruppo e il leader, sono presupposti necessari per un processo efficace e un buon esito del gruppo. La ricerca sui gruppi di psicoterapia evidenzia il valore e il ruolo determinante che la relazione tra i membri e il conduttore gioca nella terapia se caratterizzata da fiducia, calore, comprensione empatica e accettazione. Lo scopo è infondere queste virtù nel processo educativo. Un legame forte e positivo tra il leader e il membro confuta le convinzioni depressive e facilita la modifica delle distorsioni cognitive. L’assenza di un collegamento positivo rende le tecniche di intervento inefficaci o persino pericolose Un’adeguata relazione tra il conduttore e il membro nella psicoterapia atomica, nella psicoterapia di gruppo e nei gruppi in generale ha un ampio significato che include la relazione con il conduttore, con gli altri membri, e con il gruppo nel suo insieme. Ci riferiamo a tutte queste relazioni nel gruppo con la definizione: “coesione del gruppo”. La coesione è definita come il risultato di tutte le forze che agiscono su tutti i membri allo scopo della permanenza nel gruppo. La coesione è semplicemente la qualità che rende un gruppo attraente per i suoi membri. I membri di un gruppo coeso sentono, nel farne parte, calore, confort e senso di appartenenza, apprezzano il valore del gruppo e sentono, come contropartita, che anche il loro valore è apprezzato, sono accettati e sostenuti dagli altri membri. Non dobbiamo dimenticare che i membri sono attratti dal gruppo in gradi differenti e che la coesione non è una stabile conquista; una volta ottenuta non significa conservarla per sempre, al contrario, essa mostra grandi fluttuazioni durante il tempo di vita del gruppo. La coesione iniziale e l'impegno sono necessari affinché il gruppo sia in grado di stare in piedi e sopportare il lavoro personale più difficile che verrà nelle fasi successive di sviluppo del gruppo, laddove emergono conflitti e maggior disagio. I membri del gruppo vedono che non solo beneficiano passivamente della coesione del gruppo ma producono loro stessi questa coesione creando relazioni funzionali e durevoli, forse per la prima volta nella loro vita. Appartenere a un gruppo accresce l’autostima e copre I bisogni di dipendenza dei membri del gruppo ma in un certo modo coltiva anche la responsabilità e l’autonomia, dal momento che ogni membro contribuisce al benessere e interiorizza l’atmosfera di coesione. Gruppi con grande coesione hanno una miglior risultato complessivo di gruppi con basso spirito di squadra. Il legame emotivo e la sperimentazione dell'efficacia del gruppo contribuiscono alla sua coesione. Gli individui creano relazioni più soddisfacenti con gli altri membri. Nei gruppi psicoterapeutici molto coesi, i membri mostrano maggiori livelli di apertura, di espansione di sé, di auto‐esplorazione e di accoglienza dei rischi interpersonali. La presenza di coesione all'inizio di ogni sessione e nelle prime sessioni di un gruppo, ha correlazione con i risultati positivi. È essenziale per il gruppo sviluppare la coesione e il leader deve essere attento a comprendere il modo con cui ogni membro la sperimenta. La coesione viene sperimentata a livello interpersonale, intrapersonale di infragruppo. I membri di un gruppo coeso si accettano l'un l'altro, si sostengono e si fidano reciprocamente, tendono a creare relazioni significative nel gruppo e la validazione che ciascuno riceve da parte degli altri membri rappresenta un’esperienza nuova e vitale. In condizioni di accoglienza e comprensione basata sulla fiducia, i membri sono più disposti a esprimere ed esplorare se stessi, a realizzare e integrare alcuni aspetti della loro personalità che non hanno accettato fino ad ora e a relazionarsi con gli altri in modo più profondo. L’ autostima è 6


fortemente influenzata dal ruolo del membro in un gruppo coeso. Il comportamento sociale che l'individuo svilupperà al fine di ottenere l'apprezzamento del resto del gruppo, è anche adatto alla creazione di nuove relazioni sociali fuori dal gruppo. Inoltre, i gruppi coesi sono più stabili, con una presenza nel gruppo più sistematica da parte dei loro membri e con meno alternanze (member turnover). La fine anticipata esclude ogni beneficio per il membro che lascia, ma blocca anche lo sviluppo del resto del gruppo. La coesione favorisce la comunicazione di sé, l'assunzione di rischi e l'espressione creativa di elementi di conflitto facilitando così l'obiettivo del gruppo.

Ricorda Una relazione funzionale tra i membri e il conduttore è caratterizzata da fiducia, calore, comprensione empatica e accettazione. Coesione del gruppo: la risultante delle forze che agiscono su tutti i membri, in modo da farli rimanere nel gruppo. Più semplicemente la qualità che rende un gruppo attraente per i suoi membri. Significato e importanza della coesione.

2.2. Cosa significa “funzione non normale del gruppo”? Quando pensiamo alla funzione non normale del gruppo, ci sono alcuni elementi che ogni leader dovrebbe tenere presenti, a causa del ruolo importante che svolgono nella formazione del gruppo e nel suo progresso. Queste componenti principali sono: la dinamica del gruppo, i sottogruppi che si formano all'interno del gruppo materno/gruppo di lavoro e lo “spostamento” dagli obiettivi primari dei membri al momento dell’ingresso nel gruppo, verso altri scopi e soddisfazioni secondarie.

2.2. A) Gruppo dinamico Un riferimento analitico agli obiettivi di sviluppo che compaiono nel processo di un gruppo è già stato fatto nel Modulo 2: Il potere del gruppo e citato nei relativi Materiali didattici, al punto 2.4.a. Fasi di gruppo. Quindi si raccomanda, se necessario, di consultare quel modulo e leggere l'intera citazione, al fine di ricordare come la dinamica di gruppo cambi e influenzi il suo processo. Le prime sessioni di un gruppo sono caratterizzate da una dinamica causata dal fatto che i membri si concentrano sui rapporti di forza. Durante questo periodo, l'esperienza e le azioni dei membri sono influenzati dalle loro precedenti esperienze con figure che rappresentano l’autorità e dal desiderio di ri‐creare quei sistemi di relazione all'interno del gruppo, al fine di accrescere il potere di esprimersi liberamente e creativamente (Clayton, 1994). All'inizio di una serie di sessioni di gruppo, i membri di solito idealizzano il conduttore. Essi si rivolgono lui per ogni singola risposta, cercano l'approvazione e l'accettazione da parte dell’autorità. Questioni importanti che li occupano sono la ricerca di accettazione e di approvazione, l'impegno per il gruppo, la determinazione del comportamento accettato, la ricerca di orientamento, struttura e significato. Nel procedere del gruppo, i membri sono occupati con questioni come il dominio, il controllo e l'autorità e qui si pone frequentemente la questione del conflitto. 7


Il conflitto nasce sia tra i membri, sia tra i membri e il conduttore, dal momento che ognuno dei membri cerca di determinare qual è il grado di iniziativa e di potere che il conduttore preferisce. Un'ambivalenza verso il leader inizia quando i membri cominciano a rendersi conto che lui non ha le qualità “magiche” che gli vengono attribuite. Il conduttore non può soddisfare le aspettative illimitate dei membri, per quanto capace egli sia. Intorno alla quinta sessione, alcuni o tutti i membri del gruppo possono interagire tra loro a due a due in un modo amichevole e le conversazioni svilupparsi senza riferimento al conduttore del gruppo, quindi possiamo concludere che un nuovo warming up si sviluppa spontaneamente tra i membri (Clayton, 1994). Inoltre, alcuni membri possono iniziare a mettersi contro il conduttore. Cominciano a mettere in dubbio l'intera procedura, se abbia o meno un senso e ad avere anche dubbi sudi lui. Questo è il momento in cui nasce la paura che il senso positivo del gruppo venga distrutto. È il momento in cui ognuno si pone profondamente dentro le questioni personali e inconsciamente resiste, assumendosi la responsabilità. In questa fase, alcuni membri possono abbandonare il gruppo. Tra la sessione decima e ventesima possono aver luogo dei distacchi.

Un conduttore di gruppo percettivo valuterà ciò che si sta sviluppando nel gruppo nella quinta sessione e seguenti e naturalmente mobiliterà altri ruoli nella loro personalità, appropriati a questa nuova situazione. Il modo in cui il conduttore si pone e gestisce il conflitto gioca un ruolo determinante nel modo in cui il gruppo si svilupperà e può costituire un'esperienza preziosa e proficua per lo sviluppo personale dei membri o portare anche alla dissoluzione del gruppo.

2.2. B) Sottogruppi La creazione di sottogruppi è un fatto inevitabile e spesso dirompente nella vita di gruppo, ma può anche promuovere il lavoro di squadra, se lo comprendiamo e lo usiamo in modo appropriato. Spesso la preoccupazione dei membri per la loro relazione e per la loro condizione personale, stimola la creazione di sottogruppi. Un sottogruppo appare nel gruppo a causa della convinzione di due o più componenti che possa derivare più soddisfazione da una relazione tra loro, che all’interno del gruppo nel suo complesso. Nei gruppi terapeutici dei membri che violano le sue norme con relazioni segrete, scelgono di soddisfare i propri bisogni, invece di mirare al loro cambiamento personale, motivo principale per cui sono in terapia. È importante notare che il comportamento fuori dal gruppo che non è “portato” all’interno del gruppo, si trasforma in potente resistenza. Al contrario, il comportamento fuori dal gruppo, che è portato all’interno del gruppo successivamente e che in quella sede viene sviluppato, può dimostrarsi di grande valore terapeutico. La creazione di sottogruppi può dimostrare un elevato grado di ostilità che non viene liberata nel gruppo, ostilità soprattutto verso il leader. Questo è più possibile che accada quando la leadership è autorevole e restrittiva. I membri che non sono in grado di esprimere direttamente la loro rabbia e la frustrazione per il conduttore, liberano i loro sentimenti indirettamente attraverso la creazione di un sottogruppo o trasformando un membro in un “capro espiatorio”. Altre volte, la creazione di sottogruppi rivela problemi nello sviluppo del gruppo. La mancanza di coesione all'interno del gruppo incoraggia i membri a ritirarsi dalle grandi e complesse relazioni convergendo in sottogruppi più semplici, più piccoli e più funzionali. La socialità fuori dal gruppo è spesso il primo stadio della creazione di sottogruppi. Una cricca di due, tre o più membri può iniziare a parlare al telefono, incontrarsi per un caffè, scambiarsi visite, ecc. I membri di un sottogruppo possono essere 8


riconosciuti da un codice di comportamento: concordano indipendentemente da quale sia il tema, evitano contrapposizioni, possono scambiarsi occhiate significative quando qualcuno fuori della cricca parla, arrivano e partono insieme. Il loro desiderio di amicizia supera il loro impegno di esaminare il loro comportamento. La creazione di sottogruppi può avere un risultato estremamente dirompente nel progresso del gruppo. Sia che una persona sia inclusa o esclusa da un sottogruppo, le difficoltà emergono lo stesso. Coloro che sono inclusi in un sottogruppo di due o più persone spesso sentono che la vita nel gruppo è molto più complessa e, infine, meno soddisfacente. Quindi il membro trasferisce la sua fiducia dagli obiettivi di gruppo agli obiettivi del sottogruppo. Si dimentica che l’obiettivo primo dell’ingresso in un gruppo era la possibilità di essere agevolato nell’esplorazione dei rapporti personali, nell’ampliamento della conoscenza o qualsiasi altro motivo. L'esclusione da un sottogruppo complica anche la vita del gruppo, in quanto può stimolare una sensazione di stress che è collegata con precedenti esperienze di esclusione. I sottogruppi, con o senza rapporti sociali fuori dal gruppo, non sempre sono dirompenti. Se gli scopi del sottogruppo concordano con gli obiettivi del gruppo di lavoro, la formazione di sottogruppi può infine aumentare la coesione del gruppo. Il principio è chiaro e fondamentale: qualsiasi contatto fuori dal gruppo può dimostrarsi utile, se gli obiettivi del gruppo materno non vengono abbandonati. Il sottogruppo non è di per sé distruttivo per il gruppo, ma la congiura del silenzio che di solito lo circonda potrebbe esserlo. 2.2. C) Scopi primari, soddisfazione secondaria Il compito primario di ogni gruppo, terapeutico, educativo o altro, è quello di raggiungere i suoi obiettivi iniziali, ma appena il gruppo comincia il percorso succedono cose strane: membri che “dimenticano” lo scopo primario per il quale sono entrati nel gruppo. Spostano la loro energia dal loro scopo originario per perseguire altri obiettivi secondari nel gruppo. Questo spostamento in relazione allo scopo del gruppo, così come la tensione dinamica tra loro, offre al conduttore un'informazione importante sul gruppo e suoi membri. 2.2. D) Il lavoro di gruppo Il gruppo di lavoro è l'aspetto del funzionamento del gruppo che ha a che fare con il vero compito del gruppo. Un gruppo può avere il compito di pianificare un programma, un altro di rivedere le attività dell'anno e un altro di studiare il comportamento del gruppo o di esplorare il comportamento socialmente inaccettabile. Il gruppo di lavoro funziona nello stesso modo dell'ego di una persona razionale e matura. Il gruppo di lavoro è quindi consapevole del tempo e dei processi di apprendimento e di sviluppo. Quindi ci sarà accettazione e tolleranza per il fatto che i membri del gruppo possono aver bisogno di una certa quantità di tempo per risolvere un problema o sviluppare un nuovo modo di funzionare. Il gruppo di lavoro definisce il suo compito e quindi crea una struttura che sarà in grado di assistere la realizzazione di tale compito. Per esempio, un gruppo può decidere di nominare un tesoriere per raccogliere le quote e assegnare ad altri membri del gruppo lo svolgimento di compiti specifici per il bene del tutto. L'individuo è in questo gruppo per scelta e il suo interesse si identifica con l'interesse del gruppo. Il Gruppo di lavoro è in contatto con la realtà e verifica costantemente le sue conclusioni in uno spirito scientifico. Si cerca la conoscenza, si impara dall'esperienza, e come meglio raggiungere l’obiettivo è costantemente oggetto di discussione. 9


2.2. E) I gruppi Three Basic Assumption (ba Groups) Gli assunti di base sono stadi primitivi della mente che emergono automaticamente quando gli individui si riuniscono. Le fantasie e le unità emotive, associate agli assunti di base, dominano inconsciamente un gruppo e funzionano in modo tale da interferire con il compito assunto. Così, in un gruppo di sviluppo della persona i membri cominceranno ad agire come se si fossero incontrati per uno scopo diverso da quello di sviluppare le loro capacità. Come appena affermato gli assunti di base sono inconsci. Così sono taciti, non detti e inconsapevoli. Essi possono essere esplicitati solo attraverso un processo di deduzione. Le conclusioni sono delineate sulla base dello stato emotivo del gruppo (Bion, 2009). Per ulteriori informazioni: Three Basic Assumption Groups (ba Groups), vale a dire: Basic Assumption Dependency (baD), the Basic Assumption Fight, Flight group and the Basic Assumptions Group, informazione reperibili nella bibliografia relativa a W.R. Bion.

Ricorda Il gruppo dinamico e gli obiettivi di sviluppo che compaiono nel processo di un gruppo. Significato dei conflitti e quando appaiono nel gruppo. Significato e impatto della creazione di sottogruppi. Il modo in cui funziona il gruppo di lavoro e il modo “come se” in cui funzionano i gruppi Three Basic Assumption. In conclusione, c'è una linea sottile tra il gruppo esperienziale con finalità educative e il gruppo esperienziale con scopi terapeutici. Se il gruppo educativo esperienziale diventa più “personale” ed “emozionale”, sarà probabilmente sciolto perché sarà distratto dai suoi obiettivi iniziali.

2.3. Come si esprime in un gruppo una situazione conflittuale Una situazione di conflitto nel gruppo può provocarsi sia tra i membri e / o tra i membri e il leader, e può essere espressa direttamente o indirettamente. Il gruppo non è mai del tutto compatto nell'attaccare il leader. Succede sempre che alcuni membri del gruppo si uniscano agli attaccanti e alcuni altri si uniscano ai sostenitori del conduttore. Il leader può avere difficoltà a percepire il senso profondo del conflitto espresso. Alcuni membri possono venire in ritardo al gruppo, dopo l'inizio o possono entrare in classe con ritardo dopo l'intervallo. Il leader può notare che mentre sta parlando, i membri cambiano discorso. Alcuni possono avere sottogruppi formati. Un esercizio sociometrico con il criterio di “a quale mi sento più vicino?” descrive anche le relazioni tra i membri e contribuirà a far sì che il leader si faccia un’idea. I disaccordi possono essere espressi o può comparire inattività e ritrazione, i membri siedono sulle sedie e non vogliono alzarsi e giocare o si rifiutano di esprimersi. Possono parlare in generale su un argomento ed evitare di porre l’attenzione su qualcosa in particolare, ad esempio, “Tutti gli psicologi sono...”. In ogni caso, il leader deve percepire il disaccordo e portarlo in superficie, altrimenti i membri abbandoneranno il gruppo e il gruppo finirà per sciogliersi. Dal momento in cui il conflitto inizia, segue un determinato percorso. Entrambe le parti sviluppano l’idea di aver ragione, in pratica la convinzione che loro hanno ragione e che gli altri hanno torto, che loro sono i buoni e gli altri i cattivi. Inoltre, anche se in quel momento non viene riconosciuto, entrambe le parti sostengono il 10


loro punto di vista con la stessa certezza. In questo caso, abbiamo tutti gli elementi perché si crei una tensione profonda e continua, la quale può condurre in un vicolo cieco.

Ricorda Il conflitto si esprime sia tra i membri e / o tra i membri e il leader, direttamente o indirettamente. Presta attenzione al modo in cui il conflitto sottostante viene espresso. 2.4. Come si risolve un conflitto di gruppo? Di solito ciò che avviene è una frattura nella comunicazione. Entrambe le parti smettono di ascoltarsi con un certo livello di comprensione. Se entrambe le parti in causa si trovassero ora in una circostanza sociale, la cosa più probabile sarebbe che a questo punto interrompessero il loro rapporto e in quel modo non essere mai più nella condizione di poter chiarire i malintesi. Le parti in causa non solo smettono di ascoltare, ma è possibile che inconsciamente distorcano la percezione l’uno dell’altro. La loro percezione è filtrata da uno schermo di stereotipi. Le parole e le azioni dell'avversario sono distorti, in modo da adattarsi a un punto di vista che è stato stabilito in anticipo. Ognuno vede le sue azioni come oneste e logiche e quelle dell’altro l'altro di come mediate e calcolate. Ecco perché è molto importante stabilire rapidamente uno spirito collettivo nella vita di un gruppo, al fine di evitare una tale sequenza. Per la gestione efficace del conflitto di gruppo, il presupposto primario è la coerenza. I membri devono sviluppare un senso di fiducia e rispetto reciproci e apprezzare il gruppo come un mezzo importante per la soddisfazione delle loro esigenze personali. È di grande importanza preservare la comunicazione per la sopravvivenza del gruppo e per una comprensione di sé migliore. Il gruppo coerente si astiene dall’utilizzare caratterizzazioni di disistima ma procede verso la comprensione di quegli aspetti degli altri che ci fanno arrabbiare o aspetti nostri che fanno arrabbiare gli altri. Deve diventare chiaro che tutti sono qui per sviluppare una migliore comprensione di sé e non per colpire gli altri e danneggiarli. Quando un membro sente che gli altri lo accettano e cercano di capirlo, si rilassa, sente meno il bisogno di rimanere bloccato nei vecchi modelli di comportamento e forse diventa più disposto a esplorare aspetti diversi di sé e nuovi ruoli della sua personalità. Quando l’empatia cresce, la gestione dei conflitti è facilitata. A questo punto è bene sottolineare che l'obiettivo finale non è quello di abolire definitivamente il conflitto. Il conflitto continuerà a emergere nel gruppo, nonostante la gestione efficace dei conflitti precedenti e nonostante l’importanza dell’esistenza di rispetto e calore reciproci. Il lavoro del leader è quello di utilizzare il conflitto in favore della maturazione dei membri. Quando le persone si arrabbiano l’una con l’altra, ciò di per sé dimostra quanto siano importanti l’una per l’altra e quanto si prendano sul serio. Per i membri che hanno difficoltà a esprimere la loro rabbia, il gruppo è un posto sicuro per cercare di esprimerla. Per i membri che reagiscono aggressivamente, il gruppo è un luogo di sperimentazione per testare come esprimere se stessi. È uno stimolo a riconoscere più rapidamente che sono arrabbiati osservando il linguaggio del loro corpo: i pugni sono stretti, la bocca è serrata, riconoscono che altri possono reagire negativamente a un certo loro comportamento, ma che ancora li apprezzano. Vale la pena sentire che essere diretti e onesti non è né pericoloso né distruttivo e può giocare a loro favore. 11


I leader tentano di convertire il processo del conflitto in una circostanza di apprendimento per i membri. Oltre che dalle “fonti” della loro aggressività, possono ottenere grandi risposte rendendosi consapevoli del modo in cui l’hanno espressa. Nello psicodramma, nel corso di un intervento, la tecnica del mirroring o inversione di ruolo può fornire al membro un utile riscontro sulla sua postura, la posizione del corpo, mimica facciale, comportamento. Egli può rendersi conto della divergenza tra la sua intenzione e la sua azione finale o reazione, ciò va ad accrescere in maniera importante la consapevolezza di sé. La gestione di conflitti contribuisce allo sviluppo della tolleranza emotiva dei membri e la condivisione di sentimenti intensi aumenta l'importanza del rapporto. La coesione del gruppo aumenta quando i membri sperimentano insieme intense esperienze emotive, indipendentemente dalla natura delle emozioni.

Ricorda Presupposti necessari per la gestione efficace delle situazioni di competizione e di confronto sono la coerenza e il mantenimento comunicazione. L'obiettivo finale non è quello di abolire definitivamente il conflitto. Il conflitto continuerà a emergere nel gruppo. L'obiettivo del leader di ogni tempo è quello di utilizzare il conflitto in favore della maturazione dei membri. 2.5. Quali debolezze si presentano nella conduzione? La gestione di un conflitto è un lavoro duro: ci sono tante delicate questioni che il leader dovrebbe tenere presenti e tale è la complessità delle dinamiche emerse, che possono insorgere alcune debolezze nella conduzione. Quando i membri del gruppo si esprimono, alcuni sono positivi, altri negativi e altri sono neutrali. Per questo, possono nascere sottogruppi intorno a individui che esprimono un particolare insieme di valori in modo più efficace. Alcuni membri possono spingere il leader a prendere posizione su ciò che sta succedendo e il leader può scivolare sul diventare parte di un sottogruppo. Il conduttore del gruppo può prendere una posizione, ma il punto è come si esprimerà in modo da non bloccare l'espressione dell'individualità degli altri e come riuscirà a connettersi con gli altri nel momento esatto in cui stanno cercando di comporre il sottogruppo. I conduttori che hanno sviluppato la capacità di stabilire nitide e rapide comunicazioni sociometriche in modo che tutti siano coinvolti, creano un senso di compagnia e una sensazione positiva tra tutti. La loro posizione è anche più stabile. La partecipazione a un'attività sociometrica neutra pone tutti alla ribalta e mette in grado di lavorare al superamento di qualsiasi paura di esporsi. A questo punto sana audacia e coraggio cominciano a svilupparsi. Ogni sottogruppo è anche associato con determinati ruoli e gruppi di ruoli. Molte persone nelle conversazioni della vita di tutti i giorni, così come in altre situazioni formali di gruppo, fanno riferimento alle incapacità degli altri. Questo è riconducibile al desiderio di molti di mettersi in una posizione di superiorità e ridurre il resto del mondo a una posizione di inferiorità. Una volta stabilite le posizioni superiori e inferiori, è solo un piccolo passo in più per la persona “superiore” assumere il ruolo di stabilire quali sono i problemi della persona “inferiore” e impostarla su un nuovo percorso (ad esempio, il consigliere ansioso, il pensatore razionale). Questo modo di sostenere altre persone conduce ad antichi e ripetuti fallimenti. Il sistema di relazioni che lo psicodramma incoraggia, comporta una più 12


ampia analisi e lo sviluppo di un sistema di relazioni in cui entrambe le persone sono attivamente coinvolte in aspetti rilevanti del lavoro. Quando il leader inizia a concentrarsi sulla possibilità che i membri del gruppo spontaneamente si esprimano in forme che non è in grado di prevedere e sviluppano conflitti complessi che hanno urgente bisogno di risolvere, il leader può benissimo trovarsi a pianificare una certa strategia. Qualsiasi strategia darà al leader un forte senso del suo ruolo. Il guaio è che qualunque strategia pensata per sentirsi più sicuri crea immediatamente una barriera tra il conduttore e ciascun individuo del gruppo. L'antidoto a tutto questo è che il leader rifletta con calma su chi è. Se in qualità di leader fa questo, si renderà conto che c'è qualcosa dentro di lui a cui potrà attingere nel momento stesso in cui un membro del gruppo gli lancia una palla inaspettata. Lui sarà in grado di dare una risposta in quel momento stesso e quindi non vi è necessità di sviluppare una strategia in anticipo. Non è necessario per il conduttore far valere il potere o l’autorità associata al suo status di leader del gruppo (ad esempio lo stratega organizzato, il giudice che non sbaglia mai). Quando un leader dipende dal suo status, egli elaborerà concetti associati al controllo. D'altra parte, ogni leader ha sperimentato l’importanza di essere modesti nel condurre un gruppo. Quando lo fa è più a suo agio con se stesso e anche a proprio agio con altre persone. Diventa possibile stare insieme, per apprezzare e godere l'un l'altro, essere gentili e disponibili. Il suo campo visivo si espande. C'è una percezione più intensa delle reciproche azioni. È possibile conoscere le emozioni degli altri e tenere alta l'atmosfera generale della stanza. E questo è un bene, perché la sua opera come leader del gruppo richiede la conoscenza di ogni persona. Non è lì per relazionarsi alla maschera dietro la quale si nasconde ogni persona, vuole conoscere le persone come sono realmente. E quando fa questo sa di aver colto l’occasione per cui una persona fa emergere una questione complessa e sperimenta un senso di soddisfazione interiore. In tutto il lavoro di gruppo sperimentiamo il fatto che l'apprendimento ci proietta nel nuovo, ma nello stesso tempo vogliamo rimanere attaccati al vecchio e al familiare. Quando qualcuno ci dice qualcosa la nostra mente cerca di giocarci brutti scherzi e di tradurre tutti i nuovi elementi in qualcosa di vecchio. Ci mancano le sfumature. Ci manca la gioia di entrare in contatto con gli elementi unici nella persona che si rivolge a noi. Le nostre menti si occupano di alcuni aspetti del contenuto di una frase e li riducono a una caricatura. Nel lavoro con i colleghi ci troviamo costantemente delusi dalle risposte limitate che riceviamo. Nel nostro lavoro come leader del gruppo o membri del gruppo facciamo grandi sforzi per dire qualcosa di significativo che un’altra persona del gruppo si respinge con una scrollata di spalle o dicendo qualcosa del tipo: “Hai ragione, ma non mi racconti niente di nuovo”. Voi sapete che hanno omesso di ascoltare. C'è già molto isolamento in questo mondo e ancora in molti gruppi ognuno parla solo di se stesso. A volte l'ostinazione del leader del gruppo è un fattore rilevante. Il leader del gruppo può ostinatamente voler mantenersi sulla relazione di potere ritenendo che un po' di lavoro su questo potrà essere d’aiuto a un membro del gruppo per arrivare a una risoluzione permanente di un suo conflitto di potere. Vi è anche il bisogno emotivo del leader di restare al sicuro, concentrandosi sull’ambito a lui familiare delle relazioni di potere. Una persona del gruppo afferma che vogliono rimanere saldi di fronte alle critiche. Subito un altro membro del gruppo stabilisce che possono veramente identificarsi con questa questione perché hanno lo stesso problema. Ogni persona vuole ottenere qualcosa per se stessa. A volte persone diverse in gruppo vengono associate e non vi è alcuna apparente connessione Eppure, anche se ci sono sempre forze che ci spingono a sostenere modelli semplici, è necessario rendersi conto che non siamo affatto come gli altri e che compiamo uno sforzo a entrare nella 13


situazione degli altri. In ultimo dobbiamo imparare a stare con gli altri e insegnare loro a stare con noi. Quando è emersa una situazione di conflitto, è molto importante che il leader non cerchi di cambiare ciò che viene espresso, ma piuttosto di sperimentare ed esplorare, per agire come un esploratore di fiducia. È meglio stare con i membri del gruppo, piuttosto che cercare di ottenere che i membri del gruppo facciano certe cose. Naturalmente è necessario sviluppare la capacità di abbandonare ogni tendenza a controllare il contenuto di quello che gli altri esprimono o il mezzo con cui si esprimono. È necessario non placare ciò che emerge ma lasciare che si sviluppi al fine di rafforzare l'espressione dei diversi punti di vista. Tuttavia, al fine di smettere con il bisogno di controllo, occorre rimanere consapevoli di noi stessi e di quello che sta succedendo intorno a noi, di mantenere anche un atteggiamento di apprezzamento o di soddisfazione. Questo è ciò che deve essere considerato da tutti i leader di un gruppo. Il leader deve rafforzare i membri che hanno difficoltà a far emergere il conflitto e a lasciarlo aperto, il che significa rimanere in contatto con il loro io interiore senza cercare risposte rapide tipo “perché sto facendo questo?”. Lo stesso lavoro è richiesto al leader con i membri che facilmente entrano in conflitto, che significa imparare, nonostante la loro rabbia, a rimanere in contatto con se stessi. È bene lasciare una giusta quantità di tempo per l'espressione del conflitto e non chiuderlo frettolosamente. È bene esplorare i sottogruppi che si formano, i membri che evitano conflitti, i membri che perseguono il conflitto, i membri che sostengono il leader e i membri che sono contro di lui. Quando appare una situazione di conflitto, la risposta del leader deve essere immediata e drastica, maggiormente quando non c'è espressione indiretta, lo scherno nei confronti di alcuni membri del gruppo ecc. Quando un leader risponde immediatamente e in modo pertinente al membro del gruppo che è più riscaldato dal lavoro del gruppo, il livello di spontaneità del gruppo aumenta. E in materia di interazioni emergenti, qualunque cosa questa interazione possa essere, pone il leader in contatto con l’essenza vitale del gruppo. L'intervento deve essere rapido e deciso ogni volta che una soluzione restrittiva viene stabilita. L'intervento può essere fatto da chiunque nel gruppo. Se i membri del gruppo fanno l'intervento è ottimo poiché indica lo sviluppo di una capacità di creare attivamente un futuro migliore. Tuttavia, se nessun membro del gruppo fa un intervento, poi lo fa il leader del gruppo. A volte un gruppo vuole sentirsi a suo agio per tutto il tempo e si rifiuta di contribuire a illuminare gli angoli bui o a entrare in zone sconosciute. A volte un conduttore del gruppo dovrà concentrarsi fortemente sul mettere in rilievo le forze creative motivanti. Che i membri del gruppo e i conduttori mantengano un contatto emotivo è requisito importante per lasciar andare il vecchio e sviluppare qualcosa di nuovo. Ovviamente è anche necessario che siano fisicamente presenti nel gruppo. Particolarmente nelle prime sedute di un gruppo, ci sono molti momenti in cui gli individui fanno una mossa per rompere il contatto emotivo. Il catturare questi momenti è un fattore importante nello sviluppo della norma del gruppo che ognuno sia presente all’altro mantenendo il contatto con la propria esperienza. Ogni volta che viene fatto uno sforzo per aprire il gruppo a una più ampia gamma di prospettive, singoli membri del gruppo fanno sforzi opposti per rimanere entro ambiti familiari e stereotipati. Lo sforzo di allargare gli obiettivi è, prima o poi, contrastata perché la paura del nuovo e la sua gestione porta al conflitto interno. Qualsiasi analisi conosciuta e stereotipata promette un’accogliente e sicura esperienza. Tale apertura all’esterno stimola il warm up di ogni membro del gruppo, non solo per le proprie questioni individuali, ma per le esperienze di vita degli altri membri del gruppo. Dal momento in cui tutte le persone entrano in una 14


comunicazione più intima sperimenteranno sempre qualche difficoltà. Ci sarà un vuoto, un vuoto nella loro esperienza appena si aprono a qualcosa di nuovo. È essenziale che i leader evitino di sottolineare eccessivamente la presenza di una difficoltà o la presenza di un vuoto. Piuttosto vi è la necessità di mantenere un atteggiamento tale che gli individui possano andare avanti anche in mezzo a una difficoltà o un’esperienza vana. Eccessiva enfasi su quanto sia difficile può portare alcuni membri del gruppo a diventare introspettivi o giocare al “povero me”, per concentrarsi sulle relazioni che non hanno portato a nulla e sul sentirsi dispiaciuti per se stessi. Un leader del gruppo fa costantemente valutazioni sull’equilibrio delle forze in campo in ogni situazione di gruppo. Ci sono forze motivanti che spingono le persone ad andare avanti per trovare qualche nuovo modo di vivere. Le forze motivanti si oppongono alle forze di reazione che sono dominate da qualche paura. Le soluzioni a cui un gruppo arriva sono il risultato degli sforzi per fare i conti con il conflitto tra le forze motivanti e reattive. I membri del gruppo portano una vasta gamma di problemi, tra cui le esperienze di sconfitta. Il gruppo ha un grande valore per loro quando sono in grado di ri‐ sperimentare le loro preoccupazioni in un nuovo contesto. I vecchi schemi difensivi possono essere eliminati in modo sicuro in un contesto in cui le persone vengono accettate e anche apprezzate e dove anche gli altri sono attivamente coinvolti nella discussione di questioni rilevanti che li riguardano o attraverso l'insegnamento e il coaching. Inoltre, è molto importante rendersi conto che questo leader del gruppo non è uno stratega. Ciò tende a creare un clima di sicurezza e aiuta a liberare il gruppo dalle preoccupazione legate alle vecchie battaglie contro le figure di potere. Il gruppo è libero, nello stare insieme dei suoi membri, per fare esperienza l’uno con l’altro, nella situazione “qui e ora” , alla pari. Quando un leader funziona come una sorta di “amante della vita” e come un esploratore della fiducia, o qualcosa di simile, la capacità dei membri del gruppo di scrivere il proprio script su come vanno avanti e su come spiegano la loro vita, migliora. Semplicemente il fatto che un membro del gruppo affermi la voglia di esprimere la rabbia o di concentrarsi su qualche altro aspetto della propria personalità, non è per il leader una buona ragione fissarsi su coloro che agiscono in un modo differente. La capacità del leader di mettersi in relazione con gli obiettivi reali dei membri del gruppo e anche di essere sensibile alle realtà emergenti richiede un alto livello di spontaneità. Un leader / conduttore con la spontaneità, l'apertura e l'ottimismo riuscirà a mettersi in relazione con il nuovo.

2.6. Elementi sociali nei gruppi I valori delle diverse culture e sub‐culture influenzano il funzionamento di ogni membro di un gruppo. Qui metteremo in evidenza il valore di esplorare le influenze sociali e il loro impatto sui singoli all’interno dei gruppi e discutere i mezzi per effettuare l'esplorazione in modo produttivo. Il funzionamento personale di ogni essere umano mostra chiaramente l'influenza delle diverse culture in cui abbiamo vissuto e della cultura in cui viviamo attualmente. Nei diversi ruoli che giochiamo c'è una mescolanza peculiare di elementi sociali e psicologici. La natura di tale fusione varia notevolmente. Ad una estremità della scala l'influenza del mantenimento di ruoli sociali della cultura può dominare a tal punto che il nostro funzionamento stereotipato e prevedibile comporta poco interesse sia per noi stessi sia per altri. Una preponderanza di ruoli sociali nella nostra vita quotidiana ci porta allo sconforto. Se questa situazione si protrae per un lungo periodo di tempo, è un compito difficile resuscitare qualsiasi scintilla creativa e disegnare un nuovo percorso per noi stessi. All'altra estremità 15


della scala l’individualità di una persona può essere sviluppata a tal punto che il resto del mondo può non vedere alcun senso nel loro comportamento. Un individuo che non tiene conto della storia, i valori e le norme della cultura e sub‐culture che lo circonda può essere considerato come una stranezza o divenire un oggetto di scherno ed essere costretto a vivere in isolamento dal resto del mondo. Una tale persona può perfino giungere a essere un combattente arrabbiato, o uno scrittore di manoscritti che non vengono mai pubblicati, o un oratore di bolle di sapone il cui pubblico non lo prende sul serio. Nelle sessioni di gruppo emergono varie preoccupazioni e tematiche. Il modo in cui singoli membri del gruppo e sottogruppi affrontano ogni preoccupazione o tema è influenzato dalle forze sociali. Il tipo e l'entità di questa influenza rimane solitamente fuori dalla consapevolezza dei membri del gruppo a meno che il leader del gruppo faccia uno sforzo particolare per modellare il gruppo in modo tale che i membri del gruppo “si riscaldino” su questa questione. Consideriamo una situazione in cui i membri di un'organizzazione si sono incontrati allo scopo di riorganizzare il loro sistema di lavoro. Il leader del gruppo ha chiesto loro di dividersi in gruppi di lavoro più piccoli di cinque, al fine portare a termine i compiti specifici. Viene formato un gruppo di cinque persone Un gruppo di quattro persone è in fase di definizione. Ci sono due gruppi di tre persone. C'è una persona che sta in piedi ed è sola. C'è un altro gruppo di cinque che è in via di formazione. Il gruppo di cinque persone che si è già formato lascia rapidamente la stanza. Hanno un atteggiamento di superiorità verso gli altri. Il leader chiede che cosa stanno facendo e rispondono, in un modo superficiale, che il loro gruppo è già formato e hanno in programma di incontrarsi in un altro luogo per completare il loro compito. A questo punto un certo numero di altre persone nella stanza sta ignorando il fatto che essi stanno lasciando la stanza. Alcuni membri del gruppo non se ne accorgono neppure. Gran parte del funzionamento del gruppo a questo punto è espressione di schemi abituali in diverse sottoculture. Ad esempio, il gruppo di cinque che stanno lasciando ha il seguente atteggiamento “sto bene Jack, finalmente mi sono organizzato e molto male per te se non sei riuscito a organizzarti”. Vi è anche l'atteggiamento di fare le cose il più rapidamente possibile, senza perdere tempo, anche se le azioni rapide sono svolte senza pensare e hanno un effetto negativo sugli altri. Alcuni di coloro che hanno ignorato il gruppo uscente ha tenuto degli atteggiamenti di una sub‐cultura che valorizza la non ingerenza in quello che fanno gli altri, indipendentemente dal costo di questo comportamento Alcuni di coloro non si accorgono nemmeno che il gruppo uscente ha mantenuto attivi i valori di una sottocultura isolazionista che non possedeva il concetto di portare a termine un compito collettivo. In questo caso particolare il leader ha coinvolto tutti nel compito di individuare gli elementi della cultura che li ha influenzati a ignorare il compito di tutto il gruppo e a perseguire i propri obiettivi immediati. Questo compito è stato svolto per breve tempo. I membri del gruppo sono diventati molto più consapevoli delle loro azioni e si sono impegnati subito a tener conto di tutto il gruppo. Hanno sviluppato strumenti migliori per lavorare in collaborazione con il tutto. In definitiva ciò ha determinato un clima più vivace nell'organizzazione. L’investigazione produttiva dei fattori sociali richiede un atteggiamento di apprezzamento da parte del leader e dei membri del gruppo. L’apprendimento procede più facilmente se ci permettiamo di essere consapevoli di tutto ciò che la vita sta ponendo davanti a noi. Il tentativo di comprendere i fattori culturali prima ancora di entrare nell'esperienza delle diverse forze culturali in gioco si traduce in un approccio del “so tutto”. Fingere di capire in anticipo rende l'apprendimento frustrante e doloroso. Un leader del gruppo che pensa di capire tutto sui valori di una particolare cultura può svolgere un ruolo contraddittorio con i membri del 16


gruppo. Il lasciar perdere qualsiasi posizione superiore che implica il possesso di conoscenze in anticipo contribuisce al raggiungimento di questa condizione rilassata che va di pari passo con le scoperte reali. L’esplorazione sociale porta a una maggiore consapevolezza dell'impatto dei valori dei gruppi sub‐culturali sul funzionamento degli individui nonché sul funzionamento del gruppo in un'organizzazione o un in gruppo. La maggiore consapevolezza e il pensare attraverso le situazioni si traducono in una migliore integrazione dei valori sociali e individuali e in un gruppo di lavoro più coeso. (Clayton, 1994).

2.7. Gestione dei conflitti nello psicodramma La filosofia psicodrammatica contiene termini come la spontaneità, la creatività, l'apertura, lo sviluppo, la gioia, l'apprezzamento, l'espressione, la condivisione e la reciprocità. Appoggiando questa filosofia, il leader cerca di portare ogni individuo a un punto in cui si formano e stabilizzano pensiero e sentimento profondo Nel condurre un gruppo cerchiamo di mantenere tutti i membri e l'intero gruppo in contatto con la loro vera essenza e non con le maschere che indossano. Il leader continua a fare questo anche quando compare una situazione di conflitto. È molto importante che il leader rimanga aperto a tutto ciò che è in arrivo nel gruppo, che si approcci e si avvicini con l’atteggiamento di chi vuole saperne di più, di vuol conoscere. Più aperto e accettante è il leader è verso una situazione nuova, più contribuisce alla sincera espressione delle individualità dei membri. Più i membri esprimono il loro vero io più guadagnano una migliore comprensione di se stessi e diventano più funzionali perché sviluppano un atteggiamento di accettazione verso il loro funzionamento. In una situazione di conflitto, il leader è chiamato a mantenere ogni membro in contatto con se stesso e la sua tensione interiore. Deve migliorare l’espressione di tutti gli aspetti di se per consentire alla rabbia o a qualsiasi altro sentimento di esprimersi, per farli uscire e non placarli. Vi è un lavoro difficile da fare sia da parte dei membri sia da parte del leader, come la gestione del nuovo che porta conflitto. La paura per il nuovo, la paura per il cambiamento, porta conflitto interno e ci fa “attaccare” al vecchio e ripetere i vecchi modelli di vita, anche quando non ci piacciono o ci rendiamo conto che non ci sono funzionali. Di ciò c’è evidenza in situazioni sociali, politiche o culturali. L'intervento psicodrammatico sottolinea l'importanza del collegamento tra i membri e leader senza giudizi razionali, stereotipi preesistenti e consigli. Il rispetto per tutti, il valorizzare la continuità nella comunicazione, porterà prima o poi a un migliore e più integrata senso di sé e a rapporti migliori e più funzionali.

2.8. Gestione dei conflitti nella formazione Conflitti o attriti all'interno del corso di formazione sono un fenomeno molto comune. A causa della loro difficoltà e complessità di gestione sono comunemente affrontati come indesiderabili, ma non dovrebbe essere così. I conflitti fanno parte della vita e sono un materiale importante dell’interazione sociale. Essi possono creare occasioni per la conoscenza e il progresso e contribuire allo sviluppo degli adulti in formazione professionale. Se il conflitto viene affrontato in un modo aperto ed efficace, funziona come una possibilità di formazione costruttiva. La gestione efficace dei conflitti contribuisce allo sviluppo di abilità sociali, per avere un migliore contatto con i sentimenti e la loro espressione, di fronte a situazioni di stress e per rimanere più stabili quando siamo sotto pressione. 17


In un corso in cui i membri sono riuniti per l'apprendimento, ci accorgiamo che a volte per qualche motivo non riescono a imparare, a essere efficaci e a raggiungere i risultati desiderati. Ciò porta a un conflitto interno e il leader deve rapportarsi ad esso per raggiungere i risultati auspicati. Prendendo in esame il sistema di ruoli della personalità della persona (per l'aggiornamento e ulteriori informazioni, dare un'occhiata a Materiali di formazione 2: Il Potere del Gruppo e, in particolare: 2.5 Gruppi e gruppi dinamici nello psicodramma e la corrispondente bibliografia), il leader/trainer può proporre un esercizio che si concentra sul ruolo della persona. Esplorando i ruoli della persona, i ruoli progressisti, i ruoli frammentati, i ruoli copiati, il leader deve percepire e valutare i ruoli frammentati, sperimentati, che ostacolano l’apprendimento. Il nostro obiettivo è quello di concentrarsi sulla capacità della persona di svilupparsi, ma spesso questo è raggiungibile lavorando con le forze che tirano indietro e che non lo lasciano procedere. Il tema è quindi il seguente: se un membro o alcuni membri non possono procedere nell'apprendimento perché essi sperimentano un conflitto interno, come farà il leader a prendere in considerazione tutte queste abilità e lavorare con tutto questo materiale. Il ruolo del formatore e come facilita il processo di apprendimento e la gestione dei conflitti, è molto importante. Un leader/trainer di adulti deve essere adeguatamente formato, in modo da essere in grado di relazionarsi con tutti i membri del gruppo, per valutare correttamente la tensione che si esprime e che “scuote” il clima di sicurezza e fiducia nella classe. Gli interventi del leader devono essere collegati alla funzione dei membri del gruppo e del gruppo nel suo insieme e anche al contenuto della lezione (Smith e Berg, 1987). È di grande importanza per il leader prendere in considerazione il gruppo nella sua totalità per cercare di mantenere la comunicazione fra i membri nonostante le tensioni. Solo in questo modo i membri impareranno a non evitare i conflitti, ma a rimanere lì e gestirli nel gruppo e quindi nella loro stessa vita.

3. Introduzione agli esercizi Il filosofo americano John Dewey scrive “solo ciò che si accetta con l’anima è ciò si impara, che si integra nella vostra vita e nel carattere” ed è totalmente compatibile con la filosofia psicodrammatica. Nella formazione degli adulti o riqualificazione e nella formazione permanente, molta attenzione deve essere data alle esperienze degli adulti e al significato per il loro ulteriore sviluppo; per rendersi conto di quante cose hanno imparato e quante cose ancora da imparare attraverso la loro esperienza (Evans 1994, 4). È significativo che dal 1972, l'Unesco sottolinea che un principio fondamentale della formazione permanente è l'integrazione delle esperienze dei discenti. L'apprendimento esperienziale è giustamente collegato con il rafforzamento dei discenti. Se le persone guadagnano fiducia sulla loro capacità di imparare, guadagnano un maggiore controllo sulla propria vita e in questo modo possano agire in direzione del cambiamento sociale (Mezirow 1991, 197). Con gli esercizi esperienziali e gli interventi elencati di seguito, perseguiamo la sollecitazione mentale ed emozionale degli allievi, al fine dell’integrazione di questi due elementi in un unico processo. Il nostro obiettivo è di evitare l’acquisizione di conoscenze con l’apporto di informazioni sterili, di memorizzazione e di ripetizione perché la relazione tra gli studenti e l’apprendimento è esterna e meccanica. Il nostro obiettivo è di creare un rapporto con la conoscenza in cui gli studenti possano esprimere il loro modo di percepire la vita, di entrare in contatto con le proprie esperienze e di apprezzarle, ciò svilupperà la loro fantasia, creatività e spontaneità; 18


l’assunzione di responsabilità sul precedere del loro apprendimento aumenterà la loro coscienza, si troveranno ad affrontare il mondo, le situazioni e le relazioni, in modo più attivo e vivace. Lo psicodramma in IFP e nella gestione del conflitto contribuiscono allo sviluppo di: • Mantenimento di una comunicazione diretta e genuina tra formatori e allievi • Empatia, nel senso di comprendere meglio le esigenze e le emozioni di sé e degli altri, • Il ruolo di formatore che impara a soffermarsi di più sui conflitti e non a evitarli • Abilità per la migliore gestione delle situazioni di difficoltà in classe • Apprendimento cooperativo • Insegnamento creativo e una qualità della vita caratterizzata da vivacità e umorismo

Attraverso i seguenti esercizi, interventi e tecniche, che uniscono l'espressione di pensieri ed emozioni con azione del corpo e attuazione, tutto il gruppo avrà la possibilità di acquisire conoscenze attraverso l'esperienza e di dare ad essa il proprio personale significato. Diventerà più sensibile alle questioni riguardanti le relazioni umane e alla formazione di un ambiente di lavoro basato sulla cooperazione e co‐ creazione. Gli esercizi elencati di seguito hanno come obiettivo far conoscere ai leader/ educatori/trainer degli interventi esperienziali finalizzati a sviluppare un atteggiamento più aperto verso i conflitti, per sentirsi più a proprio agio nei confronti dei conflitti stessi e non di evitarli e per avere alcuni strumenti supplementari per gestirli. Questi esercizi contribuiscono a ottenere importanti conoscenze in tutte le fasi del funzionamento del gruppo, nella fase di riscaldamento, azione e condivisione. La loro categorizzazione è stata effettuata secondo lo scopo prefissato per ogni ogni fase. Tutti gli esercizi sono collegati e possono essere utilizzati in diversi momenti delle sessioni a seconda di ciò che il leader valutata come l'intervento più adatto a quel punto. Naturalmente non è possibile conoscere il contenuto del possibile conflitto che emergerà in classe, quindi il leader/traine/Educatore deve scoprire qual è il significato centrale di ciò che è espresso e quindi di intervenire opportunamente nella direzione che vuole esplorare e espandere. 3.1. Considerazioni e rischi per l’educatore nell'esecuzione degli esercizi Molti educatori cercano di risolvere le crisi e i conflitti in modo razionale, ma l'unica cosa che ottengono è l’incremento dei conflitti o lo scioglimento del gruppo. È necessario non prestare attenzione solo a ciò che è logicamente espresso, ma anche al contenuto latente di ciò che sta accadendo. Spesso usiamo la nostra ragione per controllare le cose e in modo da lasciare fuori la vera essenza. “Leggere” bene la situazione, per catturare l'essenza di ciò che viene detto e/o fatto. In caso contrario, il leader interverrà in modo improprio, può anche chiedere che cosa è andato storto e perché questo grande esercizio non ha funzionato e, infine, e molto probabilmente, rimarrà deluso i membri anche. La tensione, evidente o sottostante, deve essere portata in superficie e elaborata. In entrambi i casi con alcuni esercizi, o con una discussione aperta o, in un gruppo di psicodramma psicoterapeutico, effettuando un dramma con la persona più “riscaldata”, con la persona che più ha interiorizzato la situazione. Una modalità comune sia nel caso di resistenza sia di aggressività dei membri, è quella di inibirsi, di rimanere in silenzio, senza alcun desiderio di esprimersi, di cambiare argomento di discussione, di essere in ritardo. E nello psicodramma 19


soprattutto, è il rifiuto a giocare e a mostrare se stessi. Preferiscono discutere in generale e in astratto piuttosto che concretizzare e rendersi conto del loro vero problema. Gli atteggiamenti del leader, come la paura di affrontare il conflitto, cercando di placarlo o ignorandolo, agendo come se niente stia succedendo, non hanno alcun risultato desiderabile, perché attriti, tensioni e conflitti emergeranno nonostante questo e causa di questo. Un leader esploratore che si fida, che abbia comprensione umana, rispettoso, che tenti di stare con i membri del gruppo e non li conduca a fare cose. Questo aumenta la capacità dei membri del gruppo, durante una situazione di gestione del conflitto e non solo, di scrivere il proprio copione su come procedono e su come la loro vita si dispiega. Il mantenimento di un buon livello di autostima è necessario per il libero fluire della leadership. È necessario che il leader di un gruppo sviluppi un discreto senso del proprio valore prima che il gruppo cominci e non si basi sulla buona volontà del gruppo di mantenere quel senso di valore. Così, nel trattare con situazioni difficili o di pressione, è più improbabile che rimanga deluso.

3.2. Esercizi Ci sono alcuni elementi che il leader del gruppo dovrebbe tenere presenti prima di eseguire un esercizio. Vale la pena di esaminarli: • il clima del gruppo • il grado di correlazione tra i membri • i sottogruppi che esistono nel gruppo • “leggere” la posizione del corpo dei membri • il loro stato d'animo (aperto, chiuso, scettico, difensivo, ecc.) • chi siede accanto a chi. • quali sono le figure centrali. • chi sono le persone periferiche / marginali. • come si connettono. • l'obiettivo che gruppo ha e la ragione per raggiungerlo. E vale anche la pena chiedersi: • quanto spazio si lascia alla libera comunicazione tra i membri o quando si interviene? • come si stabiliscono rapporti reciproci (tele)? • come si includono le persone più isolate?

Qui sono elencati alcuni esempi di criteri (sociometria) che potrebbero essere utilizzati per questo scopo. Alzarsi dalla sedia e andare: 1. da coloro che sono soddisfatti del loro lavoro e da coloro che non lo sono 2. da coloro che hanno un buon rapporto con gli studenti e da quelli che non lo hanno 3. da coloro che hanno un buon rapporto con i loro colleghi e da quelli che non lo hanno 20


4. da coloro che esprimono ciò che sentono e da quelli che non lo fanno 5. da coloro che tengono dentro i loro pensieri e i loro sentimenti e da coloro che li condividono 6. da coloro che si aspettano che gli altri gli trovino qualcosa da fare e coloro che lo fanno da soli ecc. Nota: L'uso di questi criteri specifici è indicativo. Essi possono essere modificati e adattati alla questione che vogliamo esplorare. L'esame di questi elementi è utile per il leader per valutare il comportamento dei componenti e anche per valutare quali interventi porterà a espansione. Per un gruppo educativo è utile, perché contribuisce alla diminuzione dei conflitti, al miglioramento della comunicazione e inoltre permette al gruppo una visione oggettiva di sé e la possibilità di analizzare dinamiche e sviluppo. Nota: A causa della natura multidimensionale degli esercizi, molti di essi possono essere utilizzati per diversi problemi e per diversi scopi! Nota: Negli esercizi a coppie, si consiglia di scegliere persone che non abbiamo familiarità. Se nella stessa sessione, il gruppo viene diviso più di una volta in coppie, è meglio cambiare la formazione.

RISCALDAMENTO Il conduttore, con la sua presenza e gli interventi, cerca di creare un clima sciolto senza interventi critici che provocano tensioni e aumentano le resistenze al gioco. L'obiettivo del gruppo è che i membri si sentano più a loro agio possibile al fine di esprimersi liberamente, di lamentarsi, di esprimere un pensiero, un desiderio, un conflitto, qualcosa di cui vogliono saperne di più o qualcosa che vorrebbero gestire meglio. I componenti sono attivati dalla discussione o / e da alcuni esercizi e dall’ambiente emozionale che si crea nel gruppo. Così tutto il gruppo, il leader e i membri, iniziano gradualmente a “riscaldarsi” fino a toccare un problema che si intende mettere a fuoco e con cui saranno occupati in modo più approfondito nella fase “Azione”. Gli esercizi sotto introducono i membri a situazioni di competizione che nascondono conflitti e siccome essi sperimentano spontaneamente e inconsciamente una certa situazione in classe, iniziano a interrogarsi sul modo in cui funzionano in situazioni analoghe della loro vita. Il conflitto di solito emerge intorno alla 5a sessione, insieme alla resistenza, quando è il momento per il gruppo di andare più in profondità. All'interno della classe gli educatori devono affrontare la resistenza degli studenti molte volte durante il processo di apprendimento. La resistenza appare con forme di isolamento, negazione della partecipazione, rivalità, aggressività verso l'educatore, tentativo di attrarre altri studenti dalla loro parte, difficoltà di apprendimento. CANI E GATTI Il conduttore dice ai membri del gruppo che la metà di essi dovranno essere cani e l’altra metà gatti. Ciascuno è libero di scegliere cosa essere. Dopo aver fatto la loro scelta, il numero di cani e gatti dovrà essere uguale o quasi uguale. In alternativa, dal momento che tutti sono seduti in cerchio, il leader si gira a sinistra e dice al suo vicino: “cane”, a quello successivo “gatto”, e così via, affidando lui stesso il ruolo ai membri. Tutti si alzano e l'interazione dura per circa 10 minuti. 21


Non vi sono limiti nel gioco, tranne ovviamente a espressioni violente di ogni genere. Passato il tempo previsto, tutti ritornano alle loro sedie e condividono pensieri e sentimenti. Il leader pone alcune domande, come: “Come ti sei sentito durante il gioco?”, “Che tipo di cane/gatto eri? Giocoso? Selvaggio?”, “Come hai interagito con gli altri?”, “Ti è piaciuto?” o su altre questioni rilevanti che nascono dalla conversazione tra membri. Questo è un esercizio direzionale per provocare sensazioni di intensità. È interessante notare che in alcuni membri emerge una tendenza a predominare, mentre in altri una tendenza a retrocedere. Mentre per alcuni questo esercizio può sembrare semplice, per alcuni partecipanti invece può risultare difficile. Ciò accade perché i sentimenti che emergono in questa particolare situazione sono collegati allo stesso tempo e inconsciamente con altre situazioni più profonde. Quindi il leader deve essere vigile e presente con tutti i sue sensi al fine di gestire ciò che viene a galla. CONFLITTO Il gruppo è diviso in due gruppi più piccoli di egual numero di membri. Il palcoscenico è il territorio dei due gruppi. Vi è una linea tra loro, che divide il territorio. La linea non è presente fisicamente, è solo nella loro immaginazione. Il leader mostra con la mano dove si trova la linea e da l’istruzione che “i membri del gruppo A vogliono raggiungere l'altro lato della stanza, dove si trova il territorio del gruppo B. I membri del gruppo B resistono e cercano di respingerli”. Dopo circa 5 minuti di interazione, i gruppi invertono i ruoli. Il cambio è dato dal leader. Seguono altri 5 minuti di interazione e l'esercizio termina. Quando ritornano a sedersi segue una condivisione di pensieri e sentimenti. Inoltre il leader pone a ognuno la domanda: '”Come ti sei sentito in queste due posizioni? Come è stato per te trovarti nel gruppo che attacca e nel gruppo che si difende?”. Lo scopo dell’esercizio è uguale al precedente “Cani e gatti”. È vietato l'uso della violenza e il leader deve stare sempre attento e prestare attenzione ad ogni singolo componente del gruppo, a come si sente, a ciò che non sopporta. Non esiste una ricetta speciale per gestire situazioni imprevedibili, oltre quella di rimanere calmo e cercare di mettersi in relazione con ciò che emerge. Se qualcuno non vuole partecipare, è libero di farlo. Il leader può incoraggiare la persona che fa resistenza o esprime diniego dicendo che abbiamo sempre da guadagnare entrando nelle cose. Ma se la persona continua a opporre resistenza, il conduttore deve rispettarne le scelte. Se qualcuno è turbato da quello che è successo, il leader lo condividerà nel gruppo, con assoluto rispetto per i suoi sentimenti. NEMICO Il conduttore invita il gruppo a dividersi in coppie. I membri sono quindi chiamati ad alzarsi dalle sedie e muoversi verso il palco con il rispettivo partner. Quando tutti hanno preso posizione, il leader dà l’istruzione di stare uno di fronte all’altro e di toccarsi le mani. Dovranno allungare le mani fin quasi all'altezza delle loro spalle, così ci sarà una certa distanza tra di loro. Tutte le coppie stanno in fila, l'una accanto all'altra, ma anche a una certa distanza dagli altri, in modo da avere una certa libertà di movimento. 22


Quando tutti ha preso posizione, il leader dice che “La persona A vede tutto ciò che non le piace nella persona B. Anche la persona B vede in A tutto ciò che non le piace. Ognuno cercherà di respingere l’altro, comincia il gioco”. Il leader lascia che l’interazione si svolga per 5 minuti L’esercizio è seguito poi da una condivisione di pensieri e sentimenti. Il “riscaldamento” dei membri aumenta dal momento che ognuno si collega ai propri temi e proietta verso l'altro i suoi sentimenti competitivi o conflittuali. È interessante vedere come ognuno vive questa situazione, le differenze e le similitudini tra i membri. Variante: Gli avversari non si toccano l'un l'altro. Le loro mani sono verso il basso, accanto ai loro corpi. C'è una distanza tra loro, quasi la stessa distanza che se le mani si toccassero. Anche in questo caso uno respinge e l’altro resiste e interagiscono per 5 minuti.

AZIONE L'educatore VET per adulti nella fase di azione, si propone di continuare a “riscaldare” i membri su conflitti e gestione dei conflitti. Le situazioni che provocano sentimenti intensi, disgusto, antagonismi, divergenze, sono di solito affrontate con paura. Così il leader deve impegnarsi molto in queste situazioni per insegnare in pratica ciò che accade in un gruppo dinamico quando si affrontano i conflitti e quando si cerca di evitarli. Non si tratta di fornire la soluzione a un conflitto, ma di creare un nuovo “riscaldamento”, una nuova esperienza che ha a che fare con lo sviluppo della capacità di relazionarsi con gli altri quando le cose sono difficili. La gestione dei conflitti diventa efficace quando le persone imparano gradualmente a non evitarli e a mantenere aperta la comunicazione con gli altri. Gli esercizi e i giochi che seguono devono essere percepiti come prosecuzione del “riscaldamento” dei membri e non come qualcosa di diverso o come un’interruzione. Non si deve mai dimenticare che nello psicodramma, l'obiettivo del leader è quello di “scaldare” i membri costantemente. Solo quando si raggiunge il punto più alto del “riscaldamento”, la spontaneità è ripristinata e un nuovo ruolo viene a crearsi, cioè un nuovo modo di affrontare una situazione vecchia o nuova. Seguire e aumentare il “riscaldamento” dei membri richiede da parte del leader l’aver capito il tema su cui il gruppo è coinvolto e quindi di intervenire con gli esercizi adatti. In questo modo la sessione non viene considerata prestabilita. I giochi proposti mirano ad attivare i membri e ad aumentare il “riscaldamento” nei confronti di persone e situazioni e a esprimere il non detto. Il leader può utilizzare un esercizio al fine di introdurre i membri a una situazione di concorrenza o può organizzare un gioco basato sulle esperienze o le preoccupazioni di un membro o di alcuni membri. Anche le varie forme di resistenza individuale o di gruppo si gestiscono con successo attraverso il gioco. Se il problema del gruppo è organizzato e drammatizzato in modo corrispondendente alla tensione che il gruppo sperimenta nel 'qui e ora', ciò significa che si è creata una grande opportunità per esprimere queste difficoltà. In una classe VET il gioco costruisce relazioni più funzionali, che rafforzano l'unità del gruppo e collegano ogni singolo individuo con i suoi ruoli e che lo portano all’ interiorizzazione delle conoscenze, a cambiamenti personali e allo sviluppo di nuove competenze.

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SEGUIRE ED ESSERE SEGUITO Il leader chiede ai membri di fare mente locale su qualcuno del gruppo che vogliono seguire e qualcuno da cui non vogliono essere seguiti. Tutti si alzano e inizia la sessione seguendo la persona che ognuno ha scelto, mantenendo una certa distanza. Allo stesso tempo, ognuno cerca di evitare la persona da cui si non vuole essere seguiti. Dopo 2‐3 minuti, il leader modifica il criterio: “Ora seguite solo la persona che si desidera, mantenendo una certa distanza”. Dopo 2‐ 3 minuti, cambia nuovamente: “Ora cercate solo di evitare la persona che non volete che vi segua”. Dopo 2‐ 3 minuti, cambia nuovamente: “Ora di nuovo seguite la persona che si desidera e evitate la persona che non volete che vi segua”. Questo esercizio porta gli individui a contatto con ciò che evitano e con ciò con cui si confrontano. Possono aver scelto una persona all’interno del gruppo da seguire e una da evitare, ma sono stati, dentro di sé, connessi con ciò che evitano e ciò che affrontano. Il loro atteggiamento verso il conflitto diventa più evidente e anche sul come sono chiusi o aperti verso le persone e le situazioni.

INSEGNANTE / BAMBINO REATTIVO Il gruppo è diviso in due gruppi più piccoli. Il gruppo A assume il ruolo dell'insegnante. Il gruppo B assume il ruolo del bambino reattivo. Il conduttore chiede ai membri di ogni gruppo di avvicinarsi con le loro sedie e di discutere un po’ il loro ruolo. Che tipo di genitori sono, come questo bambino reattivo reagisce ecc. Fino a questo momento non c’è interazione tra i due sottogruppi, ma solamente il fatto che i membri di ogni singolo gruppo parlino fra di loro. Hanno circa 10 minuti per la preparazione. Sistemano le loro sedie in modo da avere un contatto visivo con l’altro gruppo e l'interazione inizia. L'educatore dice loro che ogni volta che un membro di un gruppo ha un'idea la deve esprimere liberamente. Lo stesso accade vale per l’altro gruppo. E così l’attuazione continua. Dopo circa 15 minuti (il leader valuta la giusta quantità di tempo a seconda di come si svolge l’attuazione) il conduttore dà la seguente istruzione: “Avete 2 minuti per completarlo”. Dopo aver terminato, le sedie vengono rimesse in cerchio, come all’inizio della sessione, preferibilmente i membri di ciascun sottogruppo seduti l'uno accanto all'altro, ma non è obbligatorio; la condivisione comincia. L'istruzione è: “Pensieri e sentimenti in te che si agitavano durante l'attuazione”. Sono possibili alcune domande: “Come ti sei sentito in questo ruolo?”, “Com’è stata la tua collaborazione all’interno della squadra?”, “Hai concluso trovando una soluzione?”, ecc. A seconda del numero di partecipanti, il leader può creare più sottogruppi per esplorare e ampliare di più il punto di vista dei membri. Ad esempio, se abbiamo 8 membri, formeremo due sottogruppi di 4 persone, “il maestro” e il “bambino reattivo”. Se abbiamo 12 membri, formeremo tre sottogruppi di 4 persone (gruppi di 3 o 4 persone), “il maestro”, “il bambino reattivo” e “il genitore”. Se abbiamo 16 membri 4 sottogruppi di 4 persone, “il maestro”, “il genitore” il “bambino reattivo” e 24


“il bambino collaborativo”. Il leader lascia libera interazione a tutti i sottogruppi, per un certo tempo, poi segue la condivisione. Questo è un gioco molto interessante perché può essere tarato su molti ambienti di lavoro e situazioni diverse. Funziona a molteplici livelli, trasferisce qui e ora situazioni di competizione, porta in superficie messaggi inespressi, aiuta a espandere se stessi dal momento che si sperimentano diversi punti di vista. Siccome i partecipanti hanno l'opportunità di giocare diversi ruoli la loro empatia cresce, perché iniziano pensare, parlare e agire come l’altro. Cominciano a capirlo meglio. Cominceranno a chiedersi come sente e che cosa vuole esprimere. È molto possibile rimanere sorpresi dalla loro reazione, essendosi “riscaldati” nei diversi ruoli. Variante: al termine o a un certo punto dell’attuazione, il leader può invertire i ruoli dei due gruppi. I membri che sono stati “il maestro” diventeranno ora “il bambino reattivo” e viceversa. L'interazione inizierà da capo con la stessa durata. Così, entrambi i gruppi sperimenteranno entrambi i ruoli. Variante: al termine o a un certo punto dell’attuazione, il leader può chiedere a chi volesse di andare nell’altro gruppo e l’interazione ricomincia o continua per ancora un po’.

LA SCARPA I membri del gruppo sono invitati a prendere la loro scarpa sinistra e metterla al centro del palco. Ogni membro separatamente si alzerà e muoverà una scarpa alla volta, tranne la sua. Questo sarà ripetuto per diverse volte. Saranno date alcune limitazioni, in particolare: le scarpe non dovranno essere capovolte, non saranno gettate via e non saranno collocate al di fuori della cornice del palcoscenico. Durata approssimativa: 10‐15 minuti. Passati un paio di minuti il leader informerà il gruppo che hanno due minuti per concludere. Segue una condivisione di pensieri e sentimenti. Questo esercizio è in relazione con ciò che gli individui sentono quando qualcuno interviene e rovina ciò che hanno in mente. Esso rivela anche la dinamica per cui alcune persone hanno la tendenza a distruggere le cose, mentre altri a “raccoglierle” per mantenere la situazione tranquilla. Attraverso questo esercizio la rabbia e la tensione non espressa si esprimono a livello simbolico. Questo esercizio può essere utilizzato all'inizio della fase di azione per una migliore esplorazione della dinamica e della competitività del gruppo o alla fine della fase di azione per meglio disattivare la tensione.

CHIUSURA: CONDIVISIONE E TRATTAMENTO Questi esercizi sono posti alla fine della sessione e anche alla fine di una serie di sessioni. Essi contribuiscono a una migliore integrazione di ciò che è avvenuto durante la formazione e nell’utilizzo dei materiali formativi. L'obiettivo è duplice: permettere ai membri di farsi una “relazione interiore di quello che hanno vissuto, che hanno appreso, di quello che si portano dietro, ora che la sessione o la serie di sessioni è conclusa, per integrare, per portarsi dentro la maggior parte di ciò che è avvenuto durante la sessione di gruppo e, anche se il gruppo finisce, per facilitare 25


l'espressione e l’elaborazione del senso di separazione dal leader e gli altri membri del gruppo. Questo processo di resoconto e di addio è una parte inevitabile nel processo, indipendentemente dal tipo e dalla durata di ogni gruppo. Il leader facilita l’espressione dei partecipanti e propone esercizi per il resoconto e la valutazione dello sviluppo di ognuno all'interno del gruppo. E, naturalmente, propone esercizi in modo che i membri sperimentino una separazione rituale. Il conduttore può partecipare agli esercizi e esprimere i suoi sentimenti per questa esperienza e la fine del gruppo. Il leader determina il tempo che il gruppo dedicherà alla sua chiusura. Una durata approssimativa per la chiusura e la valutazione è di 2 ore (a seconda sempre della durata totale della sessione). Tutti i membri avranno l'opportunità di condividere i loro pensieri e sentimenti, di riflettere sull’intero processo, di discutere su varie questioni, per quanto riguarda l'utilizzo e la messa in pratica di questa conoscenza. In gruppi educativi, il leader propone esercizi anche per la valutazione del processo di formazione, le conoscenze e le competenze che i partecipanti hanno acquisito.

QUALCOSA CHE NON È STATO RISOLTO Il leader da la seguente istruzione ai membri: “Pensate a qualcuno con cui avete difficoltà di comunicazione. Pensate a qualcosa che non avete risolto con questa persona nel modo in cui avreste voluto, ad esempio, volevate dire qualcosa ma non l'avete detta, fare qualcosa che non avete fatto o qualsiasi altra cosa”. Questo esercizio è fatto a coppie e il conduttore chiede al gruppo di formare le coppie, ognuno con la persona che sta seduta accanto. Così tutti sono diadi e se abbiamo un numero dispari di partecipanti, ci sarà anche una triade. Nella triade, l'esercizio è fatto anche in coppia, ognuno sceglie il compagno e non importa se qualcuno è stato scelto per due volte. Entrambe le persone avranno l'opportunità di esprimersi consecutivamente. Per essere più chiari, la persona A esprime quello che vuole alla persona B. Poi si scambia di ruolo con la persona B e dal quel ruolo dà una risposta. Finisce l’attuazione. La persona B a sua volta fa la stessa cosa. Quando tutti hanno finito, si mettono in cerchio e comincia la condivisione di pensieri e sentimenti. In alternativa, le coppie possono discutere di questa loro esperienza, senza fare una condivisione aperta. Questo esercizio, come tutti gli esercizi esperienziali, non dà risposte o soluzioni ma contribuisce a rendere le persone capaci di interrogarsi sul loro funzionamento: sul modo di fare le cose, il modo in cui si esprimono, che cosa avrebbero potuto fare in modo diverso, ecc. Questo contribuisce anche all’espressione del non detto e favorisce la possibilità di un’azione correttiva. Questo tipo di interrogativo contribuisce all'espansione di sé attraverso la generazione di un nuovo “riscaldamento” nuove risposte a vecchie esperienze. Siccome l’individuo ottiene una più chiara immagine di sé e della sua personalità crea anche rapporti più chiari, più diretti e funzionali con gli altri.

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GRUPPO SCULTOREO I membri sono invitati dal leader a fare la scultura del gruppo come vorrebbero che fosse. La scultura sarà statica, come un fermo immagine, senza movimento o parole. Se i membri trovano significativo per la scultura dica una parola o faccia un leggero movimento, va bene. Essi possono usare gli oggetti, tutti possono partecipare all’immagine della scultura o alcuni dei membri possono anche farla come loro stessi se la immaginano. Così facendo, tutti i membri si avvicinano per discutere, scambiare opinioni, cooperare e, infine, scegliere e creare la scultura che vogliono che sia e cosa rappresenti. Ogni membro avvia un processo interno su che cos’ è il gruppo per lui e su ciò che è per gli altri. I partecipanti rappresentano il senso del gruppo come vorrebbero che fosse, probabilmente il senso di un buon gruppo funzionale e ciò contribuisce a una maggiore integrazione del lavoro di gruppo.

SOLO UNA PAROLA Il leader chiede ai membri del gruppo di dire una parola o una frase su qualcosa che ognuno si porta dietro quando la sessione termina. Può essere qualsiasi cosa, qualcosa che si è imparato, qualcosa di cui ci siamo resi conto, una cosa cosa ci ha colpito o qualsiasi altra cosa. Ad esempio: “Comunicazione”, “Io non sono solo, ci sono altri che la pensano allo stesso modo”. In un cerchio, o in fila libera, ognuno parla brevemente di questo. Il leader può, se vuole, dire una parola su cosa si porta dietro, quando tutti hanno finito di parlare. Questo esercizio aiuta ciascun membro a concentrarsi sulla cosa più importante per se stesso. Tra tutte le cose dette e fatte ne sceglie una. Ciò è legato al capitale di concretizzazione, una delle tecniche più di base dello psicodramma: È molto importante scegliere una cosa sola, per sviluppare la capacità di fare attenzione solo su una cosa alla volta. Ciò contribuisce anche a far sì che l’educatore veda più chiaramente dove ogni partecipante “si trova”, che significa ciò che ha preso dal corso di formazione, cosa vuole sviluppare di più, di cosa nel vuol saperne di più.

IMMAGINARE E FOCALIZZARE Il leader chiede ai membri di dividersi in coppie. Ognuno di loro dovrà discutere e condividere con gli altri ciò che è importante per lui, quello che ha imparato, quello che ha scoperto, quello che gli è piaciuto Essi possono lasciare la classe, se vogliono e se è possibile. In caso contrario, troveranno il modo di coesistere con gli altri senza darsi fastidio, sparsi in diversi punti della stanza, parlando a bassa voce. Tornano in classe dopo 20 minuti e si siedono sulle sedie. È preferibile che le coppie si siedano insieme, cioè una accanto all'altra nel cerchio, ma non è obbligatorio. Ognuno condivide con il resto del gruppo i pensieri ei sentimenti di cui sopra. 27


Ogni membro cerca di concentrarsi sulle cose più importanti per lui, che ha imparato e sentito durante questa sessione. È molto importante per ognuno rendersi conto di queste cose, per dar loro valore, per trovare collegamenti con gli altri e per sentire qualcosa a cui non aveva pensato prima. IL MIO PERCORSO NEL GRUPPO Questo esercizio è consigliato per la fase di condivisione dell'ultima sessione, dopo aver completato tutto il lavoro sui materiali e la formazione sta volgendo al termine. Il leader chiede da ogni membro di dipingere un sentiero che simboleggia il suo percorso nel gruppo, dall'inizio fino a oggi. Possono aggiungere disegni, simboli o parole per i momenti importanti che hanno vissuto durante il percorso. Pennarelli, matite, pastelli a olio di diversi colori possono essere utili al fine di differenziare alcuni elementi, per sottolineare gli altri, per rendere più gioioso, più significativo il dipinto o per qualsiasi altra ragione. Siccome ognuno cerca di concentrarsi sui momenti più importanti, fa nello stesso tempo un suo resoconto interno del processo del gruppo e del suo personale. Il leader chiede loro anche, di immaginare e disegnare dove questo percorso li condurrà dopo che le sessioni finiscono. I membri condividono quello che conservano dentro, ciò che hanno appreso, come si sono sentiti. Immaginando dove questa strada conduce, fanno una proiezione futura (tecnica dello psicodramma), su come essi si immaginano con questa nuova esperienza, questa nuova conoscenza. La proiezione futura aiuta i membri a rendere il loro obiettivo più concreto e a connettersi internamente con i loro ruoli progressivi, ovvero i ruoli che li aiutano a passare oltre e ad andare avanti. Il tempo necessario per dipingere i percorsi è stimato attorno ai 15‐20 minuti. Ognuno espone il proprio lavoro davanti tutto il gruppo e uno a uno tutti i membri presentano il proprio, brevemente. Sembrano necessari circa 30 minuti per l'esposizione e la condivisione dei percorsi personali, sempre in funzione del numero totale dei partecipanti.

Nota: Tutti i membri collaborano per una collettiva di pittura sul percorso del gruppo.

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4. Valutazione • Il conduttore procederà a una valutazione di ciò che i discenti hanno appreso di tutto il modulo applicando alcuni esercizi efficaci. Per l'uso e lo scopo di questi esercizi, si prega di leggere al paragrafo sopra: Chiusura: condivisione e produzione. In aggiunta a questi: • Ogni membro del gruppo sceglie un oggetto dalla stanza, per simboleggiare ciò che porta con sé, quando questa sessione termina. Lo mette davanti ai suoi piedi, in modo che tutto il resto del gruppo lo possa vedere. Dopo che ognuno ha scelto un simbolo, si mettono in cerchio e condividono con gli altri ciò che portano con sé. • Ogni membro fornisce un'immagine di quello che ha guadagnato dal workshop. Egli può utilizzare oggetti o membri del gruppo. • Ogni membro fa il suo percorso nel gruppo, non dipingendo come accennato prima, ma dal vivo, sul palco, utilizzando i membri del gruppo o anche degli oggetti, sulle cose importanti che ha imparato e su come questo percorso finisce. • A coppie, lasciano la classe, possono anche lasciare l'edificio, se possibile, e andare in giro per 15', a discutere su ciò che hanno appreso dal seminario. • Dopo il ritorno, ciascuno condivide con il gruppo quello che ha individuato come obiettivo da raggiungere dopo aver lasciato il gruppo. • In piccoli gruppi, di ugual numero, si fa una breve e libera attuazione su ciò che hanno appreso durante questa sessione. • Tutti i membri, tranne il leader, formano un cerchio e ognuno diventa il leader del gruppo per 10 minuti Il leader che sta al di fuori del cerchio, indica ogni volta quando è il momento di passare al prossimo leader. Dalla realizzazione di alcuni di questi esercizi esperienziali e la condivisione che seguirà, il leader farà una auto‐valutazione del processo di insegnamento della materia di formazione, tenendo conto degli obiettivi e dei risultati attesi nell’ apprendimento. Il modo in cui gli esercizi e le attività sono state accolte e svolte dai membri, darà risposte sulla funzionalità del gruppo e del leader. I discenti potranno anche eseguire una autovalutazione di ciò che hanno appreso, di come l'insegnamento esperienziale li abbia colpiti come membri di un gruppo, di come questa conoscenza influisca sulla loro percezione circa il lavoro di gruppo e di come essi pensano di implementare tutto questo nel loro lavoro.

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5. Bibliografia 5.1 Titoli in inglese BION, W.R., The Perspective of Bion, In: Different perspectives on Group Work. CLAYTON, G.M. (1994), Effective Group Leadership. Book 4 in a series of Training Books, Australia: ICA PRESS. CLAYTON, G.M. (1992), Enhancing Life and Relationships. Book 2 in a series of Training Books, Australia: ICA PRESS. CLAYTON, G.M. & CARTER, D.P. (2004), The Living Spirit of the Psychodramatic Method, New Zealand: Resource Books. EVANS, N. (1994), Experiential Learning for All, London, New York: Cassell. KELLERMANN, P.F. (1992), Focus On Psychodrama, London: Kingsley. KELLERMANN, P.F. (1996), Interpersonal Conflict Management in Group Psychotherapy: An Integrative Perspective (Vol. 29, p. 257‐ 275), London: SAGE Publications. LEWIN, K. (1997), Resolving social conflicts and field theory in social science, Washington DC, US: American Psychological Association. MEZIROW, J. (1991), Transformative Dimensions of Adult Learning, San Francisco: Jossey‐ Bass. MORENO, L.J. (1953), Who Shall Survive? Foundations of Sociometry, Group Psychotherapy and Sociodrama (2nd ed.), Beacon NY: Beacon House. SHERIF, M. & SHERIF, C. (1969), Social Psychology, New York: Harper. YALOM, D.I. & LESZCZ, M. (2005), The Theory and Practice of Group Psychotherapy (5th ed.), United States: Basic Books.

5.2 Titoli in greco ΑΡΧΟΝΤΑΚΗ, Ζ. & ΦΙΛΙΠΠΟΥ Δ. (2003), 205 βιωματικές ασκήσεις για εμψύχωση ομάδων ψυχοθεραπείας, κοινωνικής εργασίας, εκπαίδευσης (γ’ εκδ.), Αθήνα: Καστανιώτης. ΓΚΟΒΑΣ, Ν. (2003), Για ένα δημιουργικό νεανικό θέατρο. Ασκήσεις, παιχνίδια, τεχνικές. Ένα πρακτικό βοήθημα για εμψυχωτές ομάδων και εκπαιδευτικούς, Αθήνα: ΜΕΤΑΙΧΜΙΟ. ΚΑΒΡΟΧΩΡΙΑΝΟΥ, Ε. & ΔΗΜΟΥ Σ. (2013), Ψυχόδραμα για Παιδιά (4ος τόμ., Α’ κεφ.), In: Βοήθημα εκπαιδευτικού μικρών παιδιών. Θεωρία‐ Πράξη, blogs.sch.gr/symnip54/4ος‐ τόμος/κεφάλαιο‐πρώτο. ΛΕΤΣΙΟΣ, Κ. (2001), Το Ψυχόδραμα. Η επιστήμη της ομάδας στην ψυχοθεραπευτική προοπτική, Αθήνα: Ελληνικά Γράμματα. ΛΕΤΣΙΟΣ, Κ. Χειρόγραφες σημειώσεις με βιωματικές ασκήσεις ζεστάματος για ομάδες ψυχοδράματος. ΤΣΙΜΠΟΥΚΛΗ, Α. (2012), Δυναμική Ομάδας και Επικοινωνία στην Εκπαίδευση Ενηλίκων, Αθήνα: ΙΝΕ/ ΓΣΕΕ.

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Lavorare con i simboli Lo psicodramma come strumento educativo Materiali didattici – Modulo 6 Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation

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Sommario 1. Descrizione del Modulo......................................................................................... 3 1.1. Obiettivi............................................................................................................................. 3 1.2. Risultati dell’apprendimento............................................................................................. 3 1.3. Organizzazione dei materiali e del workshop ................................................................... 3

2. Introduzione alla teoria......................................................................................... 4 2.1. Cos’è un simbolo? ............................................................................................................. 5 2.2. La classe e l’inconscio collettivo ........................................................................................ 7 2.3. Giocare con i simboli come fonte di talento ..................................................................... 8 2.4. Conoscenza implicita e esplicita: leggere la classe.......................................................... 10 2.5. Lo psicodramma e i simboli............................................................................................. 12 2.6. Oggetti di intermediazione.............................................................................................. 15 2.7. Il valore del simbolo nell’apprendimento di gruppo....................................................... 18

3. Introduzione agli esercizi..................................................................................... 21 3.1. Considerazioni per educatori e formatori ................................................................. 23 3.2. Rischi dell’applicazione delle tecniche e considerazioni ................................................. 24 3.3 Esercizi ............................................................................................................................. 24 MARIONETTE ..................................................................................................................... 25 CARTE E CARTOLINE .......................................................................................................... 27 MASCHERE......................................................................................................................... 29 PITTURA – DISEGNO .......................................................................................................... 31 STATUE............................................................................................................................... 33 RECITAZIONE (ASSUNZIONE DI RUOLI).............................................................................. 34 INTERPRETARE (UTILIZZARE) GLI OGGETTI........................................................................ 38 ESERCIZI DI FANTASIA........................................................................................................ 39 ESERCIZI CON LA MUSICA E IL MOVIMENTO..................................................................... 42

4. Valutazione.......................................................................................................... 42 5. Bibliografia .......................................................................................................... 43 5.1. Titoli in inglese................................................................................................................. 43 5.2. Titoli in spagnolo ............................................................................................................. 43

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1. Descrizione Del Modulo Lavorare con i simboli è il sesto modulo del corso Psychodrama as a Tool in Education (PaTiE), Lo psicodramma come strumento educativo. Come tutti gli altri moduli di questo corso, può essere eseguito in maniera indipendente. Comunque, si raccomanda di integrare le informazioni qui illustrate con le altre tecniche e azioni in uso nello psicodramma. Si rivolge a tutti gli insegnanti per adulti operanti nella formazione professionale e nell’apprendimento permanente, interessati ad apprendere tecniche di lavoro con l’utilizzo dei simboli, così come impiegati nello psicodramma, e la loro applicazione in classe. Questa competenza può essere molto utile a identificare ostacoli all’apprendimento che si presentano con diversi gruppi di studenti, e a migliorare la comunicazione, l’empatia e, di conseguenza, l’ambiente di apprendimento.

1.1 Obiettivi Apprendimento da parte dell’educatore per adulti del valore dei simboli nello psicodramma applicato all’educazione degli adulti. Apprendimento da parte dell’educatore per adulti dell’utilizzo di base dei simboli in classe dal punto di vista dello psicodramma.

1.2 Risultati dell’apprendimento A completamento del modulo, l’insegnante sarà in grado di: Spiegare l’importanza dell’uso della simbologia nelle attività educative. Suggerire simboli diversi e identificarne la loro possibile funzione. Scegliere gli esercizi più appropriati rispetto agli obiettivi fissati. Comprendere l’importanza di proteggere e mantenere l’integrità sia del gruppo che del singolo. Integrare l’uso dei simboli con tecniche psicodrammatiche attive. Apprezzare l’importanza della condivisione nello psicodramma. Sviluppare un semplice esercizio psicodrammatico, orientato verso l’educazione degli adulti, in cui si utilizzano i simboli in una situazione d’aula reale. 1.3 Organizzazione dei materiali e del workshop La raccolta di materiali in questo manuale è finalizzata ad aiutare l’educatore ad applicare in aula semplici esercizi con l’uso dei simboli. Comunque, il contenuto qui illustrato può essere utilizzato anche per organizzare un workshop formativo, guidato da uno psicodrammatista, per gli educatori degli adulti stessi. Tale workshop permetterà ai docenti di acquisire una comprensione più approfondita di come i simboli vengono usati nella pratica psicodrammatica. Ove possibile, il workshop avrà una durata di otto ore e verrà eseguito in un’unica sessione di un solo giorno. Se questo non è possibile, si potrà eseguire in due giorni, preferibilmente consecutivi. È preferibile che il gruppo sia composto da non meno di otto membri e non più di sedici.

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Questo modulo è diviso in due sezioni principali; un’introduzione alla teoria e un’introduzione alla pratica. Le sezioni successive completano le informazioni di cui gli educatori hanno bisogno per raggiungere gli obiettivi fissati. L’introduzione alla teoria comprende 6 sezioni attraverso le quali viene ripercorsa la storia del simbolo. I processi di simbolizzazione vengono discussi in quanto costituiscono i concetti principali degli autori più importanti da Sigmund Freud, padre della psicoanalisi e scopritore delle connessioni tra il linguaggio simbolico e l’inconscio, a Jacob Levy Moreno, fondatore dello psicodramma. Questo prima parte si svolge in un workshop della durata di un’ora. La sezione riguardante l’apprendimento pratico corrisponde agli esempi di esercizi da svolgere. Gli esempi di esercizi sono classificati secondo i materiali di lavoro utilizzati e lo scopo principale di ogni gruppo di esercizi viene spiegato nella sezione corrispondente. Inoltre, vi è un’introduzione generale e una sezione contenente i punti che l’educatore deve tenere a mente. Ancora più importante è tener presente che vi è anche una sezione sui rischi nell’applicazione di queste tecniche e la responsabilità che deriva dal loro utilizzo. Nella sezione inerente la valutazione, l’istruttore verrà messo in grado di valutare l’impatto dell’esercizio sul gruppo classe. La bibliografia elenca i libri e gli articoli da cui sono tratte le informazioni utilizzate per la preparazione di questo modulo. Questi riferimenti costituiscono una guida molto utile per tutti coloro che desiderano ampliare le loro conoscenze e studiare in modo più approfondito il simbolismo nello psicodramma

2. Introduzione alla teoria Tutto è simbolo nello psicodramma, ma la sua importanza risiede più nella recitazione intorno al simbolo che non nella genesi del concetto. I simboli per eccellenza sono i miti che vengono registrati in archetipi – le più primitive e universali forme di espressione – ma parole, lettere, oggetti, gesti e comportamenti possono essere anch’essi simbolici. Ogni espressione corporale è carica di significati esibiti nell’azione. Jacob Levy Moreno (1889‐1974) riteneva che lo psicodramma illustrasse i simboli dell’azione, ossia l’integrazione e la risoluzione. Vale a dire, in un’azione psicodrammatica, il cambiamento personale o di gruppo effettuata attraverso simboli dipende “dall’intensità del collegamento tra la parola, il simbolo, il comportamento e l’azione”. Se lo studio dei simboli può essere applicato a una situazione rientrante nell’azione psicodrammatica, il simbolo farà luce su fenomeni latenti all’interno del gruppo. Questi fenomeni latenti spesso pongono limiti al processo educativo. Lo scopo di questo modulo, quindi, è quello di comprendere la funzione dei simboli mediante lo psicodramma, al fine di lavorare su informazioni sia esplicite che implicite presenti nel processo di formazione degli adulti. Anche se questo corso è incentrato sulla formazione professionale degli adulti in aula, la gestione delle informazioni è importante in qualsiasi processo di apprendimento. Il corso cerca di aiutare l’educatore con consapevolezza, evidenziando le connessioni tra il visibile e l’invisibile, e le loro conseguenze, quali gli ostacoli all’apprendimento, la leadership, la motivazione e/o la comunicazione.

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L’apprendimento attraverso la drammatizzazione simbolica rafforza il processo educativo perché consente implicitamente una conoscenza di base favorendo l’apprendimento di competenze multidisciplinari quali la comunicazione, la leadership, la fiducia e il lavoro di squadra. Lavorare con i simboli può essere anche un ottimo strumento per assimilare i concetti e per rafforzare l’apprendimento esplicito dei contenuti. Lo psicodramma in generale, e i simboli in particolare, possono aiutarci entrambi ad apprezzare e valutare le aspettative, i limiti e le convinzioni del gruppo su tematiche e informazioni specifiche, sulla formazione specifica o su un processo educativo. D’altra parte, a seconda delle competenze del formatore degli adulti e della sua visione ed esperienza di vita, lo psicodramma e i simboli possono essere uno strumento potente per affrontare situazioni che possono limitare la capacità di apprendere in classe. Attraverso l’uso di simboli, scenari che provocano paura possono essere rappresentati in modo tale che il gruppo aiuti gli studenti in formazione ad analizzare i loro timori e facilitare l’apprendimento. In linea con la necessità di comprendere a fondo il processo simbolico, anche se nello psicodramma l’importanza risiede nell’azione, in questo modulo sarà riesaminato essenzialmente quanto segue, soprattutto per la sua importanza teorica nell’applicazione di un’espressione simbolica in aula: Simboli nella teoria di Freud, differenza senza simboli e segni. Jung e la possibilità congiunta di simboli e significati collettivi. Klein e l’importanza del gioco per sviluppare il talento attraverso processi simbolici. Conoscenza implicita ed esplicita. Un’introduzione di Pichón Rivière Oggetti di intermediazione: che cosa può fungere da simbolo? Psicodramma, simboli e apprendimento di gruppo

2.1. Cos’è un simbolo? L’austriaco Sigmund Freud (1856‐1939) è stato il primo psichiatra a studiare il simbolo approfonditamente. Secondo Freud lavorare con i simboli significa indagare direttamente nell’inconscio della classe. Pertanto, è comprensibile come questo modulo risulti essere particolarmente avanzato in PaTiE, e deve pertanto essere applicato con cautela in aula. I simboli sono legati al significato dato, ai sogni e all’inconscio, e perciò ci forniscono informazioni implicite che il pensiero concettuale non comprende. Questo collegamento può a volte essere correlato a processi emotivi, motivazionali o inconsapevoli. Il simbolo e il processo di simbolizzazione sono concetti complessi che possono essere definiti semplicemente come un’operazione di sostituzione in cui un simbolo può avere un significato diverso per ciascun individuo, gruppo o società. Sigmund Freud è stato il fondatore del metodo psicoanalitico, basato sull’esistenza dell’inconscio che egli ha scoperto attraverso il suo lavoro con l’ipnosi. Freud ha sentito il bisogno di studiare ricordi rimossi per mezzo della “libera associazione”, una regola per cui i pazienti devono parlare di ciò che accade a loro senza alcun tipo di restrizione morale. Ha chiamato questo metodo psicoanalisi, e si suppone che, grazie a lui, i pazienti hanno effettuato dei

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collegamenti a tali vuoti della memoria che hanno origine nell’inconscio e rimangono latenti. Il terapeuta ha avuto un ruolo di intervento di costruzione di un contorno intorno a questi vuoti di memoria. In questo senso, i simboli che appaiono nei sogni erano, per Freud, una fonte importante di conoscenza dei desideri dell’inconscio. Questo è così per la natura stessa del simbolo. La rappresentazione simbolica comporta un processo in cui una cosa rappresenta qualcosa di diverso per un individuo. Tuttavia, non riguarda la sostituzione di un oggetto con un altro, in modo da, ad esempio, rappresentare il fuoco con una fiamma. Ciò che avviene nel processo di simbolizzazione non è una sostituzione, ma un’operazione che comporta la capacità di un oggetto assente di essere rappresentato mediante il simbolo che questo indica e la partecipazione di un individuo che è in grado di distinguere tra il simbolo e quanto simbolizzato. Per meglio capire cos’è che viene coinvolto quando si parla di simboli, è utile tenere sempre presente la differenza tra segno e simbolo. Il segno è un’unità comunicativa che trasmette contenuti rappresentativi con un significato preciso, ed è formato dalla dualità segno‐significato, segno e cosa descritta. Continuando con l’esempio precedente, una fiamma simboleggia il fuoco. Il sostantivo “fuoco” di per sé fa parte di un sistema di segni che formano una lingua, sta a indicare il significato specifico di fuoco. Il simbolo, al contrario, non indica un significato preciso ma evoca idee astratte, valori e sentimenti. Mentre il segno è unico per la lingua, il simbolo è una rappresentazione iconografica o mimetica scritta di ciò che si tenta di rappresentare. Esso si rivela attraverso percorsi diversi dal discorso, come i sogni e i giochi e, a volte, il comportamento. In questo modo possiamo considerare il gioco di immaginazione come vera simbolizzazione, in quanto quest’ultimo aumenta la capacità di utilizzare la fantasia e di organizzare lo spazio psichico. Allo stesso tempo, comunque, il simbolo è un descrittore e consente di separare elementi, il cui principale significato a cui sono connessi è andato perso, che vanno collegati in modo da creare una connessione tra soggetto e oggetto, tra realtà psichica e materiale, e tra il passato e il presente. Come appreso dal modello freudiano nella pratica clinica, l’analisi presuppone una duplice relazione tra l’analista e la persona analizzata che può funzionare solo quando una terza entità viene rappresentata nella scena. Vale a dire, la situazione analitica assume la sua vera forma quando sia il simbolo che l’atto simboleggiato nella scena consentono di sviluppare un processo di simbolizzazione, un’azione che ha i suoi processi di apertura e chiusura. Freud evidenzia un simbolismo essenzialmente individuale che resiste all’influenza culturale in una dimensione sociale. Infatti, il simbolismo individuale attesta il percorso di simbolizzazione all’interno dello stesso trattamento; si assume perciò che una forma chiusa e ripetitiva di simbolizzazione fornisca una modalità in cui il processo simbolico si può aprire aiutando a evitare ripetizioni, introducendo un nuovo sistema di scambio tra simbolo e simbolizzato. I simboli collegano così diverse emozioni. Descrivendo il simbolo come descrittore è chiaro che, anche se la sua natura può essere rimossa dalla lingua, può essere espresso attraverso la parola e rivelato linguisticamente. Tuttavia, nei simboli, l’inconscio è filtrato attraverso la coscienza, vale a dire, si tratta di una vera e propria manifestazione – esternalizzata – dell’inconscio quando è sveglio.

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Nei sogni, l’inconscio non è limitato alle strutture della percezione cosciente. Il sogno ha una sintassi tutta sua, una sua propria lingua, e il linguaggio dello stato di veglia e dei suoi segni diventano obsoleti. Nella teoria freudiana del simbolo, il simbolo comporta un’apertura dell’individualità di ciascuna persona, una forma di espressione che va oltre la grammatica socialmente acquisita. Ciò che lega il simbolo e il simbolizzato non corrisponde a ciò che collega descrittore e significato, ed è esattamente in questo che vi è la differenza tra simbolo e segno ingannevole. Nel caso del segno, la connessione tra simbolo e significato è arbitraria, e viene scelta e concordata dai singoli soggetti che utilizzano il segno, ma non è necessaria. Per esempio, la parola “fuoco” (significante) può identificare un insieme di fiamme, fumo e calore (significato) a cui viene assegnato un nome, ma lo stesso concetto potrebbe essere identificato/descritto anche mediante un altro segno. Secondo Freud, il simbolo, invece, è legato a ciò che rappresenta descrivendolo in modo appropriato e ciò non è affatto arbitrario. Ciò è dovuto alla mimesi iconica del simbolo con quello che viene rappresentato (simbolizzato). Il simbolo sembra così liberare l’individuo dalla parola, da ciò che è stato concordato tra gli uomini, da ciò che appartiene al linguaggio e alla sua grammatica. Nello psicodramma, e questa è una delle principali novità nel lavoro sui simboli di Moreno, l’obiettivo non è tanto capire o analizzare un particolare processo di simbolizzazione, ma piuttosto di “agire” il simbolo. Questo modo di lavorare con i simboli può essere molto utile in aula, in particolare nella risoluzione dei conflitti o per lavorare con classi eterogenee. Lo studio dei processi di simbolizzazione può essere estremamente complicato. Nondimeno, per intervenire in modo efficace, i formatori che lavorano nell’ambito dell’educazione degli adulti hanno bisogno di riconoscere ed essere consapevoli dei simboli che possono apparire sia in classe che nella scena drammatica.

2.2. La classe e l’inconscio collettivo La regola della libera associazione in Freud si basa sulla sua idea che gli esseri umani sono impregnati da pulsioni soggettive che vengono dirette dall’individuo verso gli altri e la realtà sociale, collegando quindi i soggetti tra loro. La teoria della libera associazione è inoltre stata quella che ha attirato Carl Gustav Jung (1875‐1961), lo psicologo e psichiatra svizzero, verso le teorie freudiane. Tuttavia, Jung finì poi per prendere le distanze dalla psicoanalisi, perché riguardava principalmente il funzionamento dell’inconscio. L’idea di Freud di inconscio è riconducibile unicamente a un “inconscio individuale”. Dalla sua analisi dei miti antichi, Jung invece arriva a concludere che non vi sia solo un inconscio individuale, ma che ve ne sia anche uno collettivo. Gli esseri umani infatti, come membri appartenenti a una specie, condividono una sorta di schemi mentali fin dalla nascita. Jung definisce questi contenuti come “archetipi” poiché costituiscono paradigmi, sistemi di pensiero e parole, che aiutano i membri di una data società nella comprensione dei valori culturali, dei rituali e delle forme di comunicazione che condividono. Ciò sta a significare che al concetto freudiano di inconscio individuale, spinto dalle pulsioni libidiche dei singoli e basato sui loro desideri repressi, Jung contrappone una pulsione universale e, pertanto, un inconscio collettivo simbolico universale che, in larga misura, annulla la singolarità di ogni persona.

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Freud ha largamente criticato questo aspetto della teoria di Jung, e ha ritenuto che nessun individuo sia completamente costretto ad accettare gli archetipi universali, per quanto questi possano essere modellati sulle emozioni vissute in una vita di relazioni. L’importanza dell’uso di simboli, per comprendere l’inconscio, latente, emotivo e non razionale, si sviluppa nell’azione psicodrammatica in modo duale. Da un lato, ogni persona può lavorare singolarmente su un simbolo mentre lo illustra al gruppo – che può a sua volta rivelare il suo inconscio – dall’altro può essere che i segni dell’inconscio collettivo si intravedano, creando uno spazio potente di cambiamento per la classe. Come Jung spiega nella sua importate opera Man and His Symbols (L’uomo e i suoi simboli), sebbene tutte le culture ricorrano a espressioni simboliche per rappresentare concetti che non possono definire o capire completamente (come ad esempio la “divinità”), si deve ricordare che l’uomo stesso produce simboli inconsciamente e spontaneamente sotto forma di sogni e che questi possono rappresentare eventi di cui l’individuo non è consapevole o che sono stati assorbiti in modo subliminale. L’individuo può comunque venire a conoscenza di questi eventi, non solo attraverso il sogno, ma anche per mezzo di un processo di pensiero profondo o di un’intuizione che lo può rendere consapevole, emergendo dall’inconscio come una sorta di riflessione a posteriori. In sintesi, l’azione psicodrammatica può stimolare questa comprensione trasferendo informazioni dall’inconscio al conscio attraverso un lavoro sui simboli, sia a livello di individui che a livello collettivo di classe. In aula alcuni processi consentono quindi al gruppo di condividere i valori culturali comuni che permettono agli individui di comunicare tra loro. Anche nel caso di gruppi con membri appartenenti a culture diverse si può creare uno spazio comune per la condivisione e la reciproca comunicazione attraverso i simboli. 2.3. Giocare con i simboli come fonte di talenti Insieme a Freud, la psicanalista austriaca Melanie Klein (1882‐1960) fu una pioniera nell’uso del simbolo così come in seguito sarebbe stato applicato allo psicodramma. I suoi linguaggi e le sue teorie sul simbolo afferiscono a un livello avanzato della pratica clinica terapeutica, che l’educatore/formatore non si troverà a dover applicare nell’esecuzione degli esercizi di psicodrammatica in aula. Nondimeno, imparare la base teorica per poter illustrare la potenza del simbolo sia all’individuo che alla classe nel suo insieme, risulta comunque essenziale. Anche la psicologa austriaca Klein ha lavorato al tema dell’inconscio rifacendosi al concetto della libera associazione. Tuttavia, lavorando principalmente con i bambini, la natura del materiale simbolico con cui ha svolto tali pratiche si differenziava dalla visione prettamente freudiana. Per la Klein, il simbolo non è più la manifestazione inconscia che si rivela nei sogni, ma un elemento malleabile e indispensabile. Il simbolismo per lei è infatti il ponte tra le rappresentazioni fantasticate dai singoli e gli oggetti reali. L’io sviluppa la sua percezione del mondo attraverso la creazione di simboli. Così, nel 1946, la Klein ha coniato la definizione “identificazione proiettiva”, per identificare un fattore essenziale che permette alle esperienze, inizialmente inaccessibili, di essere pensate e tradotte in parole.

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Il simbolismo kleniano considera quindi il gioco come l’espressione simbolica di conflitti interiori inconsci, desideri e fantasie. Il simbolismo non corrisponde più tanto a manifestazioni oniriche inconscie e involontarie, ma piuttosto alla capacità di collegare o associare ambiti di esperienza equivalenti, in modo da consentire alle pulsioni di essere scaricate. Lo psicodramma apre la possibilità per l’inconscio di essere attivato e raccontato attraverso il gioco. Nei giochi, specialmente quelli di natura atletica, gli impulsi della libido vengono rilasciati secondo modalità meno repressive e più vicine alla sublimazione, permettendo all’individuo di mettersi in sintonia con le sue inibizioni. L’individuo tende quindi alla sublimazione rimuovendo una di queste inibizioni e avvicinandosi alle preferenze del proprio io individuale. Il simbolo, attivando un processo di sostituzione, rimuove l’inibizione e consente alle emozioni represse di scomparire. Questa operazione è basata sulla capacità di creare delle attività che procurino agli individui una sorta di soddisfazione che possa essere simbolicamente ricondotta alle fantasie della libido. Per far ciò è comunque necessario considerare le singole attitudini manifestate dagli individui. Il processo simbolico per la rimozione del represso, se non eccessivamente ostacolato, può configurarsi anche come una risorsa di talento. Quando un individuo viene a trovarsi in una situazione gratificante secondo i canoni condivisi dalla società e trova all’interno di questa attività un canale sostitutivo per scaricare le pulsioni insoddisfatte, si giunge alla sublimazione. Il processo di formazione dei simboli gioca un ruolo essenziale nella sublimazione e, di conseguenza, nel talento, in quanto consente di effettuare l’associazione tra l’attività e i desideri libidici. Il talento o più nello specifico, il suo sviluppo, che emerge dal processo di sublimazione rappresenta un concetto chiave della teoria della Klein. Questo perché la necessità degli individui di scaricare le pulsioni libidiche li spinge a coltivare quelle attività che facilitano questo sviluppo e, secondo la Klein, è proprio la realizzazione di queste attività che noi chiamiamo talento. Questa alternativa è sempre più costruttiva rispetto ad altre che reprimono o che prevedono canali meno adatti per l’esternazione delle pulsioni, generando fissazioni che di solito sfociano in disagi. La sublimazione si ottiene solo per mezzo della capacità simbolica che collega l’inibizione con l’attività scelta. La Klein riteneva che la formazione di simboli fosse un processo della psiche e che creasse un’esteriorità in cui l’interiorità potesse costituire una solida base delle pulsioni che creano la realtà dell’individuo Nella sua opera Infant Analysis (Analisi infantile), la dottoressa Klein dà grande importanza al ruolo del simbolismo nello sviluppo intellettuale, equiparando le inibizioni intellettuali all’inibizione della funzione simbolica. Il processo di simbolizzazione viene considerato quindi come un processo dinamico di sostituzione degli oggetti che sono guidati da angoscia e sadismo. Questi aspetti sono estremamente legati al mondo intrapsichico di ogni individuo. Anche se al formatore non è richiesto di essere un esperto di questi fenomeni, è comunque auspicabile che sia a conoscenza degli aspetti fondamentali di queste teorie relative ai processi di simbolizzazione. Sia l’individuo che la classe sono infatti connessi con gli aspetti profondi della loro identità e agiscono secondo processi, forse di natura inconscia, discendenti dal processo di simbolizzazione.

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Secondo la Klein, il gioco come attività terapeutica, che funziona secondo la logica della libera associazione, consente per esempio sia di rivelare i sensi di colpa che di stabilirne le cause attraverso la relazione simbolica. Il simbolismo rende quindi più facile alle persone trascrivere la loro storia affettiva ed emotiva e nello psicodramma di Moreno questo equivale a “recitare un ruolo”. Attraverso il ruolo, la persona può esternare se stessa con l’opportunità di comunicare liberamente. In questo modo lo psicodramma apre la possibilità per l’inconscio di essere attivato e raccontato attraverso il gioco e, giocando con i simboli, possono essere scoperte fonti di talento. 2.4. Conoscenza implicita ed esplicita: leggere la classe Enrique Pichón Rivière (1907‐1977), un medico psichiatra che introdusse la psicoanalisi in Argentina, seguì le linee proposte dalla Klein. Questo medico svizzero‐argentino capì che l’ansia degli individui è generata dai loro desideri che, a loro volta, generano fantasie. Il fatto che un individuo percepisca una fantasia come un qualcosa che può essere realizzato per soddisfare un desiderio genera un tipo di ansia. L’articolazione tra il conflitto di esigenze e certi meccanismi di difesa viene risolto, in un modo o nell’altro, provocando un comportamento specifico da parte dell’individuo. Questo comportamento viene considerato l’osservabile e l’esplicito e, cercare di comprendere il conflitto che ne sta alla base, è utile per tentare la sua comprensione, ovvero, far luce su ciò che è implicito. Inoltre le performance psicodrammatiche dei soggetti si inquadrano sempre all’interno del contesto del gruppo aula, in questo modo temi quali i legami, gli impegni, l’ansietà di gruppo, limitazioni etc, possono essere osservate. La teoria psicanalitica di Pichón Rivière segue un metodo dialettico che ruota intorno al concetto centrale di ECRO (Esquema conceptual, referencial y operativo) campo della psicologia sociale. Egli riteneva che questo schema, utilizzato come modello scientifico basato su eventi naturali osservabili, potesse contribuire a rendere comprensibili gli eventi visibili e a far emergere da quelli il non visibile. Tra le altre cose, la sua teoria deriva dall’ Interazionismo Simbolico del filosofo, sociologo e psicologo George Mead (1863‐1931), che basava la sua comprensione della società sulla comunicazione, concependo quest’ultima come una produzione di senso all’interno di un universo simbolico specifico. Ovvero, i simboli, sia archetipici che individuali, sono delimitati dal sistema simbolico delle diverse società in cui sono creati. Questo concetto di Rivière aggiunge al contributo della psicoanalisi il riferimento allo studio dell’implicito/latente nella vita quotidiana degli individui. Lo studioso fu inoltre influenzato dalla corrente surrealista ed enfatizzò il concetto di ovvio identificandolo con l’esplicito: ciò che accade nella vita di tutti i giorni, ciò che ci appare così normale da passare inosservato quando corrisponde a una forma sociale specifica fondata su valori condivisi, è comunemente accettato come naturale. L’essenza delle tesi rivieriane risiede nel mettere in discussione l’ovvio per prendere le distanze da esso e quindi ottenere una comprensione più oggettiva della realtà. Resta inteso, quindi, che i simboli, come espressioni comunicative che trasmettono i valori latenti di ogni società, sono forme esplicite che contengono conoscenza implicita: una memoria latente. Pichón Rivière comprende quindi che

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l’esplicito è il manifesto e che l’implicito è il latente. Tra un elemento e l’altro, questo psicoanalista, stabilisce una spirale dialettica. Il metodo dialettico è un metodo di studio scientifico della realtà. Si presuppone che tutti gli elementi siano collegati, che tutto sia influenzato da tutto, mentre la realtà si trasforma ed è in continuo mutamento. Vengono quindi a crearsi tre fasi di realtà e l’ultima viene esaminata in modo che il suo sviluppo, cambiamento e le sue connessioni possano essere comprese. Per iniziare, la tesi – o idea prima – è seguita dall’antitesi, ovvero dall’opposto dell’idea primigena, poi, la sintesi, cioè la combinazione di entrambe le idee, da luogo a una terza istanza. Quest’ultima a sua volta è la tesi che apre un nuovo processo di trasformazione della realtà e di connessioni. Pichón Rivière segue questo metodo di analisi per stabilire che il legame tra la dimensione implicita ed esplicita di un individuo o di una società è strutturato in modo non lineare ma a spirale, e che alla base di ogni curva risiede il concetto di causalità multipla, o in termini freudiani, di sovradeterminazione. Secondo Freud, il concetto di sovradeterminazione o determinazione multipla, descrive come una formazione dell’inconscio (un sintomo, un sogno, un simbolo) si possa riferire a una pluralità di fattori determinanti, e come possano sussitere diverse cause capaci di spiegare questa formazione, mai una singola. Seguendo la stessa linea di ragionamento, dalla causalità multipla si desume che, proprio come un comportamento può essere espresso in diversi modi, questo stesso comportamento può avere anche cause diverse. Tali cause possono attenere alla storia della persona e al contesto contingente. Allo stesso tempo, nello stesso contesto storico e attuale – o all’interno della stessa classe – gli individui possono sviluppare più di una fantasia, di un desiderio o di un bisogno che tutti insieme porteranno ad adottare un determinato comportamento specifico, più significativo rispetto agli altri: una condensazione che conserva il contenuto di desideri diversi. Nel sogno, e nel simbolo, aspetti diversi possono convergere: tali aspetti possono essere completamente slegati tra loro, ma trovano nel canale del simbolico il mezzo attraverso cui esprimersi. Applicando la teoria comportamentale di Pichón Rivière al gruppo target, possiamo quindi individuare due giochi dialettici che si articolano in: individuo‐ gruppo e implicito‐esplicito. A questo fine, Pichón Rivière fa riferimento a uno psicoanalista inglese non molto conosciuto, H. Ezriel, secondo cui il contenuto manifesto di discussioni di gruppo può comprendere qualsiasi argomento di contenuto manifesto, cioè esplicito. Questo contenuto genera immediatamente una problematica sottostante (implicita): una comune tensione collettiva inconscia che determina il comportamento del gruppo. Questa tensione collettiva rappresenta quindi il comune denominatore tra le fantasie inconsce individuali, dominanti in tutti i membri del gruppo in un dato momento. In questo modo, ogni membro assume un ruolo particolare all’interno del gruppo, che corrisponde al modo specifico in cui questi si difendono dalle paure inconsce risvegliate da un problema condiviso. È proprio all’interno di un contesto di siffatta natura che maggiormente si apprezza il potere di ristrutturazione e di trasformazione dello psicodramma confermato dalle esercitazioni in aula: quando vengono impiegate energie nella risoluzione delle problematiche della classe. Va comunque sottolineato che, quando si parla di fantasia di gruppo, Ezriel stesso ammette che queste non esistano in quanto tali. Il gruppo infatti non è un’entità 11


dotata di una propria fantasia, ma sono piuttosto i singoli individui ad averne e gli altri membri del gruppo entrano in quella che è conosciuta come risonanza. Tale risonanza, che si verifica nelle conversazioni e nelle azioni del gruppo, produce un contagio fra i membri, sulla base della fantasia preponderante legandosi con le fantasie degli altri. Lo psicoanalista inglese capì che il comportamento manifesto degli individui all’interno di un gruppo possiede delle caratteristiche che rappresentano un tentativo di risolvere la tensione consapevole, emersa dalle connessioni con oggetti inconsci della fantasia. Così, ogni membro del gruppo proietta gli oggetti della propria fantasia inconscia su altri membri del gruppo, che condividono le stesse condizioni, a partire da tali proiezioni. Quest’ultime diventano chiare durante il processo di distribuzione e assunzione dei ruoli. La comunicazione in una società, così come in un gruppo aula, consiste quindi nella produzione di un significato nell’ambito di un orizzonte simbolico condiviso. L’ovvio costituisce l’esplicito, ciò che accade nella vita di tutti i giorni, il nostro ordinario e contemporaneamente contiene valori importati, accettati come naturali. Di conseguenza, utilizzando i simboli, i formatori possono distanziarsi dall’esplicito e leggere la classe, avendo una migliore comprensione della realtà. L’inconscio allude a una pluralità di fattori determinanti e ci sono diverse cause che possono spiegarne la formazione, mai una sola. Pertanto, la lettura della classe attraverso i simboli aiuta a capire che tutto ciò che accade in modo esplicito ha diverse cause sottostanti. 2.5. Lo psicodramma e i simboli Secondo le teorie di Moreno possiamo rappresentare tre diversi tipi di scena: reale, immaginaria e simbolica. Quando si pensa alla drammatizzazione di una situazione di vita reale, l’intervento si configura come il risultato di una catena di eventi che iniziano con la percezione di ciò che è reale per quel dato individuo, rispetto al quale si vuole drammatizzare un avvenimento. Vengono quindi mobilitati una serie di contenuti inconsci che portano alla manifestazione concreta di questo proposito, rappresentando l’unione dell’ osservabile con il contenuto latente, dando così origine al processo di simbolizzazione. L’uomo è stato decritto da vari autori come un animale che crea simboli. Attraverso i simboli, gli esseri umani possono trascendere il qui e ora, ma è possibile anche il processo inverso, secondo il quale l’uomo recupera e utilizza nel più immediato qui e ora simboli remoti. Le tre fasi di evoluzione degli esseri umani possono quindi essere considerate come segue: La situazione contingente (qui e ora) dell’animale. L’animale che crea simboli e trascende il qui e ora. Il sistema integrato, che simboleggia la creatività nello specifico qui e ora. Questo nuovo essere umano, che integra i simboli nel qui e ora, è quello che viene descritto come “uomo cosmico”, tanto realistico quanto l’animale e tanto simbolico quanto l’homo sapiens: una sintesi di entrambi.

Moreno mise a fuoco molto presto il concetto di “cosmico”, durante la sua infanzia, giocando a giochi di ruolo, seguendo il suo credo religioso o utilizzando altri tipi di situazioni. Infatti, il gioco d’infanzia preferito di Moreno era quello di

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impersonare Dio. Per Moreno, questo ruolo ha rappresentato il punto d’inizio per la sua futura missione: avere una personalità cosmica che associasse il suo nome a quello di Dio, trasformando così se stesso nel padre. Il simbolo trascendentale della divinità è registrato nel qui e ora del padre, il qui e ora del padre si riflette quindi nel simbolo divino ed entrambi convergono in Moreno che, allo stesso tempo, è sia Dio che padre. Moreno stava ricoprendo un ruolo nel primo psicodramma che descrisse come “lo psicodramma della caduta di Dio”. La spontaneità e la creatività dei giochi di ruolo, sia nel processo psicodrammatico che in l’aula, ci aiuta a rimuovere blocchi, conflitti o rigidità psicopatologiche, rendendo in tal modo l’apprendimento più facile. Durante i suoi studi di medicina, Moreno riuscì poi a ridurre la complessità del processo di simbolizzazione sperimentando ruoli in altri giochi – ad esempio realizzando ricostruzioni di processi giudiziari ai quali aveva partecipato o organizzando spettacoli teatrali per bambini nei giardini di Vienna, dando loro la possibilità, tra le altre cose, di scegliere temporaneamente un padre. Queste e altre pratiche non ortodosse, che costarono a Moreno numerose detenzioni in carcere, servivano a illustrare come il fondatore dello psicodramma intendesse la psicoterapia e l’evoluzione che il suo punto di vista aveva comportato rispetto all’analisi dei sogni e dei simboli di Freud. Una frase che lo stesso Moreno racconta nella sua autobiografia illustra bene questo punto, sebbene Freud non avesse mai fatto menzione dell’incontro: “Nel 1912 sono andato a una delle letture di Freud. Il dottore aveva finito la sua analisi di un sogno telepatico. Circondato da studenti, lui mi venne incontro e mi chiese cosa stavo facendo. Così io risposi: «Bene Dottor Freud, io inizio il mio lavoro dove lei finisce il suo. Lei porta le persone in luoghi artificiali come il suo studio, io invece faccio lo stesso per strada, nelle loro case o in ambienti naturali. Lei analizza i loro sogni, io do loro il coraggio di sognare ancora. Lei li analizza e li frammenta in diverse parti, io invece li aiuto a rappresentare i loro conflitti attraverso dei ruoli e a ricomporre i pezzi del loro essere»”. La classe può essere quindi considerata come un setting naturale dal momento che consiste in uno spazio in cui lo studente può assumere e interpretare dei ruoli in un luogo che si presta all’adozione di un approccio psicodrammatico, senza bisogno di dover ricorrere a uno studio attrezzato ad hoc. Nonostante le differenze tra l’approccio di Freud e quello di Moreno, resta fermo che la psicoanalisi e lo psicodramma sono da considerarsi entrambe forme di terapia che studiano la psiche e l’anima. Parlare di dramma significa necessariamente parlare di azione. Lo psicodramma, quindi, rappresenta la psiche in azione, è l’uomo in azione, in ogni sua attività: a casa, in ambito educativo, sportivo o sociale. Lo psicodramma si rifà quindi alla terapia di gruppo di Moreno. Quest’ultima si basava infatti sull’idea che la rappresentazione dei ruoli, sia nei bambini che negli adulti, servisse a soddisfare almeno parzialmente quelle esigenze o quei desideri che vengono repressi dall’ educazione familiare o dalle restrizioni sociali e culturali. Ciò sta a significare che questo psichiatra capì che le pulsioni inconsce, censurate dalla coscienza, potevano emergere nel gruppo, non solo attraverso la rappresentazione di un ruolo all’interno del gruppo stesso ma anche rivivendo un’esperienza individuale o mediante la rappresentazione di scene immaginarie. In tal modo tutti i membri del gruppo possono rivivere esperienze simili.

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Come Moreno stesso affermava nella sua risposta a Freud, nella scena psicodrammatica vengono a crearsi nuovi sogni, nuove invenzioni spontanee e creative che danno a loro volta luogo alla creazione di nuovi simboli. Si potrebbe quindi dire che i desideri e l’inconscio di ogni individuo si uniscano con l’inconscio collettivo del gruppo attraverso la creazione di archetipi universali. Questi archetipi consentono sia all’inconscio che ai desideri dell’individuo di essere compresi attraverso questi stessi simboli e consentono inoltre alle pulsioni individuali e collettive di essere condivise attraverso le creazioni simboliche degli individui, sia a livello singolo che di gruppo. Il gioco di ruolo (simulazione) è basato sulla stessa idea della teoria freudiana del simbolo, ovvero che il gioco e i sogni costituiscono un canale per mezzo del quale l’inconscio si rivela, ponendosi quindi in continuità anche con le teorie di Melanie Klein e il suo concetto di gioco. Nel gioco di ruolo, questo permette lo sviluppo della spontaneità, intesa, secondo l’idea classica, sia come nuova risposta a una vecchia situazione che come risposta adeguata a una nuova situazione, così come credeva Moreno. Secondo Moreno, la pratica psicoterapeutica va oltre: non solo questa interpreta i sogni alla luce di nuove emozioni, ma crea nuove emozioni non solo attraverso i nuovi sogni, le interpretazioni, i simboli e le drammatizzazioni del singolo, ma anche attraverso quelle del gruppo. Il concetto di Moreno di spontaneità costituisce quindi l’elemento chiave di tutta la sua teoria, intuendo come questa rappresenti il potenziale inconscio attraverso il quale si esprimono le emozioni. La spontaneità crea i “valori vitali” – valori propri della persona – anche se spesso non la si riconosce come tale perché camuffata da valori ufficiali e stereotipati, quei valori che Freud avrebbe considerato come sociali e censori a danno dell’individualità di ogni io inconscio. La chiave della filosofia di Moreno risiede quindi in una concezione dell’uomo come essere spontaneo e creativo. Un tale processo di creazione viene realizzato attraverso un continuo scambio di ruoli, in modo tale che il protagonista agisca nei panni di un’altra persona, oggetto o parte di sé. La gamma di ruoli assumibili è illimitata e aperta al processo di simbolizzazione, alla creatività o alle eventuali altre esigenze del processo. I ruoli possono riferirsi a personaggi immaginari, animali, oggetti o a qualunque altra cosa che possa rendere più semplice l’esternazione di comportamenti, emozioni o altri aspetti del protagonista. Il ruolo può essere rappresentato dal simbolico o attraverso simboli, in modo tale che il protagonista acquisisca qualcosa di più di un significato specifico: un insieme più ampio di valori e credenze che possano essere condivisi in comune o che rispondano a un’idea individuale di quel simbolo. In sintesi possiamo affermare che certi ruoli come quello di Dio, dell’uomo più saggio del mondo, di Superman, di angelo, Giuda, Achille, Cenerentola, Hitler, Dionisio... sono ruoli basati su simboli che possono facilitare, a seconda di ogni cultura, la scoperta di nuove risposte e l’analisi e la comprensione di determinati aspetti del gruppo. Lavorare con i simboli utilizzando sulla scena anche altri materiali a supporto di una maggior espressione creativa, come maschere, plastilina, pittura o collage, possono innescare anche alti livelli di proiezione dell’inconscio, dando luogo a situazioni potenzialmente difficili da contenere per educatori/formatori che non hanno una formazione specifica sullo psicodramma. Nell’azione, il simbolo acquisisce il ruolo di ciò che rappresenta, non di ciò che

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veramente è. Una maschera non è tanto una maschera in quanto tale, ma è ciò che simboleggia, un eccesso di significato che scava a fondo nell’inconscio. Sebbene i richiami a Freud siano sempre presenti all’interno del lavoro di Moreno, egli si pone comunque quasi sempre al suo opposto. Quindi, lasciamo che la spontaneità e la creatività “giochino” in classe dando agli studenti l’opportunità di sognare ancora, creando nuovi simboli. La classe è un ambiente naturale, uno spazio dove gli studenti possono assumere ruoli che possono essere psicodramatizzati. 2.6. Oggetti di intermediazione Come visto fino ad ora, l’“io ausiliario” è un concetto introdotto da Moreno che opera nella zona dei “fenomeni transitori”. La funzione di questo terzo io è già stata illustrata a fondo nell’introduzione ai concetti chiave dello psicodramma. Tuttavia, acquisire una maggior consapevolezza/conoscenza degli oggetti intermediari in relazione alla dimensione simbolica dello psicodramma è altamente raccomandato. Gli oggetti intermediari possono funzionare come un io ausiliario. Sono oggetti che non sono collocati né all’interno né all’esterno dell’individuo. Essi costituiscono infatti una proiezione degli aspetti parziali dei loro sé o, in altre parole, di alcuni dei suoi simboli interni, io multipli e/o personalità interiori. Allo stesso tempo, però, costituiscono anche un qualcosa che sta al di fuori dell’individuo: contemporaneamente sono e non sono parte di lui. In una certa misura il carattere di ausiliario allude a questa caratteristica di ambiguità dell’oggetto. È da considerarsi come io per gli aspetti del/degli io incarnati in sé È da considerasi come ausiliario perché aiuta l’individuo – e il formatore nel contesto della classe – a prendere coscienza non solo di quelle parti del suo sé che si distaccano per “proiettarsi” sull’oggetto, ma anche la misura in cui qualcuno sia diverso dagli studenti. Questo semplifica la differenziazione tra ciò che sta al di fuori e ciò che è all’interno, tra io e non‐io. Qualsiasi oggetto intermediario può essere un simbolo. Se vogliamo realizzare un processo simbolico in aula, gli oggetti selezionati dagli studenti non saranno considerati semplici sussidi, ma avranno, nella loro stessa simbologia, più significati rispetto alla mera rappresentazione di un messaggio dell’inconscio, veicolata tramite questi. Gli aspetti simbolici possono essere innumerevoli, tanto più se si considera che quasi tutti gli elementi hanno un valore simbolico, soprattutto in un’azione psicodrammatica. Vi è un eccesso di significato sottostante al di là di quanto osservato sia a livello individuale che di classe nel suo complesso. Il termine oggetto intermediario o di intermediazione è stato coniato, al termine di un lungo processo di ricerca, come risultato di una sperimentazione dello psicodramma svolta su un ampio gruppo di pazienti psicotici dell’Hospital Nacional José T. Borda di Buenos Aires. I pazienti erano stati internati per anni e non avevano quasi più famiglia o altri contatti sociali al di fuori dell’ospedale. Come spiegava l’autore, non si riteneva che per il caso ci fosse un trattamento applicabile e risolutivo in sé e le aspettative iniziali su ciò che si poteva ottenere impiegando il metodo dello psicodramma non erano molto ambiziose. Invece il 15


vero obiettivo era quello di ripristinare la comunicazione, sia quella che era stata danneggiata dalla specifica patologia dei pazienti sia quella dovuta al ricovero stesso. L’analisi dei risultati concluse che questa risposta era diretta verso l’oggetto e non verso un qualsiasi aspetto rappresentato dal personaggio (marionetta). Ecco perché la marionetta ha continuato a essere considerata sia come oggetto che come marionetta in sé sulla base del personaggio da questa rappresentato. Questo oggetto è stato poi definito intermediario. Era stato quindi possibile ristabilire una comunicazione con il paziente egocentrico, attraverso il tramite dell’oggetto. La dimensione rappresentata dall’estraneazione in sé del paziente è stata definita “sé psicologico”. Ricerche successive sono state poi effettuate utilizzando anche altri oggetti come maschere, tuniche, cappe e pezzi di tessuto. La risposta visiva dei pazienti in presenza degli oggetti costituì un altro importante fenomeno degno di nota. Dopo un periodo di interazione, quasi tutti i pazienti avrebbero cercato di toccare l’oggetto, cosa che condusse ad attuare una variante molto produttiva, consegnando il pupazzo o un altro oggetto ai pazienti e permettendo loro di utilizzarlo e interagire con esso come meglio credevano. Allo stesso modo, quando questo tipo di gioco simbolico viene svolto in classe, può essere che gli studenti decidano quale valore attribuire agli oggetti che usano, proiettando su questi le loro idee inconsce. Attraverso studi più approfonditi si è poi stabilito che ogni oggetto può essere utilizzato come oggetto intermediario: dagli oggetti concreti come le sigarette a elementi come l’aria o il fuoco, compresi personaggi di fantasia, sogni e colori... Avere a disposizione questa ampia varietà di usi e significati ci conduce in una situazione simile a quella riscontrata con il concetto di ruolo: applicato senza molto rigore, finisce per avere così tanti significati che una definizione preliminare è indispensabile per comprendere le condizioni in cui viene utilizzato. Tentare quindi di concettualizzare in cosa consista esattamente un oggetto intermediario può sembrare un compito scomodo. Con specifico riferimento a questo modulo, tuttavia, una definizione che offra alcuni chiarimenti può servire come guida quando si tratta di applicare e ricreare gli esercizi, fornendo quindi al formatore tutte le risorse necessarie per un corretto e appropriato utilizzo degli oggetti come oggetti intermediari. Nondimeno, la comprensione e l’utilizzo di questo tipo di oggetti richiede una componente esperienziale, lontano dalla precisione teorica. Tornando indietro all’origine etimologica del termine “oggetto”, questo deriva dal latino objectus “gettato contro”: qualcosa che esiste fuori da noi stessi, qualcosa di materiale che risulta visibile e percepibile attraverso i sensi. Dall’altra parte, l’intermediario è ciò che media – sta nel mezzo – tra due o più persone. Un oggetto intermediario, quindi, è un oggetto concreto e reale – una marionetta, una maschera, un pezzo di stoffa, un ombrello – a cui viene assegnata una nuova funzione. Quando l’oggetto intermediario è stato utilizzato per la prima volta, la sua funzione era quella di ripristinare la comunicazione nei casi di pazienti egocentrici. Col tempo, poi, ponendo attenzione all’ipotesi che Moreno faceva su un impiego di questa tecnica che andava ben oltre la sua applicazione ai soli psicotici cronici, questa è stata utilizzata per offrire nuovi canali di espressione laddove la comunicazione non si era persa completamente ma, rimasta latente, aveva bisogno di strade diverse per emergere.

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Nella sessione psicodrammatica lo stesso oggetto potrebbe essere usato per diversi propositi e saranno questi a definire la funzione dell’oggetto, le modalità per il suo utilizzo e la tipologia di situazioni all’interno delle quali può essere introdotto. Possono esserci tre principali funzioni: Funzione ausiliaria: l’oggetto enfatizza o mette in evidenza qualcosa che sta già accadendo nella sessione. La caratteristica principale di questi oggetti è quella di contribuire a creare o evidenziare qualcosa che avviene nella scena: un carattere o una specifica atmosfera emotiva. Fase di riscaldamento: l’oggetto intermediario è spesso usato nel riscaldamento del corpo a fini espressivi e di comunicazione. Inizialmente l’oggetto viene utilizzato come un “radar”, in modo da poter definire i ruoli e le situazioni in gioco (emergenti). In questa fase all’oggetto non viene attribuito esplicitamente un significato che vada al di là dell’oggetto stesso questo viene semplicemente interpretato. L’oggetto viene utilizzato per favorire e proteggere le interazioni (corde, reti, nastri, cuscini, ecc), la creazione di personaggi, etc. Fase di drammatizzazione: gli oggetti servono principalmente a facilitare l’azione. Di solito è il leader che prende l’iniziativa definendo come utilizzarli, anche se gli io ausiliari e i protagonisti possono effettuare questa scelta anche in modo spontaneo. Gli oggetti ausiliari più usuali sono sedie e cassetti, per sottolineare i diversi livelli, e pezzi di tessuto, luci, musica e altri elementi per integrare o enfatizzare tratti caratteriali. Un esempio: un pezzo di tessuto utilizzato come mantello simboleggia il potere di un personaggio; un lenzuolo bianco che copre un personaggio che si trova a terra enfatizza la morte; a un personaggio che viene rappresentato in piedi su un secchio viene attribuita una gerarchia e risulta collocato su un livello diverso dal suo interlocutore, ecc. Funzione di mediazione: la presenza dell’oggetto è un fattore determinante per la comparsa del comportamento comunicativo ed espressivo del protagonista. Senza l’oggetto, quest’ultimo non avrebbe ragion d’essere, è proprio la sua introduzione infatti a produrre – o facilitare – i cambiamenti nel modo di agire del protagonista. L’oggetto intermediario ripristina la comunicazione interrotta; l’oggetto scelto dal leader, e gestito dall’io ausiliario, funziona come un ponte comunicativo con il paziente assorto in sé, permettendogli di comunicare. In questo caso, il paziente comunica con l’oggetto, risponde all’oggetto in sé e non tanto alla persona che lo sta utilizzando. L’oggetto intra‐intermediario: l’oggetto viene utilizzato dal protagonista che agisce come un catalizzatore per la comunicazione con se stesso e con il resto del gruppo. Il protagonista utilizza l’oggetto fornito dal leader come un protettore dell’io, qualcosa che gli rende più semplice il comunicare. Funzione creativa o di creazione: l’oggetto viene creato dal partecipante e facilita l’espressione di contenuti che si manifestano in forme. Con le funzioni precedenti, gli oggetti assumono un significato in base a ciò che sono. In questo caso lo fanno in base a ciò che rappresentano dal momento che l’individuo non esprime se stesso attraverso l’oggetto, ma nell’oggetto. Questo oggetto assume una forma che si modella sui contenuti che emergono nel protagonista. La creazione di un oggetto da parte del protagonista favorisce l’emergere di nuovi materiali e nuove prospettive da cui esaminare il materiale precedente. I contenuti espressi in questi oggetti generalmente si riferiscono a questioni molto intime riguardanti l’individuo.

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L’uso di oggetti intermediari comporta, quindi, un processo di simbolizzazione in cui lo studente comunica informazioni che sono impossibili da verbalizzare o non consce, permettendo loro di emergere attraverso l’oggetto. Nello psicodramma, l’individuo fa questo in un gruppo. Egli scopre che l’altro è differente da sé e lo percepisce come tale; in questo modo gli altri assumono importanza. Ciò evidenzia l’importanza del gruppo nel riconoscimento di sé e dei propri io che si esprimono e vengono comunicati attraverso gli oggetti simbolici intermedi. Ogni oggetto intermediario può essere un simbolo. Se vogliamo realizzare/ attivare un processo simbolico in classe, gli oggetti scelti dagli studenti non devono fungere da meri sussidi, ma dovranno evidenziare, nella loro reale carica simbolica, significati aggiuntivi rispetto alla semplice rappresentazione di un messaggio dell’inconscio. Gli aspetti simbolici possono essere innumerevoli, e tanto più se si considera che quasi tutti gli elementi hanno un valore simbolico, soprattutto in un’azione psicodrammatica. Quando si svolge in classe un gioco simbolico, gli studenti dovrebbero decidere quale valore dare agli oggetti che usano, proiettando su di loro le loro idee. Ogni oggetto può quindi servire come oggetto intermediario e tutto è simbolico nello psicodramma, così ogni oggetto può agire come un simbolo.

2.7. Il valore del simbolo nell’apprendimento di gruppo Come si è visto lungo tutto questo viaggio attraverso le origini del simbolo psicoanalitico, lavorare con i simboli nello psicodramma implica un processo di apprendimento di gruppo; archetipi, fantasie di gruppo e di gioco sono concetti che agiscono a livello di gruppo e che intervengono nello psicodramma. Sebbene lo psicodramma possa essere utilizzato anche a livello individuale, il lavoro, da realizzare in classe è per i gruppi: il gruppo costituisce infatti un elemento essenziale per la drammatizzazione. Il gruppo permette di mettere in scena, e quindi di drammatizzare, le situazioni che gli individui vivono tutti i giorni. In particolare, quando si lavora con simboli, esso consente una lettura del simbolo vissuta all’interno del gruppo. Ovvero, permette a ciascun partecipante di trasformarsi in uomo cosmico, creativo e spontaneo. Le fantasie di gruppo possono quindi essere espresse attraverso un processo psicodrammatico di gruppo che rivela l’implicito di ogni individuo. Il lavoro di gruppo svolto adottando il metodo psicodrammatico è quindi capace di fornire, attraverso i simboli, un canale che favorisca una connessione con gli aspetti rifiutati dal gruppo e che aiuti a far emergere una forza creativa e pacificatrice da questi stessi elementi. Il processo simbolico può essere particolarmente utile quando ci si deve rapportare con gruppi eterogenei e con livelli diversi di apprendimento, poiché gli studenti possono avvicinarsi l’uno all’altro grazie ai simboli. Un gruppo che accetta se stesso rende più facile agli adulti superare ogni resistenza all’apprendimento. Lavorare con i simboli può inoltre aiutare l’insegnante a capire le emozioni dei suoi studenti, così come le difficoltà o le diverse situazioni che possono venire a verificarsi all’interno della classe, in un gruppo di persone eterogeneo. Inoltre, esprimersi attraverso l’uso di simboli è un canale per stimolare gli studenti a partecipare alle attività di classe e creare un clima di fiducia, in cui tutti i

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partecipanti possono andare d’accordo e godere delle stesse opportunità di apprendimento, anche se le loro situazioni individuali sono diverse. La pubblicazione nel 1998 del libro Emotional Intelligence (Intelligenza emotiva), dello psicologo americano Daniel Goleman (1947‐), ebbe poi importanti implicazioni per gli psicodrammatisti. Nei suoi studi Goleman distingueva due differenti aspetti della mente – la parte razionale e quella emozionale – che erano direttamente connesse agli emisferi del cervello. Così, mentre l’emisfero destro riceveva le informazion razionali, quello sinistro elaborava gli impulsi emozionali. La grande importanza di lavorare con i simboli risiede proprio nel fatto che questi riescano ad attivare l’emisfero sinistro, che si traduce in conoscenza implicita generata. Allo stesso tempo, e poiché concerne l’azione, lo psicodramma attiva l’intero cervello quando lavora con i simboli. Secondo Goleman, la parte emozionale della mente segue una logica associativa e percepisce gli elementi simbolici come realtà. Per questa ragione, similitudini, metafore e immagini parlano direttamente all’emisfero sinistro nello stesso modo con cui lo fanno le arti – la letteratura, i film, la musica, il teatro ecc. Freud descriveva questa logica con il suo concetto di “processo primario”, secondo il quale questo processo corrisponde alla logica della religione, della poesia e della psicosi, così come a quella dei bambini, dei sogni e dei miti. Immerso in un’azione psicodrammatica il gruppo scopre elementi di se stesso che non conosceva prima. Attraverso gli altri e i loro ruoli gli individui scoprono il loro io e il gruppo evolve. Questo non si basa solo sul concetto di tele di Moreno – affrontato precedentemente negli altri capitoli – ma anche sulle neuroscienze, con le loro scoperte sui neuroni specchio, la teoria Polyvagal (Stephen Porges, 2011) e la risonanza limbica. I neuroni specchio sono un particolare tipo di neuroni che vengono attivati quando un individuo compie un’azione o quando osserva un’azione simile svolta da qualche altro soggetto, in questo modo, in presenza di questo stimolo – dell’azione di un altro individuo – i neuroni dell’osservatore vengono stimolati come se loro stessi stessero eseguendo quell’azione. Questi neuroni vengono definiti neuroni specchio e formano un sistema di reti neurali che consente non solo la percezione dell’azione, ma anche la percezione dell’esecuzione‐intenzione‐emozione. I neuroni specchio ci permettono di capire le menti dei nostri simili, non tanto attraverso il ragionamento concettuale, ma piuttosto direttamente dal sentimento (più che dal pensiero). Secondo la teoria della mente, attribuire una psiche a un altro individuo è un esercizio di puro ragionamento poiché non possiamo veramente averne reale e oggettiva contezza, ma possiamo invece fare delle ipotesi su ciò che gli altri pensano e sentono: interpretiamo il loro comportamento. Questi due fatti stimolano l’empatia, la capacità di una persona di sperimentare i pensieri e i sentimenti degli altri e di reagire in modo appropriato. Lo psicodramma incoraggia la creazione di connessioni tra le persone, l’empatia e la comprensione. I processi creativi e spontanei che si svolgono all’interno dei gruppi ci permettono di creare connessioni con la nostra individualità attraverso gli altri e l’altro, (dal particolare all’universale e vice versa) condividendo sogni e miti. Come diceva lo studioso di miti Joseph Campbell: “I sogni sono miti privati e i miti sono sogni condivisi”.

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Il processo simbolico può risultare particolarmente utile quando ci si deve rapportare con gruppi diversi e con livelli diversi di apprendimento, poiché gli studenti possono avvicinarsi agli altri attraverso i simboli. Un gruppo che accetta se stesso rende più facile per gli adulti superare ogni resistenza all’apprendimento. Lavorare con i simboli può inoltre aiutare l’insegnante a capire le emozioni dei suoi studenti, così come le difficoltà o le diverse situazioni che possono venire a verificarsi all’interno della classe in un gruppo di persone eterogeneo. Inoltre, esprimersi attraverso l’uso di simboli è un canale per stimolare gli studenti a partecipare alle attività di classe e creare un clima di fiducia, in cui tutti i partecipanti possono andare d’accordo e godere delle stesse opportunità di apprendimento, anche se le loro situazioni individuali sono diverse. Giocare con i simboli nello psicodramma permette di rimanere in contatto con le emozioni e incoraggia l’empatia tra i membri del gruppo, facendo più leva sul sentire che sul pensare.

Fare analisi con i simboli Pensa a un’esperienza reale o immaginaria che possa essere riprodotta in aula. Prendi un po’ di tempo per riflettere sui concetti teorici che hai letto. In particolare, non dimenticare nessuno di questi: La differenza tra segno e simbolo. Il ruolo della “libera associazione”. Contenuti espliciti e impliciti nella simbologia. Spontaneità e creatività. Role playing. Funzioni degli oggetti intermediari nelle sessioni di psicodramma.

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3. Introduzione agli esercizi Gli esercizi in contesto formativo possono essere predisposti in base a quanto richiesto dalla situazione, alle sfide presenti all’interno del processo educativo o alle capacità del formatore. “In caso di dubbio, prova prima su te stesso”, questa dovrebbe essere la prima regola da seguire per un formatore quando lavora con una classe e utilizza tecniche attive come lo psicodramma. L’aspetto più importante consiste nell’evitare di creare situazioni o innescare processi che il formatore potrebbe non essere in grado di gestire. Lo psicodramma non è fragile, gli esercizi possono essere interrotti o rivisti dal regista, e gli ausiliari possono essere istruiti e ricevere consigli e indicazioni su come reimpostare una situazione. A volte è anche giusto interrompere l’esercizio, sedersi e discutere di ciò che si è appena svolto (White, 2002). Questo modulo si basa molto sul giudizio del singolo formatore e, anche se le tecniche presentate possono essere riassunte in un elenco, l’educatore dovrà sempre essere chiaro rispetto agli obiettivi e il loro raggiungimento, la natura del gruppo, il carattere degli individui, e le particolari circostanze del momento specifico. Per il formatore, o per il leader del gruppo, un modo sicuro per decidere di quali tecniche avvalersi o quali esercizi somministrare alla classe è quello di essere chiaro sulle finalità dell’intervento specifico. Per quale ragione sto proponendo questo esercizio? È questa la maniera migliore per approcciarsi al problema? Ogni singolo intervento del leader richiede una motivazione chiara, una giustificazione, tenendo sempre a mente che il benessere degli individui e del gruppo deve essere perseguito in ogni momento. Probabilmente è auspicabile che un leader del gruppo‐formatore con meno esperienza scelga esercizi con un minore contenuto simbolico; in ogni caso, un’altra regola d’oro è “aspettarsi sempre un impatto maggiore di quanto preventivato”. Questo aspetto diviene particolarmente importante quando si lavora con i simboli e, come state imparando, ogni cosa nello psicodramma è da considerarsi come tale. È meglio scegliere “un incontro delicato, completo e stimolante, in piena condivisione e ricco di domande, che un brillante esercizio che si dimostra travolgente e incontenibile, ma che lascia tutti i partecipanti con l’emicrania” (White, 2002). Leggendo queste pagine, potrete vedere che alcuni degli esercizi proposti nel modulo possono richiedere una grande presenza e competenza da parte del formatore‐leader rispetto ad esempio a tecniche sociometriche molto più strutturate. L’aspetto fondamentale degli esercizi attivi di psicodrammatica è la spontaneità. La spontaneità è richiesta al gruppo per esplorare nuove vie di risoluzione dei conflitti e conoscere se stessi e per beneficiare dell’apprendimento implicito. Per far emergere la spontaneità, gli individui hanno bisogno di sentirsi sicuri. Fornire uno spazio sicuro in modo che il cambiamento possa verificarsi è responsabilità del formatore, facilitatore o leader. Non si può prescindere da questo se si intende lavorare con i simboli. I simboli fanno emergere un larga gamma di informazioni inconsce, proiezioni e identificazioni, e il formatore deve prestare molta attenzione alle dinamiche e ai processi che ogni esercizio potrebbe attivare all’interno del gruppo. In molte delle tecniche e degli esercizi che già sono stati illustrati, i simboli e i processi di simbolizzazione rivestono un ruolo determinante. Nel mondo di Moreno, il simbolo è là fuori per essere impiegato nel gioco, i simboli non devono essere analizzati né interpretati: la loro importanza e il loro valore risiede nella 21


loro possibilità di essere agiti. In un certo senso ogni cosa è simbolo: interpretare il ruolo di un soldato, ad esempio, nella mente di un individuo può essere simbolo di coraggio. In altri casi, invece, può simboleggiare anche la tristezza e il dolore causati dalla morte di un nonno in un campo di battaglia in Francia durante la Seconda Guerra Mondiale. Altri tipi di esercizi possono proporre la lavorazione e la manipolazione di oggetti, o l’identificazione con alcuni elementi che possono essere percepiti dall’inconscio collettivo come simboli. Un crocifisso, un serpente, un angelo e una svastica nazista sono tutti simboli chiari e possono essere utilizzati come oggetti reali, disegni o forme create con corde, pezzi di tessuto, sciarpe, ecc. Ogni persona o gruppo può attribuire un valore diverso ai simboli, e mostrare diversi modi di rapportarsi e di identificarsi con loro. Queste tecniche ci consentono di “osservare noi stessi” e, nel farlo, di “ricreare” o “co‐creare” con gli altri il nostro essere. Ogni cosa può prestarsi agli intenti proposti dal formatore: i materiali disponibili e la spontaneità del gruppo. Un aspetto fondamentale del lavoro dell’educatore è quindi quello di comprendere la natura del gruppo, oltreché di impostare chiaramente gli obiettivi dell’intervento. Ogni aspetto dello psicodramma, come l’azione o la condivisione, possono essere inseriti all’interno della fase di riscaldamento. La principale categorizzazione delle tecniche dello psicodramma, in base proprio alle loro caratteristiche, è definita dai suoi obiettivi di riscaldamento, azione o condivisione. Tuttavia, se il gruppo appare già pronto per l’azione, si può passare subito all’attività senza bisogno di svolgere i normali esercizi di riscaldamento. Se tra due studenti si venisse ad esempio a verificare una situazione di aperto conflitto, e questa impedisse la corretta predisposizione delle attrezzature per le classi successive, sarebbe più opportuno realizzare degli esercizi mirati che intervengano direttamente sul conflitto esplicito tra i due compagni di classe, piuttosto che utilizzare le normali tecniche di riscaldamento.

Identifica i tuoi obiettivi

Quando scegli gli esercizi da realizzare, poniti questi interrogativi: Perché sto proponendo questo esercizio? Qual è la sfida che mi propongo di superare con la classe? Quali obiettivi mi prefiggo di raggiungere?* Una volta risposto, consulta gli esempi di esercizio proposti e scegli quelli che meglio si adattano alle tue necessità in base alle loro specifiche caratteristiche. * Se state lavorando sui materiali in un workshop, discutete e analizzate le vostre risposte con i compagni.

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3.1 Considerazioni per educatori e formatori Quando lavoriamo con i simboli e lo psicodramma in un contesto formativo, potremmo trovarci a fronteggiare alcune delle seguenti problematiche: La fase di riscaldamento può costituire un problema dovuto alla mancanza di tempo per lavorare con la classe. Per coinvolgere più a fondo gli studenti nel lavoro sui simboli è quindi consigliabile svolgere un’accurata pianificazione della fase di riscaldamento, prima di iniziare l’intervento. Un altro problema potrebbe essere costituito dalla difficoltà dei membri del gruppo a capire che si tratta di un lavoro attivo di tipo orizzontale, fondato cioè sull’apporto della collettività e su un processo circolare, e non su un’attività individuale. I sistemi educativi sono spesso pensati per gli individui, singoli livelli e riconoscimenti… ma la base e il significato dello psicodramma possono essere compresi solo interpretandoli come un processo che coinvolge il gruppo. Il gruppo non ha l’obiettivo di esibirsi di fronte agli altri. Nella maggior parte del tempo, al centro dell’attenzione c’è l’insegnante ed è lui che svolge il lavoro. Al contrario della recitazione dove è il gruppo che si adopera per la riuscita dell’intera opera. L’imbarazzo può costituire un enorme ostacolo. La sicurezza dei partecipanti e il “fate quello che potete e, se non volete, basta che stiate a guardare”, rappresentano aspetti molto importanti. Ricordate che nello psicodramma e nelle tecniche attive spesso “il poco è il più”: gli studenti possono rimanere in silenzio e osservare l’azione degli altri, l’intera atmosfera della classe, il contesto dell’azione, possono cambiare dopo il gioco dei ruoli, pertanto non spingete nessuno a recitare o prendere parte all’azione se non intende parteciparvi. Altri importanti aspetti dell’utilizzo di queste tecniche in ambito formative sono: Non scivolare in interventi personali o pseudo‐terapeutici. L’azione è destinata esclusivamente a un lavoro sugli aspetti educativi, professionali e di sviluppo della formazione, non sugli aspetti personali. Tenendo presente ciò, è importante per il formatore essere sempre chiaro sul “patto” che ha con i propri studenti. Se si tratta di un “patto formativo/educativo” non è un patto terapeutico. A volte il processo di sviluppo personale si affianca a quello formativo, ma il formatore deve essere sempre chiaro sul rispetto degli spazi personali. Potrebbe essere d’aiuto lavorare con un gruppo di apprendimento abituato a prendere parte ad attività che si sviluppano per mezzo dell’attribuzione di ruoli e compiti. Se gli studenti fossero già orientati in tal senso, si ha un’ottima base di partenza per l’applicazione di queste tecniche. Chiedere a tutti i membri del gruppo di essere d’aiuto potrebbe costituire un utile input alla motivazione di quegli studenti che ricevono poco riconoscimento o che sono poco motivati. Questo perché il loro coinvolgimento, a qualsiasi titolo, li rende protagonisti facendoli sentire utili e importanti. Si tratta di uno sforzo di collaborazione che può essere di grande beneficio per la classe. La programmazione dell’attività potrebbe essere determinata dalle regole scolastiche dell’istituto, azienda, centro di studi o ente educativo. I limiti di tempo sono importanti nello psicodramma e il formatore deve prevedere un idoneo lasso di tempo per lo svolgimento di ogni fase di lavoro.

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3.2. Rischi dell’applicazione delle tecniche e considerazioni Molte di queste proposte di esercizio rappresentano suggerimenti che dovrebbero essere sempre vagliati dal “know‐how” del singolo formatore. Imparare a conoscere le tecniche attive e lo psicodramma coinvolge l’azione. Richiede un insieme di competenze implicite utili a leggere le esigenze del gruppo, sapere quando si è lavorato abbastanza, conoscere il momento giusto per passare alla condivisione, avere familiarità con i diversi esercizi da proporre, o proteggere un particolare membro del gruppo. Gli interventi prevedono infatti l’utilizzo di un certo numero di abilità correlate e complesse: quando la classe si trova nella fase di azione, il formatore deve essere di volta in volta un’analista dell’azione, un produttore, un facilitatore e un leader affidabile, degno di fiducia, calmo e sicuro (Moreno, 1953, p. 83). Quando si lavora con gli esercizi, le tecniche o gli psicodrammi, il formatore deve essere particolarmente chiaro sui limiti, le assegnazioni, le responsabilità e la natura del rapporto educatore‐discente. Tutti questi limiti acquistano una particolare importanza nel lavoro con i simboli. Come accennato in precedenza, il lavoro con i simboli, gli archetipi e le memorie implicite possono rendere i membri della classe particolarmente vulnerabili e, proteggere il benessere degli studenti e della classe in ogni momento è la prima responsabilità del formatore. Le finalità degli esercizi proposti devono essere chiari così come devono essere ben compresi tutti i possibili benefici che la classe può trarne. Ogni vanto o tratto narcisistico del formatore dovrebbero essere messi da parte per svolgere un ruolo a servizio della classe. Da parte della classe potrebbero poi insorgere forti pressioni per modificare i processi interni attivati, e queste potrebbero anche far sentire obbligato un individuo a prendere parte alle attività. Questo non dovrebbe mai accadere. Il ruolo del formatore è anche quello di riconoscere agli altri il diritto di poter dire di no. In alcune occasioni le tecniche e gli esercizi proposti potrebbero non aver sortito gli effetti desiderati e questo è del tutto normale. Forse la proposta appariva agli studenti troppo rischiosa, forse tra i membri del gruppo non c’era ancora abbastanza fiducia o, più semplicemente, la classe stessa non era ancora pronta. Ricordate sempre quindi di “seguire la classe”, non spingere e di approcciarvi alle attività nel rispetto costante dei ritmi e delle esigenze del gruppo, soprattutto quando proponete un lavoro con tecniche attive. Ricordate sempre anche che prima di proporre qualcosa dovete sperimentarla “innanzi tutto su voi stessi”.

3.3. Esercizi La catalogazione degli esercizi o delle tecniche nello psicodramma non è mai semplice. La base del lavoro è infatti la “spontaneità”, qualcosa che di per sé già non si presta a essere categorizzato. Il modo più naturale di illustrare gli esercizi può quindi essere quello di legarli alle diverse fasi di lavoro: riscaldamento, azione, condivisione. Di seguito riportiamo alcuni esercizi che hanno un importante contenuto simbolico e che sono stati progettati per rispondere ai fabbisogni di competenza ritenuti indispensabili proprio dai formatori che si occupano di educazione degli adulti:

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Aiutare l’educatore a essere un giocatore della squadra, in rete con gli studenti Coinvolgere gli studenti, incoraggiandoli a partecipare e condividere opinioni ed esperienze Possedere capacità di motivazione Trattare con diversi tipi di gruppi sapendo creare un’atmosfera di fiducia Avere la consapevolezza dei bisogni reali degli studenti Incoraggiare le menti a essere aperte verso nuove conoscenze Promuovere il rispetto all’interno del gruppo classe Sviluppare la fiducia degli studenti in se stessi e nelle loro capacità di apprendimento

MARIONETTE

La marionetta è in grado di comunicare con le parole ciò che i membri del gruppo non riescono a dire e introduce la creatività che può ridefinire l’esperienza del gruppo. Ci sono diversi tipi di burattini, bambole di stoffa e marionette, ma le marionette, indossabili come un guanto, sono le più facili da usare e non richiedono specifiche competenze tecniche. A volte si possono utilizzare anche le marionette applicabili alle dita – sono piccole e facili da usare e trasportare. Lavorare con le marionette Lavorare con le marionette facilita la comunicazione all’interno del gruppo

Una marionetta è solo una mano in movimento, una mano trasformata. Questa marionetta può essere utilizzata dietro un semplice pezzo di stoffa tenuto da due persone, o dietro un tavolo o una finestra. Quasi tutte le tecniche psicodrammatiche possono essere utilizzate quando si lavora con le marionette: l’inversione dei ruoli, il raddoppio, i soliloqui, la realizzazione di scene sulla base di uno script, ecc. Le marionette in commercio in genere rappresentano ruoli umani, animali o personaggi fiabeschi e possono dimostrarsi elementi assai utili per facilitare il processo di simbolizzazione e l’emergere della comunicazione.

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Affrontare una sfida di gruppo Incoraggiare la motivazione degli studenti

Comprendere meglio gli studenti In situazioni di stress come un esame esterno, l’applicazione nella vita reale delle competenze, paura del mondo del lavoro, mancanza di fiducia in se stessi… Ogni partecipante può scegliere una marionetta, tra quelle scelte e fornite dal formatore. L’istruttore può quindi presentare una delle seguenti situazioni – o qualsiasi altra che ritiene utile –che gli studenti possono rappresentare utilizzando le marionette selezionate. Due persone affrontano un ostacolo che devono superare. Si presenta un pericolo. Uno dei personaggi vuole affrontarlo mentre l’altro vuole evitarlo. Devono trovare un accordo. Un personaggio deve convincere l’altro di qualcosa. Un personaggio deve vendere qualcosa all’altro. I personaggi interpretati dai burattini possono poi adottare uno dei seguenti profili, a scelta dai partecipanti: Divertente, veloce e balbuziente Nervoso, lento e inquieto Giocoso, assonnato e felice Triste, loquace e annoiato Un vecchio furfante e smemorato

Questo esercizio richiede un particolare riscaldamento: se il gruppo è già pronto all’azione può essere direttamente presentato ed eseguito. In una classe con bassi livelli di motivazione o con poco coinvolgimento nelle dinamiche di apprendimento, questo semplice esercizio è in grado di mobilitare le energie e modificare l’atteggiamento degli studenti verso il processo di apprendimento, cosa che dipende comunque dalla capacità del formatore di comprendere il contesto di lavoro, sia che si rifaccia a una delle situazioni suggerite per la realizzazione dell’esercizio, sia che ne scelga una più specifica in base ai suoi obiettivi. Una volta che la scena con i burattini è terminata, il formatore aprirà uno spazio per la condivisione, consentendo sia agli studenti che hanno osservato che a quelli che hanno invece interpretato i ruoli attivi con le marionette, di scambiarsi opinioni in proposito. Ogni genere di situazione che evoca la vita reale può essere drammatizzata. Una variazione del lavoro con le marionette (o con maschere, travestimenti, trucco, ecc.) può consistere nel lasciare che ogni membro della classe scelga una marionetta per interpretare un ruolo e faccia parlare il burattino in sua vece. I compagni di classe potranno quindi presentarsi alla marionetta, parlare di qualcosa che li preoccupa, discutere di una difficoltà che hanno in classe o rispetto a un metodo di apprendimento che vorrebbero cambiare, ecc. Anche in questo caso, la capacità del formatore di comprendere le esigenze della classe riveste un ruolo cruciale.

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Una marionetta, un concetto: apprendere gli argomenti difficili Apprendere gli argomenti difficili

Se l’apprendimento di un argomento risulta particolarmente difficile, un’ulteriore variante dell’esercizio con le marionette potrebbe consistere nell’assegnare a ognuna di esse un dato concetto e lasciare che sia lei a spiegarlo. Ad ogni marionetta può essere richiesto di spiegare il concetto in modo diverso.... con un accento italiano, in maniera animata, in modo estremamente silenzioso... Potrebbe sembrare una cosa semplice, ma si tratta invece di un esercizio psicodrammatico attivo che soddisfa le esigenze di molti esperti di educazione degli adulti. Questo esercizio può infatti far risvegliare un gruppo sonnolento di studenti, contribuire alla valutazione della classe, stimolare la loro partecipazione, ecc. CARTE E CARTOLINE

Carte, cartoline o pezzi di carta che riportano idee diverse, icone, simboli o altri tipi di informazione possono essere utilizzate per lavori di simbologia attiva in classe. Qualsiasi argomento o elemento di conoscenza può essere separato o diviso in piccoli frammenti di informazioni o concetti. Ogni concetto o sezione di argomento può essere quindi illustrato su una carta e ai membri del gruppo può essere richiesto di rappresentarlo o di rifletterci sopra. Gli esercizi con le carte possono essere utilizzati nell’insegnamento a un team di professionisti che lavorano su uno stesso progetto, con l’obiettivo di potenziare le competenze e le abilità nascoste del gruppo. Invece di avere un formatore che discute le loro abilità o il tema, si può utilizzare un esercizio in cui il gruppo, contemporaneamente, riesce sia a conoscere più a fondo se stesso che ad apprendere l’argomento attraverso un lavoro simbolico fatto con le carte. Per svolgere questi esercizi naturalmente si possono impiegare anche altri specifici sussidi, ma l’utilizzo di carte o cartoline illustrate è un metodo semplice e a basso costo, perché non richiede l’impiego di materiali particolari, a parte fogli, carta e penne. Imparare con le carte Identificare le diverse intelligenze. Promuovere la coerenza e la motivazione di gruppo

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Successivamente a una breve introduzione, le intelligenze multiple possono rappresentare un valido argomento da apprendere. Le carte‐concetto possono essere create in corrispondenza dei diversi tipi di intelligenza. Le carte poi possono essere lette come segue: Intelligenza naturalistica (Natura intelligente)

Intelligenza musicale (Musica Intelligente)

Intelligenza logico‐ matematica (numeri e ragione intelligenti)

Intelligenza esistenziale

Intelligenza interpersonale (Intelligenza collettiva)

Intelligenza cinestesico‐ corporea (Corpo intelligente)

Intelligenza Linguistica (Parola intelligente)

Intelligenza interpersonale (Intelligenza individuale)

Intelligenza spaziale (Immagine intelligente)

Le carte che contrassegnano i vari tipi di intelligenza possono essere posizionate sul pavimento e ai membri del gruppo viene richiesto di posizionarsi su una di queste in base all’intelligenza che ritengono di possedere in modo più marcato, poi su quella di misura inferiore e via via a scalare fino a raggiungere il tipo di intelligenza meno sviluppata. Per ogni posizione che corrisponde a un tipo di intelligenza possono poi essere condivise delle riflessioni che un tal tipo di intelligenza implica. Questo punto può essere considerato il termine dell’esercizio e da lì dare il via a un successivo processo di condivisione. Attraverso l’esercizio con le carte, il formatore può acquisire una reale consapevolezza delle esigenze degli studenti, e l’esecuzione della specifica attività può rappresentare un ottimo spazio per la valutazione e per la promozione della coerenza e della motivazione dei membri del gruppo. Se l’obiettivo del formatore è invece quello di continuare ad approfondire il processo di apprendimento implicito dei contenuti, l’esercizio può sviluppare una seconda parte. Il formatore deciderà come proseguire nell’attività in base alle caratteristiche del patto formativo e alle esigenze e caratteristiche del gruppo.

Piccoli Gruppi Conoscersi meglio gli uni con gli altri. Creare un clima di fiducia. Si possono formare dei piccoli gruppi distribuendo a ciascuno di loro dei pezzi di carta e “due intelligenze”. Ai rispettivi membri verrà poi richiesto di elencare le idee che avrebbero utilizzato per illustrare queste intelligenze e incoraggiare la loro espressione. Questa estensione dell’esercizio può permettere agli studenti di continuare ad acquisire e condividere informazioni sull’argomento, oltre a conoscersi meglio gli uni con gli altri. L’esercizio pone inoltre ogni studente in una situazione di apprendimento attivo. L’utilizzo di esercizi con le carte focalizza il lavoro sugli studenti, creando un clima di fiducia e una condivisione con loro delle responsabilità inerenti il processo formativo.

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Le Cartoline Giocare con le diversità Creare un clima di fiducia.

Questo esercizio introduce la potenza delle immagini e dei simboli ed è utile per mettere in evidenza le caratteristiche della classe e di ogni suo studente. L’esercizio porterà la classe a misurarsi con la diversità, fornendo ai soggetti coinvolti uno spazio in cui parlare con sicurezza di se stessi attraverso l’uso delle immagini. Utilizzando le immagini, gli studenti saranno in grado di esprimersi in modo diverso. L’esercizio può essere utilizzato dal formatore come uno strumento diagnostico per valutare lo stato d’animo del gruppo. Il formatore provvederà a procurare una vasta scelta di cartoline, foto, immagini, relative a diversi argomenti. Queste saranno poi posizionate e distribuite sul pavimento. Le cartoline possono contenere vari aspetti simbolici: correlati allo sport, alla vita sociale, all’arte, alcune possono essere enigmatiche o storiche, altre ancora romantiche, a colori, in bianco e nero e così via. Il formatore preparerà poi anche fogli di carta da zucchero di vari colori e li metterà sul pavimento. Ai membri del gruppo sarà quindi chiesto di selezionare l’immagine che maggiormente li rispecchia, o che preferiscono, e quella rispetto alla quale si trovano più in antitesi. Gli studenti potranno quindi scegliere un foglio di carta da zucchero colorata e utilizzarlo per presentare le loro immagini. Nel momento in cui scelgono le immagini agli studenti può essere richiesto anche di presentare se stessi o di condividere con gli altri le motivazioni della loro scelta. In questo modo si apre lo spazio alla fase di condivisione prevista dall’esercizio.

MASCHERE

In un modo simile a quello che accade con le marionette, le maschere rappresentano un ottimo espediente per favorire la comunicazione all’interno della classe. Indossare una maschera concentra l’attenzione su essa, e consente ai messaggi verbali o non verbali di essere veicolati verso l’esterno. La maschera funziona quindi da oggetto intermediario, consentendo ai messaggi interiori, colti in classe, di proiettarsi all’esterno. Un conflitto tra studenti, la mancanza di sostegno durante il processo di apprendimento, un sovraccarico di materiale di studio, o qualunque altro problema presente in aula, può costituire una preoccupazione nella gestione di un centro di formazione. Maschere intere o per gli occhi possono essere costruite in molti modi diversi, utilizzando carta, cartone, argilla, colla o anche ceramica. Realizzare la maschera in classe può essere considerato un ottimo processo di riscaldamento, ricco di comunicazione e condivisione.

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Ancora una volta saranno poi l’esperienza del formatore e il suo buon senso in relazione alle esigenze della classe e agli obiettivi dell’intervento a determinare il contenuto dell’esercizio. Lavorando in aula, è forse più pratico costruire maschere di cartone. Tuttavia, nel caso ad esempio di una classe di un percorso biennale, al termine dell’anno, se ci fosse sufficiente tempo a disposizione, l’educatore potrebbe fornire i materiali e optare per un esercizio con le maschere più complesso. Potrebbe essere una meravigliosa esperienza di gruppo. Per la realizzazione di maschere di cartone è sufficiente ritagliare un rettangolo abbastanza grande da coprire il viso. Le forme poi possono essere ritagliate a forma di animale o di altri personaggi. Un elastico o un nastro possono poi essere passati da due piccoli fori laterali fatti sulla maschera per fissarla alla testa. Altri due verranno poi ritagliati per gli occhi, le maschere verranno infine dipinte, colorate, ecc. Cosa dice la tua maschera? Essere un motivatore Promuovere la libera espressione

Gli studenti sono invitati a creare una maschera – oppure a sceglierne una da un insieme già selezionato – e indossarla. Consapevoli della mancanza di inibizione e della libertà di espressione fornita dalla maschera, agli studenti viene quindi richiesto di interagire tra loro in base ai ruoli delle maschere indossate. Alla fine della fase performativa l’esercizio si conclude con una condivisione collettiva dell’esperienza. Questo può essere visto come un esercizio semplice, tuttavia, è sorprendente quante informazioni si veicolano nel processo di condivisione, e come l’energia del gruppo possa essere modificato da questo esercizio. Promuovendo questo tipo di esercizio, il formatore diventa un motivatore, reindirizzando gli umori della classe e fornendo uno spazio dove questa può esprimersi liberamente. Maschere – Le interazioni dei personaggi Incoraggiare l’apertura mentale Generare empatia, rispetto, comprensione

Una volta che ogni membro della classe ha realizzato la sua maschera e presentato il relativo personaggio, gli studenti possono scambiarsi le maschere. Questo esercizio genera empatia, rispetto e comprensione verso le istanze degli altri studenti della classe. Questo può essere un esercizio interessante quando si lavora con gruppi eterogenei. Se si ha abbastanza tempo a disposizione, le maschere poi possono essere realizzate anche ritagliando foto o immagini da riviste e giornali. Gli studenti possono realizzare maschere che corrispondono a personaggi diversi, poi questi vengono invitati a interagire tra sé e a scambiarsi le maschere, incoraggiando così il rovesciamento dei ruoli. Un modo semplice per illustrare il funzionamento di questo esercizio a un formatore alle prime armi è quello di pensare che se uno studente del primo anno

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può forse avere delle difficoltà a parlare delle sue idee creative sugli argomenti di studio, Yoko Ono, certamente non ne avrebbe. Questo può essere un modo per ottenere il massimo dalla classe e dagli studenti e, contemporaneamente, incoraggiarli ad aprire le loro menti a nuove conoscenze.

PITTURA – DISEGNO

La pittura e il disegno possono rappresentare delle modalità estremamente semplici per lavorare con i contenuti simbolici. Le indicazioni fornite dal formatore costituiscono un elemento fondamentale per questo lavoro. Quest’ultimo deve però essere molto chiaro rispetto agli obiettivi e alle situazioni che la classe si troverà ad affrontare.

Dipingere da soli Pensare in modo creativo Condividere con il gruppo

Dopo una settimana estenuante di intense lezioni teoriche o dedicata allo studio di argomenti complessi, il formatore, in modo spontaneo, può fornire agli studenti pastelli o matite e chiedere loro di esprimersi liberamente rappresentando mediante il disegno (da soli) come hanno vissuto e interiorizzato le informazioni e gli insegnamenti ricevuti in quella particolare settimana. Gli studenti potranno poi presentare e illustrare i propri disegni agli altri. L’atto del disegnare pone ogni studente nella posizione di riflettere, in modo creativo, sulle proprie esperienze che poi possono condividere con il gruppo. Ciò fa sì che ogni esperienza o reazione possa essere normalizzata e acquisita. Di seguito si riportano alcune delle spiegazioni che uno studente può fornire rispetto ai propri disegni.

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Creare un murale Incoraggia la coesione del gruppo Sostiene il lavoro di gruppo Migliora la leadership Il formatore può distribuire cartone, penne e matite colorate alla classe. Al gruppo può quindi essere richiesto di creare un murale su un particolare argomento rilevante per la classe: l’apprendimento, i compagni di classe, le professioni, ecc. Questo può essere un ottimo modo di incoraggiare la coesione del gruppo e il lavoro di squadra. L’esercizio consente inoltre di osservare le qualità di leadership di ogni membro della classe e il ruolo che essi assumono quando si trovano a svolgere un’attività di gruppo. Alcuni temi da proporre per gli esercizi di disegno potrebbero essere:

Il futuro dei nostri studi. Una rappresentazione del processo di apprendimento. Una rappresentazione della classe stessa. La situazione di tecnici informatici in Italia. Energie rinnovabili. Religione e fedi. Questi sono solo alcuni esempi. Come detto in precedenza, sebbene creare, adattare e presentare altri temi per i murales spetti alla creatività e alla responsabilità del formatore, questi devono sempre essere individuati in base alle esigenze manifestate dalla classe e dai singoli studenti. Non va dimenticato che la fase di condivisione fa parte anche degli esercizi di disegno e di pittura.

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STATUE

Anche le statue possono costituire una parte della recitazione all’interno dello psicodramma. Una statua è infatti una rappresentazione grafica, fatta con il corpo del partecipante, di un’immagine relazionale o delle esperienze a questa associate. Una statua può rappresentare una situazione reale, di cui se ne auspica l’accadimento o che si teme, una situazione collocata nel presente, passato o nel futuro della relazione. La statua si riferisce per lo più alle relazioni. Fare le statue incoraggia fortemente la spontaneità, la creatività, la coesione del gruppo, l’empatia e rispetto reciproci. Per gli studenti l’esercizio costituisce anche un’ottima occasione per superare la rigidità e riconoscere la propria auto‐ convinzione e quella del resto della classe. La statua è uno strumento molto potente e richiede pertanto la presenza di un facilitatore calmo, esperto e con una robusta conoscenza della materia.

Celebriamo le diversità Risolvere conflitti Condividere con il gruppo Se una classe ha raggiunto un successo come insieme, ad esempio tutti hanno superato un esame, ha ricevuto un premio in un concorso, oppure ha guadagnato abbastanza soldi per la gita di classe vendendo biglietti di una lotteria, il formatore può suggerire che tutto il gruppo crei una rappresentazione che cristallizzi quel particolare momento.

possono insorgere durante un intervento attivo. Proporre un esercizio con un forte elemento di rinforzo, altamente positivo o celebrativo, può far emergere il conflitto in superficie e far sì che alcuni membri del gruppo siano criticati o screditati. Il formatore deve quindi porre estrema attenzione alla sicurezza del gruppo.

In seguito, durante la fase di condivisione, tutti possono parlare di come si sono sentiti, delle immagini che la rappresentazione ha evocato e così via... Il formatore deve sempre essere consapevole delle problematiche che

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Affrontiamo la perdita del nostro amico Facilitare lo sviluppo del gruppo Incoraggiare la spontaneità A volte all’interno dei gruppi possono verificarsi perdite e distacchi. Questi processi emotivi possono interferire con l’apprendimento e con il normale sviluppo del gruppo. Trattare con le emozioni forti come il dolore è qualcosa che deve essere affrontato e trattato da psicologi o psichiatri professionisti. Questo punto deve essere chiarito: un professionista operante nel campo dell’educazione degli adulti può utilizzare alcune di queste tecniche per ricreare la stabilità all’interno del gruppo e facilitare il suo sviluppo esclusivamente da un punto di vista educativo. A seguito di una perdita all’interno del gruppo, il formatore può chiedere a tutti i membri di camminare per la stanza guardandosi gli uni con gli altri, in un gioco di condivisione di sguardi. Qualche momento dopo agli studenti può essere richiesto di iniziare spontaneamente a creare una statua “libera” che sarà poi completata da altri.

RECITAZIONE (ASSUNZIONE DI RUOLI)

Interpretare un ruolo può avere una potente carica simbolica per la classe. Nello psicodramma ogni cosa può essere rappresentata e impersonata. La creatività ci può quindi trasportare da un luogo a un altro. In una classe di dentisti, ad esempio, interpretare la parte del dentista o del paziente può veicolare una grande quantità di contenuti simbolici come: paure latenti, aspirazioni, speranze, diffidenza... permettendo quindi al gruppo di discutere e condividere tutti questi importanti aspetti impliciti del lavoro di un buon dentista.

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Un’altra utile attività può essere anche quella di invitare i partecipanti a interpretare (drammatizzare) non solo “ruoli umani”, ma anche ruoli riferiti a oggetti. In questa specifica tipologia di intervento si richiede agli studenti di interpretare, attraverso l’impersonificazione di un oggetto, un sentimento astratto o intangibile, situazioni reali o ricordi. Gli oggetti di riferimento possono essere fisicamente presenti nella stanza o descrizioni di oggetti immaginati. Negli esercizi seguenti verranno forniti alcuni esempi pratici.

Se tu fossi… Un indicatore di processi emotivi latenti all’interno della classe. Risoluzione di conflitti. Una volta che tutti si sono posizionati in piedi in cerchio, il formatore inizia a porre delle domande ai membri del gruppo utilizzando una palla (di normali dimensioni): Se tu fossi… (per esempio: un fiore, una macchina), saresti un… Dopo qualche istante, in modo che ciascun membro abbia potuto rispondere mentalmente alla domanda, il formatore lancia la palla a uno degli studenti che risponderà a voce alta. Sarò poi quello studente a formulare il successivo quesito. Se tu fossi… Saresti un… Nuovamente, dopo aver lasciato qualche istante al gruppo per pensare, lo studente individua un ulteriore compagno di classe per sentire la sua risposta e gli passa la palla. L’esercizio termina con la fase di condivisione: come vi siete sentiti durante l’esercizio? (mentre avevate la palla, mentre riflettevate sulle risposte, al momento di ricevere la palla, ecc.), che considerazioni sono emerse durante lo svolgimento dell’esercizio? Formare tecnici … Incoraggiare la creatività e le nuove idee Promuovere la fiducia e l’interazione all’interno del gruppo.

Formare operatori tecnici per costruire apparecchi elettrici. Il gruppo può essere diviso in due sottogruppi utilizzando una qualsiasi delle tecniche di sociodramma presentate in precedenza. Successivamente a un membro del gruppo si richiederà di impersonare “un apparecchio elettrico”. In questo modo si va ad attribuire allo strumento – all’oggetto “apparecchio elettrico” – una serie di abilità umane come ad esempio: parlare, cantare, lamentarsi, piangere, festeggiare qualcosa, essere riconoscenti, o qualunque altra azione l’oggetto “abbia necessità di compiere”. Un membro dell’altro sotto‐gruppo può invece assumere il ruolo del progettista‐ costruttore dell’oggetto e parlare con l’“apparecchio elettrico”, rispondendo ai

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suoi quesiti, alle sue domande o a qualunque altro discorso possa venir fuori “nella conversazione”. È possibile prevedere anche un ulteriore variante dell’esercizio formando un terzo sotto‐gruppo con il compito di rappresentare simbolicamente le opinioni e le necessità dei potenziali consumatori. I consumatori (gli utenti domestici) potranno venirsene fuori con esclamazioni o richieste come: “Ho bisogno di un elettrodomestico che duri una vita!”, "Ho bisogno di un apparecchio di facile utilizzo, facile da manutenere, che mio marito non potrà mai capire...”. L’esercizio stimola la creatività e le nuove idee, promuove la fiducia e l’interazione all’interno del gruppo mentre i suoi membri si preparano a svolgere il ruolo professionale che vengono addestrati a compiere.

I ruoli all’interno del gruppo Responsabilizzare l’educatore nella sua posizione di leader Coinvolgere gli allievi in classe Risolvere conflitti Questo esercizio può fornire una preziosa strategia per la risoluzione dei conflitti qualora, all’interno della classe, si vengano a riscontrare due opposte posizioni rispetto a un argomento, un modo per valutare soluzioni diverse, un modo per gestire un gruppo diffidente, ecc. Alle due istanze possono essere attribuiti ruoli rappresentati simbolicamente da due sedie poste l’una di fronte all’altra. La prima sedia rappresenta un punto di vista, l’altra il suo opposto. Ai componenti della classe viene quindi richiesto di esprimere uno alla volta il proprio parere da ognuna delle due sedie. In questo modo, tutte le diverse opinioni e posizioni sull’argomento potranno essere ascoltate. Anche se gli studenti hanno le idee chiare, e quindi si posizionerebbero naturalmente su una delle due “sedie‐punto di vista”, saranno comunque invitati a valutare anche la posizione opposta, sedendosi sull’altra sedia. Questo metodo per rapportarsi con i conflitti e affrontarli, così come nel caso di alcune delle tecniche già illustrate, valorizza il ruolo di leader del formatore che, partecipando al gioco (esercizio), stimola la partecipazione degli allievi chiedendogli di condividere le loro esperienze e opinioni.

Eroi ed eroine Creare il gruppo Promuovere il rispetto e il supporto reciproco tra i membri del gruppo

Ai membri del gruppo viene richiesto di riflettere su un personaggio letterario o storico che rispettano, ammirano o amano. Ognuno di loro viene poi invitato a fare una piccola rappresentazione di questo famoso personaggio davanti agli altri. Al termine della propria rappresentazione ogni allievo dovrebbe poi individuare un altro membro del gruppo al quale far interpretare il suo personaggio preferito. In questo modo ognuno potrà quindi avere la possibilità di conversare con il proprio personaggio, impersonato da un altro membro del gruppo. Questo è un ottimo esercizio di team building che promuove il rispetto e il sostegno per i compagni di classe.

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Sciamano e apprendista Motivare la classe Promuovere l’empatia Consentire agli studenti di connettersi con le loro capacità e le risorse interiori

Posizionate due sedie in mezzo alla classe e attribuito un ruolo a ciascuna di esse, gli studenti potranno scegliere se sedersi (e impersonare) su quella dello sciamano o su quella dell’apprendista. Il ruolo dell’apprendista sarà quello di porre domande, mentre quello dello sciamano di fornire sagge risposte. Gli studenti poi potranno invertire le parti, in modo che ognuno di loro possa ricoprire sia un ruolo che l’altro. Questo esercizio stimola la motivazione del gruppo aula e consente agli studenti di scoprire le loro capacità e risorse interiori, promuovendo l’empatia e facendo emergere i loro rispettivi punti di forza e di debolezza.

Soggetti e personaggi improvvisati Promuovere la coesione e il divertimento in aula. È possibile fornire ai membri del gruppo uno spazio libero in cui questi possano improvvisare dei personaggi (può trattarsi di personaggi televisivi o cinematografici). In questo esercizio si vengono a interrompere le dinamiche di un apprendimento rigidamente strutturato per dar modo agli studenti di fare quello che generalmente non viene fatto in una classe normale, perché regolata da precise strutture e meccanismi. Per questo esercizio potrebbero essere impiegati anche pezzi di stoffa, costumi, trucco o maschere. Anche in questo caso, al termine dell’esercizio dovrà essere realizzata la fase di condivisione finale.

Animali Trattare con gruppi eterogenei Comprendere le dinamiche, le relazioni e le gerarchie all’interno della classe Agli studenti sarà richiesto di interpretare un certo animale e di interagire con gli altri (animali). Si tratta di un semplice esercizio che permette al formatore di comprendere le dinamiche, le relazioni e le gerarchie presenti tra i membri del gruppo classe. Ogni studente attribuisce un ampio significato simbolico a ciascun tipo di animale e questo rappresenta un eccellente strumento diagnostico per rapportarsi con classi eterogenee. Questo esempio può essere considerato come un esercizio semplice ma molto potente, adatto a un formatore esperto.

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INTERPRETARE (UTILIZZARE) GLI OGGETTI

Stimolare la creatività Migliorare la comunicazione all’interno del gruppo Un aspetto importante del lavoro con i simboli risiede nell’utilizzo degli oggetti intermediari. Una delle caratteristiche degli oggetti intermediari è quella che questi stimolano il ripristino della comunicazione interrotta. L’impiego di questi oggetti rende più semplice modificare o incrementare la comunicazione all’interno del gruppo. Ogni cosa può essere utilizzata come oggetto intermediario: un cuscino, argilla da modellare, una corda, un pezzo di stoffa, un pallone, una maschera, giocattoli, burattini, pastelli, matite colorate, ecc. L’oggetto può assumere un ruolo, suggerire un linguaggio simbolico o costituire un mezzo di comunicazione. Gli oggetti stimolano la creatività del gruppo attraverso il loro potere simbolico. Per esempio un pezzo di tessuto utilizzato come un mantello può richiamare personaggio (ruolo) dotato di poteri incredibili, e se il soggetto che indossa il mantello ha con sé anche un righello (una spada magica) i suoi poteri potrebbero addirittura diventare infiniti.

Rappresentare una “cosa” Riconoscere la emozioni nascoste tra gli allievi Risolvere i conflitti Incoraggiare pensatori dalla mente aperta

In un particolare momento di crisi, confusione o mancanza di stima e fiducia in sé, il formatore può chiedere agli studenti di immedesimarsi in un oggetto che possa meglio rappresentare la loro condizione, ovvero come si sentono in classe in quello specifico momento. Il formatore lascerà che poi siano gli oggetti a interagire. L’esercizio potrebbe essere introdotto chiedendo al gruppo di scegliere un oggetto che: Ammira Detesta Ritiene utile Non ritiene utile Dopo la fase di interazione, sarà necessario aprire uno spazio per la condivisione dell’esperienza tra i partecipanti.

Un oggetto nella stanza Condividere comportandosi da buon comunicatore Affrontare i blocchi della classe

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Questo esercizio può essere utilizzato quando la classe è bloccata, boicotta o esclude alcuni partecipanti. Il formatore può richiedere agli studenti di impersonare un oggetto presente nella stanza e interagire poi gli uni con gli altri. Questo semplice esercizio è in grado di rimuovere i blocchi e consentire a quegli studenti che si sentono oppressi, perché qualche compagno di classe li esclude, di riacquistare voce in capitolo. Anche in questo caso, la condivisione aperta e rispettosa dell’esperienza riveste un ruolo cruciale.

La cucitrice parlante Sviluppare la consapevolezza dei bisogni inespressi all’interno del gruppo. Migliorare la comunicazione. Questo esercizio prevede che i partecipanti assumano il ruolo degli oggetti che possono trovarsi all’interno della stanza (aula). Uno degli studenti, per esempio, potrebbe interpretare la parte della cucitrice. Se la “cucitrice‐studente” risulta avere un ruolo benefico per la classe, magari adottando la posizione di soccorritore, o presentando idee e opzioni ragionevoli, il formatore può spostare quel particolare ruolo in una posizione di protagonista e proporre un soliloquio drammatizzato della “cucitrice”. Questa diventerà così “una cucitrice parlante” che viene in soccorso di tutta la classe. Il soliloquio costituisce la parte di azione dell’esercizio a cui far seguire successivamente la fase di condivisione. Questo tipo di esercizio può richiedere una comprensione più approfondita e una maggiore esperienza nell’uso delle tecniche dello psicodramma da parte del formatore.

La sedia vuota Incoraggiare la comunicazione e l’espressione Risolvere i conflitti La sedia vuota è un classico esercizio dello psicodramma. La sedia diventa un simbolo che fornisce uno spazio concreto ai caratteri o agli elementi inespressi e permette alle emozioni o alle esperienze di emergere all’interno della classe. È uno spazio da cui uno studente può rapportarsi con l’Altro: sia che si tratti di qualcuno di reale o di immaginario, interno o esterno alla classe. L’esercizio consiste nell’immaginare che qualcuno sia seduto sulla sedia e di interagire con lui. Ad esempio, si può chiedere agli studenti di immaginare che su quella sedia sia seduto il dirigente scolastico e di fare una chiacchierata con lui. Oppure, sulla sedia vuota, gli studenti possono pensare di mettere la loro rabbia e, da lì, parlare rabbiosamente. La sedia può infatti assumere anche il ruolo/la parte di un’emozione o di una situazione dalla quale possono essere esternate le emozioni.

ESERCIZI DI FANTASIA L’immaginazione e la spontaneità sono alla base di questo lavoro: il formatore che intenderà mettersi al servizio del gruppo e fare con esso un lavoro positivo sarà in grado di creare e plasmare gli esercizi a questo scopo. Ecco alcuni esempi di esercizi messi a punto in modo creativo per lavorare su diversi tipi di tematiche.

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Concedimi un ballo Incoraggiare la motivazione personale, il rispetto e la fiducia Agli studenti sarà richiesto di invitare silenziosamente un altro membro del gruppo per un ballo. A questo punto la persona che invita può portare l’altra in un luogo separato, all’interno o all’esterno della stanza, e raccontare all’invitato ciò che preferisce sul suo conto (cioè su quello dell’invitato). È importante che la persona invitata taccia durante questa fase. I due poi ritornano nel gruppo. La persona invitata può quindi a sua volta invitarne un’altra per un ballo, e così la danza può continuare. Questo è un esercizio molto utile per incoraggiare l’automotivazione, il rispetto e la fiducia è di facile realizzazione per il formatore.

Una porta alla fine del percorso di formazione Esplorare le limitazioni autoimposte dagli studenti verso l’apprendimento Incoraggiare la motivazione personale Per la realizzazione di questo esercizio si deve tracciare una linea immaginaria che attraversi la stanza da un lato all’altro. Si richiede quindi a uno degli studenti di posizionarsi all’inizio della linea e parlare della prima volta in cui è entrato in contatto con questo particolare approccio formativo e di come questo sia stato via via recepito dalla classe – passo per passo. Quando la persona arriva al momento presente, gli si chiede di chiudere gli occhi e di immaginare una porta dinanzi a sé. A quel punto egli dovrà descrivere la porta: “È grande o piccola? Fatta di legno o metallo? Ha una grande maniglia? È d’oro o d’argento?”. Si chiederà quindi allo studente di aprire la porta e di descrivere ciò che spera di trovare dall’altra parte, una volta terminato il percorso di apprendimento. Tutti gli studenti possono passare attraverso la porta, e tutti possono essere invitati ad attraversare la linea. Al termine dell’attività, la classe può passare alla fase di condivisione, da realizzare ponendo agli studenti domande come: “Come ti sei sentito durante l’esercizio? Quando ti trovavi sulla linea come ti sentivi? E quando vi si trovavano gli altri? Che sensazioni ti ha provocato l’esercizio?”. Questa può essere un’attività ottimale per esplorare i limiti che lo studente si auto impone verso i contenuti dell’apprendimento, l’arricchimento del suo sapere, ecc L’esercizio può inoltre fornire agli studenti l’opportunità di prendere coscienza sia dei loro timori e di ciò che li motiva, passando a una conoscenza esplicita capace di descrivere a parole cosa l’esperienza dell’apprendimento significhi per ciascuno di loro.

C’era una volta… Migliorare la coesione di gruppo. Creare un clima di fiducia Si può creare una storia di gruppo partendo dal classico “C’era una volta...”. I membri del gruppo si siedono insieme mettendosi spalle contro spalle. Ogni membro racconterà un segmento aggiuntivo alla storia fino a completare il

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racconto. La storia creata potrebbe poi essere rappresentata in una sessione completa di psicodramma: questo esercizio richiede specifiche competenze da parte del formatore nella gestione e nella realizzazione dello psicodramma. Nondimeno la creazione di una storia condivisa, già di per sé, può fornire informazioni davvero utili sia sugli studenti che sul clima di classe. Si tratta di un esercizio per la coesione di gruppo e la creazione di un insieme attivo che si mobilita per un obiettivo, nonché per la raccolta di informazioni su come la classe viva quel particolare momento. Una forza immaginaria Sviluppare negli studenti la fiducia in se stessi rispetto alle loro capacità di apprendimento. Agire da motivatore. Agli studenti viene richiesto di sdraiarsi a faccia in su e di immaginare una potente forza che li inchiodi al pavimento. Il formatore dovrà quindi comandare loro di affrontare questo potere con i loro corpi ininterrottamente, lasciando poi che si rilassino. L’esercizio può essere ripetuto se necessario. La classe può poi passare a una condivisione rispettosa degli esiti dell’attività. Questo può essere un ottimo esercizio per valutare le attitudini degli studenti nei confronti di compiti, giochi psicologici, ecc.

Studi di potere e fiducia Incoraggiare la comunicazione all’interno del gruppo. Studiare la potenza dei giochi in classe Si divida il gruppo in coppie e si chieda a uno degli studenti di ciascuna coppia di posizionarsi in terra su gomiti e ginocchia. L’altro studente dovrà quindi posizionare una sedia a fianco del suo compagno, salire sulla sedia e appoggiare un piede sulla sua schiena. La persona in piedi può provare a caricare più e meno peso sull’altra, assumendo via via diverse posizioni. Mentre gli studenti svolgono l’esercizio gli si può chiedere di esprimere ciò che sentono rispetto ai concetti di potere e controllo, alle emozioni che gli suscitano la forza, la fiducia e la natura del loro rapporto,ecc. Gli studenti potranno poi invertire i ruoli così che quello che stava a terra su gomiti e ginocchia salga sulla sedia. Questo esercizio può essere utile per lo studio del potere dei giochi, sia in aula che in campo professionale, tra fornitori e clienti.

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ESERCIZI CON LA MUSICA E IL MOVIMENTO La musica e il movimento hanno un forte valore simbolico e discipline come la danza, la terapia del movimento o la musicoterapia studiano questo tipo di particolare approccio. Nello psicodramma, però, la musica, la danza e il movimento sono da considerarsi come parte della recitazione.

Muoversi a ritmo di musica Sviluppare la spontaneità nel gruppo

Rilasciare emozioni e tensioni Diversi tipi di musica con un forte potere simbolico possono essere suonate: le Quattro Stagioni di Vivaldi, hard rock, punk, musica romantica e dolce, la colonna sonora del film Rocky, ecc. Gli studenti vengono invitati a interagire, senza parlare, solo per ballare e per cercare di identificare le reazioni dei loro corpi e delle loro emozioni rispetto ai diversi tipi di musica. In questo modo una particolare canzone può essere “rielaborata” attraverso una drammatizzazione di gruppo. Questo può essere un ottimo esercizio per sviluppare la spontaneità all’interno di un gruppo e incoraggiare l’espressione di emozioni e il rilascio delle tensioni. Una variante dell’esercizio potrebbe essere realizzata chiedendo agli studenti di portare in classe la propria canzone preferita e di ascoltarla tutti insieme, facendo seguire l’attività dall’apposito momento di condivisione dell’esperienza. Questo esercizio favorisce dinamiche di incontro all’interno del gruppo, apertura e coesione di classe. Gli esercizi presentati possono essere utilizzati nella fase di riscaldamento, di azione che nella fase conclusiva di una sessione psicodrammatica pura. Ancora una volta sarà il giudizio del regista o del formatore, basato sull’esperienza e sull’intuizione, che porterà il gruppo a svolgere un esercizio piuttosto che un altro, valutando le sfide di gruppo e la sicurezza.

4. Valutazione A seguito dell’applicazione in aula di uno degli esercizi raccomandati, il formatore potrà effettuare una valutazione su due livelli: un primo livello afferente al processo di autovalutazione, e un secondo livello di valutazione degli studenti. L’attività di valutazione può essere condotta mettendo il focus sugli obiettivi prefissati quando l’esercizio è stato proposto in classe e utilizzando i questionari e le tabelle di valutazione che si trovano nella Guida del formatore allegata al corso Lo psicodramma come strumento educativo.

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5. BIBLIOGRAFIA 5.1. Titoli in inglese APTER, Norbert, J. L. Moreno’s Method: A Rich Ground for Developing Multiple Intelligences. A Workshop on the Use of Action Methods in Companies, Organizations and Institutions, ‘Revistaromana de Psicodrama’, 1, 2013. CUKIER, Rose, The Words of Jacob Levy Moreno, Editorial Agora, 2005 FOX, Jonathan, The Essential Moreno, Springer Publishing Company, Incorporated, 2000 FREUD, Sigmund, The Interpretation of Dreams, Manchester University Press, 1999 JUNG, Gustav, The Archetypes of the Collective Unconscious, Princeton University Press, 1990 JUNG, Gustav, Man and His Symbols, Random House, 1968 MORENO, J. L. (1953). Who Shall Survive? Foundations of Sociometry, Group Psychotherapy, and Sociodrama (Revised from the 1934 edition. Reprinted as third edition in 1978). Beacon NY: Beacon House. PORGES, S. W., Orienting in a Defensive World; A Polyvagal Theory, Psychophysiology, vol. 32, Cambridge University Press, 1995 WHITE, L. The Action Manual. Techniques for Enlivening Group Process and Individual Counselling, Liz White, Canada, 2002

5.2 Titoli in spagnolo BASTIN, G., Los testos sociométricos, Editorial Kapelusz S.A., 1966 BUSTOS, D. M., Peligro… amor a la vista, Editorial Lugar, 1992 CUKIER,Rosa, Palabras de Jacob Levy Moreno, Editorial Ágora, 2005 FREUD, Sigmund, La interpretación de los sueños, Alianza Editorial, 2004 JUNG, Gustav, El hombre y sus símbolos, Editorial Paidós, 1995 JUNG, Gustav, Formaciones de lo inconsciente, Paidós, 1992 MORENO, J. L., El teatro de la espontaneidad, Editorial Vancu S. R. L., 1977 MORENO, J. L.,Psicodrama, Editorial Hormé S.A., 1972 MORENO, J. L., Psicomúsica y Sociodrama, Editorial Hormé, 1965 ROJAS BERMÚDEZ, J., Qué es el Psicodrama, Editorial Genitor, 1971 ROJASBERMÚDEZ, J.,Teoría y técnicapsicodramáticas, Editorial Paidós, 1997. ZITO LEMA, Vicente, Conversaciones con Enrique Pichón Rivière, Ediciones Cinco, 1976 KLEIN, Melanie, Obras completas: amor, culpa y reparación y otros trabajos, Editorial Paidós, 1921‐1945

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Il gioco di ruolo (role playing) Lo psicodramma come strumento educativo Materiali formativi ‐ Modulo 7 Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation


Sommario 1. Descrizione del modulo e obiettivi ..........................................................................3 1.1. Obiettivi ..................................................................................................................3 1.2. Risultati formativi ...................................................................................................3 2. Definizione..............................................................................................................4 3. Definizione di ruolo.................................................................................................5 4. Definizione di gruppo..............................................................................................9 4.1. Tra ruolo e gruppo nello psicodramma................................................................12 5. Distinzione tra role playing e psicodramma ..........................................................14 6. Metodi e contesti applicativi.................................................................................17 7. Applicazione delle teorie chiave in campo formativo ............................................19 8. Role playing formativo..........................................................................................21 8.1. Il ruolo del conduttore .........................................................................................23 8.2. Costruzione di una sessione di role playing .........................................................24 8.3 Costruzione del setting e del contratto d’aula......................................................26 9. Esercizi ed esempi di role playing ..........................................................................27 9.1. Role paying strutturato ........................................................................................27 9.2. Role playing semi‐strutturato ..............................................................................28 9.3 Role playing non strutturato .................................................................................30 10. Valutazione ........................................................................................................31 10.1. Questionario per il conduttore ..........................................................................31 10.2. Questionario per gli allievi .................................................................................31 11. Bibliografia .........................................................................................................32 11.1. Titoli in inglese....................................................................................................32 11.2. Titoli in italiano...................................................................................................32

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1. Descrizione del modulo e obiettivi Questo modulo, come gli altri già presentati, ha lo scopo di dare una panoramica del backgroud teorico e metodologico legati gioco di ruolo (role playing). Sono discussi alcuni aspetti distintivi del role playing nello psicodramma che lo caratterizzano e lo differenziano dall’uso della tecnica in altri ambiti formativi. Inizialmente, vengono descritti gli aspetti definitori e vengono discussi i principali concetti teorici che stanno alla base del modello teorico di riferimento nei principali ambiti di applicazione. Sono poi presentati tecnica e metodi per progettare e condurre un role playing. Infine, sono presentati alcuni esempi di role playing che possono servire come guida per l’applicazione. Alla fine del modulo, gli educatori VET avranno le conoscenze teoriche utili per inquadrare teoricamente un role playing e per definire bisogni formativi a cui si può rispondere con un unità didattica che usa il role playing.

1.1 Obiettivi Il modulo ha i seguenti obiettivi interconnessi: • Introdurre le basi del role playing e la sua rilevanza in ambito educativo agli educatori professionali • Presentare una serie delle tecniche più utili di role playing per dare strumenti di gestione della comprensione della struttura del gruppo, delle sue dinamiche per la facilitazione del gruppo stesso • Illustrare come queste tecniche possano essere implementate in un contesto educativo • Discutere l’applicabilità di queste tecniche per la pratica educativa dei partecipanti

1.2 Risultati formativi Alla fine del corso ci si aspetta che i partecipanti siano in grado di: • Spiegare i principi del role playing e i suoi possibili benefici per la pratica educativa in ambito professionale • Elencare alcune tecniche di role playing e discutere perché e come possano essere applicate • Proporre e gestire un esercizio di role playing per risponderea un particolare problema nel gruppo di allievi

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2. Definizione Il role playing è forse la tecnica di derivazione moreniana più utilizzata in ambito formativo, pedagogico e clinico. Come tecnica ausiliaria è impiegata indifferentemente da professionisti di psicologia sistemica, psicoanalitica, gestaltista, cognitivo‐comportamentale, psico‐sociologica e altri ancora. Il role playing utilizzato in un contesto psicodrammatico classico ha significati, funzioni e finalizzazioni diversi da quelli che assume in altri contesti. Moreno usa il termine di “psicodramma” riferendosi all’insieme dei metodi di azione (action‐methods): gioco di ruolo, sociodramma, psicodramma, mimodramma. Questo ha creato confusione e rende più difficile il compito di definire specificamente il gioco di ruolo. Moreno descrive due accezioni di role playing. La prima si riferisce a un processo specifico legato all’apprendimento e allo sviluppo dei ruoli nell’individuo (Schutzenberger, 1992). Il termine role playing viene utilizzato per indicare sia una tecnica formativa che una fase di sviluppo del ruolo. Come tecnica formativa si fonda sul mettere in gioco, da parte dei membri del gruppo, specifici ruoli dell’area professionale o sociale. Come fase dello sviluppo del ruolo, il role playing sta tra il role taking, ovvero l’assunzione di ruolo imposto dalla cultura di appartenenza sociale e organizzativa e il role creating, la trasformazione creativa e personalizzata di un ruolo. In ogni caso, il role playing porta dei cambiamenti e delle trasformazioni rispetto al ruolo assegnato poiché mette in relazione il protagonista, attraverso l’azione del gioco, sia col suo mondo interno, sia con quello esterno. Per usare le parole di Moreno: “Ogni ruolo si presenta come fusione di elementi individuali e di elementi collettivi, risulta da due ordini di fattori: i suoi denominatori collettivi e le sue differenziazioni individuali. Può riuscire utile distinguere: l’assunzione del ruolo (role taking), vale a dire il fatto di accettare un ruolo definito, completamente strutturato, che non consenta al soggetto di prendersi la minima libertà nei confronti del testo; il gioco del ruolo (role playing), che ammette un certo grado di libertà; e la creazione del ruolo (role creating), che lascia ampio margine alla iniziativa del soggetto, come si verifica nel caso dell’attore spontaneo”. (Moreno, 1980, p. 76) L’assunzione di un ruolo (role taking) e il gioco di un ruolo (role playing) mostrano una genesi comune; sono fasi di uno stesso processo. Infatti, l’assunzione del ruolo non è un semplice processo cognitivo e il gioco di ruolo non si riduce a puro comportamento. Nel processo di apprendimento di un ruolo gli elementi cognitivi, percettivi, di comportamento e di azione non possono essere separati in modo netto.

Ricorda Il termine role playing viene utilizzato per indicare sia una tecnica formativa che una fase di sviluppo del ruolo. Come tecnica formativa si fonda sul mettere in gioco, da parte dei membri del gruppo, specifici ruoli dell’area professionale o sociale. “Svolgere un ruolo e percepire un ruolo, svolgere un ruolo e assumere un ruolo sono processi che vanno di pari passo nella prima fase dell’apprendimento e del condizionamento. In situ, sono inseparabili”. (Moreno, 1980, p. 81) La seconda accezione di role playing si riferisce a una specifica tecnica formativa. Moreno rivendica la paternità di questa tecnica, sottolineandone la derivazione dal linguaggio del teatro. Lo svolgere un ruolo può essere considerato un metodo per imparare a sostenere dei ruoli con maggiore adeguatezza. Il gioco di ruolo si connota pertanto come uno spazio di apprendimento, dove il ruolo giocato si contrappone al 4


ruolo cristallizzato. In tal senso il role playing è il campo dello sviluppo della spontaneità e dell’incontro della soggettività con il dato o il mandato socio‐culturale del ruolo. Il role playing è una strategia basata su una ricostruzione di una situazione reale all’interno della quale gli apprendenti sono invitati a impersonare ruoli organizzativi o sociali per sviluppare competenze di tipo relazionale o capacità decisionali. Infatti S. Caparanico osserva che “il role playing rientra nei metodi pedagogici attivi classificabili sotto il termine di simulazione, la quale si propone di miniaturizzare in un contesto protetto un’esperienza reale, sulla base di un modello che parte dalla realtà stessa” (Capranico, 1997, p. 39). Il role playing consiste nella drammatizzazione parlata, agita e partecipata di situazioni comunicative e relazionali che si possono sperimentare nella realtà, con un risalto sull’aspetto del ruolo. L’apprendente‐attore infatti non viene chiamato a essere sé stesso ma viene invitato a interpretare un personaggio, un alter, una figura che risentirà della personalità dell’“attore” ma non si identificherà totalmente con esso. Il role playing è quindi di una tecnica ludiforme che consiste nel rappresentare una situazione in cui ciascuno degli attori‐apprendenti ricopre un ruolo preciso secondo determinate istruzioni che possono essere più o meno strutturate. Il role playing è didatticamente una metodologia attiva poiché non basta l’accettazione passiva di regole e indicazioni fornite in partenza dall’insegnante ma è necessaria, da parte dello studente‐attore, la rielaborazione attiva di queste. Il punto di interesse precipuo di questa metodologia è senz’altro quello per cui il fare scenico non è libero da vincoli ma mediato da indicazioni precise in cui lo studente‐attore deve comunque attenersi.

3. Definizione di ruolo Per capire a fondo cosa si intende per ruolo in psicodramma è utile approfondirne il concetto. L’unità strutturale e dinamica evidenziata dal gioco drammatico in cui confluiscono, come tanti elementi parziali, codici verbali, concettuali e codici espressi da sequenze di immagini o di azioni, è chiamata in gergo psicodrammatico il ruolo: tale termine assume un senso assai diverso e più complesso di quello che gli viene usualmente attribuito in psicologia sociale. Ruolo, infatti, significa: funzione che integra, coordina e articola l’insieme di modalità attraverso cui un individuo si rapporta a una data classe di situazioni e di contesti. Rispetto al mondo esterno i ruoli strutturano il modo in cui ciascuno interpreta ciò che percepisce e come interagisce con esso. Moreno afferma che: “Il ruolo è il modo di essere reale e percettibile che assume l’Io; il modo di essere e di agire che l’individuo assume nel momento preciso in cui reagisce a una situazione data, nella quale sono impegnate altre persone o oggetti” (Moreno, 1965). Tra i ruoli si possono distinguere: ruoli emergenti, ruoli latenti (che divengono operativi molto avanti nel corso della vita: ne sono un esempio certe professioni intraprese tardivamente o certi interessi che si manifestano in età avanzata); ruoli superati, ruoli attuali. I ruoli si possono anche dividere in: ruoli psicosomatici (stabiliti dalla nascita nell’interazione con la madre e che si concretano nel bere, mangiare, dormire, etc…); ruoli sociali (il padre, la madre, l’insegnante); ruoli psicodrammatici ( cioè gli stessi ruoli sociali, così come sono giocati sulla scena dello psicodramma); ruoli sociodrammatici: ovvero idee ed esperienze collettive. In particolare esprime la 5


risonanza individuale del mondo socioprofessionale o di uno specifico gruppo sociale, nel suo esternarsi sulla scena nello spazio di semirealtà; ruoli individuali e ruoli collettivi. Il ruolo può essere gestito poi in modo adeguato o inadeguato, con flessibilità o rigidità, in consonanza o in dissonanza con gli altri ruoli e così via.

Ricorda “Il ruolo è il modo di essere reale e percettibile che assume l’Io; il modo di essere e di agire che l’individuo assume nel momento preciso in cui reagisce a una situazione data, nella quale sono impegnate altre persone o oggetti” Rispetto al mondo interno i ruoli sviluppati da ciascuno nel corso di precedenti interazioni con altre persone e in lui stesso presenti come modelli comprensibili dell’agire proprio e altrui organizzato, danno loro un senso, impulsi, tracce mnestiche, immagini, rappresentazioni, cosicché esse possano interagire tra loro e presentarsi alla coscienza, come ad esempio avviene nei sogni, attraverso un vero e proprio teatro interiore. Il sogno, nell’ottica junghiana, viene infatti considerato come un “teatro in cui chi sogna è scena, attore, suggeritore, regista, autore, pubblico e critico insieme” nel quale le “figure del sogno sono tratti personificati della personalità di chi sogna” (Jung 1916‐1948). Muovendo da tale ottica, ripresa poi da Hillman (1983), nella concezione junghiana non solo il sogno, ma anche le fantasie interiori, di tutto ciò che si muove nell’inconscio possono essere compresi dal di dentro attraverso una logica teatrale “se lo spettatore capisce che è il suo stesso dramma che si sta rappresentando sul palcoscenico interiore non può restare indifferente alla trama o al suo scioglimento, si accorgerà via via che gli attori si succedono, e che l’intreccio si complica che …è l’inconscio che si rivolge a lui e fa sì che queste immagini di fantasia gli appaiono davanti. Si sente perciò costretto, o è incoraggiato dal suo analista, a prendere parte alla recita”. I ruoli costituiscono cioè dei veri e propri mediatori sia tra il mondo interiore e quello esterno sia tra i molteplici aspetti e livelli di struttura e integrazione presenti in ciascuno dei due mondi. Nella teoria moreniana occorre inoltre differenziare tale concetto dalle due accezioni di ruolo più diffuse: ruolo in senso sociologico e ruolo in senso teatrale. Il ruolo sociologico fa riferimento soprattutto alle concrete realizzazioni sociali dei ruoli, rimandando a categorie culturali e sociali di rappresentazione della vita sociale. Un ruolo sociale (es.: vigile, medico) ha determinati confini prestabiliti, compiti, sanzioni e gerarchie di status ecc., che prescindono dall'individuo e dalla persona che deve assumere questo ruolo. Il ruolo in senso teatrale si riferisce immediatamente al concetto di "maschera”, finzione e illusione. In questo caso si parla di recitare un ruolo o una parte, non di essere quella parte. In entrambi i casi, sia che si parli di ruolo sociale attribuito a un individuo, sia che si parli di recitare un ruolo, vi è una separazione tra la soggettività e l'apparenza. La specificità dell'apporto moreniano alla teoria del ruolo riguarda da un lato l'estensione del concetto di ruolo a tutti gli ambiti del comportamento umano, dall'altro il collegamento ad aspetti corporei, soggettivo‐intrapsichici e sociali. Moreno definisce il ruolo come: “La forma operativa che l'individuo assume nel momento specifico in cui reagisce a una situazione specifica nella quale sono coinvolte altre persone od oggetti.” (Moreno, 1980, p. 158). Per capire come i ruoli siano interconnessi con l'individuo e non siano soltanto una sovrapposizione esterna, bisogna pensare alla funzione strutturante del ruolo per la personalità. È l'Io che 6


emerge dai ruoli e non viceversa. L'esperienza diretta di molteplici ruoli da parte del bambino appena nato struttura una percezione corporea, emotiva e successivamente rappresentativa del suo sé e della sua collocazione nel mondo. Il neonato sperimenta gradualmente vari ruoli, di succhiatore, di dormitore, di coccolato, accettato o rifiutato, ecc. e sarà la confluenza e l'unificazione corporeo‐ emotiva e rappresentativa di tali esperienze a fare emergere l'Io. Inoltre, Moreno (1985) sostiene che: “Ogni individuo vive in un mondo che a lui sembra totalmente privato e personale, e in cui egli svolge un certo numero di ruoli privati. Ma i milioni di mondi privati in parte si sovrappongono. Le parti maggiori che si sovrappongono sono gli elementi realmente collettivi. Solo le parti minori sono private e personali. Ogni ruolo è perciò una fusione di elementi privati e collettivi; ogni ruolo ha due lati, uno privato e uno collettivo”. Ogni ruolo è una fusione di elementi privati e collettivi: i primi appartengono alla soggettività, a sua volta determinata dalle esperienze e al modo in cui ogni ruolo prende una forma rispetto a chi lo interpreta; i secondi appartengono all'ideologia, alle aspettative e alle pressioni sociali che vengono riversate nel ruolo. In tal senso è evidente come l'Io si sviluppi mediante e grazie a una notevole penetrazione del sociale nell'individuale.

Ricorda La specificità dell'apporto moreniano alla teoria del ruolo riguarda da un lato l’estensione del concetto di ruolo a tutti gli ambiti del comportamento umano, dall’altro il collegamento ad aspetti corporei, soggettivo‐intrapsichici e sociali. Secondo Moreno, la vita mentale si va organizzando attraverso la graduale attivazione di quelle bipolarità relazionali identificabili nell’accoppiamento ruolo/controruolo. “Il ruolo può essere identificato con le forme reali e percepibili che il sé prende. Pertanto definiamo il ruolo come la forma operativa che l’individuo assume nel momento specifico in cui egli reagisce a una situazione specifica nella quale sono implicati altre persone od oggetti. La rappresentazione simbolica di questa forma operativa, percepita dall’individuo e dagli altri è chiamata ruolo.” Il controruolo è il ruolo complementare con cui un individuo interagisce quando assume un determinato ruolo. Ad esempio, se il ruolo è quello di marito, il controruolo sarà quello di moglie. Un’altra assunzione di ruolo fondamentale nello psicodramma è quella di “io‐ ausiliario”. Si tratta di una persona del gruppo che riveste in un determinato momento dell'azione psicodrammatica il ruolo di un altro significativo del mondo relazionale (e/o professionale) o del mondo interno del protagonista (= la persona che è in quel momento al centro dell'azione). Ad esempio, in una situazione di supervisione, un educatore (il protagonista) rappresenta le difficoltà di rapporto con un ragazzo disabile. In questa situazione altri membri del gruppo possono diventare io ausiliari, entrando nei panni degli altri “significativi": il ragazzo disabile, la madre, il collega, il responsabile della struttura, ma anche personaggi interni quali il padre dell'educatore stesso, la cui presenza interna determina i vissuti e i comportamenti dell'educatore nei confronti del disabile.

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Ricorda L’“io‐ausiliario” è una persona del gruppo che riveste nell'azione psicodrammatica il ruolo di un altro significativo del mondo relazionale o del mondo interno del protagonista. L'io ausiliario può anche rappresentare parti simboliche o fantastiche: ad esempio nel caso di prima può diventare il "senso del dovere dell'educatore", oppure il senso di "peso sulle spalle” che fisicamente la relazione con il disabile dà all'educatore. L'io ausiliario ha pertanto la funzione di rendere percepibili e visibili (e pertanto passibili di interazione e di confronto) gli altri reali e fantasmatici che popolano l'esperienza del protagonista. L'io ausiliario dal punto di vista del direttore ha la funzione di prolungamento dell'intenzionalità terapeutica o formativa; d'altro canto l'io ausiliario fa da protezione alla trasposizione di attributi transferali sul conduttore. Nello psicodramma infatti il transfert viene agito sugli io ausiliari e non sul terapeuta o formatore. Il ruolo implica una relazione con gli altri all’interno di una situazione specifica: se non esistesse altro da noi non potrebbe darsi ruolo. Moreno individua quattro categorie di ruoli che si sovrappongono successivamente nello sviluppo dell'essere umano: 1. 2.

3.

4.

Ruoli psicosomatici (corporei): sono i primi a emergere nello sviluppo del bambino. Sono tutti quei ruoli che riguardano le funzioni corporee (mangiare, dormire, sensazioni propriocettive, ecc.); Ruoli fantasmatici o psicodrammatici: iniziano a comparire prestissimo quando si abbozza la vita rappresentativa nel bambino. Sono quei ruoli che riguardano il mondo interno della persona e racchiudono la peculiarità fantastica ed emotiva di ogni essere umano (il ruolo di "bambino ubbidiente” o cattivo, di sognatore, magico, ruoli fantastici di fate e di streghe, fantasmi divoratori e immagini oniriche...); Ruoli sociali: esperienzialmente compaiono alla nascita (infatti un lattante vive già il ruolo sociale di figlio anche se non ne è cosciente), però la loro strutturazione interna rappresentativa (intesa come capacità di percepire gli individui come appartenenti a categorie sociali) data all'inizio della scuola elementare. Sono quei ruoli che appartengono alla società nella quale l'individuo vive e si sviluppa. Essi vengono codificati culturalmente e socialmente (ruoli di figlio, genitore, maschio o femmina, lavorativo ecc.). Per chiarire ulteriormente: se parliamo del genitore (il suo ruolo, i suoi compiti) ci riferiamo a un ruolo sociale; se parliamo di un genitore specifico, per come è vissuto, concettualizzato e interpretato da un singolo individuo, ci riferiamo a un ruolo psicodrammatico. Ruoli valoriali (o trascendentali): hanno la loro comparsa ed esplosione "emotiva" nell'adolescenza (tempo elettivo di sogni, illusioni, progetti e "filosofia di vita”). I ruoli valoriali riguardano il senso e la finalità dell'operato dell'uomo: sono il contenitore che orienta la vita attraverso gerarchie di valori, utopie e progettualità esistenziali. I ruoli valoriali sono connessi fortemente sia ai ruoli psicodrammatici che ai ruoli sociali: infatti da un lato rappresentano la specificità esistenziale dell'individuo (i suoi valori), dall'altro sono anche il prodotto di rappresentazioni sociali (ad esempio il ruolo di educatore porta con sé una serie di valenze valoriali quali: l'aiutare gli altri e riparare ciò che non è giusto, ecc.). 8


I ruoli nello psicodramma sono l'espressione delle relazioni che costituiscono il Sé personale e che consentono di occupare un posto nelle reti relazionali in cui di volta in volta la persona si trova a vivere e orienta nella costruzione dei significati delle esperienze che facciamo di noi stessi e del mondo. Nella loro dimensione somatica e sociale i ruoli contengono molte tracce di cui non abbiamo consapevolezza o perché presenti geneticamente, o attraverso codici culturali che si strutturano nell’individuo senza che ne sia consapevole. Essi si attivano ad ogni incontro con la realtà con una forza direzionante che prende il sopravvento su tutte le altre possibili. La persona si trova di conseguenza, a svolgere per lo più azioni previste e compatibili con i modelli preesistenti, senza essere in grado di ricercare per un senso, in quanto è difficilmente perseguibile la capacità di percepire con oggettività (ovvero senza influenze emotive dell'ombra o parte inconscia) e di sviluppare relazioni umane intenzionali. Quando la persona si interroga sul significato e sul senso della sua esistenza, per comprenderne la complessità e ricercare la possibilità di trascendere i significati dati, la capacità di immaginazione della psiche esplica la propria creatività mettendo in discussione i propri fondamenti attraverso la formazione e l'esplorazione di immagini che va man mano costruendo e che offrono lo spazio per nuove gestalt, a volte fortemente evocative. Dall'intreccio di tali sfaccettature dei ruoli, specialmente in quegli aspetti in cui maggiormente agiscono le emozioni inconsapevoli che vengono agite, e dalla tensione che tra ruoli si forma, emergono nuovi significati sulla propria esperienza di vita. La dimensione sociale, la dimensione somatica e la dimensione immaginata dei ruoli stanno fra loro in rapporto circolare: la dimensione immaginata attinge alla dimensione sociale e a quella somatica per sviluppare nuove potenzialità insite nella natura umana rompendo i significati prefissati. La dimensione sociale come quella somatica contengono aspetti psichici impersonali e sanciscono l'appartenenza a un ambiente affettivo e culturale. Da un altro lato insidiano e rendono difficile l'affermazione e lo sviluppo personale. Entrambe le dimensioni vengono trasformate dalla dimensione immaginata dando origine a nuove sintesi che possono successivamente precipitare in schemi rigidi e ritornare nel cerchio della conoscenza per ritrovare le loro capacità espressive e trasformative (Casca, 1992).

4. Definizione di gruppo Il role playing si centra dunque sul processo, sul fare e sul sentire: è di scena l’individuo ne suo rapporto con gli altri, con il gruppo. Il gruppo è anche platea che osserva con la funzione di fornire feedback in relazione agli obiettivi, ai ruoli e alle situazioni stabilite. L’azione e l’osservazione sono bilanciate poiché si tratta di un’esperienza concreta simulata alla quale segue un’osservazione riflessiva attraverso l’analisi di ciò che è stato rappresentato. Questo permette il passaggio successivo, cioè il necessario trasferimento dalla simulazione alla realtà: dal gruppo immaginario della rappresentazione si passa al gruppo reale di appartenenza. Durante le rappresentazioni, che sono sempre un’astrazione della realtà, il “come se” del gioco, la polarizzazione è sui bisogni dei singoli e sugli aspetti emotivi che emergono. Ciò comporterebbe un certo livello di rischio, che viene contenuto dalla cornice dell’atteggiamento non giudicante.

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Il gruppo è l'ambientazione umana per eccellenza, il luogo in cui l'individuo incontra se stesso e altri suoi simili, quello in cui vive, sviluppa competenze, conoscenze e capacità. In esso nascono e crescono relazioni orientate da attrazioni, a volte repulsioni, o indifferenza. Lo status di appartenenza è inevitabilmente condizionato dalle proprie possibilità di scelta e dall'appetibilità che il gruppo esercita sul soggetto. Ad esempio, i gruppi spontanei che si riuniscono intorno a un interesse, come andare in viaggio o partecipare a una riunione, emanano una forza invisibile che in qualche modo è legata all'aspettativa di incontrare persone nei confronti delle quali ci si sente di appartenere e in sintonia. È una tendenza naturale quella che porta le persone ad aver bisogno di una collocazione sociale che arricchisca la loro identità attraverso ruoli collettivi, che a loro volta rappresentano quella parte del mondo che ognuno porta dentro di sé. Così i "padri" e le "madri" costituiscono i pilastri del educazione, così come i "dirigenti" lo sono per la storia delle organizzazioni e del management (Zanardo, 2007). Un gruppo è un insieme di persone interdipendenti che perseguono un fine comune e entro il quale esistono delle relazioni psicologiche reciproche, esplicite o implicite. Un'altra definizione, più generica, è quella secondo cui "un gruppo è un insieme di persone che interagiscono tra loro influenzandosi reciprocamente". Affinché tale reciproca influenza possa essere percepita, occorre che il gruppo non superi le 15‐20 unità (ecco perché si parla spesso di "piccolo gruppo"). Il filosofo J.P. Sartre (1970) aggiunge che una giustapposizione di individui, inteso come raggruppamento, un insieme di persone, non è un gruppo. Affinché lo diventi occorrono tre condizioni: 1. Un interesse comune; 2. Comunicazioni dirette con feedback; 3. Una praxis, vale a dire un'azione comune per conseguire un determinato obiettivo condiviso o rivolta contro altri gruppi. È possibile fornire una classificazione delle diverse tipologie di gruppo utilizzando i seguenti criteri: grandezza, composizione, costituzione, obiettivi perseguiti, posizione nella società, formale o informale. Se consideriamo la grandezza, i gruppi possono essere classificati in piccoli, medi e grandi. Se consideriamo la composizione, i gruppi possono essere omogenei ed eterogenei a seconda delle variabili considerate (età, sesso, etnia, professione, ecc.). Gli obiettivi perseguiti possono essere molteplici: alcuni essere condivisi da tutti i membri, altri no; possono risultare chiari a tutto il gruppo oppure solo ad alcuni membri. Se consideriamo la posizione nella società, un gruppo può essere in accordo con le norme sociali oppure in contrasto. Il carattere ufficiale o ufficioso è anche definito in psicologia sociale come formale o informale. Se si considera la costituzione, si parla di gruppi naturali (famiglia, vicinato, quartiere), artificiali o occasionali (riunioni, gruppi di formazione, missioni), duraturi (uffici, associazioni, gang, classi). Il gruppo assolve tre principali funzioni psicologiche: integrazione, sicurezza e regolarizzazione. L'individuo isolato è più fragile di un individuo integrato in un gruppo. Quest'ultimo è una matrice che dona all'individuo una sicurezza fondamentale: da una parte la possibilità di essere se stesso, dall'altra la possibilità di cambiare (si può essere qualcuno solo per qualcun altro). Infatti, un gruppo permette a un individuo di guardarsi nello "specchio" sociale e di confrontare la propria immagine di sé, spesso svalorizzata in questa nostra società competitiva, all'immagine di sé per gli altri e di sentirsi così a proprio agio con sé stesso.

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Per altro verso un gruppo unito, coeso ha la tendenza a dare importanza alla propria vita e tende a perpetuare, pertanto, la propria esistenza. In ambito psicodinamico è definito gruppo un’organizzazione mentale, un operatore psichico, un sentimento di appartenenza, un vissuto e insieme e contemporaneamente a tutto ciò anche un complesso reticolo di relazioni psichiche fra persone da osservare da un punto di vista cognitivo e fenomenologico. Un importante contributo allo studio delle “dinamiche di gruppo” è stato dato da K. Lewin (1948). Con questa definizione si intende sia la conoscenza specifica dei piccoli gruppi e delle leggi che lo governano, sia il metodo di intervento finalizzato al cambiamento degli atteggiamenti degli individui nel gruppo e dei gruppi e della fisionomia del gruppo stesso. K. Lewin pose l’accento sul fatto che una persona è inserita nel suo ambiente e che bisogna dunque tener conto di tutti gli elementi che la influenzano. Da qui la nozione di campo, definito come “la totalità di fatti coesistenti che sono concepiti come mutualmente interdipendenti. La psicologia deve concepire lo spazio vitale, includente la persona e il suo ambiente come un solo campo”. I campi dinamici personali costituiscono gli elementi del campo del gruppo. Gli altri elementi sono i differenti ruoli, i canali di comunicazione, la maniera in cui il gruppo è diretto, le norme, i valori del gruppo, gli scopi che si dà, le azioni che compie e i differenti fattori economici, sociali, culturali, ideologici che determinano le sue reazioni all’ambiente. Tutti questi elementi del campo sociale del gruppo sono interdipendenti, tanto che la modificazione di uno comporta la modificazione degli altri. I principali concetti della teoria lewiniana si possono così riassumere: 1. lo spazio di vita che consiste in una persona circondata da un ambiente psicologico; 2. la persona è differenziata in due regioni: percettivo‐motoria e interno‐ personale, quest’ultima divisa in un gruppo di celle periferiche e celle centrali; 3. anche l’ambiente psicologico è suddiviso in regioni; 4. lo spazio di vita è circondato da un fondo esterno che fa parte dell’ambiente non psicologico od oggettivo; 5. le regioni della persona e dell’ambiente sono separate da frontiere che hanno la proprietà di essere permeabili; 6. le regioni dello spazio di vita sono interconnesse in modo che un fatto di una regione può influenzare un fatto di un’altra. Questa influenza fra due fatti è detta evento; 7. si dice che le regioni dell’ambiente sono connesse quando la persona può compiere una locomozione fra le regioni stesse; 8. si dice che le regioni della persona sono connesse quando sono in comunicazione l’una con l’altra. L’avere concentrato l’attenzione sulle forze anziché sui singoli componenti porta due importanti conseguenze sulla concezione del gruppo: –

è un organismo in movimento, che sotto la spinta di fattori emotivi, credenze, valori, spinte etiche realizza una serie di scelte, obiettivi o al contrario ripiega su errori e inconcludenze, ma sempre comunque in relazione a fattori agenti, vettori orientati carichi di affettività; – è un’area di operazioni, un luogo attraversato da innumerevoli percorsi, sede di incontro, intreccio e confronto di queste forze.

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4.1. Tra ruolo e gruppo nello psicodramma Nelle opere di Moreno (e nella tradizione psicodrammatica che più direttamente si ricollega a lui) è fin dall’inizio sottolineata con insistenza l’importanza della dimensione gruppale. Come scrive J. Pundik (1969): “L’uomo è un essere sociale. Nasce nel seno di un gruppo umano, cresce dentro di esso, apprende dal gruppo ciò che gli trasmettono le sue tradizioni e le sue norme di convivenza (…) è membro di raggruppamenti, di organismi, associazioni. È cittadino di una comunità ed è soggetto ai suoi destini. Questi concetti, che sono oggi moneta corrente, non erano tenuti in alcun conto quando Moreno irruppe sulla scena (…) egli si propose di creare una scienza di gruppo, del lavoro nei gruppi, delle cause e delle conseguenze dentro i gruppi, fra gli individui e fra i gruppi (…) Moreno (…) invita gli uomini all’incontro.” Lo psicodramma è dunque un’esperienza vissuta in gruppo: di gruppo, attraverso il gruppo e con il gruppo. Il livello più superficiale di analisi ha origine dal confronto diretto attraverso la molteplicità di codici attivati tanto verbali quanto impressi nei modelli percettivo‐ motori di ciascuno dei membri del gruppo. I modi attraverso cui il protagonista, coloro che egli chiama a impersonare le altre parti e gli spettatori, agiscono e percepiscono la situazione, nelle diverse versioni della stessa scena, dovute al cambio dei ruoli degli attori, introducono una pluralità di punti di vista alternativi. Questi permettono di esaminare l’evento in relazione ai suoi differenti significati possibili, agli affetti da esso evocati nelle diverse parti in causa e rispetto all’adeguatezza del ruolo al contesto, alla sua complessità, differenziazione e integrazione nella personalità globale del protagonista. Ma, contemporaneamente, lo psicodramma incide a un livello più profondo: un esame accurato di quanto emerge in ciascun gruppo per un certo tratto di tempo evidenzia infatti una triplice corrispondenza: 1) Nel gruppo ciascuno dei presenti assume e/o attribuisce agli altri dei ruoli attuali, sia nel modo di porsi e interagire, sia attraverso le immagini che, col raccontare o drammatizzare certe parti di sé, induce nel gruppo. 2) La rete di ruoli attuali rispecchia e viene rispecchiata (dal)la rete di ruoli propri e altrui che ha costituito le relazioni della storia personale di ciascuno. 3) La prima e la seconda rete di ruoli interpersonali inoltre si riflettono e corrispondono alla rete di ruoli intrapersonali di ciascun partecipante. Questi possono essere intesi sia come parti di sé, non assunte nel rapportarsi al mondo esterno, e talora attribuite ad altri, ma non riconosciute come proprie, o ancora come complessi autonomi o come funzioni o istanze strutturanti la psiche, quali sono nell’ottica junghiana l’ombra e l’animus. La scena giocata costituisce per così dire ciò che mette a fuoco le relazioni tra tali tre polarità: il qui e ora del gruppo, emerso attraverso le scelte effettuate da ciascuno, evidenziano attraverso il come questi impersonano le proprie parti, precisato e modulato attraverso i vissuti successivamente espressi, interpreta (e viene interpretato attraverso) l’altrove e allora delle scene giocate. Il formarsi degli attuali modi di essere (interpersonali o intrapersonali) può venire ricostruito storicamente dal combinarsi e cristallizzarsi di ruoli propri o altrui presentatisi nel corso dell’esistenza passata e, al tempo stesso, a tale storia passata, ricollocata dal gioco nell’orizzonte del presente, vengono dati nuovi significati, tanti quanti sono quelli interpretati dai partecipanti. I ruoli interni o intrapersonali poi si evidenziano attraverso le scene proposte, principalmente quelle riguardanti i sogni, ma anche scene della realtà in quanto i ruoli intrapersonali determinano il modo in cui ognuno vede, capisce, interpreta le altre persone per lui significative. 12


I ruoli intrapersonali sono così attribuiti ad altri fuori di sé: personaggi della storia passata evocati e membri del gruppo chiamati a rappresentarli. Nella serie di giochi psicodrammatici il protagonista se ne riappropria, riconoscendoli come parti proprie, attraverso il cambio dei ruoli o immedesimandosi nelle parti che, a loro volta, altri membri del gruppo gli attribuiscono. In ciascuna seduta il gioco drammatico riesce a rivelare solo alcuni dei molteplici fili della trama che continuamente si tesse, si intrica, si modifica, si scioglie, si ritesse tra le parti inter e intrapersonali dei presenti (Gasca, 1992).

Ricorda La matrice è un’area nella quale la persona sviluppa gli incontri, agisce ruoli e contro‐ ruoli che determineranno le sue caratteristiche tipiche di funzionamento nella relazione con gli altri. Sono date sia dalle modalità relazionali che ognuno porta dentro di sé, sia da come vengono agite le dinamiche di ruolo e contro ruolo nel qui e ora dell’esperienza. Nello psicodramma, il vissuto personale di un membro del gruppo, che è il protagonista, diviene agli occhi del gruppo l’espressione di un problema collettivo, è un sentimento di gruppo nel quale l’istanza del singolo si fonde con il sentimento di appartenenza a un gruppo e possibilità di creare il proprio destino. Il gruppo quindi nello psicodramma è concepito in due prospettive: la prima come contenitore positivo dei bisogni, desideri e ansie dei suoi membri; la seconda come terreno composito di relazioni teliche (o non teliche) perennemente in movimento e in evoluzione. Pertanto si rende continuamente necessario operare a due livelli: da un lato costruire un gruppo che nell'insieme “contenga” i suoi membri; dall'altro operare, soprattutto con l'ausilio delle tecniche sociometriche, per rendere trasparenti e passibili di modificazione ed evoluzione positiva le relazioni fra i singoli membri del gruppo. Nel processo di gruppo emergono via via diverse matrici date dall’incontro tra ruolo e contro‐ruolo. Le matrici per Moreno sono un “locus nascendi, è fatta di luoghi e spazi formati in termini relazionali. È un’area nella quale la persona sviluppa gli incontri, agisce ruoli e controruoli che determineranno le sue caratteristiche tipiche di funzionamento nella relazione con gli altri. Sono date sia dalle modalità relazionali che ognuno porta dentro di sé, sia da come vengono agite le dinamiche di ruolo e contro ruolo nel qui e ora dell’esperienza. Sono le seguenti: •

Matrice di gruppo o matrice sociometrica: le strutture vincolari di un gruppo, che possono emergere con la sociometria. Esprime inoltre le caratteristiche culturali, normative, valoriali e simboliche di un determinato gruppo. In tal senso comprende il concetto di co‐inconscio gruppale. Matrice d’identità: sia a una fase di sviluppo che un livello di intervento psicodrammatico. In quanto fase di sviluppo, indica il momento in cui il bambino evolve dalla matrice materna, sperimentando la dinamica fusionalità/ individuazione, attraverso la relazione con il controruolo materno, che assolve precipuamente la funzione di specchio. Nello psicodramma, quando si riattualizza una scena legata alla fase evolutiva della matrice di identità oppure una scena connotata da dinamica fusionalità/individuazione, si sta operando a livello di matrice di identità. 13


Matrice familiare: è sia a una fase di sviluppo che un livello di intervento psicodrammatico. Come fase di sviluppo si colloca successivamente alla matrice di identità, ed è segnata dall’evoluzione dalla dualità (figura materna/bambino) alla triangolarità. Nell’intervento psicodrammatico si opera a livello di matrice familiare quando si elaborano scene legate a quella fase di sviluppo o connesse ai temi della triangolarità o della funzione del terzo (paterno). Matrice materna: è sia una fase di sviluppo che un livello di intervento psicodrammatico. La matrice materna è la prima fase di sviluppo dell’essere ed è contraddistinta dalla relazione fusionale e nutritiva con la figura materna. Si sovrappone temporalmente alla fase orale di Freud. Nell’intervento psicodrammatico si opera a livello di matrice materna quando si elaborano scene connesse a questa fase di sviluppo o legate ai temi della dipendenza e della fusionalità. Matrice sociale: indica sia una fase di sviluppo che un livello di intervento psicodrammatico. Come fase di sviluppo si colloca successivamente alla matrice familiare ed è caratterizzata dalla preminenza dello sviluppo delle competenze sociali extrafamiliari e dall’interiorizzazione dei ruoli sociali della cultura di appartenenza. Nell’intervento psicodrammatico si opera a livello di matrice sociale quando si elaborano scene legate a questa fase di sviluppo oppure riferite al tema dell’integrazione tra ruoli socioculturali e ruoli psicodrammatici. In quest’ultima accezione l’intervento coincide con il lavoro a livello sociodrammatico. Matrice valoriale: indica sia una fase di sviluppo che un livello di intervento psicodrammatico. La matrice valoriale è successiva alla matrice sociale e copre l’arco della pubertà e dell’adolescenza. Essa è contrassegnata dal confronto con i valori della cultura di appartenenza e dalla ricerca dell’identità personale. Nell’intervento psicodrammatico si opera a livello di matrice valoriale quando si elaborano scene legate a questa fase di sviluppo o connesse alle tematica della valorialità e della ricerca d’identità.

5. Distinzione tra role playing e psicodramma Si è creata spesso confusione fra i termini di role playing e psicodramma, perché entrambe queste esperienze sono accomunate dalla presenza di una certa rappresentazione o azione scenica. È necessario definire ciò che contraddistingue il role playing e lo differenzia dallo psicodramma. La differenza principale riguarda il livello di implicazione profonda dei partecipanti. La catarsi, il vissuto affettivo intenso appartengono alla psicoterapia e non alla formazione e all’educazione. D’altro lato succede che il gioco di ruolo produca risonanze affettive anche profonde. Nel gioco di ruolo sono proposte delle situazioni sociali e professionali tipiche, con un fine di formazione o di presa di coscienza dei problemi, mentre nello psicodramma il soggetto mette in scena delle situazioni reali storiche o traumatiche della sua vita. Nello psicodramma vi è un protagonista che mette in scena il proprio mondo interiore, con l’aiuto degli io ausiliari. Gli io ausiliari vengono scelti dal protagonista, in base a criteri soggettivi spesso inconsci, per essere il luogo di proiezione di fantasmi, e occasione di realizzazione del desiderio. Essi possono avere vantaggi terapeutici secondari nell’agire il ruolo di io ausiliari, ma non scelgono loro il tipo di ruolo da agire. Nel role playing invece non vi è protagonista, ma solo una occasione di “messa in azione”, un tema iniziale che dovrà tradursi in azione scenica. Vi può eventualmente essere una focalizzazione su uno o più ruoli, sui quali verte l’attenzione (es. ruolo di insegnante o di genitore); tutti i ruoli in gioco, comunque, 14


vengono presi in considerazione. Nel gioco di ruolo i membri del gruppo hanno la possibilità di scegliere il ruolo che desiderano agire. Da questo punto di vista nel role playing vi sono molti protagonisti che, impersonando un certo ruolo, interpretano una parte di sé stessi (desiderata o temuta) oppure una parte dell’altro (conosciuta o sconosciuta). L’azione e l’analisi del vissuto favoriranno importanti insight in ogni partecipante. Parallelamente a questo insight individuale, si produce anche un insight di gruppo, successivo al confronto dei diversi vissuti, che porta alla riformulazione del problema da cui ha preso le mosse il gioco di ruolo. Il role playing trova la sua collocazione in vari momenti del processo formativo, proprio per la sua duplice possibilità di coinvolgere il gruppo attorno a un tema centrale e di permettere al tempo stesso un apprendimento emotivo individualizzato per ogni partecipante. Si può proporre il role playing partendo da due diverse situazioni: • •

Situazione reale proposta da un operatore. Il gioco di ruolo in questo caso permette di spostare l’accento dall’ottica di colui che pone il problema (ottica soggettiva), a quella dell’insieme delle relazioni (ottica sistemica o globale). Situazione costruita o emblematica. Il role playing in questo secondo caso consente di approfondire un determinato problema professionale in modo attivo, integrando i dati emotivi del vissuto con quelli provenienti dall’analisi razionale del contesto.

Un esempio tipico di role playing è l’invenzione del caso: i partecipanti costruiscono insieme un caso emblematico, che rispecchia l’esperienza lavorativa comune al gruppo. Vengono introdotti dei personaggi (ad es. lo psicologo, l’assistente sociale, il dirigente, un paziente, i familiari, ecc.) ed una situazione specifica. Da qui si sviluppa un role playing nel quale tutti o parte dei membri del gruppo interpreteranno un ruolo. Sia che vengano previsti degli osservatori o che tutti i partecipanti vengano coinvolti come attori nel gioco di ruolo, è importante che nella conduzione siano rispettati i criteri psicodrammatici. In particolare è necessario porre attenzione all’alternanza chiara di momenti in semi‐realtà e momenti di realtà. Per questo l’azione scenica non va intrecciata con interventi interpretativi, pedagogici o di tipo culturale‐ generale. Altrettanto importante è prevedere al termine del gioco di ruolo un momento di comunicazione del vissuto emotivo da parte degli attori e degli osservatori. Tale momento va chiaramente separato dalla successiva elaborazione teorica, culturale od operativa da parte del gruppo. Discorso analogo va fatto riguardo all’alternarsi di relazioni interdipendenti e relazioni intersoggettive. Si può lasciar sviluppare nel role playing (a differenza che nello psicodramma) una dinamica interdipendente tra ruoli in scena, senza che il conduttore intervenga subito con consegne particolari (ad es. inversione di ruolo, doppio, specchio). Deve risultare chiaro però che tale dinamica interdipendente è concessa solo nello spazio di semi‐ realtà del role playing e che in sede di comunicazione del vissuto verrà ripristinata una relazione intersoggettiva.

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Di seguito una tabella che riassume in cosa le due tecniche, fin qui presentate, si distinguono e da cosa sono accomunate: Role playing

Psicodramma

Si applica in un contesto gruppale Si applica in un contesto gruppale (attori ‐ gruppo che partecipa osservando) (protagonista – pubblico ‐io ausiliari) A differenza della situazione reale, il Nello psicodramma, invece le relazioni processo che si sviluppa nel gioco di ruolo possono diventare “reali”. non avrà conseguenze nella vita reale (simulazione) Gli attori seguono una “parte” puntando sulle caratteristiche e modalità Il personaggio segue e recita secondo le comportamentali del ruolo assunto, sue inclinazioni personali, mettendo in evitando però atteggiamenti troppo scena il proprio mondo interiore “recitati” Oggetto del role playing, inteso come esercitazione, è la drammatizzazione hic et nunc di comportamenti di ruolo

Oggetto dello psicodramma è la personalità del soggetto

Obiettivo formativo

Obiettivo terapeutico

(Dotti, 2007)

Come evidenzia anche Lai (1973) il role playing presenta differenze sostanziali nella concreta pratica applicativa di formatori e clinici. Di seguito le principali variazioni applicative. Conduzione. Il ruolo del conduttore in alcuni casi è pressoché assente; egli si tiene all’esterno della scena e lascia che il gioco si sviluppi spontaneamente in una sorta di incontro non strutturato. La presenza del conduttore varia in altri casi con un ruolo più attivo in una o più fasi dell’attività: preparazione del gioco, scena e elaborazione/interpretazione finale. Scena. Per alcuni lo spazio della rappresentazione va nettamente separato da quello della discussione; per altri scena e discussione (o interpretazione) sono intrecciate. Tipo di significati da attribuire al role playing. La scena agita è considerata in alcuni casi alla stregua di un sogno, che va decifrato e interpretato. In alcuni casi viene sottolineata la funzione di comunicazione simbolica della scena; in altri ancora l’attenzione è posta sull’analisi dei ruoli sociali/istituzionali e sulla loro dinamica interattiva o sulla loro adeguatezza o funzionalità. Lettura interpretativa. Vi sono variazioni significative in merito all’uso dell’interpretazione: centrata sul singolo, o centrata sul gruppo. Anche in relazione al gruppo il role playing viene valutato talvolta in termini di dinamica sistemica; in altri casi ci si focalizza su un’interpretazione del fantasma comune al vissuto di tutti i partecipanti. Nei contesti più addestrativi l’interpretazione riguarda soprattutto l’adeguatezza del ruolo al contesto situazionale o istituzionale. Il gruppo e gli osservatori. Alcuni prevedono che al role playing partecipino tutti i membri del gruppo. Altri ritengono importante che una parte dei partecipanti mantenga un ruolo di osservatore esterno. Il pubblico in questo caso rappresenta il 16


contesto cui gli attori in scena inviano l’immagine del ruolo e dal quale ricevono risposte che alimentano il circuito relazionale. Differenze emergono anche nella gestione delle verbalizzazioni da parte del gruppo. In alcuni contesti sono concessi interventi interpretativi o valutativi su altri membri del gruppo; in altri l’attenzione è volta al vissuto personale del singolo; in altri ancora il gioco di ruolo è occasione per elaborazioni teoriche o proposte operative. La rappresentazione del protagonista: il personaggio mette in scena la “propria storia”. Può spontaneamente recitare ciò che sente o, attraverso lo stimolo del regista, utilizzare alcune tecniche. Una delle più importanti da utilizzare durante una seduta psicodrammatica è la tecnica dell’inversione dei ruoli. Si basa sul principio secondo cui per vedere e capire cosa c’è dall’altra parte bisogna entrare in essa. Alcuni esercizi per effettuarla sono: –

l’atomo familiare in cui il protagonista porta in scena il rapporto che ha con la sua famiglia e le persone per lui significative; – l’atomo sociale in cui il protagonista porta in scena i diversi ruoli che riveste nella sua vita personale e sociale; – la tecnica della sedia vuota in cui il protagonista è davanti a una sedia vuota e prima parla di ciò che prova in prima persona e poi passa nella sedia vuota, parlando al posto della persona con la quale vuole entrare in relazione, mettendosi nei suoi panni.

Al termine del dialogo il protagonista e l’altra persona si salutano dandosi un messaggio. Durante la rappresentazione può verificarsi una catarsi, momento in cui il protagonista vive in modo così intenso la sua storia tale da poter esprimere anche con il pianto o con qualsiasi altra forma il suo essersi immedesimato; da ciò si evince come pur essendo lo psicodramma una terapia di gruppo, chi risulta coinvolto in prima persona è il protagonista/soggetto. La partecipazione dell’uditorio: ciò che il protagonista mette in scena suscita qualcosa nel gruppo, tale che al termine della rappresentazione chiunque si senta di intervenire può andare dietro alle spalle del protagonista e raccontare cosa ha provato, cercando di riferirlo con parole o mimarlo con gesti. I membri del gruppo, anche durante la rappresentazione del protagonista, partecipano attivamente all’esperienza sia come io ausiliari (scelti dal protagonista per vestire i panni di persone reali o immaginarie della sua vita), sia facendosi coinvolgere in prima persona da quanto accade e viene portato sulla scena.

6. Metodi e contesti applicativi Il role playing trova la sua collocazione in vari momenti del processo formativo, proprio per la sua duplice possibilità di coinvolgere il gruppo attorno a un tema centrale e di permettere al tempo stesso un apprendimento emotivo individualizzato per ogni partecipante. L'azione e l'analisi del vissuto favoriranno importanti insight in ogni partecipante. Parallelamente a un insight individuale, si produrrà anche un insight di gruppo, successivo al confronto dei diversi vissuti, che condurrà alla riformulazione del problema da cui ha preso le mosse il gioco di ruolo. Gli obiettivi per cui solitamente il role playing viene utilizzato sono: Addestrare: per dare istruzioni su come svolgere alcuni mansioni lavorative, ad esempio in un corso per addetto alle vendite, può essere messa in scena la vendita di un prodotto può essere simulata l’interazione cliente‐venditore. 17


Selezionare ed esaminare: i candidati possono essere valutati in sede di selezione in base al comportamento mostrato in scenari possibili della vita organizzativa. Oppure può essere organizzata una verifica di determinate competenze attraverso la messa in scena di una determinata fase di lavoro. Ciò è utile in particolare per verificare competenze e abilità legate al saper fare e saper essere. – Animare: può essere utilizzato come metodo di animazione pedagogica, con lo scopo di vivacizzare l’insegnamento e di rendere maggiormente partecipate le lezioni. – Formare: per lavorare con il gruppo classe sull’asse del saper essere, cercando di fare emergere i vissuti, gli atteggiamenti, i valori e le rappresentazioni personali legate alla funzione di ruolo specifica della professione. In questo caso l’interesse è rivolto ad aspetti meno prescrittivi e più personali, che lascino emergere non solo il ruolo e le norme comportamentali, ma anche la persona. Nei primi due casi siamo prevalentemente di fronte a role playing strutturati, cioè abbastanza rigidi e prescrittivi. Nell’ultimo caso, invece, si tratta di un role playing meno strutturato, più vicino all’improvvisazione. Di seguito una tabella riassuntiva della tecnica del role playing: IL ROLE PLAYING Dove Il role playing può essere usato in seminari, esercitazioni, corsi di formazione. Soprattutto nel caso di role playing coinvolgenti i partecipanti, è necessario considerare la necessità di sviluppare un clima di gruppo che permetta alla persona di sentirsi a proprio agio e quindi libera di esprimersi. L’ambiente fisico non richiede caratteristiche particolari se non quella di dare sufficiente spazio per muoversi, garantendo allo stesso tempo riservatezza. I destinatari del role playing sono svariati e variano in base al contesto e Chi all’obiettivo che si vuole raggiungere; nel setting si inserisce anche il formatore ed eventualmente un assistente, una persona che aiuta il formatore nella direzione, osservazione, registrazione di quanto avviene e che, con una certa esperienza, può impersonare ruoli particolari (antagonista, doppio, ecc.). Come Si individuano quattro fasi principali in un role playing: – warming up: questa fase comprende tutte quelle tecniche (brevi sketch e scenette, interviste, discussioni...) volte a “riscaldare” l’ambiente, a creare, se non ancora presente, un clima accogliente. Può anche esserci anche una fase di cluster warming up in cui i partecipanti vengono suddivisi in sottogruppi. – azione / gioco: è la fase di gioco vero e proprio tra gli attori. Può comprendere tecniche particolari come l’inversione dei ruoli, il doppio (l’assistente si pone alle spalle dell’attore e prova a dare voce a ciò che l’attore sembra non riuscire a esprimere. È una funzione di sostegno, di accompagnamento). – cooling off: opposta al warming up, questa fase serve per uscire dai ruoli e dal gioco; viene utilizzato per riprendere le distanze. – analisi / eco del gruppo/condivisione: il role playing offre opportunità di apprendimento legate, in primis, al momento della messa in scena della drammatizzazione, grazie al coinvolgimento che viene stimolato; in secondo luogo, le possibilità di imparare sono connesse al momento di commento, discussione, analisi di ciò che è avvenuto: delle parole, dei gesti, della postura, degli atteggiamenti, del detto e del non‐detto. 18


L’esistenza dell’ultima fase di analisi dipende dalla presenza di diversi fattori convergenti quali: un gruppo che svolga la funzione di contenitore, la capacità e la motivazione dei partecipanti a mettersi in gioco, la capacità del formatore di intuire quale deve essere il livello di profondità delle interpretazioni a cui è opportuno fermarsi. Ogni interpretazione non richiesta o non tollerabile dai partecipanti indurrà delle difese e potrebbe essere poco fruttuosa ai fini della buona riuscita del processo stimolato durante la sessione di role. Il role playing può essere fonte di cambiamento ma, perché questo si verifichi, bisogna riconoscere l’esistenza di una disfunzionalità nelle attuali pratiche di comportamento e riuscire a passare a una progettualità nuova; ciò avviene anche attraverso la costituzione di un clima collaborativo, rilassato, accogliente. Sintetizzando le finalità di tale tecnica, la sua applicazione permette di: ‐ ‐ ‐ ‐ ‐

sviluppare le capacità di comunicare e gestire le relazioni interpersonali; migliorare le capacità di ascolto e di comprensione dei punti di vista degli altri; saper osservare e analizzare i comportamenti altrui; sviluppare la capacità di mediazione; produrre strategie per affrontare situazioni reali complesse.

Il role playing agisce dunque sia sull’aspetto emotivo che cognitivo, “sul sapere, sul saper fare e sul saper essere” (Quaglino, 1985). Il limite della tecnica, soprattutto quando il setting è di tipo non strutturato, potrebbe essere la non adeguata formazione del conduttore, che dovrebbe essere molto abile e capace di correggere, al momento opportuno, i comportamenti non idonei attuati dai partecipanti; inoltre utilizzare tale tecnica esperienziale in condizioni di scarsa socializzazione fra i componenti del gruppo, potrebbe essere controproducente e bloccare/inibire l’apprendimento (Capranico, 1997). Uno dei principali vantaggi invece, è quello di condurre i partecipanti verso una comprensione flessibile del comportamento, stimolando l’apprendimento sia attraverso l’impegno nello svolgere un certo ruolo, sia attraverso l’osservazione del comportamento altrui che attraverso il feedback.

7. Applicazione delle teorie chiave in campo formativo Il role playing è utilizzato in campo formativo fin dalla seconda guerra mondiale negli USA, nei programmi di addestramento degli istruttori dell’esercito. Negli anni ‘50 viene introdotto nelle aziende del mondo anglosassone ed è attualmente praticato con successo nella formazione manageriale, nei corsi che introducono a nuovi ruoli, a ruoli difficili dal punto di vista dei rapporti umani (per es.: educatori, operatori socio‐sanitari, ecc…), a ruoli delicati nel front‐office e nei ruoli di vendita. Ma il role playing psicodrammatico assume caratteristiche specifiche. In ogni caso, la formazione attraverso lo strumento del role playing è un forte stimolo al cambiamento. Uno dei maggiori indici di successo della formazione, infatti, è la motivazione che attraversa i partecipanti. Tuttavia quest'ultima non è quasi mai del tutto collocata a un livello di coscienza. Il cambiamento è sempre molto faticoso, doloroso e spesso non è percepito nell'immediato come un processo che offre una grande quantità di vantaggi. Nella maggior parte dei casi tutto questo è dovuto al fatto che i partecipanti temono di dover rinunciare alle proprie esperienze e di dover attraversare nuovamente delle fasi particolarmente critiche per poter cambiare. Inoltre il cambiamento è spesso richiesto dall'organizzazione o dal contesto sociale, 19


che non sempre tiene conto dei conflitti che nascono tra i bisogni personali e quelli della stessa organizzazione o della collettività. Ad esempio, un gruppo di genitori che partecipano a un sociodramma sul loro ruolo educativo. Uno dei bisogni personali sarà indubbiamente quello di salvaguardare il più possibile il proprio operato, che a sua volta è uno dei frutti della propria esperienza di figlio, nonché quello di apprendere e proporre un modello educativo che sia da un lato compatibile con quelli proposti dalla società e dall'altro con il proprio sistema familiare. In genere è piuttosto difficile che un genitore si senta di condividere le sue emozioni con altri; la solitudine di una madre o di un padre di fronte alle difficoltà è spesso una condizione molto conosciuta, spesso si associa anche alla paura del giudizio degli altri, al timore di vedere rispecchiato negli altri il proprio senso di inadeguatezza. Ma il bisogno di preservare il proprio ruolo porta spesso alla chiusura e all'isolamento più che a una esposizione di fronte ad altri. Già questa è un'evidente manifestazione di un conflitto. Nella società moderna in cui viviamo la molteplicità delle informazioni disponibili, che non è sempre del tutto omogenea, propone a parità di condizioni dei modelli completamente differenti. La permissività contro la severità, la tolleranza contro il giudizio sociale, l'integrazione contro il razzismo, le emozioni contro i beni materiali… Il problema di fondo è che non esiste un modello "migliore" degli altri senza che vengano prese in considerazione le esigenze sociali, di contesto e culturali dell'ambiente circostante. Questo è un problema collettivo e affrontabile dall'intera collettività perché la stessa diviene la maggior fonte di risposte possibili e adeguate, senza che l'una assuma necessariamente una forma antitetica rispetto all'altra. Lo stesso accade pensando al ruolo degli educatori, degli insegnanti, degli assistenti sociali, degli infermieri, dei medici, e così via. Esistono questioni per le quali è inevitabile scontrarsi con i problemi collettivi del ruolo e per i quali è indispensabile riflettere per poter operare al meglio. L’ambito socio‐educativo è l’area in cui operano persone che in qualche modo si occupano di altre persone, in modo del tutto o parzialmente strutturato. Sia che queste siano dei figli, che degli allievi, che dei pazienti, si trovano in uno stato temporaneo o permanente di svantaggio. “Ciò che si propone come "intervento" riguarda fondamentalmente tre diversi obiettivi: l'apprendimento al fine accorciare il più possibile la distanza dalla cultura collettiva, la riabilitazione da uno stato di disagio a uno stato di agio sociale, l'accettazione dello stato di svantaggio con un ventaglio di strumenti a disposizione che limitano al massimo la condizione di emarginazione a causa delle dimensioni della differenza. L'occuparsi di altri è quindi una condizione di "vantaggio sociale" che tende a promuovere la crescita per eliminare o contenere il disagio determinato dallo svantaggio altrui. È chiaro e assolutamente inevitabile che tutto questo comporti la presenza di un livello introspettivo e di consapevolezza qualitativamente elevati, soprattutto per evitare che il proprio privato entri in modo dirompente e interferente nel privato di chi in realtà ha bisogno di essere "guidato". Per questo motivo la condivisione, la visione del problema da più punti di vista e la sua elaborazione sono elementi prioritari per lo sviluppo del ruolo sociale. Il role playing si pone come uno strumento e non come un modello, come una tecnica e non come una medicina, come un ambito protetto dalla soggettività e non come portatore di verità assolute. Si è di fronte alla necessità di favorire l'incontro di tutti quei mondi privati che si sovrappongono nel divenire un "collettivo", senza che la minaccia del conflitto aperto e non gestito prenda il sopravvento” (Zanardo, 2007).

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8. Role playing formativo Il role playing formativo permette a colui che partecipa di agire come se si trovasse in una situazione significativa per poi vagliare le sue performance insieme al trainer e al gruppo. Il vantaggio della sua applicazione sta nel fatto che, a differenza della situazione reale, il processo che si sviluppa nel gioco di ruolo non avrà conseguenze nella vita reale. La formazione può innescarsi sia attraverso un role playing strutturato, modello più utilizzato in formazione, condotto con l’utilizzo di istruzioni sulla situazione e sui ruoli da recitare, sia attraverso un role non strutturato o libero, con un focus sugli aspetti personali e caratteriali apportati dai soggetti partecipanti durante l’interpretazione dei ruoli. Nel caso di una sessione non strutturata verranno lasciati degli spazi di libertà e di creatività ai partecipanti; il gruppo infatti potrà scegliere direttamente gli argomenti che percepisce come più importanti. Le istruzioni nel role playing rappresentano il canovaccio e allo studente/attore viene lasciata la massima libertà di espressione purché vengano rispettati ruolo e istruzioni date. Antonio Calvani facendo riferimento all’idea centrale del costruttivismo secondo cui “al centro viene posta la costruzione del significato, sottolineando il carattere attivo, polisemico, non determinabile di tale attività” (Calvani, 2001; p. 41) conferma come sia possibile constatarne la veridicità anche per la metodologia del role playing in cui “l’attore‐allievo deve adeguarsi al proprio ruolo secondo le indicazioni richieste ma può scegliere secondo le proprie categorie la propria linea interpretativa, mettendola in discussione in seguito con la classe ed elaborando un apprendimento che diventa maggiormente significativo” (Calvani, 2001; p. 41). Il role playing favorisce cooperazione. Infatti la cooperazione è ciò che fa riuscire materialmente “il gioco”. Se sulla scena non avviene comunicazione e non si presta attenzione al rapporto con l’altro, si vanifica l’essenza stessa dell’operazione. Il docente non deve insistere sulla necessità di cooperare perché l’esigenza di appoggiarsi al compagno di recitazione consegue direttamente dalla realtà del “gioco” e diventa valore di per sé stesso senza bisogno di spiegazioni da parte del docente. Un’altra qualità fondamentale risiede nella capacità del role playing di dare corpo e movimento a quelle situazioni e contenuti che in una lettura, in un ascolto o in un segmento video possono apparire come essenzialmente statici e quindi, di per sé, meno attraenti e coinvolgenti. Attraverso il role playing lo studente viene aiutato a penetrare sistemi complessi e viene stimolato a porre e a porsi domande, le quali forse non sarebbero emerse con la sola lettura di un testo o un ascolto. È utile tenere a mente che prima di iniziare l’esercitazione è necessario individuare a quale soglia di profondità si desidera condurre il gruppo. Di seguito una tabella che indica i diversi livelli di intensità, apertura ed elaborazione durante il gioco: Animazione pedagogica Primo livello Secondo livello Role playing strutturato ‐ Sul caso ‐ Su istruzioni ai ruoli Terzo livello Role playing non strutturato ‐ Su ruoli terzi o inventati ‐ Sul proprio ruolo (realmente ricoperto) Quarto livello Psicodramma ‐ Su se stessi come persona con altri protagonisti recitati Tabella da Capranico S., 1997, pag.49 21


Ai partecipanti che fungeranno da “attori” verranno assegnate delle “parti/ istruzioni” in cui sarà definito il loro ruolo nella situazione che si desidera ricreare; a tutti sarà dato uno scenario che definisce il contesto nel quale l’azione si sviluppa. È essenziale che ogni “attore” studi la sua “parte” in modo autonomo e indipendente rispetto agli altri. Ogni interprete dovrà agire (parlare) non tanto secondo le proprie inclinazioni personali, quanto secondo il carattere dei personaggi descritti nelle singole istruzioni. Mentre gli “attori” studieranno le “parti”, gli altri membri del gruppo, con il conduttore, formuleranno ipotesi su quali aspetti del play dovranno essere osservati e in vista di quali risultati, anche attraverso l’ausilio di griglie di osservazione e schede di rilevazione. Queste ultime ad esempio possono essere formate da una serie di interrogativi ai quali gli osservatori potranno rispondere a gioco ultimato su comportamenti, atteggiamenti o sulle quali potranno annotare dei dubbi o quesiti sullo svolgimento della sessione. Conclusa la fase di preparazione, si procede con la messa in scena della situazione, che può includere o meno una prima fase di riscaldamento attraverso brevi sketch o iniziative del conduttore per “riscaldare” il clima di gruppo. Durante l’azione il trainer può anche intervenire con alcune tecniche come ad esempio “l’inversione dei ruoli” che permette un’amplificazione dei processi identificatori. Successivamente alla drammatizzazione, e dopo aver valutato l’opportunità di dedicare del tempo al cosiddetto cooling off o chiusura del gioco, sia gli attori che gli osservatori hanno la possibilità di valutare quanto accaduto. Attraverso lo stimolo fornito dal trainer, che può porre anche una semplice domanda del tipo: “Che cosa è successo?”, può svilupparsi una dialettica tra ruoli o tra singoli al fine di commentare quanto avvenuto. In questo caso il formatore deve creare il clima e le condizioni adaguate affinché si sviluppi il lavoro di analisi; un modo potrebbe essere quello di dare la parola a chi ha appena terminato di giocare in quanto è ancora all’interno del personaggio (ad esempio chiedendo “Come vi siete sentiti nei ruoli?”, “quali impressioni avete?”), successivamente si inseriscono i commenti degli osservatori, ai quali si frammezzano le interpretazioni del conduttore. Può essere usata una video registrazione di ciò che avviene nel role playing. Attraverso l’uso di una telecamera è possibile avere a disposizione il contenuto dell’intera interpretazione, ai fini della formazione è rilevante che la registrazione consenta di analizzare quanto nel gioco è stato saliente. Il vantaggio della registrazione consiste nella possibilità di poter riascoltare e rivedere il gioco, soffermandosi su particolari che nello svolgimento reale gli osservatori non avevano notato, commentando in modo analitico lo svolgersi dell’azione. L’impiego delle videoregistrazioni risulta allettante per gli studenti poiché crea una sorta di “effetto televisivo” ma a differenza della televisione – che esclude lo spettatore relegandolo a un ruolo passivo – in questo caso gli studenti si muovono attivamente all’interno del processo. Attiva è l’autocritica che l’apprendente fa non a sé ma alla propria prestazione, cosa che risulta più lieve e didatticamente pregnante se la critica non viene unidirezionalmente mossa dal docente poiché risulterebbe sgradita o rifiutata dall’allievo. Uno degli svantaggi potrebbe essere causato dal fatto che sapere di essere registrati potrebbe togliere spontaneità agli “attori” inibendone l’espressività, o potrebbe innescare una cosiddetta “fuga nel particolare” che risulterebbe fuorviante in quanto gli osservatori potrebbero soffermarsi a una microanalisi senza prendere in considerazione l’insieme delle azioni. Un metodo per superare quest’ultimo problema potrebbe essere quello di appuntarsi i minuti precisi corrispondenti a momenti ritenuti dal formatore salienti, in modo da far rivedere esclusivamente quelli. 22


Uno dei vantaggi unanimemente riconosciuti alla tecnica del role playing è quello di interrompere la inevitabile monotonia della didattica tradizionale. È noto che in una lezione, dopo circa 45 minuti, l’indice di attenzione di chi ascolta, qualunque sia il tema trattato, tende a diminuire. Il role playing e più in generale i metodi attivi, aiuta a vincere la “curva della monotonia” in modo efficace perché implica operatività. Inoltre, durante il role playing, si instaura un clima giocoso e pratico‐concreto che compensa gli aspetti teorici precedentemente trattati e spesso li conferma. L’indice di apprendimento inevitabilmente aumenta perché l’ascolto unito all’agire migliorano l’efficacia di quanto appreso e la sua ritenzione. Infine, in quanto “gioco”, il role playing possiede un valore motivazionale intrinseco sul quale Johan Huizinga asserisce che “[...] vincola e libera. Attira l’interesse. Affascina, cioè incanta. È ricco delle qualità più nobili che l’uomo possa riconoscere alle cose ed esprimere egli stesso: ritmo e armonia» (Huizinga, 1973; p. 52). Rispetto al carattere olistico dell’esperienza ludica, lo psicologo Donald Walcott sostiene che “è giocando, e solamente giocando, che l’individuo, bambino o adulto, è capace di essere creativo e di utilizzare tutta la sua personalità”(Walcott in Bruner & Alii, 1981; p. 125).

8.1. Il ruolo del conduttore È possibile affermare che condurre un role playing non è sinonimo di docenza in quanto il formatore non è un insegnante e non dovrebbe assumere una posizione di superiorità rispetto agli allievi; non si presenta come “contenitore di sapere” da trasferire a chi ascolta ma, ponendosi in una posizione simmetrica rispetto ai partecipanti, stimola la riflessione e orienta il gruppo nelle situazioni di impasse. Il trainer può condurre sia setting non strutturati che strutturati, differenziando il proprio metodo di gestione del gruppo. Compito del formatore è quello di favorire la costituzione di un gruppo di lavoro nel quale tutti abbiano una certa libertà espressiva; egli diventa contenitore come metafora di colui che è in grado di comprendere ed elaborare quanto prodotto. L’elaborazione di un’esercitazione formativa è più ricca quanto più vengono presi in considerazione vari punti di vista e livelli di lettura, dando ad esempio più rilevanza ad alcuni accadimenti durante l’esercitazione piuttosto che ad altri. In una prima fase si chiede al gruppo di osservare, constatare, rilevare; successivamente, anche a seconda degli obiettivi prefissati, si procederà con le analisi più approfondite a opera del conduttore. È importante valorizzare il lavoro di integrazione tra gruppo e singolo che il conduttore conduce; infatti il lavoro di gruppo diventa per ciascun partecipante preesistente e all’interno di questo il soggetto inserisce la propria individualità e trae gli insegnamenti attraverso un’analisi o elaborazione personale dei contenuti che emergono. Uno dei compiti del formatore è la finalizzazione che consiste nel produrre analisi e interpretazioni che siano utili al di fuori del gruppo. Ciò rimanda agli obiettivi e al contratto implicito stipulato all’inizio del corso/seminario oltre che alle motivazioni e alle difese che i partecipanti hanno avuto nei confronti dei possibili apprendimenti. In un role più strutturato, il formatore tenderà a commentare l’adeguatezza del modello, cioè quanto e come siano stati recepiti i messaggi, mentre in una situazione semi‐strutturata bisognerà valutare preventivamente il livello di profondità raggiunto durante le esercitazioni, per calibrare la capacità delle persone di metabolizzare le interpretazioni prodotte che solitamente si muovono su più livelli. Solitamente il focus delle interpretazioni è deciso congiuntamente dal trainer e dai 23


partecipanti; interpretare quindi assume il significato di mettere in relazione e di spiegare il senso di ciò che risulta poco comprensibile. Nello psicodramma classico, Moreno parla di “action insight” o riflessione sull’azione. Lo scopo di ogni interpretazione in tale contesto è l’aumento di informazioni sugli aspetti del gioco, in modo che ciò possa consentire un cambiamento comportamentale. Non sempre scompaginare gli equilibri cristallizzati risulta accettabile e proprio per questo talvolta l’attività interpretativa può irrigidire le difese e mettere in crisi l’immagine di sé; il formatore deve essere in grado di contenere e sostenere questo processo. L’adeguatezza di un formatore consiste proprio nel sapersi fermare dove è opportuno, evitando interpretazioni inadeguate che aprono squarci su temi di carattere psicologico che esulano dal fine formativo dell’esercitazione. Per quanto riguarda la gestione delle resistenze bisogna che il formatore sia in allerta rispetto al proprio modo di difendersi che spesso si esplicita attraverso l’espressione di opinioni personali intrusive e supposizioni che esulano dal suo ruolo e che non sono delle interpretazioni di quanto realmente accaduto nell’hic et nunc del gruppo. Il compito del formatore non è quello di fornire la one best way, in quanto oltre a esulare dallo scopo del role playing esclude la molteplicità delle variabili intervenienti nell’agire umano. L’interpretazione, dunque, non si pone come indottrinamento in quanto i suoi destinatari possono appoggiarla o rifiutarla. A questo proposito il formatore potrà trovarsi a gestire le resistenze di chi partecipa; tali difese si estrinsecano nella difficoltà a interagire con gli altri e possono manifestarsi con atteggiamenti di ipervigilanza o di denigrazione delle analisi affettive. Una fondamentale abilità del trainer deve dunque essere quella di saper trattare in modo equilibrato le dinamiche difensive all’interno del gruppo.

8.2. Costruzione di una sessione di role playing In una sessione di role playing si individuano tre momenti: il riscaldamento del gruppo, la rappresentazione, momento temporalmente più lungo, e la partecipazione finale dell’uditorio: 1) Il riscaldamento: l’obiettivo da prefiggersi è raggiungere uno stato di maggiore spontaneità, permettendo alle energie e alle emozioni personali di emergere; si lavora per la costruzione e per il consolidamento del legame di tele stabilitosi all’interno del gruppo. 2) La rappresentazione: a seconda che si tratti di un role playing strutturato o libero, viene presentata la storia o la situazione di gruppo o personale da rappresentare. I ruoli possono essere giocati spontaneamente o attraverso lo stimolo del regista/conduttore/trainer, con l’ausilio di alcune tecniche. Una delle più importanti in ottica psicodrammatica è la tecnica dell’inversione dei ruoli. Si basa sul principio secondo cui per vedere e capire cosa c’è dall’altra parte bisogna entrare in essa. Al termine del dialogo il protagonista e l’altra persona si salutano dandosi un messaggio. Un’altra tecnica da poter usare è quella del doppio, nel quale il protagonista viene affiancato via via da un altro membro del gruppo che agisce il suo ruolo. Altra ulteriore tecnica è quella del soliloquio, ovvero il conduttore può interrompere la scena facendo esprimere il protagonista su cosa prova in quel momento. Altra tecnica specifica è quella dello specchio, nel quale vengono evidenziate le reazioni specifiche tra ruolo e contro‐ruolo di determinate situazioni.

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Durante la rappresentazione può verificarsi una catarsi, momento in cui gli attori vivono in modo così intenso la storia tale da poter esprimere anche con il pianto o con qualsiasi altra forma il loro essersi immedesimato. 3) La partecipazione dell’uditorio: ciò che viene rappresentato suscita qualcosa nel gruppo, tale che al termine della rappresentazione a partire da chi ha agito direttamente, fino al pubblico/osservatore, c’è un momento di espressione e condivisione emotiva di quando agito e si tende poi a dare anche una sintesi e una integrazione cognitiva che porti a una presa di coscienza maggiore, a un maggiore apprendimento. Le tre tecniche‐chiave dello psicodramma e in particolare del role playing: doppio, specchio, inversione di ruolo 1. Doppio. Per capire che cosa si intende per doppio nello psicodramma basta pensare a ciò che la madre fa con il neonato quando tenta di intuire e rispondere ai suoi bisogni. La madre è il primo io ausiliario della storia personale e sociale del bambino: una madre riesce a rispondere ai bisogni del suo bambino se riesce a “doppiarlo”, cioè a dare voce a quanto il bambino sente, desidera, teme ecc. Il termine doppio rimanda al duplice significato di "doppiaggio cinematografico” (= dare voce a...) e di doppio nel senso di "altro uguale a me che vive accanto a me le stesse mie esperienze" (è frequente nei bambini la creazione del doppio immaginario, che li affianca nelle esperienze di vita). La tecnica del doppio consente in un gruppo di far percepire la universalità del percepire e far esaltare contenuti interni inespressi. 2. Specchio. Anche in questo caso è utile ricorrere all'immagine della figura materna che, dopo una prima fase nella quale deve soprattutto "doppiare” il bambino, inizia a fargli da specchio, rimandandogli la sua immagine e ristrutturando con dati di realtà la percezione egocentrica del bambino. Nell’adolescenza è invece rappresentato spesso dal miglior amico/a con il quale si assumono gli stessi atteggiamenti e le stesse sembianze, fino a scegliere gli stessi vestiti, taglio e colore di capelli ecc…La tecnica dello specchio consiste nel riprodurre una scena o una postura del protagonista (ad esempio un atteggiamento perplesso di un educatore di fronte a un alunno) da parte degli io ausiliari in modo che il protagonista stesso possa vedersi dall'esterno. Si ha una situazione di specchio e di rispecchiamento nello psicodramma sia quando un membro del gruppo ha la possibilità di vedersi dall'esterno (percependo talvolta aspetti inediti o sconosciuti di sé), sia quando il rimando di realtà degli altri membri del gruppo ("Io ti vedo così...”) favorisce un insight di realtà e di maggiore consapevolezza dell'etero‐percezione. 3. Inversione di ruolo: nello sviluppo psico‐affettivo del bambino la capacità di inversione di ruolo (mettersi nei panni degli altri, vedere le cose dal loro punto di vista) segna il passaggio dall'egocentrismo alla capacità di relazione sociale e d'intimità. La tecnica dell'inversione di ruolo consente di allargare la consapevolezza delle proprie relazioni psicosociali e al tempo stesso favorisce la capacità di individuazione dell'altro: non vi è infatti completa conoscenza di sé senza una almeno parziale uscita da sé, che consente un decentramento percettivo. L'inversione di ruolo è uno strumento potentissimo di ristrutturazione delle relazioni fortemente condizionate da elementi transferali, poiché avvicina alla vera umanità dell'altro, al suo peculiare modo di vedere la vita. Parafrasando il Vangelo Moreno dice: "Ama il prossimo tuo attraverso l'inversione di ruolo" (Moreno, 1984; p. 158).

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8.3 Costruzione del setting e del contratto d’aula Quando si programma una unità didattica o un intero corso di formazione che prevede l’uso di metodi attivi e in particolare di tecniche psicodrammatiche, che come si è visto tendono a mobilitare sentimenti e vissuti personali profondi è necessario avere attenzione a esplicitare chiaramente cosa si sta per fare con il gruppo di allievi. Trattandosi di un metodo didattico innovativo, spesso le persone non si aspettano di doversi attivare personalmente, né tantomeno sono consapevoli di quanto ciò sia utile per l’acquisizione di competenze pratiche e anche per migliorare il bagaglio di conoscenze teoriche. Prima di tutto va predisposto lo spazio dell’aula: è bene avere una stanza libera da banchi e cattedra, le sedie devono essere disposte in cerchio e facilmente spostabili per permettere la riorganizzazione dello spazio che deve diventare in certe fasi “spazio scenico” nel quale ci si muove liberamente o nel quale si cambiano posizioni e ruoli. Stare in cerchio nella prima fase permette di dare una rappresentazione anche simbolica degli assunti di base che definiscono le regole del setting, del role playing e della sessione psicodrammatica in genere. Si tratta di esplicitare ai partecipanti l’uso di tali tecniche perché permette un apprendimento centrato non più sulle conoscenze teoriche, ma bensì sull’esperienza vissuta di ognuno. Attraverso l’esperienza del mettersi in gioco e di sperimentare ruoli diversi dal proprio o il proprio ruolo in situazioni diverse, permette di prendere coscienza di aspetti non ancora consapevolizzati di se stessi, facilitando il cambiamento positivo o l’acquisizione di nuove competenze. È bene esplicitare con il gruppo questo assunto, in quanto potrebbe rimanere spiazzato dalla richiesta di azione e non essere così in grado di vivere la proposta in modo costruttivo. Un altro assunto di base da esplicitare è quello del non‐giudizio, va sottolineato che nel gioco di ruolo non ci sono comportamenti giusti o sbagliati e che non si tratta di un corso di recitazione, lo scopo non è quello di realizzare una bella recita, ma è quello di apprendere dall’esperienza vissuta in prima persona. In tal senso quindi non ci sono ruoli migliori o peggiori, ma ogni ruolo ed ogni atteggiamento deve essere espresso nel rispetto e nel non‐giudizio reciproco. L’ultima regola da condividere con i gruppo è quella della riservatezza, in quanto in questo tipo di attività possono venire espressi vissuti intimi è importante contrattare col gruppo dei partecipanti la regola della riservatezza, ovvero l’esplicitare il fatto che se emergono storie e vissuti personali, ciascun partecipante si impegna a non raccontare all’esterno quanto avvenuto. Questi aspetti sono importanti anche quando si realizza un role playing in un setting di tipo formativo e non terapeutico, che ha quindi obiettivo l’addestramento a una particolare professione o funzione. Infatti, si producono comunque delle modificazioni che sono sul piano della dinamica di gruppo e non solo sulle competenze da acquisire. È perciò fondamentale avere consapevolezza di quanto avviene, come già affermato sia sul piano del sapere che su quello del sapere essere o, in altre parole, sul processo di gruppo. Interpretare un ruolo dà la possibilità di vivere dall’interno e di prendere coscienza di aspetti di sé da un lato e del ruolo che si sta interpretando dall’altro, che sono diversi dalla propria prospettiva quotidiana. Questo processo porta necessariamente a un arricchimento non solo delle competenze tecniche, ma anche della persona nella sua interezza.

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9. Esercizi ed esempi di role playing Non è possibile fornire una esemplificazione completa dei role playing, in quanto non si tratta di esercizi o giochi con regole predefinite e statiche. Per realizzare un role playing è necessario prima di tutto utilizzare le regole e le tecniche descritte nei paragrafi precedenti che devono fornire la cornice entro cui progettare unità didattiche centrate sui bisogni formativi e sugli obiettivi del percorso che il docente o conduttore sta programmando. Di seguito quindi sono forniti alcuni esempi che possono essere la guida per elaborazione creativa dei role playing che via via si vogliono attuare in base al gruppo di allievi o ai contenuti specifici delle materie. Si può organizzare un role playing su qualsiasi situazione quindi, è però necessario che siano tenute presenti le regole fondamentali dello psicodramma e che sia mantenuta la scansione di riscaldamento, azione scenica, condivione finale.

9.1. Role playing strutturato In questo tipo di role playing, come spiegato in precedenza, si danno ai partecipanti dei ruoli predefiniti da mettere in scena. È da sottolineare che nella fase inziale della sessione di lavoro è necessario prevedere un momento di riscaldamento attraverso un esercizio o un gioco teso a creare un clima facilitante, nel quale sono abbassate le difese personali e c’è disponibilità all’ascolto e assenza di giudizio reciproco. 9.1.1. Il primo giorno Un esempio può essere quello della simulazione del primo giorno di lavoro. Il conduttore prepara in precedenza dei cartoncini per ciascun ruolo che esplicitano alcune caratteristiche da rappresentare. Per esempio, il “principale”: gentile, formale, serio, efficiente, ecc. i “colleghi”: il veterano: spiega tutto, efficiente, autoritario; il “critico”: non gli va mai bene niente, è sempre arrabbiato, ecc.; “il compagnone”: si mette a parlare di tutto e tralascia le mansioni, ecc.; il “silenzioso”: non parla mai, sta sempre a capo chino sul lavoro, ecc.; il “disponibile”: gentile, affabile, efficiente sul lavoro, ecc.; il “protagonista”: in questo caso si tratta del nuovo arrivato che entra per la prima volta del gruppo di lavoro e deve trovare la strategia personale più adeguata per affrontare la situazione. In base al numero di partecipanti, si possono prevedere alcuni spettatori/osservatori che guardano la scena da fuori. Durante l’azione scenica il conduttore può decidere di sospendere per chiedere a qualcuno del gruppo se vuole aiutare il protagonista nella rappresentazione facendoli da io ausiliario attraverso la tecnica del doppio. La conclusione viene fissata dal conduttore nel momento in cui ritiene che si siano verificati le interazioni necessarie a far rendere significativa l’esperienza. Al termine dell’azione scenica, il conduttore propone un applauso e fa rimettere il gruppo in cerchio. Si inizia la fase di condivisione sempre facendo parlare prima il protagonista e successivamente gli altri ruoli, infine si fa intervenire anche gli spettatori. Per sostenere la discussione si può utilizzare anche un cartellone su cui annotare gli elementi salienti della discussione.

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9.1.2. Un giorno qualunque Un altro esempio è la strutturazione di una giornata tipo di una persona che in qualche modo ha le stesse caratteristiche dei partecipanti al corso. Ad esempio, un giovane che sta facendo un corso per addetto alle vendite: può essere simulata la giornata dal momento del risveglio in famiglia, al tragitto da fare per arrivare al lavoro, infine l’arrivo al lavoro e il rapporto con clienti e colleghi. In ciascuna fase ci sono dei ruoli strutturati da interpretare. Per esempio, il coinquilino disordinato che ha lasciato i piatti da lavare, la fidanzata che chiede di poter usare l’auto, nella prima fase; nella seconda: l’attesa alla fermata del tram insieme ad altri lavoratori; nella terza: l’arrivo in ritardo a causa del tram comporta una ammonizione da parte del principale, ma c’è il sostegno di un collega che è amico. Nella condivisione finale emergono i vissuti e le emozioni che influenzano le azioni e le interazioni e come esse hanno riverberi anche nelle altre situazioni. 9.1.3. Come mi vedono gli altri In questo esempio di psicodramma si lavora attraverso la tecnica del doppio. L’attività inzia con la richiesta di scegliere attraverso una sociometria in azione, una persona del gruppo che si conosce meno. Si chiede a ciascun membro della coppia di scegliere una caratteristica dell’altro e di metterla in scena in un dialogo a cui si è assistito. La condivisione è tesa a fare emergere gli aspetti nascosti a se stessi del proprio modo di porsi agli altri e dovrebbe fornire consapevolezza ai partecipanti di quello che gli altri pensano di loro stessi.

9.2. Role playing semi‐strutturato In questo caso il conduttore non individua una situazione e dei ruoli precostituiti da lui, ma dà una consegna aperta che sarà riempita di caratteristiche dai partecipanti. 9.2.1. Il mio futuro Un modo è quello di dare un argomento e far decidere poi al gruppo quale ruoli scegliere e con quali caratteristiche. Può essere ad esempio: “come mi vedo tra dieci anni in questa professione”. Un volontario sceglie di fare il protagonista e sceglie a chi far fare i controruoli della scena che verrà costruita spontaneamente in base alle interazioni che emergono. 9.2.2. I miei dubbi Un altro modo può essere usando la tecnica dell’inversione, si chiede ai partecipanti di pensare a una situazione vissuta rispetto a una certo tema, per esempio in un corso per insegnanti di assistenti familiari: “i miei dubbi rispetto al fare l’assistente familiare, ne ho parlato con una persona per me importante”. Si chiede ad ogni partecipante di scegliere un altro membro del gruppo che deve impersonare il protagonista in questione, che dovrà interpretare la scena nei panni della “persona per me importante”; ovvero se l’allievo x in questione ha pensato alla propria 28


moglie, l’allievo stesso dovrà interpretare la moglie e l’altro allievo y, scelto da x, dovrà interpretare l’allievo x. Dopo ogni micro rappresentazione, si chiede ai partecipanti di salutarsi e ringraziarsi nel modo che vogliono, possono dirsi semplicemente “ciao grazie” o darsi una stretta di mano o un bacio o un abbraccio. Quando tutti gli allievi hanno rappresentato la loro scena, il conduttore chiede quali siano i sentimenti vissuti, la riflessione dovrebbe portare a far emergere i dubbi personali rispetto alla professione e attraverso il confronto con gli altri il gruppo può trovare delle modalità utili a fronteggiare i dubbi o addirittura a superarli. 9.2.3. Il bello e il brutto In questo caso si chiede agli studenti di scrivere su un foglio una situazione negativa e una positiva inerente a un tema, per esempio i rapporti all’interno del gruppo stesso. Divisi in piccoli gruppi di 4 persone, i sottogruppi devono decidere almeno due situazioni da interpretare, una positiva e una negativa. Il pubblico è rappresentato dagli altri studenti, che devono cercare di individuare a quale situazione si riferisce la scena rappresentata. 9.2.4. Quello che sarà In questo caso nella fase di riscaldamento si usano immagini rappresentanti paesaggi, persone, oggetti, quadri, ecc. che vengono presentate al gruppo, ciascun partecipante ne deve scegliere almeno una immagine per rappresentare una caratteristica di se stessi adesso e un’altra per rappresentare una che vorrebbero avere in futuro (per es. tra dieci anni). Ognuno presenta agli altri le immagini scelte e spiega il perché. Poi usando una sociometria in azione si fanno spostare i partecipanti chiedendo di avvicinarsi a chi ci ha raccontato qualcosa con cui ci si sente più in sintonia. Si formano così alcuni sottogruppi di circa 4‐5 persone. Ciascun sottogruppo dovrà inventare la storia di un personaggio nel futuro a partire dai racconti dei singoli. Ogni sottogruppo metterà in atto il racconto agli altri gruppi. Lo sharing finale è volto a fare emergere le paure e i limiti da un lato e le speranze e le potenzialità dall’altro verso il futuro. 9.2.5. Quello che avrei voluto dire In questo role playing si usa la tecnica della sedia vuota. Si inizia con un riscaldamento breve, può essere un gioco da fare in cerchio (vedere il capitolo sul warming up). Dopo di che si chiede ai partecipanti di pensare a una cosa che avrebbero voluto dire a una persona importante per loro e che però non ci sono riusciti. Per esempio, un familiare o un vecchio amico, un ex‐fidanzato, un collega, ecc. Si pongono le sedie in semi‐cerchio e si lascia nello spazio scenico una sedia vuota, a turno i partecipanti si possono sedere di fronte alla sedia e dicono a voce alta ciò che hanno pensato. Si chiede poi di cambiare sedia e di provare a invertire il ruolo e a immedesimarsi nella persona e di rispondere a quello che ha ascoltato. Si chiede poi un soliloquio per far esprimere ciò che ha percepito. La condivisione finale dovrebbe fare emergere i vissuti passati e riattualizzati nel qui e ora dell’esperienza psicodrammatica. Dovrebbe attivarsi una risignificazione dell’esperienza con una nuova lettura del passato e delle indicazioni per il presente. 29


9.2.6. Lo dico tra me e me Una variante del role playing precedente è usando due sedie vuote. È utile quando si vuol fare emergere il conflitto tra alcuni ruoli di se stessi. Per esempio, tra il ruolo di madre o padre e quello di lavoratrice/lavoratore. Ogni partecipante viene a sedersi su una sedia in cui si esprime facendo parlare il ruolo di genitore, poi si sposta nell’altra sedia e risponde parlando dal ruolo di lavoratore. Durante la condivisione emergono come ci si sente nei due ruoli e dal confronto di gruppo possono emergere significati e strategie utili a migliorare la dialettica tra ruoli interiori.

9.3. Role playing non strutturato Si può parlare di role playing non strutturato quando non viene data alcun tipo di consegna al gruppo né legata al tema né legata al metodo. Questo tipo di role playing è più tipico dello psicodramma terapeutico, ma può capitare di usarlo anche in ambito formativo. Spesso questo tipo di role playing viene usato nelle situazioni di supervisione, nella quale si chiede ai partecipanti su cosa vogliono parlare. Si può usare ad esempio in una fase intermedia del percorso formativo per far esprimere gli allievi su come stanno procedendo, in modo da fare un bilancio condiviso dell’esperienza svolta. Inizialmente viene fatto un esercizio di riscaldamento, possono essere usate le camminate nello spazio della stanza con una musica rilassante di sottofondo, si propongono al gruppo una serie di andature, più veloci, contratte, più lente, fino a far scegliere l’andatura che si sincronizza con il proprio ritmo respiratorio. Si chiede poi di sedersi e il conduttore chiede ai partecipanti di esprimersi su come si sentono in questo momento rispetto al corso. In base alla direzione che prende la discussione, il conduttore chiede se c’è qualcuno che se la sente di rappresentare ciò che sta raccontando verbalmente. Si chiede di scegliere anche dei contro‐ruoli che facciano da co‐protagonisti e si dà inizio all’azione scenica. Se si vede che c’è un’impasse, si può chiedere a qualcun altro se vuol fare da doppio per aiutare il protagonista a esprimere qualcosa di diverso. In un altro momento si può chiedere un’inversione, chiedendo ad esempio di far entrare il protagonista in un contro ruolo e viceversa. In un corso per operatori turistici, per esempio, si può chiedere agli allievi di esprimersi rispetto alle difficoltà che incontrano durante lo stage nel gestire i clienti di un certa nazionalità. Oppure in un gruppo di studenti molto conflittuali tra loro, si può chiedere di rimettere in scena un litigio avuto e si può usare le varie tecniche per far entrare in scena altri personaggi più marginali, che sostituiscono i protagonisti del conflitto, i quali contribuiscono a fare emergere soluzioni per la sua risoluzione. Durante la fase di condivisione, è importante in questi tipi di role playing concentrarsi su gli aspetti emotivi spesso potenti che vengono suscitati, in modo da farli esplicitare, rielaborare e trovare un contenimento nella sessione stessa, altrimenti possono portare a riverberi negativi anche gravi sia per i singoli che per la vita del gruppo.

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10. Valutazione Alla fine della sessione di ciascun modulo è importante avere un valutazione di quanto si è appreso e di quello che si è percepito. Questo tipo di valutazione va a integrare quella di tipo personale e relazionale che avviene durante la fase della condivisione e ha l’obiettivo di dare un feedback esterno sul processo di apprendimento. Si tratta di rispondere ad alcune brevi domande rivolte sia al conduttore che agli allievi.

10.1 Questionario per il conduttore Penso di aver raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissato? L’uso del role playing ha aiutato gli allievi a migliorare le conoscenze e/o le abilità rispetto al tema trattato? L’uso del role playing mi ha aiutato a conoscere di più gli allievi Sono riuscito a gestire le varie fasi in modo adeguato? Ci sono degli aspetti su cui potrei migliorare o fare diversamente? Mi sento soddisfatto di come ho condotto l’attività?

Per niente Poco

Abbastanza Molto

10.2 Questionario per gli allievi

Per niente Poco

Abbastanza Molto

Le attività proposte sono state interessanti

Le attività proposte sono state piacevoli

Le attività proposte sono servite a farmi riflettere sulla mia vita

Le attività proposte sono servite a farmi riflettere sul rapporto con il mio gruppo classe

Le attività proposte sono servite a farmi acquisire competenze utili per il corso che sto svolgendo

Le attività proposte sono servite a farmi riflettere sul mio modo di pormi nelle relazioni interpersonali

Le attività proposte sono servite a farmi acquisire nuove competenze per gestire la relazione con gli altri

Sono interessato a svolgere attività simili in futuro

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11. Bibliografia 11. 1 Titoli in inglese Hillman J., Healing Fiction (Spring Publications, 1994. Original 1983.) (1983) Le storie che curano, Cortina, Milano, 1984. Jung C.G., (1921) Jung, C. G., & Baynes, H. G. (1921). Psychological Types, or, The Psychology of Individuation. London: Kegan Paul Trench Trubner. Tipi psicologici, Boringhieri, Torino, 1969. Huizinga, J. ( 1939) Homo ludens. Amsterdam; Tr. It. Torino: Einaudi. (1973). Lewin, K. (1935), A Dynamic Theory of Personality, NY, US: McGraw‐ Hill. Moreno, J. L. (1980) Il teatro della spontaneità, Guaraldi, Firenze. Moreno, J.L. (1985) Manuale di psicodramma, vol. 1 (1946‐1980), Astrolabio, Roma. Moreno, J. L. & Moreno, Z. T. (1987) Manuale di psicodramma, vol. 2, Astrolabio, Roma. Schutzenberger A. A. (1992), Le jeu de role, Esf, Paris. 11. 2 Titoli in italiano Boria, G., Muzzarelli, F. (2009) Incontri sulla scena. Lo psicodramma classico per la formazione e lo sviluppo nelle organizzazioni. Franco Angeli, Milano. Boria, G. (2005), Psicoterapia psicodrammatica ‐ sviluppi del modello moreniano nel lavoro terapeutico con gruppi di adulti. Franco Angeli, Milano. Calvani, A. (2001). Educazione, comunicazione e nuovi media. Sfide pedagogiche e cyberspazio. Torino: Utet Libreria. Capranico, S. (1997). Role Playing. Milano: Raffaello Cortina Editore. Cocchi A. (1992), La parola e il pubblico, ‘Psicologia e lavoro’ 86, Patron, Bologna. Dotti, L. (2007) Forma e azione: metodi e tecniche psicodrammatiche nella formazione e nell’intervento sociale. F. Angeli, Milano. Dotti, L. (2010) Lo psicodramma dei bambini: i metodi d'azione in età evolutiva. Franco Angeli, Milano. Dotti, L. (2009) Lo psicodramma pubblico: aspetti personali e aspetti sociali, Rivista Psicodramma Classico. Quaderni dell'associazione Italiana Psicodrammatisti Moreniani, anno XI, agosto. Dotti L. (2013) La forma della cura. Tecniche socio e psicodrammatiche nella formazione degli operatori educativi e della cura, Franco Angeli, Milano. Gasca, G. 1992, lo psicodramma come analisi attraverso il gruppo, ‘Psicodramma Analitico’, 0, dicembre Torino. Zanardo, A. (2007) Action methods nella formazione ‐ Approcci e strumenti per la gestione di piccoli e grandi gruppi, Bologna: Pardes Walcott, D., in J.S. Bruner & Alii (1981). Il gioco. Ruolo e sviluppo del comportamento ludico negli animali e nell’uomo. Roma: Armando. 32


Condivisione col gruppo Lo psicodramma come strumento educativo Materiale Didattico ‐ Modulo 8 Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation

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Sommario 1. Descrizione del modulo............................................................................. 3 1.1. Obiettivi................................................................................................... 3 1.2. Risultati dell’apprendimento .................................................................. 3 1.3. Organizzazione dei materiali e del workshop......................................... 3 2. Introduzione alla teoria............................................................................. 4 2.1. Condivisione, espressione....................................................................... 7 2.2. Il concetto 'Tele'.................................................................................... 11 2.3. Il ruolo del leader: struttura vs. regole ................................................. 12 2.4. Condivisione e neuroscienza ................................................................ 15 2.5. Questioni etiche.................................................................................... 16 –

Responsabilità..................................................................................... 17

Competenza ........................................................................................ 17

Benessere............................................................................................ 18

Pubblicità ............................................................................................ 18

Riservatezza ........................................................................................ 18

Relazioni terapeutiche ........................................................................ 19

Valori ................................................................................................... 19

3. Introduzione agli esercizi......................................................................... 19 4. Valutazione............................................................................................. 30 5. Bibliografia.............................................................................................. 31

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1. Descrizione del modulo Condivisione col gruppo è l’ottavo e ultimo modulo del corso Psychodrama as a Tool in Education (PaTiE), Lo psicodramma come strumento educativo. Come tutti gli altri moduli di questo corso, può essere eseguito in maniera indipendente. Comunque, si raccomanda di integrare le informazioni qui illustrate con le altre tecniche e azioni in uso nello psicodramma. Si rivolge a tutti gli insegnanti per adulti operanti nella formazione professionale e nell’apprendimento permanente, interessati ad apprendere tecniche di lavoro con l’utilizzo dei simboli, così come impiegati nello psicodramma, e la loro applicazione in classe. Questa competenza può essere molto utile a identificare ostacoli all’apprendimento che si presentano con diversi gruppi di studenti, e a migliorare la comunicazione, l’empatia e, di conseguenza, l'ambiente di apprendimento. 1.1 Obiettivi Apprendimento da parte dell’educatore degli adulti del valore della condivisione nello psicodramma applicato all’educazione degli adulti. Apprendimento da parte dell’educatore degli adulti dell’utilizzo di base degli esercizi di condivisione in classe, dal punto di vista dello psicodramma.

1.2 Risultati dell'apprendimento

A completamento del modulo, l’insegnante sarà in grado di: Spiegare l'importanza dell'uso della condivisione nelle attività educative. Suggerire diverse tecniche di condivisione e identificarne la loro possibile funzione. Scegliere gli esercizi più appropriati rispetto agli obiettivi fissati. Comprendere l'importanza di proteggere e mantenere l'integrità sia del gruppo che del singolo. Integrare l'uso della condivisione con tecniche psicodrammatiche attive. Apprezzare l'importanza della condivisione nello psicodramma. Sviluppare un semplice esercizio psicodrammatico, orientato verso l'educazione degli adulti, in cui vengono effettuati esercizi in una situazione d'aula reale.

1.3 Organizzazione dei materiali e del workshop La raccolta di materiali in questo manuale è finalizzata ad aiutare l'educatore ad applicare in aula semplici esercizi di condivisione. Comunque, il contenuto qui illustrato può essere utilizzato anche per organizzare un workshop formativo, guidato da uno psicodrammatista, per gli educatori degli adulti stessi. Tale workshop permetterà ai docenti di acquisire una comprensione più approfondita di come la condivisione viene usata nella pratica psicodrammatica. Ove possibile, il workshop avrà una durata di otto ore e verrà eseguito in un'unica sessione di un solo giorno. Se questo non è possibile, si potrà eseguire in due giorni, preferibilmente consecutivi. È preferibile che il gruppo sia composto da non meno di otto membri e non più di sedici. Linee guida più specifiche per questo workshop si possono trovare nel manuale per gli istruttori.

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Questo modulo è diviso in due sezioni principali; un’introduzione alla teoria e un’introduzione alla pratica. Le sezioni successive completano le informazioni di cui gli educatori hanno bisogno per raggiungere gli obiettivi fissati. L'introduzione alla teoria comprende 5 sezioni attraverso le quali viene ripercorsa la storia della condivisione. I processi di condivisione vengono discussi in quanto costituiscono i concetti principali degli autori più importanti, Samuel A. Culbert e Sidney M. Jourard, e le loro teorie sulla rivelazione di sé, a Jacob Levy Moreno, fondatore dello psicodramma, con il suo concetto di condivisione e le sue implicazioni etiche per il leader del gruppo. Questa prima parte si svolge in un workshop della durata di un’ora. La sezione relativa alla pratica corrisponde agli esempi di esercizi da fare. Gli esempi di esercizi sono classificati secondo i materiali di lavoro utilizzati e lo scopo principale di ogni gruppo di esercizi è spiegato nella sezione corrispondente. Inoltre, ciascun esercizio comprende alcuni punti che l’educatore deve tener presenti, i rischi connessi all’applicazione di queste tecniche e la responsabilità che deriva dal loro utilizzo. Nella sezione inerente la valutazione, l'istruttore verrà messo in grado di valutare l'impatto dell'esercizio sul gruppo classe. La bibliografia elenca i libri e gli articoli da cui sono tratte le informazioni utilizzate per la preparazione di questo modulo. Questi riferimenti costituiscono una guida molto utile per tutti coloro che desiderano ampliare le loro conoscenze e studiare in modo più approfondito la condivisione nello psicodramma

2. Introduzione alla teoria Nello psicodramma, la condivisione è uno spazio posto alla fase finale di qualsiasi esercizio di psicodramma. Come tale, ha due funzioni o significati. Da un lato, è uno spazio in cui il protagonista della scena può essere salvato, uno che i componenti il gruppo sono in grado di condividere, e su cui possono mettere parola, inserendo la loro esperienza nella scena. Al contempo, è lo spazio in cui avviene la chiusura della sessione dello psicodramma. Dopo il riscaldamento (warm up) e l'azione, arriva la fase di condivisione. Segue la scena, il momento in cui il direttore della sessione psicodramma invita tutti i membri del gruppo a illustrare come e quanto sono stati colpiti personalmente dalle azioni precedenti. Coloro che hanno giocato un ruolo ausiliario possono condividere in due modi. In primo luogo, essi possono essere incoraggiati a condividere quello che hanno provato nello svolgimento di un gioco di ruolo, le sensazioni provate ed emerse durante la scena. In secondo luogo, questi possono staccarsi dal ruolo giocato ed esprimere qualcosa dalla propria vita emersa durante la realizzazione della scena; l'evocazione può essere un'immagine, una scena o un ricordo. La condivisione non costituisce una riflessione razionale, ma un processo molto personale e profondo per il quale Moreno ci ha lasciato alcune linee guida da seguire: • Il gruppo non dovrebbe dare consigli o fare analisi nei confronti del protagonista ma ognuno dovrebbe parlare di se stesso e di come la scena lo ha colpito. • Durante l'azione, il protagonista avrà eseguito un esercizio aperto in condivisione, per la quale sarà necessario più che una semplice analisi o una

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critica. È utile considerare l’esperienza propria di ogni persona della scena: i loro sentimenti, le evocazioni, e tutto ciò che forma i ricordi della propria vita. • La condivisione ha effetti curativi. Ascoltare e seguire le esperienze descritte dagli altri permette alle persone di non sentirsi soli, e rafforza l'unità del gruppo. • Quando il protagonista è in uno stato mentale di vulnerabilità per essere stato esposto a una scena cruda, l’interpretazione e l’analisi risultano essere stati esposti per la crudezza della scena, l'interpretazione e l'analisi risultano inadeguate. La funzione del leader durante la fase di condivisione nello psicodramma è quello di avviare e condurre, in modo tale che emergano quante più informazioni possibili e i partecipanti siano in grado di esprimere all'interno del gruppo ciò che hanno sperimentato nel gruppo stesso. Questa fase dà a tutti i membri del gruppo dello psicodramma la possibilità di esprimere ognuno i propri sentimenti. Se questi hanno espresso sentimenti profondi, richiedono uno spazio in cui trovare il supporto del gruppo e la sintonia con gli altri. Ciò può essere ottenuto attraverso una discussione successiva nella quale si va a esplorare il significato dell'esperienza. Se questa fase non è eseguita, i protagonisti potrebbero abbandonare la sessione con la sensazione di sentirsi persi e respinti invece che sentirsi più forti e più liberi. Il regista dovrebbe sviluppare una post‐discussione, una condivisione, che coinvolge la libera espressione, il sostegno e l'impegno di ogni membro del gruppo. Questo spazio sarà utile per la condivisione se durante la sessione di psicodramma i partecipanti sono in grado di descrivere e condividere i loro sentimenti favorendo così l'integrazione, la trasparenza, la conoscenza e la propria partecipazione. Quando si applica agli educatori degli adulti per l’apprendimento permanente o per la formazione professionale, la condivisione permette uno spazio di apertura in un’aula in cui sono presenti fiducia e rispetto reciproco e dove gli studenti possono esprimersi. Questo può aiutare a superare una certa resistenza alla partecipazione, nonché facilitare la comunicazione tra i compagni di classe. In altre parole, in un contesto educativo, lo psicodramma impegna entrambi, sia insegnanti che studenti, in materia di risoluzione dei problemi, specialmente nella fase di condivisione. Inoltre, migliora la comunicazione e la consapevolezza di sé rispetto al gruppo. La fase di condivisione ha un ruolo aggiuntivo per il conduttore, in particolare nei gruppi che stanno lavorando insieme. La coesione del gruppo si migliora durante la post‐discussione se i membri sono in grado di percepire le caratteristiche che hanno in comune e di creare quindi legami tra loro. Con il feedback ricevuto dagli altri membri del gruppo, dopo questa fase di condivisione, i protagonisti generalmente si considerano accettati e si rendono conto di non essere soli. Questo lascia loro una sensazione più forte e benefica di un sostegno. Questo sentimento non si manifesta solo ed esclusivamente nei protagonisti, ma si estende a tutto il gruppo. Le interazioni che si generano durante la condivisione hanno un effetto molto potente sulla dinamica di gruppo. Al di là dell’azione drammatica, la fase di condivisione può essere particolarmente sorprendente in gruppi misti in cui sono presenti differenze culturali: un evento comune nelle aule di adulti. Questo perché la fase di post‐discussione aiuta il gruppo a guardare gli altri e a capirli. Allo stesso tempo, permette loro di vedere che ci sono sempre dei punti che li accomuna, nonostante che le loro modalità di comprensione possano essere diverse.

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In questo caso, quindi, il ruolo del leader del corso pilota è fondamentale nel momento in cui si rende necessario aiutare il protagonista, gli ausiliari e gli altri partecipanti dello psicodramma a chiudere il lavoro svolto nella sessione. Occorre creare uno spazio adeguato e di qualità per la condivisione. La chiusura non significa necessariamente la risoluzione di qualsiasi tema su cui il gruppo può aver lavorato, ma chiudendo la sessione si permette ai partecipanti di parlare alla fine, sia dei loro sentimenti che delle suggestioni che la scena ha provocato in loro. La condivisione di questi sentimenti e di queste suggestioni possono fornire nuove informazioni e funzioni riguardo al conflitto o alla situazione in esame, così come possibili modi per risolverli. Un aspetto fondamentale della chiusura consiste nel fornire uno spazio specifico ai ruoli recitati dal protagonista e gli ausiliari. Invitando i partecipanti a parlare, e ribadendo l'opportunità di condivisione, il conduttore agevola la comunicazione all'interno del gruppo. Questo ruolo di facilitatore della comunicazione viene osservato dagli educatori degli adulti che partecipano al workshop, così come essi stessi possono diventare facilitatori di un processo di comunicazione e di post‐dibattito nella loro aula. Il modo in cui è condotta la fase di chiusura può variare, e molti fattori vanno a determinare qual è il tipo di chiusura più adatto. Questi includono la situazione del gruppo, la durata della sessione, il livello di coesione tra i partecipanti, e l'intensità del lavoro svolto. La chiusura è essenziale se non c'è in programma per il gruppo di incontrarsi di nuovo. Tuttavia, se il gruppo si riunisce regolarmente, allora ci possono essere situazioni in cui il leader potrà ritenere di posticipare la chiusura alla seduta successiva. Prima di portare una sessione al termine, il leader di solito incoraggia i partecipanti a esprimere quei sentimenti che si sono sviluppati durante l'esercizio o l'azione, ma che sono stati taciuti. È importante parlare di eventuali questioni non emerse prima di concludere la sessione. È probabile anche che sorgeranno dei problemi, ma la loro analisi può portare a un arricchimento del processo, anche quando il protagonista o la classe restano lontani dalla soluzione delle questioni. Con il lavoro svolto in classe si tende a fare il lavoro con tutta la classe e non tanto con i singoli protagonisti. Questi singoli protagonisti sono spesso lasciati molto esposti a livello personale. Dopo il completamento di una buona sessione di condivisione, è verosimile che il nuovo lavoro sarà definito come risultato di ciò che altri membri hanno tratto dall'esperienza che hanno appena avuto. Naturalmente, non è consigliabile eseguire questo lavoro nella stessa sessione o periodo di sessioni, se poi non vi è tempo sufficiente per svolgerlo correttamente. D'altra parte, il fatto che nuovi argomenti possano emergere dalla questione originale è confortante per la classe e apre anche nuovi modi di affrontare le problematiche in questione. I partecipanti alla sessione devono essere avvertiti del pericolo nel forzare la chiusura di tale sessione. È essenziale che la classe abbia il tempo sufficiente per gestire i conflitti e le situazioni che limitano la spontaneità del gruppo, nonché di condividere in seguito le proprie esperienze ed esprimerle a parole. Nello stesso modo è importante non aspettarsi la perfezione, poiché questo può portare i protagonisti a sentirsi falliti a meno che una soluzione apparente non venga trovata per ogni cosa. Per evitare sentimenti di questo tipo, un leader potrebbe tentare di forzare la chiusura in situazioni in cui è meglio per i partecipanti continuare a riflettere su quanto è successo. Una delle maggiori sfide per un leader è imparare a dirigere la fase di chiusura di una sessione senza porre limiti alla condivisione. Un altro aspetto, relativo sia alla chiusura che alla condivisione, riguarda le esercitazioni destinate a questo scopo. Alcuni esempi progettati avendo in mente questa finalità sono indicati nelle esercitazioni. Così come ogni sessione 6


comprende le tre parti principali – il riscaldamento/warm‐up, l'azione e la condivisione – anche il gruppo deve completare queste fasi nel suo percorso. È nel momento in cui avviene la chiusura del gruppo che questi esercizi possono essere particolarmente utilizzati.

2.1 Condivisione, espressione La condivisione implica il manifestare le proprie idee, l’apertura verso le altre persone e l’esprimersi di fronte agli altri. L’espressione di sé è diventata una parte essenziale della ricerca empirica nelle scienze comportamentali. Attualmente viene considerata come comprendente un ampio numero di variabili apparentemente non correlate tra loro, quali: una migliore comunicazione, la percezione interpersonale, la coesione del gruppo, e la conferma della propria autostima. La comunicazione e la coesione del gruppo sono due variabili di particolare importanza, tali da determinare un’influenza significativa sulle dinamiche della classe. Secondo il Samuel A. Culbert, l’espressione di sé porta un individuo a comunicare le sue informazioni personali a terze persone, informazioni che molto probabilmente sarebbero rimaste sconosciute a tutti tranne che all’individuo che le ha espresse. Questo accademico della UCLA (University of California Los Angeles) precisa inoltre che l’informazione deve essere “personale e privata”. In altre parole, si tratta di informazioni che in circostanze normali un individuo non vorrebbe rivelare a terze persone. Naturalmente, ciò che è “personale e privato” per un individuo può non esserlo necessariamente per un altro, questo per varie ragioni L’espressione di sé è diversa dalla auto‐descrizione perché in questo ultimo caso si danno informazioni che l’individuo si sente relativamente libero di rivelare alla maggior parte delle altre persone. Compresi i fatti che un individuo conosce di di una persona e che facilmente si potrebbero dedurre anche da altre persone; informazioni come per esempio: lo stato civile, la professione, le caratteristiche fisiche, ecc. Per definizione, un requisito essenziale della espressione di sé è la presenza delle altre persone. Se così non fosse, diventa auto‐informazione. Che solitamente avviene in un momento antecedente alla espressione di sé. Lo psicologo canadese Sidney M. Jourard (1964, 1968), uno dei pensatori che ha più accuratamente studiato l’espressione di sé, spiega che il cammino verso la conoscenza di se stessi è quello di rivelare sé stessi agli altri. In altri termini, il modo migliore per conoscere se stessi è attraverso le altre persone e il modo in cui queste persone ci rispondono. Se un individuo lui / lei, esprime se stesso in modo autentico, ottiene una risposta autentica, e può vedere i risultati del mostrare ad altri la propria vera identità. Al contrario, una persona che non si rivela si “disconnette” da se stessa. Chi presenta un falso sé, d'altro canto, ottiene risposte false e ha la sensazione che gli altri non lo conoscano bene. Le persone possono conoscere un individuo solo nella misura in cui quest’ultimo rivela se stesso e possono rispondere con precisione solo quando le informazioni offerte sono autentiche. Tutti questi processi apparentemente individuali sono di una vitale importanza per le dinamiche di gruppo all’interno della classe e, di conseguenza, anche per la creazione di spazi diretti a facilitare l'apprendimento e la formazione. La ricerca sulla espressione di sé ha prodotto risultati che appaiono significativi in termini sociometrici, e molte delle analisi effettuate, in base a questi risultati, sono utili sia per la comprensione che per la pratica dello psicodramma. Infatti,

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quando termina un'azione di psicodramma e inizia la fase di condivisione, l'essenza di ciò che si è condiviso costituisce una espressione di sé. Questo accade perché, durante la sessione di condivisione ciascun individuo può potenzialmente sperimentare il sollievo di aver rivelato un evento della propria vita, un'opinione, una visione o un segreto, oltre a ricevere risposte dagli altri membri del gruppo. Questa esperienza rappresenta il sollevamento da un peso – costituito dal segreto – e nello stesso tempo aiuta l'individuo a vedere che gli altri membri non rifiutano la sua rivelazione. Inoltre, l'individuo che rivela se stesso o se stessa, si rende conto che, lungi dall’essere rifiutato dal gruppo, di fatto diventa ancora più accettato. Spesso, l'esperienza condivisa non è né scollegata né lontana da quella di altri compagni di classe che si sottopongono a processi simili. Lo psicodramma non è chiaramente previsto solo per il protagonista e coloro che prendono parte all'azione della scena, ma anche per gli assistenti e il pubblico. Anche la classe lavora sulle proprie difficoltà legate all'esperienza dello psicodramma appena realizzata. Nella fase di condivisione, a ciascun partecipante è data la possibilità di integrare l'azione che ha avuto luogo sul palco con la propria esperienza di vita. In un certo senso, sia gli spettatori che gli assistenti prendono parte all'azione dello psicodramma, rapportandolo agli eventi della propria vita. Allo stesso tempo, offrono la loro esperienza di vita al gruppo durante il post‐dibattito. Il sé di ogni individuo è in qualche modo ridotto a questo dono, e il carattere personale che si rivela va ad arricchire il gruppo attraverso un determinato "carattere universale" condiviso. La condivisione quindi implica uno spazio per la comprensione, l'integrazione e l'unità, quella in cui l'individuo si rispecchia nella comunità. Durante il post‐dibattito, i membri del gruppo sono capaci di rapportare le proprie esperienze precedenti alle esperienze passate del protagonista che vengono rappresentate nel presente. Lo psicodramma può aiutare ad affrontare alcune questioni in seno alla classe – relative al processo di apprendimento, al gruppo o al personale docente – o anche problemi esterni all’aula che sono stati riportati da altri corsi, altri tipi di formazione, o situazioni apparentemente non correlate all'apprendimento. Queste esperienze irrisolte o conflitti possono emergere nella fase della condivisione e possono fornire all'educatore strumenti molto utili, non solo per comprendere i propri studenti e gestire le proprie classi ma anche materiale importante per le future sessioni di psicodramma. Ogni membro del gruppo sperimenta un confronto personale durante l'azione in classe dello psicodramma. In primo luogo, si confrontano con: "Che somiglianze ci sono con la mia esperienza?» E in secondo luogo: "Come avrei gestito questa situazione" In tal senso, ogni sessione di psicodramma facilita la trasformazione dell’identificazione di un individuo, tra ciò che vede sulla scena e le proprie esperienze, nella presentazione di un'azione. È importante tenere presente che ogni individuo ha una diversa capacità di condivisione, così come una diversa tolleranza all'atto della condivisione. Ad esempio, ci può essere qualcuno che è riluttante a raccontare le proprie esperienze attraverso l'azione, ma al contrario è in grado di utilizzare lo spazio di condivisione per spiegare perché si sente incapace di agire. Tuttavia, ci può essere una persona con una diversa capacità di condivisione ma che è anche capace di spiegare questa sua incapacità di comportamento. In tal caso, questa persona, presumibilmente si sente più minacciata e incapace di rivelare le cose. È anche importante ricordare che la posizione del leader è di totale rispetto verso ogni individuo. Da un punto di vista tecnico, il leader, essendo una persona che conosce bene le pratiche dello psicodramma, è tenuto a concedere uno spazio e un tempo sufficiente per la sessione di condivisione. D'altra parte, deve avere

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fiducia che tutto ciò che i singoli membri o parte del gruppo condivide, lo condivide al meglio delle proprie capacità. Le sessioni di condivisione non dovrebbero essere forzate con la richiesta pressante di domande, anche personali, o ogni altro tipo di informazione. Ciò che è condiviso spontaneamente dovrebbe essere solo quello che la classe è preparata a esprimere in quel dato momento e i leader lo devono accettare indipendentemente dalle proprie idee, obiettivi o pregiudizi. Generalmente, un nuovo membro del gruppo si sentirà minacciato, almeno inconsciamente, dagli altri membri del gruppo. Questo vale non solo per lo psicodramma ma in qualsiasi situazione di gruppo, come in una classe, dove un nuovo membro solitamente teme di essere ferito. Queste minacce o paure normalmente si riducono in un clima di condivisione. Questo è il motivo per cui è importante per il leader seguire sempre il percorso del gruppo, non esercitare pressioni sui membri o cercare di guidarli lungo i propri percorsi. Quando le persone condividono, diventano più umane, affidabili e vulnerabili. Quando condividono, si abbassano le barriere, aumenta la coesione e la speranza di cambiamento. Ogni persona definisce chi è all'interno del gruppo, con i suoi punti di forza e di debolezza, i problemi, i difetti, le imperfezioni, le capacità, le meschinità e le risorse personali. Nel momento in cui ogni individuo diventa conosciuto meglio dal resto del gruppo, diventa anche meno temibile, meno isolato, meno frainteso e meno minaccioso. In breve, una persona più autentica che è più a suo agio nel gruppo. Parte di questo "effetto legame", che si manifesta durante la fase di condivisione, è il risultato di un gruppo all’interno del quale i membri sono diventati consapevoli della natura comune delle loro esperienze. È vero che ognuno di noi è diverso, ma è anche vero che noi tutti abbiamo analogie la capacità di provare empatia con le esperienze degli altri. Nonostante la diversa natura dei partecipanti, di solito, eventuali differenze si confondono nel momento in cui sono condivise e diminuisce la paura di essere feriti quando nascono relazioni interpersonali. Qui è dove alcuni "temi universali" possono essere rivelati e si concentrano nello psicodramma problemi che nella pratica possono riguardare tutti nel gruppo. La fase di condivisione è utile anche per valutare il resto della sessione di psicodramma. Una fase di condivisione mediocre di solito è una conseguenza di una sessione di psicodramma mediocre. Al contrario, una buona sessione di condivisione, che comprende anche molti interventi, generalmente sta a indicare un processo di trasformazione per tutta la classe. Detto questo, come possiamo identificare una buona sessione di condivisione? Quali sono gli elementi che abbiamo bisogno di prendere in considerazione? Quello che possiamo dire è che non vi è un modo corretto per effettuare un processo di post‐discussione, ma ci sono alcuni elementi che dovrebbero essere evitati, analisi, consigli, opinioni, giudizi e moralismi non significano condivisione. Essi non rivelano nulla di un individuo, e non contribuiscono alla crescita e allo sviluppo del gruppo. Nessun membro del gruppo dovrebbe essere in una posizione in grado di giudicare un'altra. È su questo punto, in particolare, che il leader deve mostrare di essere inequivocabile e responsabile, con l’unico scopo di proteggere le persone che vi partecipano. Il leader deve interrompere, limitare e reindirizzare gli interventi che esprimono giudizi o sono supponenti verso gli altri membri, o che in generale non rispettano la vera natura e il valore quasi sacro delle esperienze di ciascun individuo. Tutto ciò che emerge da un lavoro di questo tipo è "di proprietà collettiva del gruppo". L’ideale sarebbe che venisse assimilato dal gruppo per la crescita

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personale di ogni singolo membro. Qualunque cosa sia espressa dal fondo del cuore deve avere una risposta onesta, deve essere affrontata con onestà e utilizzata onestamente. Pertanto, se qualcuno desidera riesaminare le informazioni emerse durante una sessione, deve essere trattato dal leader con molta delicatezza, e solo con l’applicazione di un metodo descrittivo o interpretativo che non è mai giudicante. I partecipanti di una sessione di condivisione hanno opinioni molto soggettive sulle informazioni che sono state condivise. Sarebbe quindi un errore interpretare la descrizione o le conclusioni di un individuo, riguardo alla propria esperienza seguita all'azione di psicodramma. In sostanza, non dobbiamo trarre conclusioni sulla natura di una difficoltà riguardante il protagonista basata sulla sua descrizione di una sessione precedente di condivisione. Lo spazio dedicato alla condivisione implica un periodo di "riscaldamento” per il protagonista, gli assistenti e il pubblico, durante il quale ogni persona può abbandonare il proprio luogo mentale e individuale e reintegrarsi al gruppo. Dopo una sessione particolarmente catartica, il gruppo può sentirsi lacerato mentalmente ed emotivamente dall'azione dello psicodramma se la sessione viene chiusa in modo brusco. Fornire uno spazio adeguato alla sessione di condivisione consente una chiusura completa, come un cerchio, dove lo psicodramma inizia con la verbalizzazione (l'intervista), prosegue con l'azione, e si conclude nuovamente con la verbalizzazione (condivisione).

2.1.1. Linee guida per la sessione di condivisione 1. Lo psicodramma non finisce quando l'azione è finita, ma quando si conclude la fase di condivisione. Le responsabilità del leader continuano per tutta questa fase. Per molti psicodrammatisti la sessione di condivisione è la fase più importante dello psicodramma, così come lo è spesso ciò che una persona porta via con sé che va poi a influire sulla sua personale esperienza. 2. La sessione di condivisione non deve essere né analitica né valutativa. Domande e intellettualizzazione su tutto ciò che si è condiviso dovrebbe essere evitato 3. L'atto di condivisione dovrebbe essere incoraggiato, ma non obbligato. I modi più semplici per raggiungere questo obiettivo è stabilire apertamente la procedura come una regola e fornire come esempio un modello di comportamento di se stessi. Anche i membri più volenterosi di un gruppo possono esprimere qualche resistenza se la procedura è vaga, non esiste un modello da seguire, o si sentono sotto pressione. 4. Il leader deve rimanere vigile e impedire che qualsiasi informazione emersa nella sessione sia utilizzata poi a evidente detrimento di un altro partecipante. Se questa diventa la pratica del gruppo per raccogliere le informazioni condivise al fine di eseguire diagnosi, spiegare le origini alle problematiche, ecc., i partecipanti diventeranno più cauti nel fornire le informazioni e più resistenti all'idea di condivisione e gli ostacoli inizieranno ad apparire. L'essenza della condivisione sarà modificata dal "donarsi agli altri" dall’“esporre se stessi prima di altri alle valutazioni successive”. Si deve prestare molta attenzione per evitare che i partecipanti non si pentano di aver condiviso certe cose o diventino più cauti quando devono esprimersi. 5. Il leader deve essere attento agli aspetti socio‐emotivi ed evitare di essere ingannato dal contenuto di quanto condiviso durante tutta la durata della sessione. Il modo in cui qualcosa è descritto, e ciò che accade durante la sua

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divulgazione, può essere un importante indicatore dello sviluppo del gruppo e delle esigenze dei suoi membri. 6. Le critiche, le analisi e le valutazioni possono interferire con il corretto svolgimento della sessione di condivisione. Essi sono più adatti per sessioni separate destinate a tali scopi.

2.2 Il concetto “Tele” Come già accennato nel Modulo 6 Lavorare con i simboli, Moreno riteneva che lo psicodramma differisse dalla psicanalisi per il fatto che esso comincia nel momento in cui finisce quest’ultima. Egli ha avuto perlomeno l’opinione che il suo lavoro continuasse oltre Freud. Se Freud ha analizzato i sogni, successivamente Moreno ha chiesto alla gente di sognare ancora, di agire sui sogni. Se il padre della psicanalisi ha lavorato con i suoi pazienti nella stanza di analisi, Moreno lo ha fatto in strada, nelle loro case, nelle aule e negli spazi di tutti i giorni. Egli ha capito che in questo modo, la creatività e la spontaneità, pilastri fondamentali dello psicodramma, si rafforzano. In particolare, le differenze essenziali tra le due teorie si possono individuare in questi concetti: il ruolo del terapeuta, transfert e televisione, la percezione e la catarsi, il concetto di tempo, il corpo, la psicologia dello sviluppo. Transfert e tele sono due termini chiave nello psicodramma, in particolare per quanto riguarda la sessione di condivisione. Secondo Freud, questa idea si riferisce a sentimenti irrazionali che le persone hanno nei confronti del terapeuta quando questo li sta analizzando. Un esempio di transfert è quando i sentimenti infantili per le persone che erano importanti per il bambino sono reindirizzati verso il terapeuta nel qui e ora. Questi sentimenti possono essere attivati da qualsiasi situazione che sia simile alla relazione del bambino con i genitori. In altre parole, i sentimenti della nostra infanzia possono essere trasferiti in classe verso nuove persone che non sono legate a quelle del passato – motivo per cui il transfert è irrazionale – ma che, in un modo o nell'altro, ci ricordano quel rapporto precedente. Per Moreno, il concetto di tele deriva inizialmente dal lavoro sociometrico, come il processo di attrazione o rifiuto tra alcuni individui e altri; un flusso di sentimenti che compone le reti sociali (Moreno, 1953, p. 25). Tele è l'unità semplice di sensazione, come un atomo di sensazione che può essere trasmesso da un individuo all'altro. Un rapporto che implica rifiuto significherebbe un tele negativo, mentre l'indifferenza – il livello minimo – indica una mancanza di tele. Lo psicodramma è una teoria interpersonale, e il suo metodo comporta l'interazione e il ruolo mutevole con altre persone. Il concetto di tele consiste nelle indagini di questa interrelazione, soprattutto come un metodo per comprendere o concettualizzare l’empatia. Tele significa “distanza” e di solito è descritto come la realtà che si basa sulla intersezione tra due persone. Tele si basa principalmente sull’inconscio e sulla reciproca comunicazione non verbale. Questo concetto è stato utilizzato notevolmente dai psicodrammatisti e Moreno ha contribuito a una certa confusione quando lo ha descritto in modo diverso in parti separate dei suoi scritti. In particolare, egli usa usato l'espressione “self‐tele” per descrivere le relazioni che emergono tra le diverse parti. Kellermann (1992), propone anche di utilizzare le teorie del filosofo tedesco del dialogo, Martin Buber, per illustrare la differenza tra tele e transfert; la teoria di “io‐tu” include l'idea che “non posso essere me stesso se non in un rapporto con 11


te”. D'altra parte, il rapporto “io‐esso” è il rapporto in cui un'altra persona è trattata come un oggetto e non come un soggetto. In questo contesto, il termine tele acquista il significato di un rapporto “io‐tu”, mentre il termine transfert è caratterizzato più come una relazione. Nello psicodramma, la base è il rapporto tra gli esseri umani, il rapporto “io‐tu”, un incontro tra le persone. Transfert e contro‐transfert sono fenomeni normali in qualsiasi contesto psicoterapeutico. Moreno usa l'espressione “ tele distorto” per entrambi. Moreno e Freud sarebbero entrambi concordi sul fatto che il transfert è un fenomeno patologico. La differenza nel loro approccio al fenomeno è una questione di dettagli. In psicoanalisi, le caratteristiche della situazione costituiscono mezzi tecnici per lo sviluppo delle reazioni di transfert. Moreno invece utilizza le tecniche psicodrammatiche con l'obiettivo di facilitare incontri veri grazie al tele , che si basano sulla realtà. Infatti, la maggior parte degli psicodrammatisti è ormai d'accordo che il transfert si verifichi regolarmente tra i membri di un gruppo di psicodramma e, riguardo al leader, ciò può essere spiegato mediante la tecnica del cambio di ruolo. Il transfert può quindi essere descritto come un contro‐ruolo specifico, in cui un partecipante può assumere il ruolo di un bambino quando si trova in presenza di un terapeuta o del conduttore di una sessione di psicodramma. In altre parole, tra i membri di un gruppo durante la fase di condivisione si può osservare l’occorrere di tele , rifiuti, attrazioni e transfert, e percepire i sentimenti inconsci della classe. Meglio ancora se l'osservazione è basata sui ruoli che i membri del gruppo svolgono nella fase di azione.

2.3 Il ruolo del leader: struttura vs. regole Nella fase di condivisione, esiste una struttura che il conduttore della classe dovrebbe tenere a mente quando guida il processo, e che ritroveremo in questo capitolo. Uno dei modi più appropriati per strutturare sessioni di condivisione è descritto come segue: dopo che la scena si è conclusa, si dedica qualche tempo alla condivisione dei sentimenti prima di chiudere la sessione e quindi aprirne un’altra per la condivisione delle suggestioni. Nella prima parte si osserva se gli “io ausiliari” e il resto della classe sono in grado di tradurre in parole le sensazioni che sono emerse durante l'azione. Si cercano termini per dare un nome alle emozioni provate: “Ho paura", "sono felice", "sorpreso", "abbandonato", ecc. Ogni emozione è la benvenuta, senza valutazioni, analisi o giustificazioni. Dopo aver invitato tutti a prendervi parte, la sessione può passare alla parte successiva; l'evocazione. Prima di chiudere, la sessione di condivisione può essere stimolata attraverso delle domande impersonali, come "Qualcuno ha voglia di condividere qualcos’altro riguardo i sentimenti emersi durante la scena?" o "Nient'altro prima di chiudere?”. Se niente altro è sollevato la sessione può passare alle evocazioni. Quando si tratta di evocazioni, l'obiettivo è per ogni studente quello di condividere scene di vita reale o di fantasia, che hanno analogie con quello su cui si è lavorato nella sessione. L'obiettivo è che ogni persona presente condivida le proprie esperienze evocate dalla scena: una fotografia scattata in un determinato luogo, le persone che erano presenti, che ora fosse... Per esempio: “La scena mi ricordai miei fratelli questa estate, quando stavamo decidendo in quale spiaggia andare. Mio fratello maggiore sgridò il più giovane, alla fine, mio padre si è arrabbiato e non siamo andati in nessuna spiaggia...”. Con la condivisione di evocazioni, l'idea è di mettere l'esperienza della scena in parole e integrarla con ciò che emerge dalle esperienze di vita di ciascun membro del gruppo. Ricordi dolorosi o drammatici possono presentarsi in un’evocazione e il leader dovrebbe

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accoglierli in modo rispettoso, convalidando l'esperienza di ogni persona e normalizzando il processo emotivo se emerge. Lo spazio riservato ai membri del gruppo psicodrammatico per la condivisione dipenderà dai membri stessi; su quello che vogliono, e sono in grado di condividere. Detto questo, anche se non ci sono modi corretti per condurre il processo di condivisione, ci sono alcune linee guida. Questa struttura è relativamente semplice: 1. Condividi i tuoi sentimenti riguardo la recitazione eseguita dal protagonista, e, per quanto riguarda le evocazioni, racconta se ti ha ricordato qualcosa delle tue proprie esperienze. Non deve essere una situazione identica, ma un certo momento della tua vita in cui hai avuto sentimenti simili. 2. Non devono essere somministrati consigli. 3. Non vanno dati suggerimenti. 4. Non si dovrebbe dire "Questo è esattamente quello che è successo a me, e questo è quello che ho fatto..." perché ciò significherebbe dare consigli. 5. Non si devono esprimere elogi. Non è il momento per dire "Sei davvero coraggioso per averlo fatto" o "Secondo me, avevi ragione a essere arrabbiato con quella persona". Non essendoci questi commenti, può sembrare che si mostri un atteggiamento indifferente verso il protagonista. Ma il fatto è che con queste affermazioni non si condivide nulla delle proprie esperienze, mentre questo è proprio ciò che è utile in una sessione di condivisione. 6. È interessante che i protagonisti restino in silenzio durante la fase di condivisione. È infatti il momento per loro di prendere un periodo di riposo dopo il lavoro estenuante fatto in scena. Ed è anche un modo per proteggerli e impedirgli di entrare in dibattiti sterili. La spontaneità dell'azione è terminata per il protagonista, "ora è il momento di ascoltare i propri compagni di classe". Il protagonista, o i protagonisti, rivelano molto di sé durante l'azione dello psicodramma sperano che né il leader né gli altri partecipanti li vedano come persone "cattive" o "emotivamente paralizzate". I loro sentimenti sono crudi, e questo è il motivo per cui il leader deve proteggerli gelosamente. Quando si guida una sessione di condivisione, la persona che parla deve essere interrotta se si pensa che stia per offrire consigli o non parli per esperienza personale. Ogni tanto può essere necessario interrompere rapidamente qualcuno nel bel mezzo del suo contributo, e chiedere scusa di averlo fatto. Ma è sempre meglio farlo per evitare al partecipante di ferire il protagonista, deliberatamente o meno. L'obiettivo della fase di condivisione o l'integrazione è tornare protagonista nel gruppo. Il protagonista avrà condiviso una questione personale con il gruppo e si sentirà molto vulnerabile. Quando gli altri membri del gruppo condividono qualcosa,questo aiuta il protagonista a rendersi conto che gli altri hanno sentimenti simili a quelli da lui espressi. Parlare di questioni personali aiuta anche le persone a lavorare sui propri cambiamenti personali, e queste questioni si presenteranno nelle future sessioni dello psicodramma. Quando condividiamo parti profonde di noi stessi con gli altri, si producono dei cambiamenti personali e si costruiscono connessioni, costruiamo una squadra. È difficile avviare una conversazione di gruppo fino a quando anche un solo partecipante condivide un'esperienza o una sensazione personale. Soprattutto dopo la fase dell’azione dello psicodramma possono emergere diversi fattori che rendono difficile la post‐discussione:

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Ho interpretato un ruolo negativo durante l'azione dello psicodramma e ora non credo che mi piaccia il protagonista. Cosa dovrei fare?

Questa reazione è abbastanza normale in quei partecipanti che hanno avuto un ruolo secondario ma può essere anche che il protagonista non li percepisca esattamente come tali. Quando ci scontriamo con pensieri di questo tipo, il termine usato è "de‐ruolo" che vuol dire qualcosa tipo “uscire dal ruolo”.

“Io non sono quella persona” Alcuni leader chiedono che gli io ausiliari “escano dal ruolo”. Coloro che hanno recitato in ruoli secondari dovrebbero poi dire loro vero nome, e dichiarare che non sono la persona che hanno interpretato. Per esempio, qualcuno potrebbe dire: "Io non sono Laura, tua sorella, sono Amalia". Agli ausiliari sarà poi chiesto di descrivere la loro esperienza nel recitare il ruolo in questione per spiegare il modo in cui si sono identificati con lo stesso durante la scena. Il leader può rimuovere chiunque da un ruolo utilizzando affermazioni come la seguente: "Non sei più un tavolo", "Non sei più Jimmy Carter", "Non sei più il direttore degli studi", ecc. Questa tecnica comporta alcuni problemi. Supponiamo che Amalia si identifichi con la sorella, e dica: "Penso che tu sia stata veramente sgradevole con me proprio come lo eri con tua sorella. Non so come tu passa trattarla in quel modo. Non mi sono sentita per niente bene a essere tua sorella". Queste dichiarazioni possono minare completamente l'azione, anche se sono false ed è Amalia che si sta identificando troppo con il suo ruolo ausiliario. Da questo momento in poi lei, avendo espresso come si identifica con l'io ausiliario probabilmente diventerà molto critica nei confronti del protagonista o, comunque, di poco beneficio. A questo punto il lavoro del conduttore è essenziale; occorre interrompere la sessione di condivisione mal compresa e proteggere il protagonista o i protagonisti. In momenti come questi, il leader può diventare fondamentale e svolgere una funzione di vigilanza, ma sempre in modo rispettoso e spiegando le ragioni del proprio intervento.

RICORDA È essenziale proteggere il protagonista durante il processo di condivisione.

Spazzolare via Un altro modo per uscire dal ruolo è la cosiddetta tecnica “spazzolare via”, cioè il ruolo è messo da parte, viene scartato. Per fare ciò, coloro che hanno recitato ruoli ausiliari durante la sessione devono spazzolarsi le braccia, le spalle e il petto con il palmo delle loro mani. Questa tecnica può essere utile in gruppi di lavoro chiusi che hanno in programma di lavorare insieme in molte sessioni. Nei gruppi più naturali, è il leader stesso, che può assumersi la responsabilità di rimuovere ogni individuo dal proprio ruolo.

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Rinunciare al ruolo naturale D'altra parte, i partecipanti vengono solitamente fuori da qualsiasi ruolo che hanno recitato quando condividono accuratamente le modalità con le quali si sono identificati con il protagonista. Questo permette a quest'ultimo di percepire chi ha realmente svolto il ruolo assegnato. Con i gruppi di formazione, è possibile aprire uno spazio per la condivisione della tecnica. Questo dopo la chiusura della sopra citata fase di condivisione che comprende la condivisione di sentimenti e la condivisione delle evocazioni. Si tratta di uno spazio per considerazioni tecniche orientate alla formazione in cui gli studenti possono discutere cose come: che cosa avrebbero fatto in modo diverso, le decisioni del leader, perché qualcosa è stato fatto in questo o in quel modo e così via, ecc. Questo è anche uno spazio che facilita molto il processo di apprendimento e demistifica il lavoro del leader, poiché quest'ultimo è in grado di condividere le cose che lui stesso avrebbe potuto fare diversamente o dare e ricevere feedback, ecc. È importante che il leader continui a fare molta attenzione nel proteggere le persone che hanno lavorato durante la scena. Durante questa fase della condivisione dalla tecnica, deve proteggerli dalle interpretazioni, giudizi e valutazioni dei partecipanti. Il rispetto per le esperienze di ogni individuo, e l'adesione ad aspetti che sono esclusivamente tecnici e non personali, è un imperativo.

2.4 Condivisione e neuroscienza Rameson e Lieberman, presso la Università della California, spiegano che la nostra vita non si può davvero definirla nostra. Questa idea ha a che fare con il fatto che, in gran parte, le nostre vite ruotano attorno ai pensieri, le idee, i sentimenti, i comportamenti e le intenzioni degli altri. La psicologia ha dimostrato i molti modi in cui le nostre vite sono condivise e plasmate dalle nostre relazioni sociali. Negli ultimi anni, la neuroscienza sociale cognitiva ha mostrato un crescente interesse per i meccanismi dei neuroni che sono alla base dell'esperienza di empatia. In larga misura, questo perché l’empatia è, in qualche modo, una parte della essenza di ciò che significa essere umano; non solo siamo in grado di riconoscere la felicità e la tristezza degli altri, ma siamo in grado di riflettere e condividere le esperienze che si riferiscono a quelle emozioni. Ad esempio, questa forma di partecipazione è anche un propulsore del comportamento altruistico. Ma, che cosa è l'empatia? Gli stessi ricercatori non riescono a raggiungere un consenso su una definizione concreta. Alcuni credono che abbia più influenza sull’elemento affettivo, mentre altri sono del parere che il suo impatto sia maggiore a livello cognitivo. Infine, c'è una certa corrente di pensiero che ritiene che un duplice processo si verifichi nell’empatia e coinvolga due esperienze distinte, ma correlate: una affettiva e l'altra cognitiva L’empatia ha un ruolo fondamentale nella condivisione del processo. Noi comprendiamo la mente degli altri, utilizzando la nostra come modello. Quindi, non solo possiamo metterci nei panni degli altri, ma siamo in grado di capire meglio noi stessi. La scoperta di questi "neuroni specchio" e altri "circuiti condivisi" è generalmente attivata in noi stessi, sulla base delle azioni degli altri. I membri del gruppo possono quindi visualizzare l'azione del protagonista durante l'azione dello psicodramma, e vedersi in essa riflessi – in base alle proprie esperienze e i propri parametri – come sarà poi spiegato nella sessione di condivisione. È questa risonanza che produce il cambiamento in classe.

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Secondo la ricerca, i meccanismi neuronali coinvolti in questi circuiti condivisi indicano che la risposta è automatica; l’empatia trasporta lo stato emotivo di un'altra persona all'osservatore, attivando le rappresentazioni proprie di quest'ultimo. Questo è ciò che è conosciuto come "risonanza limbica" (Lannon, 2003). In questo modo, il sistema dei neuroni specchio ci permette di provare lo stato emotivo di un'altra persona e ci mettiamo nel loro ruolo, consentendo la condivisione che è proprio la caratteristica dell’empatia di prendere il posto. Considerati da questa prospettiva, si può comprendere che certi giudizi, pareri o consigli non dovrebbero interferire nello spazio riservato per la condivisione. L'obiettivo non è quello di analizzare tutto ciò che si esprime, ma percepire il senso, l'esperienza e capire gli altri attraverso i nostri modelli mentali, e di conseguenza capire meglio le nostre menti attraverso la creazione di legami basati sull'empatia tra i partecipanti. La gran parte di questo lavoro si realizza attraverso l'osservazione, che nello psicodramma si verifica durante l'azione. L'espressione dei sentimenti e delle evocazioni è ciò che avviene, in particolare, durante la fase di condivisione. Attraverso la condivisione, questo processo neuronale centrato su altre persone può rivelarsi di grande beneficio, creando un mezzo potente per il cambiamento e la crescita personale della classe sulla base della espressione, dell’ascolto e della comprensione. È un dovere del leader creare uno spazio di condivisione in cui i partecipanti saranno ascoltati con rispetto e comprensione, e dove sono in grado di esprimersi senza sentirsi giudicati o subire pressioni dagli altri.

2.5 Questioni etiche Tutte le discipline richiedono un codice etico, ma questo bisogno è ancora più forte nello psicodramma per l'enfasi che le sue tecniche pongono sulla creatività e sulla spontaneità, con alcune trasgressioni che sarebbero impossibili in altri contesti. Alcune associazioni di psicodramma o istituti di formazione hanno già sviluppato i propri codici etici che possono essere consultati. Questi includono la American Society of Group Psychotherapy and Psychodrama, la British Psychodrama Association, la Australian and New Zealand Psychodrama Association, la Norwegian Psychodrama Association e la Finnish Psychodrama Association. Altri professionisti raccomandano l’adesione a un codice etico in materia di salute mentale che è già stato elaborato (ad esempio, APA, 1992). Tuttavia, ci sono alcune persone che difendono l'idea che un codice etico sarebbe troppo rigido e dogmatico e impedirebbe il loro lavoro riguardo alla spontaneità. Questa è la proposta di Meara, Schmidt & Day (1996), che vorrebbero virtù volontarie negli operatori professionisti, quali la prudenza, l'integrità, il rispetto e la benevolenza, come guida sufficiente nelle principali sessioni dello psicodramma. Nonostante questo suggerimento, essi sono sicuri nel dire che la stragrande maggioranza degli psicodrammatisti sia ora concorde nell’adottare un codice etico formale che comprende alcune norme in materia di riservatezza e concetti di base per la pratica dello psicodramma. In base al fatto che, nell'ambito di questo corso, gli educatori degli adulti sono persone che sanno adattare specifiche esperienze tecniche di psicodramma alla classe, è ancora più importante prendere in considerazione un codice specifico come guida, che sia accessibile e si occupi meno di salute mentale. L'obiettivo di questo capitolo, dunque, è quello di offrire alcuni esempi illustrativi di situazioni problematiche che possono servire come base per la discussione sulla condotta

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etica, e che può essere incorporato in qualunque modello che venga applicato in aula da parte dei singoli educatori Moreno ha suggerito varie forme principali di condotta etica, come l'autonomia, la benevolenza e la giustizia. Il codice di etica e pratica dello psicodramma della British Psychodrama Association comprende riferimenti al benessere di coloro che prendono parte allo psicodramma. Questi riferimenti tengono conto sia della tutela dei partecipanti che della professionalità del leader nella sessione. Per questo corso, abbiamo scelto di affrontare i seguenti elementi fondamentali: la responsabilità, le competenze, il benessere, la pubblicità, la riservatezza, le relazioni e i valori.

Responsabilità Uno psicodrammatista, o, comunque, chi applica i metodi dello psicodramma, deve assumersi, in qualche modo, la responsabilità di tutte le conseguenze che derivano dalle proprie azioni. In altre parole, supponiamo, come nel caso di questo corso, una lunga sessione di psicodramma che si svolge nell'arco di alcuni giorni, un fine settimana, per esempio. In una situazione come questa, gli argomenti trattati nei laboratori dovrebbero essere in gran parte di natura generale, non di carattere personale. Questo vale anche per la classe, dove è possibile che l'educatore non sia né un terapeuta né uno psicodrammatista. Questi dovrebbe pertanto affrontare argomenti che sono meno personali e più orientati ai seguenti temi: il presente, il gruppo classe, gli interessi relativi al materiale esaminato, i ruoli all'interno di un contesto educativo, possibili ostacoli all’apprendimento, ecc. In altre parole, la maggior parte del lavoro che va in profondità a livello introspettivo richiede un approccio diverso e le sessioni dovrebbero essere guidate da un terapista qualificato. In ogni caso, le sensazioni esposte o percepite durante l'azione dello psicodramma possono anche essere sentite come intense quando vengono discusse in una sessione di condivisione. Ad esempio, una sessione che in principio offre al protagonista un senso di sollievo può successivamente provocare una sorta di angoscia. È quindi importante che i leader di questo seminario e tutti gli educatori degli adulti che applicano le tecniche in aula siano consapevoli di questo fatto.

Competenze Per quanto riguarda lo psicodrammatista, si consiglia di prendere in considerazione quelle che sono le sue competenze, vale a dire, come esse funzionano al meglio. Ci possono essere professionisti che vanno più d'accordo con i bambini che con gli adulti, oppure più con gli uomini che con le donne, ecc. In un certo senso, il nocciolo del problema si sposta nel caso degli educatori di adulti. Questi ultimi non devono essere terapeuti, ma innanzi tutto devono vigilare su una specifica nicchia; studenti adulti che partecipano nelle loro classi. Le classi possono, in molti casi contenere studenti provenienti da gruppi misti di età e background diversi, che possono differire nei loro livelli di apprendimento e di conoscenza. Anche se l'insegnante può andare meglio d'accordo con alcuni tipi di studenti che con gli altri (ad esempio, con quelli di 50 anni, meglio che con quelli sulla trentina), si prevede che comunque debba applicare le tecniche di psicodramma all’intera classe. Questo è il motivo per cui essi dovrebbero essere

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consapevoli delle questioni che comprendono meglio (mancanza di comunicazione, coesione di gruppo, ecc.). Ciò che è importante ricordare in questa riflessione è che lo psicodramma e coloro che ne applicano le tecniche hanno entrambi i loro limiti. Non è consigliabile, quindi, fare promesse ai partecipanti. Non dovremmo mai promettere che un problema sarà risolto attraverso lo psicodramma, perché non c’è motivo per cui questo sia sempre vero per ogni questione. Allo stesso tempo, vale la pena ripetere ciò che è stato menzionato nella sezione relativa alla responsabilità; se uno non è uno psicodrammatista, i temi trattati nello psicodramma devono essere diretti verso il ruolo accademico e non su questioni personali. E, ovviamente, più si legge sulla questione e più laboratori si svolgono, più è probabile di acquisire competenze maggiori sulla materia.

Benessere Ancora una volta, in un contesto di apprendimento, come la classe, si presume che gli educatori vadano ad applicare gli specifici metodi esperenziali dello psicodramma come mostrato in questo lavoro, secondo le linee guida e le raccomandazioni formulate. In altre parole, orientando quei metodi nei confronti dei problemi specifici all'interno della classe. Nonostante questo, possono sorgere situazioni di insicurezza in cui uno studente mostra un atteggiamento aggressivo nei confronti di un compagno di classe o, più precisamente, verso il ruolo interpretato da un altro studente. Ciò può verificarsi in qualsiasi fase della sessione di psicodramma. Per questo motivo, è assolutamente necessario mettere in guardia gli studenti dei rischi connessi, e specificare la necessità di rispettare gli altri partecipanti in ogni momento. Agli studenti dovrebbe anche essere ricordato anche quali sono i loro diritti, come il diritto di non prendere parte in un esercizio specifico o di lasciare il gruppo ogni volta che lo ritengano opportuno. Questo punto è particolarmente importante.

Pubblicità Supponiamo che nel vostro centro venga organizzata una giornata di psicodramma. Dovrebbe essere pubblicizzata in modo onesto e attento. Sarebbe inopportuno vendere le sessioni come una soluzione ai problemi, un antidoto per gli studenti che hanno difficoltà o un mezzo per rendere gli studenti migliori, in altre parole, vendere specifiche promesse di felicità. Lo psicodramma proposto in questo corso è una risorsa per lavorare su alcune tensioni all'interno della classe, non è una formula magica. Tuttavia, se il gruppo si trova nello stato d'animo giusto, cose magiche spesso possono accadere.

Riservatezza Gli psicodrammatisti devono rispettare la riservatezza di tutto ciò che viene espresso nel corso della sessione da quelli che vi prendono parte. Ciò vale anche per eventuali educatori che impiegano in classe alcuni metodi sperimentali. Tuttavia, non comprende le confessioni che comportano sentimenti dannosi per gli stessi partecipanti o altre persone. Il leader valuterà le misure da adottare in questi casi. Questo è il motivo per cui è anche essenziale avvisare i partecipanti dell'importanza della riservatezza. È inaccettabile che terze persone siano 18


informate su chi e che cosa si è discusso durante il lavoro dello psicodramma. Questo punto è estremamente significativo per permettere al gruppo di funzionare correttamente.

Relazioni terapeutiche Come i legami sentimentali o sessuali fra insegnanti e studenti sono da evitare, allo stesso modo i leader e i partecipanti allo psicodramma dovrebbero evitare queste situazioni. Come si è visto, l'empatia e il transfert possono far nascere impulsi irrazionali proiettati verso il conduttore: sentimenti questi che in fondo possono essere ricollegati a ricordi inconsci o emozioni non autentiche. Le sessioni dello psicodramma possono far nascere legami di amicizia tra i partecipanti e il leader. Al di là di questo tipo di legami, tuttavia, non è consigliabile avere un rapporto più intimo durante la frequenza delle sessioni dello psicodramma o anche per un periodo di 12 mesi successivi alla loro conclusione.

Valori L'obbiettività nello psicodramma è più un ideale che una realtà. Ci sono alcune sessioni di psicodramma che non portano un insieme di valori in conflitto con altri. Tuttavia, il conduttore della sessione non può permettersi di essere indebitamente influenzato dai suoi propri valori, indipendentemente dal fatto che si riferiscano all’età, razza, sesso, etnia, religione, orientamento sessuale, stato sociale o disabilità. Questi valori possono comparire quando si vanno a formare rapporti più stretti con alcuni partecipanti, o forzandoli con modi troppo intimi o personali. Questo può dare l’impressione che i protagonisti eseguano certe azioni incisive in modo inappropriate, per esempio, contro uno dei ruoli. Anche in questo caso, spetterà al leader comprendere e valorizzare le sue relazioni, e al tempo stesso evitare di esserne sopraffatto.

3. Introduzione agli esercizi Questi esercizi hanno lo scopo di promuovere la conoscenza implicita circa l'importanza della condivisione in qualsiasi tipo di attività o tecnica dello psicodramma. Alcuni di essi possono anche essere utilizzati con un leggero adattamento per promuovere la condivisione nelle classi IFP di ogni evento, argomento o problema. Usando i termini dello psicodramma, la condivisione è l'ultima fase di un lavoro psicodrammatico. Attraverso il lavoro svolto con questi esercizi, i partecipanti potranno acquisire una profonda comprensione della rilevanza di fornire uno spazio sufficiente per la fase di condivisione in ogni metodo psicodrammatico. Come facilitatori di classe, dobbiamo considerare la condivisione forse come la parte più importante di qualsiasi metodo psicodrammatico. La condivisione incoraggia l'integrazione, la "messa in parole" di esperienze dalla fase di azione che a volte può avere ripercussioni. Il ritmo della sessione di condivisione è fondamentale; la regola dovrebbe essere "fornire sempre più spazio e più tempo di quello che sembra necessario. Non è sempre facile per un individuo trasformare le esperienze in parole. Quindi, prima di passare a qualcosa di diverso, in classe occorre chiedere al gruppo domande del tipo: "Qualcuno desidera condividere?" o "C'è qualcos'altro da condividere?”, e fornire più tempo. Aspetti importanti e molto forti di solito emergeranno nei 19


minuti finali e, come facilitatori, non dobbiamo impedire alle informazioni di emergere a causa della nostra impazienza. Alcuni degli esercizi presentati in questo modulo potrebbero essere appropriati per la "chiusura" di una classe. Gli ultimi giorni di una classe e i periodi prefestivi sono momenti importanti per la classe. Questi sono periodi di ansia, angoscia, paura, addii, separazioni, nuovi progetti, e gli esercizi dello psicodramma per la "chiusura" possono essere un ottimo strumento per catturare la maggior parte di questa angoscia e trasformarla in energia creativa.

Esercizi per conoscere l'importanza della fase di condivisione Si tratta di esercizi specifici per acquisire conoscenze circa l'importanza della condivisione, e possono essere utilizzati in gruppi di formazione per gli educatori.

Cosa pensi che sia importante

L'esercizio inizia creando due gruppi e chiamando uno di loro "A" e l'altro "B". Ciascun gruppo forma una fila di fronte all'altro gruppo, in modo tale da formare coppie "A & B". Ogni membro del gruppo A dice alla persona di fronte a lui o lei: “Quello che dici è importante per me e per il gruppo". I membri del gruppo B ascoltano attentamente. I membri del gruppo A ruotano e a ciascuno è data la possibilità di dire la frase per ogni membro del gruppo B, e viceversa. L'esercizio dovrebbe concludersi, condividendo i sentimenti e le sensazioni di entrambi: il ruolo di chi pronuncia la dichiarazione e il ruolo di chi la ascolta. Questo esercizio ha lo scopo di fornire uno spazio psicodrammatico al fine di indagare l'importanza della condivisione e del ruolo del leader in questa fase. L'esercizio è progettato per la formazione, anche se con lievi modifiche, può essere utilizzato anche per la condivisione di problemi specifici in una situazione di classe IFP. Ad esempio, le A danno le proprie opinioni, idee o commenti ai B riguardo una particolare difficoltà che questi si trovano ad affrontare nel processo di apprendimento, applicando il contenuto del corso alle situazioni di vita reale ecc. Il B risponde dicendo "Quello che dici è importante per me". I ruoli possono essere invertiti, in modo che il B sia in grado di esprimere se stesso e far conoscere alla A i propri commenti. L'esercizio può essere utilizzato per condividere un problema particolare, per costruire la coesione e il rispetto tra i membri del gruppo, e per promuovere l'empatia tra i partecipanti. Sebbene l'esercizio riguardi la condivisione, non è destinato alla "chiusura" di una classe o di un gruppo. Altri esercizi per la condivisione, possono essere più adatti per la "chiusura" di una classe, e saranno presentati in seguito.

Imparare a conoscere la condivisione nello psicodramma Poiché questo è un esercizio "operativo", si potrebbe utilizzare con un gruppo già avviato. A seconda della tipologia, in ogni esercizio ci sarà anche una fase di riscaldamento, una fase di azione e, infine, la condivisione. Con il gruppo affiatato grazie agli esercizi precedenti, attraverso una conversazione di gruppo, o anche mediante una breve spiegazione teorica, si possono impartire le seguenti istruzioni al gruppo. 20


Create una scultura statica o dinamica che rappresenti: • •

Una "cattiva condivisione": veloce, senza pause, che non incoraggia né l’espressione né l'integrazione, con inadeguata interpretazione dei ruoli, ne riferimenti personali ai partecipanti, consigli, analisi, ecc. Una "buona condivisione": come da definizione avere un'apertura, un ritmo non frettoloso, avere fiducia, integrare i contenuti, rispettare le persone coinvolte nell'azione, senza dare giudizi avventati sugli altri o manifestare simpatia per le esperienze degli altri.

Condividete l'esperienza di un individuo in entrambe le sculture, una dopo l'altra. Ricordate di dare il tempo anche a quelli che non hanno partecipato alla scultura e sono rimasti in classe. Le condivisioni del pubblico, o degli osservatori, della scultura‐azione può essere molto illuminante e fornire alla classe spunti molto interessanti.

Azione di Condivisione Questo esercizio si può definire come l'autentico metodo psicodrammatico di imparare qualcosa. Per conoscere l'importanza della condivisione, "lasciamola agire". L'educatore può chiedere che quattro o cinque volontari del gruppo si facciano avanti. Lontano dal gruppo principale, l'educatore chiede loro di condividere in questo gruppo, in due modi diversi e in due scene diverse: •

Prima scena: i volontari parlano o discutono tra di loro su una qualsiasi questione, pubblica o personale. L'idea è di incoraggiare un ascolto irrispettoso e impertinente, la mancanza di rispetto del proprio turno nel parlare o il disturbo di chi sta parlando, cercando di cambiare il punto di vista degli altri dando consigli, ecc. Seconda scena: Si può riprodurre la stessa scena, ma questa volta prestando attenzione e rispettando il turno di tutti nel parlare, dando tempo sufficiente agli altri per finire di parlare e, in generale, mostrandosi aperti ad ascoltare le esperienze degli altri.

Dopo questa azione, il gruppo può tornare insieme e condividere la propria esperienza. A questo punto si può dare spazio ai volontari che vanno a ricoprire ruoli di condivisione, e il resto del gruppo potrebbe quindi condividere i propri sentimenti rispetto a ciascuna delle due scene osservate. In seguito, si possono discutere le implicazioni avute nel loro ruolo di educatori nell’utilizzare tecniche psicodrammatiche in gruppi di educazione degli adulti.

Non ascolto

La classe può essere divisa in due sottogruppi. Uno di loro svolgerà il ruolo del non ascolto, cercando di cambiare gli argomenti, non ascoltando i loro partner e assentandosi dal discorso. L'altro sottogruppo cercherà di parlare di qualcosa che è rilevante per loro, qualcosa di importante, magari non troppo personale, ma comunque importante. I ruoli dovrebbero essere spiegati a ciascun gruppo separatamente. Si possono formare coppie con membri di ciascun gruppo chiedendo loro di interpretare i ruoli che gli vengono assegnati. Se c'è abbastanza tempo, i ruoli possono essere 21


invertiti, in modo tale che il gruppo che stava parlando può poi assumere il ruolo del non ascolto. Per i conduttori di un gruppo, questo può essere un ottimo esercizio per riflettere sul tipo di condivisione che vogliamo nei nostri gruppi, e di acquisire implicitamente la conoscenza dello stesso. Conducendo un / o partecipando a un semplice esercizio come quello su presentato, si può imparare una valida lezione come conduttore di gruppo. L'esperienza personale dell’individuo e del gruppo sarà strettamente legata alla capacità del conduttore di guidare la condivisione in maniera rispettosa, ordinata, sequenziale, rispettando il ritmo dei partecipanti.

Esercizi per la condivisione delle informazioni In ogni attività basata sullo psicodramma c'è una condivisione di informazioni, uno scambio di idee, opinioni, sentimenti e punti di vista. Usiamo questo spazio per proporre esercizi che possano aiutare gli studenti a condividere le informazioni. Questo può essere utile quando si avvia una nuova classe, nella fase di riscaldamento, per incoraggiare il rispetto, l'empatia, la comprensione reciproca, la risoluzione dei conflitti, ecc. In termini puramente psicodrammatici, la condivisione fa riferimento a quella specifica fase del lavoro psicodrammatico in cui i membri del gruppo sono invitati a riferire al gruppo i loro sentimenti e a ricordare informazioni relative all’attività svolta. Comunque, al fine di meglio sostenere il processo di apprendimento, vengono presentati di seguito alcuni esercizi di condivisione.

La palla ficcanaso

È questo un esercizio per condividere idee su un argomento specifico. È un esercizio di riscaldamento con l'intera classe seduta in cerchio, in cui il conduttore del gruppo con in mano una palla di medie dimensioni chiede: "Qual è la vostra prima sensazione quali partecipanti a questo gruppo?". Deve essere lasciato il tempo necessario perché tutti possano rispondere alla domanda mentalmente. Dopo alcuni secondi (approssimativamente, 10‐15), il conduttore deve lanciare la palla a uno dei membri del gruppo. La persona che prendere la palla deve rispondere a voce alta, formulare la domanda successiva, e passare la palla al membro successivo che dovrà rispondere. A volte, i temi presentati dal regista sono seguiti, anche se possono prendere strade diverse. Fornire sempre abbastanza tempo per la condivisione e condurre ponendo le solite domande: “Come ti sei sentito durante l'esercizio?”, “Cosa stavi ricordando durante l'esercizio fisico?”, “Quali ricordi, luoghi, eventi ti sono venuti in mente?”. Una variante potrebbe essere di lanciare la palla e porre la domanda: "Quando è stata l'ultima volta che hai/sei... (ad es. scoppiato a ridere?)” Questo esercizio può essere divertente e agevolare la condivisione di informazioni personali. Anche questo è un esercizio di riscaldamento.

Le ragioni di essere qui Questo è un esercizio di riscaldamento per lavorare su un'idea e per la condivisione di informazioni sui retroscena e le aspettative dei membri del gruppo. Ogni partecipante riceve un foglio di carta e scrive tre ragioni che giustificano la sua presenza nel gruppo. Tutte le note possono essere raccolte e 22


ridistribuite, per consentire a tutti di leggere le ragioni di qualcun altro. Le ragioni possono essere scritte su una scheda dall'educatore. È questo un momento per condividere le sensazioni che sono emerse: durante l'esercizio; durante la scrittura; ascoltando le proprie ragioni lette da altri; durante la lettura delle ragioni di qualcun altro, ecc. È sempre interessante, poi, creare uno spazio in cui condividere tutto ciò che ci è venuto in mente durante l'esercizio. Per l'educatore questo può essere un delicato, cortese strumento diagnostico per monitorare il gruppo, il livello di motivazione, gli obiettivi, ecc.

Scambio di problemi

Ciascuno descrive su un foglio di carta un problema da risolvere, inerente le precedenti esperienze formative. Tutti i fogli vengono poi messi in un cesto e ciascuno ne prende uno e lo legge come se il problema fosse il suo – come se la difficoltà fosse una delle sue. A questo punto viene dato loro tempo e spazio sufficienti per la condivisione. Questo esercizio normalmente crea un’atmosfera di comprensione tra pari, divenendo in questo modo simili gran parte dei problemi.

Chi sono io?

Si chiede al gruppo di disporsi su due file parallele, la A e la B. Ogni componente di A e di B formano poi una coppia. Vengono dati a ciascuno dieci minuti per parlare di se stessi con il proprio partner, uno dopo l'altro. Una volta che tornano al gruppo principale, ciascuno presenta il proprio partner utilizzando le informazioni che gli sono state fornite. Assicurarsi di fornire i membri del gruppo uno spazio per la condivisione delle loro esperienze, per parlare, ascoltare gli altri e ascoltare la presentazione di se stessi fatta dal loro partner. È questo un facile esercizio di riscaldamento e condivisione di informazioni personali. Può essere utilizzato per creare coesione, facilitando l’introduzione al gruppo, ecc. Tutti gli esercizi sono lasciati alla spontaneità del conduttore. Questo esercizio può essere trasformato in un grande esercizio di chiusura cambiando le istruzioni. Ad esempio, se il tempo dato per parlare viene usato per parlare di "dove mi porta questa formazione?", "Quali nuove sfide nasceranno in me dopo la formazione?"

Un nome, lettere, parole e una frase

Viene dato un pezzo di carta a ciascuna persona presente in classe, a cui viene detto di scrivere il proprio nome in verticale e in lettere maiuscole. A questo punto gli viene chiesto di scrivere il più velocemente possibile una parola iniziando per ciascuna lettera componente il proprio nome. Infine, viene chiesto a ciascuno di comporre una frase contenente tutte le parole date. Durante

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l’esercizio ricordarsi di dare al gruppo il tempo necessario per condividere i propri sentimenti, le proprie emozioni, per rievocare ricordi, scene o immagini. P ‐ PIETRIFICATO E ‐ ERETTO T‐ TESORO E ‐ ESTINGUIBILE R ‐ RAPIDAMENTE “SONO UN TESORO ERETTO PIETRIFICATO, RAPIDAMENTE ESTINGUIBILE”

Questo è un semplice esercizio volto a incoraggiare l’auto‐rivelazione di sé tra i membri del gruppo. Si tratta di un esercizio particolarmente potente in quanto la creatività coinvolge molti processi inconsci, attivando l’identificazione proiettiva. È richiesta in tal caso una sessione di condivisione ampia.

Sì o no Dividere la classe in coppie contrapposte. Quelle sulla destra costituiranno il gruppo “sì” e quelli a sinistra il gruppo “no”. Cercare un modo di demarcazione semplice per avere una linea “sì” e una linea “no”. Il conduttore può chiedere: avete vissuto all’estero? E gli allievi si posizioneranno nel punto della linea corrispondente alla loro risposta. Dopo la prima domanda, i membri del gruppo si alterneranno nel porre domande spontanee. È questo un modo di parlare, senza parole, parlare mentre ci si muove, che rende il tutto più facile da condividere. Ricordate sempre di fornire uno spazio pert la condivisione. È importante ricordare che le persone possono mentire, decidere di non rispondere, o non scegliere nessuna delle due linee.

Presentazione Questo può essere un esercizio per il riscaldamento di un gruppo, per presentare e condividere informazioni su se stessi in un maniera efficace e sicura. Chiedere ad ogni membro del gruppo di presentare qualcuno che conoscono bene (padre, madre, amico, compagno, capo, ecc.). Quindi, spiegare che tipo di rapporto hanno con questa persona. Prevedere uno spazio sufficiente per la condivisione e ricordare che semplici esercizi possono diventare fattori scatenanti di importanti cambiamenti sia per il gruppo che gli individui. Per due membri del gruppo che hanno litigato tra di loro, vedere l'altro nel ruolo di presentare un amico potrebbe influenzarne ulteriormente il rapporto.

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Soldi Questo esercizio è stato strutturato per condividere informazioni, crescere e riflettere su una questione specifica. In questo esempio, il tema è il denaro. Il compito dato alla classe è di lavorare sull'importanza del denaro per ciascuno di noi. Una linea immaginaria viene tracciata posizionando due sedie su due estremità opposte. Ciascuna delle sedie rappresenta uno dei due limiti di importanza, essendo uno 0 e l'altro 10. Il resto della linea ‐ lo spazio tra le sedie ‐ rappresenta i livelli intermedi di importanza. Ai membri della classe viene richiesto di trovare il punto nel continuum fra 0 e 10 della linea immaginaria creata dalle due sedie, a seconda dell'importanza che danno al denaro. I partecipanti sono incoraggiati a parlare da ogni posizione e a spiegare come si sentono in quel punto particolare della linea e qual è il loro rapporto con gli altri posti in altri punti della linea. C’è da dire che è molto interessante invertire i ruoli sui diversi punti della linea. Per esempio, qualcuno vicino al 9 può essere invitato a scambiarsi il ruolo con qualcuno posto vicino al punto 2 della linea. Questi possono quindi essere invitati a parlare del loro nuovo ruolo, a giustificarlo, spiegare come si sentono, e così via. È importante fornire spazio sufficiente per la condivisione di ogni ruolo, anche a chi sceglie di non posizionarsi sulla linea. È questo un buon esercizio per incoraggiare l'empatia, il rispetto per le idee degli altri, la flessibilità mentale, ecc. Anche in questo caso, importante è la spontaneità e l'esperienza del leader della classe nel proporre temi o argomenti rilevanti per la crescita del gruppo. Nel contesto di formazione della leadership, dopo aver lavorato sulla teoria, il conduttore può pianificare un esercizio sui diversi stili di leadership – autocratico piuttosto che democratico – mettendo uno degli stili su ogni estremità della linea immaginaria, e poi chiedere alle persone di trovare il proprio punto corrispondente sulla linea, parlare, invertire i ruoli, e così via. Qualcosa di simile, per la condivisione di un problema da diversi punti di vista, può essere effettuata in gruppo. Due gruppi possono essere formati con una domanda che divide la classe. Posti uno di fronte all'altro, sono invitati a difendere e spiegare la loro posizione. I membri di entrambi i gruppi possono poi essere invitati a passare dall’altra parte chiedendogli di difendere il loro nuovo ruolo.

Condivisioni di dichiarazioni Mettere in una scatola alcuni pezzi di carta mischiati, ciascuno con su scritta una dichiarazione. Ogni partecipante sceglie un pezzo di carta e fa dei commenti sulla dichiarazione scritta. Questa è solo una proposta di frasi, ma, ancora una volta, la spontaneità e la creatività del leader consente di guidare il gruppo in diverse situazioni. Dichiarazioni: Cose che non ti piacciono che possono accadere durante la formazione. Sta a te scegliere di trarre qualcosa di importante da queste situazioni, non permettendo alle stesse di condizionarti per sempre. La felicità è dove tu riesci a trovarla, raramente dove tu la cerchi Le persone imparano dai loro errori Le persone si sentono sole perché costruiscono muri invece di ponti 25


Aiuta qualcuno a sollevare il suo peso, ma non sentire il bisogno di portarlo per lui Ognuno di noi è qui per scoprire il proprio cammino, e non saremo mai felici seguendo quello di un altro Non sbaglia mai chi non si assume mai un rischio Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo permesso

Uno spazio per la condivisione dovrebbe quindi essere aperto per condividere le sensazioni e i ricordi evocati durante le diverse fasi dell'esercizio. Questo può essere un modo per i membri del gruppo di essere introdotti con delle frasi o delle idee pronunciate dal conduttore.

ESERCIZI PER LA “CHIUSURA” DELLA CLASSE Invito a ballare L'esercizio qui presentato può essere importante per effettuare una chiusura di classe piacevole. Come riscaldamento, chiedere agli studenti di camminare per tutta l’aula. Una piacevole, dolce melodia può essere diffusa e i membri girano per la stanza e prestano attenzione alle persone che vi incontrano, le guardano, le salutano e si intrattengono con loro. Una volta tornati alle sedie e seduti in cerchio, chiunque può chiedere agli altri un altro ballo. L’invito a ballare è un vero e proprio rito: qualcuno si alza e si avvicina a una persona, per chiedergli un ballo. Chi riceve l’invito può accettarlo e andare in uno spazio separato, lontano dal resto della classe. A questo punto dovrebbero rimanere impassibili mentre chi invita al ballo racconta all'altro qualcosa di piacevole o si diverte con l’invitato. Può essere qualcosa che ha un suo valore o un atteggiamento, qualcosa che è stato fatto, ecc. La persona che riceve i complimenti dovrebbe rimanere impassibile e non esprimere alcun apprezzamento. Entrambi tornano poi al gruppo principale. Può essere dato un limite di tempo, se necessario, anche se non vi è alcun limite al numero di volte in cui qualcuno può invitare gli altri a un ballo, o di essere invitato a sua volta. Questo esercizio può essere inteso anche in termini sociometriche, individuando i membri del gruppo che ricevono la maggior parte degli inviti a ballare, o quelli che invitano più di ogni altro a ballare, ecc. Di solito risulta essere una piacevole esperienza, in cui ognuno arricchisce i propri piacevoli tratti emotivi .

Scrivi una storia Ciascun membro del gruppo scrive una storia su un particolare argomento, "La mia storia in questa classe", "Cosa ho imparato", o "La mia vita dopo questo corso di formazione", ecc. La storia può riguardare qualsiasi cosa, o il leader del gruppo può specificare un argomento rilevante per la classe. Dovrebbe essere dato un tempo sufficiente: 12 minuti circa dovrebbero bastare. Una volta che le storie vengono scritte vanno riposte in una scatola. A questo punto viene chiesto a dei volontari di alzarsi, pescare a caso delle storie dalla scatola e leggerle ad alta voce. L'esercizio passa poi alla fase di condivisione: condivisione sia del ruolo di scrittore

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che di quello di ascoltatore, così come delle evocazioni che scaturiscono dalle storie. Questo può essere un buon esercizio per la condivisione di sentimenti o idee inespressi nel gruppo. Può essere utile anche per la chiusura di un gruppo e per avere un'idea generale dell'energia contenuta in tale gruppo.

Piramide positiva

Peter Smith

Ciascuno in classe deve avere un pezzo di carta con una “piramide positiva” e con su scritto il proprio nome, come nell’esempio qui sopra. Le qualità di ciascuna persona dovrebbe essere scritta dai propri compagni di classe all’interno della propria piramide. Il gruppo deve fare questo in maniera spontanea. In questo esercizio si devono prevedere spazi per una sessione di condivisione. La piramide è qualcosa che ciascun membro può portare a casa con sé. Si può suggerire a ciascun partecipante di appendere la piramide sul proprio frigorifero a casa. L’esercizio può essere una valida chiusura delle attività di gruppo in classe.

Bersaglio Il facilitatore darà 5 pezzi di carta ad ogni partecipante che sarà poi invitato a scrivere 5 momenti importanti del proprio percorso personale nel gruppo. Un oggetto può essere posizionato al centro dell’aula e i pezzi di carta vengono disposti intorno ad esso per creare un bersaglio. Ognuno dei partecipanti posiziona i momenti più importanti vicino al centro. L'ultima parte dell’azione richiede un po’ di tempo per consentire al gruppo di leggere ciò che è scritto sui giornali, e osservare il bersaglio. Deve essere dato a tutti un tempo sufficiente per la condivisione. Questo può essere una bella immagine per salutare la classe e chiudere il gruppo.

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Alzarsi insieme Chiedere alla classe di formare delle coppie, stando seduti schiena contro schiena sul pavimento con le braccia bloccate. Le coppie sono invitate ad alzarsi solo con l’aiuto delle gambe e mantenendosi appoggiati sulla schiena. Possono poi unirsi ad un'altra coppia e, tutti e quattro insieme seduti sul pavimento, alzarsi contemporaneamente utilizzando la stessa tecnica. Le coppie possono continuare ad aggiungersi fino a quando tutto il gruppo è in grado di alzarsi insieme da terra, semplicemente collegando le braccia con la persona accanto.

Si possono porre le seguenti domande:

Come ti sei sentito durante l'esercizio? Quali ricordi o immagini dalla tua vita di tutti i giorni ti sono tornati in mente?

C’era una volta “C'era una classe...” e completare la storia. Ogni membro della classe può contribuire con poche righe. Assicurarsi che ci sia abbastanza spazio per la condivisione. La storia sarà quindi un messaggio di saluto per la classe.

Colorare i nomi da liberare Chiedere ad ogni membro della classe di scrivere il proprio nome su una lavagna con un pezzo di gesso, o su una scheda di carta con matite colorate. Poi, uno dopo l'altro, chiedere al resto degli studenti di decorare ciascun nome con simboli che avranno un significato speciale per la persona, o con elementi che possono essere di futuro aiuto alla persona per quanto riguarda l'apprendimento in classe. È necessario il gesso colorato o un grande foglio di carta con matite colorate per questo esercizio.

Dichiarazioni in cerchio

Questo esercizio è stato sviluppato da Liz White, nota psicodrammatista scomparsa nel 2014. L'esercizio è perfetto per la chiusura di una piccola classe. I membri del gruppo vengono mandati fuori a spasso per quindici minuti circa a ripensare alla formazione fatta, a riflettere su ciò che è risultato più importante per loro, a individuare una definizione che li aiuti a ricordare al meglio l’esperienza formativa. O qualcosa da riportare alle proprie aziende, agli amici, alla propria comunità, ecc. Al ritorno dalla passeggiata, il gruppo viene messo a sedere insieme in un cerchio e viene chiesto a ciascuno dei componenti di chiudere gli occhi e di ricordare ciò che ritengono necessario ricordare e ciò che vogliono cancellare dall'esperienza formativa.

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Chiedere ai partecipanti di alzarsi e di pronunciare ad alta voce la propria dichiarazione a se stessi. "Poi gli si può chiedere di rivolgersi al gruppo, di mettere le mani sulle spalle di ciascun membro e di ripetere la propria affermazione incoraggiando l'altro (Liz White, 2002)".

Lasciar partire Questo è un esercizio che può consentire ai membri del gruppo di integrare il loro apprendimento e salutarsi definitivamente. Viene chiesto loro di sedersi in una posizione comoda. A seconda della natura del gruppo, può anche essere chiesto ai componenti il gruppo di sdraiarsi sul pavimento o sedersi in posizione supina per facilitare il libero fluire dell’energia attraverso i loro corpi. A quel punto, il conduttore del gruppo può leggere quanto segue: Siete stati insieme in questa classe per un lungo periodo di tempo, imparando, condividendo dandovi fiducia reciproca e offrendo sostegno e incoraggiamento l'uno all'altro. Quando inspirate lentamente, potete prendere l'energia della classe nei vostri corpi che si preparano a tornare alle vostre scuole, aziende, famiglie o comunità. (pausa) Ora viene chiamato a rotazione il nome di ciascun membro del gruppo e ognuno di noi deve cercare di ricordare i diversi modi in cui questo ci ha dato qualcosa, a volte senza neanche rendersene conto. Al contempo possiamo ricordare di averli incoraggiati o di aver noi dato o offerto loro qualcosa. Sentendo i loro nomi, ci ritornano immagini, ricordi. A questo punto auguriamo loro tutto il meglio e lasciamoli andare. A questo punto i membri del gruppo vengono chiamati uno a uno (il leader può includere anche il proprio nome). Una volta chiamati tutti, il conduttore continua dicendo:

Inspirate e tornate lentamente in questa stanza. Salutate definitivamente ciascuno dei vostri compagni di classe. Grazie a tutti e buon ritorno a casa.

Abbraccio avvolgente Utilizzando una musica appropriata ‐ classica o rilevante per la filosofia del gruppo ‐ i partecipanti possono essere invitati a tenersi per mano con un compagno di classe. Ciascuna delle coppie può unirsi con un’altra, e così via, fino a che l'intero gruppo forma una lunga linea. A ciascuna delle persone che si trova alle due estremità viene chiesto di avvolgersi su se stesso tirando il resto della linea, formando in questo modo un unico grande abbraccio. Il gruppo può rimanere così per un paio di minuti, ascoltando la musica. Dopodiché l’abbraccio può essere sciolto. Probabilmente in questo esercizio non c'è bisogno di condivisione, è solo un momento per lasciarsi andare.

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4. Valutazione Dopo aver eseguito in aula di uno degli esercizi proposti, l'educatore può effettuare una valutazione su due livelli: un’autovalutazione e una valutazione da parte degli studenti. Questa valutazione può essere effettuata concentrandosi sugli obiettivi che vengono fissati quando l'esercizio viene eseguito in classe e utilizzando i questionari e le tabelle che si possono trovare nel Manuale del Formatore del corso Lo psicodramma come strumento educativo.

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5. Bibliografia BARBOUR, Alton. (1972) The Self-Disclosure Aspect of the Psychodrama Sharing Session. Group Psychotherapy & Psychodrama, 25, 132-138. BARBOUR, Alton. (1977). Variations on psychodramatic sharing. Group Psychotherapy, Psychodrama & Sociometry, 30, 122-126. COREY, Gerald. (2008) Theory and Practice of Group Counseling. Belmont, CA: Brooks/Cole, Cengage Learning. KELLERMANN, Peter Felix. Ethical Concerns in Psychodrama. Journal of the British Psychodrama Association, 14, 1/2, 3-19. DECETY, Jean & HODGES, Sara D. (2006) The Social Neuroscience of Empathy. In P.A.M. van Lange (Ed.), Bridging social psychology: Benefits of transdisciplinary approaches. Mahwah, NJ: Erlbaum. DAYTON, Tian. Emotional Repair through Action Methods. MA PhD TEP RAMESON, Lian T. & LIEBERMAN, Matthew D. (2008) Empathy: A Social Cognitive Neuroscience Approach. Blackwell Publishing Ltd. WYSONG, William H. (2013) The Psychodrama Companion. MA, LPC, EMDR II, TEP. RUSCOMBE-KING, Gillie. (1998). The sharing. In: M. KARP, P. HOLMES & K. BRADSHAW-TAUVON, (Eds). Handbook of Psychodrama. London: Routledge. LANNON Richard; AMINI Fari; LEWIS Thomas (2000).A general theory of love. New York: Random House

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PaTiE: Psychodrama as a Tool in Education Lo psicodramma come strumento educativo Manuale per conduttori del corso Leonardo Da Vinci Project – Transfer of Innovation

Project No: 2013-1-GR1-LEO05-14123

Questo progetto è stato finanziato con il sostegno della Commissione europea. Questa pubblicazione riflette la visione dell'autore e la Commissione non può essere ritenuta responsabile per l'uso che possa essere fatto delle informazioni in essa contenute.

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Sommario Prefazione ................................................................................................................. 3 1. Lo psicodramma del processo educativo ................................................................ 4 2. Introduzione al materiale didattico PaTiE............................................................... 6 2.1 Raccomandazioni e punti chiave ...........................................................................6 2.2 Requisiti, materiali e strumenti .............................................................................7 2.3 Specificazioni per ogni corso .................................................................................8 ‐ Modulo 1: Il metodo esperienziale dello psicodramma .....................................8 ‐ Modulo 2: Il Warm up .........................................................................................9 ‐ Modulo 3: Il potere del gruppo .........................................................................10 ‐ Modulo 4: Mappatua sociometrica dei gruppi .................................................11 ‐ Modulo 5: La gestione dei conflitti ...................................................................12 ‐ Modulo 6: Lavorare con i simboli......................................................................13 ‐ Modulo 7: Il gioco di ruolo (role playing) ..........................................................15 ‐ Modulo 8: Condivisione col gruppo ..................................................................16 3. Valutazione...........................................................................................................18 3.1. Modulo di valutazione per il conduttore del corso per gli esercizi di psicodramma .... 18 3.2. Modulo di valutazione per il conduttore del corso............................................ 20 3.3. Moduli di valutazione per partecipanti del corso (1 per Modulo) .....................22 ‐ Modulo 1: “Il metodo esperienziale dello psicodramma” ................................22 ‐ Modulo 2: “Il Warm Up” ...................................................................................24 ‐ Modulo 3: “Il potere del gruppo”......................................................................26 ‐ Modulo 4: “Mappatura sociometrica dei gruppi”.............................................28 ‐ Modulo 5: “Gestione dei conflitti” ....................................................................30 ‐ Modulo 6: “Lavorare con i simboli” ..................................................................32 ‐ Modulo 7: “Il gioco di ruolo (role playing) ........................................................34 ‐ Modulo 8: “Condivisione col gruppo”...............................................................36 3.4. Valutazione dei risultati.......................................................................................38 4. Bibliografia............................................................................................................39


Prefazione Il manuale per formatori in metodi di insegnamento esperienziali e psicodrammatici è stato sviluppato nel quadro del progetto "Patie ‐ Lo psicodramma applicato all'istruzione per adulti", finanziato dall'Agenzia Nazionale IKY della Grecia nel contesto del programma Leonardo Da Vinci, azione Trasferimento di Innovazione, Programmazione UE 2007‐2013. Il progetto, che è stato approvato nel 2013 per una durata complessiva di 24 mesi, che si chiude il 30 settembre 2015, coinvolge 4 paesi dell'UE e 6 partner: Regione di Creta / Lifelong Learning Department / Centro di Formazione Professionale Regionale Unità di Rethymno, ECTE, Centro europeo a formazione per l'occupazione Rethymno (EL), EST Lifelong Learning Centre, Bielskie Stowarzyszenie Artystyczne Teatr Grodzki (PL), Centro Machiavelli Firenze (IT), e ALECOP, S.COOP. (ES). L'obiettivo generale del programma PaTiE è quello di introdurre gli educatori per adulti del settore IFP al metodo esperienziale dello psicodramma e addestrarli su come applicare efficacemente i principi e le tecniche psicodrammatiche selezionate nei processi educativi. Inoltre, il progetto PaTiE mira a trasferire ai partner i metodi di apprendimento esperienziale dello psicodramma sviluppati dal partner polacco e applicato nei loro seminari di formazione. Il partner polacco "Grodzki Associazione Teatro" è stato il leader del progetto POTENS (progetto n.: 142673‐LLP‐1‐2008‐1‐PL‐ Grundtvig‐GMP) e il "Centro EST LLL" è stato partner del consorzio. Attraverso l'attuazione del progetto POTENS, i partner polacchi hanno sviluppato delle "Linee guida sull'uso dello psicodramma nell'istruzione per adulti" e un libro dal titolo "La ricerca della creatività". Questi materiali didattici e "know‐how" sono stati trasferiti al progetto PaTiE, e sono stati adattati alle esigenze dei paesi partecipanti e al settore dell'istruzione e formazione professionale. L'elaborazione delle linee guida è radicata nella cooperazione di un gruppo internazionale di esperti. La bozza delle linee guida è stata testata nei laboratori pilota nazionali organizzati per valutare il curriculum e i materiali di formazione già sviluppati. Ciò è stato raggiunto offrendo quattro corsi pilota per formatori per adulti su tecniche di apprendimento psicodrammatiche in ciascuno dei paesi partecipanti al progetto nelle lingue nazionali (Grecia, Italia, Polonia e Spagna). I quattro corsi pilota nazionali sono stati guidati da psicodrammatisti esperti. Questi corsi pilota si sono tenuti nel 2015, completando 64 ore in ogni paese e per un totale di 48 educatori adulti che vi hanno partecipato vivendo e sperimentando tecniche e approcci psicodrammatici. Questo manuale è diviso in tre capitoli; il capitolo intitolato lo Psicodramma nel processo educativo contiene le principali idee guida relative all'utilizzo dello psicodramma nella formazione degli adulti. La maggior parte delle parti di questo capitolo sono state trasferite dalle Linee guida sull'uso dello psicodramma nell'istruzione degli adulti sviluppate nel quadro di attuazione del progetto UE POTENS. Il capitolo con il titolo Introduzione al materiale didattico PaTiE si propone di fornire linee guida su come utilizzare il quaderno e la teoria, e dove trovare il materiale da insegnare. I conduttori del corso PaTiE potranno anche trovare le linee guida per strutturare ogni workshop con riferimenti al tempo e ai contenuti, e individuando gli obiettivi di ogni attività. Infine, il capitolo di valutazione si occupa della valutazione del corso. In questo capitolo i conduttori del laboratorio possono trovare le linee guida sui criteri in base alle quali dovrebbero valutare le attività di laboratorio completate. Inoltre, in questo capitolo i conduttori del corso possano trovare le relative schede e i questionari di valutazione consigliati, destinati a facilitare la valutazione delle tecniche e dei metodi che ogni modulo del programma di studi PaTiE presenta.

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1. Lo psicodramma del processo educativo I punti di partenza della psicodramma educativo sono il personale e i confini professionali dei due partner relazionali: quelli del discente e il conduttore. La formazione si propone di trasformare la conoscenza, le attitudini e le competenze. Lo psicodramma offre un approccio adeguato e strumenti utili soprattutto per cambiare gli atteggiamenti e lo sviluppo di competenze in diversi ambiti della formazione, ma anche per l'applicazione delle conoscenze teoriche. Il dominio di cambiamento d'atteggiamento comprende le emozioni, i valori, le credenze, i pregiudizi, le aspettative di ruolo dei discenti che influenzano il clima di apprendimento e le relazioni dei discenti nei confronti del conduttore e dell'istruzione, il processo di apprendimento e l'ambiente di apprendimento. Questo è il dominio principale in cui lo psicodramma può impostare la scena facilitando contributi creativi, rivolgendosi sia alle emozioni che alle credenze di discenti e conduttori, offrendo possibilità di chiarire ruoli, aspettative, valori, credenze e pregiudizi. Le competenze sono le capacità di mettere in pratica le specifiche conoscenze acquisite. Il dominio di conoscenza si riferisce sia alla pura conoscenza teorica che alla sua applicazione. Lo psicodramma significa azione, che significa in pratica, ciò che la persona sa o addirittura non sa, o semplicemente vivere in pratica ciò che la persona è in grado di fare e che tipo di effetti potrebbero avere alcune azioni. Affrontando il dominio delle attitudini e delle competenze interpersonali, lo psicodramma può offrire, prima di tutto, un ottimo approccio e strumenti benefici agli educatori per le attività di apprendimento permanente, che significa anche la supervisione sul lavoro educativo e personale. Uno dei problemi sollevati da Blatner (2002) per quanto riguarda la tecnica più diffusa legata alla tradizione moreniana, il gioco di ruolo, "deriva dalla tendenza comune a ritenere che le capacità interpersonali sono più facili delle competenze tecniche – anche se in realtà sono ancora più difficili – e così la gente tende a pensare di poter impegnarsi nella direzione di un gioco di ruolo prima di aver davvero raggiunto un livello di competenza essenziale (molta meno padronanza). (...) A volte gli insegnanti non riescono ad apprezzare la complessità di una competenza che stanno imparando, ed è importante sottolineare che il conduttore del gioco di ruolo è tanto quanto complesso quanto imparare a partorire un bambino". La capacità di educare e insegnare è prima di tutto un'abilità interpersonale, ed è qui che lo psicodramma può in gran parte contribuire, dal momento che è essenzialmente un modo per sviluppare le abilità interpersonali, per approfondire la conoscenza professionale e di sé e per comprendere meglio le esigenze dei discenti. Cambiare gli atteggiamenti e lo sviluppo delle competenze richiede un tipo di apprendimento accomodante. Siamo d'accordo con il punto di vista di Adamo Blatner per quanto riguarda le esigenze comuni di tutti gli studenti coinvolti nella formazione, in relazione a ciò che il noto psicologo ed epistemologo Piaget chiama assimilazione e alloggio nel processo di apprendimento. "Purtroppo, molta istruzione è orientata al tipo di apprendimento che può essere testato più facilmente, che è un tipo di apprendimento assimilativo. Ma ciò di cui il mondo ha davvero bisogno sono le persone che hanno le competenze e le abilità di andare oltre la semplice conoscenza dei fatti. Queste competenze, però, richiedono un test più complesso orientato alle prestazioni, che richiede maggiore attenzione didattica, e che si estende su variabili più sottili. E le competenze riflettono un tipo accomodante di apprendimento. (...) Queste abilità non possono essere apprese leggendo un qualsiasi numero di libri, anche se un pò di materiale didattico può essere utile per la creazione di un quadro intellettuale per l'apprendimento accomodante. Piuttosto, i tipi di competenze necessarie per un 4


pensiero flessibile, creativo, razionale dovranno essere esercitate, praticate, e imparate in un processo di interazione, di assunzione di rischi, di auto‐ espressione, di feedback, di incoraggiamento, e, in breve, un processo che è più vicino all'imparare a nuotare che all' imparare le capitali dei vari Stati" (Blatner, 2002). Lo psicodramma offre approcci preziosi per ristabilire l'equilibrio di modalità di apprendimento assimilative e accomodanti con le sue grandi possibilità di favorire l'apprendimento accomodante attraverso i suoi metodi attivi sviluppando la spontaneità e la creatività. L'ambiente di apprendimento creato dallo psicodramma è un'altra risorsa fondamentale di psicodramma a favore dell'istruzione. Essendo un metodo di gruppo, lo psicodramma può produrre un ambiente di apprendimento adeguato attraverso la creazione di coesione di gruppo, di un'atmosfera di fiducia e sicurezza, in cui lo studente può effettivamente gestire le sue angosce legate alla situazione di apprendimento, il conduttore o i membri del gruppo. Gran parte dei problemi segnalati dagli educatori adulti che vi si stanno confrontando nel loro lavoro (ad esempio, abbandoni, mancanza di motivazione) possono essere gestiti in modo più efficiente se viene rivolta più attenzione allo sviluppo di una coesione di gruppo e alla creazione di un ambiente di apprendimento adeguato. Di solito un tempo troppo breve è dedicato alla creazione di coesione nel gruppo e ai problemi di sicurezza. Molte volte le classi non sono trattate come un gruppo che passa attraverso diverse fasi, dalla sua nascita fino al termine, ma piuttosto come una massa senza tener conto dei fenomeni dinamici di gruppo di base. La capacità di gestire fenomeni dinamici di gruppo richiede una formazione più ampia e profonda, in particolare per tali grandi temi delle dinamiche di gruppo come la risoluzione del conflitto e la gestione delle resistenze. Le tecniche di psicodramma utilizzate nel campo dell'istruzione si concentrano sul modo in cui il conduttore dello psicodramma comprende l'applicazione degli strumenti psicodrammatici. Questo dipende da: • • • •

il modo in cui gli educatori di psicodramma percepiscono i confini del loro ruolo professionale, le attribuzioni e le responsabilità (auto‐conoscenza professionale) i rapporti professionali (l'incontro, in seguito i contratti) tra i diversi partner di ruolo coinvolti nel processo educativo quali sono realmente i ruoli, i bisogni, le motivazioni e le altre caratteristiche dei partecipanti/discenti e come gli educatori degli adulti li capiscono gli obiettivi dell'intervento psicodrammatico negli specifici ambiti educativi (e organizzativo), secondo il contratto educativo specifico, ecc.

Tutte le tecniche dello psicodramma sono idonee per contribuire al raggiungimento degli obiettivi fissati nel progetto PaTiE, ma il successo dell'utilizzo dello psicodramma nella formazione dipende dalle basi e dalle competenze sviluppate dall'educatore grazie a una formazione completa in psicodramma. I conduttori del corso pilota, formati per essere esperti in psicodramma, sfruttano una vasta gamma di applicazioni dello psicodramma. jGli educatori per adulti, partecipanti al corso pilota PaTiE, per lo più ai primi passi con lo psicodramma, hanno esplorato principalmente l'uso del warm up e gli esercizi sociometrici, alcuni giochi collettivi e attività legate al gioco di ruolo in sotto gruppi, così come diverse modalità di auto espressione, come il movimento del corpo e l'uso di oggetti simbolici. Gli esercizi di riscaldamento o attività rompighiaccio sono stati utilizzati dagli educatori per adulti, al fine di motivare i propri studenti, per permettere loro di conoscersi e di sviluppare l'ambiente di apprendimento. 5


2. Introduzione al materiale didattico PaTiE Questo capitolo fornisce le linee guida per gli educatori per adulti che partecipano al corso PaTiE e spiega come utilizzare il manuale e la teoria e dove trovare il materiale da insegnare. I conduttori del corso PaTiE potranno anche trovare le linee guida per strutturare ogni lezione dal punto di vista del tempo e del contenuto, e individuare gli obiettivi di ogni attività. Nella sezione dedicata alla fase di valutazione sono identificati i criteri con cui il conduttore del corso dovrebbe valutare le attività del corso, così come le schede di valutazione corrispondenti e i questionari raccomandati.

2.1 Raccomandazioni e punti chiave Partecipanti: i partecipanti a questi corsi sono educatori impegnati nell’IFP che lavorano nella formazione continua e in quella professionale. Si raccomanda che il gruppo sia composto da un numero di membri che va dai 10 ai 16. Livello del Contenuto: I moduli sono indipendenti, tuttavia, è possibile che i partecipanti non abbiano partecipato alle altre sessioni. In tal caso, possono chiedere al conduttore di valutare se è necessario un esame più approfondito dei concetti di base. I conduttori per adulti possono consultare il modulo 1, o uno qualsiasi degli altri moduli del corso, al fine di capire alcuni concetti chiave. Scopo: lo scopo di questo corso è quello di presentare alcune tecniche che potrebbero consentire di realizzare lavori psicodrammatici tra le diverse attività in classe. Quando un conduttore intende eseguire un qualsiasi modulo, deve rivedere prima gli obiettivi e le pratiche principali offerte da ciascuno di essi. Queste informazioni si possono trovare nell'introduzione ai soggetti e sono utili per decidere quale tipo di modulo sarà il migliore per gli interessi del gruppo. Obiettivo: l'obiettivo è sia di insegnare l'importanza del simbolo nel lavoro psicodrammatico all'interno della classe sia di introdurre gli esercizi per gli insegnanti per adulti che consentano di migliorare competenze multidisciplinari identificate come essenziali dai membri nel settore dell'istruzione per adulti. Alcune di queste competenze possono consentire migliorare la comunicazione

fra i partecipanti al corso, in contesa con diversi gruppi, creando un clima di maggiore fiducia, motivando gli stessi, favorendo la comprensione tra i diversi compagni di classe, o promuovendo la creatività e la spontaneità. Durata: ogni modulo (8 in totale), è destinato ad un corso della durata di circa 8‐10 ore (durante i corsi pilota si è visto che 64 ore potrebbe non essere sufficienti per ottenere abbastanza fiducia nel suo ruolo da parte del conduttore, pertanto, se possibile, è consigliabile aumentare la durata a 80 ore). Il tempo effettivamente richiesto dipenderà dalle esigenze del gruppo. Si raccomanda di trattare un modulo al giorno, se ciò non è possibile, in due giorni consecutivi. Struttura: il workshop seguirà la normale struttura dello psicodramma: riscaldamento, azione e condivisione. La struttura psicodrammatica dipende sempre dalle esigenze o richieste in aula e di gruppo. Esercizi: Gli esercizi psicodrammatici che figurano in ogni modulo hanno l'obiettivo di introdurre gli educatori ai processi specifici dello psicodramma, in modo che possano capire come applicarli in classe. Nel caso del lavoro simbolico dello psicodramma l'obiettivo degli esercizi contenuti nel manuale è quello di fornire gli educatori per adulti con gli strumenti per affrontare le diverse situazioni che possono sorgere in classe.

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2.2 Requisiti, materiali e strumenti

Conduttore del corso: è opportuno il conduttore‐psicodrammatista sia uno professionista. Queste tecniche sono molto potenti e devono essere messe in pratica da un esperto. La regola di aspettarsi di più di quanto si pensasse è importante nello psicodramma e richiede che il conduttore abbia una valida esperienza nella gestione di queste tecniche. Spazio: per l'esecuzione dei laboratori è necessaria una grande sala, con spazio abbastanza sufficiente perché i partecipanti possano muoversi e agire agevolmente nello svolgimento degli esercizi consigliati. Teoria: al fine di integrare i concetti teorici nell'azione psicodrammatica, si raccomanda che il conduttore del delinei i concetti chiave da introdurre nel principale esercizio del laboratorio secondo le esigenze dei partecipanti, come verrà specificato in seguito. Strumenti e materiali: gli strumenti per la pianificazione e la valutazione degli esercizi durante il corso, e i materiali necessari per l’esecuzione dell'azione psicodrammatica, sono entrambi definiti in ogni modulo, per cui sarà necessario avere il materiale di formazione sviluppato dal progetto per impostare e erogare i corsi PaTiE.

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2.3 Specificazioni per ogni corso Di seguito sono esposte le principali teorie per ogni modulo, con i concetti specifici che devono essere esposti in ogni corso, così come alcuni suggerimenti e tecniche che possono essere impartite. Si noti tuttavia che, a seconda dell'esperienza del conduttore del corso, gli esercizi possono essere cambiati e le teorie riadattate.

Modulo 1: Il metodo esperienziale dello psicodramma Categoria Tempo

Istruzioni

Presentazione del contenuto del modulo e delle sue finalità seguito da un introduzione alle teorie: 1‐2 ore Dimostrazioni pratiche delle teorie e approcci specifici/tecniche condotte attraverso esercitazioni e la discussione con gli studenti: 5‐6 ore Valutazione: 1 ora (eventualmente seguita da sondaggio via e‐mail) Materiali Sciarpe colorate Fogli di carta (più o meno grandi) Pezzi di cartone Colla Forbici Spago per fare maschere Riviste o giornali illustrati Evidenziatori, matite, pastelli ‐ diversi colori Lavagna a fogli mobili Proiettore (opzionale) Risultati Al termine del modulo, gli studenti saranno in grado di: Delineare i principali concetti e principi di psicodramma Fornire esempi di applicazione del metodo applicato all'istruzione Discernere possibili minacce derivanti dall'uso dello psicodramma al di fuori del contesto psicoterapeutico Sottolineare le opportunità di arricchimento dei formatori per adulti arricchente con tecniche ed esercizi psicodrammatici Presentazione J.L. Moreno e le origini dello psicodramma Creatività e spontaneità – le fondamenta dello delle teorie psicodramma L’importanza dell’incontro Sul palco dello psicodramma Repertorio dei ruoli Condividere le esperienze Esercizi Saluti I nomi e attività Fiducia Atomo sociale Complementare Maschere Si/No Il percorso

Referenze Pagine 3‐19

Pagine 20‐32

Pagina 3

Pagine 5‐19

Pagine 20‐32

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Modulo 2: Il warm up Categoria Tempo

Istruzioni

Breve presentazione del modulo, obiettivi, metodo e formatori. 15 minuti Esercizi di riscaldamento 15‐30 minuti Introduzione per gli apprendenti (presentazione del modulo, obiettivi/scopi ecc., presentazione delle teorie): 1‐2 ore Attività/Esercizi/ Discussione: 3 ‐5 ore Valutazione: 1 ora Materiali Sciarpe colorate Fogli e penne/matite per scrivere/disegnare Rimanenze colorate (scampoli) Evidenziatori Cappelli Tempere Musica e stereo Riviste varie di sport, caccia, società, intrattenimento, natura ecc. Forbici, colla, penne e matite Risultati I partecipanti saranno in grado di: Spiegare i principi di riscaldamento e i suoi possibili vantaggi per la pratica educativa in materia di IFP Elencare le tecniche di riscaldamento e discutere perché e come possono (non possono) essere applicate nella pratica propria dei partecipanti Proporre ed eseguire un adeguato esercizio di riscaldamento per rispondere a un particolare problema/sfida in un gruppo di discenti adulti Discutere con il gruppo l'esperienza Presentazione Definizione di Warm up delle teorie Concetto di tele Tele e incontro Concetto di spontaneità Concetto di creatività Gioco e psicodramma Esercizi Attività per agevolare la presentazione e Attività di team building Attività da fare in movimento attività

Referenze Pagine 4‐7

Pagina 26

Pagine 22‐24

Pagine 5‐22

Pagine 24‐34

9


Modulo 3: Il potere del gruppo Categoria Tempo

Materiali

Risultati

Presentazione delle teorie

Esercizi e attività

Istruzioni Breve presentazione del modulo, obiettivi, metodi e formatori: 30 minuti Esercizi di riscaldamento e discussione sulle dinamiche di gruppo: 1 ora Presentazione della teoria, dinamiche delle teorie di gruppo: 1‐2 ore Attività / esercitazioni / discussione: 5 ‐6 ore Valutazione: 1 ora Sciarpe colorate Tappeti Vari giocattoli: animali, bambole di sesso diverso, bambole di diverso tipo, come fate, sirene, ecc. Fogli di carta e pennarelli colorati, matite, pastelli a olio Playmobil Spiegare i principi di gruppo e di dinamica di gruppo e i loro possibili benefici quando applicati al settore dell' IFP. Identificare i benefici dello psicodramma nel processo educativo, come essere un membro del gruppo. Elencate tre esercizi che fanno riferimento al lavoro di gruppo e indicare come questi possono essere applicati in classe. Proporre ed eseguire un certo esercizio che corrisponde a una sfida particolare in un gruppo di studenti adulti Scoperte storiche dello studio scientifico del gruppo Definizione di gruppi Descrivere i gruppi Dinamica di gruppo Fasi del gruppo Gruppi e dinamiche di gruppo nello psicodramma Il valore del gruppo e dinamiche di gruppo nell’educazione Conta fino a 20 Cambio di posizione Chi mi farà attraversare? Group‐body Come un film Creazione di storie Solo una parola Divagare e concentrarsi Scultura di gruppo Il mio percorso nel gruppo

Referenze Pagine 3‐4

Pagine 26‐33

Pagina 3

Pagine 4‐20

Introduzioni agli esercizi. Pagine: 21‐22 Considerazioni e rischi nell’applicazio ne degli esercizi nel settore dell’istruzione. Pagine: 22‐25. Esercizi pagine: 25‐34 10


Modulo 4: Mappatura sociometrica dei gruppi Categoria Tempo

Instruzioni

Presentazione del contenuto del modulo e delle sue finalità seguito dall'introduzione alle teorie: 1‐2 ore Dimostrazioni pratiche delle teorie e degli specifici approcci/tecniche attraverso esercitazioni e la discussione con gli studenti: 5‐6 ore Valutazione: 1 ora (eventualmente seguita da sondaggio via e‐mail) MaterialI Sciarpe colorate Fogli di carta (più o meno grandi) Marcatori, matite, pastelli ‐ diversi colori Lavagna a fogli mobili o lavagna Proiettore (opzionale) Risultati Al termine del modulo, i partecipanti saranno in grado di: spiegare i principi della sociometria e dei suoi possibili benefici per la pratica educativa in materia di IFP Elencare tre tecniche sociometriche e spiegare perché e come possono (non possono) essere applicate nella pratica propria dei partecipanti Proporre e gestire un adeguato esercizio sociometrico per rispondere a un problema particolare o ad una sfida in un gruppo di discenti adulti “Mappare” la struttura di un campione e gli schemi delle sue relazioni intrinseche Presentazione Le fondamenta della sociometria negli scritti di J.L. delle teorie Moreno Atomo sociale Scienza dell'azione Metodi e tecniche sociometriche Controversie attuali Esercizi e Linea di demarcazione attività Atomo sociale Cosa scegliere Sinergie Triangolo di conflitto Mappa

Referenze Pagine 3‐19

Pagine 19‐30

Pagina 3

Pagine 5‐19

Pagine 19‐30

11


Modulo 5: La gestione dei conflitti Categoria Tempo

Materiali

Risultati

Presentazione delle teorie

Esercizi e attività

Istruzioni Breve presentazione del modulo, obiettivi, metodo e istruttori: 30 minuti Esercizi di riscaldamento e discussione: 1 ora Presentazione della teoria, funzioni di gruppo, origine dei conflitti, ecc.: 1‐2 ore Attività/esercitazio ni/discussioni: 5‐6 ore Valutazione : 1 ora Sciarpe colorate Playmobil Vari giocattoli: animali, bambole di sesso diverso, bambole di diverso tipo, come fate, sirene ecc. Fogli di carta e pennarelli colorati, matite, pastelli a olio Indicare il valore aggiunto dell'intervento psicodrammatico nella gestione dei conflitti. Identificare i vantaggi di “apertura” e affronto di un conflitto esistente nel gruppo e come questo influenza la procedura di apprendimento. Far notare i limiti di una tale esplorazione in classe. Elencare tre esercizi che si riferiscono alla gestione dei conflitti e come questi possano essere applicati in classe Proporre ed eseguire un esercizio psicodrammatico appropriato che corrisponda a una situazione di conflitto emerso in una classe di studenti adulti. Che cosa significa “funzione normale del gruppo”? Che cosa significa “funzione non‐normale del gruppo”? Come si esprime in un gruppo una situazione polemica? Come si risolve un conflitto di gruppo? Quali debolezze si presentano nella conduzione? Elementi sociali nei gruppi Gestione dei conflitti nello psicodramma Gestione dei conflitti nella formazione Cani e gatti Conflitto Nemico Azione Segui e fatti seguire Insegnante / Bambino reattivo La scarpa Qualcosa che non è stata liquidato Scultura di gruppo Basta una parola Vagare e concentrarsi Il mio percorso nel gruppo

Referenze Pagine 3‐ 4

Pagine 24‐31

Pagina 3

Pagine 5‐19

Introduzione agli esercizi. Pagine: 20‐ 21 Considerazioni e rischi nell’applicazio ne degli esercizi per gli educatori. Pagina: 22 Esercizi pagine: 23‐31 12


Modulo 6: Lavorare con i simboli Categoria Tempo

Istruzioni

Preparazione pre‐sessione per gli studenti (presentazione del modulo: finalità/ambito ecc., presentazione della teoria: breve introduzione alle teorie): 1‐2 ore Sessione: esercizi/discussione con gli studenti: 5‐6 ore Valutazione: 1 ora (questo dovrebbe essere fatto da regista e partecipanti dopo il workshop e inviare via e‐mail). Materiali Contesto teorico degli insegnanti per adulti. Diverse riviste di sport, caccia, società, divertimento, natura, ecc. sono collocati nel centro della stanza. Forbici, colla e cartelloni per fare un collage. Fogli di carta bianca, penne e matite. Un sacchetto per raccogliere i fogli di carta. I materiali di cui il conduttore avrà bisogno per eseguire gli esercizi sono specificati in ogni esercizio. Risultati Spiegare l'importanza dell'uso della simbologia nella pratica educativa. Suggerire simboli diversi e identificare la loro possibile funzione. Scegliere gli esercizi che sono appropriati agli obiettivi fissati. Comprendere l'importanza di proteggere e mantenere l'integrità sia del gruppo che del singolo. Integrare l'uso di simboli con tecniche psicodrammatiche attive. Apprezzare l'importanza della condivisione nello psicodramma. Sviluppare un semplice esercizio psicodrammatico, orientato verso l'educazione degli adulti, in cui sono utilizzati simboli legati a una situazione d'aula. Presentazione L'introduzione alla teoria sul simbolo sarà trasmessa delle teorie durante l'azione psicodrammatica. A tal fine, si raccomanda che il conduttore prepari e utilizzi uno schema per collegare insieme gli aspetti teorici rilevanti durante il corso, sulla base delle informazioni che compaiono negli esercizi. L'inclusione di aspetti teorici durante il workshop è lasciato nelle mani del conduttore. Non è necessario spiegare tutti i contenuti, basta esaminare i seguenti concetti chiave: La differenza tra segno e simbolo. La regola della “libera associazione”. Contenuti espliciti e impliciti nei simboli. La spontaneità e la creatività. Giochi di ruolo Funzioni di oggetti intermedi nella sessione psicodrammatica. I partecipanti possono anche trovare informazioni approfondite nei materiali di formazione e nella bibliografia specifica utilizzata per completare la teoria di questo modulo.

Referenze Strutture pagine 3‐4

Per maggiori informazioni circa il modulo pagine: 3‐4

Scopi e obiettivi formativi pagina: 3

Teorie, pagine 5‐22. Esercizi di esempio per lavorare con le teorie, pagina 22.

13


Esercizi e attività

Il conduttore di questo modulo può trovare un'introduzione agli esercizi e anche un semplice pre‐ esercizio per spiegare ai partecipanti come possono scegliere il miglior esercizio da eseguire in classe in base alle loro esigenze e obiettivi. Indice degli esercizi: Marionette Carte e cartoline Maschere Pittura‐Disegno Statue Recitazione Interpretare gli oggetti Esercizi di fantasia Esercizi con la musica e il movimento

Introduzione agli esercizi pagina: 23‐24 Pre‐esercizio identifica I tuoi obiettivi. Pagina: 24. Considerazioni per i conduttori e rischi, pagine: 25‐26. Esercizi pagine: 23‐45

14


Modulo 7: Il gioco di ruolo (role playing) Categoria Tempo

Istruzioni

Breve presentazione del modulo, obiettivi, metodi e formatori, 15 minuti Warm‐up esercizio, 15‐30 minuti Introduzione per gli studenti (presentazione del modulo, obiettivi / campi di applicazione ecc, presentazione teoria): 1‐2 ore Attività / esercitazioni / discussione: 3 ‐5 ore Valutazione: 1 Materiali Sciarpe colorate Carta e penne / matite per scrittura / disegno Scampoli colorati (di stoffa) Maschere Cappelli Vernice colorata (tempera) Musica e lettore musicale Diverse riviste di sport, caccia, società, divertimento, natura, ecc. Forbici, colla, penne e pastelli Risultati Gli studenti dovrebbero essere in grado di: Spiegare i principi del gioco di ruolo e i suoi possibili vantaggi per la pratica educativa in materia di IFP Per elencare tre tecniche di giochi di ruolo e discutere perché e come possono (o non possono) essere applicate ai partecipanti Proporre ed eseguire un adeguato esercizio di role play per rispondere a un problema /sfida particolare in un gruppo di discenti adulti Discutere con il gruppo l'esperienza Presentazione Background teorico: delle teorie Definizione di ruolo Definizione di gruppo Sul ruolo e il gruppo nello psicodramma Distinzione tra role playing e psicodramma Metodi e contesti applicativi L'applicazione delle teorie chiave in campo formativo Role playing formativo Il ruolo del conduttore Costruzione di una sessione di role playing Costruzione del setting e del contratto d’aula Esercizi Elenco degli esercizi / attività: e Il primo giorno attività Un giorno qualunque Come mi vedono gli altri Il mio futuro I miei dubbi Il bello e il brutto Quello che sarà Quello che avrei voluto dire Lo dico tra me e me Role playing non strutturato

Riferimenti Struttura e tempistica delle pagine: 22‐23

Materiali pagine: 24‐29

Risultati: pagina 23

Teoria pagine: 3‐13

Esercizi pagine: 24‐27

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Modulo 8: Condivisione col gruppo Categoria

Istruzioni

Tempo

Preparazione pre‐sessione per gli studenti (presentazione del modulo: finalità / ambito etc, presentazione teoria: breve introduzione alle teorie): 1‐2 ore Sessione: esercizi / discussione con gli studenti: 7 ore Valutazione: 1 ora (questo dovrebbe essere fatto dal formatore e i partecipanti dopo il corso, e inviato via e‐ mail). Materiali Materiali specifici, se presenti, sono indicati negli esercizi sui materiali didattici Lenzuola Matite colorate Cuscini Risultati Spiegare l'importanza dell'uso della condivisione nella pratica dell'educazione. Suggerire diverse tecniche di condivisione e identificare la loro possibile funzione. Scegliere gli esercizi che sono appropriati agli obiettivi fissati. Comprendere l'importanza di proteggere e mantenere l'integrità sia del gruppo e del singolo. Integrare l'uso della condivisione con tecniche psicodrammatiche attive Sviluppare un semplice esercizio psicodrammatico, per l'educazione degli adulti, in cui si utilizzano esercizi di condivisione per una situazione di vita reale nell’aula. Presentazione Il conduttore può decidere come spiegare i concetti delle teorie principali di questo modulo. In ogni caso, è particolarmente importante spiegare alcuni punti ai partecipanti durante il corso come: Linee guida per la sessione di condivisione Il ruolo del leader Questioni etiche I partecipanti possono anche trovare informazioni più approfondite nei materiali didattici e nella bibliografia specifica utilizzata per completare la teoria di questo modulo.

Esercizi e attività

Il conduttore di questo modulo può trovare una introduzione agli esercizi che ne spiegano le finalità. I materiali di formazione per questo corso includono anche diversi esercizi ben dettagliati e il conduttore può sceglierne uno di svolgere durante la lezione secondo le sue preferenze. Indice degli esercizi: Cosa pensi che sia importante Imparare a conoscere la condivisione nello psicodramma Azione di condivisione Non ascolto

Referenze Struttura pagine: 4‐5

Esercizi, pagine 23‐35

Scopi e risultati, pagina 4

Linee guida per la sessione di condivisione, pagina 12 Il ruolo del leader, pagine 14‐18 Questioni etiche, pagine 19‐22 Introduzione degli esercizi pagine: 23 Esercizi pagine: 23‐35

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La palla ficcanaso Le ragioni di essere qui Scambio di problemi Chi sono io? Un nome, lettere, parole e una frase Si o no Presentazione Soldi Condivisioni di dichiarazioni Invito a ballare Scrivi una storia Piramide positiva Bersaglio Alzarsi insieme C'era una volta Colorare i nomi da liberare Dichiarazioni in cerchio Lasciar partire Abbraccio avvolgente

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3. Valutazione 3.1 Modulo di valutazione per il conduttore del corso per gli esercizi di psicodramma Questa tabella è utile al conduttore al fine di orientarlo nella valutazione degli esercizi di psicodramma svolti durante il corso. Può essere applicato ad ogni modulo. Indicatore

Descrizione 1

Capire l’importanza di proteggere e mantenere l’integrità sia del gruppo che dei singoli.

Usare e comprendere le tecniche sui simboli / sociometria, condivisione, warm up etc. usate nel corso

Valutare se i partecipanti hanno compreso il concetto e se lo applicano correttament e quando svolgono un esercizio

Abilità di proporre simboli e tecniche che hanno un contenuto rilevante, che contribuisca al processo educativo. Applicare le Capacità di tecniche sui simboli applicare le / sociometria, tecniche di condivisione, warm lavorare con up etc. usate nel simboli / corso sociometria, condivisione ecc. nella classe al fine di migliorare il processo educativo. Identificare le Determinare situazioni nelle se lavorare quali simboli / con simboli/ sociometria, sociometria, condivisione, warm condivisione, up ecc. sono utili warm up ecc. possano rivitalizzare una tipica situazione in

Scala di valutazione 2 3

I partecipanti non hanno compreso il concetto e non lo applicano nell’esercizio

Nello svolgimento dell’esercizio, il fine dei partecipanti dimostra che hanno capito l’importanza di tale responsabilità ma non la applicano efficacemente

I simboli e le tecniche proposte non sono rilevanti al processo educativo perchè non sono state completamente comprese. Non sono capaci di applicare nessuna delle tecniche proposte

I simbolie le tecniche presentate sono ben identificate ma non sono rilevanti per la classe.

Non riconoscono le situazioni in cui lavorare con simboli / sociometria, condivisione, warm up etc. possono essere usate

4 I partecipanti capiscono l’importanza di tale responsabilità e sono capaci di dimostrarlo applicandola agli esercizi e creando un’atmosfera di rispetto I simboli e le tecniche proposte sono corrette e contribuiscono al processo educativo della classe.

Svolgono le tecniche come gli è stato insegnato e introducono variazioni quando necessario

Sono capaci di svolgere gli esercizi come gli è stato insegnato e ne creano di nuovi che adattano alle loro specifiche necessità in classe.

Capiscono le situazioni ma non propongono esercizi adeguati

Identificano le situazioni in cui lavorare con simboli/sociome tria, condivisione, warm up ecc. È utile e propongono esercizi che

Svolgono gli esercizi proposti come insegnatog li e senza difficoltà

18


Capire le dinamiche latenti

Imparare a condividere l’esperienza dell’azione psicodrammatica

classe, in accordo con i fabbisogni della situazione Abilità di osservare e riconoscere I processi nascosti che possono bloccare I processi educativi Abilità di dare spazio ai partecipanti affinchè possano condividere le loro esperienze di azione drammatica.

sono adatti alle situazioni

Non riconoscono i processi nascosti che portano alla creazione di un blocco educativo

Riconoscono intuitivamente alcuni processi nascosti ma non sono capaci di identificarli chiaramente.

Non rispettano le opinioni degli altri e non lasciano spazio ai loro compagni di condividere liberamente.

Rispetta i turni degli altri ma quando partecipan o loro stessi danno giudizi e fanno commenti sulle esperienze degli altri.

Rispettano I turni degli altri e condividono le loro esperienze ma analizzano e giudicano le esperienze dei loro compagni

Riconoscono i processi nascosti che sono presenti in classe e che causano un ostacolo all’apprendimen to Rispettano i turni degli altri, esprimno le proprie esperienze e non giudicano né analizzano le esperienze raccontate dagli altri compagni

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3.2 Modulo di valutazione per il conduttore del corso Modulo __: “__________________________________” Nome del conduttore del corso: _____________________________________________ Data: ____/____/2015 Questo modello serve da orientamento per il conduttore del corso al fine di facilitare la sua valutazione del materiale didattico per ogni modulo del programma di formazione PaTiE Può essere applicato ad ogni modulo. Per favore, rispondi alle seguenti domande: A1. Hai raggiunto gli obiettivi formativi proposti nel materiale educativo per questo modulo? Per favore, spiega sotto: _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________

A2.

Hai notato un cambiamento nella percezione dei partecipanti riguardo al gruppo di lavoro? Per favore, spiega sotto: _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________

20


_______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________

A3.

Per favore, presenta brevemente come hai svolto questo modulo in classe; riferisci eventuali ostacoli o problemi che hai incontrato nello svolgimento del corso. _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________ _______________________________________________________________

Firma

21


3.3 Formulario di valutazione per i partecipanti del corso (un formulario per ogni modulo)

Modulo 1: “Il metodo esperienziale dello psicodramma” Nome del partecipante: ___________________________________________________ Data: ____/____/2015 Per favore, rispondi alle seguenti domande: A1. Credi che lo psicodramma possa influenzare la tua percezione di lavoro di gruppo e delle pratiche educative? Per favore, spiega la tua risposta: ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A2. Riesci a vedere modi realizzabili di integrare gli approcci e le tecniche psicodrammatiche specifiche nel processo di istruzione e formazione professionale (IFP) per adulti?

□ Sì

□ No

Per favore, spiega la tua risposta: _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________

A3. Vedi possibili minacce riguardo all’utilizzo dello psicodramma al di fuori del contesto terapeutico? _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________

A4. Rispondi alla seguente tabella in base al tuo livello di accordo con le dichiarazioni e usando la seguente tabella chiave: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Completamente in disaccordo Molto in disaccordo Parzialmente in disaccordo Né in accordo né in disaccordo Parzialmente d’accordo Molto d’accordo Completamente d’accordo 22


Adesso vedo il gruppo‐classe in modo diverso

1 2 3 4 5 6 7

Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per il 1 2 3 4 5 6 7 mio sviluppo Partecipando agli esercizi, sento che l’intero gruppo sia più 1 2 3 4 5 6 7 integrato. Sono riuscito a esprimere le mie opinioni e a partecipare di 1 2 3 4 5 6 7 fronte agli altri membri del gruppo Mi sono sentito/a parte del gruppo e ho partecipato 1 2 3 4 5 6 7 attivamente al corso In generale, dopo gli esercizi mi sento più motivato/a

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nei confronti degli altri partecipanti

1 2 3 4 5 6 7

Comprendo e apprezzo le differenze esistenti tra me e gli 1 2 3 4 5 6 7 altri partecipanti Comprendo meglio gli altri partecipanti e li rispetto di più

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nelle mie capacità

1 2 3 4 5 6 7

23


Modulo 2: “Warm Up” Nome del partecipante: ___________________________________________________ Data: ____/____/2015 Per favore, rispondi alle seguenti domande: A1. Per favore, identifica i benefici delle tecniche di warm up e la loro rilevanza per l’educazione: ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A2. Ti senti in grado di presentare delle tecniche di warm up nella tua classe?

□ Sì

□ No

Se sì, fai una lista di quali e spiegalo: ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A3. Rispondi alla seguente tabella in base al tuo livello di accordo con le dichiarazioni e usando la seguente tabella chiave. Scegli la risposta con un cerchio: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Completamente in disaccordo Molto in disaccordo Parzialmente in disaccordo Né in accordo né in disaccordo Parzialmente d’accordo Molto d’accordo Completamente d’accordo

24


Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per il 1 2 3 4 5 6 7 mio sviluppo Partecipando agli esercizi, sento che l’intero gruppo sia più 1 2 3 4 5 6 7 integrato. Sono riuscito a esprimere le mie opinioni e a partecipare di 1 2 3 4 5 6 7 fronte agli altri membri del gruppo Mi sono sentito/a parte del gruppo e ho partecipato 1 2 3 4 5 6 7 attivamente al corso In generale, dopo gli esercizi mi sento più motivato/a

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nei confronti degli altri partecipanti

1 2 3 4 5 6 7

Comprendo e apprezzo le differenze esistenti tra me e gli 1 2 3 4 5 6 7 altri partecipanti Comprendo meglio gli altri partecipanti e li rispetto di più

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nelle mie capacità

1 2 3 4 5 6 7

Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per il 1 2 3 4 5 6 7 mio sviluppo.

25


Modulo 3: “Il potere del gruppo” Nome del partecipante: ___________________________________________________ Data: ____/____/2015

Per favore, rispondi alle seguenti domande: A1. Sei capace di spiegare i principi di un gruppo, le dinamiche di gruppo e i loro possibili benefici per il loro uso in campo IFP?

□ Sì

□ No

Per favore, spiegane i benefici: _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________

A2. Hai un’idea chiara del prossimo passo che potresti fare per pianificare/modificare i tuoi curricoli per focalizzarli meglio sulle dinamiche di gruppo? ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A3. Rispondi alla seguente tabella in base al tuo livello di accordo con le dichiarazioni e usando la seguente tabella chiave. Scegli la risposta con un cerchio: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Completamente in disaccordo Molto in disaccordo Parzialmente in disaccordo Né in accordo né in disaccordo Parzialmente d’accordo Molto d’accordo Completamente d’accordo 26


Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per 1 2 3 4 5 6 7 il mio sviluppo Partecipando agli esercizi, sento che l’intero gruppo sia più 1 2 3 4 5 6 7 integrato Sono riuscito a esprimere le mie opinioni e a partecipare di 1 2 3 4 5 6 7 fronte agli altri membri del gruppo. Mi sono sentito/a parte del gruppo e ho partecipato 1 2 3 4 5 6 7 attivamente al corso In generale, dopo gli esercizi mi sento più motivato/a

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nei confronti degli altri partecipanti

1 2 3 4 5 6 7

Comprendo e apprezzo le differenze esistenti tra me e gli 1 2 3 4 5 6 7 altri partecipanti Comprendo meglio gli altri partecipanti e li rispetto di più

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nelle mie capacità

1 2 3 4 5 6 7

Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per 1 2 3 4 5 6 7 il mio sviluppo

27


Modulo 4: “Mappatura sociometrica del gruppo” Nome del partecipante: ___________________________________________________ Data: ____/____/2015

Per favore, rispondi alle seguenti domande: A1. Sei in grado di spiegare i principi della sociometria e le loro possibili applicazioni nella pratica educative in ambito IFP?

□ Sì

□ No

Per favore, spiega l’applicabilità delle tecniche sociometriche nelle classi IFP per adulti: ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A2. Quali benefici puoi identificare nelle tecniche sociometriche nel dare informazioni sulla struttura del gruppo, aiutare la creazione di un team e la gestione di conflitti? ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A3. Rispondi alla seguente tabella in base al tuo livello di accordo con le dichiarazioni e usando la seguente tabella chiave. Scegli la risposta con un cerchio: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Completamente in disaccordo Molto in disaccordo Parzialmente in disaccordo Né in accordo né in disaccordo Parzialmente d’accordo Molto d’accordo Completamente d’accordo 28


Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per il 1 2 3 4 5 6 7 mio sviluppo Partecipando agli esercizi, sento che l’intero gruppo sia più 1 2 3 4 5 6 7 integrato Sono riuscito a esprimere le mie opinioni e a partecipare di 1 2 3 4 5 6 7 fronte agli altri membri del gruppo Mi sono sentito/a parte del gruppo e ho partecipato 1 2 3 4 5 6 7 attivamente al corso In generale, dopo gli esercizi mi sento più motivato/a

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nei confronti degli altri partecipanti

1 2 3 4 5 6 7

Comprendo e apprezzo le differenze esistenti tra me e gli 1 2 3 4 5 6 7 altri partecipanti Comprendo meglio gli altri partecipanti e li rispetto di più

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nelle mie capacità

1 2 3 4 5 6 7

Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per il 1 2 3 4 5 6 7 mio sviluppo

29


Modulo 5: “Gestione dei conflitti” Nome dei partecipanti: ___________________________________________________ Data: ____/____/2015

Per favore, rispondi alle seguenti domande: A1. Pensi che le tecniche per la gestione del conflitto possano essere applicate in una classe di IFP per adulti?

□ Sì

□ No

A2. Se sì, puoi menzionare due o tre esercizi che si riferiscono alla gestione del conflitto e spiegare come possono essere applicati in classe? ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A3. Quali potrebbero essere le differenze tra il tuo attuale modo di gestire un conflitto e quello dello psicodramma? ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A4. Rispondi alla seguente tabella in base al tuo livello di accordo con le dichiarazioni e usando la seguente tabella chiave. Scegli la risposta con un cerchio: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Completamente in disaccordo Molto in disaccordo Parzialmente in disaccordo Né in accordo né in disaccordo Parzialmente d’accordo Molto d’accordo Completamente d’accordo

30


Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per il 1 2 3 4 5 6 7 mio sviluppo. Partecipando agli esercizi, sento che l’intero gruppo sia più 1 2 3 4 5 6 7 integrato. Sono riuscito ad esprimere le mie opinioni eda partecipare 1 2 3 4 5 6 7 di fronte agli altri membri del gruppo. Mi sono sentito/a parte del gruppo e ho partecipato 1 2 3 4 5 6 7 attivamente al corso In generale, dopo gli esercizi mi sento più motivato/a

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nei confronti degli altri partecipanti

1 2 3 4 5 6 7

Comprendo e apprezzo le differenze esistenti tra me e gli 1 2 3 4 5 6 7 altri partecipanti Comprendo meglio gli altri partecipanti e li rispetto di più.

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nelle mie capacità

1 2 3 4 5 6 7

Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per il 1 2 3 4 5 6 7 mio sviluppo.

31


Modulo 6: “Lavorare con i simboli” Nome del partecipante: ___________________________________________________ Data: ____/____/2015

Per favore, rispondi alle seguenti domande: A1. Per favore, spiega l’importanza dell’uso della simbologia nella pratica educativa: _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________

A2. Potresti descrivere un semplice esercizio psicodrammatico, orientato all’educazione per adulti, nel quale sono usati simboli per una reale vita di classe? _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________ _________________________________________________________________

A3. Rispondi alla seguente tabella in base al tuo livello di accordo con le dichiarazioni e usando la seguente tabella chiave. Scegli la risposta con un cerchio: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Completamente in disaccordo Molto in disaccordo Parzialmente in disaccordo Né in accordo né in disaccordo Parzialmente d’accordo Molto d’accordo Completamente d’accordo

32


Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per 1 2 3 4 5 6 7 il mio sviluppo Partecipando agli esercizi, sento che l’intero gruppo sia 1 2 3 4 5 6 7 più integrato. Sono riuscito a esprimere le mie opinioni e a partecipare 1 2 3 4 5 6 7 di fronte agli altri membri del gruppo. Mi sono sentito/a parte del gruppo e ho partecipato 1 2 3 4 5 6 7 attivamente al corso In generale, dopo gli esercizi mi sento più motivato/a

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nei confronti degli altri partecipanti

1 2 3 4 5 6 7

Comprendo e apprezzo le differenze esistenti tra me e gli 1 2 3 4 5 6 7 altri partecipanti Comprendo meglio gli altri partecipanti e li rispetto di più 1 2 3 4 5 6 7 Ho più fiducia nelle mie capacità

1 2 3 4 5 6 7

Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per 1 2 3 4 5 6 7 il mio sviluppo

33


Modulo 7: “Gioco di ruolo (Role playing)” Nome del partecipante: ___________________________________________________ Data: ____/____/2015

Per favore, rispondi alle seguenti domande: A1. Pensi che le tecniche di role playing possano apportare benefici alle pratiche educative per la IFP?

□ Sì

□ No

Se sì, per favore spiega perché: ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A2. Quali esercizi di role playing applicheresti nelle tue classi di IFP e perché? ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A3. Rispondi alla seguente tabella in base al tuo livello di accordo con le dichiarazioni e usando la seguente tabella chiave. Scegli la risposta con un cerchio: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Completamente in disaccordo Molto in disaccordo Parzialmente in disaccordo Né in accordo né in disaccordo Parzialmente d’accordo Molto d’accordo Completamente d’accordo

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Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per 1 2 3 4 5 6 7 il mio sviluppo Partecipando agli esercizi, sento che l’intero gruppo sia 1 2 3 4 5 6 7 più integrato Sono riuscito a esprimere le mie opinioni e a partecipare 1 2 3 4 5 6 7 di fronte agli altri membri del gruppo. Mi sono sentito/a parte del gruppo e ho partecipato 1 2 3 4 5 6 7 attivamente al corso In generale, dopo gli esercizi mi sento più motivato/a

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nei confronti degli altri partecipanti

1 2 3 4 5 6 7

Comprendo e apprezzo le differenze esistenti tra me e gli 1 2 3 4 5 6 7 altri partecipanti Comprendo meglio gli altri partecipanti e li rispetto di più

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nelle mie capacità

1 2 3 4 5 6 7

Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per 1 2 3 4 5 6 7 il mio sviluppo

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Modulo 8: “Condivisione col gruppo” Nome del partecipante: ___________________________________________________ Data: ____/____/2015

Per favore, rispondi alle domande: A1. Per favore, spiega l’importanza dell’uso della condivisione nella pratica educativa: ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A2. Sei in grado di presentare alcune tecniche di condivisione nella tua classe?

□ Sì

□ No

Se sì, per favore menziona quali di queste applicheresti e in quale situazione: ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________ ____________________________________________________________

A3. Rispondi alla seguente tabella in base al tuo livello di accordo con le dichiarazioni e usando la seguente tabella chiave. Scegli la risposta con un cerchio: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Completamente in disaccordo Molto in disaccordo Parzialmente in disaccordo Né in accordo né in disaccordo Parzialmente d’accordo Molto d’accordo Completamente d’accordo

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Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per 1 2 3 4 5 6 7 il mio sviluppo Partecipando agli esercizi, sento che l’intero gruppo sia più 1 2 3 4 5 6 7 integrato Sono riuscito a esprimere le mie opinioni e a partecipare di 1 2 3 4 5 6 7 fronte agli altri membri del gruppo Mi sono sentito/a parte del gruppo e ho partecipato 1 2 3 4 5 6 7 attivamente al corso In generale, dopo gli esercizi mi sento più motivato/a

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nei confronti degli altri partecipanti

1 2 3 4 5 6 7

Comprendo e apprezzo le differenze esistenti tra me e gli 1 2 3 4 5 6 7 altri partecipanti Comprendo meglio gli altri partecipanti e li rispetto di più

1 2 3 4 5 6 7

Ho più fiducia nelle mie capacità

1 2 3 4 5 6 7

Penso che usare questo tipo di tecniche sia stato utile per 1 2 3 4 5 6 7 il mio sviluppo

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3.4

Valutazione dei risultati Come si può vedere, la scheda di valutazione per il conduttore del corso propone una scala 1, 2, 3, 4, con 4 come grado più alto e corrispondente ad un apprendimento più completo. Ogni riga di questi modelli corrisponde a una competenza o capacità che i partecipanti adulti dovrebbero ottenere grazie alla formazione del corso. Le lettere indicano il livello di comprensione di ciascuna competenza. È responsabilità del conduttore del corso, quindi, di verificare i risultati che hanno ottenuto; se gli studenti non acquisiscono alcune competenze, perché queste ultime sono di livello troppo avanzato, o perché gli esercizi non sono realmente orientati verso alla loro acquisizione, ecc. Questi sono gli elementi che il conduttore dovrebbe prendere in considerazione nella valutazione finale del corso. È anche molto importante che il conduttore del corso, oltre a dare una valutazione numerica/quantitativa al corso, scriva anche un rapporto che raccolga le informazioni più qualitative della sessione. Gli interventi in psicodramma hanno un’importante componente emotiva che emerge attraverso diversi tipi di forme di espressione che non possono essere espresse dalla valutazione numerica ma sono spesso più importanti per il funzionamento del gruppo e le attività. Il conduttore del corso dovrebbe scrivere il modello di rapporto di valutazione per essere in grado di monitorare lo stato di avanzamento del gruppo per tutto il tempo. Le schede di valutazione per i partecipanti del corso sono una combinazione di domande aperte e scale Likert. Sia il conduttore del corso che il partecipante possono aggiungere nuove dichiarazioni a tutti i questionari proposti, purché lo ritengano necessario per effettuare una valutazione completa. I risultati ottenuti da una scala Likert sono calcolati sommando tutti i numeri indicati in ogni elemento Likert. Sono poi stabiliti i risultati minimi e massimi. Questi sono calcolati sommando il numero più basso della scala, 1, tante volte quanto il numero di dichiarazioni. Quindi, nel caso qui proposto, il numero1; 1 + 1 + 1. Per il massimo risultato, 7 si somma tante volte quanto il numero di dichiarazioni, in questo caso; 7 + 7 + 7. Così, il minimo in questo caso è 3, e il massimo è 21. Quando si valuta il risultato di un questionario, possiamo dire che, se è vicino a 5 allora l’opinione su quel conduttore per quanto riguarda lo svolgimento è alquanto sfavorevole. Un punteggio di 17 indica un opinione molto favorevole.

Per ottenere il risultato medio di un questionario è applicata la formula PT / NT, dove PT è il totale dei punti ottenuto sommando tutte le risposte e NT è il numero totale di dichiarazioni. Ho raggiunto gli obiettivi posti

1

2

3

4

5

6

7

Ho notato un cambiamento nella classe

1

2

3

4

5

6

7

Ho protetto l’integrità e il benessere degli studenti nel 1

2

3

4

5

6

7

corso degli esercizi In questo esempio, PT = 11. NT= 3. Quindi PT / NT=3,6 che è un punteggio di valutazione medio‐basso nella scala suggerita. In ogni caso, analizzare le risposte separatamente è utile a vedere i dettagli e a migliorare la comprensione delle opinioni di coloro che rispondono al questionario. 38


4. BIBLIOGRAFIA Bielskie Stowarzyszenie Artystyczne Teatr Grodzki (2009) GUIDELINES ON PSYCHODRAMA USE IN ADULT EDUCATION. POTENS multilateral Grundtvig project. Blatner, A. (2002) Role Playing in Education, http://www.blatner.com/adam/pdntbk/rlplayedu.htm Serafin, E. (2004) Psychodrama in der Erwachsenenbildung. (Psychodrama in the adult education) in F. von Ameln, R. Gerstmann, J. Kramer (eds) Psychodrama, Berlin, Heidelberg, New York: Springer

39


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