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Le comunità energetiche
by edicomsrl
di Andrea Ambrosetti
L’articolo spiega cosa sono le comunità energetiche e lo stato dell’arte e le prospettive di tale tipologia diffusa di produzione, condivisione e risparmio energetico.
Autonomia, adattabilità ed efficienza sono i principi che guidano GECO (Green Energy Community), il progetto di gestione comunitaria della risorsa energetica locale che riduce le distanze tra produzione e consumo, promuovendo l’autoconsumo e/o lo scambio interno di energia prodotta in loco a partire da fonti rinnovabili attraverso le comunità energetiche locali.
Cosa è una comunità energetica
L’autoconsumo di energia è una coalizione di utenti che, tramite la volontaria adesione ad un soggetto giuridico, collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno o più impianti energetici locali. Ogni comunità ha le proprie caratteristiche specifiche, ma tutte sono accomunate da uno stesso obiettivo: autoprodurre e fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri. I princìpi su cui si fonda una comunità energetica sono il decentramento e la localizzazione della produzione energetica. Attraverso il coinvolgimento di cittadini, attività commerciali, imprese e altre realtà del territorio è possibile produrre, consumare e scambiare energia in un’ottica di autoconsumo e collaborazione. I membri della comunità energetica sono protagonisti attivi nella gestione dei flussi energetici, per questo sono definiti prosumer. Il prosumer può godere non solo di una relativa autonomia energetica ma anche di benefici economici. Possiede un proprio impianto di produzione di energia: consuma ciò di cui ha bisogno e immette in una rete locale l’energia in esubero per scambiarla con gli altri membri della comunità oppure accumularla e restituirla alle unità di consumo nel momento più opportuno. L’autoconsumo di energia si può realizzare a 3 livelli: individuale, collettivo e di comunità. In Italia, le ultime due tipologie (autoconsumo collettivo e comunità energetica) sono riconosciute legalmente dal 2020. A livello individuale Nell’autoconsumo individuale il cittadino possiede un impianto di produzione di energia rinnovabile e autoconsuma l’energia che lui stesso ha prodotto. A livello collettivo L’autoconsumo collettivo è composto da una pluralità di consumatori ubicati all’interno di un edificio in cui sono presenti uno o più impianti alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili. Gli impianti possono essere di proprietà di soggetti terzi e usufruire di specifici benefici, come le detrazioni fiscali. Il tipico esempio è quello del condominio con un impianto fotovoltaico sul tetto che fornisce elettricità alle utenze condominiali ed alle unità abitative di coloro che aderiscono. A livello di comunità Nella comunità energetica i soggetti che partecipano devono produrre energia destinata al proprio consumo con impianti alimentati da fonti rinnovabili. Per condividere l’energia prodotta, gli utenti possono utilizzare le reti di distribuzione già esistenti e utilizzare forme di autoconsumo virtuale. Le comunità energetiche possono
essere di due tipi: 1. Comunità Energetica Rinnovabile: si basa sul principio di autonomia tra i membri e sulla necessità che si trovino in prossimità degli impianti di generazione. Questa comunità può gestire l’energia in diverse forme (elettricità, calore, gas) a patto che siano generate da una fonte rinnovabile. 2. Comunità Energetica di Cittadini: non prevede i principi di autonomia e prossimità e può gestire solo l’elettricità.
La legislazione
Attualmente, la normativa italiana sulle comunità energetiche rinnovabili consiste nell’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe 162/2019 (convertito con la Legge n. 8/2020 del 28 febbraio 2020), nei relativi provvedimenti attuativi (la delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA e il DM 16 settembre 2020 del MiSE) e nel D.Lgs. 199/2021, che dà attuazione alla Direttiva Europea RED II sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. In sintesi, le comunità energetiche rinnovabili sono un soggetto giuridico che: • Si basa sulla partecipazione aperta e volontaria. • È costituito da persone fisiche,
PMI, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali. • È autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità energetica rinnovabile. • Ha come obiettivo principale quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari. Inoltre i soggetti associati mantengono i loro diritti di cliente finale, compreso quello di scegliere il proprio fornitore di energia elettrica, e possono uscire dalla comunità quando lo desiderano. Quanto al dimensionamento, all’età e all’allacciamento degli impianti, il D.Lgs. 199/2021 ha recentemente reso meno stringenti i requisiti, stabilendo i seguenti criteri direttivi (che dovrebbero entrare in vigore entro fine giugno 2022): • Gli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili devono avere una potenza complessiva non superiore a 1 MW ed essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria (corrispondente territorialmente a circa 3-4 Comuni oppure 2-3 quartieri di una grande città) su cui insistono anche tutti gli iscritti alla comunità energetica (l’ARERA definirà delle modalità semplificate per il rispetto del requisito della cabina primaria con un documento di consultazione). • Possono aderire alla comunità energetica anche impianti a fonti rinnovabili già esistenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 199/2021, purché in misura non superiore al 30% della potenza complessiva che fa capo alla comunità. La legge non fa specifico riferimento alla tecnologia rinnovabile da adottare, ma quella che si presta a sfruttare meglio i vantaggi del provvedimento è senza dubbio il fotovoltaico. Inoltre per la gestione e lo stoccaggio di energia da fonte rinnovabile, i piccoli impianti di produzione locale utilizzati dalle comunità energetiche possono predevere l’accumulo elettrochimico tramite le batterie, nello specifico quelle agli ioni di litio. I vantaggi: • Maggiore sfruttamento e migliore gestione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili: la batteria permette di accumulare l’energia prodotta in eccesso e di erogarla quando la
produzione non riesce a soddisfare la richiesta, ad esempio di sera/ notte. • Riduzione dei picchi di potenza e degli squilibri dovuti all’aleatorietà delle fonti rinnovabili, questo rende più semplice l’immissione nella rete elettrica dell’energia non consumata.
I vantaggi economici
Un cittadino, un condominio, una Pubblica Amministrazione o un’impresa che scelga di autoconsumare l’energia elettrica prodotta da un impianto fotovoltaico accede ad una serie di vantaggi economici: • Risparmio in bolletta: più energia si autoconsuma direttamente e più si riducono i costi delle componenti variabili della bolletta (quota energia, oneri di rete e relative imposte). • Guadagno sull’energia prodotta: produrre energia con un impianto fotovoltaico può rappresentare una fonte di guadagno grazie ai meccanismi incentivanti. • Agevolazioni fiscali (detrazioni o superammortamento): recupero del 50% dei costi di realizzazione per i privati che realizzino un impianto fotovoltaico sul tetto di un edificio. In attesa che entro fine giugno 2022 il Ministero della Transizione Ecologica e l’ARERA aggiornino i meccanismi di incentivazione e le restituzioni tariffarie previsti dal DL 162/2019, al momento gli iscritti a una comunità energetica ottengono complessivamente un beneficio di circa 179 €/ MWh, con un ritorno dell’investimento stimato in pochi anni. Questa cifra è ottenuta dalla somma: • della tariffa premio di 110 €/MWh sull’energia condivisa nella comunità, fissa per 20 anni. • della restituzione di circa 9 €/MWh sull’energia condivisa per valorizzare i benefici apportati al sistema, importo fisso per 20 anni.
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• del ricavo di circa 60 €/MWh (valore medio stimato su 20 anni) sull’energia rinnovabile immessa in rete, variabile in base all’andamento del
Prezzo Unico Nazionale (PUN).
I benefici ambientali
Poiché in una comunità energetica l’energia viene prodotta da fotovoltaico, si riducono le emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti. Il valore medio di emissioni per ogni kilowattora consumato dal contatore domestico è di 352,4 grammi di CO2 equivalente. La produzione di energia fotovoltaica invece, al netto della CO2 emessa in fase di realizzazione dell’impianto e dei suoi componenti, non produce emissioni dannose per l’ambiente. Considerando che, in Italia, una famiglia tipo consuma circa 2700 kWh di energia elettrica all’anno, con un impianto fotovoltaico si eviterebbero le emissioni di circa 950 kg CO2 /anno corrispondenti all’attività di assorbimento di circa 95 alberi.
Le comunità energetiche in Italia e nel mondo
Secondo il rapporto Comunità rinnovabili 2021 di Legambiente, in Italia sono attive o in corso di attivazione sulla base dell’attuale normativa 20 comunità energetiche rinnovabili, distribuite un po’ su tutto il territorio nazionale, mentre altre 7 sono in progetto. Gli impianti di autoproduzione risultano essere per lo più di taglia compresa tra i 20 e i 60 kW, ma con significative eccezioni. Le comunità energetiche esistenti vedono coinvolti enti comunali, famiglie, imprese private, istituti pubblici, cooperative e anche aziende agricole, come nel caso della prima comunità energetica agricola costituita a Ragusa con il supporto di Enel X. Per il futuro è attesa una crescita esponenziale del loro numero. Uno studio del Politecnico di Milano (Electricity Market Report) stima che entro il 2025 le energy community italiane saranno circa 40mila e coinvolgeranno circa 1,2 milioni di famiglie, 200mila uffici e 10mila PMI. Se l’Italia sconta il ritardo accumulato nella stesura dell’impianto normativo nazionale, le comunità energetiche rinnovabili sono una realtà ormai diffusa in molti Paesi del Nord Europa, in special modo Germania, Danimarca e Paesi Bassi. Tra i migliori esempi di comunità energetiche in Europa c’è proprio quello del Bioenergy Village di Jühnde, in Germania. A partire dal 2004 la comunità si è dotata di un impianto di cogenerazione a biogas da 700 kW e di una caldaia a cippato da 550 kW con i quali genera il 70% del calore e il doppio dell’energia elettrica necessari a soddisfare il proprio fabbisogno. Secondo la guida ENEA alle comunità energetiche, per il 2050 si stima che 264 milioni di cittadini dell’Unione Europea si uniranno al mercato dell’energia come prosumer, generando fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema e contribuendo così in maniera attiva al raggiungimento della neutralità climatica. Tra le comunità energetiche esistenti nel mondo, accomunate dalla dimensione locale dei sistemi di produzione e di scambio di energia da rinnovabili, due esempi emblematici sono: • Grupo Creluz, Rio Grande do Sul (Brasile): creato nel 1999, il gruppo è arrivato a possedere e gestire 6 impianti idroelettrici, rifornendo di energia i 20.000 soci residenti nella zona. • BMG - The Brooklyn Microgrid, New
York (Usa): fondata in tempi recenti (2016), consiste in una rete energetica comunale in cui i cittadini di
Brooklyn, residenziali e commerciali, possono – attraverso un’App – acquistare e vendere energia rinnovabile generata localmente.
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