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Subappalto, ma quanto mi costi

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MARZO 2016 Subappalti e consorzi permettono anche alle imprese meno strutturate di accedere a commesse di un certo rilievo. Ma c’è anche un lato oscuro: cosa succede quando le piccole imprese svaniscono nel nulla, falliscono o non sono più in grado di proseguire il lavoro? Qui iniziano i guai e a farne le spese sono soprattutto i fornitori, che a volte si trovano “buchi” di decine o centinaia di migliaia di euro.

C’è subappalto e subappalto. C’è un subappalto sano e uno malato, ma in quest’ultimo caso sono dolori. Spesso infatti accade che quello che prima era un rapporto diretto fra committente e fornitore si complichi e che quest’ultimo perda soldi ed energie. Oppure accade, e questo è il caso dei consorzi, che un organismo consortile affidi a un’impresa un lavoro, salvo poi non rivelarsi in grado di vigilare sulla correttezza dei singoli soggetti. E così finisce che a rimetterci sono i fornitori,

di Simone Finotti

in assenza di una normativa chiara in materia di responsabilità solidale nei confronti dei fornitori stessi (mentre esiste, come abbiamo più volte sottolineato, a tutela dei lavoratori).

Ecco come vanno le cose

Cerchiamo però di vederci più chiaro, andando a capire cosa succede nella pratica. Immaginiamo un grande committente privato, che può essere un’industria automobilistica, una grossa compagnia di trasporti, una catena di ipermercati o quant’altro. Immaginiamo adesso che questo grande committente decida di esternalizzare il servizio di pulizia. A chi si rivolgerà? Naturalmente a un’impresa in grado di assicurare un servizio strutturato e capillare, magari su un’area geograficamente vasta quando non su tutto il territorio nazionale. Ora, chi è in grado di farlo se non un consorzio? Detto fatto: il consorzio, che è un soggetto serio e affidabile (per comodità lo chiameremo appaltatore A), firma il contratto con il committente. Qui però iniziano i problemi. Il perché ce lo spiega Luigino Durante, di Ica System, che purtroppo situazioni come queste ne vede quasi tutti i giorni: “Il punto è che il consorzio definisce un contratto-quadro, poi decide l’impresa che prende i lavori (che noi chiameremo, giusto per capirci, subappaltatore B). Ed è questa impresa che noi fornitori serviamo, con macchine e attrezzature, noleggio, eccetera. A questo punto accade che il subappaltatore B non paghi, paghi male, in ritardo. Oppure che fallisca, vada in liquidazione, sparisca lasciandoci buchi importanti. Il consorzio, che non è responsabile, chiama allora una

Committente Datore di lavoro

Contratto di appalto

Subappalto

ditta “C”, ma intanto la “B” non mi ha ancora pagato. E così via all’infinito, con danni che per noi possono arrivare anche a centinaia di migliaia di euro.” Tutto questo, secondo Durante, si potrebbe evitare chiarendo una volta per tutti le responsabilità del soggetto consortile anche nei confronti dei fornitori. “Non è facile farsi riconoscere ciò che spetta, anche quando le responsabilità sono evidenti. Per noi è un danno veramente notevole.”

Beni e prodotti di consumo: anche qui la perdita è notevole

Anche Gerolamo Lopresti, responsabile Italia di Paredes, è molto critico nei confronti del sistema del subappalto “selvaggio”. Nel caso della fornitura di beni e prodotti di consumo il problema è molto sentito. “Spesso il meccanismo del subappalto per noi fornitori si rivela una tagliola, oltre che una complicazione burocratica”, ricorda. Spesso infatti accade che un rapporto diretto fornitore-committente, che

garantisce a noi pagamenti sicuri e regolari, si trasformi, per scelte di policy aziendale, in un rapporto “mediato”. E non fra fornitore e primo appaltatore, che di norma è un’azienda trasparente, affidabile e seria, ma tra fornitore e subappaltatori. A questo punto iniziano i problemi: pagamenti in ritardo, soldi non incassati o che arrivano in ritardo, fino ad arrivare a indirizzi fasulli, persone irrintracciabili, fallimenti improvvisi con le conseguenze che sappiamo.”

Un meccanismo che nel tempo si è distorto

Va detto peraltro che il meccanismo del subappalto, così come quello dell’aggregazione d’impresa (ma potremmo continuare con l’avvalimento e via discorrendo), che è presente anche altrove ma che in Italia ha raggiunto livelli spesso esasperati, è sostanzialmente figlio del sistema degli appalti pubblici. Infatti nasce proprio con la necessità, da parte di imprese troppo piccole o poco strutturate, di accedere alle gare della pubblica amministrazione. Lo stesso sistema, poi, è “traslato” anche nel privato, con risultati non sempre esaltanti. “Noi perdiamo soldi ed energie”, dice senza mezzi termini Lopresti, “e spesso lo stesso primo appaltatore, anche dietro sollecitazione del committente, non riesce a venirne a capo. Insomma, se prima noi fornivamo i prodotti direttamente al cliente, il quale ci pagava regolarmente, oggi ci interfacciamo nemmeno con l’appaltatore, ma con il subappaltatore”.

L’idea di Lopresti: porre un limite al subappalto

Venendo alla parte costruttiva, per Lopresti una soluzione sarebbe quella di inserire, almeno nel privato dove questo è possibile, una clausola contrattuale che vieti il ricorso al subappalto da parte del primo appaltatore, “anche perché, ripeto, i problemi non vengono tanto dall’appaltatore “A”, quanto dai passaggi successivi. O perlomeno, quando proprio non si può fare a meno di ricorrere al subappalto, sarebbe il caso di controllare in modo più capillare e rigoroso a chi si stanno affidando i lavori”.

Anche i dealer ci rimettono

Anche ai dealer, come abbiamo visto già con Ica System, questa situazione non piace molto: “È un problema che sentiamo moltissimo anche noi -spiega Eugenio Genise, numero uno di We Italia-. Ne risentiamo a due livelli: finanziario ed economico. Quando costruiamo un progetto, infatti, vi includiamo attrezzature, ricambi, accessori eccetera, e spesso a causa di meccanismi di subappalto poco chiari non riusciamo nemmeno a rientrare dei costi perché l’impresa appaltatrice tende a risparmiare in modo significativo. In questi casi sappiamo dunque che, bene che vada, si assisterà a uno sfasamento significativo sul rientro per la fornitura di apparecchiature. Spesso inoltre le imprese subappaltanti, quando si tratta di gestire i bagni, inseriscono prodotti diversi letteralmente infischiandosene del comodato d’uso, fanno scomparire i sistemi di dispensazione o non li usano correttamente. Addirittura molto spesso li danneggiano. E con le macchine va ancora peggio.” Come abbiamo visto sopra.

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