2 minute read

Tecnologia “canaglia”: tracciabilità o controllo?

38

AGOSTO 2018

tecnologia “canaglia”: tracciabilità o controllo?

L’avvento delle tecnologie di interconnessione e dell’Internet delle cose - IoT solleva di nuovo il problema del controllo a distanza dei dipendenti. Le imprese mordono il freno: si sente l’esigenza di strumenti di tracciabilità per pianificare e gestire meglio le operazioni e il servizio. Il Garante della privacy, con il recente provvedimento 232/18, apre alla localizzazione con alcuni importanti paletti. Vediamoli.

Torniamo ad affrontare il problema del “controllo a distanza”: infatti si sta facendo sempre più labile il limite fra la tracciabilità in tempo reale delle macchine e degli strumenti di lavoro, funzionale a un sacrosanto diritto datoriale a un’efficace ed efficiente organizzazione del lavoro, e il controllo dei dipendenti, che lede privacy e diritti del lavoratore sanciti fin dall’inizio degli anni Settanta del secolo scorso.

Tecnologia “galeotta”…

“Galeotta”, guarda un po’, è la tecnologia: anche nel settore delle pulizie/ servizi integrati/ multiservizi, ormai, l’Internet delle cose, nelle modalità e nelle declinazioni più evolute, è all’ordine del giorno. Basta farsi un giro nelle fiere di settore, come la recente Interclean 2018 di Amsterdam, per rendersene conto: oggetti e strumenti che dialogano, big data, trasmissione di informazioni in tempo reale, tracciabilità dei mezzi, delle macchine e delle attrezzature da remoto, robot ad elevato tasso di automazione. Non si parla d’altro, in

di Antonio Bagnati

un mondo che sta cambiando: e d’altra parte le imprese (come dare loro torto?) sentono sempre di più l’esigenza di poter pianificare, progettare e gestire meglio il servizio, soprattutto in ambienti e contesti complessi. E la tecnologia oggi offre loro la possibilità di farlo.

Una soluzione… che apre altri problemi!

Come sempre, tuttavia, alle grandi innovazioni si accompagnano non piccoli problemi. Uno di questi riguarda la tutela dei dati personali dei lavoratori: in poche parole l’ipotesi, passateci il termine, di un loro sostanziale “controllo a distanza”, che va a confliggere con le previsioni dello Statuto 300/1970. Si tratta di una questione complessa, tornata in auge con l’avvento delle nuove tecnologie, che non si limitano alle semplici telecamere.

Fermare il progresso non si può, ma…

Insomma, se una lavasciuga, un carrello o un mezzo è tracciabile e trasmette i dati sulla sua geolocalizzazione in tempo reale, va da sé che fare due più due è semplice: anche il lavoratore che la sta usando lo sarà. E così vale per tutte le macchine e i dispositivi interconnessi. Che fare dunque? Ora, se da un lato non è pensabile fermare il progresso, dall’altro non è nemmeno lecito che la tecnologia diventi un bomerang a discapito della privacy degli operatori. Occorre dunque mediare tra le due legittime esigenze.

Un’apertura del Garante, ma a precise condizioni

A questo proposito illuminante è il recente intervento del Garante per la protezione dei dati personali, che con provvedimento n. 232 del 18 aprile 2018, ammette la possibilità, da parte dei datori di lavoro, di utilizzare sistemi di localizzazione geografica dei dispositivi aziendali affidati ai dipendenti, a condizione che: sul dispositivo vi sia un’icona che indichi che la localizzazione è attiva; il sistema sia configurato in modo tale da oscurare la posizione geografica dei dipendenti decorso un determinato periodo di inattività. Senza dubbio un’apertura, pur nella giusta tutela del supremo principio della privacy.

39

AGOSTO 2018

This article is from: