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Il programma nazionale di prevenzione dei rifiuti

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Opzione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della presente decisione Metodologia di calcolo Requisiti specifici per le relazioni sull’applicazione degli Stati membri

Preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti domestici costituiti da carta, metalli, plastica e vetro e di altri tipi di rifiuti domestici o di rifiuti simili Metodologia di calcolo 2

Tasso di riciclaggio dei rifiuti domestici e rifiuti simili; in % =

Quantità riciclata di rifiuti domestici costituiti da carta, metalli, plastica e vetro e di altri flussi specifici di rifiuti domestici, o rifiuti simili/quantità totale prodotta di rifiuti domestici costituiti da carta, metalli, plastica e vetro e di altri flussi specifici di rifiuti domestici, o rifiuti simili Gli Stati membri utilizzano dati nazionali. Possono essere utilizzati e adattati alle condizioni nazionali i dati elaborati per rispettare altri obblighi di rendicontazione in materia di rifiuti. Unitamente ai dati gli Stati membri trasmettono una relazione che illustra quali materiali sono presi in considerazione e da quali attività essi provengono contrassegnando le caselle corrispondenti nella tabella contenuta nell’allegato II della presente decisione; inoltre indicano il metodo di calcolo delle quantità prodotte e riciclate. Se uno Stato membro include nel calcolo i rifiuti di compost domestico, indica il metodo di calcolo delle quantità prodotte e riciclate. La relazione illustra inoltre il rapporto fra queste quantità e i dati sui rifiuti domestici e altre attività economiche che devono essere comunicati conformemente al regolamento (Ce) n. 2150/2002.

EU, infatti, la Commissione europea aveva indicato quattro diversi metodi per effettuare il calcolo del citato obiettivo e ha lasciato agli Stati Membri la scelta del metodo da utilizzare. Tutto ciò sulla base giuridica del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e considerata la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti, che abroga alcune altre direttive. In particolare è in quest’ultima all’articolo 11, paragrafo 3, che la Commissione aveva definito le modalità dettagliate di attuazione e di calcolo, al fine di stabilire un obiettivo da raggiungere al 2020 per quanto riguarda la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani e assimilati pari al 50%. I 4 metodi proposti dalla Commissione variano a seconda delle tipologie (rifiuti domestici o urbani) e delle frazioni merceologiche che è possibile includere nel calcolo. Il metodo scelto dal Ministero è quello indicato dalla Commissione come metodo 2 e le frazioni merceologiche da conteggiare sono esclusivamente le seguenti: carta e cartone, plastica, metalli, vetro, legno, frazione organica. Ulteriori novità in ambito di tassazione sui rifiuti derivano dalla legge di stabilità, n.147 del 27 dicembre 2013, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2014), (13G00191) (GU n.302 del 27-122013 - Suppl. Ordinario n. 87)”. Il comma 704 stabilisce l’abrogazione della Tares (articolo 14, Dl 201/2011, convertito in legge n. 214/2011). Il numero 626 invece istituisce la nuova imposta unica comunale IUC (Imposta Unica Comunale) comprendente oltre all’imposta sugli immobili sulle seconde case (IMU), anche un tributo sui servizi suddiviso in due componenti: la prima (definita TASI) ha la finalità di coprire il costo dei servizi indivisibili delle amministrazioni locali comunali. La seconda componente (definita TARI), regolamentata nei commi 640-668, impone la totale copertura del costo del servizio di gestione dei rifiuti. Rispetto alla Tares nihil novi sub sole. Qualcosa di nuovo si ritrova tuttavia fra i criteri di determinazione del tributo; che si determinano però, ancora, in funzione dei metri quadri di superficie (peculiarità ricordiamo tutta italiana). Alla commisurazione della tariffa è stato aperto solo un piccolo spiraglio con i commi 651 e 652: i Comuni devono tener conto dei criteri determinati dal regolamento disposto dal DPR n. 158 del 27 aprile 1999. In alternativa, nel rispetto del principio «chi inquina paga» (articolo 14 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti), gli enti locali possono calibrare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte, nonché al costo del servizio rifiuti. Le tariffe per ogni categoria (o sottocategoria omogenea) sono determinate dal Comune moltiplicando l’unità di superficie imponibile accertata per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti in funzione del costo del servizio previsto per l’anno successivo. Ai commi 667-668 si stabilisce che i comuni che realizzano sistemi di misurazione puntuale dei rifiuti urbani possono, con regolamento di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI. Il Comune, nella commisurazione della tariffa, può tenere conto dei criteri determinati con il regolamento di al DPR 158/1999, criteri che prendono in considerazione aspetti come la tipologia di attività e la natura dei servizi. La tariffa corrispettiva può essere applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani. A stabilirlo, comunque, sarà un ulteriore regolamento che dovrà essere predisposto dal Governo entro giugno 2014, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

*Ente di Studio per la Pianificazione Ecosostenibile dei Rifiuti (E.S.P.E.R.)

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rifi uti, i pirati dei raee

di Laura Biffi *

Analisi dei fenomeni d’illegalità nella raccolta e riciclo dei rifiuti da apprecchiature elettriche ed elettroniche.

Quello dei RAEE (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) nel nostro Paese è un mercato piuttosto recente, potremmo dire, ancora in fase rodaggio, tanto che la raccolta e il riciclo dei vecchi elettrodomestici, delle fonti luminose fuori uso e dei rifiuti tecnologici arriva a mala pena al 4% dell’immesso alla vendita, a fronte di una media europea del 7%, che sale al 15% nei Paesi scandinavi. Allo stesso tempo, però, è un settore ad alto potenziale e in fortissima crescita, sia per l’espansione del mercato delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), sia per i cicli di innovazione sempre più corti che le rendono rapidamente obsolete. Si calcola che oggi nel mondo se ne producano quasi 50 milioni di tonnellate all’anno, destinate a superare i 65 milioni nel 2017. In Italia, accanto alla scarsa informazione dei cittadini e degli operatori commerciali, che alimenta il cosiddetto mercato informale, per cui molti RAEE finiscono in discarica o nel cassonetto sotto casa, piuttosto che nelle mani di operatori borderline, esiste un incontrollato e fiorente “mercato nero”, che sottrae profitti e lavoro alla filiera virtuosa e che alimenta il racket delle ecomafie, che sul business dei rifiuti speciali hanno da tempo consolidato una delle loro attività commerciali più redditizie, inquinando i terreni dove vengono smaltiti e sfruttando la manodopera a basso costo. È questo spaccato che il dossier “I Pirati dei RAEE”, scritto da Legambiente in collaborazione con il CdC RAEE, ha messo sotto la lente: una vera e propria industria illegale, fatta di discariche, traffici, inquinamento, truffe e affari sporchi. Che prospera anche a causa degli alti costi di trattamento, che dipendono a loro volta dai costi legati alla logistica e alle attività di “smantellamento” degli apparecchi, ma soprattutto dalle quotazioni dei materiali recuperati. Ed è qui che finisce oggi circa il 70% dei RAEE prodotti, ossia quanto sfugge al circuito legale dei Sistemi collettivi. In cinque anni, da gennaio del 2009 a ottobre del 2013, le Forze dell’ordine hanno messi i sigilli a 299 discariche abusive di RAEE, per una superficie stimata di 1.021.929 metri quadrati. La classifica dei sequestri vede in testa la Puglia, con 40 siti (il 13,4% del totale nazionale), regione che peraltro detiene il record negativo di RAEE raccolti pro-capite. Al secondo posto c’è la Campania, con il 12,7% (38 siti), al terzo a pari merito ci sono Calabria e Toscana con l’11%, seguite dalla Sicilia con il 9,7%. Puglia, Campania, Calabria, Toscana e Sicilia da sole arrivano a coprire il 57,8% delle discariche sequestrate in tutta Italia. Tra le città, la provincia più esposta al fenomeno dello smaltimento illegale di RAEE risulta quella di Livorno, con 18 siti posti sotto sequestro, il 6% del totale nazionale. A seguire, ci sono le province di Napoli con 16 discariche, di Campobasso con 15, di Palermo con 14, quelle di Cosenza e Lecce con 13, quelle di Taranto e Terni con 12. Il 33% di tutti i siti scoperti si concentra in queste prime otto province. Sono numeri, è bene sottolinearlo, che rappresentano la punta dell’iceberg, cioè solo il fenomeno per come emerge dall’attività di indagine e intervento delle forze dell’ordine. Basta attraversare la penisola per accorgersi, purtroppo, che siamo di fronte a un degrado di proporzioni ben maggiori. Ci sono aree del Paese costellate da discariche abusive, che sorgono sul ciglio delle strade di collegamento, sui terreni agri-

coli, nascoste nelle aree a bosco o dietro i cancelli delle zone industriali, alle periferie delle città. Spesso sono discariche miste, fatte di rifiuti urbani abbandonati da singoli cittadini che si sommano ai rifiuti che provengono dalle demolizioni edilizie o dalle fabbriche e che vengono scaricati direttamente dai camion. Oltre allo smaltimento selvaggio che produce discariche abusive e a quello “domestico” che getta i RAEE nei cassonetti (destinazione di almeno il 30% delle lampadine usate) o li sotterra nelle cantine dei condomini, va annoverata anche l’attività organizzata di recupero e commercio illegale di queste apparecchiature dismesse. Per questa esiste uno specifico reato, previsto dall’articolo 260 del D.Lgs 152/2006 (l’ex art.53bis del c.d. Decreto Ronchi), che è anche, di fatto, l’unico delitto ambientale oggi previsto nel nostro Paese. Dal 2002 a oggi, le inchieste su “attività organizzata di traffico illecito di rifiuti” che hanno riguardato specificamente RAEE sono state 6, ovvero il 2,7% del totale. Hanno portato all’arresto di 41 persone e alla denuncia di 214. Le aziende coinvolte dalle indagini sono state 10 in otto differenti regioni. Ad alimentare lo smaltimento “fai da te”, e quindi le filiere illegali, concorrono da un lato la scarsa informazione e il business clandestino, dall’altro le forti carenze del sistema: molti centri di vendita ancora non assicurano il ritiro “uno contro uno” degli apparecchi, sebbene obbligatorio per legge, in molte aree del Paese non esiste una buona copertura dei centri comunali di raccolta. Oggi in Italia esistono 3.672 centri di conferimento, uno ogni 16mila abitanti. La loro distribuzione territoriale è però molto sbilanciata e lascia scoperte vaste aree del paese. La concentrazione più alta è in Valle d’Aosta, con un impianto ogni 5.500 abitanti, il 65% si trova nelle regioni del Nord (2.415 centri), il 15% (544) nel centro e il 20% (713) a Sud e nelle Isole. Il commercio dei rifiuti che hanno un valore economico, come i RAEE, sia per loro natura sia perché spacciati per sot-

RAEE: SI PUÒ E SI DEVE FARE DI PIÙ

Due anni fa “Altroconsumo” ha messo rilevatori GPS in una quindicina di grandi elettrodomestici (dai computer ai frigoriferi) prima di farli consegnare da normali cittadini alle riciclerie cittadine di Milano, Roma e Napoli: si è visto in questo modo che solo due di questi hanno fatto sparire il proprio segnale in centri non autorizzati. Più difficile sapere se analoga fortuna hanno gli apparecchi che vengono conferiti dai consumatori presso i magazzini di rivendita. Ma, come evidenzia il nostro dossier, la parte preponderante delle lampadine e dei piccoli elettrodomestici, finisce nei rifiuti, quando va bene, indifferenziato. Lo scopo del dossier di Legambiente è proprio quello di renderci tutti più responsabili di quanto accade dopo che ci siamo liberati del vecchio elettrodomestico. Le amministrazioni comunali, ma anche cittadini, consumatori e la rete commerciale. Più della metà degli apparecchi non viene ritirata dai negozianti e non sappiamo dove finisce. O meglio ce ne accorgiamo eccome: nei fossi o nei campi che vengono liberati dai rifiuti abbandonati quando partecipiamo a Puliamo il Mondo (www.puliamoilmondo.it). A tutti: pretendete il ritiro del vostro vecchio quando acquistate il nuovo apparecchio. Nel prezzo è incluso il servizio di smaltimento, lo si paga comunque. Ma per il commerciante è una fatica. Solo chi è più attento all’ambiente e al sociale se ne prende cura. Premiamo i più responsabili con i nostri acquisti, alimentando così la nuova economia del riciclo anziché le ecomafie.

Andrea Poggio, vicedirettore Legambiente

toprodotti, è un business che si intreccia molto spesso con le rotte del mercato internazionale, perché le condizioni favorevoli presenti in alcuni paesi africani e del Sud est asiatico, a partire dall’ampia disponibilità di manodopera a basso costo e dagli scarsi controlli alle frontiere, rendono questi posti ideali per dirottare i rifiuti. Molti traffici vengono smascherati grazie all’attività delle Forze dell’ordine e dell’Agenzia delle dogane e si concludono con l’ispezione e il sequestro dei container nei porti italiani. Proprio i porti italiani sono lo snodo principale della criminalità ambientale che saccheggia i paesi occidentali e riempie quelli in via di sviluppo di rifiuti, anche tecnologici. Insomma, appare evidente come il mercato dei RAEE nostrano debba ancora strutturarsi, oltre che sotto il profilo normativo, anche dal punto di vista dell’organizzazione e del controllo della filiera, per mettere fuori gioco gli operatori illegali. Accanto a questo, è indispensabile promuovere una capillare campagna di informazione al cittadino, perché solo con una maggiore consapevolezza rispetto alla pericolosità sanitaria e ambientale e alla potenzialità economica dei RAEE sarà possibile arginare il fenomeno dello smaltimento illecito e combattere quello delle discariche abusive, aumentando il corretto conferimento nei siti di raccolta. Riducendo gli spazi alle attività illecite e ampliando il mercato legale, infatti, sarà possibile tutelare la filiera virtuosa dei RAEE e garantire qualità ambientale, economia sana e nuova occupazione.

*Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente

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bimbi e cose: le virtù del riciclo

di Guido Viale

Come nei racconti degli alunni di una scuola l’intreccio tra umani e cose rende il mondo più piccolo e amico.

Gli alunni dell’Istituto comprensivo di Modiano, in provincia di Rimini, hanno pubblicato nell’anno scolastico 19992000, nell’ambito di un progetto Natura amica, un libro illustrato che presenta diversi loro elaborati sviluppati nel corso dell’anno. Si tratta di un lavoro molto approfondito, messo insieme nel corso di diversi anni scolastici, che serve da guida interattiva per un’esplorazione nel mondo della natura, nei problemi legati all’ambiente e, più in generale, al territorio di cui la scuola è parte. Qui di seguito riprendiamo alcuni dei testi relativi al problema dell’inquinamento e dei rifiuti, in particolare per quanto riguarda il riciclo dei materiali scartati. Come si vede l’approccio adottato è di grande interesse perché sviluppa un intreccio strettissimo tra la vita delle cose – la loro prima vita di oggetti e la loro seconda vita di materiali riciclati – e quella dei bambini che le usano, restituendo, o attribuendo un’anima alle cose e ponendo l’esistenza dei bambini che li usano quasi sullo sfondo. Una metodologia che invita a cambiare nel profondo il nostro rapporto con il mondo che ci circonda, in una visione non più esclusivamente antropocentrica o, nel nostro caso, bambinocentrica. Ma mettendo al centro dei racconti il problema del riciclo, questi esercizi sono anche un fattore di educazione ambientale nei confronti della raccolta differenziata. Il primo dei protagonisti di queste è uno shopper usa e getta: Ero un sacchetto di plastica… “Una volta – scrivono gli autori - non c’era il problema dei rifiuti, infatti le persone usavano cose naturali: non c’erano i detersivi, non esistevano i supermercati dai quali esci con tante borse di plastica ….a proposito di borse di plastica, io nel 1997 ero una di quelle. Come sono cambiate le cose da allora! Oggi si fa molta fatica, per riuscire a riciclare anche una minima parte di tutti i rifiuti che butta via l’uomo ogni anno. Infatti ci sono cifre allucinanti...comunque si sono fatti molti progressi per limitare l’inquinamento dell’ambiente. Ma ora vi racconterò la mia storia... Come vi ho già detto ero un sacchetto di plastica ma ora sono diventato un… Volete scoprirlo? Allora seguitemi… Una volta la mia vita era molto noiosa… mi usavano solo per trasportare cose pesanti e poi mi accartocciavano sempre, finché un giorno mi bucai, così mi buttarono nel bidone della plastica. Feci un bel viaggetto… mi portarono così in una fabbrica speciale dove mi avrebbero riciclato. Dopo molti processi diventai un bell’astuccio pronto per essere rivenduto. Fui consegnato ad una cartoleria ove un bel giorno una bambina mi comprò… fu così che iniziai una nuova vita. Ora sono colorato e bello, mi sento molto felice di non essere più un sacchetto di plastica, mi piace stare fra i bambini, anche se certe volte mi lanciano a terra tanto forte che le penne che sono dentro di me mi sporcano. Potete fare molto anche voi per agevolare il lavoro delle persone che prestano servizio per salvaguardare l’ambiente”. Il racconto si conclude ovviamente con un invito alla raccolta differenziata e al riciclaggio: “Sarebbe utile incominciare a buttare la plastica, la carta, il vetro e l’alluminio negli appositi contenitori per la raccolta differenziata presenti nelle isole ecologiche di tutte le città e dei paesi. Insieme si può fare veramente molto!”. Il secondo e il terzo racconto che presentiamo trattano invece entrambi delle trasformazioni di una lattina di alluminio.

Ma il primo si conclude nel regno della complessità, con la trasformazione della lattina nel materiale di contenimento di un computer, il che restituisce al materiale inerte di uno scarto addirittura un cervello. Il secondo racconto si conclude invece in un ripostiglio di giocattoli dismessi, in attesa che qualcuno torni a provare interesse per quel monopattino che il suo padrone è ormai troppo grande per aver ancora voglia di usare. Ed ecco il secondo racconto: Ero una lattina sono diventata un computer. “Sono un computer, un tempo ero una lattina… Quando ero una lattina di aranciata ero in uno scaffale di un supermercato con le mie amiche. Un giorno i commessi mi sistemarono bene, io aspettavo che qualcuno mi comprasse… ecco che dopo qualche minuto una bambina di nome Laura, che aveva tanta sete, pregò la mamma di comprarmi. Così fui portata in un sacchetto di plastica fino a casa dove mi misero dentro al frigorifero… morivo dal freddo, non vedevo l’ora che qualcuno bevesse il mio contenuto. Passò del tempo ma nessuno mi consumava...”. Qui, come nel racconto seguente, ci troviamo addirittura di fronte al caso di un acquisto che non viene nemmeno consumato e si trasforma senza intermezzi in un rifiuto: “un giorno Laura mi tirò fuori e controllando la data di scadenza si accorse che ero già scaduta! Io fui molto triste perché mi gettò via...il giorno dopo fui trasportata da un grande camion che mi scaricò in una fabbrica speciale… lì venni trasformata dentro strane macchine e dopo lunghi procedimenti mi ritrovai cambiata! Ancora non capivo cosa ero diventata… gli operai parlavano continuamente tra loro di schermo, tastiera, mouse…Ma certo, ero diventata un computer! Così fui portato nello stesso supermercato dove c’era Laura che con i suoi genitori stava scegliendo un computer. Osservarono tanti modelli… poi quando giunsero a me mi guardarono a lungo… erano indecisi. Ma ecco che la scelta di Laura cadde proprio su di me. Passai per la cassa, mi portarono a casa e mi misero sopra una bella scrivania nella cameretta di Laura. Tutti i giorni la bambina trascorreva con me parecchio tempo; mi utilizzava per giocare e studiare insieme ai suoi compagni di scuola. Ci pensate che quando ero una lattina non avevo un cervello? Ora invece elaboro tante informazioni, mi collego a internet, possiedo tanti giochi, programmi di ogni genere, enciclopedie… Se volete sapere la verità sono più felice di essere un computer che una lattina!” Il terzo racconto, Sono un monopattino ero... una lattina, si conclude, come si è detto, nell’attesa di un riuso: “Ero una lattina… un bel giorno un bambino mi comprò. Questo bambino aveva sempre mal di pancia perché beveva sempre coca-cola. Sua madre, per caso, scoprì che consumava spesso quella bevanda così mi buttò dalla finestra. Passò un altro bambino, mi raccolse e mi sbattè per sentire se c’era ancora il contenuto. Mi portò a casa sua e mi mise nel frigorifero: “brrrrr, che freddo che era; ci sarebbe voluto un cappotto!”. Mi tenne un giorno poi, mi portò dagli amici e quando fui vuota finii un contenitore con sopra scritto “ALLUMINIO”…così mi trovai dentro con tutte le altre lattine. Passarono molti giorni, la gente continuava a buttare lattine addosso a me…finché arrivò un camion che ci raccolse. Feci un lungo viaggio… poi arrivai in una grande città dove mi schiacciarono con le altre lattine, e dopo tanti procedimenti diventai un monopattino! Come si vede da questo come dai racconti precedenti, l’intreccio delle vite tra bambini e cose fa sì che i protagonisti umani e non umani di queste storie si incontrino sempre almeno due volte. Sono le virtù del riciclo, che qui vengono presentate nella loro forma più ingenua e immediata: Quel bambino che amava la”coca-cola” mi comprò… io gli avrei voluto parlare ma non ci riuscivo, perché ero stato trasformato assieme alle altre lattine. Decisi, allora, di farlo divertire… così feci per tutto il tempo. Il bambino mi presentò i suoi amici che ogni tanto giocavano con me senza rompermi. Ora il mio amico è diventato grande, non mi usa più, mi trovo in uno sgabuzzino… spero tanto che qualcuno mi riscopra così uscirò di nuovo all’aria aperta!”

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la certificazione energetica CasaClima

La classificazione energetica delle abitazioni messa a punto dalla Provincia di Bolzano rappresenta oggi uno standard utilizzato in tutto il paese. Quali sono gli accorgimenti per migliorare l’efficienza energetica della propria casa?

Dal 2002 la Provincia di Bolzano, prima in Italia, ha introdotto l’obbligo, nel proprio territorio, della certificazione energetica “CasaClima”, con la finalità di raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla Comunità Europea in tema di abbattimento dei consumi energetici e di emissioni di anidride carbonica. Negli altri comuni d’Italia tale obbligo non esiste, ma è evidente che edificare in CasaClima porta degli indiscussi e notevoli vantaggi, sia in termini ambientali che economici. Il progetto CasaClima è stato sviluppato con il preciso intento di promuovere una tipologia edile ad alta efficienza energetica e sostenibilità ambientale, tipologia che deve essere applicabile a qualsiasi tipo di edificio. CasaClima non è sinonimo di un particolare stile architettonico o della dimensione della costruzione, ma ne indica la categoria energetica. Come per i frigoriferi e gli elettrodomestici in generale, si tratta di una classificazione del consumo energetico dell’edificio, quantificabile in modo semplice e immediato, esattamente come si valuta il consumo di carburante nell’acquisto di un’automobile.

Caratteristiche di una CasaClima Una CasaClima è innanzitutto un edificio in grado di assicurare un’alta efficienza energetica

di Andrea Ambrosetti

Esempio di casa certificata CasaClima

con conseguente risparmio di energia e riduzione dei costi per la climatizzazione. A questo si accompagnano sempre un alto standard qualitativo ed elevate condizioni di comfort per gli abitanti. La prima scelta da compiere insieme al progettista riguarda quindi lo standard energetico che si vuole raggiungere con la propria casa: una CasaClima Gold, A o B. Le classi energetiche CasaClima individuano separatamente il fabbisogno energetico per riscaldamento e l’energia complessiva impiegata. La strategia per una progettazione che recepisca in pieno la filosofia CasaClima prevede infatti di: • costruire un edificio in cui siano minimizzati i fabbisogni energetici (per riscaldamento, raffrescamento, illuminazione); • coprire il fabbisogno energetico residuo con un’impiantistica moderna ed efficiente, che possibilmente impieghi fonti energetiche rinnovabili. Elementi di base di una CasaClima sono: • struttura compatta • alto grado di isolamento termico della superficie esterna • finestre altamente isolanti • ermeticità • assenza di ponti termici • utilizzo dell’energia solare • impiantistica ottimale • realizzazione accurata.

Certificazione CasaClima

Il certificato energetico di un edificio aiuta a valutarne l’efficienza energetica nonché a prevederne i costi di gestione dal punto di vista del consumo di energia. Si tratta quindi di un modo per sfruttare il potenziale energetico nel settore abitativo. La catalogazione energetica di un edificio è inoltre fonte di trasparenza per tutti coloro che sono interessati alla sua gestione. Questo tipo di certificato è previsto da una direttiva UE vincolante per tutti gli Stati membri. Tra le certificazioni edili, quella energetica, rilasciata da un ufficio indipendente autorizzato, ha una funzione particolare, in quanto si tratta di un documento

con marchio di qualità. Particolarmente importante è il fatto che la classificazione energetica dell’edificio avviene in seguito ad un’indagine sullo stesso durante tutto l’iter della realizzazione, e non solo sulla base di un semplice progetto. Il certificato energetico evidenzia immediatamente l’entità del fabbisogno di calore di un edificio, e presenta due classificazioni energetiche: la prima riguarda la classe di isolamento termico dell’edificio, la seconda la qualità dell’impiantistica. Con l’aiuto di una tabella suddivisa in caselle colorate, dal verde (basso fabbisogno energetico) fino al rosso (alto fabbisogno), anche i principianti possono capire se un edificio consuma molta o poca energia. L’indice termico di calore viene determinato in base a fattori rilevanti dal punto di vista energetico, tramite un procedimento di calcolo unitario.

Efficenza energetica dell’involucro

Il fabbisogno di energia complessiva di un edificio descrive la qualità energetica dell’involucro edilizio e delle tecniche di installazione. Esso è un valore di calcolo, contenente i seguenti fattori di energia: • la qualità dell’involucro dell’edificio comprendente pareti esterne, finestre, tetto e ponti termici • la qualità costruttiva (p.e. ponti termici, tenuta d’aria) • le perdite causate dal ricambio d’aria • i guadagni termici tramite l’irraggiamento solare, il calore corporeo e il calore prodotto dagli apparecchi elettrici • la qualità dell’intero impianto di riscaldamento dal generatore fino ai sistemi di distribuzione e se presente, l’impianto di ventilazione • il fabbisogno e l’energia totale per l’acqua sanitaria • il vettore energetico quale gasolio, gas metano o corrente elettrica.

Targhetta CasaClima

La targhetta CasaClima è rilasciata a tutte le CasaClima di categoria Oro, A e B, può essere apposta sulla facciata ed è un segno tangibile e immediatamente visibile della classe energetica dell’edificio. La sua presenza contribuisce

I committenti possono in questo modo calcolare il fabbisogno medio di riscaldamento ed energia

di un edificio, ed effettuare una comparazione tra diverse costruzioni.

a rivalutare l’immagine dell’edificio, oltre al suo valore. La targhetta è rilasciata da un soggetto indipendente, vale a dire dall’Agenzia CasaClima.

CasaClima Più

La classificazione CasaClimaPiù viene riconosciuta a edifici abitativi che si contraddistinguono per una tecnica di costruzione ecologica e che utilizzano fonti energetiche rinnovabili. CasaClimaPiù deve soddisfare i seguenti criteri: • Il fabbisogno termico deve essere inferiore ai 50 kWh per metro quadro e per anno. • Il riscaldamento deve essere garantito da fonti energetiche rinnovabili. In altri termini, l’impianto termico funziona senza combustibili fossili. • Non vengono utilizzati materiali di costruzione dannosi per l’ambiente o per la salute. • Almeno uno dei seguenti provvedimenti ecologici deve essere adottato: panelli fotovoltaici, collettori solari per l’acqua sanitaria o per il riscaldamento, utilizzo di acqua piovana, tetto verde.

Elementi di progettazione CasaClima

ESPOSIZIONE E UBICAZIONE dell’edificio rappresentano fattori fondamentali per il fabbisogno energetico e la qualità di vita, determinando il valore dell’immobile sul mercato. ISOLAMENTO TERMICO: un buon isolamento di un edificio risulta essere importante non solamente durante i mesi invernali, ma anche durante i mesi estivi, in quanto da un surriscaldamento dei locali ne risente decisamente la qualità di vita. In particolar modo le camere da letto dovrebbero essere mantenute particolarmente fresche per garantire un corretto riposo delle persone. Pertanto ambienti rivolti a sud, ovest o est caratterizzati dalla presenza di ampie vetrate, vanno adeguatamente protetti dal surriscaldamento. Una idonea protezione dal surriscaldamento

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aprile-giugno 2014 estivo si ottiene scegliendo i materiali di costruzione e isolanti adatti. Un contributo determinante contro il surriscaldamento estivo è dato dagli elementi esterni all’edificio quali tapparelle, veneziane, tettoie sporgenti. FINESTRE: in una casa cosiddetta “normale” le perdite di calore attraverso le finestre possono rappresentare il 20 % del totale. Per tale motivo in una CasaClima non si può rinunciare a delle finestre con elevate caratteristiche termiche. Se possibile le finestre andrebbero progettate sul lato rivolto a sud dell’edificio al fine di sfruttare al massimo l’energia solare. Le perdite di calore di una finestra sono determinate dalle caratteristiche del vetro e del telaio che la compongono. Maggiore è la temperatura del telaio, minore é la possibilità che si sviluppino fenomeni di condensazione dell’aria. Al fine di garantire un elevato comfort termico all’interno degli ambienti le finestre devono essere dotate di un telaio dalle elevate caratteristiche termiche nonché di vetri isolanti a tre strati. Le tapparelle proteggono dal vento e dalla pioggia e realizzano in tal modo un’intercapedine d’aria davanti alla finestra. VENTILAZIONE: negli edifici caratterizzati da un buon isolamento e pertanto da uno scarso ricambio naturale dell’aria, bisogna prestare massima attenzione alla ventilazione. Durante i mesi invernali l’aria deve essere preventivamente riscaldata prima di essere immessa nei locali. Naturalmente questo fabbisogno energetico rappresenta un costo aggiuntivo, spesso rilevante, per il proprietario dell’immobile. L’alternativa alla ventilazione naturale è rappresentata dalla ventilazione controllata. Con la ventilazione controllata si garantisce una buona qualità dell’aria con costi energetici ridotti: in tal modo si evita di aprire le finestre dei locali se non nel caso di ambienti molto umidi (bagni, cucine). Con una ventilazione controllata costantemente in funzione nell’arco della giornata, si riduce altresì la presenza di sostanze nocive negli ambienti di vita. L’aria prelevata dall’esterno, prima di essere immessa nell’edificio, viene inviata ad appositi filtri che provvedono alla sua preventiva depurazione. Una ventilazione controllata è particolarmente indicata per i soggetti affetti da allergie; in tal modo si garantiscono ambienti privi di pollini. RISCALDAMENTO: in una buona CasaClima il funzionamento dell’impianto di riscaldamento si rende necessario solamente nei mesi invernali più freddi. Il minor fabbisogno energetico, e di conseguenza il minor consumo di combustibile, si ripercuote positivamente sui costi di gestione e contribuisce altresì alla difesa del clima. Nella scelta della tipologia dell’impianto di riscaldamento e ai fini del bilancio energetico, è importante considerare anche il luogo dove l’impianto verrà installato. Se la stufa viene installata all’interno dell’appartamento, ad esempio, si potrà contare anche sul calore radiante emesso. Se si costruisce un edificio in una zona asservita a una centrale di riscaldamento è consigliabile allacciarsi alla stessa, risparmiando in tal modo sui costi di gestione e manutenzione, recuperando inoltre il volume del locale caldaia per altri scopi. Caldaie a condensazione alimentate a metano o gasolio hanno rendimenti superiori rispetto alle caldaie tradizionali, in quanto consentono di recuperare il calore residuo contenuto nei fumi, che altrimenti andrebbe perso al camino; ENERGIE RINNOVABILI: anche se in un primo momento i costi di queste tecnologie sembrano più elevati rispetto a quelle tradizionali, è anche vero che fanno risparmiare in un secondo momento, sia nell’inquinamento del clima e dell’ambiente che nelle spese di riscaldamento. Chi punta sui collettori solari – che tra l’altro sono privi di CO2 – riesce a risparmiare materiale combustibile per decenni, dato che in primavera, in estate e in inverno servono per riscaldare l’acqua. L’energia ricavata dai raggi del sole nel collettore viene trasformata in calore. Il sistema funziona così: Il sole riscalda i collettori, e l’acqua attraverso dei tubi viene portata all’interno, riscaldata a sua volta e trasportata nel serbatoio. In questo modo la caldaia può rimanere spenta durante la stagione estiva. I pellets di legna sono un combustibile ecocompatibile. I cosiddetti pellets sono dei trucioli di piallatura e segatura di legno non trattato, che senza aggiunta di colle, ma solo con l’utilizzo di macchinari a pressione prendono la forma di piccoli rotoli cilindrici. Il legno durante la sua vita assorbe energia solare ed anidride carbonica; durante la sua combustione si libera tanta anidride carbonica quanta se ne libererebbe lasciandolo marcire naturalmente. Le pompe di calore sfruttano il calore circostante come fonte energetica. L’energia viene ricavata dall’energia accumulata da aria, acqua e terra, e quindi rappresenta un modo efficiente per ottenere energia. Per produrre il 100% di energia è necessario solo il 25% di energia motrice, poiché il restante 75% viene ricavato dall’energia solare accumulato dalla natura. Il principio di funzionamento assomiglia un pó a quello del frigorifero, che sottrae calore all’interno e lo apporta alla cucina. Di solito le pompe di calore, che funzionano a prescindere dalle condizioni meteorologiche, vengono abbinate al riscaldamento a pavimento. Le celle solari trasformano la luce in elettricità. Esse sono costituite da un minimo di due strati di semiconduttori caricati positivamente e negativamente. Quando i fotoni del sole incontrano le celle, gli stessi vengono assorbiti dagli atomi dei semiconduttori. Gli elettroni si liberano dal semiconduttore caricato negativamente creando in tal modo un flusso d’elettricità.

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