il Tascapane
www.tascapane.it
il giornale che ti porti dietro N.4/ MAGGIO - GIUGNO 2009
Il quotidiano va in pensione. O no? reportage dal Festival del Giornalismo di Perugia Capuozzo, Serra, Telese, Travaglio, Vulpio e gli altri Questione di ponti: il Camerun web & co.: I nativi digitali
tendenze: Si fa presto a dire occhiali
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Il nostro p rispetto de manifesta di diffusio alcun rap
EDITORIALE
IL TASCAPANE
il giornale che ti porti dietro
flickr.com/photos/pietromarino
migliore foto pervenuta alla redazione
Foto di copertina: Pietro Marino
NUMERO 3 / marzo - aprile 2009
DIRETTORE RESPONSABILE Cono Giardullo VICEDIRETTORI Luca Iacovone Edoardo Rosso CAPOREDATTORE Cono Giardullo REDAZIONE
Asmaa Aboulabil, Nicola Aporti, Carlo Alberto Biasioli, Bianca Bonati, Elisa Brighi, Annasara Citterico, Enrico de Camillis, Domenico Del Conte, Riccardo Gamba, Nicola Griffante, Veronica Locatelli, Anna McDonald, Andrea Milan, Francesca Moscheni, Federico Pansini, Luca Pianese, Federica Toscano, Marilina Totaro, Silvia Trapani, Carolina Venturoli, Elisabetta Vita, Marco Zavatta
HANNO COLLABORATO
Roberta Continisio, Milosz Saramak, Laura Trevisan, Liceo Classico L. Ariosto di Ferrara
PROGETTO GRAFICO
Luca Iacovone, Edoardo Rosso (lucaiacovone@yahoo.it; edoardorosso@hotmail.it)
MARKETING & COMUNICAZIONE Luca Pianese (joker619@hotmail.it)
Editore: Associazione NoSS - Non Solo Studio – Sede Legale: Via Montebello 111, Ferrara - c.f. 93073220381 Registrazione al tribunale di Ferrara n°11 del 10/09/08 Stampa: ITALIA TIPOLITOGRAFIA S.r.l. - via Majocchi Plattis 36/38, Ferrara - C.F. e P. I.V.A. 01137550388 Il nostro periodico è aperto a tutti coloro che desiderino collaborare nel rispetto dell’art.21 della Costituzione che così recita: “Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, non costituendo, pertanto, tale collaborazione gratuita alcun rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione autonoma”
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Tascapane a scuola di giornalismo
E siamo al quarto… Qualcuno di voi ci segue fin dall’inizio, altri forse ci leggono per la prima volta. Vecchio o nuovo che tu sia, sappi, caro lettore che, stavolta, è stata davvero una faticaccia. I cinque giorni di Festival del Giornalismo a Perugia ci hanno fatto capire cosa significa farsi largo a gomitate per ottenere un’intervista, pranzare sempre con il solito trancio di pizza tra una conferenza e l’altra e, una volta a casa, ordinare il materiale raccolto. Però ci siamo divertiti. Un po’ di quel che ci hanno raccontato i grandi del giornalismo italiano lo trovate nel nostro Primo piano, il resto, comprese foto e video-interviste, è on line su tascapane.it. Siamo rientrati da Perugia il 5 aprile. Quella notte si sarebbe verificata la scossa di terremoto in Abruzzo che ha ucciso centinaia di persone. Su questo numero non troverete nulla che parli di questo argomento. Riteniamo che sia stato detto abbastanza e che non ci sia alcuna necessità di una voce in più. Al contempo però vogliamo esprimere solidarietà alle vittime e in particolar modo ai nostri colleghi, gli studenti universitari. Tra le iniziative volte alla ricostruzione segnaliamo quella della CRUI (Conferenza Rettori Università Italiane). E’ infatti possibile dare il proprio contributo alla ricostruzione delle Facoltà inagibili e della Casa dello Studente effettuando un versamento su questo conto corrente: Nome: UNIVERSITA’ EMERGENZA TERREMOTO IBAN: IT 80 V 03226 03203 000500074995 Codice swift: UNCRIT2VRMY Tra le novità, diamo il benvenuto a una nuova redattrice. Si chiama Francesca e curerà “L’angolo delle relazioni”. Non si tratta della posta del cuore… E’ qualcosa di più ampio: si parlerà delle relazioni intessute dagli studenti nel periodo dell’università. Da come cambiano i rapporti con i genitori lasciati a chilometri di distanza a come abbordare le ragazze erasmus, passando per i più improbabili rapporti di amicizia nati nelle aule studio. Quindi scrivetele (angolodellerelazioni@gmail.com) e proponete gli argomenti che vorreste vedere trattati nella rubrica! Anche tascapane.it ha preso a navigare per acque lontane. Proprio come in un piccolo laboratorio di giornalismo ci misuriamo con ogni mezzo la rete ci metta a disposizione. Dal sito al canale youtube, fino a twitter, siete sempre di più a seguire le nostre peripezie 2.0. Così abbiamo deciso di creare un vero è proprio calendario degli aggiornamenti on line, con degli appuntamenti quotidiani ai quali non riuscirete più a rinunciare: il venerdì è il giorno della musica, con Carlo e le sue recensioni; la domenica si tinge dei colori dell’arte con Veronica, e così con la letteratura, la contropinione... e presto anche i video-blog di Cono da Bruxelles. Insomma, non vi resta che continuare a seguirci! Edoardo Rosso e Luca Iacovone Comune di Ferrara
Provincia di Ferrara
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da Ercole D’Este al la Grande Muraglia
Offresi sposo Come in ogni società, anche in quella cinese la famiglia è la cellula fondamentale, custode dei valori tradizionali pur in un contesto di forte transizione culturale e sociale. Nella scintillante Shanghai del 2009 sta aumentando sempre di più il numero di ventenni in carriera che investono tanto – se non tutto – sulla propria carriera, riducendo al minimo la vita sociale. In Cina, però, il matrimonio è ancora – almeno per le penultime generazioni – un valore fondamentale: le pressioni famigliari sui 22-25enni per convolare a giuste nozze sono fortissime. Se la mancanza di tempo libero è la vera causa – o una comoda scusa – per giustificare la crescente difficoltà con cui i nuovi ventenni di Shanghai si findanzano, ecco allora scendere – con tipico pragmatismo cinese – i loro genitori. Infatti ogni week-end il Parco RenMin, nel cuore pulsante della metropoli, è incredibilmente affollato da 50-60enni riuniti in piccoli gruppetti. Ovunque campeggiano cartelli con tanto di foto del tipo : “Wang Zheng, maschio, nato nel 1980, alto 1.70, Shanghaiese, stipendio: 15.000 RMB (circa 1.500 euro)”, oppure “Han Lei, femmina, 1978, nanchinese, a Shanghai da 5 anni, educazione universitaria, ottima cuoca, ama la pittura”.
Nicola Aporti è un ex studente dell’ Università di Ferrara, e dal 2006 lavora in Cina. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la Cina così come appare agli occhi di chi si trova a viverla per lavoro, un passo dopo la laurea. Visto l’interesse suscitato dalla rubrica sul sito del Tascapane, ora lo sbarco sulla carta.
All’ombra degli alberi, i genitori contrattano molto seriamente, si scambiano foto, celebrano i propri figli, prendono numeri di telefono, combinano incontri... insomma procacciano fidanzati per i propri figli, e tutto ciò con la normalità con cui si scambierebbero le figurine. Che dire...le trasformazioni che la Cina sta vivendo negli ultimi anni sono, per velocità, numero di persone coinvolte e complessità, fra le maggiori mai vissuti nella storia. Da qui si ha il privilegio di assistere quotidianamente alla metamorfosi di questo Paese, sempre più a cavallo tra due mondi, tra due secoli. Tra il serio e il grottesco. NIcola Aporti
POST-IT daldiMondo Asmaa Aboulabil MPUTER
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A DEL TUO LAVORO E’ l’iniziativa tutta italiana dipendenti pu di alcuni bblici ita di lavoro a ch liani: regalare un’ora i, impiegato privato, abbi nel settore a pe crisi. A ques rso il posto a causa de lla to proposito è stato istitui FONDO DI GARANZIA to il PE R LE FAMIG IN DIFFICO LIE LTA’, che ve dalle donazi rrà finanziat oni dei dipe o ndenti italia ni ch operano ne l settore pubb e lico.
SCOPERTO IL LADRO PIU’ STUPIDO DEL MONDO Ad essersi aggiudicato questo titolo è stato un diciannovenne americano. Il fatto ha avuto luogo il 28 marzo a Londra in una convention di 300 agenti anti-droga, tenutasi nell’albergo di Harrisburg (Pennsylvania). Il furto è avvenuto nella toilette dell’albergo, dove l’ex capo della polizia è stato derubato dei propri averi. Ha chiamato poi i suoi colleghi, che sono riusciti a catturare il ladro il quale invece di darsi alla fuga, si stava facendo chiamare il taxi dal concierge.“E’ stato il crimine più stupido della Pennsylvania” ha commentato
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Amici: si nasce o ci si diventa? Sosteneva il grande Epicuro Di tutti quei beni che la saggezza procura per la completa felicità della vita, il più grande di tutti è l’acquisto dell’amicizia. Se sappiamo di avere una spalla su cui contare, le gioie diventano più intense e i dolori meno amari. Possiamo definire semplicemente così gli effetti dell’amicizia. Partendo dal buon presupposto di voler godere proprio di tutti i benefici che l’amicizia può regalare, poniamoci delle domande: cosa facciamo per diventare amici di qualcun altro? chi definiamo nostri amici e soprattutto sappiamo essere dei buoni amici? Innanzitutto, come ci comportiamo quando incontriamo una persona che riteniamo possa essere potenzialmente nostra amica? I modi di fare cambiano da uomo a donna, da persona a persona. Come riusciamo a catturare la sua attenzione e la sua fiducia? Essendo sempre e comunque noi stessi con i nostri pregi, i nostri difetti, i nostri modi di fare, di pensare, di agire, di coinvolgere, di supporre, di imporre, di creare, di inventare. Questa dovrebbe essere una regola di vita per stare bene con noi stessi e con gli altri. E’ più importante la qualità o la quantità? C’è chi è più selettivo ed è sostenitore del motto “pochi ma buoni”, e quindi da più importanza alla natura del rapporto, oppure, c’è chi è più propenso a focalizzarsi sul numero dei contatti che ha instaurato. A prescindere, ci sono degli elementi fondamentali che un’amicizia deve avere per chiamarsi tale. Questi sono: rispetto, sincerità, comprensione e reciprocità. Non ne deve mancare neanche uno altrimenti scompare il concetto di amicizia e si cade in una delle sue sfumature. Il rispetto deve essere presente nella vita alla base di tutto, come la sincerità del resto. La comprensione e la reciprocità scattano quando riusciamo ad entrare in contatto con persone affini, che hanno una visione del mondo e delle cose simili alla nostra. A tutto questo dobbiamo anche aggiungere un altro termine importante: condivisione. Dare e ricevere reciprocamente emozioni, sensazioni,
Quasi quasi... imparo a volare! La prima cosa che si legge, qualche metro prima di giungere in questa città, è un grande cartello stradale che ne decanta la peculiarità: FERRARA, LA CITTÀ DELLA BICICLETTA! E infatti non si può dire il contrario. Basti vedere le condizioni dell’area davanti alla stazione, le rastrelliere di ogni facoltà, scuola o i muri di ogni casa: ovunque vediamo biciclette. In strada è lei che fa da padrona e persino postini e forze dell’ordine si muovono spesso su due ruote. E fin qui, tutto fila liscio come l’olio ma...sì, c’è un ma: spesso e volentieri, mio caro ciclista, ti sarai ritrovato a percorrere una strada contromano (situazione abbastanza inevitabile, visto che a Ferrara si procede solo per sensi unici!) e nel bel mezzo della pedalata, magari di fretta perché eri in ritardo per le lezioni, un vigile ti avrà intimato a scendere e procedere a piedi. Indubbiamente ha ragione, ma allora perché non creare qualche bella e sicura pista ciclabile, così da risolvere anche il problema del rischiare ogni giorno di venir “falciato” dalle auto, se è vero che questa è la città delle biciclette?! Ma non è finita qui. Spesso ci si muove anche con mezzi pubblici, soprattutto per le lunghe distanze. Il malcapitato della situazione si ritrova alla suddetta
student love and city 5 l’angolo delle relazioni idee, momenti di vita. Tante belle parole eppure c’è qualcosa che non va. Perché diventa sempre più difficile instaurare un rapporto di amicizia con le persone? Forse è solo un’impressione, ma sembra che ci si doni sempre meno verso la gente. Ci stiamo raffreddando? Perché tutto questo scetticismo di fronte l’amicizia? Troppe persone hanno metabolizzato il famoso detto popolare “Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio”. L’impressione è che non si voglia approfondire una conoscenza forse per paura o per pura non volitività. Che sia solo un fenomeno presente nella nostra città? A voi la risposta! Di sicuro, qualcuno che nega la propria conoscenza verso qualcun altro, perde qualcosa inevitabilmente. Di fatto, ogni persona che conosci e che incrocia il tuo cammino di vita, ti dona pensieri, concetti, intuizioni. Un giorno qualcuno mi disse: non credo di essere la persona più importante della tua vita ma sono certa di averti trasmesso l’importanza che tu hai nella mia. il destino ha voluto che le nostre anime si incontrassero e creassero l’amicizia che ha reso la mia esistenza piena di significato. Se parliamo di amicizia, inoltre, in modo inevitabilmente dobbiamo parlare di abitudini condivise, di riti, di elementi che fanno da collante. Tra le abitudini e i riti ci possono essere le uscite di routine e tra gli elementi canzoni, eventi ed emozioni. Se abbiamo degli amici ce li avremo sicuramente. Pensandoci bene, i vostri quali sono? Qual è il rito che oramai da anni continuate a fare con i vostri amici? Fondamentalmente è importante viversi, poi come vada a finire è un altro discorso (e chissà forse oggetto di un altro articolo). Francesca Succi
fermata, cercando di capire dove l’autobus lo porterà ma soprattutto a che ora passerà! Infatti ci troviamo davanti ad un elenco di orari e vie che ai più rimangono sconosciuti, e l’unica cosa che capiamo è che non c’è speranza: l’autobus passa solo ogni 20 minuti. Attraverso un apposito calcolo astrale di coordinate ma soprattutto intuizioni, riusciamo a venire a capo a questo dramma: siamo tra “C.so Giovecca Ospedale” e “S. Rocco”! Che stupidi che siamo stati a non averlo capito prima! Posso solo immaginare la faccia di un turista che mette piede a Ferrara per la prima volta. Ora con un paio di operazioni, riusciremo a desumere l’ora esatta, per renderci conto in realtà che sono già passate le 20.00, e che quindi di autobus non ce n’è neanche l’ombra. L’unica alternativa sembra essere il 21, che fa un misero giro sulla strada principale, e gli sfortunati che abitano fuori le mura o semplicemente non vicini al centro, dovranno pagare salatamente un taxi o percorrere la strada a piedi, calcolando che spesso e volentieri la domenica sera è pieno di studenti universitari che fanno ritorno in città con valigie carichissime. Come si può credere che sia una città universitaria, quando la mentalità è ancora quella medievale?! Elisa Brighi vignetta di Carlo Biasioli
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il racconto di Edoardo
SUMMER ON A SOLITARY swimmingpool “Gli esperti la chiamano bolla africana, è l’ondata di caldo anomalo che investirà la penisola nei prossimi giorni”. “E’ già record. Temperature oltre la media registrate in tutta Italia”. Leggo solo i titoli. Leggo i titoli e guardo le foto. Dopo cinque pagine consultate a quel modo poso il giornale sul tavolino al mio fianco. Il mestiere di bagnino, in certe piccole piscine di provincia, in quel periodo di agosto in cui le città si svuotano e la gente migra verso le coste, permette di leggere molto sul luogo di lavoro. Basta farlo con discrezione. Non dare a vedere ai clienti che sei troppo rilassato. Alcuni non gradiscono. Non sopportano l’idea che tu sia pagato per stare seduto. Questa mattina, ad esempio, una natante ha fatto una battuta sul fatto che stavo leggendo, ha detto qualcosa come il bagnino oggi è in riposo. Lo ha detto fra sè ma in modo che io sentissi. Erano appena le dieci e quella madre giovane e grassa con un figlio in età da figurine del wrestling era la prima cliente. Si era sistemata occupando due sdraio dalla parte opposta
Guardo sul tavolino e vedo la mia copia della Repubblica. “La Stampa non ce l’ho ma se vuo...” non faccio in tempo a finire la frase. “Va benissimo!” irrompe la madre da lontano. Solo ora la noto, seduta sul lettino, mi osserva con una mano sulla fronte a schermare il sole. Nell’altra impugna un tosat. Ha osservato tutta la scena dall’altra parte della piscina, come il generale osserva da un’altura lo svolgersi della battaglia campale. Mentre mi perdo in similitudini da ginnasio il bambino grassoccio afferra il giornale: “Te lo riportiamo domani!” dice voltandosi e raggiungendo la madre a passi brevi e rapidissimi. Cosa me ne faccio domani del giornale di oggi? Penso mentre seguo con lo sguardo il bambino che cammina lungo il bordo con passo traballante, fino alla madre. La madre! Ora la riconosco... E’ la donna che stamattina, nuotando col figlio nella vasca deserta aveva detto “stai vicino al bordo che se anneghi
alla mia. Tra me e loro, lo specchio d’acqua della piscina. Con due teli aveva occupato altre due sdraio. “Questo è per la Miriam e qui mettiamo la Lori” aveva detto a voce alta, fra sé.
non ti salva neanche il bagnino, che oggi è in riposo”. Che oggi è in riposo... Era stata quella frase a distogliermi dalla lettura. Ora il mio quotidiano è nelle mani unte di crema solare o di Pringles o di toast o di maxicono della signora inguainata nel costume intero. E me lo ridarà solo domani.
Sono le due di pomeriggio. Nessuno è in acqua. Molti sonnecchiano sulle sdraio, altri sono ancora al fresco del patio, seduti ai tavolini dove hanno da poco consumato il pranzo a base di insalata di riso e birragelata. L’acqua è increspata in modo impercettibile dal vento. Oggi soffia da sud. E’ caldo come l’Africa e carico di sonnolenza. E’ proprio la sonnolenza che mi ha convinto a chiudere il giornale. Non ho bisogno di leggere che anche quest’estate è scoppiato il caldo. Lo sento sulla pelle. Intorno, appena oltre la recinzione che perimetra la piscina, tace la periferia. Un bambino sugli otto anni, grassoccio e abbronzato, cammina con passo deciso verso la mia postazione. Indossa le Crocs. Quegli zoccoletti di gomma colorata che in America sono stati ritirati dal mercato perché si incastravano nelle scale mobili, rischiando di amputare gli arti inferiori. Il bambino mi raggiunge, mi guarda negli occhi e fa per parlare. Immagino stia per chiedermi una tavoletta galleggiante, come tutti i bambini. “Ce l’hai La Stampa?” mi spiazza. Non so spiegare il perchè, ma quella richiesta lo rende, ai miei occhi, immediatamente antipatico.
Mi ha dato una lezione la signora. Mi ha tolto il giornale. Io sono il bagnino, devo vigilare, non leggere. Penso così quando mi alzo, sfilo la maglietta rossa e, dopo aver rivolto uno sguardo verso la signora, mi tuffo. Traverso tutta la piscina in apnea, riemergo dall’altra parte, proprio vicino alla signora. Esco e mi avvicino gocciolante. Mi guarda disgustata, pronta a punire verbalmente il bamboccione fannullone... Non sa che sto facendo tesoro della sua lezione. Sto vigilando. Sono a un passo da lei, mi chino verso il lettino “Scusi - dico gentilissimo - non si può mangiare in zona piscina, dovrebbe finire il toast al bar”. “Ah, certo, sì, sì, ha ragione... vieni Thooomas! Thomas, vieni, ci mandano a mangiare al bar! Vieni dai!” Torno alla mia postazione. Non prima di aver raccolto La Repubblica che la donna aveva lasciato sul lettino. Edoardo Rosso
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editoriale: Tascapane a scuola di giornalismo post-it dal mondo la cina è vicina: Sposo offresi il racconto di Edo: Summer on a solitary swimmingpool contropinione: Quasi quasi imparo a volare student love & city: Amici: si nasce o si diventa?
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CULTURA
RUBRICHE
SOMMARIO
p 12 arte: Quando la realtà è surreale: Alterazioni Video p 13 cinema: Il nuovo potere delle immagini p 15 musica: il suono dell’indipendenza p 16 letteratura: Quando si scrive delle donne... p 17 tendenze: Si fa presto a dire occhiali
Tascapane.it: le nuove proposte
UNIVERSITA’
p 18
Reportage dal Festival del giornalismo
p 19 diritto e scienza: eutanasia, giurisprudenza e medicina a confronto p 20 community: Questione di ponti: il Camerun p 21 dalle facoltà: Architettura p 22 ma sei fuori?: incoming Virginia / outgoing Istanbul p 24 handykey: Mamma, mamma, è diverso! p 25 web & co.: I nativi digitali p 26 viviferrara: associazioni
SCUOLE
p 27 I cento passi verso la libertà... p 28 senza tabù: il mondo maschile, tra reggiseni e stalloni
SPORT
p 29 cus ferrara: Non solo in America p 30 spal: Butelli, un presidente in sella
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Reportage dal Festival del Giornalismo Cinque giorni intensi. Abbiamo prosciugato l’inchiostro delle bic, scaricato le batterie dei registratori e archiviato centinaia di foto. Giornalismo a 360°: dal mostro sacro Sergio Romano, saggio editorialista del Corriere della Sera; ai Vanguard Journalists, i giovani reporter che si spingono ai limiti estremi della cronaca (un esempio? Sottoporsi volontariamente alle torture di Abu Ghraib per testimoniarne l’efferatezza). Ferrara, luce acerba del primo mattino, colazione e ripasso del programma del festival. Poi, guidati dalla voce metallica del Garmin, via, verso la vecchia Perugia. VULPIO - Il primo incontro è con Carlo Vulpio, si parla di inchiesta ambientale. “Le inchieste non si fanno – accusa il giornalista del Corriere della Sera – i giornali non contengono i fatti, così sono costretto a scrivere libri”. Il problema spesso sono gli interessi degli inserzionisti. “Se io faccio un’inchiesta sulle case farmaceutiche è difficile che mi venga pubblicata da un giornale che ha una pubblicità a tutta pagina proprio di qualche grande casa farmaceutica, mi è successa una cosa simile con il Corriere Magazine nel caso di una inchiesta sull’omeopatia” racconta Vulpio. L’agguerritissimo giornalista si è poi concesso anche alle nostre telecamere (potete trovare l’intervista nella sezione Video di www.tascapane.it). La pubblicità quindi se da un lato Carlo Vulpio
LO SAPEVATE CHE... Il giornale fra le ruote La gazzetta dello sport nasce nell’aprile del 1986 dalla fusione di due giornali sportivi: “Il Ciclista” di Eliso Rivera ed il bisettimanale “La Tripletta” di Eugenio Camillo Costamagna. Le prime edizioni sono stampate su carta verde chiaro, organizzate su 4 pagine, ad un costo di 5 centesimi di lire. Il caporedattore della rubrica ciclismo, Armando Cougnet, nel 1909 organizza la grande avventura del Giro d’Italia. Il primo vincitore, Luigi Ganna, guadagna 5.325 lire. Un buon premio se si pensa che lo stipendio del direttore del Giro ammonta a 120 lire mensili.
parte della nostra redazione in trasferta
garantisce la sopravvivenza dei giornali dall’altro rischia di minare l’indipendenza dell’informazione. TRAVAGLIO - Problema più grave della censura è però quello dell’autocensura. Come è emerso dallo scoppiettante incontro con Marco Travaglio e Luca Telese. Questa volta si parla del fenomeno Grillo. “Grillo si sottrae al dibattito e non risponde alle domande” è la provocazione della mederatrice Elisa Calessi giornalista di Libero (che ha iniziato la carriera nella redazione della Nuova Ferrara). “Grillo non risponde alle domande, e allora? – rilancia Telese – Se i nostri politici per primi non rispondono alle domande perché dovrebbe farlo Grillo?” “Il problema non è solo che i politici non rispondono ai giornalisti – incalza Travaglio – il problema è che le domande non vengono poste... I giornalisti che seguono Berlusconi sono gli stessi che lo seguono dagli esordi, sono come una grande compagnia, non faranno mai le domande scomode ai loro amici”. “Non è comunque un problema di destra o sinistra – chiarisce Telese – è una questione trasversale”. Non più censura quindi, bensì autocensura. E’ il giornalista per primo che evita la domanda diretta. Ma non è così per tutti. “I bravi giornalisti esistono e sono sparsi in un po’ tutte le redazioni – sostiene Travaglio – se perfino a Il Giornale si trovano buoni giornalisti, come Telese, vuol dire che c’è speranza” conclude con ironia. SERGIO ROMANO - Filo rosso del Festival è stato il rapporto tra l’informazione e i nuovi media. I bloggers sono i giornalisti del futuro? Sergio Romano è scettico: “Il blog è un giornale personale, ciascuno colloca le notizie che corrispondono ai suoi sentimenti, ai suoi pregiudizi, alle sue fobie, un giornale che non Episodi curiosi: Il diavolo in gonnella e l’uomo che beveva uova fresche prima della gara Anche le donne iniziano ben presto a farsi notare fra le righe dei giornali in sella alla loro bicicletta... Nel 1925 Alfonsina Strada partecipa al giro contro tutti maschi. Parte col numero 72, per cadute e vicissitudini, finisce fuori tempo massimo, ma prosegue e raggiunge ugualmente Milano, concludendo la dura prova fra gli applausi. Altro episodio che fece scalpore ha come protagonista Alfredo Binda, il quale dopo aver vinto con facilità il Giro in quattro edizioni consecutive (dal 1926 al 1929) viene invitato a rimanere a casa per manifesta superiorità. Nel 1930 percepirà, per non correre, il premio (22.500 lire) che avrebbe guadagnato in caso di vittoria. Nel 1933 nasce la prima tappa a cronometro che si disputa da Bologna a Ferrara, sulla distanza di 62 km. Chi vinse? Alfredo Binda. La Gazzetta scrive: “Signori corridori, fate il vostro gioco: ognuno per sé, e contro tutti”.
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informa ma conferma e contribuisce ad aumentare il tasso di faziosità e rancore già presente nelle società contemporanee”. Eppure gli americani prevedono che tra 30 anni non esisteranno più i quotidiani di carta. Seymour Hersh (giornalista del New Yorker, premio Pulitzer 1969, fu il primo a denunciare i crimini di Abu Ghraib nel 2004) non è d’accordo: “Dove chiudono i quotidiani locali nasceranno settimanali o piccoli giornali – profetizza Hersh dalle colonne di La Repubblica (1/4/09) – se il giornalismo vuole salvarsi deve essere Gian Antonio Stella curioso, affidabile, trasparente e corretto”. E’ convinto che le inchieste salveranno i giornali di carta. Il reportage rimarrà sulla carta, il resto finirà su internet. Altri prevedono che presto ogni redazione sarà organizzata in carta, web, radio e mobile: il cosiddetto “supermedia”. C’è chi è meno catastrofico e più realista come Toni Capuozzo: “Il mondo cambia, i cambiamenti fanno le loro vittime ma chi si adatta al cambiamento sopravvive, pur combattendo i cambiamenti quando non sono giusti” (il resto dell’intervista su tascpane.it, sezione Video).
modo di lavorare e diventare anche voi un vanguard journalist visitate il sito current.com.
VANGARD JOURNALISM - Ma new media vuol dire anche un nuovo modo di fare giornalismo: è il caso dei Vanguard Journalists. Una squadra di giovani reporter che grazie alle loro telecamere portatili accompagnano lo spettatore dentro la notizia. Esemplare il caso di uno di loro che si è sottoposto alla tortura dell’annegamento (il waterboarding: “annegamento simulato”) per dimostrare l’efferatezza dei metodi di interrogatorio dei presunti terroristi in negli Stati Uniti. Parola d’ordine dei Vanguards: essere sul posto, verificare di persona. Infondo è la ricetta classica del giornalismo “vecchia maniera” eppure le loro inchieste stanno avendo paritcolare successo Se volete farvi un’idea del loro
NERA - Si è parlato anche di cronaca nera ammettendo che il giornalista di nera tende a stuzzicare la morbosità del lettore. Non è un caso che tra tutti gli omocidi vengano a galla quelli che presentano qualche dettaglio piccante spesso legato alla sfera sessuale, si pensi al caso di Amanda Knox.
Sfogliando il giornale con il sigaro in mano Nel 1885 i tre amici bolognesi Cesare Chiusoli, Giulio Padovani e Alberto Carboni, tutti studenti alla facoltà di giurisprudenza, fondano versando 100 lire a testa Il Resto... del Carlino. Il lettore con 10 centesimi, l’equivalente di un carlino, poteva acquistare prima di tutto il sigaro che costava 8 centesimi e con il resto si portava a casa il giornale. Sulla testata del nuovo quotidiano compare una donna che fuma - con il riferimento al tabaccaio da cui “si va a comprare il primo sigaro della giornata”.
Bergamini è passato alla storia del giornalismo italiano per l’invenzione della terza pagina e del primo elzeviro ma forse alcuni non sanno che la sua carriera è iniziata a Rovigo, quando a soli 20 anni era direttore del quotidiano rodigino il Corriere del Polesine.
La terza pagina - Elzeviro. Il 10 Dicembre 1901 Alberto Bergamini, fondatore e direttore de Il Giornale d’Italia dedica l’intera terza pagina del numero alla prima assoluta di Francesca da Rimini di Gabriele d’Annunzio, interpretata da Eleonora Duse. Questo articolo giornalistico di approfondimento culturale viene definito elzeviro.
LA CASTA IN CATTEDRA - Dai nostri microfoni è passato anche Gian Antonio Stella. Al termine di uno spettacolo teatrale nel quale ha ripercorso, attraverso la lettura-recitazione di documenti ufficiali, i più grandi scandali italiani, figli di una politica prigioniera delle proprie contraddizioni; interpellato sulla “casta universitaria” ha dichiarato: “E’ inutile cambiare le regole se chi le viola non la paga. Se essere condannati perché si truccano i concorsi non porta a dei licenziamenti è inutile fare altre regole. Non credo che la politica voglia distruggere l’università: una grossa fetta della casta politica ha un piede nell’università e di solito cane non morde cane”. RADIO - L’informazione passa anche via radio e a parlarne c’erano Giuseppe Cruciani (Radio24) e Vittorio Zucconi (direttore Radio Capital). La radio gode di ottima salute “perché quello che si crea con gli ascoltatori è un rapporto molto particolare, personale, quasi intimo” dice Zucconi. “La radio ha fatto bene in questi anni ma può fare meglio – sostiene Cruciani – la vera svolta si avrà quando gli speaker prenderanno posizione, si schiereranno, non intendo politicamente ma almeno dalla parte delle loro idee, come succede per certi speaker americani che personalizzano molto la trasmissione senza nascondere il loro punto di vista”. Marco Travaglio
(continua...)
Molte altre curiosità e approfondimenti le troverete sul sito www.tascapane.it Carolina Venturoli
Alfonsina Strada
10 Massimo Picozzi (criminologo) denuncia anche l’effetto CSI. “In America - spiega Picozzi - le giurie sono più propense a condannare quando l’accusa è supportata da prove scientifiche, cioè quando scendono in campo i vari strumenti che vediamo nei telefilm, ad esempio il luminol (composto chimico utilizzato dalla Polizia Scientifica per rilevare il sangue)”. CONCLUSIONE - Una cinque giorni ricca di incontri e di stimoli nuovi. Si sono dette molte cose sul presente e sul futuro dell’informazione ma il consiglio fondamentale per chi vuole
La conferenza dei giornali universitari
intraprendere questa professione ce lo dà Capuozzo: “Non abbiate pregiudizi prima di partire con un’inchiesta, siate curiosi e quando necessario arrendetevi di fronte la realtà, a volta essa ti insegna cose che non avresti neanche immaginato prima. Maturate un vostro stile, non omologatevi, fate a modo vostro, non sarà sempre un lavoro ottimo, ma sarà un “vostro” prodotto, e soprattutto abituatevi ai fallimenti, abbiate il coraggio anche di buttar via intere giornate di ricerca e inchiesta, se la notizia non c’è”. Edoardo Rosso
bene e le citazioni su grandi giornali, che vantiamo nel nostro palmarès. La conferenza al di là dei contenuti è stata importante per ridarci forza, un po’ di verve, che a volte manca nel nostro ateneo. Dai giornali on-line abbiamo imparato nuovi trucchi per il sito, mentre abbiamo ascoltato attenti i consigli delle riviste con maggior esperienza. Ma il Tascapane si è ben difeso. L’uso di una grafica accattivante e di un giornale non politicizzato, ma vero laboratorio giornalistico, è stato apprezzato da tutti.Cosa nasce da questa conferenza? Due importanti progetti: 1) la
“Giornali universitari: missione possibile”. E’ stato questo il titolo che gli organizzatori del Festival hanno voluto dare alla seconda tavola rotonda dei giornali universitari, venerdì 3 aprile. Moderati da Cristina Tagliabue e Luca De Biase, di Nòva24, ci siamo confrontati su queste tre domande che vi rivolgo. Chi siamo? Undici giornali universitari, dai principali atenei italiani, undici proposte diverse che hanno in comune la voglia di imparare a far giornalismo: Inchiostro (Pavia) il progetto più longevo, da ormai quindici anni dentro le mura dell’ateneo, è sovvenzionato dai fondi universitari. L’Universo (Lugano) che mira a diventare il giornale universitario più grande di tutta la Svizzera, contando 46.000(!!!) copie distribuite mensilmente, grazie anche alla collaborazione con il Corriere del Ticino. A Milano Acido Politico e Orizzonte Universitario, sulla scena già da qualche anno nascono da diverse facoltà della Statale di Milano. L’UniversitArea (Firenze) che dichiara di voler diffondere una opinione pubblica universitaria che manca tra gli studenti. Energie9 (Roma) e Step 1(Catania) che hanno scelto un progetto completamente on-line, sulla scia dell’era Internet 2.0, tenendo testa ai cartacei. La Locomotiva (Perugia) voce del sindacato studentesco di sinistra. Ma non eravamo i più giovani, Open House (Urbino) con due numeri e Minerva (Napoli) con un solo numero pubblicato, si dichiarano progetti ambiziosi, seppur ancora instabili. Il Tascapane, già lo conoscete... Di cosa abbiamo discusso? Al centro del dibattito, la nostra nascita, la nostra esperienza, qualche piccola inchiesta riuscita
possibilità di tenere un blog sul sito di Nòva24 , il settimanale del Sole 24 Ore. Se il progetto sarà ben gestito, il direttore De Biase ci ha promesso il futuro sbarco anche sulla carta. 2) la creazione di una rete stabile dei giornali universitari, che avvii un progetto di scambio di link e articoli, per renderci più partecipi dei problemi e delle esperienze delle altre riviste che si muovono all’interno degli altri atenei. Proprio da questa idea nasce la pagina dedicata ai giornali universitari che di volta in volta dedicheremo ad un diverso magazine universitario italiano o straniero. Cono Giardullo
che Figu! FEDERAZIONE ITALIANA GIORNALI UNIVERSITARI
vota il professore! Dal confronto con le altre redazioni universitarie a Perugia è nata l’idea di riservare nei nostri giornali uno spazio da dedicare alle iniziative e alle inchieste condotte nelle altre università italiane. A noi del Tascapane l’onere e l’onore di inaugurare questo spazio, e lo facciamo raccontandovi una delle inchieste più discusse e copiate: “il sondaggio proibito”, del mensile Acido Politico, redatto dagli studenti della Facoltà di Scienze Politiche di Milano.
La didattica dei professori della Statale di Milano, come quella dei professori dell’Ateneo ferrarese, è periodicamente valutata attraverso il Sistema Informativo Statistico per la valutazione della didattica universitaria. A Milano come a Ferrara conoscere gli esiti dei questionari cui siamo sottoposti tutti gli anni è impresa assai difficile (su unife.it la valutazione della didattica dei singoli docenti non è consultabile dagli studenti). Così, mentre nel Consiglio di Facoltà di Scienze Politiche, della Statale di Milano, si discuteva dell’opportunità di pubblicare o meno gli esiti di quelle valutazioni, Acido Politico ha pensato di agire in proprio, sottoponendo agli studenti un suo sondaggio.
Il Tascapane, partendo dall’esperienza dei colleghi milanesi, chiede al Sento Accademico dell’Ateneo ferrarese e ai Consigli di Facoltà di rendere pubblici su unife.it i risultati delle valutazioni della didattica di tutti gli insegnamenti. Chiede ai singoli docenti di pubblicare nelle loro pagine personali i risultati relativi ai loro insegnamenti. E, dulcis in fundo, invita tutti gli studenti a votare e caricare i profili dei propri professori sul sito www.votailprof.it. Al momento risultano recensiti il Prof. Philippe Ellia, il Prof. Paolo Codeca’ e pochi altri, nei prossimi giorni caricheremo i profili di altri docenti. Oggetto di valutazione sul sito sarà: comportamento agli esami, disponibilità in orario di ricevimento, risposte alle mail, presenza a lezione, aggiornamento tecnologico e cortesia. Nel prossimo numero i risultati. Luca Iacovone
Cosa succede se alcuni studenti chiedono ai loro colleghi di dare un voto in trentesimi ai propri professori, promettendo di pubblicare i risultati sul giornale universitario? La risposta nell’editoriale del numero di Acido Politico che presenta i risultati del sondaggio.
l’editoriale Nella candidatura da presentare per del numero incriminato accedere alla prestigiosa Science Po di Parigi, una voce meritava un’attenzione particolare: “che cosa pensi di poter dare tu, studente, alla tua università?”. Tale voce concorre tanto quanto il curriculum
vitae et studiorum ai fini della selezione. Perché raccontarvi questa storia? Perché quello che è accaduto nelle ultime settimane in questa università, oltre ad assumere toni della più grottesca delle circostanze, ha il merito se non altro di palesare una volta per tutte che cosa rende la nostra facoltà tanto inadeguata rispetto alle sue concorrenti europee. Troverete nelle pagine seguenti l’esito del sondaggio che abbiamo sottoposto agli studenti, cui abbiamo chiesto di valutare i corsi seguiti ed i docenti loro responsabili. Una consultazione innocente, che peraltro ha incontrato il favore e l’entusiasmo degli stessi studenti. Il Preside però, oltre a segnalarci gli estremi di una denuncia per interruzione di pubblico servizio, ci ha comunicato che tale iniziativa sarebbe stata portata dinanzi ad una commissione disciplinare. Insomma, non si può fare. [...] Chi amministra questa facoltà si interroghi non soltanto su quello che noi non possiamo fare, ma anche su quello che facciamo per rendere questa facoltà un luogo migliore. Leonardo Berberi Flavio Bini
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ARTE
QUANDO LA REALTA’ E’ SURREALE: ALTERAZIONI VIDEO Milano, stazione Cadorna. È il pieno centro della città della moda e dell’imprenditoria e sullo schermo passa una scena inconfondibile: un attacco terroristico. Arrivano le forze dell’ordine a sirene spiegate, gli elicotteri sorvegliano il fazzoletto di cielo al di sopra della stazione. La diretta tv ci fa capire che quello che stiamo vedendo è tutto reale. Ma c’è un unico segnale ambiguo, ed è la striscia sul basso dello schermo che riporta le notizie dell’ultimo minuto: “Italy under panic attack in Milan... Hundreds of dead and injured... Investigators suspect cell police forces gone astray” (“Italia sotto attacco di panico a Milano... Centinaia di morti e di feriti... Gli investigatori sospettano di cellule di forze di polizia distolte dal loro dovere...”). In questa semplice frase sta il punto nodale del video: siamo sicuri si tratti di un attacco terroristico? È davvero un notiziario? È la realtà? In verità si tratta del video Disinformation (2’19’’, 2006) del gruppo Alterazioni Video, nato nel 2004 a Milano da Paololuca Barbieri e Alberto Caffarelli, e in seguito ampliato da Matteo Erenbourg, Andrea Masu e Giacomo Porfiri. Una delle particolarità di questo gruppo è la loro pratica creativa: essendo un network che opera tra Milano, New York e Berlino, ogni componente è una cellula a se stante ma nello stesso tempo fondamentale per la realizzazione dei lavori. I mezzi di comunicazione, dalla musica al video alla pubblicità, ma anche le tecniche tradizionali dell’arte come scultura e collage, costituiscono il campo in cui Alterazioni Video operano la loro riflessione su tutto ciò che ci circonda. Lo sguardo ironico, ammiccante pone lo spettatore di fronte a fatti spesso sconcertanti ed è per questo che la loro arte diventa qualcosa di più di un semplice atto di divertimento: è aperta critica sociale, giocata con le stesse carte e lo stesso linguaggio di chi della società fa uno sponsor più che un ideale. La forza della critica operata da Alterazioni Video e del loro geniale ricorso ai media si percepisce nell’Incompiuto siciliano – Impossibile da immaginare, magico da vivere, work in progress dal 2006 che li consacra come uno dei gruppi di artisti più rappresentativi del panorama italiano. Si tratta di un censimento su scala nazionale di tutte le opere di edilizia
Nell’immagine, uno dei tappeti realizzati per “Night Talk of the forbidden city”, lavoro con cui Alterazioni Video rimettono in circolazione alcune parole proibite dal governo cinese attraverso una codificazione QRcode e un’estetica ripresa da Alighiero Boetti.
non portate a termine: di 360 ecomostri, ben 160 si trovano in Sicilia che in questo modo vanta il triste primato di avere tra le sue città la capitale dell’Incompiuto siciliano, Giarre. La ricerca negli archivi dei responsabili di questa assurdità italiana permette di ricostruire con un perfetto registro pubblicitario la storia dell’italianissimo “Stile Incompiuto” (dall’entusiasmo edile del dopoguerra al dialogo dello stile con la natura) e di proporre alle autorità competenti una “riqualificazione” delle “opere” attraverso la creazione di un Parco dell’Incompiuto Siciliano. Tramite un uso intelligente e sovversivo dei media quotidianamente e universalmente adoperati (come il web, ad esempio) Alterazioni Video offrirono modalità diverse sia di fruire l’arte sia di aprirci gli occhi davanti alle incongruenze del reale, che troppe volte fingiamo di non vedere. Veronica Locatelli
I lavori di Alterazioni Video stuzzicano la vostra curiosità? Su www.tascapane.it leggerete la loro intervista!
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CINEMA
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IL NUOVO POTERE DELLE IMMAGINI Quando i primi film tratti da una graphic novel sono usciti, solo un gruppo ristretto di persone appassionate del genere era a conoscenza di che cosa fosse una graphic novel, la maggioranza o non ne aveva la più pallida idea o non era nemmeno a conoscenza del fatto che esistessero e che ce ne fosse una che portava lo stesso titolo del film; eppure a partire da qualche anno il termine viene sentito sempre più spesso come se fosse un vocabolo naturale che abbiamo sempre utilizzato e del quale abbiamo sempre saputo il significato; che cosa è successo nel frattempo? Come mai questo genere si è così sviluppato negli ultimi anni? Certamente, l’effetto novità ha aiutato, da quando il cinema è stato inventato alla fine del diciannovesimo secolo ad oggi di film ne sono stati fatti e ormai sembra che tutte le idee possibili e immaginabili siano state tradotte in linguaggio cinematografico, per questo il mondo del cinema ha cercato nuove fonti di ispirazione , trovandole con successo in questo genere letterario tutto nuovo ed estraneo alla maggioranza del pubblico. Anche lo sviluppo di nuove tecnologie cinematografiche ha permesso di incrementare il successo di alcuni di questi film che si fondano principalmente sulla spettacolarizzazione lasciando in
che cos’è una graphic novel: Una delle prime opere in cui comparì il termine graphic novel fu “Contratto con Dio” di Will Eisner nel 1978, sulla sua definizione non c’è molta chiarezza, forse perché non ne esiste una vera e propria, forse perché nel tempo questo termine è stato dilatato e utilizzato per includere opere che non sono propriamente appartenenti al genere; comunque possiamo sinteticamente dire che una graphic novel è un libro a fumetti strutturalmente simile ad un romanzo in quanto composto da un inizio, un mezzo e una fine e rivolto ad un pubblico generalmente più maturo rispetto a quello del semplice fumetto.
secondo piano altri elementi come trama e sceneggiatura, è il caso di film come “Sin city” e “300”, rispettivamente del 2005 e del 2007, i quali utilizzano una tecnologia particolare per ricreare immagini che assomigliano e ricordano il disegno originale, con effetti visivamente sorprendenti; entrambe sono opere dell’autore Frank Miller, uno dei più importanti del genere e uno dei più utilizzati come fonte di ispirazione dai registi cinematografici, tanto da diventare regista lui stesso adattando e girando per il grande schermo “The Spirit” nel 2008; altro importante autore di graphic novel molto in voga fra i registi è Alan Moore, autore di opere come “La lega degli uomini straordinari”, “From hell”, “V per vendetta” e “Watchman” tutti trasportati e adattati sulla pellicola da registi vari e diversi tra loro. Anche l’Europa si è adattata a questa “nuova moda”, ne è esempio “Persepolis” di Marjan Satrapi, graphic novel autobiografica pubblicata in francese e successivamente adattata a film, entrambe le versioni dell’opera sono giocate sul rapporto bicolore fra bianco e nero e in bi dimensione , uno stile semplice ma molto d’effetto e perfettamente i sintonia con l’atmosfera che si vuole ricreare. Il fenomeno ha raggiunto dimensioni tali che assistiamo anche al fenomeno inverso, cioè l’adattamento del film ad una graphic novel, ne sono esempi il recente “Walzer con Bashir” di Ali Foolman e “The fountain” di Darren Aronofsky, entrambi dalla pellicola passati sulla carta stampata . Quello delle graphic novel insomma è un fenomeno in continua crescita, e il mondo del cinema ha prontamente notato la fonte di successo per poi utilizzarla e approfittare della sua ondata di popolarità. Bianca Bonati
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MERCURY REV, MARK LANEGAN, MARK LINKOUS, SOAP & SKIN e altri artisti in via di definizione 10.05 | Teatro Comunale
* YO LA TENGO ( Freewheeling tour ) 31.05 | Sala Estense * PAOLO CONTE 27.06 | Piazza Castello * BLOC PARTY + WHITE LIES 15.07 | Piazza Castello * TV ON THE RADIO + special guest 21.07 | Piazza Castello info : www.ferrarasottolestelle.it tf : 0532 241419
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MUSICA di Carlo Alberto Biasioli
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Go Down Records, una delle realtà indipendenti nella produzione di gruppi e dischi underground più importanti in Italia. Creatrice dei Go Down Festival, che permettono a molti gruppi della zona in cui si svolgono di emergere e magari di riuscire a pubblicare un disco, che con l’impegno dei ragazzi dell’etichetta e la solidarietà degli altri gruppi potrà diventare una realtà importante della musica indipendente. Senza chiudere le porte in faccia a ragazzi con vero talento, porta avanti con orgoglio il proprio lavoro già da più di dieci anni. E quindi non vigono le leggi del libero mercato in questo ambiente... IL SUONO DELL’INDIPENDENZA C:L: No, assolutamente, non c’è rivalità. Inoltre, molto spesso quando capisci Carlo: come nasce la Go Down Records, il suo nome ha qualche riferimento al pezzo scritto dagli AC\DC “Go Down”? Leo: La Go Down è nata da un progetto mio e del batterista di un gruppo chiamato “OJM” , cercavamo un’etichetta che pubblicasse i dischi degli Ojm e degli Small Jackets, dopo anni in cui andavamo a bussare un po’ a tutte le porte abbiamo capito che non c’era nessuno che comprendeva ciò
che c’è un gruppo fra i tuoi che è migliore degli altri e che hanno maggiori possibilità, tenti di aiutarli anche a firmare un contratto con una casa discografica major. C: Quindi il tuo obiettivo non è quello di diventare una grande casa discografica... L: No!! Io sono già una grande casa discografica!! – risate - nel senso, io voglio avere un catalogo che si ricordi, se in che volevamo fare a livello musicale, quindi, molti mi dicono che la maggior parte dei miei abbiamo direttamente fondato l’etichetta. dischi sono belli, sono già molto contento! Il nome nasce così, da un caso, poi ci piaceva, C: Per le realtà indipendenti solitamente la ci scherzavamo su e allora l’abbiamo scelto. In distribuzione è un problema, voi come lo molti mi dicono degli AC\DC, conosco anche il gestite? pezzo, ma non c’entra assolutamente nulla. L: Noi abbiamo evitato di isolarci con la scusa C: E’ difficile tenere in vita una casa che il distributore non è importante, o che è discografica indipendente? difficile da trovare. Ci abbiamo messo un L: Ci vuole parecchio tempo e passione. po’ di anni però abbiamo creato una rete di Poi c’è anche un discorso musicale da fare: distribuzione e promozione dei dischi molto a me piace pubblicare dischi di gruppi che ampia, così la gente ci può conoscere e apprezzo. Non penso quindi di essere in grado valutare, anche tramite internet o distributori di pubblicare un disco che faccia pop italiano. digitali, anche se per il mio catalogo c’è più Siccome si dedica molto tempo a queste feticismo verso il disco o il vinile originale. In cose, se sono cose che non ti piacciono, non riuscirai mai a lavorarci bene. Italia siamo distribuiti da Audioglobe, uno dei distributori indipendenti più noti. All’estero ho distribuzioni mirate al rock’n’roll, C: E riesci a vivere gestendo solo la Go Down? L: No, il mio vero lavoro è un altro, anche se continuo a sperare che quello garage, hard rock. Alcuni sono canali specializzati e quindi lavorano bene solo su determinati generi musicali, altri invece sono distributori indipendenti da discografico diventi il lavoro principale. C: Fra etichette indipendenti c’è concorrenza oppure collaborazione? L: C’è molta collaborazione, soprattutto con etichette estere! Anche con etichette italiane che capiscono il progetto puoi collaborare. Inoltre le collaborazioni non nascono con lo scopo di lucrare maggiormente, ma con quello di promuovere in modo migliore l’artista unendo i mezzi e le forze in un progetto comune.
molto grossi, come Sonic Rendezvous in Olanda. In Francia invece collaboro con la Longfellow Deeps che è un’etichetta che è rimasta impressionata dal nostro catalogo e ha deciso di distribuirlo anche nel loro paese. Quindi per ora i mercati più importanti sono Francia, Germania e Svezia.
segui la rubrica musicale, tutti i venerdì su tascapane.it
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letteratura
“Quando si scrive delle donne bisogna intingere la penna nell’arcobaleno” D.Diderot Prima di iniziare quest’articolo vi invito ad un piccolo sforzo mentale: cercate di pensare ad un romanzo che avete letto dove non sia presente nessun tipo di allusione ad una figura femminile. Vi risparmio lo sforzo, non esiste. Nemmeno il libro più solitario o più disperato non può esimersi dal confronto con l’universo femminile. E non vi parlo solo dei libri scritti in epoca relativamente moderna, da quando insomma i diritti femminili sono stati riconosciuti e portati alla pari di quelli del sesso opposto, vi sto parlando di tutti i libri non accademici della storia. Prima dei movimenti femministi, per una donna che non fosse di famiglia davvero ricca era impossibile ricevere un’istruzione e non era nemmeno immaginabile per lei cercare di sviluppare alcun talento che oltrepassasse la soglia domestica. Cercate di immaginare quanto le donne avrebbero potuto dare all’arte o a qualsiasi disciplina scientifica se solo avessero avuto la possibilità di farlo. Per farvi solo un piccolo ma significativo esempio, Jane Austen ha scritto “Orgoglio e pregiudizio” nella cucina della piccola casa dove abitava con sei fratelli e una sorella, nascondendo il manoscritto ogni volta che qualcuno varcava la soglia della stanza (all’epoca scrivere non era considerato edificante per una ragazza). Ora, scrivere un romanzo è di per sé già difficile, ma pensate di doverlo fare avendo ricevuto come unica istruzione quella della propria famiglia, e soprattutto dovendo essere costantemente attenti alla soglia della porta e pronti a nascondere il foglio e la penna nel caso entrasse qualcuno dei vostri sei fratelli! Questo aneddoto serve solo a farvi capire quanto è stato sottratto alla letteratura e all’ arte in generale prima che alla donna fosse concessa la libertà di esprimersi liberamente. Purtroppo però la storia femminile non è fatta solo di occasioni mancate e talenti sprecati, ma di soprusi e violenze dovuti spesso al pregiudizio o al dominio intellettuale che l’uomo ha voluto detenere nel corso dei secoli. La forza dell’ordine maschile infatti, si misurava dal fatto che non doveva giustificarsi: si imponeva in quanto neutra e non doveva essere legittimata da nessun tipo di dichiarazione d’identità. La rappresentazione androcentrica della società veniva accettata dal senso comune come “normale”. Tutto ciò fino ai primi movimenti femministi e alle prime dichiarazioni d’indipendenza delle donne (come ad esempio la dichiarazione di Seneca Falls nel 1848). Anche se l’universo femminile ha acquistato la pienezza dei suoi diritti, negli ultimi tempi siamo spettatori di sempre più frequenti episodi di molestie nei confronti delle donne, dallo stalking allo stupro. Per darvi un po’ di cifre, nel 2007 sono stati segnalati in Italia 8749 casi di violenza; nel 2008 la tendenza è andata leggermente calando, ma le cifre non servono a nulla quando dalla cronaca sentiamo casi come quello della ragazzina di 14 anni stuprata da due romeni nel parco della
Caffarella a Roma in febbraio. Probabilmente non c’è spiegazione ad episodi come questo, ma mi sento comunque in diritto di affermare che potrebbero essere la scia di una condizione che la donna ha vissuto per millenni in Europa e che non si può cambiare con un pezzo di carta o con il diritto al voto. La società occidentale impostata fino a pochi decenni fa sul modello patriarcale influenza comunque il nostro modo di pensare ancora oggi, e probabilmente in una mente disturbata questo può agire in maniera più pesante e crudele che in altre. Con questo non voglio assolutamente giustificare chi stupra o chi usa violenza sulle donne, voglio solo cercare un briciolo di ragione in un atto del tutto animalesco e privo di rispetto e di coscienza. Nicola Griffante
La poesia Dal salone al tetto. Dai cibi confezionati alle lische di pesce donatele dal pescatore. Indifferente amante sull’uscio della porta. Con il suo corpo ammaliante diventa proprio come una donna maliziosa che provoca la sua preda. Oggi sei tu domani un altro. I suoi artigli danno quel tocco di ferocia che li rende animali selvaggi senza essere troppo temuti. Quando immagino una donna la vedo proprio come una gatta. Una gatta affamata che cerca nella spazzatura ma anche una gatta viziata che aspetta la sua cena sdraiata sul divano.
Come una gatta randagia Insegue l’odore del far niente. Lei elegante felina sfila fra i rifiuti cercando cibo succulento. Come una gatta ingorda Mangiatrice di paesaggi sconosciuti. Lei scrutatrice di anime, sempre alla ricerca di nuovi brividi. Come una gatta impaurita Si rifugia tra i rami del cielo. Lei raffinata vagabonda miagola alla luna come una donna disperata. Come una gatta solitaria che non sa amare solo due occhi. Lei mappa di mani separate dal vetro. Come una gatta cieca Sente tutto ciò che non può vedere. Lei, poetessa volgare senza meta. Carolina Venturoli
Vi si culto
aliziosa
aggi do
atta
tendenze
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SI FA PRESTO A DIRE OCCHIALI! Vi siete mai chiesti quali siano i motivi per cui un semplice accessorio diventa oggetto di culto e rimane “alla moda” anche dopo più di cinquant’anni dalla sua creazione? A volte un semplice dettaglio può fare la differenza, pensiamo ad esempio alla cantante Arisa, vincitrice di Sanremo nella categoria giovani, molti la ricordano per il suo look eccentrico ma soprattutto per i suoi grossi occhiali neri, eppure si tratta di un tipo di montatura che ha oltre mezzo secolo. I primi occhiali di tale forgia sono stati i “Wayfarer” Ray-Ban, disegnati da Raymond Stegeman nel 1952 per la nota ditta che, in origine, forniva lenti all’aviazione americana. La particolarità nel design nasceva da una forma tutta nuova, l’ormai superata struttura metallica veniva sostituita con la plastica. Alcuni sostengono che la montatura trapezoidale rigida e scura rispondeva, in un tempo pieno di incertezze, alla necessità di stabilità: veniva proposto un look solido, mascolino. La vera consacrazione, però, avvenne grazie al cinema. Negli anni d’oro di Hollywood furono indossati da famosissime star dell’epoca, come Marilyn Monroe e Audrey Hepburn, che li rese insegne di stile nel mitico “Colazione da Tiffany” del 1961. A questo punto il passaggio da semplice oggetto a leggenda fu breve, tanto più che i Wayfarer comparvero sul viso di personaggi del calibro di John Lennon, Bob Dylan, James Dean, John F. Kennedy e Andy Warhol. Dopo gli anni sessanta iniziò il declino: anche se continuavano a comparire nelle sale cinematografiche (due film su tutti: “The Blues Brothers” con John Belushi, e “Le Iene” di Quentin Tarantino) ormai non rappresentavano più l’oggetto del desiderio e furono considerati definitivamente demodè negli anni novanta. Ma la moda, si sa, è fatta di corsi e ricorsi e il dilagare del vintage all’inizio del terzo millennio non poteva certo ignorare un’icona simile. Oggi ritroviamo i Wayfarer sul naso di giovanissimi tipetti che inseguono l’ultima tendenza: il “fashion-nerd”; nella versione da vista e oversize. Il termine inglese nerd in italiano corrisponde alla parola “secchione”,
nella accezione comune indica delle persone con un quoziente intellettivo superiore alla norma, ma con scarsa capacità di interagire con l’altro sesso. Apparentemente timidi e impacciati, esperti di fumetti e fantascienza, iscritti al “club degli scacchi”, hanno un look semplice, caratterizzato da camicia a quadri, papillon, capello arruffato, magliette improbabili, ma soprattutto... occhiali giganti di celluloide nera. Rivisitati, questi tipici accessori da “finto intellettuale” compaiono in videoclip (un esempio è “Touch my body” di Mariah Carey), vengono utilizzati da attori come Jonny Deep e da “fashion victim” come Scarlett Johansson (che non sia stata la vicinanza di Woody Allen di cui è l’attuale musa a condizionarla?). Schivi, misteriosi e intriganti nell’aspetto, i nuovi nerd dimostrano una falsa noncuranza nell’abbigliamento, ma in realtà ogni particolare è cavillosamente studiato. Per questo motivo la prossima volta che incontrerete per strada un un ragazzo dall’aria “stramba” non sottovalutatelo, potrebbe essere uno dei casi in cui l’abito non fa assolutamente il monaco... Marilina Totaro QUANDO QUEL CHE CONTA E’ L’IDEA.. Come fare a lanciare un prodotto risparmiando sulla pubblicità? Si usano testimonial morti o che non possono chiedere i diritti d’immagine! E’ quello che ha fatto Oliviero Toscani, dopo aver acquistato un modello basic di occhiali da vista, tipo quelli forniti dalla mutua americana, li ha colorati e li ha fatti “indossare” a grandi del passato come Lelin e Mao, ma anche a chi non può “farsi vivo” come Bin Laden. Il risultato? Sono già un prodotto richiestissimo... Oliviero Toscani
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Sintesi di un confronto tra una studentessa di giurisprudenza ed uno di medicina.
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di Elisabetta Vita (giurisp.) e Marco Zavatta (medic.)
Il caso Eluana Englaro è noto a tutti. Meno conosciuti sono invece i retroscena, le cose dette e non dette. Abbiamo cercato medici disposti a testimoniare ma la paura di incorrere in un reato è tanta, soprattutto in questo periodo. Non potendo servirci delle testimonianze dirette abbiamo allora cercato dati ed interviste utilizzando internet. Al padre di Eluana era stato caldamente consigliato di risolvere la cosa all’italiana portandosi la figlia a casa ed accelerandone la fine “scordandosi accidentalmente” di nutrirla ed idratarla. Beppino Englaro non ha ceduto: attraverso 17 lunghi anni di sacrifici e di sofferenze è riuscito a difendere i diritti e la dignità di Eluana. Ci chiediamo però quanti invece risolvano le cose all’italiana ovvero quanti “si dimenticano” di nutrire i propri cari e quanti medici durante le terapie del dolore “eccedano incidentalmente” con le dosi di morfina regalando la dolce morte ai malati terminali, ma la domanda più pressante è perché questo avviene. Probabilmente per salvare le apparenze e perché molti medici hanno paura di parlare di accanimento terapeutico, anche quando solo di questo si tratta. Basti pensare che la compromissione della corteccia celebrale negli stati vegetativi permanenti, diagnosi fatta alla stessa Eluana, viene ritenuta sufficiente sia dalla Medical Association che dalla American Academy of Neurology per sospendere legittimamente la nutrizione e l’idratazione artificiale. In questo caso si parla di morte corticale, evenienza su cui hanno legiferato alcuni stati del Nord America ed Europei, ma non il nostro Paese. E’ proprio su questi casi limite, sul concetto di dignità e sulla possibilità di esprimersi sul rifiuto di alcuni trattamenti che manca una legislazione chiara e univoca, che possa tutelare sia i diritti del paziente che la figura del medico.
Cos’è la morte? Elisabetta: leggi precedenti al 1993 fissavano criteri diagnostici anziché definire la morte in quanto tale, a partire dalla L. n. 578/1993 la morte viene definita come: “cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo”. Quindi oggi in campo giuridico per morte dell’individuo umano si intende la morte encefalica. Marco: La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. I criteri per l’accertamento di morte sono di tipo cardiorespiratorio ( arresto cardiaco documentato all’elettrocardiogramma per almeno 20 minuti continuativi) e di tipo cerebrale nei pazienti affetti da lesioni encefaliche e sottoposti a misure rianimatorie (morte cerebrale, documentata da: esame dello stato di coscienza, assenza di numerosi riflessi, dal silenzio elettrico cerebrale e in alcuni casi assenza di flusso ematico cerebrale per un periodo di almeno 6 ore negli adulti).
Cosa si intende per salute? Elisabetta: a questo proposito ritengo sufficiente riportare l’art. 32.1 della nostra costituzione: “ La repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.” Marco: L’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione della Conferenza di Alma Ata del 1978 ha definito la salute come lo “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”. Cosa sono i trattamenti sanitari obbligatori? Elisabetta: in questo caso è opportuno riportare l’art.32.2 cost. ma anche l’orientamento giurisprudenziale prevalente su di esso: “ Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.“ Alcuni esempi di TSO sono: vaccinazioni obbligatorie o accertamenti e trattamenti per malattia mentale. Ci sono stati diversi tentativi per allargare la nozione di TSO ma la Consulta è sempre stata coerente nell’affermare che l’obbligo imposto per legge di sottoporsi ad un trattamento medico deve essere motivato esclusivamente da esigenze di tutela della salute pubblica, per la sfera individuale prevale la libertà di scelta, al medico spetta il dovere di informare il paziente e potrà agire solo dopo il suo consenso: consenso informato. Marco: Nel Codice Deontologico, che regolamenta l’attività dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri, in numerosi articoli viene sottolineata la centralità della libertà del paziente del rifiuto di sottoporsi ad esami diagnostici, provvedimenti terapeutici e alimentazione se espressi nel pieno delle facoltà, e il rispetto della sua dignità. Il Medico ha autonomia nella programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico, anche in regime di ricovero, fatta comunque salva la libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso. Il medico però, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte.
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Community
Questione di ponti:
Italia - Camerun
Parlando con un camerunense, la prima cosa che si può notare
è il tono con cui si pone: gentilezza, chiarezza nel linguaggio e disponibilità. La stessa disponibilità che spesso viene lui negata perché “diverso”: alla semplice richiesta per un’indicazione stradale viene scambiato per mendicante, in un ufficio gli impiegati si stupiscono che possa parlare italiano, figuriamoci ritenerlo uno studente a tutti gli effetti. Questi ragazzi venuti da lontano credono che l’integrazione tra queste due diverse realtà ci sia ma, indubbiamente, sostengono che ce ne possa essere di più, se solo si creasse un “ponte” tra italiani e stranieri. Questo ponte per loro non è un’utopia, ma un progetto solido che vogliono realizzare come sogno personale, ma che in realtà riguarda ognuno di loro. E ognuno di noi. Sono consapevoli che la parte più difficile spetti a loro perché “nessuno gli ha chiesto di venire fin qua”, e quindi si rimboccano le maniche e incominciano il duro lavoro per questa nuova vita. Perché proprio l’Italia? Alla loro risposta rimani estasiato nel sentirli parlare di storia, di città, di popoli che li hanno affascinati e che di prima persona vorrebbero vedere e toccare con mano. Ecco cosa attrae ancora oggi uno straniero: non solo gli spaghetti, non solo imparare una nuova lingua, ma la voglia di scoprire e il bagaglio culturale che un paese come il nostro può dare. Ma giunti in Italia, la situazione è diversa, le aspettative non sono sempre ripagate e in un paese dove il divario tra nord e sud è molto forte, per un extracomunitario è ancora più difficile sentirsi integrato, sebbene storicamente l’italiano sia “emigrato” per antonomasia ma sembra aver rimosso il proprio passato. E questo è soprattutto dovuto al fatto che un italiano si sofferma alla semplice informazione televisiva, dove la criminalità sembra essere un germe prettamente straniero, che genera razzismo e porta a far di un filo d’erba un intero fascio. Amareggiati, ricordano ancora la recente scomparsa del loro “fratello”, Gilles Donald, e non
Università: luogo d’incontro Molti di noi vengono all’università semplicemente per seguire le lezioni, sostenere esami, tornare a casa e continuare come se niente fosse. Per altri invece, soprattutto per gli studenti stranieri ma non solo, l’università non è solo luogo di studio, ma anche conoscenza, educazione, incontro ma soprattutto scambio: è la prima tappa verso la meta del cambiamento. “Dovete aprire le vostre barriere. Se non volete relazionarvi con altri, potevate seguire un corso per corrispondenza”, ecco cosa ci rimproverano. Ed è da una semplice lezione universitaria che potrebbe iniziare questa apertura. EB
Il Camerun è costituito da più di 200 ceppi linguistici bantu. Questi possono essere suddivisi in ceppi francofoni (a sud), che vivono in aree semi-forestali e sono di religione prevalentemente cristiana; e anglofoni (a nord), che abitano zone di savana o semi-desertiche, e sono di religione e cultura islamica. Questa suddivisione è dovuta alla spartizione messa in opera dopo la prima guerra mondiale delle colonie tedesche di cui il Camerun faceva parte, fra Francia ed Inghilterra. Nella zona centrale l’etnia è quella ewondo, Bassa’a, Eton... i Bamileké, hanno maggiormente mantenuto la loro cultura originaria, la diffusione delle chefferie’. L’ASCAF è l’Associazione Studenti del Continente Africano in Ferrara: riduttivo quindi credere che si tratti solo di ragazzi camerunensi. Attraverso questa associazione, questi studenti possono sentirsi “più a casa”, valorizzarsi ed esprimersi al meglio, in una città un po’ conservatrice com’è Ferrara. E proprio per questo, il 3 aprile nella Sala Estense hanno dato luogo ad uno spettacolo dove si contrapponevano alla recitazione di poesie africane balli hip hop e tanto altro. Perché come noi, sono persone, coi loro hobby, interessi e peculiarità. Esattamente come noi. EB possono fare a meno di pensare che se fosse stato lui alla guida del furgone, probabilmente la stampa ne starebbe ancora parlando. E proprio perché l’Italia sa cosa vuol dire lasciare il proprio paese, dovrebbe avere un occhio di riguardo per coloro che intraprendono questo nuovo percorso invece di far nascere una xenofobia che non dovrebbe esistere. Nel XXI secolo, si sentono ancora un po’ vittime di questo sistema: subiscono delle decisioni prese dall’alto sulle quali non possono mettere parola, dimostrando con doppia fatica di meritarsi un posto in società. Eppure conoscono la politica italiana molto meglio di noi: non sono ignoranti, e avrebbero voglia di aver voce in capitolo. Ma la rassegnazione non prende il sopravvento: hanno speranza, e attraverso ciò costruiremo insieme questo ponte. Elisa Brighi Un ringraziamento speciale va a Franck Koueni e Serges Mbiandjeu.
dalle FACOLTA’
Matita, squadra e progetto: piccoli architetti crescono! Zaino, computer, mega cartellina, tubo per fogli da disegno ed eventuale plastico: ecco come riconoscere per strada uno sventurato studente di architettura, alle prese col kit di sopravvivenza del giovane architetto in erba! I futuri progettisti di abitazioni ormai vedono in via Quartieri n° 8 la loro seconda casa: la sede di Architettura a Ferrara. Trascorrono lì la maggior parte delle loro giornate consumando un pranzo rimediato all’ultimo momento e divorato velocemente per star al passo con le lezioni e una volta giunti a casa, il ricordo non li abbandona perché passeranno altrettante ore sui computer a progettare planimetrie e fare modellini e disegni. Non possono permettersi di rimandare il lavoro a tempi migliori, in quanto hanno scadenze settimanali tassative e appelli alle lezioni con obbligo di frequenza che perlomeno ti costringono a stare al passo con la mole di studio, togliendo però tempo per sé. Inoltre ciò crea un rapporto di competizione tra i compagni che non ha eguali. Non tutto il male viene comunque
per nuocere: spesso infatti la facoltà organizza gite e viaggi come al liceo, e questo aiuta non solo didatticamente, ma anche nella creazione di rapporti tra i vari studenti. Ma tutto ciò ha dei costi non indifferenti, che si vanno a sommare alle spese per il materiale che servono per le lezioni e i vari “compiti per casa”. In compenso la facoltà è ben disposta, sebbene manchi di un’aula studio, perché le aule sono attrezzate di grandi tavoli da disegno, come in una scuola statunitense è fornita di armadietti e ci sono molti laboratori e ore di studio pratico che permettono di partecipare a concorsi dove si può essere giudicati e farsi vedere anche da esterni competenti, non solo dai propri professori. Inoltre, forse facoltà unica nel suo genere a Ferrara, ha una buona rappresentanza studentesca che si fa sentire e non rimane indifferente ai mille problemi riscontrati: decisivo è stato il loro impegno nel 2007, per far fronte ai tagli che avrebbero portato alla soppressione di alcuni corsi.
Elisa Brighi
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Ma sei Fuori? a cura di Andrea Milan Una settimana “americana” a Ferrara
from Middlebury to Ferrara
Cosa fa un’americana a Ferrara durante la settimana?
Lunedì a Venerdì- vado a lezione in Facoltà e faccio un tirocinio a IBO Italia, una ONG qua a Ferrara Martedì- Cena fuori, prova del coro dell’università, aperitivo Mercoledì- piazza e aperitivo Giovedì- cinema, e cena a base di cornetti a 1 euro Venerdì- corsa sulla mura, cena a casa con amici Sabato e Domenica- gita in altre città, oppure weekend rilassato tutto ferrarese con gelato in Piazza Ariostea.
Sono arrivata a Ferrara quasi 7 mesi fa, lasciando la mia casa in una città vicino a San Francisco ed il mio terzo anno al Middlebury College, un’università di quasi 2.400 studenti nel piccolo stato del Vermont. Ho sentito parlare poco di Ferrara prima di venirci ad abitare ed originariamente avevo deciso di dividere l’anno, svolgendo il primo semestre a Firenze, poiché pensavo non ci fossero abbastanza cose da fare a Ferrara. Ma con le mie amicizie, varie attività, e semplicemente grazie al fatto che volevo passare il mio anno all’estero senza subire l’impatto di “americanismo” (che ho trovato più forte a Firenze), ho deciso di restare qui per tutto l’anno. Decisione della quale non mi sono mai pentita. Ovviamente ci sono tanti piccoli cambiamenti per me qui, come l’adattamento al tempo (la nebbia anziché il freddo gelido del Vermont ed il caldo californiano) e le abitudini (cenare alle 9 invece che alle 5,o il fatto che molti negozi qui fanno una pausa pranzo). Forse il cambiamento più grande è il passaggio dalla vita da studentato a quella indipendente, nonostante Ferrara sia una città piccola. A Middlebury la vita del College è concentrata nel campus dove ci sono molti servizi come la mensa, attività sociali e servizi per trovare lavoro. Qui a Ferrara mi sento più indipendente: cucino per me stessa, pago l’affitto, faccio la spesa…sono Middlebury College piccole cosa ma mi is a private and highly selective liberal danno un gran senso di arts college located in Middlebury, soddisfazione. Vermont, United States. Drawing 2,350 E’ nel sistema universitario strano venendo da uno Stato undergraduates from all 50 United States and che trovo le differenze più over 70 countries, Middlebury offers 44 majors in the arts, humanities, grande degli Stati Uniti) ed marcate rispetto agli Stati literature, foreign languages, social sciences, and natural sciences. apprezzare tutti gli elementi Uniti, specialmente nel In addition to its core undergraduate program, the college organizes che Ferrara offre, come le sistema di valutazione. summer graduate programs in modern languages and English notte in piazza, il cibo ed Non ho mai sostenuto literature. It is one of the “Little Ivies.” anche la bellezza della lingua un esame orale prima di italiana. venire a Ferrara, e trovo il fatto che i voti siano basati solo su un Adesso sento una gran tristezza pensando che tra quasi due mesi esame finale molto strano. dovrò lasciare la mia vita italiana, una vita più tranquilla rispetto alla A Middlebury siamo abituati ad avere tante tesine ed esami durante il mia vita americana. Ma sono contenta perché quando tornerò negli semestre e compiti ogni giorno. E invece di avere lezioni di quasi due Stati, a Settembre, troverò il nuovo presidente, i miei amici, la mia ore, che a volte possono essere stancanti, abbiamo quattro lezioni famiglia e la mia vita universitaria che mi aspettano. di 50-75 minuti due o tre volte a settimana. Ma con meno compiti ho tempo per visitare facilmente altri paesi europei (un concetto Anna McDonald
Outgoing
Luci d’Istanbul
Istanbul : una città dai mille volti “Cosa? Sei sicura? Ma ci sono gli attentati! E ti costringeranno a mettere il velo!”. Ecco la reazione immediata alla notizia del mio Erasmus a Istanbul. Bene, sono qui, dopo due mesi, ancora viva e coi capelli al vento! Prendete un po’ di tradizioni ottomane, un cucchiaio di occidentalità, uno spruzzo di islamismo e un misurino di laicità, e avrete un perfetto “Istanbul on the rocks” , con contrasti di sapori e miscele intriganti. Istanbul è il percorso di Aya Sofia, prima chiesa cattolica, poi moschea musulmana, ora laico museo. Istanbul è la donna che indossa l’esarp ( il velo richiesto dall ‘ Islam) ma porta una gonna al ginocchio, tacchi e borsa Gucci tarocca. Istanbul è il ponte sul Bosforo, che collega la parte anatolica e la parte europea, due mondi che stentano ancora a riconoscersi come facce della stessa città. Istanbul è il Generale Ataturk, che campeggia in ogni casa, ogni ufficio, persino sulla collina a fianco la mia
università. Già, perchè Istanbul è anche questo : la Yeditepe University, università privata con insegnanti americani e molti corsi in inglese, per preparare giovani menti a lavorare all’estero. Il campus è enorme, ha un servizio autobus solo per girare all’interno, ristoranti, piscina, palestra e campo da calcio. Istanbul è un’adolescente che non sa se seguire le tradizioni dei genitori o rivolgersi al mondo che le sta intorno; un’adolescente che fa passi avanti e poi torna indietro, desiderosa e al contempo timorosa di cambiare; un’adolescente che non è carne né pesce, o meglio, è tutte e due. Quindi un consiglio : se quando sceglierete la meta Erasmus non sarete pronti a capire Istanbul e le sue contraddizioni, le luci di Taksim e i silenzi di Kayisdagi, fate un favore a voi stessi e a questa stupenda città, scegliendone un’altra. Silvia Trapani
E’ da poco sorto il sole e il muezzin intona la sua prima preghiera mattutina. Da questo momento la città si sveglia, i ragazzi cominciano ad andare a scuola ed i primi venditori ambulanti di ciambelle di sesamo cominciano a muoversi lentamente per la città. I più organizzati hanno carretti con una cassa di vetro chiusa, altri portano un vassoio sulla testa su cui i dolci sono impilati in stabile equilibrio. Il profumo di castagne arrostite, acquistabili praticamente ovunque, pervade la città. “Luci, un maledetto mare di luci”. Fu questo il primo indelebile pensiero quando il mio airbus A321 accarezzò i primi palazzi. In quel momento mi chiesi come fare, in un oceano di persone e d’umanità, a scegliere che strada seguire o che ristorante saggiare. Mi sentii, per la prima volta, semplicemente piccolo. A distanza di quasi 2 mesi le impressioni e le incertezze di quella notte sono solo una macchia d’inchiostro nella mia moleskine. Ho visto, conosciuto e imparato dalle coerenti contraddizioni di questa città e me ne sono definitivamente innamorato. Qui Erasmus non vuol dire solo alcool e feste ma è davvero qualcosa di più. Istanbul è un’esperienza di vita, una città mediorientale che ti prende e t’avvolge, lasciandoti un segno indelebile nella memoria e nell’anima. Sono ormai le sette e nel cuore della città, le luci arancioni dei sei minareti della Moschea si riflettono sulle vetrate policrome e sulle maioliche di Iznik, rivaleggiando con l’eterea luce azzurra di Santa Sofia. All’improvviso il muezzin intona l’ultimo canto. La sua voce dilaga per l’aria fredda e un coro di preghiere gli fa da eco. E’ il momento magico della città, con i suoi odori penetranti ormai dissolti, con i suoni che vanno placandosi e su cui si adagia la preghiera serale. Luca Pianese
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Handy-key
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MAMMA, MAMMA! E’ DIVERSO, MA DA CHI? Ha scosso le coscienze dei cittadini britannici: è la storia di Cerrie Burnell, 29 anni, conduttrice di un programma per ragazzi della BBS. Nata priva del braccio destro, ha deciso di presentare il proprio programma senza indossare la protesi artificiale . I genitori dei bambini, indignati, hanno reagito inviando alla redazione del programma diverse lettere di protesta. A loro detta, l'handicap di Cerrie turba il riposo dei loro bambini, Alex Winters and Cerrie Burnell spingendoli a continue domande. È una realtà che sembra non appartenerci, ma non è così! Senza andare oltre Manica...... anzi senza uscire dal territorio ferrarese possiamo trovare facilmente un esempio quasi totalmente identico. Lei non si chiama Cerrie, ma Betta ed è una giovane donna pugliese, residente a Ferrara da diversi anni, che ha subito l'amputazione della gamba destra a causa di un incidente in moto. Qualche tempo fa anche a lei è toccato subire l'attacco da parte di alcuni genitori che, dicendo di voler proteggere i propri figli, hanno provato a mascherare la loro totale inadeguatezza a curare l’educazione dei propri bambini alla "diversità". Tutto questo si è svolto in una piscina. Così, noi del Tascapane siamo andati a trovarla per farci raccontare com'è andata. Domenico Del Conte
Betta, come vivi la tua disabilità ? B:Vivo tutto con fierezza, senza vergogna. Ho accettato la situazione, anche perché non poteva essere altrimenti. Quando sono arrivati i soccorsi, la caviglia era attaccata al resto della gamba solo da un lembo di pelle e dal ginocchio perdevo un’enorme quantità di sangue. Ti è capitato un episodio sgradevole. Cos’è accaduto precisamente nella piscina che frequenti? B: Mi avevano trovato uno spazio per andare a nuotare tutti i mercoledì dalle 17:00 alle 19:00, un orario tipicamente dedicato ai bambini, in genere dai cinque agli otto anni. Io, come sono abituata a fare solitamente, arrivo a bordo vasca, lascio la protesi e poi mi butto in acqua. Cosa devo fare? non sono un mostro a tre occhi, e anche se lo fossi non faccio niente di male. Ma questo sembra abbia creato dei problemi, in particolar modo ad alcuni genitori, uno dei quali, ha addirittura mandato una lettera alla “Nuova Ferrara”, senza neanche avere il coraggio di firmarla. Non sono riuscita a leggerla: mi è stata riferita. Questa lettera diceva che la mia immagine era troppo forte e che aveva creato danni al figlio del mittente, tali da ipotizzare il probabile ricorso all’aiuto di uno psicologo. Ribadisco che la lettera non l’ho mai letta, ho letto però le lettere di risposta, di
E con questo spazio inauguriamo l’angolo delle buone iniziative, tutte targate ferrara. In quella che vi presento oggi si è riusciti a conciliare la tutela dell’ambiente e la solidarietà. In che modo? Chiunque può raccogliere tappi di bottiglie di plastica, e portarli in centri di raccolta, solitamente posizionati in luoghi molto frequentati, come bar, centri commerciali o supermercati. Successivamente una ditta specializzata raccoglierà le vostre “donazioni di tappi” e le pagherà 20 centesimi al chilo. Il ciclo solidale, non finisce qui: il denaro racimolato verrà poi devoluto a favore di associazioni per il finanziamento di molteplici progetti di solidarietà. Questo è quello che accade nella “Caffetteria Boni” in viale Cavour n° 42, uno dei centri di raccolta a Ferrara. I soldi raccolti attraverso la raccolta e la vendita dei tappi sono finalizzati all’acquisto di alcune carrozzine per una casa di riposo. Ma girando per la città ne troverete sicuramente degli altri... quindi cosa aspettate? Mettete in moto il vostro spirito solidale! Farete del bene non solo a chi è meno fortunato, ma anche a voi e all’ambiente. Domenico Del Conte
persone che non conoscevo. Nel momento in cui entro in acqua metto un calzino bianco che poi tolgo, per non far vedere l’arto incriminato. Successivamente la protesi viene presa dalla mia allenatrice che la mette a fianco alla mia borsa. Questo è l’espediente che abbiamo trovato per non creare problemi, soprattutto, ai bambini. È una cosa che vivo con rispetto e preoccupazione.
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porto sempre con me mia figlia, per dimostrarle che una persona fa ciò che può con quello che ha. [...] le barriere sono tante e il fatto di essere una donna, sembra essere un’aggravante .
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l’intervista
STAPPA LA SOLIDARIETÀ !
Bambini, genitori ed handicap. Non voler accettare questo tipo di situazioni è davvero secondo te un modo per tutelare i bambini? B: Non lo so. So che fare nuoto a livello agonistico mi da la possibilità di frequentare un certo tipo di ambiente. Se riesco porto sempre con me mia figlia, per dimostrarle che una persona fa ciò che può con quello che ha. Dignità, voglia di vivere. Ti senti discriminata nella quotidianità?
B: Più che discriminata la realtà è che al di là di tanto buonismo, non solo nel mio caso, ma sempre, resti da solo. Perché agli altri non gliene frega niente. Ti conoscono, gli racconti la tua storia, la tua vita, ma poi sono affari tuoi. E le barriere sono tante. Il fatto di essere una donna, sembra essere un’aggravante. C’è chi parla di vantaggi nella disabilità, ce ne sono? e quali invece gli svantaggi in una battuta? B: Vantaggi, solo retorici. E’ vero che un’esperienza così ti porta a vedere la vita con altri occhi, ma... Gli svantaggi, è tutto ciò che ne consegue. La mia invalidità è stata calcolata del 50% e il resto devi mettercelo tu, non ti aiuta nessuno. Ricordo dopo l’incidente una lunga processione di persone volevano darmi una mano, ma poi... niente. La stessa cosa succede nell’ambito del lavoro. Ti danno tante di quelle indicazioni da farti girare la testa... ma alla fine sei tu, da solo, che devi trovarti il lavoro. E senza sconti di nessun genere. Sono costretta a cercare lavori che non mi facciano stare troppo tempo in piedi, perché ho grossi problemi a livello di circolazione a causa della protesi e stare in piedi diventa difficoltoso. Ma se trovi un lavoro dove per forza devi stare in piedi, e ne hai bisogno, lo prendi. Anna Citterico
web & co. Uno spettro si aggira nel mondo dell’informazione: una nuova generazione di ragazzi e cittadini. E non è la nostra: è quella dei nativi digitali, è la generazione dei nostri fratelli minori, nati negli anni 90 e cresciuti a suon di clic. Noi, poco più che ventenni, già apparteniamo alla vecchia leva degli immigrati digitali: ancora passiamo del tempo a chiederci quale utilità abbia iscriversi ad un social network, aprire un blog o condividere gratuitamente in rete il risultato di un nostro lavoro. Saranno loro, i nativi digitali, a rivoluzionare il rapporto con l’informazione: “tra dieci anni nulla sarà più come adesso” (Smorto–Condirettore di Repubblica.it). E’ questo lo scenario, affascinante e incerto, che è emerso nei diversi incontri svoltisi a Perugia, in occasione del festival del giornalismo, e dedicati ai New Media. Così, spaventati dai Savonarola della Carta Stampata - che non hanno perso occasione per tuonare contro ogni forma d’informazione personalizzata e autoreferenziale: “Viviamo in un mondo di opinionisti, in cui nessuno si preoccupa più di distinguere cosa è davvero informazione” (Riotta) – noi del Tascapane abbiamo pensato di offrirvi in questa pagina qualche dritta per muovervi nella blogosfera senza troppi timori peccaminosi. Prima parola d’ordine è: Autorità. Per verificare l’autorità di un sito esistono diversi strumenti on line che utilizzano, insieme ad altri parametri, un sistema molto simile a quello usato nelle Università di tutto il mondo per calcolare la validità di un’opera scientifica: il numero e l’importanza delle citazioni, pardon, dei link ricevuti. Per i Blog di tutto il mondo potete fidarvi delle valutazioni di technorati. com. Altrimenti c’è sempre il buon vecchio Google che con dieci stelline misura il page rank di tutti i siti. La seconda parola d’ordine è: Controllo. La misura della rivoluzione del sapere che internet ha portato con sé può esser riassunta in una parola: Wikipedia. Il mito del sapere condiviso può però trasformarsi per gli inesperti in un facile specchietto per le allodole. Succede spesso, anche su Wikipedia, che le aziende, come i personaggi politici, sferrino duri colpi ai loro concorrenti arruolando blogger che si insinuano nelle maglie della rete per falsare la loro reputazione o la cronaca delle vicende giudiziarie
25 dizionario essenziale dell’internauta citizen journalism: è il termine con cui si indica la nuova forma di giornalismo che vede la partecipazione attiva dei lettori, grazie alla natura interattiva dei nuovi media e alla possibilità di collaborazione tra moltitudini offerta da internet. Blog: la parola blog nasce dalla contrazione di web-log, ovvero “traccia su rete”. Un blog è un sito internet in cui l’autore scrive periodicamente come in una sorta di diario on-line, inserendo opinioni personali, descrizione di eventi, o altro materiale come immagini o video. Netiquette: deriva dalla sincresi del vocabolo inglese net (rete) e quello di lingua francese étiquette (buona educazione), è un insieme di regole che disciplinano il comportamento di un utente di Internet nel rapportarsi agli altri utenti attraverso risorse quali newsgroup, mailing list, forum, blog o e-mail in genere. Nerd: è un termine con cui viene apostrofato chi ha una certa predisposizione per la ricerca intellettuale (magari associata a un quoziente intellettivo superiore alla media), ed è al contempo tendenzialmente solitario e con una più o meno spiccata tendenza per l’asocialità. Geek: è un termine indicante una persona affascinata dalla tecnologia e dalla fantasia. Il significato di geek non coincide con quello di nerd, avendo una connotazione positiva almeno tra coloro che si fregiano del termine e amano etichettarsi in tal modo. Newbie: deriva dalla sincrasi delle parole inglesi new beginner. Il termine informale inglese newbie (in italiano neofita, novellino o, adattato, niubbo) indica una persona inesperta in un determinato campo, come ad esempio un nuovo arrivato.
che li riguardano. Per questo, per esser sicuri delle informazioni che state per ricopiare da Wikipedia nella vostra tesi di laurea, non dimenticate di controllare la cronologia e le discussioni tra i redattori di quel lemma. Se l’ultima modifica alla pagina è stata apportata da un utente nuovo, con un profilo incerto, non fidatevi, e magari inaugurate una discussione manifestando le vostre perplessità. Terza ed ultima parola d’ordine è: Partecipazione. Non perdiamoci in inutili teorizzazioni e cominciamo a vivere da dentro il nostro tempo. L’ultima domanda che dovrete porvi d’ora in poi è “a che serve?”. Il web 2.0 è solo un enorme contenitore: su facebook c’è chi cerca sesso facile e chi, come Ahmed Maher, in Egitto coalizza 70mila giovani contro il regime di Mubarak, e, dopo esser stato costretto alla fuga, viene torturato in carcere in cambio della password di accesso al suo profilo. Luca Iacovone
vita da associazione
BASSOPROFILO Bassoprofilo non è solo il nome di un’associazione, ma una chiave di lettura, è un invito a riflettere sul valore delle piccole cose, è l’apporto di ogni singolo contributo che può rappresentare in sé un intero microcosmo. Il “piccolo” ha il vantaggio di non aver bisogno di grandi mezzi per essere esplorato per questo riesce a interagire meglio con gli altri creando macro-reti di connessioni. L’iniziativa principale di Bassoprofilo è la “4GDA”, quattro giorni in cui i ragazzi di Architettura invitano ogni cittadino a diventare soggetto attivo, aprono le porte della facoltà, invitando tutti non solo
a confrontarsi con i problemi strutturali e ambientali di quella che è stata definita “una delle prime città europee del mondo”, ma anche offrendo momenti di svago e divertimento attraverso progetti teatrali e concerti. L’argomento di quest’anno è “Collapse” non inteso in senso nichilista ma propositivo, dato che il suo anagramma è “all scope” (tutte le possibilità), ci si interroga sulle maniere con le quali si può ricostruire partendo dalla catastrofe, come l’araba fenice che risorge dalle sue ceneri creando un mondo nuovo.Per maggiori informazioni sulle iniziative: www.bassoprofilo.org
Rete Universitaria Attiva – UdU Ferrara è una associazione studentesca di ispirazione sindacale nata nell’Aprile 2005 dalla fusione tra due associazioni politico-culturali. Confederata al sindacato nazionale Unione degli Universitari, RUA si occupa di rappresentanza studentesca, politica universitaria e di attività culturali. Inoltre si occupa di fornire consulenze specializzate e servizi agli studenti grazie al protocollo d’intesa stilato con la CGIL di Ferrara. L’associazione è rappresentata attualmente nel consiglio degli studenti dell’università di Ferrara con quattro membri eletti e fa parte del gruppo di minoranza assieme all’associazione Officina. Lo scopo di RUA è quello di promuovere la diffusione di una coscienza studentesca collettiva, il riconoscimento della centralità dello studente e dei suoi bisogni, del suo essere soggetto sociale, e quindi autonomo dalla famiglia. Il sindacato
(M.T.)
Officina nasce all’inizio dell’anno accademico 2005/2006 dalla facoltà di giurisprudenza, ideata da alcuni studenti che sentivano l’esigenza di creare un gruppo di ascolto e interazione all’interno di una vita universitaria altrimenti piatta e accademica. L’organizzazione si propone di costituire una vero “spazio di democrazia”, volto alla condivisione e all’arricchimento che può scaturire dallo scambio di pensieri, non intesi come semplice esercizio retorico ma concretizzati in una girandola di iniziative e manifestazioni. L’associazione è da considerarsi un cantiere attivo pronto ad accogliere nuove idee e proposte da ogni studente che ne voglia far parte, il soggetto in questo caso viene considerato “portatore sano di interessi e passioni” e può mettere a disposizione la sua esperienza per creare qualcosa di nuovo e coinvolgente, con un occhio particolare a iniziative già collaudate come: il ciclo di incontri “Mafia e Antimafia tra storia e presente”,uno spettacolo per ricordare la giornata della memoria, l’allestimento di diversi cicli di proiezioni cinematografiche, un foglio di stampa satirica. Marilina Totaro
studentesco porta avanti rivendicazioni orientate alla tutela dei diritti degli studenti e dei loro bisogni materiali, si batte quotidianamente negli atenei per creare un sistema che garantisca il reale diritto allo studio, che dia la possibilità a chi è privo di mezzi di accedere alla formazione universitaria, che migliori le condizioni di chi studia, che assicuri a tutti gli studenti un sistema di rappresentanza in grado di promuovere la democrazia e la partecipazione studentesca in ogni ateneo, che garantisca il libero accesso al sapere. Non solo politica, RUA è anche cultura: da cinque anni infatti sostiene il progetto editoriale Orfeo Magazine ed organizza feste e momenti d’incontro per tutti gli studenti, promuovendo un’idea di vita universitaria a tutto tondo che non si fermi solo a lezioni ed esami. Per saperne di più: www.ruaferrara.it (M.T.)
gruppo autogestito
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spazio SCUOLE
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I CENTO PASSI VERSO LA LIBERTA’
gruppo autogestito per l’antimafia
“Potevi sentirla la volontà di essere lì, la partecipazione costante di ogni singolo la percepivi dal silenzio, dal fatto che nessuno in piazza del Plebiscito produceva un rumore o un lamento mentre si ascoltavano le testimonianze e si leggevano i nomi delle vittime. Percepivi l’intenzione di ognuno di voler fare qualcosa, di voler cambiare e di poterlo fare concretamente”. Queste le parole di Ester una delle ragazze del Gruppo Autogestito per l’Antimafia del Liceo L. Ariosto di Ferrara che ha partecipato insieme ad altri due ragazzi del gruppo, Gaia e Stefano, alla quattordicesima “Giornata per la Memoria e l’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie” organizzata dall’associazione “Libera” di Don Luigi Ciotti. Ogni anno, il 21 marzo, “Libera” sceglie una città d’Italia diversa e vi porta il suo no alla mafia. Quest’anno la prescelta era Napoli. 150.000 persone da trenta paesi europei e da ogni regione d’Italia hanno risposto alla chiamata. Inoltre erano presenti 500 familiari di vittime della criminalità organizzata in rappresentanza delle tremila famiglie che hanno deciso di costituire un comitato per la lotta alla mafia. Anche Roberto Saviano e Ilya Politkovskaja figlio della giornalista uccisa in Russia e che egli sostiene per mano della mafia, sono saliti sul palco a portare la loro testimonianza e a leggere insieme agli altri alcuni nomi del lungo elenco delle vittime della mafia. Alcuni di questi nomi non hanno nemmeno un perché, infatti si può essere vittima della mafia anche solo perché ci si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato e per questo non ci sarà nessuna pietà e per la famiglia nessuna consolazione. Questa è la mafia, e
questi i motivi perché Don Ciotti si batte da anni per fare qualcosa, anche solo informare o parlarne. “ Mentre sfilavamo con il corteo nelle vie della città, rimanevamo in un rispettoso silenzio, allo stesso tempo però eravamo felicissimi. Felici di essere lì e di partecipare” racconta Gaia”, perché come ricorda Don Ciotti, “Siamo il presente e non solo il futuro!” aggiunge Ester. Numerose personalità importanti hanno tenuto seminari e conferenze per creare e dare informazione alle persone partecipanti, così come nei giorni precedenti hanno fatto numerosi magistrati. Il cardinale di Napoli la sera del 20 marzo inoltre ha presieduto una veglia in onore del sacerdote Peppe Diana, che lottò contro la mafia fino a dare la sua vita per le sue idee, per di più non è mancata la partecipazione anche di rappresentanti della politica locale tra cui il sindaco Iervolino. Un evento di grande importanza quindi e di enorme rilevanza sociale, tanto che è stata oggetto di diverse rassegne stampa internazionali e italiane. Ancora Don Luigi Ciotti nel corso della manifestazione Nato dopo la visione del film “I cento passi”; al quale si ispira, il ha parole anche per i boss che invita non a pentirsi ma gruppo autogestito per l’antimafia del Liceo L. Ariosto di Ferrara a convertirsi, perché la loro, dice, non è vita. è giunto al suo secondo anno di vita. “Bisogna riconoscere la bellezza per imparare a Un gruppo di dieci ragazzi circa, che si riunisce ogni settimana proteggerla” ci ricorda inoltre Don Ciotti, il quale per per fare insieme attività di cineforum, informazione e discussione marcare questo concetto ha voluto che lo slogan sulla mafia, purtroppo il più attuale degli argomenti, “L’importante della manifestazione fosse proprio “L’etica libera la bellezza”.
però è parlarne,” dicono i ragazzi, “perché il silenzio uccide”.
Sara Cavallari
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Beh, io ci ho provato con una SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ e un universo nuovo mi si è prospettato, in bilico tra forti ragazza, anche molto spiritosa, purtroppo però l’estrazione SENZA TABU’ SENZA SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ problemi di relazione sociale eTABU’ gravi problemi psicofisici. delle forbici è stata inspiegabilmente scambiata come un gesto Almeno 3 i titoli memorabili: SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA SENZA TABU’ bellicoso. Conclusione: per un paioTABU’ di settimane sono passato “Conquistala senza parlare” (Cioè, devo pagare?). “Falle dire da For men a Donna moderna. SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ basta stanotte” (e io che pensavo che il problema fosse farle Molto interessanti anche i test, tipo: “Sei uno stallone o una SENZA TABU’“Quadruplica SENZAi TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ dire “ancora”). tuoi addominali in 2 settimane” schiappa?”. Le domande sono tra le cose più esilaranti che io (il risultato matematico di 0X4 sarà sempre 0). SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ abbia mai letto. Sarai classificato tra gli stalloni solo se risponderai Ma è all’interno della rivista che un uomo trova la soluzione a di sì a domande come questa: “Ti è mai capitato di farlo con SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ tutte le sue più recondite problematiche. una donna e subito dopo, SENZA TABU’ SENZAeTABU’ SENZA TABU’ TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ A pagina 52 un avvincente istruttivo servizio illustra “come SENZA con la sua compagna slacciarle il reggiseno” e propone diversi modelli: classico, SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ di stanza?” (certo, ogni seduttivo, sportivo... A parte l’intelligenza del servizio in sé, notte, peccato che poi SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ vorrei soffermarmi sul consiglio per slacciare il reggiseno il mi svegli tutto sudato), o SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA SENZA TABU’ SENZA TABU’ “Di essere TABU’ chiamato da SOS PENE SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA SENZA TABU’ SENZA TABU’ una donna TABU’ che ti chiede se può venire da te alle SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ 3 di notte?” (Sì certo, era SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ TABU’ SENZA TABU’ mia mamma). Ho capitoSENZA è SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ meglio fermarsi qui. SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ riflessione SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA Spunto TABU’ diSENZA TABU’ In questa rubrica ci permettiamo di schernire apertamente costumi e SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA deviazioni sessuali. Questo non deve però farci dimenticare che ciTABU’ sono paesi dove non solo questo non è possibile, ma in SENZA cui, mentre leggete, SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ TABU’ si stanno compiendo terribili barbarie nei confronti delle donne. Barbarie, SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ TABU’ TABU’ SENZA TABU’ Fa sesso con una panchina. I soccorsi intervengono per SENZA che il più delle volte sono SENZA ex facto permesse. liberarlo.TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA Stupisce infatti lo scalporeSENZA mediatico derivante dalla SENZA notizia di una TABU’ legge, SENZA TABU’ TABU’ I parchi pubblici sono posti sicuramente romantici, e le panchine recentemente approvata dal parlamento afghano, che obbliga le mogli SENZA TABU’ TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ TABU’ probabilmente uno deiSENZA posti ideali su cui fare l’amore. Se si è TABU’ in coppia SENZA ad avere rapporti sessuali con il marito e vieta loroSENZA di cercare lavoro, però: perché se si è SENZA da soli, comeTABU’ è accaduto SENZA ad un 41enneTABU’ di Hong SENZA istruirsi o farsi visitare da un medico,TABU’ senza averSENZA prima il permesso SENZA TABU’ TABU’ SENZA TABU’ Kong, ci si può trovare in grossi guai. L’uomo si era introdotto in un parco del consorte. Anche prescindendo dalle ragioni politiche che sono alla SENZA SENZA TABU’un buco SENZA TABU’ TABU’ SENZA durante TABU’ la notte, ed ha provato ad utilizzare della panchina per SENZA base di questa legge (in base alle qualiTABU’ il presidenteSENZA Hamid KarzaiTABU’ vuole masturbarsi. Sfortunatamente non è riuscito a liberarsi dalla morsa di garantirsi il sostegno della minoranza hazara -sciitiago della bilancia SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ ferro e ha dovuto chiamare aiuto. I soccorritori, però, non sono riusciti a per la corsa alle elezioni presidenziali) stupisce che nella vita quotidiana SENZA SENZA SENZA SENZA TABU’ v liberarlo,TABU’ ed hanno dovuto portare TABU’ l’uomo all’ospedale con la TABU’ panchina SENZA queste sianoTABU’ consuetudiniSENZA già permesseTABU’ di fatto, Karzai non ha fatto altro ancora attaccata al pene. Solo dopo quattro ore di intervento sono riusciti che tramutarle in legge. SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ a liberarlo. Bisogna riconoscere comunque che all’uomo sia andata Noi del Tascapane continueremo sempre a scrivere di sesso e a SENZA SENZA SENZA TABU’ TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ piuttostoTABU’ bene, perché sembra cheTABU’ i medici stessero per prendere in SENZA rispondere alle vostre domande ma senza mai dimenticare di quanto considerazione l’ipotesi di amputare il membro. siamo fortunati a poterlo fare. SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’ SENZA TABU’
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Non solo in America Chissà quante volte, guardando un film o un telefilm ambientato in un college o in un’università degli U.S.A. ci è capitato di vedere ragazzi che giocavano nella squadra dell’istituto e che andavano a sfidare in un vero e proprio campionato i propri pari età di altre scuole. Anche nel panorama universitario italiano, ma non tutti lo sanno, esiste qualcosa di simile: i C.N.U., ovvero i Campionati Nazionali Universitari. Ogni anno studenti delle varie facoltà italiane si sfidano nelle varie discipline sportive più varie, dagli sport di squadra a quelli individuali. Il CUS Ferrara partecipa con i suoi universitari ai tornei per calcio a 5, basket, rugby a 7, atletica leggera, canottaggio, tennis e altre discipline. Quest’ anno la squadra di calcio a 5 è riuscita per la prima volta ad arrivare al secondo turno per merito di un ottimo allenatore, nonostante sia ancora un universitario, come Alessandro Scabbia, e di un gruppo ben affiatato di ragazzi, dei quali alcuni erano già attivi nel panorama del calcio a 5 ferrarese. Dopo la partita di mercoledì 1 aprile giocata dai nostri contro il C.U.S. Perugia, terminata purtroppo con la vittoria degli umbri per 5 a 4, agli atleti ferraresi toccherà vincere contro la squadra di Siena il 20 per poter accedere alla fase finale del torneo. Una partita giocata comunque per quasi tutti i quaranta minuti effettivi con un ritmo da cardiopalma. Valerio Spada (nella foto, il terzo da sinistra in prima fila), subito dopo la partita ha detto “Abbiamo pagato caro le indecisioni difensive del secondo tempo, che i ragazzi del Perugia hanno sfruttato nel migliore dei modi. Peccato, anche per qualche decisione discutibile dell’arbitraggio sul finale. Ora comunque dobbiamo pensare ad andare a vincere a Siena.” Sempre per quanto riguarda gli sport di squadra, un risultato in
continua crescita è stato anche raggiunto dai ragazzi del basket. Dopo aver infatti battuto nel primo turno di fase preliminare il Pavia, i cussini estensi si troveranno a dover fronteggiare nel secondo turno il CUS Sassari, partendo dalla vittoria casalinga che dà un margine di tre punti per poter vincere comunque nonostante una sconfitta esterna (all’andata la partita è finita 87 – 83 per i nostri). ”E’ un canestro di vantaggio,” dice Riccardo Ascanelli, giocatore delle file cussine, “può
sembrare poco, ma è sempre meglio partire in vantaggio che con punti da recuperare. Da quando gioco qui questo è uno dei migliori risultati che abbiamo ottenuto, d’altronde la squadra è abbastanza compatta. Ci attende una trasferta abbastanza impegnativa, anche perché il Sassari ha recuperato un giocatore abbastanza forte che non aveva giocato qui a Ferrara. Noi comunque daremo il massimo il 20, visto che ci è stato concesso un giorno di “acclimatamento” prima della partita per recuperare lo stress del viaggio aereo e dei vari spostamenti.” Il 22 aprile invece i ragazzi del rugby a 7 (tutti giocatori della prima squadra o all’ultimo anno di giovanile) andranno a Padova per giocare la fase preliminare in un mini girone a quattro squadre contro CUS Padova, CUS Venezia e CUS Trieste (quest’ultima già incontrata l’anno precedente sempre durante i C.N.U.). La fase finale dell’intero campionato nazionale si svolgerà a Lignano Sabbiadoro a fine maggio in giornate che variano a seconda delle discipline, permettendo così ai ragazzi della stessa università presenti di andare a tifare per i loro compagni di corso di tutti i giorni. Verso Lignano, allora! E visti i buoni risultati di crescita rispetto agli anni precedenti… “Comunque vada, sarà un successo!” Enrico De Camillis
SPORT
BUTELLI, UN PRESIDENTE IN SELLA
Tanto di bello da raccontare ci sarebbe sul nuovo presidente della Spal (una su tutte, la decisione di fare apparire come sponsor sulle maglie il marchio della “Lega del filo d’Oro”): qualcosa lo abbiamo già fatto nello scorso numero e sicuramente non basterà questo. Allora facciamo parlare lui, Cesare Butelli, 47 anni emiliano di Poretta e dallo scorso giugno in sella alla Spal, chiedendogli anticipatamente scusa se qualcosa lo dimenticheremo. «Per i biancazzurri – spiega Cesare (che ama farsi dare del tu) al Tascapane – io ho provato da sempre una profonda e spontanea simpatia. Ho visto nella città di Ferrara e nella Spal l’occasione per dare vita a un progetto serio dal punto di vista sportivo. Poi chiaramente, per la mia attività lavorativa (Butelli è imprenditore nel ramo del recupero crediti;ndr) un buon veicolo. A distanza di nove mesi dal mio arrivo, posso dire che se dal punto di vista sportivo le cose vanno alla grande, dall’altro lato, probabilmente, i tempi sono un po’ più lunghi. Ma da primo tifoso della Spal, sono già molto contento così». Una trattiva non semplice, quella che ha portato Butelli in sella alla Spal: «Più che paletti da schivare, si è trattato di capire quali fossero le insidie legate all’operazione. La mia volontà non è mai mancata, e in fondo nel giro di quindici giorni sono diventato il nuovo proprietario. Il lavoro da fare è stato tanto per quello che abbiamo trovato in gestione, ma credo siamo arrivati ad un buon punto organizzativamente parlando e continuiamo a lavorare per l’immediato futuro. In questa avventura c’è stata una catena di coinvolgimento: io ho trascinato dal primo momento l’attuale amministratore delegato Stefano Bena, lui il digì Pozzi che a sua volta ha voluto il team manager Renato Schena. Poi è arrivato Aldo Dolcetti, un allenatore che stimo moltissimo, dentro e fuori dal campo e con cui sono in più totale sintonia. Sono un presidente democratico: io ascolto tutti e delego molto, sapendo di affidarmi a professionisti con la lettera maiuscola». Ecco dunque formata la spina dorsale della nuova Spal che in pochissimi mesi ha ridato nuovo lustro ai colori biancazzurri sotto ogni punto di vista martoriati da un recente passato a dir poco travagliato. «Di Ferrara – continua - mi piacciono tante cose dalla cucina, all’arte, agli stessi ferraresi ed al loro modo di essere, tranne quando tendono a brontolare un po’ troppo. Conoscevo questa città da anni, per l’amicizia che mi lega a Sergio Gessi che in questa scelta di rilevare la Spal ha avuto un ruolo decisivo». Sui tifosi: «Ho avuto modo di entrare in contatto con loro. Giovani si, ma anche un po’ più in la con gli anni ed ho incontrato persone differenti, capendo ancor di più cosa significhi
la Spal per Ferrara. Mi sono sempre ritenuto un presidente diverso, ed in questo modo mi sono avvicinato a loro, seguendo ogni tanto la partita in Curva, altre volte andando a pranzo a casa dei tifosi che mi hanno invitato. Ho con loro un rapporto stretto, ricevo tante telefonate e messaggi, credo ormai il mio numero ce l’abbiano un po’ tutti, ma sono contento così». Poi ancora: «Il momento più bello sino ad oggi? La scorsa estate, quando siamo stati ripescati in Prima Divisione. Credo però di non essermelo goduto appieno, ero solo da pochi giorni presidente, dovevo ancora rendermi bene conto di tutto l’ambiente e quanto fosse importante quel giorno. Ma la gioia è stata comunque grande. Quello più brutto? Le sconfitte, che nello sport ci sono, ma fanno sempre soffrire. Sono un maratoneta (diverse le partecipazioni a quella famosissima di New York; ndr), ho il senso della competizione e della vittoria molto elevato». Ripescaggio che ha portato a quella scommessa poi pagata con il tragitto, massacrante, da Lucca (sede della sua attività lavorativa) a Ferrara percorso in bicicletta: «Da sportivo quale sono l’ho fatto senza problemi ed era un debito da pagare. Anzi, vi dirò di più: nel caso riuscissimo a conquistare il traguardo della serie B, che tutti abbiamo come sogno, ho una scommessa in serbo ancor più clamorosa». Federico Pansini
dopo il Tascapane, l’ultima creautura di NoSS:
L’incontro con il nuovo proprietario della Spal
il Tascapane informa
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il Tascapane informa
IL Grande Porco
dopo il Tascapane, l’ultima creautura di NoSS:
Il primo grugnito del Grande Porco Scendeva la sera l’otto marzo dello scorso anno e le ragazze, con quell’aria un po’ snob che le anima in tale occasione, li avevano lasciati soli e tristi… Ma soli - pensarono - o liberi ?! I sette amici allora si organizzarono e decisero di andare ad abbuffarsi di salamina da sugo e lambrusco nella sperduta landa di Madonna Boschi, patria di questa antica e impegnativa delizia ferrarese, per concludere poi la serata a Bologna fin quasi mattina. Tanto si divertirono gli amici quella sera che ne seguirono altre. E’ nata così la Compagnia del Grande Porco, un gruppo di studenti UniFe (anche su FB) che per curiosità gastronomica ed artistica amano scoprire la cucina di famose o sperdute trattorie a buon prezzo (da consigliare poi sul nostro TP) ed angoli incantevoli della nostra Italia. L’ultima abbuffata è stata a Verona: osteria Romeo e Giulietta, a mangiare bigoli fatti in casa con ragù d’asino e la tipica Pastissada de caval (stracotto di cavallo abbondantemente speziato e cucinato
immerso nel vino, servito poi con polenta). Quella sera, in quell’osteria, ad un passo da piazza delle Erbe, il Grande Porco vive un momento di genuina felicità. Poi allegro e satollo a camminare quattro ore per la città… piazza delle Erbe, piazza dei Signori con l’osso di balena là sospeso, le case-torri, le cuspidi delle arche scaligere tra gotico e rinascimento, la Casa di Giulietta, l’Arena. Ed infine una meritata pausa davanti alla “Tribuna”interessante edicola medievale in Piazza delle Erbe dove venivano incoronati i podestà ed i pretori della città - a riscaldarsi con cioccolato ed un potente… Cardenal Mendoza !! Ps: il conto, con vino e dolci della casa, è sotto i 25euro. Da tornarci!! Piervittorio Pigato
Vuoi dire la tua sui nostri articoli? Utilizza il forum del nostro sito: Il quinto numero del Tascapane uscirà a metà giugno. www.tascapane.it Cercalo in tutte le facoltà e presso questi locali: Vota e commenta i tuoi articoli preferiti. Potrai anche trovare tutte le interviste integrali ai personaggi incontrati dalla redazione de IL TASCAPANE . - Circolo dal Tramonto all’Alba, via Guido D’Arezzo, 2 - Pizzeria da Alice, via Palestro 89/91 Se hai un’attività e vuoi sostenere il progetto del Tascapane, scrivici a - Inlingua - School of languages- Via Mascheraio, 17 noss@live.it, saremo felici di menzionare il nome della tua attività tra i nostri sponsor - Cts, Centro turistico studentesco , Via Cairoli, 35 - Circoli Arci di Ferrara Sul prossimo numero si parlerà di “inverno a studiare, estate a lavorare: lavori - Trattoria “Il Cucco”, Via Voltacasotto, 3. estivi tra fregature e opportunità”. Mandate le vostre foto a noss@live.it. La - Digitech via Ferrariola, 36. vincitrice illustrerà la prossima copertina!
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