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Pubblici esercizi, voglia di normalità
“L’emergenza ha inferto al settore un colpo durissimo: 34 miliardi di perdita, 50mila esercizi a rischio e una crisi occupazionale senza precedenti. Ma c’è tanta voglia di ripartire e l’igiene è e sarà fondamentale.” Così Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi. Un settore simbolo della socialità interrotta nei mesi di emergenza.
Gli esercizi pubblici, oltre a rappresentare un settore importante per il Pil e il sistema-Paese, sono anche un “simbolo” di normalità, socialità, voglia di ripartire. Come stanno vivendo i vostri associati questa fase di ripartenza? Quanti sono, secondo le vostre stime, quelli che non riapriranno?
“I Pubblici Esercizi italiani vivono questo momento con indiscusso spirito di iniziativa e generosità, ma anche con grande preoccupazione. I PE stanno provando infatti ad accompagnare il ritorno alla normalità, ma sono chiamati a farlo tra grandi difficoltà: dall’applicazione dei rigorosi Protocolli di Sicurezza, che hanno un impatto economico ed organizzativo, ai cambiamenti profondi dei comportamenti dei consumatori, molto più timorosi e parsimoniosi nelle abitudini di spesa. Per non citare il fatto che mancano all’appello flussi sostanziali al “fuori casa”, dai lavoratori in smart working ai turisti. Il Covid-19 ha inferto un colpo gravissimo al settore: si stima che saranno 34 miliardi le perdite di fatturato nell’anno, 50mila le imprese che non riapriranno e oltre 300mila i posti di lavoro a rischio. Sono numeri da capogiro, che fanno ancora più male se rapportati alla crescita del settore che stava dando anno dopo anno un contributo sempre più importante alla crescita del Paese: nel 2019, 86 miliardi di fatturato, di cui oltre 46 di valore aggiunto, 300mila imprese e 1,2 milioni di occupati. Sono però convinto che il settore abbia anche in sé il vaccino per superare questa sfida proprio nelle competenze, nella passione, nella determinazione e nel sacrificio, che nel tempo lo hanno fatto diventare questo asso nella manica del Paese.”
Cosa rischia di perdere il nostro Paese se il sistema della somministrazione non riemerge dalla crisi?
“I Pubblici Esercizi sono portatori di tanti valori, non solo economici, ma anche sociali, culturali, storici e antropologici, con il loro forte valore di identità e di attrattività del nostro Paese. L’emergenza sanitaria ha messo in crisi questa “rete di socialità” che anima e ricuce le nostre città, garantisce sicurezza, benessere e legalità, favorisce coesione sociale e accresce la qualità della vita delle persone. Mantenere viva ed efficiente questa offerta è un interesse anche per il Paese, che sul modello unico e diffuso di Pubblico Esercizio ha uno dei suoi formidabili e più apprezzati attrattori di turismo internazionale. La Ristorazione è il secondo motivo per il quale il turista straniero sceglie l’Italia per le sue vacanze ed è il primo motivo, invece, per il quale vi ritorna e questo è un asset del Paese che va sostenuto e tutelato, anche come strumento di soft power per la promozione del brand Italia nel mon-
do, al pari dei suoi musei, della sua millenaria cultura e del suo splendido territorio. Siamo stati fra i primi a chiudere e il percorso verso la normalità sarà per il nostro settore lungo e lento, con ricavi fortemente ridimensionati e costi, invece, difficilmente comprimibili, però il Paese non può rinunciare a salvare questo patrimonio collettivo.”
Quanto è importante l’igiene in questo frangente? E’ solo una questione “di legge” o, al di là dell’adempimento formale agli obblighi sempre più stringenti, si sta facendo strada una “cultura del pulito”? Ma c’era bisogno di una crisi come questa per portarla alla ribalta?
“Il nostro settore è cresciuto grazie alla crescita della “cultura del pulito”, perché -ben oltre alle norme- non esiste qualità se non combinata con il giusto presidio dei temi della sicurezza alimentare e gli investimenti necessari in formazione e tecnologia. Passare dall’idea di igiene come minaccia -minaccia di ispezioni, sanzioni, ma anche di concorrenza sleale da parte di chi quei controlli non li subisce- ad un’opportunità di migliorare la propria qualità è stato un salto di maturità del mondo della somministrazione. Un salto che, ben inteso, i PE avevano fatto ben prima del Covid-19. Il Coronavirus semmai ha sensibilizzato ancora di più il consumatore su questi temi, comportando oggi uno sforzo aggiuntivo ai Pubblici Esercizi che devono saper trasferire anche il senso di sicurezza (distanziamento fisico, costante sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro, di puntuale utilizzo dei DPI) se vogliono recuperare parte della loro clientela.”
Come si prepara il comparto ai controlli che saranno eseguiti per verificare il rispetto delle numerosissime normative anti Covid da parte dei molteplici organismi pubblici preposti?
“A dire il vero, verso il nostro settore ci sono sempre stati molti controlli e l’eventuale loro
rafforzamento è prevedibile e giustificabile, sia per la gravità del momento, sia per i rischi ancora presenti, assolutamente da non sottovalutare. Oggi come ieri -anzi, oggi più di ieri- è importante che ci sia quanta più chiarezza possibile, ragionevolezza nell’applicazione e tempi certi nell’emanazione delle regole per aiutare gli imprenditori a fare pienamente il loro dovere. Gli Esercenti sono infatti pienamente consapevoli che una ripresa del contagio, che porterebbe a nuovi divieti o limitazioni nelle attività, sarebbe drammatica per il Paese e per le loro stesse attività e, quindi, stanno dimostrando responsabilità e attenzione nell’applicazione corretta delle prescrizioni di sicurezza. E’ fondamentale in questo senso la collaborazione tra gli operatori e gli organi di controllo, che non devono svolgere una mera attività ispettiva o di sanzionamento delle irregolarità, ma possono aiutare i Pubblici Esercizi ad esercitare la funzione sociale che da sempre hanno e che oggi viene chiamata alla prova più dura nella storia del nostro Paese.”