I SERVIZI PER L’INFANZIA DELLA RETE CO&SO FIRENZE
Co&So Firenze Gruppo Cooperativo
CO&SO GRUPPO COOPERATIVO
Coordinamento Claudia Calafati Direttrice Area Educazione Co&So Gruppo Cooperativo
Progetto grafico EDA Servizi
Ringraziamo per il loro contributo LE PERSONE che haNNO reso possibile la realizzazione di questa pubblicazione Il prof. Enzo Catarsi per la supervisione scientifica La dott.ssa Nima Sharmahd per la stesura del testo Le cooperative per la passione, la volontà di fare rete e l'impegno di questi due anni, in particolare i referenti e coordinatori dei nostri servizi: Paola Cecchi e Silvia Dini - cooperativa L'Abbaino Letizia Bambi, Michele Mannelli, Sefora Baldini, Serena Bernardini, Claudia Baglioni, Maria Cristina Sposato, Michela Amato - cooperativa Convoi Riccardo Fantaccini e Lara Alterini - cooperativa Giocolare Sabrina Baglioni, Desi Gensini, Simona Taglieri - cooperativa Alveare Marzia Emmer - cooperativa Il Koala Tutte le Êquipe educative (educatori e operatori) dei nostri servizi che, anche se non hanno partecipato direttamente al percorso formativo, hanno avuto modo di condividere gli argomenti dibattuti e hanno contribuito con propri spunti di riflessione I comitati dei genitori, laddove è stato possibile coinvolgerli I comuni che hanno condiviso con noi questo percorso e in particolare i partecipanti alla giornata del 24 ottobre 2012, che ringraziamo per la serena discussione e per le importanti indicazioni: Alba Cortecci, responsabile del Coordinamento 0-3, Silvia Soverini, Sabrina Mazzoni, Giovanna Malavolti, Maria Cristina Coragli, Lucia Casini, coordinatrici pedagogiche, Maria Cantori, amministrativa - Comune di Firenze Plinia Morelli, rappresentante del gruppo di coordinamento - Comune di Scandicci Monica Zamperini e Silvia Lascialfari - Comune di Calenzano Laura Tinti, responsabile servizi educativi - Comune di Pelago
INDICE UN PROGETTO DI FORMAZIONE ANTI CRISI
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PERCORSI RIFLESSIVI NEI SERVIZI ALL’INFANZIA
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BUSSOLE PER ORIENTARSI
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EDUCARE OGGI TRA DIFFERENZE E COMUNANZE
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CAPITOLO 1
LA CURA. TENDERE ALLA BELLEZZA E AL BENESSERE
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CAPITOLO 2
I SERVIZI ALLA PRIMA INFANZIA COME CONTESTI DI RELAZIONI
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CAPITOLO 3
LA PROFESSIONALITA’
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CAPITOLO 4
LE METODOLOGIE DI LAVORO NEI SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA
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CAPITOLO 5
VERSO LA QUALITA’
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CAPITOLO 6
IL SISTEMA INTEGRATO DEI SERVIZI
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LE COOPERATIVE E I SERVIZI PRIVATI DELLA RETE CO&SO GRUPPO COOPERATIVO 73
UN PROGETTO DI FORMAZIONE ANTI CRISI Claudia Calafati Direttrice Area Educazione Co&So Gruppo Cooperativo
e Linee guida educative che state sfogliando sono il frutto di un percorso formativo iniziato due anni fa. Un percorso che ha coinvolto i coordinatori e i referenti dei servizi all’infanzia delle cooperative dell’area educazione del consorzio, Alveare, Convoi, Giocolare, L’Abbaino, con la supervisione scientifica del Prof. Catarsi e il sostegno, in qualità di facilitatore del processo, di Nima Sharmahd. Gli obiettivi di questo investimento sono stati primariamente indirizzati allo scambio di buone prassi fra cooperative impiegate nella stessa area. Il primo anno si è concluso con la strutturazione dell’indice delle Linee guida il secondo ha portato la riflessione ulteriormente avanti concludendosi con la stesura scritta delle Linee guida stesse. Viste le finalità, la metodologia ha avuto un’impostazione maieutica, non si è trattato di offrire lezioni cattedratiche, quanto di stimolare il confronto e la discussione. Nel percorso abbiamo voluto coinvolgere tutti gli attori con i quali quotidianamente collaboriamo, le amministrazioni comunali, le famiglie, le équipe di lavoro, perché siamo convinti che una nuova energia provenga sempre dai legami.
In questo momento di forte crisi ci è sembrato importante e necessario continuare a investire nella formazione e nella qualità dei servizi con la consapevolezza dell’importanza dello scambio per uscire dall’autoreferenzialità. La formazione resta uno strumento fondamentale per rifondare legami di fiducia fra le persone, tra le diverse organizzazioni della nostra rete e con gli interlocutori della comunità; la formazione risponde anche al bisogno di rinnovare la passione delle persone per il progetto comune… perché sono le persone nei servizi che fanno la differenza e di questo siamo profondamente convinti! Con la speranza che questo lavoro sia un primo passo per continuare a sperimentare e praticare percorsi inediti e nuovi nei nostri servizi, ringrazio tutti quelli che hanno deciso di condividere con noi questo cammino, le cooperative per averci creduto con impegno e tempo personale e un grazie speciale a Nima che ha reso semplice ciò che sulla carta poteva sembrare impossibile!
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PERCORSI RIFLESSIVI NEI SERVIZI ALL’INFANZIA Enzo Catarsi Direttore del Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Firenze
educatrici e coordinatori/trici dei nidi coinvolti. Il frutto è davvero maturo, con la sottolineatura di aspetti significativi dei nidi Co&So Gruppo Cooperativo che, in questo modo, riprendono elementi portanti di quello che a noi piace denominare il Tuscany Approach. A cominciare dalla iniziale sottolineatura del bello, quale elemento basilare del progetto educativo del nido, che struttura i suoi spazi al fine di proporre ai bambini un ambiente intelligentemente strutturato, proattivo per la loro crescita, ma anche in grado di assicurare loro una precoce esperienza di educazione estetica. La convinzione è che, se vogliamo crescere nuove generazioni di buon gusto, dobbiamo farle vivere in ambienti esteticamente godibili. e l’iniziale richiamo al bello ha appunto questo significato. Gli altri capitoli non hanno minore importanza, proponendo – in una accogliente prospettiva ecologica – Linee guida assai puntuali in merito al significato delle relazioni e della professionalità educativa. I cuccioli umani sono, in primo luogo, esseri sociali, e i servizi per l’infanzia, proprio per questo, debbono caratterizzarsi come contesti di socialità. Questo documento fornisce un contributo sobrio ma incisivo in questa direzione e anche per questo gli diamo il benvenuto!
’università italiana, in particolare nei suoi ambienti umanistici, è stata storicamente separata dal mondo dei servizi territoriali ed ha avuto scarsi rapporti con quello delle professioni. Questo percorso, insieme ad altri dello stesso tipo, dimostra che anche in questo settore ci sono state grandi trasformazioni e si sono ottenuti importanti risultati. La presenza di chi scrive e di Nima Sharmahd, seppur in misura diversa, all’interno di questo percorso, appare, in effetti, assai indicativa. È il segno di una scelta culturale e politica che intende mettere il mondo della ricerca a sostegno delle professionalità educative e sociali, al fine di contribuire al miglioramento della qualità della vita – in questo caso – dei bambini e delle bambini frequentanti i nidi d’infanzia del consorzio Co&So Gruppo Cooperativo. Claudia Calafati ha già illustrato il senso e gli obiettivi del percorso compiuto. A me fa piacere valorizzarne i contenuti, esprimendo il compiacimento per il ruolo che vi ha svolto Nima Sharmahd, arrivando alla redazione finale di un testo che è stato davvero il frutto di un forte lavoro collaborativo del gruppo che lo ha ideato, composto da
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BUSSOLE PER ORIENTARSI UN PERCORSO DI “RIFLESSIVITA’ TRASFORMATIVA” Nima Sharmahd Assegnista di Ricerca Università di Firenze
competenti, all’interno dei quali i cammini individuali possano trovare spazio e orientamento. Il percorso per la stesura delle Linee guida pedagogiche Co&So Firenza è stato strutturato a partire da questo tipo di considerazioni, con l’intento comune di gettare le basi per la costruzione di un documento capace di orientare la quotidianità dei servizi, consapevoli del fatto che la realtà del consorzio deve necessariamente confrontarsi con identità molteplici, nel complesso tentativo di far dialogare il progetto consortile con quello delle cooperative in questione, all’interno di una cornice di senso facente capo all’Ente committente. Questo tipo di intreccio può essere sostenuto e realizzato solo garantendo momenti di incontro comuni, piste di confronto, spazi di scambio. Nello specifico, il progetto ha visto la partecipazione dei coordinatori e dei referenti delle cooperative socie. Per il primo anno, sono stati previsti sei incontri da febbraio a giugno 2011, gestiti con la presenza costante di chi scrive, nelle vesti di facilitatore della comunicazione, con il compito di stimolare la discussione tra i partecipanti stessi. Alcuni incontri hanno inoltre previsto la presenza di esperti che trattassero tematiche specifiche, sempre però in una prospettiva maieutico-induttiva che partisse dalle pratiche per stimolare la riflessione comune. Il secondo anno ha previsto altri sette incontri dedicati
e professionalità educative si trovano oggi costantemente tese tra l’utopia e la realtà, tra il teorico e il pratico, all’interno di una cornice mobile, che avanza in assenza di soluzioni universali preconfezionate, sempre tendendo alla faticosa ma inevitabile e stimolante ridefinizione di sé. La riflessività diventa allora categoria portante di questo tipo di professionalità, e i servizi per l’infanzia rappresentano contesti ricchi in tal senso, anche perché costituiti da una pluralità di persone, storie, identità, appartenenze che favoriscono lo scambio, laddove gli spazi di incontro vengano adeguatamente pensati e gestiti. Riflettere insieme apre dunque al confronto, nella consapevolezza che comuni e cooperative necessitano sempre più di delineare orizzonti comuni di senso che, pur valorizzando le specifiche identità di ogni contesto, sappiano muoversi nell’ottica di un vero e proprio sistema integrato di servizi, orientando la quotidianità di chi ogni giorno si confronta con piccole-grandi questioni educative. La qualità dei servizi per l’infanzia è infatti oggi in larga misura determinata dalla presenza di un progetto pedagogico forte, chiaro, intenzionale e flessibile a un tempo, condiviso all’interno dei gruppi di lavoro, grazie al fondamentale sostegno di una struttura di Coordinamento pedagogico capace di alimentare la riflessione. In questo senso si tratta di creare sistemi
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successivi, in modo da creare un percorso bottomup capace di partire dai reali bisogni e interessi dei partecipanti. Tenendo presenti questi punti, il gruppo si è accordato sull’elaborazione di Linee guida precise ma non limitanti, in grado di esplicitare in maniera chiara le intenzioni educative, declinandole in pratiche “a maglie larghe” che orientino, lasciando però allo stesso tempo sufficienti strade interpretative aperte al dialogo che ogni cooperativa deve intrattenere con il comune di appartenenza. Il percorso si è dunque “concluso”, nella consapevolezza che in campo educativo “ogni fine è un nuovo inizio”, e le domande che ci poniamo sono più importanti delle risposte, sempre parziali, che ci diamo. Si tratta dunque di “orientarsi”, mantenendosi allo stesso tempo pronti a lasciare aperta la strada allo “spaesamento”, alla sorpresa, alla capacità di riflettere per trasformarsi nuovamente, come hanno saputo fare i responsabili, i coordinatori, i referenti e i gruppi di lavoro coinvolti in questo cammino, ai quali va riconosciuto il merito di essere stati in grado di mettersi in discussione con quella “seria passione” che ogni contesto educativo vorrebbe poter riconoscere nel personale che vi lavora.
alla messa a punto delle Linee guida, attraverso la partecipazione attiva dei soggetti coinvolti, e una condivisione di quanto emerso con i singoli gruppi di lavoro, gli enti locali interessati e i rappresentanti dei genitori. Tra un incontro e l’altro, ogni partecipante ha infatti riportato quanto emerso all’interno dei propri gruppi di lavoro di riferimento, discutendo i contenuti sia nelle riunioni di équipe che durante gli incontri con i consigli dei genitori. Lo scopo voleva infatti essere quello di creare linee guida realmente partecipate che potessero tener conto dei punti di vista di tutti. Quanto scritto è stato consegnato in itinere ai responsabili dei comuni coinvolti, per poi essere condiviso e ridiscusso durante un fruttuoso incontro collettivo che ha visto la partecipazione del Prof. Catarsi, di dirigenti e coordinatori dei comuni, responsabili del consorzio Co&So Gruppo Cooperativo, referenti e coordinatori delle cooperative. La prospettiva è stata quella dell’autoformazione, e il progetto stesso, pur mantenendosi all’interno di una precisa cornice organizzativa, è stato costruito in itinere per quel che concerne i contenuti specifici. In base a quel che è emerso dai primi incontri, sono infatti stati strutturati quelli
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EDUCARE OGGI TRA DIFFERENZE E COMUNANZE
poliedrica identità, a prescindere dall’appartenenza o meno al medesimo contesto culturale di riferimento. In questo senso, ogni servizio educativo, inteso come luogo di convivenza di più individui che entrano in relazione tra loro, si pone come potenziale “spazio d’interculturalità”, regalandoci la possibilità di una riflessione non solo sull’altro, ma anche su noi stessi e sulla nostra storia. Educare oggi significa allora tener presente che il contesto in cui ci muoviamo è estremamente mobile, che non esiste la “cultura” intesa come elemento statico, che la nostra identità, e quella dei bambini e delle famiglie che incontriamo, è “multipla” e in continuo mutamento. A questa fondamentale tematica della differenza, della comunanza, dell’intercultura, abbiamo scelto di non dedicare un capitolo specifico delle Linee guida, per non correre il rischio di “ridurre” la pedagogia interculturale a un “appendice” della vita del nido. Vorremmo però esplicitare che le ragioni di questo tipo di scelta stanno proprio nel riconoscimento del ruolo fondamentale che attribuiamo all’intercultura, intesa come habitus trasversale all’intera quotidianità dei servizi all’infanzia, e più in generale della scuola. Per questo motivo, nelle pagine che seguiranno, al di là e oltre la provenienza specifica dei bambini e delle famiglie che frequentano i servizi, si parlerà di intercultura sempre e comunque,
ggi più che mai i servizi all’infanzia si fanno luoghi declinati al plurale, spazi di relazioni, all’interno dei quali occorre dare voce a una molteplicità di esperienze, di vissuti, di idee. Di conseguenza, l’educazione diventa necessariamente “educazione interculturale”, facendo qui riferimento a un’intercultura allargata che poggia sulle dimensioni dell’ascolto, del decentramento, della messa in discussione di sé. In questo tipo di prospettiva trova accoglienza anche il concetto di pluri-appartenenza, e la conseguente capacità di chi lavora con le persone di riuscire a fare spazio all’et-et più che all’aut-aut, al riconoscimento più che all’etichettamento, lontani dal rischio di una “definizione imposta” che costringa piccoli e grandi a dover scegliere tra le diverse parti che compongono la propria identità. Molte sono le idee e le azioni che i servizi per la prima infanzia possono mettere in campo in questo senso, tenendo presente che si tratterà di fare “un’intercultura quotidiana di piccole cose”, capace di allenare al pensiero divergente e alle similitudini e differenze che ci appartengono. Direbbe Bruno Rossi: «[…] in questione non sono il confronto e la relazione tra culture diverse, ma il confronto e la relazione tra persone culturalmente differenti». E “culturalmente differenti” siamo tutti noi, in quanto individui unici, ognuno con una propria storia e con una propria
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al riconoscimento delle risorse individuali e alla loro relazione con ciò che ci accomuna agli altri. Uno spazio specifico, in questo senso, viene riservato ai bambini e alle bambine diversamente abili, per i quali frequentare contesti educativi strutturati rappresenta un’opportunità particolarmente importante che consente di sperimentarsi nel gruppo dei pari, sulla base di un approccio olistico teso a prendere in considerazione l’intera persona, al di là di ogni parziale etichettamento. Anche in questo caso, i bambini diversamente abili diventano occasione di arricchimento per il gruppo stesso, laddove il progetto educativo del servizio sia capace di valorizzarne la presenza.
tutte le volte che si farà riferimento all’ascolto attivo, alla ricerca identitaria, allo sviluppo dell’autostima, alla pluri-appartenenza, alla capacità di decentrarsi, alla necessità di farsi domande e di stimolare il pensiero divergente, alla capacità di sorprendersi e di sospendere il giudizio. Detto questo, è però anche opportuno specificare che, se è vero che si tratta di tematiche insite nel concetto stesso di educare, è anche vero che oggi più che mai, occorre prestarvi particolare attenzione, dal momento che lavoriamo in contesti ricchi di convivenza plurietnica e pluri-linguistica, abitati da modelli familiari mobili e plurali e da molteplici idee e pratiche educative. In particolare, il fenomeno migratorio ha infatti cambiato volto in Italia negli ultimi anni, muovendosi in direzione di una stanzialità che vede crescere le seconde e terze generazioni dell’immigrazione, rendendo sempre meno netti i confini che vorrebbero definire l’ “italiano” e lo “straniero”, quel concetto di “noi” e “loro” che oggi non può che essere superato, sostituendo l’integrazione con l’interazione. L’incrocio di lingue, dialetti, usanze, significati, ci impone l’adozione di un pensiero e di un’azione declinati al plurale, costantemente pronti ad aprirsi e a interrogarsi. In un contesto pensato in questo modo, ogni differenza dovrebbe poter essere accolta e valorizzata, grazie
Tutto questo è ovviamente più facile a dirsi che a farsi, dal momento che il quotidiano confronto interculturale porta con sé potenziali difficoltà che, lungi dall’essere negate, devono invece essere riconosciute perché si facciano occasione di riflessione e di domande. Domande da condividere nel gruppo di lavoro e con il Coordinamento pedagogico, a partire dalla decostruzione dei più comuni concetti del fare e del pensare educativo, al fine di scoprirne i significati e di rinegoziarli con consapevolezza.
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CAPITOLO
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LA CURA TENDERE ALLA BELLEZZA E AL BENESSERE CHI DICE VITA DICE RITMI, CHI DICE RITMI DICE TEMPO, E LEGAMI CON IL COSMO JEANETTE BOUTON
Capitolo 1
1.1. “PRENDERSI CURA” IN EDUCAZIONE La cura è l’essenza del lavoro pedagogico, è il pensare e il fare educativo nel suo senso più pieno e più alto. Lungi dall’essere associato ad anacronistici concetti di assistenzialismo e custodia, il “prendersi cura” diventa capacità di creare spazi, tempi, occasioni, relazioni che sappiano generare benessere, in continuità con quanto sancito dalla L. 381/91 che indica come missione della cooperazione sociale la promozione del benessere nella comunità locale, obiettivo peraltro presente anche negli statuti delle cooperative sociali che fanno parte di Co&So Gruppo Cooperativo. (cfr. art. n. 1, 4, 5). Nei servizi per la prima infanzia è dunque importante che tutti i soggetti coinvolti – adulti e bambini – stiano bene, individualmente e insieme.
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Sono luoghi capaci di valorizzare il quotidiano. Non, dunque, luoghi di eventi straordinari, ma spazi in grado di riflettere sui piccoli-grandi eventi quotidiani per dar loro valore.
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Sono luoghi in cui si insegna la cura prendendosi cura. Niente è lasciato al caso, tutto è pensato, in modo che il legame tra teoria e prassi sia sempre circolare, e che vi sia sempre un perché sotteso alle nostre azioni.
Il nido e i servizi ad esso complementari1 ruotano attorno alle tre fondamentali variabili delle relazioni, degli spazi e dei tempi. In questo senso, dunque, queste sono le dimensioni di cui occorre prendersi cura. Per la complessità dell’argomento, dedicheremo alle relazioni tutto il prossimo capitolo, mentre di seguito specificheremo cosa intendiamo per cura degli spazi e dei tempi.
Questo significa che i servizi: • Sono luoghi di relazioni capaci di accogliere le identità di tutti/e, valorizzando risorse e potenzialità di ogni soggetto e del gruppo, dando voce alla dimensione individuale e collettiva che abita il servizio. •
1. Per facilitare la lettura, nelle prossime pagine utilizzeremo, in certi casi, il termine NIDO pur riferendoci con esso a tutte le tipologie di servizi per la prima infanzia esistenti. Allo stesso modo, in considerazione dell’alta percentuale di personale femminile impiegato, useremo il termine EDUCATRICE riferendoci anche agli educatori di sesso maschile, pur auspicando un maggiore coinvolgimento degli educatori uomini in questo settore. Anche il plurale BAMBINI verrà in certi casi utilizzato riferendosi sia ai bambini che alle bambine. Si specifica che si tratta di scelte dettate da ragioni puramente stilistiche e non di contenuto.
Sono spazi capaci di mediare tra intenzionalità e flessibilità, garantendo progetti coerenti che, proprio per questo, si rendono però anche aperti a quella ridefinizione e messa in discussione che l’accoglienza e la relazione con le “persone” sempre portano con sé.
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La Cura: tendere alla bellezza e al benessere
“nuove generazioni di buon gusto” occorrerà offrire loro contesti “belli” dentro i quali vivere.
1.2. CURA DEGLI SPAZI • La strutturazione degli ambienti all’interno del nido è legata a doppio filo al concetto di cura. Accogliere in una prospettiva ecologica significa infatti accogliere a 360 gradi, e il modo in cui gli spazi sono organizzati contribuisce certamente a creare o meno benessere. Noi siamo infatti anche gli ambienti in cui viviamo, gli spazi che abitiamo, e soprattutto siamo il modo in cui questi stessi luoghi vivono dentro di noi, il modo in cui sono percepiti. Per questo diventa tanto importante creare spazi generatori di benessere, consapevoli del fatto che la situazione ambientale in cui i bambini crescono deve essere “sufficientemente buona”, nel senso winnicottiano del termine. Non perfetta, dunque, ma “sufficientemente buona”, pensata, desiderata, e per questo stesso motivo, capace di trasformazione.
In questo senso diventa importante: • Prevedere in ogni servizio spazi, mobili, arredi per bambini e per adulti. Se il fine è il benessere di tutti, occorre infatti fare in modo che sia i piccoli che i grandi possano trovarsi a proprio agio, nell’atrio, come nella sezione, come nel bagno. A questo proposito, possiamo ad esempio prevedere una stanza, o (laddove questo non sia possibile) un “angolo genitori”, allestito con due poltrone e alcuni simboli di accoglienza (una pianta, delle tende alle finestre ecc.) che facciano sentire accolti anche gli adulti e che garantiscano la presenza di uno spazio apposito per eventuali colloqui con le famiglie. Stesso significato avranno le sedie da adulti che vengono utilizzate per le riunioni nido/famiglie al posto di quelle dei bambini, nonché l’utilizzo di una poltrona nella stanza della nanna, in modo che anche l’educatrice si senta a proprio agio ecc.
In questo senso, lo spazio dei servizi per la prima infanzia: • Si fa relazione, è relazione, nel momento in cui accoglie, veicola messaggi, “parla” attraverso arredi, colori, documentazioni, segni. È relazione nel momento in cui dà voce a chi lo abita, nel momento in cui si prende cura. •
È bello e dunque anche leggibile, aspetto questo fortemente legato alla possibilità di un utilizzo autonomo degli ambienti da parte dei bambini, ma anche degli adulti.
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L’impiego privilegiato di scaffali aperti, che permettano di vedere quel che vi è contenuto,
Si prende cura anche prestando attenzione all’estetica degli ambienti. In questo senso sarà dunque necessario abbellire l’ambiente con documentazioni coerenti ed “esteticamente belle”, consapevoli del fatto che, se vogliamo crescere
consentendo ai bambini di poter utilizzare gli oggetti e rimetterli a posto. •
La consapevolezza di educatori e operatori per primi rispetto alla cura da prestare ad arredi,
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Capitolo 1
giochi, materiali, nonché al loro ordine, in modo che anche i bambini possano fare altrettanto. •
La bellezza dei materiali stessi, che, pur senza estremizzazioni, vorremmo orientata alla valorizzazione di oggetti naturali e materiali di recupero e non strutturati, capaci non solo di educare a una coscienza ecologica, ma anche di favorire l’espressione della creatività.
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Prestare attenzione alla qualità, varietà e coerenza dei materiali offerti ai bambini, ossia prevedere oggetti non stereotipati e banali, ma capaci di stimolare il pensiero divergente, nonché giochi nei quali tutti i bambini e tutte le bambine possano riconoscersi, senza rischi di esclusione. Questa varietà non si traduce però in caos, ma resta ancorata a una forte cornice di coerenza orientata dai criteri appena esposti, ispirati alla valorizzazione dell’interculturalità, delle differenze di genere, della pluralità e della pluri-appartenenza (per es. bambole multietniche sia maschili che femminili; utensili per l’angolo della cucina che rappresentino anche le usanze di altri Paesi; utilizzo di libri plurilingue e di storie che stimolino lo sviluppo del pensiero divergente ecc.).
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Accompagnare la leggibilità degli ambienti con documentazioni appese alle pareti dei servizi. Documentazioni sensate, “belle”, che attraverso foto ingrandite o in sequenza, e scritte descrittive più che valutative, lontane da “slogan” e vicine alla
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La Cura: tendere alla bellezza e al benessere
naturalmente portati a suddividersi in piccoli gruppi. Ogni angolo privilegia una dimensione del gioco, per esempio il travestimento, il gioco simbolico, la lettura.
ricchezza del quotidiano, siano capaci di orientare raccontando storie e significati (cfr. cap. 4). Anche l’utilizzo di riproduzioni d’arte (per es. Mirò, Kandinsky, Klee), alcune delle quali posizionate ad altezza bambino, possono contribuire ad arricchire esteticamente lo spazio. •
Prevedere spazi collettivi e spazi individuali, cercando di dare voce a entrambe queste dimensioni del vivere al nido. È infatti importante che in un contesto del “noi” vi sia spazio anche per l’ “io”, ovvero vi sia la possibilità di esplorare e di appartarsi, di condividere ambienti e materiali, ma anche di poter godere di oggetti e spazi propri. Basti pensare, in questo senso, alla possibilità di avere, per esempio, un proprio armadietto personalizzato, il proprio lettino, la propria “buchina” per il cambio, il diario personale, scatole con oggetti personali che trasversalmente si fanno anche strumenti di continuità nido-famiglia.
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Allestire gli spazi in modo che facilitino la formazione di piccoli gruppi di bambini. Il piccolo gruppo rappresenta infatti una dimensione privilegiata di gioco che permette ai bambini di muoversi autonomamente e di valorizzare relazioni, e agli adulti di porsi come “registi” osservatori e sostenitori delle situazioni, più che come “propositori invasivi”.
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Allestire, dunque, gli spazi delle sezioni, dividendoli in angoli, in modo che i bambini siano
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Capitolo 1
1.3. CURA DEI TEMPI La dimensione della cura non può esplicitarsi senza prendere in considerazione i tempi degli adulti e dei bambini che abitano i servizi per la prima infanzia. Occorre tener presente che i bambini si sentono sicuri all’interno di contesti sufficientemente prevedibili (leggibili), sebbene questo non significhi l’impossibilità del cambiamento. Anzi. Se la discontinuità trova senso nelle maglie di un progetto forte di continuità, allo stesso modo la capacità di sorprendersi per qualcosa di inaspettato trova terreno fertile all’interno di un ambiente in grado di orientare e mettere a proprio agio. In questo senso la prevedibilità degli spazi e dei tempi si lega a doppio filo alla loro possibilità di trasformazione, laddove il nuovo si palesi all’interno di una cornice capace di renderlo affascinante, e non devastante. Nello specifico, possiamo dire che si apprende dall’esperienza solo quando si ha il tempo di entrarvi in contatto, di assaporarla e viverla a modo proprio, ascoltando e accogliendo quello che suscita in noi. Ecco perché, nei servizi alla prima infanzia, diventa importante:
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La Cura: tendere alla bellezza e al benessere
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Muoversi con gradualità, in modo da permettere a grandi e piccoli di “ambientarsi”, ossia di sentirsi sufficientemente “sicuri” per consentirsi anche esperienze nuove, di scoperta ed esplorazione.
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Favorire la conciliazione dei tempi individuali con quelli collettivi, dando voce a entrambe queste dimensioni.
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Dare tempo per ambientarsi. Occorre tempo per ambientarsi in ogni situazione. In questo senso, dall’entrata, al pasto, all’attività, al gioco, ognuno ha i propri tempi da rispettare per entrare in contatto con una nuova situazione. In particolare, l’ambientamento, inteso come il periodo iniziale di frequenza dei bambini e dei genitori, necessita di una particolare cura, incentrata sulla dimensione della gradualità e della personalizzazione degli interventi, privilegiando la strategia del piccolo gruppo, che consente l’instaurarsi di relazioni fruttuose che coinvolgono sia i grandi che i piccoli.
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Dare tempo alle relazioni, tra bambini, tra adulti, tra adulti e bambini. Occorre infatti tempo perché si instauri il contatto corporeo, il gioco comune, e quella fiducia reciproca che può essere solo il risultato, e non il presupposto, della relazione. Anche rispetto ai genitori, occorre dare e darsi tempo per accogliere l’esperienza del nido e i rapporti che crea, coltivando la partecipazione senza pretenderla.
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Dare tempo all’apprendimento e alla conoscenza, consentendo ai bambini di avvicinarsi alle esperienze proposte con le loro modalità e
i loro ritmi, di viverle e metabolizzarle a modo proprio, o anche di non avvicinarvisi affatto, se lo desiderano. Dare tempo significa infatti anche non giudicare e lasciare a ognuno la possibilità di essere. •
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Garantire “momenti del fare” e “momenti di ozio”, ossia consentire ai bambini di godere del tempo dell’attività ma anche di quello della riflessione, dello “stare con sé”. In questo senso la professionalità degli educatori si esplicita nella capacità di stare nel processo più che nell’ansia di arrivare al prodotto. Per esempio, un bambino che non vuole svolgere l’attività prevista, non dovrà essere forzato. Piuttosto dovrà essere accompagnato e rispettato nei suoi tempi e nelle sue modalità. “Non fare” diventa a volte per i bambini l’occasione per “osservare”, e anche questo è un modo per stare nelle situazioni. Allo stesso modo, un bambino che si ritaglia del tempo per giocare da solo, non necessariamente dovrà essere richiamato a unirsi al gruppo, perché stare da soli è una necessità di adulti e bambini, così come stare in compagnia. Anzi, la capacità di star soli e quella di relazionarsi sono legate a doppio filo tra loro e si valorizzano a vicenda. Starà al gruppo di lavoro riuscire a dare senso anche a queste modalità di stare nelle situazioni, per poi poterle valorizzare anche agli occhi delle famiglie, ricordando che il nido non è luogo di eventi straordinari, ma spazio capace di valorizzare la quotidianità e le piccole scoperte che la abitano.
Capitolo 1
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1.4. SPAZI E TEMPI PER VALORIZZARE LE ROUTINE E IL GIOCO Il nido e i servizi per la prima infanzia esplicitano tutta la loro rilevanza nel contribuire allo sviluppo identitario del bambino, soprattutto tramite l’investimento in quegli spazi ritualizzati che, oltre a scandire la quotidianità della vita del servizio, si pongono come occasioni privilegiate di relazione e quindi di costruzione del Sé. Le routine dell’entrata e dell’uscita, del pasto, del cambio, del sonno, diventano allora, non momenti da velocizzare per passare a ciò che “è importante”, ma occasioni di conoscenza, di relazione, di crescita a cui dedicare tempo e riflessione. Oltre a essere momenti di relazione, si tratta di occasioni fondamentali per lo sviluppo dell’autonomia. Un’autonomia che qui intendiamo nel senso più ampio del termine, non solo come capacità di “fare da sé”, ma anche e soprattutto come capacità di essere protagonisti delle proprie vite. In questo senso, per esempio, il semplice anticipare verbalmente ai bambini quello che si andrà a fare di lì a poco, rappresenta un piccolo-grande gesto di rispetto che consente a ognuno di “immaginare” quello che accadrà, e quindi di sentirsi partecipe dei propri spazi e dei propri tempi.
L’entrata e l’uscita si fanno spazi di condivisione informale (ma non per questo non pensata) con la famiglia, e dunque necessitano di sfuggire la frettolosità per favorire l’interazione e per dare tempo a piccoli e grandi di separarsi e ritrovarsi con gradualità, secondo i propri rituali e le proprie modalità. Si tratta di momenti da gestire cercando di garantire la possibilità di dialogo tra educatrice e genitore, all’interno di uno spazio non caotico.
2. Il pranzo è un momento in cui ci nutriamo sia di cibo che di relazioni. Occorrono dunque del tempo e uno spazio adeguato, per consentire agli adulti di potersi soffermare sulle verbalizzazioni dei bambini per rimandarle al gruppo, in modo da creare dialogo e scambio. Ancora una volta, il piccolo gruppo appare la dimensione più adeguata: prevedere tavoli con piccoli numeri di bambini accompagnati da un educatore che mangia insieme a loro (per garantire la dimensione “conviviale”, ma anche perché i bambini imparano principalmente per imitazione, quindi anche dall’esempio degli adulti), consente infatti lo svolgimento del pasto in un clima sereno all’interno del quale ognuno possa godere di tempi propri, pur all’interno di un contesto comune. In questo senso il pasto al nido privilegia possibilmente il mantenimento di posti fissi (pur all’interno di una cornice flessibile), capaci di garantire il “mio” nello spazio del “noi”, in considerazione del fatto che ognuno cerca “un proprio posto” nello spazio in cui vive, e scandisce la propria vita con rituali capaci di generare sicurezza. A maggior ragione i bambini, così
Nello specifico:
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La Cura: tendere alla bellezza e al benessere
come godono di un “proprio posto” con il lettino personalizzato o con l’armadietto individuale, possono sentirsi rassicurati dalla possibilità di avere un posto fisso in cui riconoscersi, sebbene lontani da eccessive e controproducenti rigidità. Anche in questo caso solo la gestione adeguata del tempo e l’utilizzo di strumenti idonei a misura di bambino (per es. brocchette da ¼ di litro, ciotole e mestoli a misura di bambini per servirsi da sé, nonché strategie come quella di scegliere un “cameriere” tra i bambini che ogni giorno aiuti ad apparecchiare e sparecchiare) consentirà ai piccoli di essere protagonisti attivi e responsabili di questo momento. 3. Il cambio rappresenta un altro momento particolarmente delicato e importante. Per questo occorre dedicarvi il giusto tempo, in modo da trasformarlo in momento di acquisizione di autonomia da un lato (attraverso l’uso progressivo del water, il lavarsi le mani da sé, vestirsi/svestirsi da sé ecc.) e di relazione con l’altro. Perché questo sia possibile occorre che spazi e tempi siano gestiti in maniera adeguata. Per esempio, l’educatore dovrà avere tutto l’occorrente accanto a sé, ci dovrà essere un numero adeguato di water, il fasciatoio dovrà essere ad altezza educatore, i lavandini dovranno essere ad altezza bambino ecc. Allo stesso modo in bagno ci dovrebbero essere uno o più specchi, in modo da favorire, tramite il gioco, il riconoscimento di sé da parte dei bambini. 4. Il sonno rappresenta un’altra routine importante. Un bambino che si addormenta è infatti un
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Capitolo 1
Fuori e dentro le routine, nel corso dell’intera giornata al nido, i bambini giocano. Il gioco è dunque ovviamente dimensione essenziale da valorizzare nei servizi all’infanzia. Attraverso il gioco il bambino si esprime, sperimenta, conosce, si relaziona. Attraverso il gioco il bambino vive. È dunque necessario che i servizi per la prima infanzia possano disporre di spazi e tempi capaci di consentire:
bambino che “si fida” di quell’ambiente, che accetta di “abbandonarsi” chiudendo gli occhi sul mondo per poi poterli riaprire certo di ritrovare visi conosciuti. Si comprende allora quanto diventi importante essere capaci di creare spazi e tempi in grado di accogliere questo particolare momento. Nello specifico la stanza del riposo dovrà essere arredata con colori tenui e la luce dovrà essere bassa e soffusa, dovrà prevedere lettini personalizzati (con oggetti, foto, ecc.), in modo da dare voce anche all’ “io” nello spazio del “noi”. Il sonno dovrà inoltre “poter godere dei propri tempi”, riservando cura e attenzione specifiche al momento dell’addormentamento e a quello del risveglio. In questo senso, ad esempio, i bambini che dormono di più non vengono svegliati, ma vengono piuttosto accompagnati nelle varie fasi di passaggio richieste, e quelli che si svegliano prima, o non sono abituati a dormire, non sono costretti a rimanere nella stanza del sonno se non lo desiderano, ma possono tornare in sezione.
•
Gioco libero, ossia momenti in cui i bambini giocano liberamente all’interno dello spazio, alla presenza di un adulto che avrà funzione di regia più che di propositore di attività.
•
Attività strutturate, ossia momenti di gioco strutturato con la proposta di attività specifiche in piccolo gruppo che mirino allo sviluppo delle capacità espressive, motorie, linguistiche, cognitive.
Sebbene si tratti di occasioni differenziabili, entrambi questi momenti si baseranno su una metodologia di lavoro comune, che punterà sul processo più che sul prodotto, e su una concezione del nido inteso come luogo di relazioni capace di valorizzare la ricchezza e le piccole scoperte del quotidiano. In questo senso, i due momenti, pur conservando le loro differenze, si pongono lungo una linea di continuità ben definita che apre le porte al concetto di programmazione evolutiva (cfr. cap. 4), nell’intento principale di accompagnare i bambini nel processo di conoscenza creativa del mondo che li circonda. L’educatrice conserverà dunque sempre il proprio ruolo di ascoltatrice e osservatrice attenta, pronta a far dialogare le proprie intenzionalità
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La Cura: tendere alla bellezza e al benessere
con le proposte, i vissuti, le idee dei bambini stessi, accogliendo le trasformazioni che ne conseguono, con particolare attenzione alla valorizzazione di comunanze e differenze che il sostegno dell’adulto può aiutare a sviluppare. Particolare attenzione dovrà essere dedicata al rispetto delle differenze individuali, pur all’interno di un contesto di gruppo. Ogni bambino è infatti portatore di una propria storia e di propri vissuti che dovranno essere tenuti in considerazione nella gestione di qualsivoglia attività e momento. Lingue, abitudini, tempi, storie, competenze, dovranno trovare spazio specifico in ogni servizio, tendendo costantemente alla ricerca di un equilibrio tra bisogni individuali collettivi. Gioco libero e gioco strutturato godranno dunque di fruttuose contaminazioni reciproche, capaci di dare valore alle piccole scoperte dei bambini, per arricchire e sostenere i percorsi progettati, in una prospettiva interculturalmente sempre attenta alle “molteplici intelligenze” dei bambini e a quei “cento linguaggi” espressivi che Loris Malaguzzi invitava ad ascoltare.
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CAPITOLO
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I SERVIZI ALLA PRIMA INFANZIA COME CONTESTI DI RELAZIONI
QUANDO DUE SENTIERI SI INCONTRANO AMICHEVOLMENTE IL MONDO INTERO DIVENTA UNA CASA HERMANN HESSE
Capitolo 2
2.1. PERCHE’ STARE IN RELAZIONE I servizi per la prima infanzia, nel loro complesso cammino di emancipazione dalla visione assistenziale che per lungo tempo ne ha permeato l’immagine, hanno cercato di costruirsi un’identità propria, ponendo l’accento sugli aspetti educativi del lavoro con i bambini. Aspetti che trovano una loro esplicitazione nella cura verso la dimensione relazionale che anima i servizi, oggi intesi appunto come luoghi di relazioni, come spazi di incontro. Occorre infatti tener presente che la condizione familiare è profondamente cambiata negli ultimi decenni, i modelli familiari sono complessi, plurali, mobili, e sempre più le famiglie si trovano a vivere l’esperienza genitoriale in solitudine. Molte sono le origini culturali, le lingue, le usanze che oggi si incontrano nei nidi. Il fenomeno del figlio unico, sempre più diffuso, fa poi sì che i bambini stessi si trovino spesso a trascorrere i primi anni della propria vita in mancanza di quel confronto intra-generazionale che rappresenta invece un tassello fondamentale per la crescita di ogni persona. Ecco allora che, oggi più che mai, i servizi 0-3 anni diventano spazi di accoglienza per piccoli e grandi, occasioni per fare rete e dare vita a costruttivi scambi di esperienze, in una prospettiva di educazione interculturale intesa in senso ampio e trasversale. In questo senso i servizi per la prima infanzia sono:
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•
Spazi che sostengono la costruzione dell’identità dei piccoli. L’identità del bambino si costruisce anche in base alle relazioni che egli riuscirà a instaurare con se stesso e con gli altri, nonché secondo l’immagine che egli interiorizzerà di tali rapporti. Tutto questo comporta un notevole sforzo di integrazione e decentramento che può venir promosso solo nella misura in cui il nido diventi contenitore affettivo con funzione di unificatore di esperienze.
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Spazi che valorizzano le identità di piccoli e grandi, dando voce alla pluri-appartenenza e alle diverse e molteplici possibilità di “essere”, al di là e oltre qualsiasi forma di etichettamento e giudizio.
•
Spazi capaci di mettere in relazione le identità che li abitano. I servizi alla prima infanzia si fanno infatti promotori di scambi tra bambini, tra bambini e adulti, tra adulti e adulti, in modo da farsi luoghi educativi sia per i bambini che per le famiglie, secondo un vero e proprio principio di co-educazione. Le relazioni al nido si basano sul principio della reciprocità, secondo la quale ogni soggetto (bambini e adulti) ha saperi e competenze differenti e complementari, e in questo senso ognuno rappresenta una risorsa per sé e per il gruppo, al di là e oltre qualsiasi presunta superiorità dell’uno sull’altro.
i servizi alla prima infanzia come contesti di relazioni
•
Spazi capaci di creare appartenenza, valorizzando il legame nido-famiglie-territorio. Il nido si nutre infatti dell’identità del territorio in cui abita, con il quale occorre dialogare, in modo da consentire a bambini e adulti di partecipare e vivere in modo attivo la propria cittadinanza e il legame che ne consegue (cfr. cap. 6).
2.2. COME STARE IN RELAZIONE Per fare in modo che i servizi per la prima infanzia siano contesti capaci di sostenere e generare relazioni, occorre che le educatrici che vi lavorano acquisiscano determinate competenze relazionali che le mettano in grado di: • Ascoltare e decentrarsi. L’ascolto attivo presuppone la capacità di “andare verso l’altro” con empatia, di interessarsi con tutti i sensi. Si tratta di un ascolto “interculturale”, inteso nel senso più ampio del termine, non tanto come incontro tra culture differenti, quanto tra persone culturalmente differenti. Occorrerà, quindi, decentrarsi, decostruire le proprie certezze per farle dialogare con quelle degli altri, siano essi bambini, genitori o colleghi. •
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Sospendere il giudizio. L’educatrice si relazionerà sospendendo il proprio giudizio, ossia lasciando libera espressione all’altro, senza imbrigliarlo in etichette predefinite. In questo senso l’utilizzo di un linguaggio (e, prima ancora, di un pensiero) descrittivo e non valutativo può aiutare a comunicare con i genitori con autenticità e apertura, e a relazionarsi con i bambini senza pre-definirli svilendone l’identità. Ecco allora che, per esempio, invece di dire “Giulio è aggressivo” o “Giulio è socievole”, si descriverà il comportamento manifestato da Giulio in quella determinata circostanza, contestualizzando gli eventi senza
Capitolo 2
giudicare la persona nella sua totalità. Nello specifico, l’educatrice diventa per il/la bambino/a fondamentale veicolo di riconoscimento della propria individualità e, in quanto tale, deve riuscire ad assumere un atteggiamento avalutativo, nel tentativo di accogliere le forme di espressione di sé che ogni bambino propone. Solo in questo modo sarà possibile evitare i rischi dell’effetto Pigmalione dovuti a un etichettamento precoce che potrebbe minare la strutturazione identitaria in fase di evoluzione. •
Incoraggiare. L’atteggiamento dell’educatrice sarà improntato a una “positività” capace di “vedere sempre il bicchiere mezzo pieno”, e quindi di sostituire il giudizio con la scoperta. A questo proposito, molto utile può essere l’utilizzo delle tecniche non direttive di derivazione rogersiana, le quali, attraverso il rispecchiamento, la conferma, il rinforzo sociale, incoraggiano l’altro ad esprimersi il più liberamente possibile nell’interazione.
•
Comunicare con tutti i sensi. Si farà attenzione sia al piano verbale che a quello non verbale, ossia al linguaggio ma anche ai gesti, nonché all’organizzazione dello spazio e dei tempi, intesi qui come contesti di relazione. Comunicare significa infatti anche capacità di stare, ossia di dare/darsi tempo e spazio, di vivere quello che la relazione genera senza fretta di “risolvere”. La trasformazione può avvenire, infatti, solo a seguito del riconoscimento.
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i servizi alla prima infanzia come contesti di relazioni
2.3. CHI STA IN RELAZIONE I soggetti che si relazionano nei servizi per la prima infanzia sono persone. Questo significa che si tratta di soggetti che entrano nei servizi con i loro vissuti e con la loro storia, da tener presente e valorizzare. Nello specifico, nel nido (e nei servizi complementari) molte persone si relazionano tra loro: educatrici/ tori, bambine/i, operatrici/tori, famiglie, coordinatori pedagogici e tecnici ecc. Rimandiamo al terzo capitolo la presa in esame di tutte le figure professionali che fanno parte del servizio, concentrandoci in questo paragrafo sulla principale triade che abita il nido facendosi colonna portante di tutto il sistema di relazioni che ne costituisce l’identità: •
La bambina/il bambino, con la propria unicità da rispettare e valorizzare, senza correre il rischio di etichettamenti precoci che rischiano di svilire la personalità individuale. La bambina/il bambino è una persona con differenze e similitudini (di genere, di origine culturale, di percorsi, psicofisiche ecc.) che la/lo contraddistinguono e allo stesso tempo la/lo legano al resto del gruppo. È una persona desiderosa e capace di apprendere con tutti i sensi; desiderosa e capace di instaurare relazioni plurali e significative con adulti e coetanei; desiderosa e capace di dare senso al mondo tramite il gioco, l’esercizio della fantasia, l’espressione dei propri vissuti.
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•
La famiglia, intesa come contesto nel suo insieme, composto da persone che entrano al nido con la loro personalità e la loro storia, con le proprie idee ed emozioni da riconoscere e rispettare. La famiglia, o meglio le famiglie, al di là di qualsiasi modello predefinito, sono contesti primari di crescita per i bambini, e come tali devono essere accolte nei servizi per la prima infanzia, come partner e risorse fondamentali nel progetto di co-educazione del servizio stesso.
•
L’educatrice/educatore, intesa/o come persona con una propria storia e con propri vissuti di cui essere consapevole. La consapevolezza è infatti un ingrediente fondamentale della professionalità di chi lavora con bambini e famiglie. Essere consapevoli di sé, delle proprie idee, delle proprie emozioni, delle proprie azioni, rende capaci di relazionarsi con empatia ma senza confondersi con gli altri, e di avere sempre presente il significato sotteso alle pratiche educative adottate. L’educatrice/ore sarà dunque una/un professionista in grado di equilibrare intenzionalità e flessibilità, grazie alla sua capacità di osservazione, di ascolto, di decentramento, tesa a costruire relazioni aperte, non sterili, all’insegna dell’autenticità. Questo tipo di professionalità si realizza anche e soprattutto grazie alla riflessività circolare che avviene all’interno del gruppo di lavoro, in una prospettiva di collegialità che rende il singolo parte di un tutto più ampio al quale sente di appartenere e del quale desidera prendersi cura.
Capitolo 2
Abbiamo voluto mettere l’accento su questa fondamentale “triade relazionale”, ma non possiamo qui non fare riferimento alla figura dell’operatore ausiliario, che, lungi dall’essere mero esecutore, condivide la quotidianità del nido con educatrici, famiglie, bambini. In questa sede ci preme sottolineare che l’operatore, oltre a occuparsi del riordino e della pulizia, si fa supporto al gruppo di educatori, sia nella gestione di alcuni specifici momenti, che nelle relazioni con i bambini e con le famiglie, pur nella specifica differenza di ruoli e responsabilità.
2.4. LE RELAZIONI POSSIBILI RELAZIONI TRA BAMBINE/I I bambini e le bambine sono capaci di relazionarsi tra loro. Sono capaci e desiderosi di conoscersi e di interagire sia in maniera cooperativa che conflittuale. Entrambe queste dimensioni hanno la loro importanza e possono essere valorizzate. In questo senso, l’educatrice cerca di sostenere i bambini nella gestione autonoma delle proprie relazioni, valorizzando le interazioni tra i pari e generando autostima. Potrà, ad esempio, sostenere i giochi spontanei dei bambini, ma anche rispecchiare o espandere le loro verbalizzazioni, riportandole eventualmente nel piccolo gruppo, in modo da favorire il dialogo e il confronto. Si darà in questo modo spazio alla capacità dei bambini di vivere e reinventare il mondo attraverso il gioco e l’immaginazione, valorizzando quel pensiero divergente che accompagna la rilettura critico-creativa di ciò che li circonda. Allo stesso modo, sarà importante sostenere i bambini nella gestione dei propri conflitti, senza sostituirsi a loro, ossia senza fornire soluzioni preconfezionate, per favorire invece la risoluzione del conflitto da parte dei bambini stessi. In questi casi, l’utilizzo di strategie di incoraggiamento verbale, così come l’uso di un tono di voce pacato e una postura ad altezza di bambino, possono essere elementi capaci di creare situazioni di “benessere” facilitanti il dialogo.
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i servizi alla prima infanzia come contesti di relazioni
Come ogni percorso, anche quello della costruzione del rapporto nido-famiglia è fatto di tappe, ossia di occasioni di scambio che hanno lo scopo di creare relazione. In questo senso, è importante che ogni servizio preveda alcuni momenti di incontro fondamentali, che poi ogni nido potrà arricchire sulla base della propria storia:
RELAZIONI BAMBINO/EDUCATRICE L’attenzione andrà alla dimensione collettiva, ma anche a quella individuale dello stare al nido, e in questo senso, l’educatrice instaurerà una relazione specifica con ogni bambina/o, dedicandole/gli un po’ di tempo “personalizzato”. In questo modo riconoscerà l’individualità di ognuno ponendosi come figura adulta significativa nella crescita dei bambini, senza però identificarsi né con un sostituto materno, né con un insegnante di scuola. In ogni tipo di proposta, si tratterà di collocarsi nella vygotskiana “zona di sviluppo prossimale” di ognuno, proponendo stimoli “giusti” (né troppo né troppo poco) che partano “da dove il bambino è” per accompagnarlo “fino a dove può arrivare”.
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RELAZIONI FAMIGLIE/EDUCATRICI Famiglie ed educatrici sono partner nel percorso di crescita dei bambini. Una relazione di questo tipo ha bisogno di tempo per costruirsi, perché si basa sull’acquisizione di un profondo grado di fiducia reciproca che può essere solo il risultato di un percorso, e non il suo presupposto di partenza. In questo senso, particolare attenzione andrà prestata al rispetto delle storie e delle modalità relazionali di ognuno, nella consapevolezza che è fondamentale cercare di esplicitare l’implicito in maniera chiara e pensata. Un aspetto, quest’ultimo, che può essere preso in considerazione nel rapporto con tutte le famiglie, e in special modo con chi “viene da lontano”, in considerazione del fatto che il concetto stesso di “partecipazione” assume significati differenti per ognuno di noi, anche in base al contesto culturale di provenienza.
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Riunioni, che hanno lo scopo di discutere con le famiglie questioni che riguardano tutto il servizio. In particolare, sarebbe opportuno prevedere almeno una riunione iniziale, una di metà anno e una finale, da condurre in un clima di scambio capace di mettere a proprio agio. Per questo non è irrilevante la stessa organizzazione spaziale che fa da cornice all’incontro, che dovrebbe essere svolto in un ambiente accogliente, con le sedie collocate in circolo e le educatrici disposte in mezzo ai genitori, per evitare quella contrapposizione noi/loro che una cattedra o uno “schieramento” del personale di fronte alla “platea” potrebbero far supporre. Nello specifico, la riunione di inizio anno con i nuovi iscritti, che ha luogo a settembre, o preferibilmente a giugno/luglio, ha lo scopo non solo di informare i genitori sull’organizzazione del servizio, ma anche di gettare le prime basi per un rapporto di fiducia reciproca, nel tentativo di rassicurare le famiglie circa le proprie eventuali preoccupazioni. Durante l’assemblea è quindi importante creare un clima distensivo, magari visionando delle foto e proiettando power point o video sulla vita del nido, oltre che facendo visitare i locali che compongono lo spazio.
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2. Incontri di sezione, che riuniscono i genitori e le educatrici di una particolare sezione, con lo scopo di discutere e confrontarsi più approfonditamente sulle questioni che riguardano quello specifico gruppo di bambini, genitori ed educatrici. Anche in questo caso valgono i principi sopra esposti, che mirano a creare un clima accogliente, in cui le famiglie si sentano a proprio agio e possano proporre, incontrarsi, discutere. Uno degli obiettivi di questi incontri consiste infatti nel cercare di rendere protagonisti i genitori stessi invitandoli a condividere idee ed esperienze tra loro e con le educatrici. 3. Colloquio individuale. Il colloquio rappresenta un’occasione d’incontro offerta a un genitore e a un’educatrice al fine di discutere questioni inerenti quel particolare bambino/a. In genere, sarebbe opportuno prevedere un colloquio preambientamento, uno post-ambientamento e uno di fine anno, oltre a garantire la possibilità di colloqui in itinere ogni qualvolta ve ne sia necessità. Per la sua finalità prettamente relazionale, il colloquio viene solitamente gestito con una griglia di riferimento, piuttosto che con un più impersonale e potenzialmente “giudicante” questionario. Il colloquio pre-ambientamento ha l’obiettivo non solo e non tanto di ottenere informazioni importanti riguardanti le abitudini del bambino, ma soprattutto di creare un primo momento di rapporto individualizzato educatricegenitore/i. Il colloquio costituisce anche un momento di sostegno verso la famiglia che si
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i servizi alla prima infanzia come contesti di relazioni
apertura di quest’ultimo verso l’esterno. Si tratta di occasioni meditate, ma guidate da dinamiche informali che consentono maggiore rilassatezza. Sebbene si tratti di momenti “informali”, occorre comunque che siano occasioni pensate, sulle quali il gruppo ha avuto modo di riflettere per adottare strategie lontane da “slogan” banalizzanti, e capaci invece di porsi in continuità con il lavoro di quell’anno, con quel gruppo di bambini e di adulti.
accinge a intraprendere la delicata esperienza dell’ambientamento, ed è per questo che l’attenzione delle educatrici sarà indirizzata a cogliere le aspettative del genitore, attraverso l’utilizzo di strategie comunicative incoraggianti facenti capo alle tecniche rogersiane del rispecchiamento. Una volta terminato l’ambientamento, può essere poi organizzato un colloquio post-ambientamento, condotto con le stesse modalità sopra citate, nell’intento di offrire a educatrice e genitore un’occasione di confronto sull’esperienza appena trascorsa. L’ultimo colloquio di fine anno cercherà di favorire il confronto delle esperienze vissute da educatrice e genitore in relazione al percorso proprio e del bambino, esplicitando altresì le aspettative future. 4. Laboratori. Sono occasioni d’incontro strutturate, in cui educatrici e genitori si impegnano a “creare qualcosa” insieme. Da una parte la funzione del laboratorio consiste nello stimolare la partecipazione delle famiglie alla vita del servizio. Reperire materiali, fare insieme, costruire per uno spazio comune, alimenta infatti quel senso di appartenenza che contribuisce a sentirsi parte di un progetto condiviso al quale si desidera partecipare. Allo stesso tempo il laboratorio offre un’occasione d’incontro tra i genitori stessi, che si trovano a condividere l’esperienza del nido e della crescita di figli piccoli e hanno spesso necessità di spazi e tempi in cui confrontarsi.
6. Incontri informali individuali, che hanno luogo per lo più nei momenti dell’entrata e dell’uscita, quando educatrice e genitore si confrontano su argomenti inerenti il bambino, al di fuori da situazioni formalmente organizzate. L’entrata implica che l’educatrice presti attenzione alla coppia genitore/bambino appena giunta, nell’intento di facilitare ogni volta il distacco, anche accompagnando eventuali rituali rassicuranti. Allo stesso modo anche il momento dell’uscita prevede la concentrazione dell’educatrice sulla coppia genitore/figlio, con l’obiettivo ora non di separarla ma di ricongiungerla, riconsegnando al genitore non solo il bambino ma anche, per quanto possibile, l’esperienza che egli ha vissuto durante la giornata. All’educatrice spetta il compito di non lasciare questi spazi in preda alla casualità e all’improvvisazione, bensì di essere consapevole, in accordo con tutto il gruppo di lavoro e con il più ampio contesto che lo sostiene, dell’intenzionalità educativa sempre sottesa ai suoi interventi.
5. Feste, ossia occasioni di socializzazione e di condivisione della vita del nido, nonché di
7. L’ambientamento, che consiste in un primo periodo di conoscenza educatrici/genitori/
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Capitolo 2
bambino, teso a consentire un distacco graduale bambino/genitore. L’ambientamento rappresenta 1) il primo impatto del bambino con lo spazio, con le educatrici, con i compagni; 2) un momento in cui l’educatrice ha l’opportunità di osservare realmente l’interazione tra il genitore e il figlio; 3) una prima occasione di partecipazione del genitore alla vita del nido che lo aiuti a prendere confidenza con questa nuova realtà; 4) uno spazio di approfondimento della relazione nidofamiglia. Certamente un contributo significativo al processo di rassicurazione del genitore, ma anche del bambino, viene anche dallo scambio con le altre famiglie che stanno sperimentando quella stessa esperienza. Ecco perché oggi la modalità di ambientamento più diffusa nei nidi è quella del “piccolo gruppo”, che prevede l’ambientamento scaglionato nel tempo di gruppi esigui di bambini e genitori. È così che piano piano la triade si apre a un contesto più ampio, e i piccoli e i grandi abitanti del nido cominciano a conoscersi tra di loro. Oltre ai momenti di incontro appena elencati, la partecipazione dei genitori alla vita del servizio viene garantita dalla presenza di un Consiglio dei Genitori, formato da una rappresentanza di genitori e di educatrici che si incontrano durante l’anno per discutere e prendere decisioni in merito alla vita del servizio stesso. Ogni servizio potrà poi arricchire questi momenti di incontro con altre occasioni legate alla propria storia e a quella del territorio nel quale si trova. Pensiamo, ad
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i servizi alla prima infanzia come contesti di relazioni
esempio, a incontri a tema con le famiglie, “giornate aperte”, “giornate del genitore” al nido, progetti che coinvolgano i nonni, fino a percorsi legati ai CIAF, o a collaborazioni con le biblioteche della zona, miranti a valorizzare la lettura tramite la strutturazione di progetti di prestito di libri, trasversalmente orientati a costruire continuità nido-famiglie-territorio.
la distribuzione della leadership, e verrà data voce alle idee di tutti/e, dando spazio al confronto e all’eventuale conflitto, per garantire la gestione del conflitto stesso in termini costruttivi. Quei “principi interculturali” dell’ascolto e del decentramento che ci proponiamo di adottare con bambini e famiglie, verranno allora allo stesso modo messi in campo nel gestire le relazioni nel gruppo di lavoro. Ecco allora che diventa importante prevedere un tempo e uno spazio per lo scambio di opinioni e per la riflessione comune nel gruppo. Per questo è necessario che siano previste riunioni calendarizzate e momenti di confronto in presenza del Coordinatore pedagogico, in modo da mediare le situazioni, dare spazio alle domande, decostruire i concetti e rinegoziare significati comuni. Ogni équipe dovrà inoltre poter contare dello scambio con altre équipe, al fine di scongiurare il rischio di sviluppare un “monadismo autoreferenziale” che impedisce la crescita e l’arricchimento reciproco.
RELAZIONI FAMIGLIE/FAMIGLIE I servizi per la prima infanzia si fanno spazi di incontro tra famiglie, diventando in questo modo, luoghi di educazione familiare. Attraverso l’organizzazione di laboratori, incontri di sezione, incontri a tema, o, ancor più nello specifico, di veri e propri percorsi di educazione familiare, i servizi offrono alle famiglie occasioni di confronto tra genitorialità simili e differenti a un tempo, che raramente trovano occasioni di scambio. Attraverso strategie incoraggianti e non giudicanti, le educatrici possono sostenere il confronto in queste situazioni, lungi dal porsi come esperti detentori di un sapere superiore portatore di soluzioni preconfezionate. L’intento sarà allora quello di favorire l’instaurarsi di legami, valorizzando allo stesso tempo le potenzialità e le risorse di tutti/e.
RELAZIONI TRA COLLEGHE/I Il gruppo di lavoro mira al benessere di tutti i suoi membri, condizione importante per garantire benessere anche a bambini e famiglie. In questo senso il gruppo dovrà considerare le individualità delle persone che lo compongono, cercando di sfuggire le etichettature e l’irrigidimento in ruoli sterili. Verrà quindi favorita
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CAPITOLO
3
LA PROFESSIONALITA’ IL VERO VIAGGIO DI SCOPERTA NON CONSISTE NEL CERCARE NUOVE TERRE MA NELL’AVERE NUOVI OCCHI MARCEL PROUST
Capitolo 3
3.1. LE COMPETENZE PROFESSIONALI DEL MESTIERE EDUCATIVO
•
Culturali e psico-pedagogiche, legate 1) a una formazione inerente temi pedagogici e di psicologia dello sviluppo; 2) alla necessità che educatrici ed educatori siano donne e uomini del loro tempo, partecipi della vita socio-politica del contesto in cui si trovano.
•
Metodologico-didattiche, con particolare riferimento alla capacità di chi lavora nei servizi di mantenere teso il filo tra teoria e prassi, tra intenzionalità educativa e flessibilità. In questo senso occorrerà avere capacità di programmare, verificare, valutare, osservare e documentare, intese come dimensioni interrelate che si danno voce e valore reciprocamente. Si tratta di competenze da mettere in atto collegialmente, facendo leva su quella capacità di riflettere che rende in grado di rivedere le osservazioni documentate, di verificare e valutare in itinere, per rileggere la programmazione stessa, aggiornarne gli obiettivi, rinegoziare i percorsi (cfr. cap. 4).
•
Tecnico-professionali, relative agli aspetti più specifici della vita del nido (ad esempio, conoscere la funzionalità o meno di certi arredi per l’infanzia, conoscere i principali libri di qualità per bambini 0-3 anni ecc.)
•
Relazionali, inerenti tutti gli aspetti legati alla capacità di “stare nella comunicazione”, di ascoltare in maniera attiva, di sospendere il giudizio, di lavorare con empatia, di incoraggiare (cfr. cap. 2). Si tratta di competenze che, lungi dall’essere innate, sono invece frutto della storia personale e della formazione professionale di ognuno, e in quanto
I servizi per la prima infanzia sono luoghi di relazione, all’interno dei quali bambini e adulti intrecciano saperi, competenze, storie, vissuti, dando vita a spazi potenzialmente arricchenti e generatori di benessere. E se questa è oggi l’identità del nido, è chiaro che chi vi lavora avrà necessità di acquisire competenze plurali e complesse, interrelate in maniera circolare e capaci di stare nella complessità che la realtà relazionale porta con sé. Nello specifico, le competenze dei professionisti dell’educazione che lavorano in questo campo abbracceranno le seguenti dimensioni:
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La professionalita’
tali possono e devono essere acquisite attraverso la predisposizione di contesti e percorsi specifici che consentano all’educatrice di essere consapevole, e dunque pienamente responsabile delle relazioni che vive, all’interno delle quali occorrerà creare una “giusta distanza empatica”. •
Riflessive, legate alla fondamentale capacità di essere consapevoli delle proprie idee e azioni, di decostruire concetti e metodologie per scoprire e negoziare significati condivisi insieme al gruppo di lavoro, secondo una prospettiva euristico-riflessiva in grado di mantenere teso e significativo il nesso teoria-prassi.
Si capisce allora quanto sia determinante per i gruppi poter disporre di spazi e tempi all’interno dei quali riflettere e mettere a punto strategie di lavoro pensate, sensate e concertate, anche grazie alla presenza di un coordinatore pedagogico (e di un sistema di coordinamento) capace di mediare e sostenere la riflessività. L’educatrice diventa, allora, in un certo senso, ricercatrice, cioè persona capace di farsi domande e di mettere in discussione le proprie risposte, interrogandosi singolarmente e in gruppo per “scoprire” e dare senso, nell’intento di strutturare percorsi pedagogicamente coerenti. Le competenze individuali non sono però sufficienti, ma dovranno essere inserite all’interno di un sistema competente di matrice ecologica, capace di orientare, di accogliere, di stimolare domande.
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Capitolo 3
La consapevolezza è determinante anche in un’ottica più ampia che mira a sostenere nei gruppi di lavoro, e in particolare nei soci delle cooperative, l’acquisizione di capacità progettuali tese non solo alla crescita dei servizi, ma anche della cooperativa e del consorzio nel loro insieme, mirando alla formazione di un pensiero capace di mettere in rete le esigenze del servizio in cui si lavora con quelle del più ampio sistema all’interno del quale si è inseriti. Per questi motivi, oltre alla partecipazione alle attività di aggiornamento previste dall’Ente committente, il personale dei servizi alla prima infanzia Co&So Gruppo Cooperativo viene coinvolto in percorsi formativi di vario genere. I percorsi possono essere suddivisi in:
3.2. INVESTIRE NELLA FORMAZIONE Questo intreccio di competenze non può infatti essere demandato esclusivamente alle capacità individuali delle educatrici. Potrà invece essere acquisito solo tramite percorsi formativi specifici, nonché attraverso la predisposizione di un contesto capace di orientare le azioni quotidiane di chi lavora nei servizi, inserendole all’interno delle linee di un più ampio progetto pedagogico condiviso. Per questo, ancora una volta, fondamentale diventa il ruolo del coordinatore pedagogico, inteso come garante di riflessività nei gruppi di lavoro, e dunque come promotore di quella formazione-autoformazione capace di generare trasformazione. In questo senso diventa importante investire nella formazione in itinere del personale educativo, costruendo percorsi di maturazione capaci di creare nuovi saperi, anche e soprattutto riflettendo sui percorsi portati avanti e sulle idee che vi sono sottese. In questo contesto, particolare rilevanza assume il ruolo della memoria, intesa come fattore deputato a far rivivere e rielaborare le esperienze passate in modo critico, consapevole e costruttivo. A tal fine anche la pratica della documentazione attuata nei servizi educativi acquisisce un valore aggiunto in quanto non è più esclusivamente destinata a far conoscere all’esterno quel che viene fatto all’interno, bensì diventa funzionale all’attivazione, da parte delle educatrici stesse, di un processo riflessivo su quel che è stato fatto.
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•
Interventi formativi su tematiche educative inerenti la crescita infantile, le competenze delle educatrici e degli operatori ausiliari, gli aspetti specifici relativi alle attività svolte al nido. Si tratta di percorsi offerti all’intero gruppo di lavoro durante l’anno, e possono riguardare argomenti diversi della vita del nido, individuati sulla base dei bisogni formativi dei gruppi stessi. Solitamente vengono gestiti da un esperto che porta il proprio contributo, cercando però sempre di utilizzare un approccio induttivo capace di partire dalle esperienze concrete dei gruppi per decostruire e rinegoziare significati.
•
Corsi di formazione dovuti per legge (Legge 81/2008; DLgs. 155/1997; DLgs. 196/03). Si tratta di percorsi che hanno l’obiettivo di assicurare ai gruppi di lavoro una formazione specifica inerente
La professionalita’
•
aspetti legati alla sicurezza, all’igiene e alla manutenzione della struttura. •
•
Corsi o incontri per condividere procedure e processi organizzativi delle cooperative, nonché per concordare e valutare idee e azioni comuni all’interno delle cooperative o del consorzio.
I percorsi nascono sulla base dei bisogni formativi espressi dai gruppi stessi e valutati dal Coordinatore tecnico e pedagogico sistematicamente negli incontri di gruppo, e attraverso l’analisi dei questionari di soddisfazione compilati dal personale. Queste informazioni determinano la stesura del piano di formazione annuale, che viene aggiornato in itinere per garantire reale corrispondenza delle proposte formative alle necessità dei gruppi. I Coordinatori tecnicopedagogici, successivamente ad ogni azione formativa, rilevano la percezione di soddisfazione ed efficacia che emerge dal gruppo, mediante strumenti centrati sull’analisi critica del percorso formativo svolto.
Scambi auto-formativi, ossia “scambi tra servizi” organizzati dalle cooperative facenti capo a Co&So Gruppo Cooperativo, al fine di garantire processi di riflessività nei gruppi di lavoro. Nello specifico educatrici e operatrici trascorrono una giornata educativa in un servizio Co&So Gruppo Cooperativo diverso dal proprio, per poi riportare le proprie osservazioni nei due gruppi di lavoro coinvolti. Si incentiva così l’interazione e lo scambio, stimolando quella capacità di decentrarsi che aiuta la crescita del singolo e dei gruppi stessi. Questo tipo di scambio viene proposto e promosso anche a livello regionale e nazionale, al fine di incentivare la costruzione di una rete capace di alimentare relazioni e riflessività.
Oltre a questo tipo di percorsi, le cooperative del consorzio garantiscono attività di affiancamento al personale neo-assunto, in modo da sostenere la condivisione di ciò che viene portato avanti. I risultati attesi dalle attività di aggiornamento sono: •
La crescita delle competenze professionali delle educatrici e degli operatori coinvolti;
•
il consolidamento dell’équipe di lavoro;
la riprogettazione innovativa/ miglioramento continuo dei servizi.
39
Capitolo 3
3.3. I DIVERSI RUOLI IN UNA PROSPETTIVA COLLEGIALE L’intreccio di saperi e competenze nei servizi alla prima infanzia si arricchisce e prende forma anche grazie alla presenza di molteplici figure professionali che abitano il servizio. Figure che dialogano tra loro, in una prospettiva collegiale capace di mettere in circolo le idee di tutti e di generare e sostenere quel senso di appartenenza che rende tutti desiderosi di esserci e di vivere responsabilmente il proprio ruolo. La negoziazione si fa colonna portante di questi contesti, che vivono di “pluralità” e quindi di interculturalità, ossia di scontro/incontro, di dialogo, di confronto.
•
L’Educatrice/ore: persona qualificata e formata, con particolare riferimento alle già citate dimensioni psico-pedagogiche, metodologicodidattiche, tecnico-professionali, relazionali e riflessive, e con un’attenzione specifica alla consapevolezza che questa figura professionale matura rispetto alle proprie idee, azioni, emozioni (cfr. cap. 2).
•
La/il Referente: persona qualificata e formata per il ruolo di educatrice, ma investita anche della funzione di “collante e punto di riferimento”. Il referente cerca infatti di portare a sintesi le ideeproposte del gruppo e si fa punto di riferimento e di contatto con l’esterno, in particolare con il Comune e con il Coordinatore pedagogico e il Responsabile di Area della cooperativa. Si tratta anche di una figura capace di evidenziare costantemente il nesso tra servizio, Comune/territorio e cooperativa, avendo sempre presente il contesto all’interno del quale il servizio stesso è inserito, e la progettualità coerente di cui il contesto necessita per crescere. A seconda dell’organizzazione interna delle cooperative, il referente può avere maggiori o minori responsabilità nei confronti dell’Ente committente, occupandosi per lo più degli aspetti tecnici legati alla gestione del servizio. Ogni servizio avrà quindi un referente, scelto all’interno del gruppo di lavoro.
•
La/il Responsabile di Area: persona esterna al servizio ma interna alla cooperativa di riferimento,
Nello specifico, i profili e le relative competenze dei professionisti che operano nei servizi Co&So Gruppo Cooperativo possono essere i seguenti:
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La professionalita’
formata per occuparsi di più servizi dal punto di vista gestionale e strategico. Si tratta di una figura che ha ben presente il contesto di riferimento di ogni servizio e sostiene i gruppi nel mantenere coerente il filo che li lega al Comune, alla cooperativa, al consorzio, prestando particolare attenzione a quella sfera progettuale che aiuta i servizi a fare rete tra loro e con il territorio per promuoversi, rendersi visibili, crescere, aprirsi a nuove relazioni. Cura inoltre le relazioni tra dipendenti e soci, coinvolgendoli in percorsi formativi ad hoc e promuovendo la crescita della cultura dell’impresa sociale, il senso di appartenenza al gruppo di lavoro e al progetto sociale più complessivo della cooperativa sul territorio. È altresì responsabile dell’efficacia/ efficienza delle fasi di progettazione, erogazione, valutazione, messa a punto di azioni di ricerca, sviluppo e miglioramento.
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•
La/il Coordinatrice/ore tecnica/o: persona esterna al servizio ma interna alla cooperativa di riferimento, formata per occuparsi di più servizi dal punto di vista tecnico-gestionale. Viene impiegata nel caso di servizi ad ampia capienza e complessi da un punto di vista organizzativo.
•
La/il Coordinatrice/ore pedagogica/o: persona esterna al servizio e interna o esterna alla cooperativa, formata per sostenere il gruppo su più livelli. Ha funzione di orientamento, direttiva in certi casi, ma anche e soprattutto maieutica,
Capitolo 3
momenti routinari), divenendo di fatto parte delle relazioni che si creano con i bambini e le famiglie, l’operatrice si occupa dell’ordine e dell’igiene degli ambienti, nella consapevolezza che questi ultimi non sono aspetti slegati dalla dimensione più squisitamente pedagogica che orienta il lavoro con i bambini e le famiglie. La pulizia degli ambienti o lo sporzionamento del cibo sono infatti dimensioni collocate dentro una più ampia cornice pedagogica che li riconosce come momenti di cura nel senso più ampio e alto del termine. L’ordine richiama ordine, la cura richiama cura (pensiamo al riordino dei materiali, che diventa importante ricollocare sempre nello stesso posto, per facilitarne l’utilizzo autonomo da parte dei bambini; o all’attenzione a togliere eventuali giochi rotti o a ripararli insieme ai bambini, in modo da sostenere in loro il senso della cura verso ciò che li circonda). Per questo diventa importante che tutto il personale condivida il significato di queste dimensioni e la loro valenza nella quotidianità dei servizi. In una prospettiva di tal tipo appare dunque auspicabile che il personale impiegato sia sempre interno al servizio, e che la pulizia degli ambienti non venga affidata a ditte esterne che, per ovvie ragioni, non possono condividere il senso delle linee progettuali del nido. La figura dell’operatrice/ore ausiliaria/o non si occupa direttamente delle “scelte” pedagogiche (ad esempio il dialogo con il genitore al momento dell’entrata e dell’uscita, l’organizzazione delle attività dei bambini ecc.), ma ricopre un ruolo di supporto all’educatrice, e in quanto tale deve
nel momento in cui cerca di far emergere dal gruppo stesso eventuali esigenze di ridefinizione, aiutandolo a prendere coscienza di risorse e criticità. Si tratta di una figura dalle molteplici competenze: psico-pedagogiche, relazionali, gestionali, capace di incentivare nei gruppi quella riflessività di cui necessitano per crescere. Cura le relazioni nel gruppo di lavoro, concorda e pianifica i percorsi formativi, monitora e valuta il progetto educativo. Si fa regista attento, esterno ma non estraneo, che sostiene i gruppi ma lascia loro spazio d’azione, in modo che acquisiscano sicurezza nel proprio lavoro e nella propria capacità di gestire le diverse situazioni che di volta in volta si presentano. Si tratta di una figura che lavora secondo linee pedagogiche che sono in continuità con quelle espresse dal Comune di riferimento, e dal relativo coordinamento pedagogico, al quale riconosce funzione di controllo, monitoraggio e accompagnamento. A seconda della complessità del servizio (capienza e complessità organizzativa, distribuzione territoriale), il ruolo di coordinatore tecnico e pedagogico potranno essere ricoperti da una sola persona o da due. •
L’operatrice/ore ausiliaria/o: persona formata con particolare riferimento alle norme di sicurezza e igiene ma anche relativamente ad alcuni aspetti pedagogici del lavoro di cura. Oltre a rappresentare infatti una figura di supporto all’educatrice in determinati momenti (per esempio, l’ambientamento, alcune attività, i
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La professionalita’
essere messa in grado di comprendere e di condividere il significato delle azioni che le si chiede di compiere. Per questo motivo, il personale ausiliario parteciperà alla formazione in servizio e ad alcune riunioni d’équipe specifiche durante l’anno.
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•
La cuoca/il cuoco: persona formata con particolare riferimento all’igiene e all’alimentazione, con, ancora una volta, la precisazione che si tratta di dimensioni di cura pienamente inserite dentro una cornice pedagogica. Che cosa i bambini mangiano, come viene presentato e sporzionato il cibo, sono infatti tutti aspetti il cui significato deve essere condiviso nel gruppo di lavoro da parte di coordinatrici, cuoche, educatrici, operatrici.
•
La/il volontaria-o/stagista/tirocinante: persona in formazione che necessita di acquisire determinate competenze tramite la metodologia dell’osservazione partecipante. Allo stesso tempo, il volontario/stagista/tirocinante diventa un’importante risorsa per il gruppo stesso nel momento in cui stimola la riflessività portando un punto di vista esterno al servizio. Le sue osservazioni potranno allora essere discusse all’interno del gruppo di lavoro, con la mediazione del coordinatore pedagogico, in modo da sostenere il processo di decentramento e di auto-formazione del gruppo stesso. Per far sì che questo accada è necessario che il volontario/stagista/tirocinante venga accolto dal gruppo e venga introdotto alla
Capitolo 3
metodologia di lavoro del servizio. Dopo un primo periodo di “ambientamento” affidato all’educatrice che ricopre il ruolo di “responsabile dei tirocini”, potrà essere inserito in attività specifiche e gli potranno essere richieste osservazioni da condividere. Laddove previsto, verrà richiesta la redazione di una relazione finale che potrà diventare occasione di riflessione nei gruppi di lavoro.
Al fine di garantire il passaggio di un messaggio di coesione e coerenza, tutto il personale partecipa alla riunione di presentazione con i genitori nuovi iscritti che si tiene all’inizio dell’anno educativo.
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La professionalita’
Competenze differenti arricchiscono dunque la vita del nido, e allo stesso tempo ne rendono complessa la gestione. Per questo è importante che i ruoli siano ben chiari, ma anche che non siano cronicamente rigidi, in modo da garantire la flessibilità necessaria. A questo scopo, viene ad esempio favorita la turnazione delle educatrici tra le sezioni, organizzata secondo criteri capaci di mantenere in equilibrio le esigenze di continuità e quelle di flessibilità. Allo stesso modo diventa fondamentale che ogni educatore abbia determinate responsabilità scelte all’interno del gruppo di lavoro, in modo da garantire una distribuzione equa dei compiti, decisi anche in base alle capacità individuali di ognuno. Ai soci e alle socie delle Cooperative viene inoltre richiesta un’ “attenzionemacro” legata anche alle prospettive di crescita della cooperativa e del consorzio, sempre in continuità e collaborazione con i comuni in cui si opera.
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CAPITOLO
4
LE METODOLOGIE DI LAVORO NEI SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA
C’È UN FATTO CHIARO: O VEDERE O NON VEDERE. QUANDO GLI OCCHI VEDONO, POSSONO VEDERE TUTTO, LIBERAMENTE. NON C’È BISOGNO DELLA GUIDA COME PER IL CIECO. VIENE LA LIBERTA’. E TUTTO COMINCIA A SVOLGERSI CON INTERESSE MARIA MONTESSORI
Capitolo 4
4.1. LA METODOLOGIA COME ORIENTAMENTO Nel lavorare con le persone occorre essere in grado di esplicitare le nostre intenzioni pedagogiche, di metterle in discussione, di riflettervi sopra e rinegoziarle. Occorre, in altri termini, mettere in gioco specifiche competenze metodologiche che sostengano il dialogo costante tra teorie e prassi, tra utopia e realtà, tra intenzionalità e flessibilità. Per far questo, fondamentale è il lavoro di équipe, il confronto e l’esercizio di intercultura e di decentramento che esso comporta. Lo scambio di punti di vista diventa la base di quel processo di riflessione che è l’anticamera della trasformazione. Nello specifico, il lavoro quotidiano con bambini e famiglie, viene organizzato attraverso la relazione circolare tra le seguenti categorie metodologiche: • • • • •
Programmazione Osservazione Documentazione Verifica Valutazione
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le metodologie di lavoro
Nello specifico ogni servizio elabora due documenti:
4.2. PROGETTAZIONE E PROGRAMMAZIONE
1.
Progettare e programmare significa essere consapevoli delle proprie intenzioni, darsi degli obiettivi e riflettere sui metodi necessari per raggiungerli, con una costante apertura alla modifica degli obiettivi stessi sulla base delle risposte della realtà (i bambini, le famiglie, il contesto). In questo senso si parlerà di programmazione evolutiva, a sottolineare il fatto che gli obiettivi che ci diamo, lungi dal voler giungere a un “giudizio” sul livello di sviluppo dei bambini, hanno invece lo scopo di orientare le azioni degli adulti, permettendo loro di essere consapevoli di cosa stanno facendo e del perché. Programmare evolutivamente significa, in altri termini, far dialogare le proprie intenzioni educative con l’imprevisto che le relazioni con le persone (piccole e grandi) sempre portano con sé; significa, come dice Edgar Morin, agire con strategie aperte, per stare dentro a quella complessità postmoderna che consente di sorprendersi di fronte a ciò che i bambini stessi sperimentano e pensano. In questo senso, la programmazione non viene calata dall’alto, ma parte sempre da una preliminare osservazione dei bambini e delle famiglie che abitano il servizio, dai loro interessi, dalle loro potenzialità, dalle loro storie. Ci si pone quindi in quella vygotskijana “zona di sviluppo prossimale” che consente di partire dalla realtà per sostenerne l’evoluzione.
Progetto del servizio: esplicita l’identità del servizio nel suo complesso, i suoi obiettivi generali, la metodologia di lavoro e gli aspetti organizzativi. Viene elaborato dal gruppo di lavoro ridimensionando il Progetto di gara per selezionarne unicamente gli aspetti pedagogici e organizzativi. Il documento viene consegnato alle famiglie, oltre ad essere ovviamente in possesso dell’Ente gestore e dell’Ente committente.
2. Programmazione educativa: esplicita il filo conduttore scelto per quel particolare anno educativo, gli obiettivi relativi e la metodologia. Viene elaborato dal gruppo di lavoro, in continuità con le strategie del Comune e della cooperativa. Viene quindi presentato e discusso nel Consiglio dei Genitori, e poi consegnato all’Ente committente, all’Ente gestore, e alle famiglie dei bambini frequentanti.
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Capitolo 4
4.3. OSSERVAZIONE
Saper osservare significa molte cose. Significa innanzitutto imparare a decentrarsi e ad aprirsi alla scoperta. Decentramento e scoperta che devono però stare dentro una cornice orientativa che chiarifichi:
Osservare significa avere uno sguardo intenzionale che sa cosa sta osservando e perché. Si osserva sospendendo il giudizio e ponendosi allo stesso livello di chi ci sta di fronte, consapevoli però del fatto che nessuna osservazione sarà mai realmente “oggettiva”, perché sarà sempre condizionata dalla personalità dell’osservatore, nonché da innumerevoli altre variabili che in campo educativo sono sempre difficilmente controllabili. Osservare è uno strumento fondamentale per permettere quella documentazione che è anticamera della riflessione comune, e dunque dell’eventuale modifica o rinegoziazione dei significati che orientano la nostra programmazione.
•
il perché osserviamo, ossia il nostro obiettivo, le intenzioni che ci guidano;
•
il cosa, cioè dove si poserà il nostro sguardo, quali comportamenti o eventi abbiamo scelto di osservare in relazione agli obiettivi che ci siamo posti;
•
il come, cioè in che modo ci proponiamo di osservare, quando scegliamo di scrivere le nostre osservazioni e come decidiamo di annotarle;
•
il dove, cioè in quali luoghi fisici vogliamo osservare;
•
il quando, cioè in quali tempi e per quanto tempo.
Nello specifico dei servizi per la prima infanzia, le osservazioni possono essere •
individuali (sul singolo bambino)
•
collettive (sul gruppo)
e la strategia più usata dalle educatrici è la registrazione delle osservazioni in forma narrativa, seguendo griglie semistrutturate. A questo proposito, un riadattamento dell’osservazione di tipo etologico può risultare adeguato, con l’impiego di un osservatore capace di sospendere il giudizio e di descrivere le situazioni. La semplice descrizione di quel che avviene apre infatti al confronto, che può invece essere condizionato dall’espressione di un giudizio valutativo. Se dico, ad esempio, “Andrea è arrabbiato” ho espresso un
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le metodologie di lavoro
giudizio, ho interpretato una situazione mettendo insieme una serie di informazioni derivanti dal contesto. L’espressione “è arrabbiato” non spiega che cosa mi fa esprimere questo tipo di giudizio, quali comportamenti, quali elementi. In questo modo si toglie la possibilità di un confronto e di quell’eventuale conferma/smentita di quanto osservato, che verrebbe invece stimolata da un’espressione del tipo “Andrea getta a terra il trenino con cui sta giocando, poi si butta per terra e sbatte più volte i pugni sul pavimento”. Occorrerà, allo stesso modo, dare conto anche di altre informazioni, come l’organizzazione dello spazio, la posizione dei diversi soggetti con cui il bambino osservato interagisce, o la dimensione del gruppo in cui è inserito, in modo da consentire la contestualizzazione del comportamento. Si tratta qui di indicazioni che le educatrici possono tener presenti anche nella loro interazione con i bambini e con i genitori, nella consapevolezza che la descrizione lascia campo aperto al dialogo, e quindi a interpretazioni differenti dello stesso fenomeno, laddove il giudizio non fa che chiudere la comunicazione, portando a “etichettare” invece che a conoscere, con tutti i conseguenti rischi legati a possibili effetti Pigmalione. Anche in questo caso le osservazioni si arricchiscono quanto più vengono discusse nel gruppo di lavoro, in modo da confrontare le idee che stanno dietro le azioni che adottiamo, e riflettervi insieme costruttivamente.
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Capitolo 4
La dimensione individuale e quella collettiva si intrecciano nelle documentazioni, per far emergere il cammino di ogni persona dentro a un contesto di gruppo che lo orienta e sostiene. Il gruppo si fa luogo di appartenenza per ognuno, spazio comune in cui trovare un proprio specifico posto. I destinatari della documentazione sono i bambini, i genitori, le educatrici stesse, gli Enti committenti, le cooperative, la comunità, le scuole dell’infanzia inserite in un progetto di continuità. A seconda del/i destinatario/i gli strumenti utilizzati varieranno. Occorrerà allora che il nido adotti strategie di documentazione efficaci e diversificate, che ovviamente si legano a doppio filo alla capacità di saper osservare e di conferire senso a quel che si porta avanti. L’esercizio dell’osservazione e della documentazione, più che una questione di mezzi a disposizione, si fa infatti habitus mentale, che si avvale di alcuni strumenti che devono essere sempre alla portata di tutti: carta, penna, macchina fotografica, registratore ecc. Tutto ciò che documentiamo dovrà avere un “senso”, discusso e condiviso nel gruppo di lavoro. Scritte e foto si legheranno quindi in maniera coerente, e verranno organizzate secondo obiettivi chiari che svelano l’idea di nido che è sottesa alle nostre scelte. Per questo le documentazioni non dovranno solo farsi mezzo di comunicazione con l’esterno, ma dovranno sempre trovare spazio nella discussione all’interno del gruppo di lavoro stesso, il quale, nelle foto scattate, nei video, nelle osservazioni scritte, troverà le parole e le immagini sulle quali riflettere in maniera collegiale per rinegoziare significati e pratiche.
4.4. DOCUMENTAZIONE Documentare significa lasciare una traccia, significa dare valore ai percorsi compiuti e che si stanno compiendo, attraverso la riflessione condivisa all’interno ed esplicitata all’esterno. La documentazione è dunque uno strumento bidirezionalmente orientato: verso il fuori, perché comunica ciò che si fa e che si pensa; e verso il dentro, perché ci aiuta a riflettere su quel che portiamo avanti, trasformando l’informazione in formazione. Un percorso non documentato, per quanto significativo possa essere, non è concluso, si perde, non lascia memoria di sé, non lega il ricordo del passato alle possibilità di futuro. Le documentazioni del servizio devono quindi prendere in considerazione: •
la dimensione individuale di ogni bambino, per esempio attraverso il diario individuale;
•
la dimensione collettiva del nido e l’identità di quest’ultimo, per esempio attraverso una pannellistica stabile che racconti gli obiettivi del servizio, l’idea di bambino, la valorizzazione della quotidianità, attraverso foto commentate ecc.;
•
la dimensione del gruppo di bambini, educatrici, genitori che quell’anno abitano il servizio, per esempio attraverso un diario di bordo, una cornice digitale e tutta quella documentazione che testimonia gli specifici percorsi realizzati ogni anno.
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le metodologie di lavoro
Nello specifico, la documentazione: • darà voce alle molteplici identità che abitano il servizio •
darà voce al significato dei percorsi portati avanti;
•
contribuirà a rendere lo spazio leggibile;
•
contribuirà a rendere lo spazio “bello” e curato.
Nello specifico, ogni nido farà “parlare” le proprie pareti, accompagnando in maniera logica e sensata il percorso di grandi e piccini all’interno del servizio. Le foto ingrandite o in sequenza, e le scritte descrittive ed evocative aiuteranno a restituire la valorizzazione della ricchezza del quotidiano, con strategie non banali e lontane da “slogan”.
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>>
L’ingresso racconterà la storia del servizio, il suo legame con il territorio e le idee che ne orientano il fare quotidiano; darà voce alle persone che vi lavorano con una bacheca di presentazione del personale; espliciterà il legame di partenariato con i genitori grazie alla presenza di un pannello di comunicazione con le famiglie.
>>
Le sezioni racconteranno i percorsi dei bambini, le loro scoperte quotidiane, il modo in cui vivono gli spazi e gli angoli. Sopra all’angolo della lettura, o a quello dei travestimenti, potrà per esempio essere posizionato un pannello che racconta cosa i bambini fanno in questo spazio, con foto e scritte orientative, o frasi pronunciate dai bambini stessi.
Capitolo 4
>>
Allo stesso modo, i laboratori, i bagni, l’eventuale stanza dei genitori, e tutti gli altri spazi del servizio, verranno strutturati secondo questa stessa logica di senso e leggibilità.
4.5. VERIFICA
>>
Per incentivare l’educazione al senso estetico, occorrerà altresì prevedere riproduzioni d’arte alle pareti, anche ad altezza bambino.
Verificare significa monitorare in itinere e alla “fine” del processo il raggiungimento o meno degli obiettivi attraverso strumenti (per quanto possibile in questo campo) oggettivi (per es., in un percorso di lettura, possiamo verificare che i bambini abbiano acquisito la conoscenza di alcuni termini o il senso della consequenzialità di una storia). La verifica si riferisce agli aspetti cognitivi del processo di apprendimento, e, lungi dall’avere carattere “inquisitivo” o “giudicante”, si fa invece strumento ad uso e consumo dell’adulto, volto a riflettere sui percorsi svolti per discuterli e riorientarne il significato.
Al fine di incentivare la partecipazione di tutti, sarà importante poter disporre di documentazioni, volantini, materiali plurilingue, prestando attenzione all’esplicitazione dell’implicito che altrimenti potrebbe generare incomprensioni o impossibilità di prendere parte ai percorsi proposti.
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le metodologie di lavoro
4.6. VALUTAZIONE Valutare significa prendere in esame le verifiche compiute e attivare su di esse un processo di riflessione comune che prenda in considerazione il raggiungimento o meno degli obiettivi, ponendosi delle domande su come il gruppo di lavoro ha portato avanti il percorso. Si tratta di un processo di autoriflessione che si basa sul confronto nel gruppo di lavoro, concentrandosi sugli aspetti piÚ qualitativi e sociali coinvolti. Anche in questo caso, la valutazione viene svolta all’inizio, durante e alla fine del percorso. A conclusione del percorso previsto dalla programmazione, il gruppo di lavoro elabora una Relazione di Verifica e Valutazione della Programmazione da consegnare all’Ente committente, all’Ente gestore e alle famiglie dei bambini frequentanti. Programmazione, osservazione, documentazione, verifica e valutazione si influenzano a vicenda e in maniera continua, in un rapporto circolare che fa della riflessione la colonna portante di ogni evoluzione o trasformazione dei percorsi portati avanti.
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CAPITOLO
5
VERSO LA QUALITA’ LA RICCHEZZA DELL’INFANZIA SI REALIZZA ARRICCHENDO QUESTO PERIODO CON LA RIFLESSIONE CHE LE DEDICHIAMO CHRISTA WOLF
Capitolo 5
Nello specifico, all’interno dei servizi per la prima infanzia è possibile individuare:
5.1. PER UNA QUALITA’ NEGOZIATA Riflettere sul concetto di qualità appare oggi centrale per gestire il pluralismo di offerte in una logica di ampliamento e sviluppo di risorse, di valorizzazione del territorio e delle esperienze che i servizi realizzano. All’interno del “sistema qualità”, si colloca infatti anche la funzione di diffusione delle buone pratiche rilevate nei servizi, con lo scopo di innalzare la qualità della rete degli interventi. In questo modo si individuano anche le tendenze dei bisogni e si definiscono sia le modalità a essi congrue per soddisfarli, sia le situazioni di criticità che rendono necessari aggiornamento e riprogrammazione. Definire la qualità non è del resto cosa semplice. Anzi, comporta la capacità di stare dentro la complessità facendo riferimento a più punti di vista, più attori, più voci, anche in considerazione del fatto che negli ultimi anni, accanto ai nidi, abbiamo visto crescere un articolato sistema di servizi integrativi, realizzato anche grazie alla capacità di offerta del privato, il quale, sempre più protagonista nel sistema dei servizi educativi per la prima infanzia, è arrivato oggi a gestire ⅓ circa dei nidi e oltre i ⅔ dei servizi integrativi. È anche alla luce di questi dati che appare oggi essenziale interrogarsi sulla qualità delle offerte educative e cercare di misurarla attraverso modalità di valutazione dell’efficienza del servizio e della soddisfazione degli utenti.
>>
una qualità pedagogica progettata data dall’analisi delle attività educative, della loro organizzazione e delle scelte pedagogiche sottostanti;
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una qualità attesa e percepita da utenti e personale lavorativo ovvero ciò che essi desiderano e ciò che effettivamente riscontrano nella realtà;
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una qualità gestionale data dall’insieme degli aspetti di gestione economica e organizzativa, indispensabili per il funzionamento del servizio.
Queste tre dimensioni devono essere intese come tre aspetti di uno stesso processo, e la valutazione dovrà tener conto del punto di vista di tutti i protagonisti coinvolti, siano essi dirigenti e amministratori, famiglie, personale, bambini.
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verso la qualita’
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Capitolo 5
1.
5.2. VALUTARE LA QUALITA’
Aspetti strutturali (localizzazione della struttura, distribuzione spazi esterni e interni, spazi per i bambini e per gli adulti, adeguatezza arredi e materiali, livelli di sicurezza).
2. Risorse umane (coordinamento, integrazione delle diverse professionalità, monte ore non frontale, attività di formazione, modalità di selezione del personale, programmazione dei turni di lavoro, valutazione del personale, relazione tra operatori).
La Regione Toscana ha contribuito in maniera considerevole a questo tipo di riflessione, cercando di dare voce a quella qualità negoziata che non può prescindere dalla complessità all’interno della quale si colloca. Non a caso, nel 1998 è uscita la prima edizione del Manuale per la valutazione della qualità, aggiornata poi nel 2006 (Regione Toscana, Istituto degli Innocenti, 2006), all’interno della quale viene elaborato un “sistema della valutazione della qualità delle unità di offerta” del nido e dei servizi integrativi che consente sia un monitoraggio sul livello di soddisfazione dei diritti dei bambini e delle famiglie, sia l’acquisizione di indicatori necessari alla valutazione dello stato di attuazione della programmazione. Nello specifico, il testo propone tre strumenti per la raccolta delle informazioni (intervista, osservazione, analisi documentale) e una check list di riscontro che li raccorda. Prendendo spunto dal Manuale, possiamo individuare i seguenti elementi come dimensioni da analizzare nella valutazione della qualità dei servizi, con specifiche differenze e diverse distribuzioni di competenze a seconda della modalità di gestione del servizio:
3. Aspetti organizzativi (obiettivi del servizio, modalità di ambientamento, programmazione, rispetto del rapporto numerico). 4. Stile educativo (personalizzazione degli interventi, momento entrata/uscita, situazioni di gioco libero, situazioni di gioco strutturato, cambio, pranzo, sonno, relazione operatori-bambini, documentazione). 5. Relazione con gli attori del sistema (correttezza e trasparenza del servizio, integrazione con i servizi e le risorse del territorio, relazioni con le famiglie, definizione di un sistema tariffario, modalità di accesso, soddisfazione e gestione dei reclami). 6. Manutenzione impianti – igiene. Nel valutare la qualità non è secondario garantire lo svolgimento delle osservazioni da parte di più soggetti, in modo che l’intersoggettività porti a una maggiore “oggettività” nella valutazione, capace di rilevare l’esistente, ma anche di mettere in moto riflessioni e trasformazioni di matrice sistemica.
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verso la qualita’
5.3. LE AZIONI DI CO&SO GRUPPO COOPERATIVO Il percorso del consorzio Co&So Gruppo Cooperativo si colloca pienamente all’interno di questo tipo di riflessione, nell’intento di garantire a tutti i servizi in gestione lo stesso livello di qualità, in un costante dialogo con la rete di cooperative coinvolte, e nel rispetto delle indicazioni degli Enti committenti. La pluralità è dunque caratteristica dell’identità del consorzio stesso, e il concetto di negoziazione non può che divenirne colonna portante. Non a caso, il consorzio fa parte dal 1999 di un progetto nazionale promosso dal consorzio CGM del quale è socio, che ha visto la strutturazione di percorsi di formazione e aggiornamento annuali sul tema della qualità dei servizi. A partire dai requisiti della certificazione UNI EN ISO 9001:2008 (identificazione di procedure e strumenti), questi percorsi si sono concretizzati in gruppi di lavoro e di scambio fra cooperative della rete nazionale che hanno potuto così arricchire i sistemi di gestione qualità implementati da ciascun soggetto. L’importanza della rete e dello scambio, anche in questo caso, si traduce in valore aggiunto per la qualità dei servizi offerti. Tutto questo ha permesso inoltre che le cooperative fossero inserite all’interno di un progetto comune, sia a livello nazionale che territoriale, con procedure e indicatori di qualità uniformemente orientati alla
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Capitolo 5
dell’Amministrazione Comunale (in caso di appalto di servizio), delle caratteristiche personali di idoneità e dell’appartenenza - vicinanza territoriale.
soddisfazione dell’utente e al miglioramento continuo. Proprio per questo, all’interno di ogni cooperativa del consorzio è possibile trovare un sistema di qualità costituito da procedure e strumenti condivisi ed elaborati anche a partire dalla conoscenza di servizi analoghi progettati su territori diversi. Questi sistemi prevedono sempre un controllo della qualità rispondente a quanto richiesto dalle amministrazioni comunali, sia per i nidi gestiti in appalto che per i nidi privati autorizzati e accreditati. Le dimensioni monitorate e valutate dalle cooperative dell’Area Educazione per l’erogazione dei servizi alla Prima Infanzia, sono nello specifico quelle che fanno capo alle risorse umane, all’adeguatezza degli ambienti e dei materiali, alla manutenzione, all’ambito organizzativo (con un’attenzione particolare alla fase dell’ambientamento), allo stile educativo (con un focus sulle interazioni sociali), alle relazioni con gli attori del sistema. Per ognuna di queste dimensioni, vengono individuati indicatori e relativi valori target che stabiliscono il grado di raggiungimento degli obiettivi e garantiscono il monitoraggio dei processi. Nello specifico, la qualità in Co&So Gruppo Cooperativo è fortemente legata alla gestione delle risorse umane interne, dal momento che una delle priorità delle cooperative è la tutela della condizione lavorativa, intesa come pre-requisito per il raggiungimento di alti livelli di qualità. Rispetto a questo punto, è sempre prevista l’attivazione delle seguenti azioni:
b. L’attenzione alla conciliazione dei tempi di vita – lavoro, anche attraverso l’accesso ai finanziamenti previsti dalla Legge 53/00. c. L’opportunità di partecipare ai processi decisionali della cooperativa (favorendo, ad esempio, l’adesione del lavoratore a socio). d. Una procedura specifica e un numero adeguato di figure di sostituti per sostituzioni in tempo zero. e. Un’attenta valutazione dei bisogni formativi e la conseguente formazione degli operatori per garantire la crescita professionale degli educatori/ operatori impiegati sul servizio. Inoltre, allo scopo di fornire personale adeguato e rispondente alle esigenze del servizio e a quanto richiesto dagli Enti committenti, e di sostenere gli educatori e gli operatori nel loro lavoro, evitando il più possibile i rischi di turn – over, le cooperative, applicando il Contratto Collettivo delle Cooperative Sociali, mettono in atto una specifica procedura della qualità, sintetizzabile nelle seguenti azioni: • Selezione; • Accompagnamento/Ambientamento; • Valutazione del personale in itinere; • Pianificazione della formazione; • Valutazione delle attività formative; • Individuazione e monitoraggio del profilo di sviluppo;
a. Una mirata selezione del personale, effettuata dal Responsabile di Area che tiene conto delle richieste
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verso la qualita’
• •
Monitoraggio della soddisfazione degli operatori; Verifica dell’andamento dei servizi.
insieme sui dati quantitativi emersi, per approfondire le diverse interpretazioni e legare la valutazione alla conoscenza e dunque alla trasformazione.
In questo tipo di processo, gli strumenti di natura quantitativa si intrecciano con quelli di natura qualitativa, al fine di cercare di restituire una fotografia per quanto possibile esaustiva del reale. A questo proposito, i Coordinatori pedagogici utilizzano specifiche griglie per osservazioni narrative capaci di cogliere la complessità attraverso una specifica attenzione alla descrizione e alla valutazione di quello che viene descritto. Il personale dei servizi ha un ruolo attivo in questo tipo di processo, dal momento che discute le osservazioni svolte in riunioni specifiche con il Coordinatore pedagogico, al fine di far dialogare i diversi punti di vista e individuare potenzialità e criticità che aprono margini di miglioramento sui quali lavorare. Le educatrici svolgono inoltre a propria volta osservazioni reciproche sulle situazioni educative, allo scopo di promuovere quel confronto che favorisce una vera e propria qualità negoziata. A loro volta, le famiglie stesse sono coinvolte nel percorso di definizione e valutazione della qualità in diversi modi, a partire dalle riunioni di feedback postambientamento, fino agli incontri di verifica finali e a quelli che coinvolgono il Comitato di Gestione, inteso qui come strumento di monitoraggio. Alla fine dell’anno educativo, ai genitori viene inoltre chiesto di compilare un questionario di soddisfazione, i cui risultati vengono elaborati per tempo, in modo da poter poi essere discussi con le famiglie stesse durante la riunione di fine anno. In questo modo si garantisce la possibilità di riflettere
Accanto ai controlli dei comuni di appartenenza, la valutazione complessiva della qualità del servizio erogato viene garantita da parte di Co&So Gruppo Cooperativo con continuità durante tutto il periodo di erogazione, su diversi livelli, in relazione alle diverse responsabilità:
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Il Coordinatore pedagogico effettua il monitoraggio quotidiano del servizio rispetto a quanto previsto e programmato, sia in relazione agli interventi educativi e ausiliari che in relazione all’organizzazione del servizio.
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la Direzione della cooperativa (ed in particolare il Responsabile d’Area) effettua le verifiche e i controlli di propria competenza.
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Al termine dell’anno il Coordinatore pedagogico, insieme al Responsabile di Area, a seguito di un incontro di verifica di tutto il gruppo, compila la Scheda di verifica annuale gruppo di lavoro/ relazione tecnica-esiti del servizio.
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il Responsabile per la Qualità effettua le verifiche ispettive interne annuali, previste dal Sistema Qualità.
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Il nostro Ente certificatore esterno effettua verifiche ispettive annuali per il mantenimento della certificazione ISO 9001-2008.
CAPITOLO
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IL SISTEMA INTEGRATO DEI SERVIZI
OGNI MUSICA CHE NON DIPINGE NULLA NON È CHE RUMORE JEAN BAPTISTE LE ROND D’ALEMBERTV
Capitolo 6
i momenti di discontinuità necessitano di essere pianificati e inseriti dentro una cornice di “coerenza educativa” dalla quale non possiamo prescindere. Si tratta di un pensiero pedagogico che trova le proprie fondamenta nella prospettiva dell’attivismo e delle scuole nuove, cercando di raccogliere contenuti attualizzati di Freinet, Dewey, Montessori, Agazzi, Vygotskij, Bronfenbrenner, principalmente nel riconoscere il rapporto di totale interconnessione tra individuo e società, e l’idea della cooperazione e del “fare” insieme come elemento portante dell’agire educativo. Nella pratica, questo significa stimolare un rapporto organico tra nidi, scuole dell’infanzia, famiglie, territorio, da realizzarsi principalmente attraverso la conoscenza e l’interazione reciproca. Occorrerà allora organizzare incontri che coinvolgano bambini e adulti delle due istituzioni, in modo da creare occasioni di scambio. Allo stesso modo, andrà sostenuta anche la relazione con il territorio all’interno del quale ogni servizio abita, da alimentare tramite un forte legame dentro-fuori capace di generare appartenenza e “desiderio di prendersi cura” del contesto che ci circonda.
6.1. CONTINUITA’, COERENZA, CO-EDUCAZIONE Il tema della continuità verticale e orizzontale risulta più che mai attuale in una realtà educativa come quella odierna, orientata verso la creazione di un sistema integrato di servizi capaci di fare rete tra loro, con le famiglie, con il territorio. Nello specifico, il legame tra i servizi per la prima e la seconda infanzia, solleva una serie di riflessioni, anche in considerazione del fatto che appare sempre più necessario pensare a un sistema unificato 0-6 anni. La scelta della continuità fa infatti riferimento a un concetto di crescita che dovrebbe avvenire senza salti macroscopici. Il che implica una puntuale reciprocità fra le varie fasi, con la consapevolezza che a un momento dello sviluppo ne segue necessariamente un altro che in qualche modo lo legittima, ma anche che il momento che segue è il frutto di quello precedente. Parlare di continuità non significa peraltro omogeneizzare le diverse istituzioni educative, che devono invece mantenere le loro specificità. Lavorare per continuità non vuol dire misconoscere la discontinuità e la sua funzione di stimolo. Il cambiamento non è infatti di per sé stesso negativo; anzi, la novità ha intrinseche molte potenzialità. Quello che semmai occorre ricordare, quando si parla di prima e seconda infanzia, è che
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il sistema integrato dei servizi
6.2.1. LA CONTINUITA’ CON LA SCUOLA DELL’INFANZIA
6.2. LA CONTINUITA’ ORIZZONTALE E VERTICALE NEL SISTEMA CONSORTILE
Le “radici storiche” di nido e scuola dell’infanzia sono alla base delle diversità fra le due istituzioni che, anche per questo, godono ancora oggi di differenti “immagini sociali” che possono a volte ostacolare una reale collaborazione. Affrontare la questione della “continuità educativa”, significa invece fare proprio un progetto pedagogico unitario, che stimoli un’interazione sistematica fra il personale delle due istituzioni, al fine di confrontare gli stili educativi, in maniera da renderli coerenti. Non si tratta di ricercare una omogeneità di comportamenti che potrebbe rivelarsi anche elemento di passivizzazione, quanto di incentivare atteggiamenti e metodologie che abbiano una loro coerenza. Avere consapevolezza del fatto che un bambino cresce e cambia pur rimanendo lo stesso bambino, può aiutare a rendere coerenti le scelte, senza con questo privare i bambini di stimoli che possono provenire dalla novità di una situazione diversa. Occorre anche considerare il fatto che il passaggio può costituire un’occasione di disorientamento per i bambini, che si trovano di fronte a un “rovesciamento di prospettive”. In precedenza erano abituati ad essere considerati i più grandi, mentre adesso vengono considerati i più piccoli e i più bisognosi di protezione. Questo aspetto, unito al cambiamento degli ambienti e delle abitudini, può talvolta causare nei bambini dei comportamenti meno organizzati di quelli che erano stati loro propri nel corso
Il sistema consortile si inserisce a pieno titolo all’interno di questo tipo di progettazione, cercando di garantire coerenza educativa, in primo luogo tra le cooperative stesse che fanno capo al consorzio. Questo tipo di continuità viene sostenuto da incontri, formazioni comuni e scambi tra servizi. Allo stesso modo, Co&So Gruppo Cooperativo stimola il dialogo con le famiglie frequentanti, attraverso molteplici occasioni di incontro e scambio, e incentiva la continuità con la scuola dell’infanzia e con il territorio, nel rispetto degli orientamenti degli Enti committenti. Di seguito ci concentreremo su questi due ultimi aspetti, rimandando al capitolo 2 per quel che concerne la relazione con le famiglie.
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elaborato dall’Amministrazione Comunale e adottato sull’intero territorio. A questo proposito, nel rispetto degli orientamenti comunali, i servizi gestiti dalle cooperative socie di Co&So Gruppo Cooperativo lavorano nell’ottica della coerenza educativa, privilegiando momenti di incontro tra i bambini, ma anche tra educatrici e insegnanti, durante tutto l’anno, in modo da non ridurre l’interazione solo sul finire dell’anno educativo allo scopo di organizzare le sezioni. Viene quindi favorita la strategia del colloquio, che stimola la conoscenza evitando il rischio di precoci etichettamenti giudicanti a danno dei bambini. In questo senso, un profilo o un diario scritto in maniera descrittiva e non valutante, possono rappresentare uno strumento di passaggio più adeguato rispetto alla compilazione di una scheda con domande a risposta chiusa.
degli ultimi mesi al nido. Occorrerà allora prestare particolare attenzione a questo momento di passaggio, organizzando in primo luogo visite reciproche, con cui i bambini del nido possono conoscere quelli della scuola dell’infanzia ed entrare in contatto con gli adulti che incontreranno l’anno successivo. Allo stesso modo possono rivelarsi utili anche incontri fra i genitori (dalle feste, agli incontri a tema, ai laboratori), in maniera che quelli dei bambini frequentanti la scuola dell’infanzia informino gli altri a proposito della loro attuale esperienza. È ovvio che, in questo contesto, saranno determinanti le modalità di interazione tra le educatrici e le insegnanti. Non ci si potrà infatti limitare ad alcune riunioni sporadiche, realizzate magari sul finire dell’anno, ma si dovrà, al contrario, prevedere un percorso continuo durante il quale organizzare anche delle attività, ed eventuali formazioni comuni. A questo proposito, la programmazione di un progetto di lungo periodo - che magari tragga spunto da un libro, o dal personaggio di una storia - che inizi nel nido e trovi poi il suo completamento nella scuola dell’infanzia, può essere un buon esempio capace di alimentare il legame. In questo modo, infatti, i bambini ritroverebbero nella nuova realtà alcune tracce della vecchia, con funzione di “oggetto transizionale”. Emerge quindi il fondamentale ruolo svolto dal Coordinamento pedagogico nel riuscire a garantire un macroprogetto a sua volta coerente volto a contenere e indirizzare le singole progettazioni, nonché il loro legame con il territorio e con il sistema dei servizi inteso nella sua interezza. Ovviamente questo tipo di intenzionalità deve poter star dentro al macro-progetto
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il sistema integrato dei servizi
6.2.2. IL PROGETTO 0-6 COME SFIDA EDUCATIVA In questa prospettiva, emerge l’importanza di percorsi che puntino alla realizzazione di servizi 0-6 anni. La proposta educativa di servizi unitari per la fascia 0-6 fa riferimento a un processo evolutivo in cui i bambini costruiscono la propria identità, le modalità e gli strumenti di relazione con gli altri, le cose e il mondo secondo un percorso “unitario”. L’identità specifica di tali servizi si caratterizza nella qualità e nella continuità della ricerca e dell’innovazione, e si fonda su un’interpretazione dell’educazione infantile intesa secondo un modello pedagogico partecipato, solidale e creativo, nel quale tutti i soggetti coinvolti sono protagonisti di un processo evolutivo e di una esperienza attiva di convivenza. Si decide di mettersi in gioco per creare maggiori opportunità di relazione, per rendere la vita quotidiana un’occasione di incontro tra i bambini di pari e diversa età, e per facilitare il confronto e lo scambio tra servizi e famiglie secondo un modello capace di promuovere una vera e propria comunità educativa. In questo senso, si punta su una concezione dell’infanzia, intesa non come momento di passaggio verso l’età adulta, ma come espressione culturale coerente, con una propria dignità da rispettare e valorizzare. Pur non gestendo al momento veri e propri servizi 0-6 anni, Co&So Gruppo Cooperativo si fa senz’altro sostenitore di questo tipo di prospettiva. Ad oggi, uno dei servizi in gestione vede la realizzazione di una
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“continuità facilitata” perché ospita all’interno degli stessi spazi sia il nido che la scuola dell’infanzia. La condivisione degli ambienti si fa allora in questo caso condivisione di percorsi, idee e azioni, sfociando in una programmazione comune caratterizzata da continue e sistematiche interazioni tra nido e scuola.
6.2.3. LA RETE TERRITORIALE Una continuità a tutto tondo contempla ovviamente anche il legame con il territorio. Quest’ultimo non è un’appendice della vita del nido, bensì rappresenta il contesto in cui il servizio stesso vive, e dunque è, in qualche modo, il servizio stesso. Per questo diventa fondamentale alimentare una relazione di scambio con le agenzie territoriali, nonché conoscere le iniziative offerte dal contesto in cui il servizio è inserito, e sensibilizzare educatrici, famiglie e bambini verso di esse. Progetti di acquaticità che coinvolgano la piscina, percorsi di educazione alla lettura che si avvalgano della collaborazione con la biblioteca, progetti legati ai musei, all’artigianato locale, alle botteghe, alle strade e alle piazze della città o del paese in cui vive il nido, acquisiscono allora un valore aggiunto, nel momento in cui alimentano il senso di appartenenza di adulti e bambini, generando trasversalmente responsabilità sociale e desiderio di “prendersi cura” di ciò che ci circonda. Proporre e organizzare uscite e visite può allora far parte di una quotidianità in cui coinvolgere fin da subito i bambini e le bambine, discutendo con loro e ascoltando e documentando le loro idee, per alimentare un costante dialogo dentro-fuori. In questa prospettiva alcuni servizi gestiti da Co&So Gruppo Cooperativo hanno per esempio avviato un progetto di collaborazione con le biblioteche della zona, al fine di sostenere l’educazione alla lettura, alimentando allo stesso tempo il legame con il territorio. Oltre a incontri di lettura animata e percorsi rivolti ai
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il sistema integrato dei servizi
con l’esterno, con le famiglie, con l’Amministrazione Comunale, con il territorio. Il giornalino del servizio, scritto con il contributo di educatrici e genitori, le mostre che vengono realizzate, nonchè i convegni, i seminari, le giornate di studio, acquisiscono allora un valore aggiunto nel farsi a un tempo promotori della cultura dell’infanzia e della coerenza educativa, secondo un progetto di partecipazione di matrice ecologica.
bambini, vengono previsti progetti di prestito, secondo i quali il servizio prende in prestito dalla biblioteca alcuni libri che le famiglie possono a loro volta portare a casa dal nido. Questo tipo di progetto può essere accompagnato da alcuni incontri serali con i genitori, durante i quali affrontare il tema della lettura e del suo significato nella crescita dei più piccoli. In questo modo sosteniamo quel legame circolare servizio-famiglieterritorio che alimenta il senso del sistema formativo integrato stesso. Allo stesso modo le uscite, le gite, il legame con le botteghe della zona, come il forno, rappresentano un piccolo passo verso la costruzione del senso di cittadinanza. In continuità con questo tipo di orientamento, alcuni servizi gestiti dal consorzio hanno avviato progetti capaci di coinvolgere i nonni in gite a musei o luoghi d’arte della città. I nonni rappresentano infatti una risorsa non indifferente sotto diversi punti di vista, anche in quanto “custodi” delle memorie familiari. Essi possono infatti portare al nido pezzi di storia personale che sono però allo stesso tempo frammenti di storia del territorio a cui appartengono. Diventa allora interessante coinvolgere i nonni in progetti legati ai musei, ossia a quei luoghi che, a loro volta, custodiscono la storia del luogo che abitiamo. In questo modo creiamo trasversalmente progetti di continuità a tutto tondo, coinvolgendo nido, famiglie e territorio, nell’intento di valorizzare la bellezza tramite la memoria e il ricordo. La continuità viene del resto alimentata anche grazie all’uso consapevole della documentazione, che si fa in questo senso strumento di dialogo e comunicazione
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LE COOPERATIVE E I SERVIZI PRIVATI DELLA RETE CO&SO GRUPPO COOPERATIVO
le cooperative
Cooperativa Sociale
Cooperativa Sociale
Largo Liverani, 17/18 - Firenze Tel. 055 4221268 / 4221036 Fax 055 4368809
Via Faentina, 11 - Località Ronta Borgo San Lorenzo (FI) Tel. 055 8403537 Fax 055 8403029
l'ABBAINO
ALVEARE
E-mail: segreteria@abbaino.it www.abbaino.it
E-mail: info@alvearecooperativa.it www.alvearecooperativa.it
La cooperativa nasce nel 2001 da un percorso condiviso da un gruppo di persone provenienti da esperienze diverse nel territorio del Mugello: la cooperativa L’Abbaino, le allieve del percorso formativo Alveare e persone provenienti dalle esperienze formative di Enaip Firenze. Il suo intento è quello di promuovere servizi sul territorio del Mugello caratterizzati da un forte radicamento territoriale, alta flessibilità, progettati con la partecipazione attiva del territorio e realizzati con l’apporto di professionalità espresse dal gruppo di persone coinvolte (per il 90% costituito da donne). Nello specifico la cooperativa gestisce nel territorio del Mugello servizi residenziali e semiresidenziali per anziani, servizi per la prima infanzia, servizi educativi e di integrazione scolastica rivolti a minori e centri di aggregazione giovanile.
La cooperativa sociale L’Abbaino nasce nel 1987 nel territorio di Rifredi, si occupa della progettazione e gestione di servizi alla persona. La sua mission è volta al miglioramento del benessere della comunità, attraverso la crescita qualitativa dei servizi offerti, la crescita del capitale umano e sociale dei propri soci e operatori e lo sviluppo in termini di protagonismo e partecipazione nei territori e nelle comunità in cui opera. Oggi come ieri la cooperativa mira ad essere un soggetto di promozione di benessere sociale intenzionata a lavorare in integrazione con soggetti pubblici e privati e a coinvolgere attivamente la comunità nei processi di scambio, progettazione e valutazione degli interventi effettuati. In particolare la cooperativa gestisce nel territorio di Firenze servizi per la prima infanzia, servizi educativi diurni rivolti ai minori, servizi di educativa domiciliare rivolti a minori afferenti alla neuropsichiatria infantile, servizi di integrazione scolastica e ludoteche interculturali.
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le cooperative
Cooperativa Sociale
Cooperativa Sociale
Via Giotto, 22 - Sesto Fiorentino (FI) Tel. 055 4489010 Fax055 4484807
Via Lisbona, 23 - Pontassieve (FI) Tel. 055 8323483 Fax 0558325491
E-mail: info@convoi.coop www.convoi.coop
E-mail: mail@giocolare.net www.giocolare.net
CONVOI è un’impresa sociale nata per rispondere, con una maggiore garanzia di qualità dei servizi e con una forte specializzazione professionale e imprenditoriale, alle esigenze dell’educazione e di un welfare locale che cambia, condividendo con tutti gli interlocutori sociali del territorio esperienze e capacità. È attiva nei comuni dell’area nord ovest di Firenze dove promuove servizi e progetti rivolti all’infanzia, ai minori e giovani, ad anziani, disabili e all’intera cittadinanza.
Giocolare è stata costituita nel 1989 e ha iniziato le sue attività aprendo un asilo nido privato (Minimondo), che per dieci anni è stata l’unico servizio della cooperativa. Dall’anno 2000 Giocolare ha cominciato a portare avanti un piano di sviluppo ed è stato in quel periodo che ha scelto di aderire al consorzio Co&So Gruppo Cooperativo. Attualmente gestisce nel territorio della Val di Sieve servizi per la prima infanzia, sesrvizi di integrazione scolastica per bambini e ragazzi, servizi diurni e servizi assistenziali presso strutture residenziali per anziani non autosufficienti, centri di aggregazione giovanile, servizi di educativa domiciliare per minori con disagio sociale e/o disabilità.
CONVOI
GIOCOLARE
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le cooperative
Cooperativa Sociale
il KOALA Via di Soffiano, 51/b - Firenze Tel. 055 702000 E-mail: segreteria@ilkoala.info www.ilkoala.info
La cooperativa sociale Il Koala, fondata nel 2000 da un gruppo di donne, attualmente è un’impresa che conta 30 dipendenti, tutte donne. La nascita della cooperativa rappresenta il punto di arrivo di un intenso percorso imprenditoriale intrapreso dalle socie fondatrici, sia nella direzione di foundraising che permettesse la realizzazione del progetto, sia nella direzione dello sviluppo delle competenze di gestione. La storia del Koala inizia nel 1997 con l’apertura di un piccolo nido, e si struttura sulla forte motivazione del gruppo fondatore e sulla sentita esigenza di crescere e di migliorare. La nostra cooperativa si è specializzata nella realizzazione e nella gestione di servizi alla prima infanzia fortemente radicati nei territori di appartenenza. Per sua scelta, la cooperativa si occupa solo di infanzia e gestisce due asili nido, quattro spazi gioco, due ludoteche, un Centro 0-6, organizza incontri aperti al territorio di confronto e sostegno alla famiglia.
SERVIZI PRIVATI
uoghi accessibili, diversi da tutti gli altri, straordinari come i bambini che accogliamo. Un’esperienza ventennale testimoniata dalle
L
linee metodologiche che le nostre cooperative hanno
I MIGLIORI PROFESSIONISTI A DISPOSIZIONE DELLE FAMIGLIE
elaborato, migliaia di famiglie ascoltate e i migliori professionisti. Tutti i nostri nidi sono autorizzati e accreditati dai Comuni di riferimento. Ormai da più di 10 anni all’interno del consorzio e delle cooperative sono messe in atto procedure personalizzate ed efficaci per la progettazione ed erogazione di servizi di asilo nido, per la gestione del personale interno e della formazione a garanzia ulteriore per le famiglie di un’elevata qualità dei servizi. Tutte le strutture garantiscono ai bambini e alle famiglie servizi di qualità controllata e garantita attraverso la certificazione di qualità ISO 9001:2008 e in alcuni nidi anche attraverso il marchio di qualità europeo Pan. Nei servizi sono organizzati laboratori esperienziali per i genitori e progetti sperimentali:
• Psicomotricità • Educazione musicale • Lettura (è presente nei nidi una piccola biblioteca interculturale con libri in diverse lingue da poter prendere in prestito) Continuità: in tutti i servizi presentati vengono realizzati progetti di continuità nido-scuola dell’infanzia che con modalità diverse coinvolgono i bambini e le famiglie per supportarli durante il passaggio da un contesto all’altro. Nei nostri sevizi è tutto incluso: utenze, pannolini, merenda mattutina e pomeridiana con frutta biologica.
servizi PRIVATI
Centro Infanzia
l’ARCOBALENA Cooperativa CONVOI
SERVIZI Asilo nido e spazio gioco ETÀ Tre sezioni di età mista dai 12 ai 36 mesi ORARI Dal lunedi al venerdì 7,30-17,00 (possibilità di frequenza in orari flessibili)
Per informazioni: Via G. Garibaldi, 206 Sesto Fiorentino (FI) Tel. 055 4201828 E-mail: info@nidolarcobalena.com www.nidolarcobalena.com
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servizi PRIVATI
Asilo nido
FATE E FOLLETTI Cooperativa GIOCOLARE
SERVIZI Asilo nido ETÀ Dai 12 ai 36 mesi ORARI Dal lunedi al venerdì 7,30-17,30 (possibilità di posticipo alle 18.00)
Per informazioni: Via Pavese, 8 Rufina (FI) Tel. 055 8395340 Fax 055 8395433 E-mail: fateefolletti@tiscali.it
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servizi PRIVATI
Asilo nido
GHIROTONDO Cooperativa GIOCOLARE
SERVIZI Asilo nido ETÀ Dai 12 ai 36 mesi ORARI Dal lunedi al venerdì 7,30-17,30 (possibilità di posticipo alle 18.00)
Per informazioni: Piazza Pavese, 13 Pontassieve (FI) Tel. 055 8368695 Fax 055 8367140 E-mail: asiloghirotondo@gmail.com
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servizi PRIVATI
Centro Infanzia
KOALA BLU/KOALUDO Cooperativa Il Koala
SERVIZI Asilo sperimentale e spazio gioco ETÀ Centro infanza: 1 - 6 anni Spazio gioco: 16 - 36 mesi ORARI Asilo 1-3 anni: dal lunedi al venerdì 7,30-17,30 Asilo 3-6 anni: dal lunedì al venerdì 7,30-18,00 Spazio gioco mattina: dal lunedì al venerdì 7,30-12,30 Spazio gioco pomeriggio: dal lunedì al venerdì 13,00-18,00
Per informazioni: Via di Soffiano, 51 Firenze Tel./fax 055 702000 E-mail: info@ilkoala.info
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servizi PRIVATI
Centro Infanzia
la NAVE Stella Marina Cooperativa L’Abbaino
SERVIZI Asilo nido, spazio gioco, scuola dell’infanzia ETÀ Dai 3 mesi ai 6 anni ORARI Dal lunedi al venerdì 7,30-18,30
Per informazioni: Via delle Panche, 26 Firenze Tel. 055 4223701 E-mail: lanave@abbaino.it www.centroinfanzialanave.com
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servizi PRIVATI
Asilo nido
SALTAPICCHIO Cooperativa GIOCOLARE
SERVIZI Asilo nido ETÀ Dai 12 ai 36 mesi ORARI Dal lunedi al venerdì 7,30-17,30 (possibilità di posticipo alle 18.00)
Per informazioni: Piazza Pavese, 26 Pontassieve (FI) Tel./fax 055 8367140 E-mail: asilosaltapicchio@gmail.com
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Sede legale Via Valdipesa 1-4, 50127 Firenze, Tel. 055.450474 UnitĂ locali Pistoia: Via dello Stadio 5 - 51100, Tel. 0573.1716100 - Prato: Via San Paolo 54 M - 59100
WWW.COESO.ORG