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Una pianta miracolosa

La canapa copre una intera filiera produttiva, dalla tutela ambientale alla generazione elettrica, passando per il tessile, l’alimentare, l’edilizia la farmacologia e molto altro ancora.

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aprile-giugno 2014 Esiste una fi liera produttiva le cui articolazioni e i cui diversi stadi di lavorazione abbraccino già ora tutti gli ambiti coinvolti in un percorso di ritorno alla sostenibilità ambientale? Probabilmente ne esistono molte, ma su una, all’immediata portata di molte attività e di molte iniziative già in atto nel nostro paese, abbiamo già ora le necessarie certezze. Si tratta della fi liera della canapa. Le funzioni a cui uno dei più umili e tradizionali (ancorché dismesso da tempo) cultivar delle nostre terre può assolvere a un numero pressoché illimitato di altre funzioni: salvaguardia del suolo dal dissesto idrogeologico, bioremediation del terreno, diserbo, creazione di corridoi ecologici, produzione di carta, plastiche, vernici, oli pregiati e farine alimentari, fi bra per tessuti e abbigliamento, pannelli truciolari e materiali per la coibentazione termica e sonora per l’edilizia, farmaci di vario genere e, buon ultimo, biocombustibili. E scusate se è poco. La canapa è una pianta dal fusto alto e sottile, con la parte sommitale ricoperta di foglie, e può superare i 4 metri d’altezza. La parte fi brosa del

di Remo Canale fusto si chiama “tiglio” e la parte legnosa “canapolo”. La canapa può essere coltivata per due scopi principali: per la fi bra tessile o per i semi. Nel primo caso il raccolto va fatto subito dopo la fi oritura, e si possono ottenere fi bre tessili (20 %), stoppa (10 %) e legno o canapolo (70 %). Nel secondo la parte fi brosa o tiglio è interamente costituita da stoppa, cioè da fi bra di qualità inferiore che può sostituire la maggior parte delle fi bre industriali. La pianta di canapa è una delle piante più produttive in massa vegetale di tutta la zona temperata: una coltivazione della durata di tre mesi e mezzo produce una biomassa quattro volte maggiore di quella prodotta dalla stessa superfi cie di bosco in un anno. Inoltre, data la sua velocissima crescita, essa sottrae la luce e soffoca tutte le altre erbe presenti sul terreno, e lo libera quindi da tutte le infestanti meglio di quanto non sappiano fare i diserbanti. La canapa è stata, tra le specie coltivate, una delle poche conosciute fi n dall’antichità sia in Oriente che in Occidente. In Cina essa era usata fi n dalla preistoria per fabbricare corde e tessuti, e più di 2000 anni fa è servita per fabbricare il primo foglio di carta. Nel Mediterraneo già i Fenici usavano vele di canapa per le loro imbarcazioni. E nella Pianura Padana la canapa è stata coltivata per la fi bra tessile fi n dall’epoca romana. In Italia la canapa era coltivata al Nord principalmente per la fi bra tessile e in Campania per i semi. Nella Pianura Padana la coltivazione della canapa è cessata a poco a poco negli anni Cinquanta, perché non più conveniente rispetto al cotone e alle fi bre sintetiche, ma anche nel Meridione è cessata più o meno negli stessi anni. Non è vero invece che la sua coltivazione sia stata interrotta per evitare le diffusione della marijuana. La pianta da cui si ricava questa sostanza è sì canapa, ma di una specie completamente diversa. La pianta di canapa, più produttiva in fibra tessile del cotone, oggi può essere lavorata in impianti che sostituiscono le lunghe e faticose lavorazioni manuali collegate con l’estrazione della fi bra tessile, che del resto avevano già portato la canapa fuori mercato qualche decennio fa. La sua coltivazione richiede pochi pesticidi e fertilizzanti, mentre il cotone, specialmente di pesticidi, ne richiede moltissimi. Inoltre la fi bra della canapa è molto più robusta e dura più a lungo. Attualmente può essere lavorata in modo da renderla sottile quanto si vuole, e viene proposta in sostituzione del cotone e delle fi bre sintetiche. Sono però necessarie nuove tecnologie. Per esempio la macerazione per il distacco della fi bra dovrà essere fatta in appositi impianti ai quali i produttori conferiranno il prodotto dopo averlo essiccato. La canapa, oltre che per la fi bra tessile può essere coltivata per ricavarne i semi. I semi di canapa contengono proteine di elevato valore biologico nella misura del 24 %, ed un olio nella percentuale dal 30 al 40 %. Per il loro valore nutritivo i semi di canapa sono stati proposti come rimedio alla carenza di proteine dei paesi in via di sviluppo. Le qualità dell’olio di canapa sono eccezionali. E’ particolarmente ricco di grassi insaturi ed è l’ideale per correggere la dieta dell’uomo moderno e per prevenire le malattie del sistema cardiocircolatorio. Altrettanto straordinarie sono le proprietà di questo olio per gli usi industriali: non a caso è stato paragonato all’olio di balena. Le vernici fabbricate con questa materia prima, oltre a non essere inquinanti, sono di qualità incomparabilmente superiore rispetto a quelle prodotte con i derivati del petrolio. Con l’olio di canapa si possono inoltre fabbricare saponi, cere, cosmetici, detersivi (veramente biodegradabili), lubrifi canti di precisione ecc. Una volta estratta la fi bra tessile o dopo aver raccolto i semi, rimangono la stoppa più la parte legnosa o canapolo, che non si possono considerare solo un semplice sottoprodotto, ma un’altra importante materia prima. Con la stoppa si può fabbricare carta di alta qualità, sottile e resistente. Con le corte fi bre cellulosiche del legno si può

produrre la carta di uso più corrente, come la carta di giornale, i cartoni ecc. Fare la carta con la fibra e il legno della canapa comporta importanti vantaggi: innanzitutto per la sua enorme produttività in massa vegetale, e poi perché la si può ottenere da un’unica coltivazione insieme alla fibra tessile o ai semi. Un altro grosso vantaggio della canapa è costituito dalla bassa percentuale di lignina rispetto al legno degli alberi, che ne contengono circa il 20% anziché il 40%. Attualmente le grandi cartiere utilizzano solo il legname degli alberi. Il processo per ottenere le microfibre pulite di cellulosa, e quindi la pasta per la carta, prevede l’uso di grandi quantità di acidi che servono per sciogliere il legno. Questa operazione, a un tempo costosa ed inquinante, non è necessaria con la carta di canapa ottenuta dalla sola fibra, e per quanto riguarda il legno di acidi ne servono meno della metà. Inoltre la fibra e il legno della canapa sono già di colore bianco e la carta che se ne ottiene è già stampabile. E per renderla completamente bianca è sufficiente un trattamento al perossido di idrogeno (acqua ossigenata), invece dei Indispensabile per chiunque voglia approfondire ulteriormente l’argomento è un testo che fa il punto su tutto quello che è stato fatto e su quello che bisogna ancora fare in Italia per riprendere a coltivare questa pianta. (Canapa: il ritorno di una coltura prestigiosa - Nuove produzioni di fibra e cellulosa di Paolo Ranalli e Bruno Casarini edito da Avenue Media di Bologna).

composti a base di cloro necessari per la carta ricavata dal legno degli alberi. Questi composti chimici sono una delle cause principali dell’assottigliamento dello strato di ozono nell’alta atmosfera. Con i fusti interi della canapa, pressati con un collante, si possono fabbricare tavole per l’edilizia e la falegnameria in sostituzione del legno, che sono di grande robustezza, flessibilità ed assai più leggere. Con la cellulosa di cui la pianta è ricca, attraverso un processo di polimerizzazione, si possono ottenere materiali plastici pienamente degradabili che, se in molti casi non possono competere con le sofisticate materie plastiche di oggi, hanno comunque fin dall’inizio una serie di usi importanti per imballaggi, isolanti e così via. La canapa, per la sua alta resa in massa vegetale, è considerata anche la pianta ideale per la produzione di combustibili da biomassa in sostituzione dei prodotti petroliferi. Sia in Europa che nel Nord America i coltivatori sono da tempo alla ricerca di nuove colture che possano ampliare il mercato in settori diversi da quello alimentare. Anche l’UE è interessata a promuovere coltivazioni a destinazione non alimentare e ha individuato nella canapa una delle colture più interessanti. Per questo ha deciso di sovvenzionare i coltivatori di canapa e di sostenere la ricerca per mettere a punto i processi di lavorazione. Questi sono segni che, anche al di là di considerazioni di carattere ambientale, c’è tutto un mondo dell’economia che si sta spostando verso una produzione basata su materie prime naturali e riciclabili, sostitutive del petrolio e dei suoi derivati. Anche il mercato è pronto a ricevere i prodotti della canapa. Esistono già ora centinaia di ditte in tutto il mondo che, usando materie prime provenienti dai paesi che non hanno mai interrotto la coltivazione (come l’Ungheria), fabbricano numerosi articoli a base di canapa.

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UN CONVEGNO SULLA PRODUZIONE DELLA CANAPA

La coltivazione della canapa e la costruzione di una filiera agro-industriale legata alle innumerevoli possibilità di utilizzo di questa pianta (alimentari, cosmetiche, tessili, in bioedilizia, ecc.) è stata al centro di una interessante tavola rotonda svoltasi venerdì 24 ottobre 2013 al Mercato dei Fiori di Pescia, organizzata dal Circolo Legambiente Valdinievole, da Assocanapa, Chimica Verde, Associaizone “Il chicco di grano” e Confederazione Italiana Agricoltori. Il convegno, al quale hanno partecipato oltre cento persone provenienti da tutta la Toscana e anche da regioni limitrofe, è stato introdotto e moderato da Omero Nardini (Associazione “Il chicco di grano”), che ha illustrato le ragioni del progetto promosso da Legambiente e richiamato le prerogative storiche che la Valdinievole vanta per questa produzione agricola. Le relazioni sono state tenute da Maurizio Del Ministro (Legambiente), che ha illustrato la filiera che si sta costruendo in Toscana a partire dalla coltivazione della canapa da seme e dalla trasformazione dei semi in olio, prodotti cosmetici, farina per panificare e pastificare, Sandro Orlandini (Cia), che ha messo a disposizione la sua organizzazione di agricoltori per collaborare alla costruzione della filiera, Beppe Croce (Responsabile di Legambiente per il settore agricolo), che ha parlato dell’importanza della canapa e dei suoi usi, Luciano Zoppi (Regione Toscana), che ha illustrato i progetti realizzati in passato dalla Regione Toscana, Paolo Gullino, un giovane coltivatore di canapa in Toscana, che ha parlato della sua esperienza, Alessandro Zatta (Dipartimento di Scienze agrarie università di Bologna), che ha offerto una panoramica dettagliata delle questioni relative alla coltivazione della canapa, Franco Coter (esperto di trasformazione dei semi di canapa), che ha dedicato il suo intervento all’illustrazione dei processi di trattamento del seme per ottenere olio, farina, pane, pasta e quant’altro. Il convegno ha destato un largo interesse anche nel mondo agricolo locale e diversi agricoltori si sono dichiarati disponibili a partecipare alla definizione del progetto di filiera, che intende, in questa prima fase, limitarsi alla canapa da seme, per poi, una volta consolidatosi, affrontare anche la coltivazione e la trasformazione della canapa da fibra. Per l’avvio del percorso, Legambiente e gli altri soggetti organizzatori hanno convocato nella prima decade del successivo novembre una riunione operativa alla quale hanno partecipato degli agricoltori, l’Oleificio Sociale Valdinievole di Vangile e l’azienda Floriddia di Peccioli, che produce e vende pasta biologica, farina biologica, cereali, pane e legumi.

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clean up day, prima giornata della pulizia “europea”

di Guido Viale

Il 10 maggio si celebra in tutta Europa il primo “Clean Up day”, giornata europea della pulizia che vedrà impegnate squadre di volontari a ripulire quartieri e recuperare rifiuti abbandonati in natura. L’iniziativa fa parte della marcia di avvicinamento alla Settimana Europea per la riduzione dei rifiuti, prevista a novembre.

Si sente dire spesso che la pulizia parte dal nostro quartiere, che è un fatto prima di tutto culturale e che solo con l’impegno di tutti, ciascuno per la sua parte, si potrà avere un mondo più pulito e quindi più sano e sicuro. Vero: e allora perché non partire già il 10 maggio, primo Clean Up day europeo, giornata europea della pulizia, che vedrà impegnati eserciti di volontari per ripulire strade, isolati e interi quartieri?

Una giornata contro il “littering”

Si scrive “littering” e si legge “abbandono di rifiuti”. Se poi ci si aggiunge “in nature”, la frittata è fatta: abbandonare i rifiuti, cioè ciò che non vogliamo più, nel mezzo della natura, non è solo un atto di inciviltà, è anche un reato che le leggi europee prevedono e perseguono. Intanto la Commissione Europea non sta a guardare, e lancia la campagna Let’s Clean Up Europe (www.ewwr.eu/lets-clean-up-europe), fortemente voluta proprio dal commissario europeo all’ambiente Janez Potocnik, a cui ha aderito anche l’Italia. Chiusa il 18 aprile la “chiamata all’azione”, la cosiddetta “call to action”, ora è tutto pronto per il giorno clou, sabato 10 maggio: una giornata dedicata al recupero dei rifiuti abbandonati in discariche abusive, foreste, fiumi, parchi e spiagge. L’iniziativa è una delle tappe di avvicinamento alla prossima Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, in programma dal 22 al 30 novembre, e si inserisce quindi in un quadro ampio, che prevede l’impegno di enti, soggetti istituzionali, comitati, associazioni e gruppi di cittadini in tutti i paesi coinvolti.

Gli obiettivi del Clean Up day

Negli ultimi anni per affrontare il problema dei rifiuti sono state organizzate in tutto il Vecchio Continente diverse campagne di pulizia. La giornata europea Clean Up day vuole tracciare una sorta di filo rosso fra le diverse iniziative, per dare vita ad un evento da realizzarsi contemporaneamente in tutta Europa, con il coinvolgimento di un elevato numero di cittadini. L’iniziativa, alla prima edizione assoluta, ha raccolto l’adesione di 28 Stati, inclusi alcuni paesi extraeuropei. L’Italia aderisce con il Ministero dell’Ambiente e il comitato italiano (che organizza la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti da ormai 4 anni), di cui fanno parte lo stesso Ministero dell’Ambiente, Federambiente, Provincia di Roma, Provincia di Torino, R21 Network, Legambiente con la segreteria organizzativa di AICA (Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale) e l’UNESCO come invitato permanente.

Chiamata all’azione!

La campagna, come detto, si basa su una call to action: un invito rivolto a tutti ad organizzare azioni di raccolta e pulizia straordinaria di porzioni di territorio, tra il 10 e il 17 maggio prossimi, sull’intero territorio nazionale; una “chiamata diretta” che coinvolge attivamente i cittadini. Le adesioni sono state raccolte dal sito del Ministero dell’Ambiente e dei partner del progetto, attraverso i moduli di partecipazione all’ECUD, inviati entro il 18 aprile all’indirizzo e-mail serr(at)assaica.org. Sono arrivate da istituzioni locali, associazioni di volontariato, scuole, gruppi di cittadini, imprese e ogni altra tipologia di enti. Ai gruppi aderenti è richiesto di monitorare ove possibile la quantità di rifiuti raccolti suddivisi per tipologia e di comunicarla sulla scheda di monitoraggio, in modo tale da avere dati

Nel concreto: alcuni progetti

Il Conai e i Consorzi di filiera, in collaborazione con GEA Pordenone, organizzano una raccolta straordinaria dei rifiuti on the go prodotti in occasione dell’adunata degli Alpini a Pordenone del 9-11 maggio, durante la quale verrà anche utilizzato un “contatore ambientale” che valuterà gli impatti in termini di produzione rifiuti, smaltimento finale evitato, emissioni CO2, energia, acqua, materie prime seconde prodotte ed euro risparmiati. Inoltre il Cial parteciperà all’evento CycloPride dell’11 maggio a Milano e Palermo con la raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio. Ecopneus sta definendo con Autostrade per l’Italia il recupero degli pneumatici abbandonati lungo la rete autostradale e il riutilizzo di polverino di gomma ottenuto dal riciclo per applicazioni legate alla mobilità veicolare, iniziativa che prenderà avvio il 10 maggio e proseguirà sino a fine anno. EcoTyre in collaborazione con l’Associazione Marevivo si occuperà della raccolta straordinaria degli pneumatici abbandonati sull’isola e nei fondali del porto di Ponza.

finali confrontabili tra i vari Stati aderenti. Gli organizzatori, al termine, invieranno a tutti i gruppi aderenti una bandiera con il logo della manifestazione e chiederanno ai partecipanti di inviare immagini o video dei volontari in azione, con la bandiera. Altri materiali saranno distribuiti negli eventi centrali grazie al contributo del Consorzio Greentire.

La partecipazione attiva del Ministero

Data l’importanza del messaggio legato alla lotta all’abbandono dei rifiuti, che troppo spesso deturpano anche i luoghi più belli del nostro Paese, il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha deciso di partecipare attivamente a due iniziative con i volontari di Legambiente a Bologna e Roma. “Il contributo attivo e la sensibilizzazione dei cittadini sul tema dello smaltimento - ha detto - sono la base per creare città più vivibili e moderne, che siano in grado di trasformare il rifiuto in risorsa per la collettività. Dobbiamo adeguare tutto il Paese su livelli virtuosi, evitando che tra regioni italiane si viaggi a diverse velocità, con aree di grande efficienza e altre in assoluto ritardo”. L’iniziativa, così come le altre azioni legate alla Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, sono realizzate grazie al contributo del programma Life+ e al supporto del Conai e dei consorzi di filiera (Comieco, Corepla, Coreve, Rilegno, Cial e Ricrea), che garantiscono su tutto il territorio nazionale il recupero e l’avvio al riciclo dei rifiuti da imballaggio.

Le iniziative WWF

Il WWF parteciperà con l’organizzazione di azioni di pulizia straordinaria in 5 oasi. Oltre al supporto alle iniziative centrali, Legambiente organizzerà alcuni eventi di pulizia coinvolgendo i suoi circoli locali, i volontari e le scuole. Le Associazioni dei gestori, Federambiente e Fise Assoambiente, si adopereranno per promuovere l’iniziativa presso le proprie aziende aderenti invitandole a partecipare con i propri mezzi e le proprie attrezzature.

Il tavolo di lavoro

L’organizzazione dell’European Clean Up day del 10 maggio è partita a inizio gennaio con l’istituzione di un tavolo di stakeholder coordinato dal Ministero dell’Ambiente. Il tavolo ha visto la partecipazione attiva dei Consorzi di filiera degli imballaggi e del Conai, di tutti i Consorzi degli pneumatici, di Federambiente e di Fise Assoambiente, di Legambiente e WWF, della rete ONU per l’usato, dei membri del Comitato della SERR e del Centro di Coordinamento RAEE.

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spazi aperti tra residenza e città

di Paolo Villa*, Ida Lia Russo**

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aprile-giugno 2014 Gli spazi dell’abitare sono pubblici e privati. Quando si tratta di spazi versi, la loro combinazione richiede un approccio specifico che può contribuire molto al miglioramento dell’assetto urbano.

Già da tempo è stato attribuito al verde urbano una grande importanza per il miglioramento della qualità della vita nelle città; un parametro non facile da misurare, che vede tra i principali fattori di punteggio positivo la qualità e la diffusione degli spazi aperti pubblici. Tra i criteri utilizzati per valutare il grado di vivibilità degli ambienti urbani c’è per esempio la polifunzionalità delle aree attrezzate per il tempo libero e la qualità dell’arredo urbano. Raramente si parla del rapporto con gli spazi aperti privati, che rappresentano una superficie spesso superiore alla stessa dimensione del verde pubblico. Un grave difetto che andrebbe corretto. Lo stesso verde urbano non vede grandi impegni che gli consentano di raggiungere obiettivi basilari, come per esempio il miglioramento della funzione, della fruizione e delle modalità di gestione nella pianificazione razionale degli interventi di estensione delle aree verdi. Anche lo spazio pubblico (di cui il verde è solo una parte), subisce un destino simile: è al centro della scena, eppure è anch’esso in crisi. Quella che sembra una contraddizione è in realtà una dura prova che non centra con il periodo difficile che stiamo passando. Già da tempo, la sfera pubblica nega alcune azioni che erano diventate spontanee, istintive, intime della nostra cultura. Come ricavare una pausa in pieno giorno e all’aperto, vivere la strada invece di subirla, cercare il contatto umano invece che rifiutarlo. Lontani i tempi in cui l’unico modo di contatto era scendere in strada per incontrare gente. Si conoscevano usi e tempi delle persone e si assecondavano. Ora che si consuma tutto nella vita privata, e quindi nello spazio privato, riallacciare il rapporto tra spazio privato e spazio pubblico acquista un nuovo valore che non è solo estetico. Trascuro le considerazioni di pianificazione urbana per concentrarmi su un argomento che è attinente con quello del paesaggio urbano; direi anzi che ne è uno degli elementi generatori: la relazione tra spazio pubblico e spazio privato nella costruzione della città di oggi. Il tema è attualissimo, complesso, ma per niente secondario nella definizione della qualità urbana. Non mi accingo a una ricerca tipologica, che sarebbe lunghissima, ma mi limito a trattare di alcune riflessioni sui caratteri salienti delle trasformazioni in atto. Va premesso che le trasformazioni di cui scrivo non riguardano tutti gli interventi del nostro Paese, ma solo un piccolissima parte. Diventano quindi importanti non come valore percentuale, ma come valore esemplificativo e innovativo che potrebbero in brevissimo assumere il ruolo di modello

Fare spazio di quartiere

Lo spazio urbano nasce inevitabilmente dalle architetture che lo definiscono all’intorno e la sua qualità dipende da una serie di componenti basilari, come l’edilizia privata, l’edilizia pubblica, lo spazio privato, lo spazio pubblico e la gente che abita tutto questo. Non bisogna infatti negare

che esiste una forte analogia tipologica tra il rapporto costruito dagli edifici privati e quelli pubblici, perché anche questi ultimi hanno spesso negato lo spazio pubblico. Rifiutando di accoglierlo, tenendolo lontano, proponendosi al massimo come quinta scenica. Per fare quartiere, per dare qualità all’abitato, il verde residenziale deve stabilire relazioni con gli spazi aperti, grandi e piccoli, allargandone la fruizione. Va considerato un utilizzo intensivo, e non sporadico o sottoutilizzato, come moltissimi spazi che pretendono di essere decorativi, per finire completamente inutili. L’estensione non conta, ogni spazio deve essere valutato come utile per la causa. Altra cosa è dare retta ai cittadini. Impossibile accontentare tutti e contemporaneamente, ma soprattutto accontentarli cercando risposte ad hoc. Così facendo la città entra in crisi di complessità. Per ascoltare tutti, la città è divenuta troppo complessa, perdendo quel tocco di personalità che hanno le cose semplici. Fino a pochi decenni fa aveva invece mantenuto un aspetto più comprensibile e umano. Un esempio è la viabilità differenziata: per accontentare auto, auto veloci, tram, filobus, bici, pedoni, taxi, treni e disabili non si è trovata migliore soluzione che dedicare a ognuno una corsia privilegiata. In mezzo a tutti questi privilegi è la città che va a fondo. Tutti presentano pretese per una propria città. Ma non solo per i sistemi di movimento e trasporto. Stessa cosa per i sistemi di sosta o di spazi aperti. Spazi per i parcheggi (di tutti i mezzi citati sopra), per il riposo, per mangiare, per esporre, ecc. Occorre quindi rivolgersi a soluzioni che non intervengono per rispondere all’ultima esigenza di una data categoria, ma che dimostrano di partecipare attivamente e continuativamente ad un progetto di lunga portata.

Elementi da valutare

Per semplificare la trattazione del tema del rapporto tra spazio privato e spazio pubblico, isolerò i principali elementi in gioco. Attraverso questi elementi saranno anche valutati i casi esemplificativi che presentiamo in chiusura.

Segrate. Edificio pubblico con dotazioni di verde e aree attrezzate. Un esplicito segno di comunicazione.

Social Housing in Via Gallarate a Milano. Configurazione degli edifici e relazioni con l’intorno

Social Housing in Via Gallarate a Milano. Struttura del verde pubblico.

Social Housing in Via Gallarate a Milano.Planimetria dei piani terra e disegno degli spazi aperti

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Chiusura. È il tema principale, in quanto concorre a costruire la caratteristica saliente del rapporto. La storia dell’architettura, ma anche le esperienze di tutti i giorni ci mostrano come si può chiudere un edificio singolo, una proprietà più vasta, oppure come si chiude un isolato; ma anche come si chiude un intero quartiere. La chiusura definisce lo spazio privato, lo isola e lo protegge. Allo stesso tempo però, potrebbe fungere da elemen-

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Social Housing in Via Gallarate a Milano: l’asse principale

Social Housing in Via Gallarate a Milano: barriera acustica

to di allontanamento dal contesto urbano e questo sarebbe contrario all’obiettivo che ci vorremmo prefiggere, cioè valutare la possibilità di spingere verso un migliore rapporto tra pubblico e privato. Per quanto riguarda le modalità di chiusura, potrebbe trattarsi di una recinzione, oppure di una cortina di edifici: in entrambi i casi permane l’invalicabilità, anche se la permeabilità visiva potrebbe avere valori diversi a secondo del tipo di recinzione. Raramente, nella nostra cultura, uno spazio urbano è aperto e usufruibile da tutti. Certamente la chiusura ha un significato simbolico, ma più spesso è una vera e propria condizione impositiva di separazione forzata. Ben diversi per esempio i giardini olandesi o americani aperti davanti alle case, o i cortili di Berlino che consentono a chiunque di arrivare fino sulla porta di casa. Altre culture e altre modalità di affrontare il tema. Se l’abbattimento delle barriere fisiche fosse la condizione indispensabile per attuare un rapporto nuovo e migliore tra pubblico e privato, dovremmo ritenerci preoccupati. Troppi vincoli legali, culturali e tradizionali: la proprietà privata si definisce in modo visibile; solo quando c’è un preciso interesse può essere adottata una modalità diversa come, per esempio, per certi luoghi di culto, spazi commerciali, o spazi di iniziativa culturale. Poche eccezioni che confermano la regola. Permeabilità. Diretta conseguenza del punto precedente, è la permeabilità di un lotto. Uno spazio piccolo non dà nessun problema e non presenta alcuna necessità di essere attraversato; ma quando il lotto comincia ad assumere dimensioni e proporzioni massicce, poterlo oltrepassare, per connettere spazi vicini, diventa una esigenza pressante. Questi grandi lotti impongono dirette conseguenze sulla tipologia dei trasporti urbani e impediscono l’utilizzo dell’area da parte dei pedoni. Grandi spazi privati e inaccessibili costituiscono quindi un disvalore per il quartiere e per la qualità complessiva della vita. La nostra abitudine agli spostamenti attraverso vie, piazze, viali, ci porta a conoscere anche una serie di scorciatoie che approfittano (magari non in modo ufficiale) di una fenditura attraverso vie private, o di porticine quasi segrete che si aprono su spazi privati. La sensazione avventurosa ci appaga molto e ci domandiamo perché la cosa non potrebbe essere ufficializzata. Perderebbe il suo fascino, ma acquisterebbe in sicurezza e movimento. Mascherata. Se aprirsi verso l’esterno non è certamente una virtù nazionale, l’atto di farsi vedere è un argomento sul quale è già più facile discutere. In questo caso entrano in gioco altri fattori, legati all’immagine e al prestigio; oppure, al contrario, alla voglia di scomparire in nome di una privacy che non consente concessioni. Nascondersi significa impedire di essere visti, ma dall’altra parte potrebbe sottendere la volontà di difendersi da uno spazio esterno che minaccia la tranquillità. Il tema acquista rilevanza nella città contemporanea, che fatica a offrire spazi veramente confortevoli. Troppo rumore, troppe viste sgradevoli, troppa polvere dalle strade: difendersi sembra un atto legittimo. Il desiderio di isolarsi permette il riconoscimento di risorse o di valori che non si vogliono o non si possono condividere. Questa mancanza di condivisione fornisce risultati estetici spesso

discutibili e trasgredisce il principio comunitario della città e si pone quindi come ostacolo del rapporto tra pubblico e privato. Rapporto con il contesto. L’atteggiamento peggiore per un edificio urbano è ignorare il contesto. Come il buon giorno si vede dal mattino, un buon rapporto col vicinato si vede soprattutto alla base dell’edificio. Non è una ripetizione della questione legata alla recinzione, o alla forma dell’edificato, ma un argomento nuovo. Un conto è difendersi (e lo si può fare anche con molta classe); un conto è mostrare disprezzo, presentando all’esterno tutto il campionario di spazi ed elementi di servizio, come locali tecnici, rampe, alte facciate cieche, serrande di magazzini e box, e così via. Elementi incomprensibili e indigeribili. Quartieri come isole. Alcuni quartieri che hanno fatto la storia dell’architettura italiana presentano un assetto in cui il verde è parte fondamentale, ma non vi è modo di accedervi se non per i residenti. Quartieri anche molto vasti, grandi come paesi o piccole città, ma chiusi ancora dalle stesse mura di un borgo fortificato. Unica concessione (ma non sempre), la permeabilità visiva. Curiosa considerazione: porto e portineria hanno la stessa radice. Questo dovrebbe già essere sufficiente per spiegare il senso di questa condizione. Si approda a entrambi, si compiono le modalità di rito, e infine si accede. Una volta entrati/ sbarcati la sensazione di libertà cambia, ma cambia anche la percezione di sicurezza. Rispetto al mare/territorio intorno, l’attracco garantisce uno stato di privilegio. Il mare è bello, ma è molto bello anche quando si conclude questo spazio di intermezzo tra mondi, luoghi, momenti. Non si riesce ad arginare lo scambio di ossigeno, la vista degli alberi e del verde. Tra strada e cortile. Il rapporto tra spazio pubblico e privato vede il più delle volte protagonista per lo spazio pubblico una strada, mentre per lo spazio privato protagonista è più spesso un giardino o un cortile. L’indispensabile apporto della strada come punto di riferimento, anima pulsante, fonte di vitalità ed elemento di confronto, permane in tutte le analisi tipologiche e funzionali. È il vero filo conduttore attraverso il quale leggere le evoluzioni e misurarne i successi.

Social Housing in Via Gallarate a Milano: attività commerciali e servizi si affacciano sul parco

Social Housing in Via Cenni a Milano. Ingresso pedonale e rampa di accesso al ballatoio su via Gabetti

La tipologia del verde. Il verde pubblico gode generalmente di spazi più generosi. Non solo i viali, ma i parchi, le piazze, le passeggiate, i parcheggi. Vi è quindi una naturale predisposizione a ospitare piante che possono crescere fino a riempire quegli spazi. Vi è inoltre, nella pianificazione urbana delle piantagioni, una certa propensione a occuparsi di elementi strategici, finalizzati a obiettivi generali. Come per esempio la circolazione e la salubrità dell’aria, la creazione di aree di frescura, la risposta a esigenze di monumentalità o di rappresentanza. Fatti salvi questi orientamenti, rimangono le parti più decorative. Molto importanti per il giudizio e per il gradimento degli abitanti, ma poco rilevanti per la struttura della vegetazione. In ambito privato abbiamo invece il contrario, con una predilezione per il verde di decoro e una certa avversione per le piante troppo grandi, che preoccupano per la stabilità, la dimensione di crescita, il costo di gestione (foglie potature, trattamenti). Esiste quindi

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Social Housing in Via Cenni a Milano. Il giardino attrezzato per il relax e lo sport.

di fatto già una naturale suddivisione delle finalità. Oltre a questo, è però di reciproco vantaggio coordinare gli interventi sulle piante. Al pubblico serve sapere se la tipologia di verde adottata all’interno dell’area privata è compatibile con quelle esterne. Ai privati serve invece sapere quali tipologie vengono accolte all’esterno, quali piante piantate e dove. Serve per esempio sapere dove sono localizzate, all’interno del quartiere, le aree gioco, per provvedere eventualmente (almeno in parte) a integrarle. Uso di suolo. Per una completa valutazione del rapporto che stiamo analizzando, l’indicatore sull’uso del suolo rappresenta un elemento di primo piano. Rimane pur valido il principio di utilizzare suolo già occupato per evitare ulteriori trasformazioni, anche se quando parte un programma di edilizia i giochi sono già fatti a livello di pianificazione e rimane quindi solo da utilizzare la migliore tecnica compositiva e distributiva per incidere il meno possibile dal punto di vista ambientale. Per migliore scelta compositiva e morfologica intendiamo quindi quella che, a parità di volume costruito, occupa meno spazio. A questo proposito, Paolo Mazzoleni sostiene che il disegno degli insediamenti dovrebbe perseguire due obiettivi: da una parte costituire un legame spaziale e volumetrico con il contesto urbano, dall’altra conservare il suolo come un elemento naturale nel tentativo di declinare principi di sostenibilità economica, sociale e ambientale (da Abitare la densità, Quodlibet Studio, 2011).

Tipologie in evoluzione

Per una lettura più corretta del fenomeno evolutivo del rapporto tra spazi aperti pubblici e privati, e in particolare del modo in cui gli edifici privati si sono disposti sul suolo e hanno contribuito a determinare detti spazi, sarebbe necessario partire da lontano. Una ricerca molto interessante che coinvolgerebbe la domus romana, il lotto gotico e l’isolato ottocentesco a cortina continua. Arrivata ai tempi nostri, la ricerca sarebbe costretta a prendere molte strade, per inseguire tutte le mode, le tipologie e gli usi definiti dai Piani Regolatori dell’ultimo secolo. Un dedalo di informazioni dalle quali sarebbe praticamente impossibile stilare una sorta di stato dell’arte. Ma, soprattutto, la ricerca svelerebbe che la residenza è stata per lunghi decenni una sorta di specializzazione della città: una delle tante, che ha prodotto, come per altri versi il lavoro, la scuola, il commercio, modelli autonomi e molto spesso isolati. Nel razionalizzare le funzioni urbane, si è privilegiata la concentrazione piuttosto che la commistione. Se da una parte si vedono risolti alcuni problemi di incompatibilità funzionali, dall’altra si assiste al progressivo impoverimento della componente urbana, a favore di una standardizzazione superficiale. Una volta capito il problema, non è però stato facile arrivare a una soluzione, anche perché gli esempi forniti dai vecchi centri urbani presentavano dati contrastanti. Da una parte indicavano che più si intensifica il mix funzionale, più lo spazio si arricchisce di contenuti. Dall’altra, la complessità finiva di diventare confusione, impraticabilità, bassa qualità della vita. La corretta formula indica un punto di equilibrio molto difficile da raggiungere: è quello di uno spazio pubblico ristretto nelle dimensioni, ma dilatato per la complessità di relazioni che vi si sviluppano al suo interno. Su questa strada si sono incamminate le nuovissime generazioni di progettisti.

Social Housing in Via Cenni a Milano. La corte interna e le passerelle aeree di collegamento tra le residenze

Opera – Utente

Dalla rilettura di alcuni interventi contemporanei emergono strategie che riportano a scenari aperti, dove i progetti si collocano come elementi variabili. L’apporto degli utenti e dei loro comportamenti diventa fondamentale nella chiave di un nuovo rapporto tra la forma architettonica della città e la sua fruizione. Si può indagare quindi un nuovo paesaggio che si prende cura delle azioni e dove i comportamenti degli attori assumono un valore estetico e contribuiscono a fornire un quadro più realistico. Semplicemente si è spostato il fuoco dagli elementi a chi li utilizza e li vive. Nasce un concetto più esteso di spazio pubblico, dove la flessibilità funzionale fa posto a molteplici possibilità d’uso, attraverso gesti, azioni e relazioni. La scena è conquistata dalla flessibilità d’uso, che fornisce di volta in volta nuove interpretazioni di dotazione e attrezzature, adeguandosi alle abitudini della popolazione e alle esigenze delle varie fasce d’età. Il centro sulle persone è d’obbligo per completare il progetto e per raggiungere gli obiettivi premessi. La funzione abitativa entra a forza nello spazio collettivo e, grazie alla sovrapposizione tra dominio privato e pubblico, prende parte alla costruzione della città stessa.

Consapevolezza e norme

Realizzare lo stato del rapporto tra spazi aperti privati e la città non è mai stato semplice. Non lo è tuttora. Non bastano le analisi, le previsioni e neppure lo studio delle più recenti norme in materia. Certamente non sarà sufficiente la legge sull’arredo urbano (Legge 14 gennaio 2013, n. 10, Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani) per comprendere compiutamente la situazione e condizionare il nostro modo di vivere gli spazi urbani. Ma è pur sempre un buon indicatore, vista la novità del tema. Nonostante la legge si occupi esplicitamente della “vivibilità degli insediamenti urbani” (vedi in particolare Art. 6. Promozione di iniziative locali per lo sviluppo degli spazi verdi urbani), non è riuscita a coinvolgere pienamente e chiaramente il verde privato come cortili, spazi interni, giardini residenziali. Essa concorre a definire l’immagine di un Paesaggio Urbano di qualità, dove la funzione è estesa a molti aspetti: ecologico-ambientale, estetico-architettonico, sociale, terapeutico, culturale e didattico, protettivo e ricreativo. Manca però un quadro completo del farsi del paesaggio urbano. Essa affida a regioni, province e comuni la promozione e l’incremento degli spazi verdi urbani, con particolare riferimento alle nuove edificazioni, tramite la riduzione dell’impatto edilizio e il rinverdimento dell’area oggetto di nuova edificazione o di una significativa ristrutturazione edilizia (Art. 5).

Per oggi e per domani

Il rapporto pubblico privato deve quindi fare leva su luoghi in cui riconoscersi: socialmente, economicamente, culturalmente. La mescolanza è ancora una volta un risultato complesso, tanto variabile da non potere essere definito a priori. Ogni spazio verde deve essere considerato come parte integrante di tutto il verde cittadino e come tale inserito in un piano urbanistico generale che comprenderà quindi anche il ruolo del verde privato (cortili, spazi interni, giardini residenziali), in quanto concorrono energicamente a definire l’immagine di un paesaggio urbano di qualità. D’altra parte il progetto di ogni intervento non dovrebbe essere caratterizzato solo dai blocchi residenziali, ma anche dagli spazi aperti e dal mix di attività, perché, “il concetto di abitare non si estingue nella superficie minima dell’appartamento, ma si estende agli spazi comunitari, agli spazi aperti, alle zone ludiche del parco e ai servizi sociali” (Mazzoleni, op. cit),

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aprile-giugno 2014 destinati a tutte le fasce d’età. La relazione tra vita sociale, dimensione pubblica e comunità di vicinato dovrebbe essere posta come prioritaria in ogni intervento che riguarda la città, operando anche attraverso il concetto di co-abitazione tra residenze e spazio pubblico, dove gli abitanti possono vivere in un ambiente pedonalizzato, ben supportato da infrastrutture, commercio e servizi pubblici. Gli spazi aperti avranno assegnato un ruolo più ambizioso, lavorando come connettore sociale tra vecchia e nuova comunità e potranno seguire un disegno pianificato per ordinare la sequenza che comprende gli spazi pubblici, gli edifici, le aree di sosta attrezzate, lo spazio verde privato, i servizi e i percorsi pedonali e ciclabili. In altre parole, una operazione che interpreti le aspirazioni della città, operando una sintesi tra sfera pubblica e privata. La qualità del progetto si forma attorno a due concetti base: in primo luogo la complessità del programma architettonico e secondariamente il rapporto con i programmi locali. Nelle nuove urbanizzazioni il verde residenziale privato deve trovare uno spazio adeguato e le Amministrazioni devono esigere che il progetto degli spazi aperti e del verde venga coordinato con il regolamento del verde e approvato dagli Uffici. Ma prima delle norme, è necessario che progettisti proprietari e costruttori si abituino a pensare alla città, o meglio al paesaggio urbano. Il paesaggio è la componente sensibile della città, quella che contiene la storia, l’umore, la percezione, il legame con le cose e la natura, e quindi con le piante, gli animali e l’uomo. Pensare al paesaggio urbano non significa solo scegliere attentamente i cestini affinché il colore non stoni con i pali della luce. Significa soprattutto prendersi carico di certificare che gli elementi abbiano tutti la propria collocazione e che il quadro di insieme sia armonico. Lasciare che gli edifici ignorino lo spazio urbano è una mancanza assoluta di senso architettonico, di controllo del carattere generale che ogni progettista dovrebbe avere per mantenere l’interesse della comunità. Vittorio Gregotti ha scritto recentemente: “nel progetto degli spazi aperti della città, il lavoro di condizionamento non solo funzionale e di organicità del disegno, ma anche il suo essere parte di un progetto di senso urbano complessivo, l’insieme dei diversi servizi urbani (infrastrutture, segnaletica, viabilità, indicazioni d’uso, ecc) gioca un ruolo essenziale anche nella definizione del disegno delle parti”. In poche parole, la traccia di un maestro.

Social housing in via Gallarate a Milano

Il progetto “Abitare a Milano” di via Gallarate (MAB arquitectura, 2009) per 184 alloggi residenziali e un parco pubblico di circa 3 ettari propone un modello di abitare sociale in cui la residenza è supportata da una forte struttura di servizi e spazi pubblici che favorisce nuove sinergie con il quartiere esistente e contribuisce al migliore inserimento della nuova comunità. Un parco lineare è ordinato da quattro edifici disposti ortogonalmente a via Gallarate, in corrispondenza delle pause tra gli alti edifici sulla parallela via Appennini. La composizione planimetrica è permeabile all’intorno, garantisce il massimo soleggiamento e preserva la vista degli alloggi. A sud il parco è dotato di aree attrezzate destinate a tutte le fasce d’età e si configura come uno spazio pubblico di tutto il quartiere Gallaratese. A nord, lungo via Gallarate, la presenza di un intenso volume di traffico ha richiesto la formazione di una barriera acustica che svolge la funzione protettiva attraverso un sistema muro – collina. Un efficace elemento di paesaggio, che offre al contempo una serie di servizi di quartiere, accolti in spazi semi-ipogei, al suo interno. La relazione tra strada di quartiere e parco, è comunque mantenuta da interruzioni praticate nell’elemento di protezione per consentire la connessione dei percorsi di accesso pedonale. Il risultato è uno spazio armonico, aperto e continuo. Una successione di servizi, spazi a verde, aree di sosta, percorsi, attraverso cui si legge come il concetto di abitare si propaga dall’appartamento agli spazi comunitari (sale riunioni, lavanderie, depositi comuni), agli spazi aperti che connettono il parco e le sue dotazioni, come le zone ludiche, i negozi e i servizi sociali, (asilo nido, centro socio-culturale e centro diurno per anziani). I luoghi sono aperti ai quartieri esistenti, e affermano un concetto di coabitazione tra spazio residenziale e spazio pubblico.

Social housing in via Cenni a Milano

L’intervento (Rossi Prodi Associati, 2013) per 124 alloggi residenziali su un’area complessiva di 17.000 mq disegna una corte interna su cui si affacciano 4 torri residenziali sovrapposte a 4 edifici di due piani con distribuzione a ballatoio. Il piano terra è in parte residenziale e in parte destinato a servizi: sale gioco per bambini, hobby rooms, associazioni, cineforum. La permeabilità del lotto è risolta lungo via Gabetti e via Domokos dai passaggi di accesso pedonale, lungo cui si collocano anche le risalite ai ballatoi ed alle torri. Alla confluenza di queste vie, la corte si apre a un giardino attrezzato per il gioco dei bambini, per il relax dei più grandi ed un campo di pallacanestro. La gradonata che prospetta sul campo serve anche l’accesso al ballatoio. Da qui si abbraccia con un’ampia vista, la campagna urbana che si stende fino all’isolato. Lungo i ballatoi lo spazio pubblico si fonde in modo del tutto originale con quello privato della residenza e diventa spazio di percorrenza, soglia comunitaria, luogo di incontro e di scambio di sguardi, parole, gesti. Anche luogo di sosta, con una vista privilegiata sul giardino e in particolare sulle due passerelle aeree che lo attraversano per congiungere le residenze. Spazi di comunicazione appena fuori l’uscio di casa, in cui non vengono nascoste le tracce di un quotidiano vissuto con piacere: piante domestiche, zerbini e portaombrelli, biciclette e giocattoli per plain air, descrivono il senso di appartenenza degli abitanti a questo luogo.

*paesaggista **paesaggista, docente Politecnico di Milano

Esperienze d’eccellenza nell’applicazione della tariffa puntuale

Superare le formule basate sui metri quadri occupati e sul numero di abitanti in modo da “premiare” chi produce meno rifi uti e li separa correttamente: è questa la sfi da che imprese ed enti locali devono vincere per far sì che il principio comunitario “chi inquina paga” si traduca in concreta realtà. Tecnicamente si chiama “tariffa puntuale”; in pratica, consiste nel far pagare ai cittadini un costo commisurato all’effettiva quantità e qualità dei rifi uti che producono. A livello nazionale dovrà essere un regolamento ministeriale a fi ssare criteri e modalità d’applicazione di questa rivoluzione tariffaria. Ma in alcune realtà locali questo principio viene già applicato con successo. Di questo si è parlato il 18 marzo a Roma nel corso del seminario, promosso da Federambiente, “Costruire i criteri per l’applicazione della tariffa puntuale”, che ha visto la partecipazione di molti rappresentanti di enti locali e di aziende di gestione del ciclo integrato dei rifi uti urbani. Al seminario sono state presentate alcune esperienze d’eccellenza nell’applicazione della tariffa puntuale di cui sono protagoniste aziende associate a Federambiente, soprattutto nelle regioni del Nord-Est ma non solo, da Copparo (Ferrara) a Pergine Valsugana (Trento), da Villorba (Treviso) a Venezia, da Cittadella (Padova) a Chieri (Torino). Il confronto, molto seguito, è stato una tappa importante del processo di costruzione dei criteri su cui basare l’applicazione della tariffa puntuale, che Federambiente intende offrire al ministero dell’Ambiente come contributo di rifl essione e di proposta, basata sull’analisi delle esperienze d’eccellenza già maturate, in vista della stesura ed emanazione del regolamento ministeriale che dovrà introdurre la tariffa puntuale su tutto il territorio nazionale.

Ecodom, Erp, Raecycle e Remedia Insieme per far partire il “weeelabex” in Italia

Ecodom, ERP, RAEcycle e Remedia - i quattro Sistemi Collettivi che in Italia gestiscono complessivamente l’80% di tutti i RAEE domestici raccolti - hanno richiesto agli impianti di trattamento con cui collaborano di ottenere l’accreditamento WEEELABEX. L’Italia si appresta così a diventare capofi la di uno dei progetti europei più importanti in materia di trattamento dei rifi uti. Il “WEEELABEX” (acronimo di WEEE LABoratory of EXcellence, ovvero “Laboratorio di eccellenza dei RAEE”) è stato ideato dal WEEE Forum in collaborazione con i principali stakeholder della fi liera RAEE e co-fi nanziato dalla UE nell’ambito del programma Life+. Ha avuto il duplice obiettivo di mettere a punto nuovi standard di qualità per la raccolta, il trasporto e il trattamento delle varie tipologie di RAEE, oltre a individuare e realizzare una modalità uniforme e strutturata di verifi ca del rispetto di tali standard in tutti i Paesi europei, attraverso auditors particolarmente qualifi cati e opportunamente formati. Ecodom, ERP, RAEcycle e Remedia sono, inoltre, tra i soci della WEEELABEX Organisation, un organismo internazionale no-profi t, costituito nell’aprile scorso da 26 Sistemi Collettivi, con l’obiettivo di gestire gli accreditamenti degli impianti di trattamento e formare auditors capaci di verifi care l’effettiva applicazione, da parte degli impianti stessi, dei nuovi standard di qualità europei. Il processo di audit - che ha già mosso i primi passi attraverso la conferma alla WEEELABEX Organisation dei 24 impianti da verifi care nel periodo aprile-novembre 2014 e la defi nizione degli auditors - con tutta probabilità, renderà l’Italia il Paese con il maggior numero di impianti accreditati WEEELABEX in Europa.

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Sottoscrizione accordo quadro Anci-Conai 2014-2019

Anci e Conai hanno raggiunto un’intesa per la sottoscrizione dell’Accordo di Programma Quadro che regolerà per il quinquennio 1/4/14 – 31/3/19 l’entità dei corrispettivi da riconoscere ai Comuni convenzionati per i “maggiori oneri” della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio. Saranno altresì sottoscritti gli Allegati Tecnici relativi alle filiere di alluminio, acciaio, carta, legno e vetro che prevedono significativi incrementi dei corrispettivi unitari: mediamente fra il 16 e il 17%. Negli Allegati Tecnici sono state introdotte una serie di specifiche tecniche legate ai controlli in piattaforma sul materiale conferito e al monitoraggio dei relativi flussi, che migliorano il funzionamento complessivo a vantaggio sia delle attività di raccolta che di avvio a riciclo dei materiali conferiti. Nella parte generale dell’Accordo Quadro viene confermata la garanzia di ritiro universale, da parte dei Consorzi di Filiera, su tutto il territorio nazionale dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico di raccolta, anche ad obiettivi di riciclo e di recupero previsti dalla legge raggiunti e superati. L’Accordo inoltre introduce una maggiore indicizzazione annuale dei corrispettivi e rafforza il sostegno alle Amministrazioni Locali incrementando l’impegno finanziario annuo del Conai per le iniziative sul territorio di sviluppo qualiquantitativo della raccolta differenziata. In merito ai rifiuti di imballaggio in plastica, l’attuale allegato tecnico è stato prorogato fino al 30/6/14 per dar modo alle parti di chiudere la trattativa anche per questo allegato per le sole modalità di calcolo dei corrispettivi. E’ stato infatti già condiviso l’obiettivo economico: il nuovo allegato prevederà un incremento a partire dall’1 aprile 2014 dei corrispettivi pari al 10,6% rispetto a quelli riconosciuti nel 2013. Tale incremento, peraltro, tenuto conto della mancata applicazione delle restrizioni delle fasce di qualità previste per il 2013 dall’accordo vigente, sale al 16,6% circa, in linea quindi con quello medio previsto per gli altri materiali.

dalle associazioni federambiente

È Filippo Brandolini il nuovo presidente di Federambiente, eletto all’unanimità dai delegati alla 59a assemblea della Federazione che si è tenuta il 10 Aprile a Roma. Ravennate, 50 anni, Brandolini vive con Ilaria e i loro tre figli. Il nuovo presidente di Federambiente ha accumulato una lunga esperienza manageriale nel settore dei servizi pubblici locali, in particolare in quello dei rifiuti. Da presidente dell’azienda rifiuti di Ravenna ha partecipato nel 2002 alla costituzione di Hera, di cui è tuttora consigliere d’amministrazione. Dal 2009 è presidente di Herambiente, società del Gruppo Hera dedicata al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti. Responsabile dal 2005 dell’Area politiche industriali di Federambiente, dal 2009 ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della Federazione. Brandolini succede a Daniele Fortini, che ha presieduto Federambiente per tre mandati. L’assemblea ha provveduto anche a eleggere i componenti del nuovo Consiglio direttivo, che per il prossimo triennio sarà formato da Giuseppe Abbenante (Verbania), Mirco Arletti (AIMAG Spa Mirandola), Adriano Benigni (ASM Spa Prato), Andrea Bernabei (A2a Brescia), Federico Cangalosi (AMIU Spa Taranto), Fabrizio Catarsi (Geofor Pontedera), Giampiero Cigolini (AMIA Spa Verona), Alessandro G. Conter (Linea Group Holding Srl Cremona), Pietro Antonio D’Alema (AMIU Spa Genova), Demetrio De Stefano (Amb.en.te. Spa Ciampino), Raffaele Del Giudice (ASIA Napoli), Riccardo Ferrasin (Alto Vicentino Ambiente Schio), Alberto Ferro (Veritas Venezia), Daniele Fortini (AMA Roma), Isaia Gasparotto (Ambiente Servizi Spa S. Vito al Tagliamento), Antonio Gitto (Anconambiente Ancona), Gianfranco Grandaliano (AMIU Spa Bari), Lucio Lonardo (Benevento), Renzo Macelloni (Belvedere Peccioli), Maurizio Magnabosco (AMIAT Spa Torino), Luca Mariotto (GEA Pordenone), Tiziano Mazzoni (Hera Spa Bologna), Roberto Paterlini (IREN Ambiente Reggio Emilia), Francesco Rosettini (ASM L’Aquila), Paolo Rossetti (A2a Ambiente Brescia), Dover Scalera (Quadrifoglio Spa Firenze), Luca Tagliente (Appia Energy Srl Massafra), Bruno Torresin (TRM Torino), Sara Vaggi (ATA Savona), Fabrizio Vigni (Siena Ambiente Spa Siena). Revisori dei conti sono stati nominati Mario Basili (presidente), Giovanni Pizzolla e Stefano Pozzoli (membri effettivi), Massimo Andreucci e Gianluca Del Barba (supplenti).

Energie rinnovabili: ecco il nuovo Dossier Hera

Tornano i Dossier Hera: il primo approfondimento web del 2014 è dedicato alle energie rinnovabili. Secondo le ultime stime del- la

Iea, l’Agenzia internazionale per l’energia, nel 2018 il 25% della produzione mondiale di elettricità arriverà da fonti “green”: idroelettrico, solare, eolico e biomasse. Sono numeri importanti, a cui si arriverà soprattutto grazie al contributo dei paesi emergenti (Cina su tutti). Di questo si occupa il nuovo Dossier web del Gruppo Hera, on line con video interviste, articoli, infografiche e fotogallery, per far capire anche ai non addetti ai lavori cosa significa “energia green” e qual è lo scenario internazionale e italiano. Il Dossier spiega anche come si stanno comportando l’Italia e l’Emilia-Romagna in tema di rinnovabili. Il Paese è al terzo posto per produzione da fonti rinnovabili, anche grazie al sistema di incentivi, che però necessita di una riorganizzazione. Inoltre, l’80% del fabbisogno nazionale è coperto ancora da energia importate. La Strategia Energetica Nazionale punta ora a diminuire questa dipendenza dall’estero al 67% entro il 2020 e molto dipenderà anche dalle politiche a supporto dello sviluppo di nuove tecnologie pulite nel lungo periodo. Oltre al fotovoltaico, altro vettore su cui sta puntando è l’idrogeno: a queste due fonti, e in parte anche all’eolico, è dedicato HEnergia, il centro di ricerca applicata sulle rinnovabili aperto da qualche mese a Forlì. Solo nel 2013, circa il 70% della produzione totale di Hera (elettrica 1 TWh, termica 505 GWh) è arrivata da fonti rinnovabili o assimilate. E gli obiettivi al 2016 parlano di ulteriori incrementi. Grazie agli investimenti fatti nel tempo, gli impianti del Gruppo sono sempre più in grado di generare energia pulita, a cominciare dai biodigestori anaerobici per i rifiuti organici, fino ai termovalorizzatori, ai depuratori e al biogas da discarica.

Dieci azioni per zero rifiuti - Soluzioni concrete per comuni, aziende e cittadini

Dieci azioni per zero rifiuti, di Roberto Cavallo realizzata in collaborazione con i professionisti della E.R.I.C.A. soc.coop. (società di Alba di cui l’autore di Meno Cento Chili è il presidente), edito da Edizioni Ambiente, ripercorre il cammino verso rifiuti zero e le iniziative virtuose nel campo della sostenibilità ambientale, del riciclo e del riuso di numerose aziende, amministrazioni locali e realtà territoriali presenti nella nostra penisola. Con un linguaggio fresco e diretto e presentando numerosi casi concreti affrontati e gestiti nel lavoro quotidiano della E.R.I.C.A. soc.coop., la questione rifiuti viene affrontata sotto diversi aspetti: si parte dalla prevenzione, arrivando al riuso e alla raccolta differenziata, per trattare poi di riciclo ma anche di raccolta dei rifiuti organici e di compostaggio. Si descrivono in concreto gli strumenti economici, i metodi per comunicare con i cittadini e con le amministrazioni, per arrivare a tematiche innovative come l’ecodesign, strumento di prevenzione dei rifiuti dai risvolti ancora tutti da scoprire. Particolarmente interessanti i capitoli 9 e 10 (quest’ultimo scritto a quattro mani con Enzo Favoino della Scuola Agraria del Parco di Monza), che si concentrano sull’analisi del sacco nero e su cosa fare con quei rifiuti che non sembrano riciclabili, oltre ad un’importante trattazione della responsabilità estesa del produttore, concetto che sta alla base della Direttiva europea 98/2008 che trasferisce il costo dello smaltimento e del recupero dei rifiuti ai produttori. Un libro quindi che può essere letto sia da chi si occupa professionalmente di sostenibilità ambientale ma anche da chi semplicemente vuole saperne qualcosa di più sull’argomento.

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CONAPI presenta “BEE ACTIVE! Attivi per le api”

Pensate a un mondo dove scarseggia la frutta e la verdura, dove le piante officinali siano assenti così come il foraggio per il bestiame, il cotone e la soia. Questo è solo una piccola parte dei danni, per la salute e l’ambiente ma anche economici, che si creerebbero se scomparissero le api. Moltissime colture, senza impollinazione, semplicemente non esisterebbero e con loro numerosi prodotti indispensabili alla vita di tutti i giorni. Queste le premesse che hanno mosso CONAPI ad attivarsi con la campagna “BEE ACTIVE! Attivi per le api”. L’obiettivo dell’iniziativa è sensibilizzare circa il fenomeno dello spopolamento improvviso di intere colonie di api. La ragione di questa strage è da attribuirsi principalmente all’avvelenamento causato dall’utilizzo intensivo di sostanze chimiche in agricoltura. Con la campagna “BEE ACTIVE! Attivi per le api”, CONAPI intende riportare con forza l’attenzione sul ruolo centrale delle api per l’alimentazione e la salute, la tutela della bio-diversità ambientale, ma anche per l’economia in generale: si stima che grazie all’impollinazione, a livello mondiale, si generi un’economia pari a 256 miliardi di euro l’anno. L’iniziativa di CONAPI si propone di sollecitare i consumatori ad adottare piccoli comportamenti virtuosi che, se seguiti, possono contribuire fortemente a tutelare l’habitat delle api. Dalla scelta di alimenti biologici e biodinamici, alla coltivazione di fiori per accrescere le fonti di nettare, dal non utilizzo di pesticidi o insetticidi all’acquisto dei prodotti a base di miele, che significa sostenere il lavoro degli apicoltori. CONAPI ha previsto inoltre una serie di iniziative collegate alla campagna di sensibilizzazione denominate BEE ACTIVE DAY.

Sartori Ambiente, soluzioni smart per città “intelligenti”

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aprile-giugno 2014 Il comune Catalano di Tiana, caso di eccellenza e prima esperienza in Catalunia di raccolta porta a porta avviata ormai nel giugno del 2000 con risultati che vanno oltre all’80% di raccolta differenziata, ha avviato nel mese di aprile la distribuzione dei nuovi contenitori per la raccolta della frazione organica e residua dotati del sistema per la rilevazione degli svuotamenti con tecnologia RFID. Il nuovo KIT è formato da due contenitori da 20lt, che verranno identificati in tempo reale dalle antenne presenti sui mezzi, i contenitori come la tecnologia RFID sono tutte soluzioni integrate proposte dal gruppo Sartori Ambiente in coordinamento con il partner ufficiale per la Spagna ID-WASTE. L’introduzione della nuova tecnologia ha come obiettivi: - Migliorare l’efficenza del servizio di raccolta porta a porta. Grazie ai TAG ed al sistema di lettura sui camion, si potranno gestire informazioni sul servizio in tempo reale, risolvendo in maniera rapida e puntuale eventuali criticità. - Migliorare il grado di partecipazione. La nuova tecnologia permette ai cittadini una partecipazione in forma attiva alla raccolta, valorizzando i comportamenti virtuosi ma anche evidenziando abitudini scorrette, in questo modo di spera di ridurre fenomeni di abbandono dei rifiuti. - Migliorare l’intercettazione della frazione organica. La rilevazione degli errati conferimenti o dell’uso di sacchi non compostabili e la successiva comunicazione all’utenza in tempi brevissimi aumenterà non solo la qualità dell’organico ma anche la quantità. A partire dal 5 di giugno, quindi a 14 anni esatti dall’avvio della raccolta porta a porta, gli operatori inizieranno a svuotare i nuovi contenitori intelligenti; già nei primi mesi di servizio Tiana si aspetta di vedere i primi positivi effetti sull’efficenza sistema.

[www.sartori-ambiente.com]

Linea Stradale s.r.l.: le migliori performance, nelle peggiori condizioni

Linea Stradale s.r.l. è da oltre vent’anni un punto di riferimento per le aziende che lavorano nel campo della nettezza urbana. Clienti privati, aziende municipalizzate, cosi come numerosi comuni d’Italia sanno di trovare in Linea Stradale un partner affidabile per ogni necessità legata alle spazzatrici stradali. Il core business dell’azienda è la produzione di spazzole: a tazza, cilindriche, ad anello, ogni modello è sempre disponibile a magazzino, di diverse lunghezze e diametri. Inoltre le stesse possono essere prodotte in Steelroad, Fibrilene, Ondasteel, Poliroad, ed infine Fibrilon; questi materiali possono essere punzonati al supporto, che può essere in plastica o in brushwood, oppure insetolati a mano. Ogni superficie richiede un diverso trattamento: per questo motivo le spazzole sono insetolate con diversi tipi di materiali, così da soddisfare il cliente che richiede un lavoro aggressivo, cosi come quello che richiede un lavoro efficace su di una pavimentazione delicata (tipicamente un centro storico con sanpietrini o simili). Accanto a questa produzione, Linea Stradale S.r.l. ha completato l’attività di supporto per i propri clienti, garantendo anche ricambi di maggior usura per tutti i modelli di spazzatrici: pompe, ugelli, motori idraulici, guarnizioni, tubi d’aspirazione, parti meccaniche… questi pezzi sono disponibili a magazzino, o reperibili entro pochi giorni per rispondere in maniera immediata ad ogni esigenza. È noto quanto fastidioso e soprattutto costoso possa essere una spazzatrice ferma che non può svolgere il servizio; per questo motivo Linea Stradale è sempre pronta tenendo a magazzino spazzole e ricambi di maggior usura, e consegnando all’occorrenza anche direttamente con i nostri veicoli. Linea stradale: Ad ogni superficie la sua spazzola, ad ogni cliente la sua rapida soluzione.

[www.lineastradale.com]

Da MP-HT arriva Max Wind elettrica. Per pulire in silenzio!

MP-HT, una società veneta con oltre 10 anni di esperienza, ha deciso di investire le sue capacità e il suo know-how nella realizzazione di sistemi tecnologici innovativi, allo scopo di valutare e studiare nuove tecniche produttive. La professionalità e il servizio al cliente, valori che distinguono la ditta, l’hanno portata a creare una Divisione di Pulizia Industriale che garantisce al mercato prodotti funzionali, sicuri e robusti, creati con tecnologie d’avanguardia. In MP-HT hanno le idee chiare: “Noi pensiamo che la pulizia sia un indice di progresso; una strada, un quartiere, un’area pubblica pulita offrono una migliore qualità di vita e attirano consensi”. D’altra parte lo sviluppo di soluzioni innovative è l’unico modo per stare al passo con un mercato, quello delle macchine per la pulizia, fortemente selettivo e concorrenziale in Italia e all’estero. Spazzatrici stradali, spazzatrici industriali sono le soluzioni proposte: una linea completa come la nuova spazzatrice Max Wind, studiata per offrire ai gestori della pulizia urbana una macchina unica nella categoria per prestazioni e caratteristiche tecniche. E da oggi è anche in versione elettrica, per pulire in silenzio e in modo rispettoso dell’ambiente.

Spazzatrice stradale CS140 Twin Action: massima pulizia senza bisogno d’acqua!

La spazzatrice stradale CS140 Twin Action da 3,5 m³ di Comac con una pista lavoro di 1400 mm, è ideale per la pulizia di strade, piazze o parcheggi. L’innovativo sistema “Twin Action”, brevettato dall’azienda guidata da Giancarlo Ruffo, comprende la spazzola centrale e due coclee di trasporto che intervengono contemporaneamente all’aspirazione per garantire la massima effi cienza nella raccolta dello sporco, combinando la forza dell’azione meccanica, che agisce per raccogliere i detriti solidi, all’effi cacia di quella aspirante per le polveri più fi ni, garantendo un risultato davvero eccellente. La “rivoluzione” introdotta da Comac è sostanziale: attualmente per una pulizia ottimale è necessario utilizzare veicoli di volta in volta a raccolta meccanica o aspirante. L’uso di due macchine per ottenere le altrettante azioni comporta ovviamente il raddoppio di tempi, costi e consumi. L’utilizzo costante della spazzola centrale garantisce una pulizia qualitativamente migliore, perché uniforme per tutta la lunghezza della spazzola e permette di operare effi cacemente anche su superfi ci irregolari o sconnesse. La funzione delle spazzole laterali è ausiliare ridimensionando notevolmente anche l’uso di acqua, che interviene solo in forma nebulizzata, per controllare le polveri, senza bagnare perciò il suolo; i detriti asciutti sono inoltre assai più leggeri di quelli bagnati, il che consente di risparmiare notevolmente sui costi di smaltimento, con indubbio vantaggio per l’ambiente. Il benefi cio fi nale è enorme: per ogni macchina, infatti - spiegano i tecnici Comac – si possono risparmiare 100.000 litri d’acqua all’anno. L’eliminazione delle polveri dall’aria avviene attraverso un fi ltro di notevoli dimensioni, per questo meno soggetto ad intasarsi, il quale fa sì che le particelle più minuscole ed insidiose vengano catturate e non più immesse nell’ambiente. CS140 Twin Action è dotata di motore Industrial Open Power con alimentazione diesel, che presenta un dimensionamento specifi co per applicazioni continuative a regimi costanti e consumi assai ridotti: per questo è adatto per lavori gravosi e senza interruzioni, anche per un ciclo giornaliero di otto ore. Altrettanto curati sono il comfort dell’operatore e la riduzione dello stress, anche nei turni lavorativi più lunghi. Questi essenziali fattori sono garantiti dalla posizione del motore collocato nella parte posteriore dei veicolo, dalla completa insonorizzazione della cabina e dall’impiego di sospensioni idrauliche.

[www.comac.it]

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aprile-giugno 2014

Farid Industrie in collaborazione con Scania Milano si aggiudica una gara AMSA

A fi ne 2013 AMSA, acronimo per Azienda Milanese per i Servizi Ambientali, ha bandito una gara con la fi nalità di incrementare la propria fl otta specializzata nella raccolta rifi uti e nella pulizia delle strade di Milano e di altri comuni dell’hinterland milanese. Scania Milano ha lavorato attivamente con Farid Industrie S.p.A. per preparare questa gara d’appalto che è stata vinta lo scorso febbraio. La gara consiste in un accordo quadro per la fornitura di veicoili industriali Scania alimentati con motori diesel e a CNG allestiti con compattatori a carico posteriore con una capacità di 22/25 m3 . La fornitura prevede complessivamente fi no a 200 veicoli nell’arco di 24 mesi. Farid Industrie ha offerto i seguenti veicoli: - P 280 DB6x2*4 MLA CNG allestito con compattatore Farid T1 SM - P 250 DB6x2*4 MLA (motore diesel) allestito con compattatore Farid T1 SM. I veicoli sono coperti da Contratti di Manutenzione gestiti dalla rete di assistenza Scania in Italia. L’esito positivo della gara si fonda sulla stretta e profi cua collaborazione fra Italscania e Farid Industrie, il più importante allestitore italiano nel settore dei compattatori. “Esserci aggiudicati questa gara è per noi estremamente signifi cativo poichè rappresenta un ulteriore sviluppo nelle relazioni con AMSA e con Farid, realtà estremamente importanti nei loro rispettivi ambiti di competenza” afferma il dott. Franco Fenoglio, Amministratore Delegato di Italscania S.p.A. “Noi siamo riusciti a fornire un prodotto di elevata qualità, confi gurato esattamente sulle specifi che richieste del cliente fi nale. Da menzionare la nostra gamma di motori Euro 6, dall’eccellente guidabilità ed economia operativa sia per quanto riguarda i motori diesel che quelli a gas: la scelta perfetta per gli operatori che hanno esigenze specifi che nell’ambito della sostenibilità ambientale”.

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aprile-giugno 2014

Il prossimo obiettivo di Gorent? Esportare l’ecosostenibilità

“L’unica strada percorribile per uscire dalla crisi e per riacquistare il rispetto per l’ambiente che ci circonda, è quella dell’ecosostenibilità”. A detta di Furio Fabbri, Amministratore Delegato di Gorent Spa, l’attuazione delle buone pratiche ambientali non può essere ulteriormente procrastinata, pena il rischio di esclusione dall’Europa, che chiede, in modo sempre più fermo e determinato, il rispetto delle normative in materia ambientale, soprattutto all’interno dei bandi promulgati. Forte di questo valore aggiunto, da sempre presente nel modus operandi di Gorent, l’azienda fiorentina, ha aperto due importanti varchi nel mondo della green economy. Il primo coinvolgerà presto il Governo Italiano che, attraverso il proprio Ministero all’Ambiente, riceverà un documento congiunto, della cui stesura Gorent si è fatta promotrice, per rivedere ed ampliare i Criteri Minimi Ambientali per i cosiddetti “Acquisti Verdi o GPP (Green Public Procurement), uno strumento di politica ambientale del tutto volontario, per favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale. Adesso l’ultima parola spetta agli esperti di terza parte, quelli individuati dal Ministero dell’Ambiente che, entro il 2014, analizzando il dossier contenente le indicazioni di chi, quotidianamente, si rapporta con azioni concrete attuate nell’ambito della propria attività aziendale, potrebbero apportare delle modifiche alle attuali normative. E del forte rispetto che Gorent nutre nei confronti del pianeta su cui viviamo, si è accorto anche il Governo Moldavo. Era stato proprio il Vice Ministro all’Economia, Sergiu Ciobanu, ospite illustre del Seminario “Creare l’economia ecosostenibile”, di cui Gorent è stata main sponsor, ad esprimere parole di encomio e condivisione, verso l’azienda, complice il grande processo di trasformazione anche strutturale, che sta interessando il suo Paese, Ciobanu aveva dichiarato: “La Green Economy è al centro delle nostre politiche e per questo, da parte mia, sono pronto a condividere il vostro progetto di economia sostenibile”. A metà maggio tale progetto comincerà a prendere forma quando, in occasione di un nuovo incontro, stavolta in Moldavia, il Ministro all’Economia in persona ospiterà una delegazione di aziende, capeggiate e coordinate da Gorent.

[www.gorent.it]

Aebi Schmidt presenta ad IFAT 2014 le proprie novità per il mondo di domani

In perfetta sinergia con il motto della fiera IFAT 2014 “Solutions, today and in the future” il gruppo Europeo Aebi Schmidt presenta durante la rassegna IFAT 2014 le proprie novità mirate a rispondere alle esigenze del mondo oggi e di domani. Numerose saranno le novità che potrete toccare con mano presso lo stand AEBI SCHMIDT; “Le principali novità introdotte, commenta soddisfatto, il dott. Luca Firotto, Amministratore unico della filiale italiana, sono sicuramente rappresentate dalla introduzione delle nuove motorizzazioni in Euro 6 sulla gamma di spazzatrici compatte, e dalla nuova serie di spargisale STRATOS 3. Presso il nostro stand sarà infatti possibile vedere la nuova spazzatrice compatta SCHMIDT Swingo 200+, macchina di riferimento a livello europeo nella categoria delle spazzatrici aspiranti da 2 m3 , con le nuove motorizzazioni a basso impatto ambientale.” Da ottobre 2014 si potrà scegliere sulla propria Swingo 200+ tra due diverse motorizzazioni VM, la prima rispondente alla normativa EURO 6 con una potenza di 62 KW completa di AD Blue, ed una motorizzazione da 55KW rispondente alla normativa 97/68 fase 4, senza AD Blue. “Entrambe le versioni- commenta entusiasta il product manager T. Weissenrieder, sono in linea con le severe norme europee sulle emissioni inquinanti, e sono ottenute senza alcun aumento di ingombro, in modo da mantenere inalterate le grandi doti di maneggevolezza della spazzatrice Swingo.” Numerose sono inoltre le novità dei prodotti Schmidt per la stagione invernale 2014/2015, tra cui la nuova serie di spargisale STRATOS 3 che saranno dotati di nuovi quadri comandi e di nuovi sistemi di distribuzione. Visitate l’azienda nell’area esterna F5/502/11.

Urbis e Azimut: mezzi versatili e polivalenti

Il Gruppo Merlo S.p.A. è stato fondato nel 1964 dai fratelli Amilcare e dalla sorella Natalina. In pochi anni ha saputo evolversi puntando su prodotti innovativi e sistemi tecnologicamente all’avanguardia, una missione aziendale che ha reso la Società tra i leader mondiali nei settori delle macchine agricole, edili e forestali con prodotti quali sollevatori telescopici, autobetoniere auto caricanti e trattori portattrezzi forestali. Sensibile ai temi ecologici Merlo ha creato una divisione denominata Tecno (Tecnoidustrie) specializzata nell’ideazione, costruzione e commercializzazione di macchine per la raccolta dei rifi uti urbani. Tutta la produzione Merlo è concentrata a Cuneo ed ha come linee guida la ricerca e sviluppo e la fabbricazione dei componenti all’interno dell’azienda, in controtendenza rispetto al molti concorrenti che preferiscono delocalizzare o acquisire componenti da paesi emergenti. La fi losofi a Merlo predilige la concezione e la fabbricazione dei prodotti in-house. Il vantaggio principale di tale impostazione è di mantenere sotto controllo tutta la fi liera produttiva, i controlli di qualità e di assemblaggio, al fi ne di offrire prodotti di alta qualità. Premessa doverosa che da il senso della visione aziendale. Ne risulta che più del 90% delle lavorazioni e dei componenti vengono effettuati all’interno dell’azienda. Per quanto riguarda le macchine per la raccolta di rifi uti, Tecnoindustrie offre un’ampia gamma di prodotti con contenitori da 2 m³ a 30 m³ , in grado di soddisfare le necessità di qualsiasi committenza. La tendenza in atto valorizza le attrezzature della famiglia Urbis e Azimut. Cinque modelli da 2,2m³ a 8m³. Espressamente studiati per la raccolta “porta a porta”, sono mezzi agili, veloci e maneggevoli che fanno della raccolta differenziata il loro target principale e si trovano a proprio agio nelle stradine strette e tortuose dei centri urbani. L’operatore, addetto alla raccolta, può trovare spazio su di una pedana antisdrucciolo omologata, ideale durante le fasi di trasferimento per la raccolta. All’arresto del mezzo l’operatore scende e viene agevolato con sistemi di conferimento a livello normato per conferire i sacchetti direttamente nel contenitore che con un sistema di caricamento verrà svuotato nel cassone. A richiesta viene fornito il dispositivo per la movimentazione dei tradizionali contenitori stradali, dai bidoni di piccole dimensioni ai grandi cassonetti, rendendo gli Urbis e gli Azimut dei mezzi versatili e polivalenti. Lo scarico avviene per ribaltamento, facilitato dalla conformazione della vasca di contenimento studiata per il completo e rapido svuotamento. Gli Urbis e gli Azimut sono il frutto di una costante evoluzione tecnologica, offrono un alto livello di effi cienza per massimizzare l’investimento e contenere i costi. Parametri sempre più di attualità, in uno scenario sociale sempre più attento e sensibile ai temi ecologici e ai costi che essi generano.

[www.tecnoindustreimerlo.com]

dalle associazioni anfia

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aprile-giugno 2014

In data 10 aprile 2014, in occasione dell’Assemblea della Sezione Veicoli per Servizi Ecologici ANFIA, tenutasi presso la sede di Farid Industrie S.p.A. a Vinovo, è stato consegnato a Fabio Di Pietro il “Premio di laurea ANFIA – in memoria di Paolo Martinelli”, istituito dall’Associazione lo scorso anno e indirizzato a studenti del Politecnico di Torino che con la propria tesi abbiano affrontato tematiche inerenti la progettazione, lo sviluppo o la prototipazione dei sistemi veicolari e/o di propulsione dei veicoli commerciali pesanti. Il neo-laureato ha ricevuto il riconoscimento per la tesi in Ingegneria meccanica “Effetti della durata di combustione sulla detonazione in motori ad accensione comandata sovralimentati e dotati di sistema VVA” “E’ stato un piacere per le aziende della Sezione, condividere con la famiglia di Paolo Martinelli il momento della consegna del Premio – ha commentato Guido Giletta, Presidente della Sezione Veicoli per Servizi Ecologici ANFIA. Con questo gesto, l’Associazione ha voluto ricordare e rendere omaggio al collega scomparso nel 2012, e alle grandi qualità umane e professionali che, insieme ad un sentito impegno, lo hanno contraddistinto nei due anni alla guida della Sezione”.

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