VITTORIO MINIERO
HA UN LIMITE LA PAZIENZA DEL POPOLO PUBBLICO DEGLI APPALTI?
PIERLUIGI PISELLI
CONTRATTI PUBBLICI: LA SFIDA
DIGITALE SULLE PROSPETTIVE DI CRESCITA DEL PAESE
FILIPPO MARTINEZ
LA MORTE DELL’ATI VERTICALE E LE CONSEGUENZE IN TEMA DI RESPONSABILITÀ DELLE IMPRESE
ISSN 1723-9338 BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA 01/02.24
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Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità.
ISSN 1723-9338
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editoriale
3 Parte la digitalizzazione: Criticità e soluzioni articoli
gestione
4 Ha un limite la pazienza del popolo pubblico degli appalti?
la digitalizzazione
8 Contratti pubblici: la sfida digitale sulle prospettive di crescita del Paese
ATI verticali e orizzontali
10 La morte dell’ATI verticale e le conseguenze in tema di responsabilità delle imprese normazione
14 Il “Payback” per dispositivi medici al vaglio della Consulta soccorso istruttorio
18 Evoluzione del Soccorso Istruttorio dal vecchio al nuovo Codice degli Appalti acquisti basati sul risultato
21 La trasparenza nel nuovo codice dei contratti pubblici con riguardo al “nuovo” diritto di accesso ed il relativo rito “accelerato” l’intervista
25 Il valore generato dal procurement innovativo: il caso diabete i principi generali del codice degli appalti
28 I principi generali del nuovo codice dei contratti pubblici e la loro funzione di canoni interpretativi consorzi stabili
32 Il cumulo alla rinfusa dei requisiti negli appalti: recenti approdi della giurisprudenza alla luce della disciplina del nuovo Codice n. 36/2023 avvalimento
38 Avvalimento e parità di genere. Spunti di riflessione digitalizzazione appalti
41 Il “nuovo” accesso agli atti digitale IX Corso di formazione FARE
44 IX Corso di Alta Formazione 2022/23 per Funzionari e Dirigenti in Sanità gli esperti rispondono
47 Sul possibile utilizzo di un servizio in corso di esecuzione, e non ancora ultimato, come requisito di partecipazione
48 focus
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Sono un tecnico informatico di professione, amante della tecnologia e del gaming, mi diletto con la fotografia durante i miei viaggi di piacere per fissare visivamente e poter avere sempre con me una galleria fotografica.
In questo numero di TEME emozioni e impressioni di una giornata a Padova.
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sommario
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gennaio-febbraio
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Parte la digitalizzazione: Criticità e soluzioni
Il 1 gennaio 2024 sono entrate in vigore, tra le altre, le disposizioni degli articoli 19 e seguenti, del nuovo Codice dei Contratti pubblici. Tali disposizioni prevedono che le attività e i procedimenti amministrativi, connessi al ciclo di vita dei contratti pubblici, siano svolti digitalmente, secondo le previsioni dell’art. 22, del nuovo Codice. L’art. 22 disciplina l’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement) costituito dalle piattaforme e dai servizi digitali infrastrutturali abilitanti la gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici. Nella prima fase di attuazione sono stati riscontrati, nelle pubbliche amministrazioni, notevoli problemi di funzionamento e rallentamento dei processi, anche a seguito del maggior tempo-lavoro necessario, tanto che l’Anac ha abilitato transitoriamente, le Stazioni Appaltanti, all’utilizzo della propria piattaforma dei contratti pubblici (PCP) per gli acquisti di importo inferiore a 5.000 euro.
Le criticità però non sono finite, ma permangono facendo registrare notevoli difficoltà in particolare nelle acquisizioni di importi minori ma che comunque assolvono a fabbisogni ed esigenze fondamentali per la continuità operativa. Tali criticità sono state maggiormente evidenti nel settore sanitario dove spesso il rischio è stato quello della compromissione dei beni primari della salute e della sicurezza delle cure, costituzionalmente tutelati. Il già citato ricorso alla PCP, limitato a 5.000 euro è stato comunque reso attivo fino al 30 settembre 2024, mentre la piattaforma MEPA di Consip presenta caratteristiche funzionali che sovente non la rendono idonea alla gestione degli affidamenti diretti di importo inferiore a 140.000 euro. Ci sono poi le piattaforme regionali che hanno mostrato diverse problematiche non facilmente risolvibili. Ecco allora che l’insieme delle situazioni sopra rappresentate ha comportato un decremento significativo dell’attività contrattuale e degli ordini, rispetto alle annualità precedenti, creando il presupposto di possibili rotture di stock o scopertura di servizi. Ora, tenuto conto che il Codice chiede che le piattaforme digitali debbano essere utilizzate per tutte le procedure di gara e che in base al fondamentale enunciato dell’art. 1, comma 1 le Stazioni Appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività ed ancora, che il principio del risultato costituisce attuazione del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità, ciò che si auspica è che venga garantita l’efficacia dell’azione amministrativa, al momento fortemente rallentata, per problemi informatici in ragione di quanto sopra ricordato.
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editoriale
Maurizio Greco - Presidente A.L.P.E.
Ha un limite la pazienza del popolo pubblico degli appalti?
Chissà se la pazienza del popolo pubblico degli appalti è illimitata oppure, prima o poi, qualcuno si stancherà di essere trattato da gregge che deve solo attendere pazientemente che il “sistema” gli permetta di lavorare.
Non ho una riposta, ma solo speranze (di reazioni). Correva l’anno 2012 quando il Governo Monti nel Decreto Legge 5/2012 introdusse l’art.6 bis del D.Lgs 163/2006, intitolato Banca dati nazionale dei contratti pubblici, disponendo: “Dal 1° gennaio 2013, la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure disciplinate dal presente Codice è acquisita presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l’Autorità”.
La norma poneva una domanda che da tempo si attendeva: ha senso che un’Amministrazione chieda ad un’altra Amministrazione il rilascio di certificazioni pubbliche? Non possono essere condivisi in dati (ormai integralmente telematici)?
ne comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico- organizzativo ed economico-finanziario per l’affidamento dei contratti pubblici”.
Per buoni 8 anni abbondanti tale promessa è rimasta lettera morta.
L’AVCPASS, se è mai funzionato, rispetto al possesso dei requisiti generali, finanziari e tecnici, è riuscita a convogliare nella pec del RUP i casellari giudiziali e poco altro (quando andava bene). Dopo tanti anni di santa pazienza si è mosso il legislatore.
Dalla Banca Dati si rileva che al 20 gennaio sono state avviate in Italia 424 procedure contro una media nazionale ordinaria di oltre 430.000 mensili. Nel gennaio 2024 sono state avviate in media meno dello 0,1 per cento delle procedure dell’anno precedente
La notizia venne accolta con sommo gaudio, pareva una vera rivoluzione.
Nacque poco dopo l’indimenticabile AVCPASS.
L’allora AVCP con Deliberazione n. 111 del 20 dicembre 2012 ne impose l’obbligo dell’utilizzo dal 1 gennaio 2013 (poi prorogato a luglio 2014).
L’AVCP prometteva alle stazioni appaltanti di consentire “attraverso un’interfaccia web e le cooperazioni applicative con gli Enti Certificanti, l’acquisizione della documentazio-
Il D.L. 77/2021 (vigente il 1 giugno 2021) all’articolo 49 comma 3 ha disposto: “Le amministrazioni competenti: a) assicurano la piena operatività della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici” ed all’articolo 53 che: “Presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici è istituito il fascicolo virtuale dell’operatore economico”. Con comunicato del 29 novembre 2021 (6 mesi e mezzo dopo la vigenza della norma…) il Presidente ANAC comunicava a tutti che: “Già a partire dal mese di marzo 2022, sarà operativa la prima versione del FVOE che consentirà di svolgere le seguenti attività:
• verifica del mantenimento dei requisiti in fase di esecuzione su aggiudicatario e subappaltatori, come richiesto dal nuovo articolo 81, comma 1, del codice dei contratti pubblici;
• utilizzo del FVOE per tutte le procedure di affidamento;
• istituzione dell’Elenco degli operatori economici già verificati previsti dall’articolo 81, comma 4- bis, del codice
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Vittorio Miniero - Avvocato
gestione
dei contratti pubblici, al fine di anticipare il più possibile gli effetti positivi collegati alla possibilità di riuso della documentazione acquisita nel FVOE”. Si, va bene, forse l’utilizzo dell’avverbio “già” era eccessivo, ma finalmente il popolo degli appalti da Marzo 2022 avrebbe potuto godere del Fascicolo Virtuale che avrebbe dato effettivo avvio alla Banca Dati Nazionale.
Il marzo 2022 è poi diventato febbraio 2023 (ma cosa sono in fondo 9 mesi pur di dare vita ad una Banca Dati che si aspettava da 12 anni?).
Ma finalmente a febbraio 2023 il FVOE è divenuto pienamente funzionante e in grado di offrire la possibilità di riutilizzare certificati pubblici già ottenuti da altre amministrazioni come pretendeva il legislatore? Assolutamente no.
E siamo arrivati ai giorni nostri.
Il nuovo Codice degli Appalti per tutto il 2023 ha esteso l’applicazione, per le verifiche sul possesso dei requisiti degli Operatori Economici, dell’art.81 del D.Lgs 50/2016. E quindi si è esteso anche il non funzionamento della BDNA e del FVOE.
Dal 1 gennaio 2024 però…ecco cosa è accaduto il 1 gennaio 2024?
Una sorta di millenium bug.
Sapevamo, temevamo, potesse succedere, ma nessuno immaginava un disastro simile.
Il passaggio alle piattaforme certificate ha bloccato l’Italia (e non ha fatto funzionare né la BDNA, né il FVOE).
Dalla Banca Dati si rileva che al 20 gennaio sono state avviate in Italia 424 procedure contro una media nazionale ordinaria di oltre 430.000 mensili.
Nel gennaio 2024 sono state avviate in media meno dello 0,1 per cento delle procedure dell’anno precedente.
La favola dello smart cig che “scompare e riappare”
Tu sei dentro di me / Come l’alta marea / Che riappare e scompare portandoti via / Sei il mistero profondo /La passione l’idea / Sei l’immensa paura che tu non sia mia
Cantava Antonello Venditti nel 1991 e così cantano anche i funzionari pubblici pensando allo smart cig che sparisce il 1 gennaio 2024, salvo riapparire poco dopo il 10 gennaio 2024 grazie ad un Comunicato di Anac. Dal 1 gennaio, con l’avvio delle piattaforme digitali certificate, il CIG non può essere più acquisito presso le piattaforme Anac ed è, di conseguenza abrogato lo smart cig.
Contemporaneamente è considerata abrogata la possibilità per le amministrazioni di acquistare beni e servizi di importo inferiore a 5 mila euro all’esterno del Mepa e portali certificati (come prevedeva la norma semplificazione sul cosiddetto microaffidamento, disciplinata dal comma 450 dell’art.1 della L.296/2006)
Un “uno-due” al corpo da mettere knock out anche Cassius Clay.
Il primo colpo è stato sferrato dal Supporto Giuridico del Ministero delle Infrastrutture con Parere 2196/2023 nel quale viene disposto che l’art.25 del D.Lgs 36/23 non prevede deroghe ed obbliga quindi all’acquisto tramite le piattaforme certificate da un euro in su.
Il secondo colpo arriva da parte del Comunicato Anac del 10 gennaio 2024 nel quale il Presidente dichiara che:
“Il codice dei contratti pubblici non prevede ipotesi di deroga o di esenzione dall’applicazione delle disposizioni sulla digitalizzazione con riferimento a fattispecie particolari di affidamenti o a determinate soglie di importi”
La legge ha abrogato smart cig e legittimità dell’acquisto all’esterno dei portali con decorrenza 1° gennaio 2024. È finita, Ko. Eppure.
Eppure Anac toglie ed Anac dà.
Il comunicato del 10 gennaio 2024 prosegue dichiarando che: “L’Autorità, al fine di favorire le Amministrazioni nell’adeguarsi ai nuovi sistemi che prevedono l’utilizzo delle piattaforme elettroniche e garantire così un migliore passaggio verso l’amministrazione digitale, sentito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ritiene in ogni caso necessario chiarire che allo scopo di consentire lo svolgimento delle ordinarie attività di approvvigionamento in coerenza con gli obiettivi della digitalizzazione, l’utilizzo dell’interfaccia web messa a disposizione dalla piattaforma contratti pubblici - PCP dell’Autorità, raggiungibile al link https:// www.anticorruzione.it/-/piattaforma-contrattipubblici, sarà disponibile anche per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro fino al 30 settembre 2024”.
Riapparso lo smart cig (sotto forma di PCP) e la possibilità di acquistare con semplici mail fino a 5 mila euro. Un attimo. Ma se “ il codice dei contratti pubblici non prevede ipotesi di deroga o di esenzione”, può Anac con proprio Comunicato “al fine di favorire le amministrazioni” ed al fine di “consentire lo svolgimento delle ordinarie attività di approvvigionamento in coerenza con gli obiettivi della digitalizzazione” derogare alla Legge e disporre prescrizioni differenti?
A tale domanda verrebbe voglia di rispondere che è meglio farsi gli affari propri e godere di questo inaspettato seppure temporaneo (fino al 30 settembre 2024) privilegio.
E allora godiamo ponendoci, solo a bassa voce, un’altra domanda: ma l’Italia è ancora Stato di Diritto?
Lo stato di diritto pretenderebbe che l’agire dello Stato fosse sempre vincolato e conforme alle leggi vigenti. La Costituzione definisce una gerarchia delle fonti del diritto.
In tale gerarchia dove si collocano i comunicati del Presidente di un’Autorità di Vigilanza?
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gestione
gestione
E che succede in un Paese se un’Autorità può disporre con Comunicati del Presidente regole contra legem?
E’ anarchia.
Ovvero l’assenza di reazioni del Governo a fronte di abusi di potere da parte di chi avrebbe il dovere/potere di far rispettare le regole. E’ disordine, confusione, ambito nel quale ciascuno agisce a proprio arbitrio.
Si potrebbe dire: ma cosa doveva fare Anac?
Accorgersi prima del problema. Capire prima (come sentivamo tutti dentro al cuore) che i portali non avrebbero funzionato dal 1 gennaio 2024. Prorogare la vigenza di una norma prima che venisse bloccata l’Italia e costretti milioni di persone (il famoso “popolo pubblico”) a lavorare per ore davanti ad un pc per ottenere qualcosa (il fatidico cig per un banalissimo affidamento diretto) che fino a qualche mese fa (ora pare un miraggio) si otteneva in una manciata di minuti.
Cosa si può fare ora?
Maurizio Greco, abile provveditore, ha tracciato, di recente, la via in un proprio articolo su una rivista specializzata.
Non so se quella sia la via giusta, ma è una via.
Le Istituzioni devono coinvolgere nelle proprie azioni chi lavora.
Non è possibile che questo paese venga costantemente governato da persone e istituzioni che nella propria vita non hanno mai fatto un appalto, non abbiamo idea di cosa significhi chiedere un cig o fare le verifiche sul fascicolo virtuale.
Secondo Anac (comunicato del 10 gennaio 2024) “Le nuove previsioni rappresentano una rivoluzione nel mondo della contrattualistica pubblica che, superata l’iniziale fase di necessario adeguamento, apporterà notevoli benefici in termini di semplificazione, razionalizzazione e velocizzazione delle procedure, con evidente e apprezzabile risparmio di costi e tempi”
Questo è indubbio e condivisibile, ma quell’“iniziale fase di necessario adeguamento” doveva essere gestita meglio. Si deve prevedere una fase transitoria nella quale solo alcune amministrazioni “campione” vengono chiamate a verificare il funzionamento del nuovo sistema ed a coordinarsi con i gestori dei portali telematici per renderli pienamente funzionanti, prima che tutti entrino a pieno regime. Il popolo degli appalti non vuole fare la rivoluzione, ma ha diritto di
• lavorare con strumenti che funzionino;
• lavorare con regole che non cambino ogni giorno (abbiamo avuto tre codici degli appalti in 17 anni, in conseguenza della quattordicesima (Governo Berlusconi), diciassettesima (Governo Renzi) e diciannovesima (Governo Meloni) legislatura);
• lavorare con regole che non cambino ogni giorno con lo svegliarsi di una qualunque Istituzione italiana;
• vivere in un Paese nel quale se un’Istituzione comincia ad inventare regole ci sia una reazione che consente di tornare allo stato di diritto ponendo fine all’anarchia;
• avere Istituzioni che, se un legislatore impone loro un’incombenza (nascita della Banca dati Nazionale o nascita del Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico), lavorino fattivamente per ottenere il risultato preteso dal legislatore e, se tale obiettivo si rende per qualunque motivo irraggiungibile, dichiarino apertamente la propria incapacità a raggiungere il risultato, esplicitandone le motivazioni;
• avere istituzioni che, quando sovrintendono la predisposizione di maschere destinate ad essere pubblicate on line nei portali, diano indicazioni che rendano sensato ciò che si trova scritto (ad esempio nel PCP quando si chiede un cig tra le causali utilizzabili si trova anche “Affidamento diretto sopra la soglia minima e sotto la soglia comunitaria, settoriale” accompagnato da un riferimento normativo insensato.
Però noi diamoci da fare per stare al passo con i tempi Il popolo pubblico ha tutte le ragioni del mondo, ma deve anche aiutarsi un minimo.
Dal 17 luglio 2020 (data di vigenza del primo decreto semplificazioni) il legislatore ha alzato la soglia dell’affidamento diretto ad importi un tempo impensabili. Eppure.
Eppure una sentenza del TAR Campania, sede di Salerno, di qualche giorno fa (n.147/2023) ha messo nel panico non poche amministrazioni lasciando dedurre dall’analisi della massima che il Collegio abbia ritenuto non ribassabile il costo della manodopera, in applicazione di quanto prescritto dal comma 14 dell’art.41 del nuovo Codice.
Leggendo, tuttavia, la sentenza si deduce che, alla base della decisione, sta la scelta di un’amministrazione di realizzare una procedura negoziata per affidare un servizio dell’importo pari a € 59.183,21 (al netto dell’iva), nel quale veniva indicato come non ribassabile (a pena di esclusione) il costo della manodopera.
La questione rilevante da approfondire a questo punto non è tanto se il costo della manodopera sia ribassabile o meno alla luce del (sicuramente infelice) comma 14 dell’articolo 41, quanto piuttosto domandarsi come possa essere che ancora un ente pubblico autorizzato a fare affidamenti diretti da oltre tre anni per appalti di quel valore, abbia scelto di fare una procedura che prevede, al posto della buona vecchia richiesta di preventivi ed aggiudicazione, la pubblicazione di un avviso, l’invio di una lettera di invito, la nomina di una commissione
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giudicatrice, la valutazione di documentazione amministrativa, tecnica ed economica, la valutazione dell’anomalia dell’offerta dalla quale è conseguito un ricorso al TAR e via così.
Come può essere? Che succede ragazzi? Non vi fidate del sistema?
Io vi capisco, ma vi sprono alla reazione. Chi nasce nel mondo di “Alice del paese delle meraviglie” (l’affidamento diretto) deve imparare a viverci felicemente e non può continuare a godere nello sguazzare della complessità di procedure che dovrebbero riguardare solo appalti di importo tre volte più alto rispetto a quello posto in gara dal povero comune campano.
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gestione
Contratti pubblici: la sfida digitale sulle prospettive di crescita del Paese
Tra le sfide che l’anno appena iniziato pone al Paese, specie sul fronte della sostenibilità dei conti pubblici e dell’alto livello di indebitamento che da anni si registra, centrale è il tema della spesa, in particolare quella per investimenti, unica leva capace di aprire margini di manovra, in prospettiva 2025 ed a venire, grazie ai fondi resi disponibili in via straordinaria dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
E’ noto, infatti, che solo la messa a terra di tali aggiuntive risorse, specie se combinate con quelle nazionali del PNC (Piano Nazionale di Completamento) e con gli altri fondi comunitari fin qui utilizzati poco e male, ma che stavolta potrebbero trovare utile finalizzazione, consentirà di raggiungere, a fine 2024, livelli di PIL superiori alle stime del Governo, in grado di modificare favorevolmente i numeri del rapporto con l’indebitamento.
Il fatto che il tutto dipenda dall’attuazione del PNRR chiama in causa il nuovo codice, di cui al d.lgs.36/2023, che, come ribadito anche dai giudici amministrativi (Tar Umbria, n.758/2023), al netto delle disposizioni in deroga (i decreti legge n. 77 del 2021 e 13 del 2023, cui si aggiungono il 76 del 2020 ed il 32 del 2019), va applicato anche per tali interventi. Il nuovo codice, del resto, nasce per mano dello stesso PNRR, nell’ambito dei capitoli dedicati alle riforme, con l’obiettivo di risolvere il problema della messa a terra della spesa per investimenti: basti pensare al principio di risultato posto al vertice dell’intero provvedimento. Questo, peraltro, sconta una vera e propria sfida interna rappresentata dalla digitalizzazione dei processi perseguita dallo
Il vero tema che si pone in prospettiva è quello dei programmi destinati a gestire alcune fattispecie relative all’intero ciclo di vita dei contratti pubblici in modo sostanzialmente automatico, se è vero, come è vero, che la digitalizzazione riguarda non tanto e non solo la fase dell’aggiudicazione
stesso PNRR, che qui investe l’intero ciclo di vita dei contratti, con un innovativo quanto impegnativo pacchetto di regole che ha acquistato efficacia dal primo gennaio. In quest’ottica, ricordato come l’attivazione del sistema nazionale di e-procurement costituisca obiettivo che lo stesso PNRR fissa nel capitolo delle riforme, obiettivo che il decreto legge sulla proroga dei termini (n. 215/23) non ha posposto, la sfida è quella di innalzare il montante degli investimenti sfruttando i vantaggi della digitalizzazione dei processi, che di suo dovrebbe costituire fattore di accelerazione dei meccanismi di spesa: basti pensare all’utilizzo delle banche dati per la selezione degli operatori economici, per la verifica dei requisiti dichiarati ma anche per la gestione delle problematiche esecutive come le non conformità, le modifiche oggettive e soggettive ecc. La sfida, dunque, si gioca soprattutto sul piano tecnico, nel senso di assicurare l’interoperabilità delle piattaforme per permettere l’attivazione dei flussi informativi in senso ascendente, verso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) dell’Anac, discendente, verso committenze ed operatori economici, nonché orizzontale tra amministrazioni certificanti, ciò che include la disponibilità, specie da parte di Stazioni Appaltanti ed Enti Concedenti, di personale adeguatamente formato per la gestione di tali innovativi processi.
Ad oggi il processo è iniziato, ma con non poche difficoltà che nascono anche dal limitato numero delle piattaforme disponibili, soprattutto per l’accreditamento su tutte le (4) fasi dell’intero ciclo di vita dei contatti, oltre che dalle relative modalità di settaggio e da problemi squisitamente
8 la digitalizzazione
Marinis
Of Counsel
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Stefano de
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Studio legale Piselli
Pierluigi
tecnici; ciò fermo restando che l’informatizzazione delle procedure implica conoscenza, da parte dei programmatori, delle regole giuridico amministrative che le presidiano, la cui trasposizione operativa richiede l’integrazione delle necessarie competenze.
In questo senso l’Anac, da più parti sollecitata1, ha operato per porre rimedio ai problemi insorti con una serie di interventi specifici, tra i quali l’eliminazione del passaggio attraverso le piattaforme per l’acquisizione dei CIG relativi ad affidamenti sotto i 5 mila euro - posta l’abolizione degli Smart CIG - l’incremento delle Faq già pubblicate nell’imminenza dell’operatività (rectius efficacia) delle nuove norme, il rinvio della data del 31 gennaio quale termine ultimo di comunicazione delle piattaforme certificate in uso da ciascuna committenza, pena la perdita della qualificazione conseguita anche con riserva, l’adozione di appositi manuali operativi per l’utilizzo del Fascicolo Virtuale dell’operatore economico, il cosiddetto (FVOE) indispensabile per velocizzare tutte le operazioni di verifica e controllo delle dichiarazioni rese dagli operatori economici ai fini della stipula dei contratti soprattutto dopo che la stessa Anac, con un parere in sede consultiva datato 15 novembre 2023 aveva affermato l’inapplicabilità delle regole sul silenzio assenso alle attività di verifica delle dichiarazioni rese dagli operatori economici.
Pur considerando i problemi fin qui sorti superabili con una fase di rodaggio del nuovo sistema, che ci si augura possa essere il più breve possibile, il vero tema che si pone in prospettiva è quello dei programmi destinati a gestire alcune fattispecie relative all’intero ciclo di vita dei contratti pubblici in modo sostanzialmente automatico, se è vero, come è vero, che la digitalizzazione riguarda non tanto e non solo la fase dell’aggiudicazione.
Detti automatismi saranno assicurati dall’utilizzo di algoritmi come da tempo già avviene, in modo limitativo e semplificato ad esempio per la definizione dell’individuazione delle offerte anomale da escludere dalle gare: la questione implica, in caso di contestazione del provvedimento, nell’esempio l’esclusione, l’opzione tra procedere con l’impugnazione dell’algoritmo che, come impostato, ha definito la soglia di esclusione, ovvero della decisione algoritmica, che peraltro il codice considera espressamente all’articolo 30.
La questione è ancor più evidente se si considera il complesso meccanismo alla base dell’innovativo sistema di esclusione automatica delle offerte anomale rubricato come metodo C nell’all.II.2 del codice.
Il tema evoca un punto fondamentale, nel senso della necessità che tutti i programmi operativi basati su algo-
la digitalizzazione
ritmi che implichino l’applicazione di norme di legge, o anche solo regolamentari, vengano adottati dagli organi istituzionalmente preposti all’interpretazione della legge, posto che altrimenti l’attività svolta dalle stazioni appaltanti con algoritmi non certificati potrebbe tradursi in sistematiche violazioni della normativa in essere non facilmente identificabili dagli operatori.
Il tema digitale peraltro evoca l’ulteriore importante profilo, direttamente connesso all’incremento dei volumi degli investimenti, costituito dalla qualificazione delle stazioni appaltanti.
A parte il ristretto numero di quelle qualificate per legge, il 30 giugno 2024 scadrà, infatti, il regime della qualificazione con riserva; le Stazioni Appaltanti qualificate con tale formula (comuni, province, città metropolitane, comuni capoluogo di provincia e regioni) dovranno, quindi, ai sensi dell’art. 9, punto 3, dell’allegato II.4 del Codice, iscriversi a regime a partire dal 1° gennaio 2024, ed ottenere i previsti requisiti di qualificazione entro il 30 giugno. Dal 1° gennaio 2025, poi, sarà obbligatorio l’utilizzo del BIM per tutti i lavori di importo superiore al milione di euro, con il che la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti assumerà connotati completi e definitivi. La sfida riguardante la digitalizzazione non si risolve, infine, nella sola raccolta dei dati e nel loro utilizzo tramite la BDNCP ovvero nella loro immissione nel Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico, ma include l’ulteriore rilevanti aspetto della protezione di tali dati.
Sotto il primo profilo rileva l’attacco verificatosi a fine dicembre ad opera di hackers che hanno posto fuori uso tutta una serie di servizi erogati dalla pubblica amministrazione, mettendo a rischio financo il pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici.
Il fatto ha richiesto l’intervento dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale che, d’intesa con Westpole e PA Digitale ha consentito il ripristino dei servizi impattati, nonché il recupero dei dati oggetto dell’attacco per più di 700 dei soggetti pubblici nazionali e locali, legati alla catena di approvvigionamento della stessa PA Digitale. Trattasi del primo segnale di quanto sia rilevante il problema e di quanto le amministrazioni, inclusa Anac relativamente al sistema nazionale di e-procurement che è stata chiamata a gestire, debbano ancora fare con l’indispensabile supporto di adeguate competenze tecnico legali integrate specie alla luce della Direttiva 2019/1024 (Direttiva Open Data) e dell’adozione delle relative disposizioni attuative, quali il regolamento (UE) 2023/138 che fissa l’elenco dei dati di elevato valore con le modalità per la loro pubblicazione e riutilizzo.
1 l’ANCI ha tempestivamente raccolto in un documento allegato alla nota datata 17 gennaio 2024 inviata ad Anac, l’elenco completo delle disfunzioni registrate nelle prime settimane di avvio del sistema.
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Filippo Martinez - Fabio Caruso - Martinez & Partners Studio legale associato
La morte dell’ATI verticale e le conseguenze in tema di responsabilità delle imprese
Tra le novità più significative introdotte dal D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36, entrato in vigore il 1° aprile 2023 ma efficace solo dal successivo 1° luglio, vanno indubbiamente menzionate quelle in tema di raggruppamenti temporanei d’imprese (R.T.I., altrimenti definiti come associazioni temporanee di imprese: A.T.I.).
L’istituto del R.T.I. trae origine dalla necessità di due o più imprese di partecipare ad una gara d’appalto sommando i propri requisiti, ossia unendo le forze per poter essere ammessi ad una procedura e soddisfare i relativi requisiti di capacità, posto che singolarmente non sarebbero in grado di soddisfarli.
Principale tratto distintivo della disciplina del RTI rispetto ad altre modalità di partecipazione in forma aggregata (vedasi in primis i Consorzi) risiede nella sua occasionalità e specificità.
L’utilizzo di tale strumento consente, infatti, a più operatori economici di associarsi per partecipare ad una determinata gara pubblica, senza dar luogo alla creazione di un nuovo soggetto giuridico, conservando in questo modo la rispettiva autonomia organizzativa e gestionale.
regime di responsabilità in capo ai medesimi operatori economici raggruppati. Si badi che la ripartizione dei requisiti non coincide necessariamente con l’attribuzione ai singoli componenti delle quote di partecipazione al raggruppamento.
Al fine di chiarire la portata della innovazione normativa in argomento, è necessario prendere le mosse dalla disciplina contenuta nel previgente codice dei contratti pubblici.
L’art. 68 del D.Lgs. 36/2023 ha soppresso la distinzione tra ATI verticali e orizzontali, e prevede un’unica tipologia di ATI, quella orizzontale, con conseguente responsabilità solidale di tutte le impresse, a prescindere dai requisiti posseduti e dalle corrispondenti quote di esecuzione dell’appalto
Partendo da queste premesse, i cambiamenti di maggiore impatto apportati dalla nuova disciplina codicistica in materia di RTI riguardano innanzitutto le modalità di partecipazione in seno ai raggruppamenti, con particolare attenzione alla regolamentazione della ripartizione dei requisiti tra i singoli componenti del raggruppamento ai fini della qualificazione e, conseguentemente, della esecuzione dell’appalto, nonché il conseguente
Nell’impianto del vecchio Codice, l’art. 48 del D.lgs. 50/2016 distingueva espressamente ai commi 1 e 2 tra RTI di tipo “verticale”, in cui un operatore economico era qualificato per eseguire la categoria prevalente (“lavori”) o principale (“servizi e forniture”), mentre gli altri per eseguire le categorie scorporabili (“lavori”) o secondarie (“servizi e forniture”), e RTI di tipo orizzontale in cui le categorie o tipologie di prestazioni erano considerate omogenee e, per la loro esecuzione, tutte le imprese del raggruppamento erano indistintamente qualificate. In altri termini, si era in presenza di un raggruppamento di tipo “orizzontale” quando l’associazione d’imprese risultava finalizzata a realizzare lavori della medesima categoria (art. 48, comma 1) o ad eseguire il medesimo tipo di prestazione nell’appalto di fornitura o di servizi (art. 48, comma 2).
Al contrario, nell’ATI “verticale” la suddivisione era anche di tipo “qualitativo”, nel senso che l’impresa capogruppo o mandataria doveva necessariamente realizzare le prestazioni di natura prevalente (nei lavori) o principale (nei servizi e forniture), mentre le prestazioni
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scorporabili (nei lavori) o secondarie (nei servizi e forniture) erano eseguite dalle altre imprese, le cd. mandanti. Si badi però che, in relazione alle forniture di beni e servizi, l’ATI verticale era consentita solo ed esclusivamente nel caso in cui la Stazione appaltante avesse predeterminato quale fosse la prestazione denominata secondaria, poiché altrimenti le attività oggetto d’appalto erano tutte da considerarsi come prestazioni principali, con la conseguenza che l’ATI sarebbe stata necessariamente di tipo orizzontale.
In altri termini, nel caso dei servizi o delle forniture, laddove la stazione appaltante dimenticava di qualificare una determinata prestazione come ‘secondaria’, quand’anche si fosse in presenza di attività diverse ed eterogenee, allora era comunque vietata l’ATI verticale, ed era ammessa esclusivamente un’ATI di tipo orizzontale.
Tale aspetto aveva chiara incidenza sul regime di responsabilità dei diversi soggetti facenti parte del raggruppamento, che risultava differenziata proprio in rapporto alla quantità e tipologia delle prestazioni che ciascuna impresa era concretamente chiamata ad eseguire.
ATI verticali e orizzontali
Ciò si ricavava dal tenore del comma 5 dello stesso art. 48 del D. Lgs n. 50/2016 che, in tema di “responsabilità solidale” tra i componenti l’RTI, stabiliva come “per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all’esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario”.
Dunque, nel caso di ATI orizzontale, anche si fosse in presenza di attività eterogenee ma tutte definibili come principali, la responsabilità tra le imprese del raggruppamento era pienamente solidale nei confronti della stazione appaltante. Al contrario, nel caso di RTI verticale, la responsabilità delle mandanti era limitata alla esecuzione delle prestazioni secondarie di relativa competenza, come assunte e dichiarate in gara (si deve infatti ricordare che il comma 4 dell’art. 48 del previgente codice dei contratti pubblici, il già citato d.lgs. 50/2016, obbligava i componenti dell’ATI a dichiarare in gara la ripartizione dell’esecuzione, anche solo in termini percentuali. In altre parole, era (ed è) obbligatorio
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specificare in gara, in caso di partecipazione in ATI, ‘chi fa cosa’).
Peraltro, è curioso evidenziare che, in questo contesto, il legislatore italiano (art. 83 comma 8 del Dlgs 50/2016) aveva previsto che la mandataria/capogruppo dovesse sempre “ possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria”, e che poi la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la celebre pronuncia della Sezione IV, 28 aprile 2022 in causa C-642/20, abbia considerato illegittima tale disposizione, non rinvenendosi alcun fondamento giuridico nelle direttive comunitarie circa il ruolo preponderante della mandataria, dovendo lasciare alla libertà del concorrente raggruppato la scelta dell’affidamento del mandato sotteso all’ATI prescindendo dalla percentuale di esecuzione dell’appalto.
Ebbene, in questo contesto, la rivoluzione copernicana introdotta dall’art. 68 del D.Lgs. 36/2023 risiede nell’aver soppresso la distinzione tra ATI verticali e orizzontali, e di prevedere un’unica tipologia di ATI, quella orizzontale, con conseguente responsabilità solidale di tutte le impresse, a prescindere dai requisiti posseduti e dalle corrispondenti quote di esecuzione dell’appalto. Il legislatore italiano ha ritenuto di dover abrogare l’ATI verticale sulla scorta di quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia, sez. IV, 28 aprile 2022 in causa C-642/20, citata in precedenza, secondo cui: “L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria”. In accordo con i principi della libera concorrenza e di massima partecipazione e apertura al mercato unico, i giudici Lussemburghesi hanno difatti chiarito che il legislatore italiano si fosse spinto oltre i confini stabiliti dalla Direttiva europea 2014/24 sui contratti pubblici: “ una norma come quella contenuta nell’articolo 83, comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che obbliga il mandatario del raggruppamento di operatori economici ad eseguire direttamente la maggior parte dei compiti, va al di là di quanto consentito da tale direttiva. Infatti, una norma del genere non si limita a precisare il modo in cui un raggruppamento di operatori economici deve garantire di possedere le risorse umane e tecniche necessarie per eseguire l’appalto, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, di detta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 58, paragrafo 4, della stessa, ma riguarda l’ese-
cuzione stessa dell’appalto e richiede in proposito che essa sia svolta in misura maggioritaria dal mandatario del raggruppamento”.
A chi scrive, pare chiara l’assenza di alcun nesso tra il diritto di un raggruppamento di scegliere la mandataria prescindendo dalle quote di esecuzione, e il regime di responsabilità solidale delle imprese facenti parte del raggruppamento. Tale responsabilità solidale potrebbe semmai essere imposta alla mandataria, in ragione del ruolo di rappresentanza, e prescindendo dalla quota di esecuzione, ma non essere esteso anche alle eventuali mandanti chiamate a svolgere quote minoritarie dell’appalto, o – peggio – quote limitate a prestazioni specialistiche di peculiare competenza.
Secondo il diritto comunitario, semplicemente, la possibilità di predeterminare le modalità esecutive e le quote di partecipazione al raggruppamento non può essere rimessa alla legislazione interna e quindi predeterminata ex lege, ma deve esssere lasciata alla libera scelta del concorrente raggruppato.
Il diverso regime di responsabilità delle imprese raggruppate, in base alle modalità di costituzione dell’ATI, dovrebbe essere rimesso al legislatore nazionale il quale ha ritenuto applicabile a ogni tipo di ATI la responsabilità solidale.
Il nuovo regime giuridico dell’ATI, cristallizzato all’art. 68 del D.Lgs. 36/2023, ha quindi previsto la morte dell’ATI verticale e delle responsabilità delle mandanti limitate alle quote di esecuzione ad esse spettanti. Significativo il comma 9 dell’art. 68, in base al quale “l’offerta degli operatori economici raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori”.
In definitiva, la conseguenza dell’eliminazione dall’ordinamento dell’ATI di tipo “verticale” e dei limiti alla responsabilità solidale tra i componenti della stessa ATI, è che ciascun operatore economico raggruppato sia chiamato a rispondere in solido con gli altri componenti per tutte le prestazioni oggetto dell’appalto.
La riforma è di non poco momento. E’ intuitivo che l’obbligo di condividere, in solido con gli altri componenti dell’RTI, la responsabilità della corretta esecuzione di tutto il valore dell’appalto, anche in un caso in cui l’assunzione delle attività sia limitata a talune prestazioni, rischi di frenare la partecipazione alle ATI delle piccole e medie imprese, nonostante l’istituto del raggruppamento temporaneo sia nato – all’opposto –proprio per favorirne la partecipazione secondo la regola ‘l’unione fa la forza’.
Si rende quindi necessario un particolare lavoro preventivo che possa tutelare le imprese più deboli in seno ad
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ATI verticali e orizzontali
un raggruppamento, ossia quelle che assumono l’esecuzione limitata di attività.
A questo proposito, ad avviso di chi scrive, un ruolo decisivo viene assegnato al c.d. Regolamento interno di ATI, a mezzo del quale le singole imprese componenti il raggruppamento possono concretamente intervenire a definire le rispettive prestazioni di competenza, nonché stabilire nel dettaglio i rapporti interni all’ATI, i diritti, gli obblighi e le responsabilità.
Nello specifico, nel Regolamento interno di ATI le imprese possono stabilire in modo dettagliato gli aspetti relativi a:
• quote di partecipazione;
• eventuali anticipazioni;
• modalità di ripartizione delle prestazioni ed il regime di responsabilità;
• controgaranzie in favore della mandataria;
• eventuale comitato direttivo;
• disciplina del recesso; altri aspetti relativi alla partnership e al mandato sotteso all’ATI.
Pertanto, se da un lato è oramai la legge a prevedere un regime di generalizzata responsabilità solidale tra le imprese, è comunque sempre possibile definire e circostanziare le modalità di ripartizione delle singole obbligazioni nell’ambito del contratto e regolamento interno dell’ATI, in modo che poi, nei rapporti interni, la mandante chiamata a svolgere una quota minoritaria della prestazione, resti comunque tutelata a fronte dell’eventuale inadempimento dell’impresa associata, nonostante il regime di responsabilità solidale dettato dalla legge.
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ATI verticali e orizzontali
Marco Iannacci e Matteo Pulcini - Studio legale CMS
Il “Payback” per dispositivi medici al vaglio della Consulta
Con numerose ordinanze “gemelle” la sezione IIIquater del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Roma1 ha recentemente rimesso alla Corte Costituzionale una questione di legittimità riguardante il meccanismo per il ripiano del superamento del tetto di spesa, regionale e nazionale, per l’acquisto di dispositivi medici, il quale prevede che tale superamento sia posto, per il 50% a carico delle imprese fornitrici di tali beni (c.d. “Payback”).
In particolare, secondo il T.A.R. deve essere sottoposto allo scrutinio di legittimità costituzionale, l’articolo 9-ter del Decreto Legge del 19 giugno 2015, n. 78, con il quale è stato data effettiva attuazione al Payback a diversi anni di distanza dall’adozione dell’articolo 17 del Decreto Legislativo del 6 luglio 2011, n. 98 il quale, prevedeva l’istituzione di tetti alla spesa sanitaria, tetti tuttavia, in pratica, rimasti concretamente inattuati.
L’articolo 9-ter prevede un meccanismo di riparto dell’onere derivante dallo sforamento dei tetti di spesa tra le strutture del servizio sanitario e le aziende fornitrici di dispositivi medici.
I tetti di spesa sono determinati a livello statale e, per le singole regioni e provincie autonome, tramite un accordo da adottarsi in sede di Conferenza Permanente StatoRegioni mentre il superamento di tali tetti di spesa deve essere certificato mediante l’adozione di appositi Decreti Ministeriali.
Tuttavia, in mancanza sia della determinazione dei tetti di spesa regionale2, sia dei decreti ministeriali che ne certificassero lo sforamento, l’articolo 9-ter del D. L. n. 78/2015 è rimasto, di fatto, “lettera morta” sino al luglio-agosto 2022.
Il Governo ha emanato, dapprima, il D.M. 6 luglio 2022 (pubblicato in G.U.R.I. del 15 settembre 2022, n. 216) con il quale si certificava uno sforamento complessivo dei tetti di spesa pari ad oltre 4 miliardi di Euro, (di cui oltre 2 miliardi posti a carico delle aziende produttrici di dispositivi medici) e successivamente il comma 9-bis dell’articolo 9-ter del D.L. n. 78/20153, (introdotto dall’articolo 18, comma 1 del Decreto Legge 9 agosto 2022, n. 115, “Accelerazione delle procedure di ripiano per il superamento del tetto di spesa per i dispositivi medici e dei tetti di spesa farmaceutici”).
A distanza di soli due soli mesi, con il D.M. 6 ottobre 2022 (pubblicato in G.U.R.I. del 26 ottobre 2022, n. 251) sono state poi adottate le “Linee guida propedeutiche all’emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali in tema di ripiano del superamento del tetto dei dispositivi medici per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018” cui seguivano i provvedimenti regionali applicativi del meccanismo con i quali le somme destinate al ripiano venivano richieste alle singole imprese fornitrici di dispositivi medici.
La prima “concreta” applicazione del Payback al settore dei dispositivi medici ha dato, quindi, il via ad una enorme mole di contenziosi amministrativi con cui sono stati
1 Si vedano, ad esempio, T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III-quater, ordinanze collegiali del 24 novembre 2023 nn. 17553, 17552, 17551, 17550.
2 Intervenuta solo nel 2019, con l’Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome n. 181/CSR del 7 novembre 2019 con il quale il tetto di spesa per gli anni 2015-2018 è stato fissato al 4,4%
3 L’articolo 9-ter, comma 9-bis, D.L. n. 78/2015 così recita: “In deroga alle disposizioni di cui all’ultimo periodo del comma 9 e limitatamente al ripiano dell’eventuale superamento del tetto di spesa regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, dichiarato con il decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 8, le regioni e le province autonome definiscono con proprio provvedimento, da adottare entro novanta giorni dalla data di pubblicazione del predetto decreto ministeriale, l’elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano per ciascun anno, previa verifica della documentazione contabile anche per il tramite degli enti del servizio sanitario regionale. Con decreto del Ministero della salute da adotT.A.R.si d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto ministeriale di cui al primo periodo, sono adottate le linee guida propedeutiche alla emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali. Le regioni e le province autonome effettuano le conseguenti iscrizioni sul bilancio del settore sanitario 2022 e, in sede di verifica da parte del Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all’articolo 12 dell’Intesa tra il governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, del 23 marzo 2005, ne producono la documentazione a supporto. Le aziende fornitrici assolvono ai propri adempimenti in ordine ai versamenti in favore delle singole regioni e province autonome entro il 30 aprile 2023. Nel caso in cui le aziende fornitrici di dispositivi medici non adempiano all’obbligo del ripiano di cui al presente comma, i debiti per acquisti di dispositivi medici delle singole regioni e province autonome, anche per il tramite degli enti del servizio sanitario regionale, nei confronti delle predette aziende fornitrici inadempienti sono compensati fino a concorrenza dell’intero ammontare. A tal fine le regioni e le province autonome trasmettono annualmente al Ministero della salute apposita relazione attestante i recuperi effettuati, ove necessari”.
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contestati i provvedimenti regionali applicativi del meccanismo, le Linee guida adottate con decreto ministeriale nonché il decreto ministeriale con il quale è stato certificato lo sforamento del tetto di spesa per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, ed anche la legittimità costituzionale della normativa statale “presupposta”.
Il T.A.R. del Lazio ha accolto le domande cautelari presentate dalle imprese ricorrenti ed ha sospeso i provvedimenti impugnati poiché i periodi cui facevano riferimento le somme richieste dalle Regioni erano molto risalenti e ha fissato una discussione a breve del merito della vicenda.
Nelle more dei giudizi, considerate anche le notevoli pressioni degli operatori del settore, il Governo ha tentato di mediare, dapprima prorogando il termine per il pagamento delle somme quantificate nei provvedimenti regionali al 30 aprile 2023 4 e, successivamente, prevedendo uno “sconto” di circa la metà delle somme dovute per i soggetti che avessero corrisposto quanto richiesto entro il 30 novembre 2023 e rinunciato ai giudizi eventualmente proposti dinnanzi al TAR5.
La remissione alla Consulta da parte del TAR LAZIO
Quanto alla non manifesta infondatezza, il T.A.R. ha individuato diversi profili di possibile contrasto con la Costituzione.
Un primo profilo di contrasto è stato rilevato con riferimento all’articolo 3 della Costituzione.
Il T.A.R. ha, innanzitutto, sottolineato come la normativa relativa al Payback per i dispositivi medici non individua espressamente una finalità di interesse pubblico ulteriore rispetto alle esigenze di mero ripiano della spesa pubblica, che giustifichi, in un’ottica di bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, la compartecipazione delle imprese private alla spesa necessaria al ripiano.
Sembra irragionevole pensare che le imprese private, partecipando alle gare bandite dalle SA del SSN sulla base di regole di gara da queste ultime stabilite e, quindi, sulla base di determinati calcoli e previsioni di possibile utile debbano subire un non preventivabile prelievo economico per via dello sforamento di tetti di spesa determinati aliunde
Nel mentre, tuttavia, il T.A.R. Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9-ter del D.L. n. 78/2018, per contrasto con gli articoli 3, 23, 41 e 117 della Costituzione, ritenendo la questione rilevante e non manifestamente infondata.
Quanto alla rilevanza, il T.A.R. ha ritenuto impossibile esperire un’interpretazione costituzionalmente orientata (c.d. interpretazione adeguatrice) della norma, dato il suo chiaro e preciso dato testuale6
Tale finalità ulteriore era, invece, presente nella normativa nazionale che istituiva il meccanismo del Payback nel mercato farmaceutico, tanto che la Corte Costituzionale aveva ritenuto correttamente bilanciati gli interessi costituzionali in gioco (sentenza 22 febbraio 2017 n. 70)7
Sempre con riferimento al precedente relativo al mercato farmaceutico, il T.A.R. ha poi evidenziato che a differenza dei farmaci (il cui prezzo massimo è predeterminato ), nel mercato dei dispositivi medici il prezzo dei beni è liberamente determinato, in base al mercato, dalle amministrazioni del SSN a seguito di procedure ad evidenza pubblica. Sotto altro profilo, il T.A.R. ha ritenuto che il meccanismo del Payback viola il principio di libertà di iniziativa economica privata tutelata dall’articolo 41 della Costituzione, in quanto le imprese incise dal prelievo per aggiudicarsi i contratti di fornitura dei dispositivi medici hanno partecipato a gare pubbliche – nelle quali, come noto, vige un principio di sostenibilità dell’offerta economica che vengono sottoposte ad un giudizio di (non) anomalia - senza però poter consi-
4 Si veda l’articolo 4, comma 8-bis, del Decreto Legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 febbraio 2023, n. 14.
5 Si veda l’articolo 8, comma 3, del Decreto Legge 30 marzo 2023, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 maggio 2023, n. 56.
6 La Corte Costituzionale, fin dagli anni ’80, ha qualificato l’inesistenza di una interpretazione adeguatrice come vero e proprio requisito “processuale” del giudizio di costituzionalità, sanzionando di volta in volta il remittente in caso di esistenza di un’opzione interpretativa in grado di “salvare” la norma. Si veda, sul punto, G. Sorrenti, L’interpretazione conforme a Costituzione, Milano 2006, pp. 209 e ss.
7 Con la sentenza n. 70/2017 la Corte Costituzionale si è espressa sulla legittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 3, lettera a), del Decreto Legge 1° ottobre 2007, n. 159 nella parte in cui l’obbligo di ripianare il superamento del tetto della spesa farmaceutica imputabile al fondo aggiuntivo per l’acquisto di farmaci innovativi viene posto a carico delle aziende titolari di autorizzazione all’immissione in commercio relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto. Conviene, tuttavia, precisare che in quella sede il meccanismo del Payback non venne contestato nella sua interezza, ma solo in quanto applicato a degli operatori (fornitori di farmaci non innovativi) che non avevano contribuito al superamento del tetto alla spesa imputabile al fondo aggiuntivo per l’acquisto di farmaci innovativi.
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derare, nella formulazione dell’offerta, l’impatto del Payback sul proprio margine di utile.
Peraltro, è stato sottolineato come le imprese non hanno partecipato in alcun modo alla determinazione dei tetti di spesa, né del fabbisogno di dispositivi medici dei singoli enti del SSN con un ingiustificato sacrificio anche sotto tale profilo dell’iniziativa economica privata.
Per le medesime ragioni sostanziali, il TAR Lazio - nel rimettere la questione alla Corte Costituzionale- ha ravvisato una possibile violazione dei principi dell’affidamento, della ragionevolezza e dell’irretroattività tutelati ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), e, quindi, degli articoli 3 e 117 della Costituzione. Ciò in quanto i rapporti contrattuali e le annualità di bilancio in relazione ai quali opererebbe il Payback sarebbero esauriti e consolidati da tempo. Inoltre, la previsione dei tetti regionali di spesa e la conseguente quantificazione della quota complessiva di ripiano posta a carico delle imprese private determinerebbe una compressione sostanziale dell’utile calcolato al momento della partecipazione alle gare potendo eventualmente provocare addirittura l’azzeramento dello stesso essendo tale quota di ripiano calcolata sul fatturato delle imprese e non sugli utili.
Infine, il T.A.R. Lazio ha individuato un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale in quanto il Payback previsto dall’articolo 9-ter rappresenterebbe una fattispecie riconducibile al genus delle “prestazioni patrimoniali imposte per legge senza la volontà della persona destinataria” di cui all’articolo 23 della Costituzione, mentre non avrebbe natura tributaria. Non avendo natura tributaria, l’imposizione di simili prestazioni può essere giustificata, secondo la giurisprudenza costituzionale, solo in presenza di specifici e vincolanti criteri direttivi previsti a livello legislativo, idonei ad indirizzare la discrezionalità amministrativa nella fase di attuazione della normativa primaria; criteri che, invece, ad avviso del TAR sarebbero assenti nel caso del Payback applicato ai dispositivi medici8
La parola alla Consulta. Scenari e prospettive È ora rimesso alla Consulta il (non facile) compito di bilanciare i principi costituzionali richiamati supra (uguaglianza, affidamento etc.) con le altrettanto importanti esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica sanitaria ed anche con l’equilibro di bilancio tutelato dall’articolo 81 della Costituzione.
8 Corte costituzionale, sentenza 15 maggio 2015, n. 83.
Tra i vari profili di incostituzionalità sollevati dal T.A.R., quello che appare maggiormente convincente è quello legato alla possibile violazione del principio della libera iniziativa economica privata, tutelato ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione, in relazione ai principi dell’affidamento e della certezza del diritto.
Infatti, sembra effettivamente irragionevole pensare che le imprese private, partecipando alle gare bandite dalle Stazioni Appaltanti del SSN sulla base di regole di gara da queste ultime stabilite e, quindi, sulla base di determinati calcoli e previsioni di possibile utile debbano subire un non preventivabile prelievo economico per via dello sforamento di tetti di spesa determinati aliunde.
Quasi superfluo sottolineare che le conseguenze per gli operatori del settore potrebbero essere disastrose, in particolare per le tante piccole e medie imprese del settore che già operano con margini di utile relativamente ridotti e che subirebbero un “imprevedibile” prelievo rapportato, peraltro, non già all’utile ma al fatturato delle stesse.
Nel mentre, in attesa delle decisioni della Corte, che prevedibilmente non verrà assunta prima della fine del 2024, rimangono in ogni caso fermi gli effetti sospensivi delle ordinanze cautelari emesse dal T.A.R. del Lazio ad inizio 2023 o, comunque, l’operatività della c.d. sospensione impropria anche per quei giudizi in cui tali ordinanze cautelari non siano intervenute9.
Per quel che riguarda, invece, le imprese che non hanno impugnato i provvedimenti impositivi, l’obbligo di pagamento è, in astratto, ancora efficace. Sembra plausibile, però, immaginare un atteggiamento “cauto” da parte del Governo e delle Regioni, che probabilmente non si arrischieranno ad attivare il meccanismo di compensazione previsto dallo stesso articolo 9-ter, né altre iniziative di immediata riscossione in pendenza del giudizio di costituzionalità anche per i rischi di dover poi restituire le somme.
Anzi, in attesa della decisione della Consulta non è da escludere che il Governo attui una soluzione normativa già in passato da più parti sollecitata mentre gli operatori dovranno attendere la decisione della Consulta e l’eventuale annullamento della norma con effetti, come noto, retroattivi delle norme in questione.
Quanto a quest’ultimo profilo, va detto che è pur possibile che la Consulta, in caso di accoglimento della questione di legittimità costituzionale sollevata, vada a limitarne gli effetti ai soli rapporti pendenti, escludendoli invece quanto ai rapporti esauriti 10 .
9 Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale nel processo amministrativo è applicabile la c.d. sospensione impropria, ossia la sospensione di un giudizio per la pendenza di una questione di legittimità costituzionale di una norma, applicabile in tale procedimento, ma sollevata in una diversa causa (si veda ex multis Consiglio di Stato, Sez. III, ord. 30 giugno 2022, n. 5452; Adunanza Plenaria, ord. 15 ottobre 2014, n. 28.
10 In questo senso, si veda il giudizio di costituzionalità relativo all’articolo 81, commi 16, 17 e 18 del Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (la c.d. Robin Hood Tax) nell’ambito del quale la Corte ritenne di limitare gli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale ai soli rapporti pendenti, escludendola per quelli rapporti esauriti, ciò in considerazione del necessario bilanciamento dell’impatto che una tale pronuncia avrebbe determinato su altri principi di rango costituzionale, primo fra tutti quello della certezza del diritto (si veda Corte Costituzionale, sentenza 9 febbraio 2015, n. 10).
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Evoluzione del Soccorso Istruttorio dal vecchio al nuovo Codice degli Appalti
Il soccorso istruttorio è un istituto generale del procedimento amministrativo che trova la sua disciplina generale nell’articolo 6, comma 1, lettera b), della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, pertanto viene applicato a qualunque procedimento amministrativo, ivi comprese le procedure di affidamento di contratti pubblici. Con precipuo riferimento a questi ultimi va innanzitutto evidenziato che nel vecchio codice degli appalti il soccorso istruttorio era disciplinato dall’art. 83 d.lgs 50/2016, rubricato “Criteri di selezione e soccorso istruttorio”, mentre con l’entrata in vigore del nuovo codice il soccorso istruttorio trova la sua disciplina nell’art. 101 del d.lgs 36/2023, rubricato semplicemente “Soccorso istruttorio”.
Già dalla differente rubricazione delle due disposizioni è facile intuire come il legislatore, con la riforma, abbia voluto valorizzare maggiormente questo procedimento dedicandogli un intero articolo. Ma v’è di più, dalla lettura e da un attento confronto dei due articoli è possibile scorgere alcune importanti novità che si vanno di seguito ad analizzare.
i vizi rilevati. Si tratta quindi di un sub-procedimento che permette all’operatore economico di rimediare ad errori che riguardano la domanda di partecipazione alla gara d’appalto.
Il soccorso istruttorio è possibile solo in caso di correzioni alla documentazione amministrativa, non è ammesso per modificare l’offerta tecnica o l’offerta economica. È un istituto trasversale che si applica a tutte le gare di appalto, indipendentemente dall’importo e dal criterio di aggiudicazione.
La stazione appaltante può sempre richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica e dell’offerta economica e su ogni loro allegato. Dal canto suo l’operatore economico è tenuto a fornire risposta nel termine fissato dalla stazione appaltante. In ogni caso i chiarimenti resi dall’operatore economico non possono modificare il contenuto dell’offerta tecnica e dell’offerta economica
In caso di carenza documentale, omissioni, inesattezze o irregolarità da parte dell’operatore economico che intende partecipare ad una gara il nuovo codice degli appalti (d. lgs. 36/2023) prevede l’obbligo per la stazione appaltante di attivare il soccorso istruttorio per sanare, ove possibile,
La ratio legis che sta alla base di questo Istituto è evidentemente quella di evitare che eccessivi formalismi o mere dimenticanze possano impedire ad un operatore economico, finanche al più meritevole, di partecipare alla gara. Il legislatore si pone in definitiva l’obiettivo di consentire alla stazione appaltante di affidare i lavori al miglior offerente, e ciò in linea con il principio del risultato.
Tale impostazione risulta, peraltro, conforme con quanto sancito dalla sentenza n. 1308/2022 sez. VI del Consiglio di Stato secondo la quale lo scopo della gara è quello di selezionare il concorrente che, in possesso di requisiti specifici, risulta più idoneo e meritevole di affidamento. Gli eventuali errori e le omissioni non alterano il confronto competitivo, che deve esser sempre salvaguardato, e non possono essere perciò motivo di esclusione.
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Come sopra anticipato, il Soccorso istruttorio è adesso disciplinato dall’art. 101 d.lgs. 36/2023 il cui primo comma precisa che il soccorso istruttorio è ammesso solo se la documentazione non è già presente nel fascicolo virtuale dell’operatore economico. In quel caso, infatti, l’ente dovrà procedere all’acquisizione della documentazione e non potrà attivare l’istituto in commento. Novità importante rispetto al vecchio codice è l’introduzione di un termine minimo che deve essere assegnato dalla stazione appaltante all’operatore economico per integrare e/o regolarizzare la documentazione. Tale termine non dovrà essere inferiore ai 5 giorni e non superare i 10 giorni.
Mentre nel vecchio codice era stabilito solo un termine massimo di 10 giorni. L’introduzione di un termine minimo appare senza dubbio una tutela ulteriore per l’operatore economico che, in vigenza del vecchio art. 83, poteva vedersi assegnare dalla stazione appaltante termini minimi risicatissimi entro cui reperire e fornire la documentazione richiesta dall’ente, con rischio di esclusione in caso di scadenza infruttuosa dello stesso.
Volendo entrare nel dettaglio della nuova disciplina si evidenzia che dalla lettura del nuovo codice degli appalti, ed in particolare dall’art. 101 si individuano 4 tipi di soccorso istruttorio: soccorso istruttorio integrativo (comma 1); soccorso istruttorio sanante (comma 2); soccorso istruttorio in senso stretto (comma 3); soccorso istruttorio correttivo (comma 4).
Il soccorso istruttorio integrativo, disciplinato dal comma 1 lett. a) dell’art. 101 dlgs 36/2023, prevede la possibilità di integrare di ogni elemento mancante la documentazione trasmessa alla stazione appaltante nel termine per la presentazione delle offerte con la domanda di partecipazione alla procedura di gara o con il documento di gara unico europeo, con esclusione della documentazione che compone l’offerta tecnica e l’offerta economica.
Si tratta della possibilità data all’operatore economico di integrare la documentazione amministrativa facente parte della c.d. “busta A“.
Il primo comma del richiamato articolo, inoltre, prevede che la mancata presentazione della garanzia provvisoria, del contratto di avvalimento e dell’impegno a conferire mandato collettivo speciale in caso di raggruppamenti di concorrenti non ancora costituiti sia sanabile solo mediante documenti aventi data certa anteriore al termine fissato per la presentazione delle offerte.
Il soccorso istruttorio sanante, disciplinato dal comma 1 lett. b) dell’art. 101 dlgs 36/2023, prevede la possibilità di sanare ogni omissione, inesattezza o irregolarità della domanda di partecipazione, del documento di gara unico europeo e di ogni altro documento richiesto dalla stazione appaltante per la partecipazione alla procedura di
gara, con esclusione della documentazione che compone l’offerta tecnica e l’offerta economica. La lett. b) precisa, inoltre, che non sono sanabili le omissioni, inesattezze e irregolarità che rendono assolutamente incerta l’identità del concorrente.
Ai sensi del comma 2 dello stesso articolo l’operatore economico che non adempie alle richieste della stazione appaltante nel termine stabilito è escluso dalla procedura di gara.
Il soccorso istruttorio in senso stretto è disciplinato dal comma 3 dell’art. 101 dlgs 36/2023 e concede la possibilità alla stazione appaltante di far luce su aspetti poco chiari della documentazione presentata dall’operatore economico chiedendo gli opportuni chiarimenti. Ed infatti, secondo la disposizione richiamata La stazione appaltante può sempre richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica e dell’offerta economica e su ogni loro allegato. Dal canto suo l’operatore economico è tenuto a fornire risposta nel termine fissato dalla stazione appaltante, che come anticipato non può essere inferiore a cinque giorni e superiore a dieci giorni. In ogni caso il comma 3 dispone che i chiarimenti resi dall’operatore economico non possono modificare il contenuto dell’offerta tecnica e dell’offerta economica.
Il soccorso istruttorio correttivo è disciplinato dal comma 4 dell’art. 101 del d.lgs. 36/2023 a mente del quale l’operatore economico, con le stesse modalità di presentazione della domanda di partecipazione, fino al giorno fissato per l’apertura delle buste, può richiedere la rettifica di un errore materiale contenuto nell’offerta tecnica o nell’offerta economica di cui si sia avveduto dopo la scadenza del termine per la loro presentazione a condizione che la rettifica non comporti la presentazione di una nuova offerta, o comunque la sua modifica sostanziale, e che resti comunque assicurato l’anonimato
A ben vedere, si tratta di un’ulteriore possibilità data all’operatore economico di rettificare un errore materiale contenuto nell’offerta tecnica o nell’offerta economica concessa addirittura fino al giorno fissato per l’apertura delle buste. Errore evidentemente notato dall’operatore economico dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte. La disposizione precisa che la rettifica non può in ogni caso comportare la presentazione di una nuova offerta né essere una modifica sostanziale. L’anonimato deve essere sempre assicurato. In conclusione può dirsi che il Soccorso Istruttorio, con riguardo alle procedure di evidenza pubblica, si fa carico di scongiurare che le rigorose formalità richieste per la partecipazione alla gara risultino pregiudizievoli per la sostanza e la qualità delle proposte negoziali in competizione. Il nuovo codice degli appalti, come sopra meglio analizzato, ha comportato un ampliamento dell’ambito di
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applicazione del soccorso istruttorio e ciò, a parere di alcuni giuristi e operatori del diritto, potrebbe innescare un possibile conflitto con il canone di auto-responsabilità che dovrebbe accompagnare gli operatori economici sin dal momento della presentazione della documentazione necessaria per la partecipazione alla gara e non solo in caso di aggiudicazione della stessa.
A parere dello scrivente, nell’attuale stagione riformista che sta vivendo il Paese, volta allo snellimento delle pro-
cedure amministrative, il nuovo soccorso istruttorio, così come disciplinato dal nuovo codice degli appalti, appare un buon bilanciamento tra le esigenze degli operatori economici, da una parte, e delle stazioni appaltanti, dall’altra. Ed infatti, così come disegnato, consente di mantenere salde tutte le cautele volte a preservare il corretto espletamento delle procedure di gara, riducendo ulteriormente rispetto al passato i casi di esclusione degli operatori economici per ragioni meramente formalistiche.
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Monica Scongiaforno - Foro di Roma
La trasparenza nel nuovo codice dei contratti pubblici con riguardo al “nuovo” diritto di accesso ed il relativo rito “accelerato”
Il nuovo codice dei contratti (disciplinato con l’ormai noto D. Lgs. n.36/2023), rispetto al precedente, segna un rilevante passo avanti nel coordinamento tra le esigenze di trasparenza degli atti (intendersi, per l’aspetto qui di interesse, quale loro conoscibilità) e della correlata esigenza di tutela giurisdizionale del legittimo interesse degli operatori economici ad una corretta scelta del concorrente vincitore e, non da ultimo, a potersi aggiudicare la commessa.
Al raggiungimento di tale obiettivo è da ritenere siano destinate le disposizioni contenute negli articoli 35 (accesso agli atti e riservatezza) e 36 (norme procedimentale processuali in tema di accesso) in correlazione con quanto disposto nel successivo articolo 90 (informazione ai candidati e agli offerenti), infine, con il novellato comma 2 dell’articolo 120 (disposizioni specifiche, tra l’altro, ai giudizi riferiti alle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture) del codice del processo amministrativo (c.p.a.).
Il nuovo codice riconosce a chi partecipa alla gara la possibilità di accedere in via “diretta”, cioè, senza formulare istanza formale, ai documenti ma anche “ai dati e alle informazioni” inseriti nella piattaforma ad esclusione delle offerte dei quattro operatori successivi al primo in graduatoria
L’articolo 35, al comma 1, adegua lo svolgimento della procedura di accesso alla presenza di piattaforme di e-procurement, sancendo espressamente la (già riconosciuta) possibilità per tutti i cittadini di richiedere attraverso
l’istituto dell’accesso civico generalizzato, la documentazione di gara nei limiti consentiti e disciplinati dagli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n.241 e dall’articolo 5-bis del D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33.(1) La disposizione sancisce che, sussistendo i presupposti dell’accesso documentale o quello civico, chiunque (cioè anche chi non ha partecipato alla procedura o non è un operatore economico) può accedere agli “atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inserite nelle piattaforme”. Il rinvio, pur in assenza di un esplicito richiamo, parrebbe essere effettuato alle piattaforme di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25, quest’ultimo richiamato dal successivo articolo 28 (che disciplina la trasparenza dei contratti pubblici); la previsione, però, rischia di svuotarsi di significato in assenza della completa implementazione dell’acquisizione, da parte delle stazioni appaltanti (o enti concedenti), di piattaforme di approvvigionamento digitale a ciò obbligate a partire dal 1 gennaio 2024. Al comma 2(2), con riferimento al cosa costituisce oggetto del diritto di accesso ed il quando questo è esercitabile, la
1 Si legge al comma 1 dell’art.35 D.Lgs. n.36/2023 che “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano in modalità digitale l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.”
2 Per comodità di lettura se ne riporta il testo che recita “Fatta salva la disciplina prevista dal codice per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, l’esercizio del diritto di accesso è differito: a) nelle procedure aperte, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;
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acquisti basati sul risultato
si modifica, in parte, la previgente disciplina col disporre, con l’aggiunta della lettera c), il differimento all’aggiudicazione, anche riguardo l'accesso alle domande di partecipazione e agli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione di cui agli articoli 94, 95 e 98(3) ed ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti.
Il comma 3 ribadisce il divieto all’accessibilità e alla conoscibilità di atti, dati e informazioni fino alla conclusione delle fasi o alla scadenza dei termini di cui al comma precedente (cfr. nota 2), pena l’applicazione dell’articolo 326 c.p. per i pubblici ufficiali e per gli incaricati di pubblico servizio.
Di maggior interesse è quanto stabilito nel successivo comma 4(4) il quale alla lettera a) dispone l’esclusione dall’accesso le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente (cioè previo il positivo ed unilaterale apprezzamento della stazione appaltante o del concedente), segreti tecnici o commerciali. Alla seguente lettera b), ai nn. 1 e 2, individua gli atti che sono “totalmente” esclusi dall’accesso, cioè, i pareri legali per la soluzione di liti ed acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice (n.1) e le relazioni riservate (del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo) sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore (al n.2); il comma
termina coll’indicare piattaforme digitali e le infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dal concedente, che vengono sottratte ma ove coperte da diritti di privativa intellettuale (al n.3).
Come riportato dall’ultimo comma 5 dell’articolo in scrutinio gli atti di cui alla lettera a) e quelli della lettera b) n.3 sono ostensibili qualora, secondo il recepito consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa(5), venga dimostrata “l’indispensabilità” della loro acquisizione ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici “rappresentati in relazione alla procedura di gara”. Il riferimento agli interessi giuridici rappresentati “in relazione alla procedura di gara” è di significativa importanza giacché la disposizione consente l’accesso agli atti in argomento, comunque oscurati, ai soli concorrenti (a intendersi non definitivamente esclusi dalla procedura) che ne facciano richiesta.
L’articolo 36, con disposizioni sia procedimentali che processuali, impone obblighi di comunicazione e regole per un diritto di accesso “diretto” e “accelerato” profilati con esclusivo riferimento ai concorrenti in gara (candidati e offerenti) non definitivamente esclusi.
Sul piano procedimentale l’articolo, al comma 1, prevede che a costoro sia resa disponibile attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale, contestualmente alla comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione (di cui al successivo articolo 90(6)), l’offerta dell’operatore economico
b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti o degli enti concedenti, dei nominativi dei candidati da invitare;
c) in relazione alle domande di partecipazione e agli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione di cui agli articoli 94, 95 e 98 e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, fino all’aggiudicazione;
d) in relazione alle offerte e ai verbali relativi alla valutazione delle stesse e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, fino all’aggiudicazione;
e) in relazione alla verifica della anomalia dell’offerta e ai verbali riferiti alla detta fase, fino all’aggiudicazione”.
3 Discplinanti, rispettivamente le cause di esclusione automatiche e non e gli effetti degli illeciti disciplinari afferenti o riferibili agli operatori economici.
4 Il comma 4, salva la disciplina prevista per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza e quanto disposto dal comma 5, stabilisce che il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione:
a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali;
b) sono esclusi in relazione:
1) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;
2) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;
3) alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale.”
5 In proposito riguardo si rimanda a “Relazione sulle ricadute del nuovo Codice dei Contratti Pubblici sul processo amministrativo”, a cura di N. Durante, Ufficio Studi e Formazione della Giustizia Amministrativa, 2023, on line, https://www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/47431002/ RICADUTE+DEL+NUOVO+CODICE+DEI+CONTRATTI+PUBBLICI+SUL+PROCESSO+AMMINISTRATIVO_signed. pdf/3307dfdc-a47b-0d3c-80b9-0e53be0ed41f?t=1689583013655.
6 L’art. 90 che, per maggior comodità, si riporta per la parte qui di interesse, prevede che la stazione appaltante comunichi, entro cinque giorni dall’adozione:
a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti;
b) l’aggiudicazione all’aggiudicatario;
c) l’aggiudicazione e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o parti dell’accordo quadro a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
d) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi, ivi compresi i motivi di esclusione o della decisione di non equivalenza o conformità dell’offerta;
e) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l’aggiudicatario ai soggetti di cui alla lettera c)”.
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risultato aggiudicatario unitamente ai verbali di gara ed atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione. Quindi il nuovo codice riconosce a chi partecipa alla gara, e non ne è stato definitivamente escluso, a partire dalla comunicazione digitalizzata dell’avvenuta aggiudicazione, la possibilità di accedere in via “diretta”, cioè, senza formulare istanza formale, ai documenti (offerta dell’aggiudicatario, verbali di gara e atti) ma anche “ai dati e alle informazioni” (in altre parole ad ogni atto e provvedimento presupposto all’aggiudicazione medesima) inseriti nella piattaforma di cui all’articolo 25, quest’ultimi sempre nel rispetto dei differimenti indicati dal visto articolo 35 comma 2 (cfr nota n.2), ovviamente, ad esclusione delle offerte dei quattro operatori successivi al primo in graduatoria).
Differentemente, al successivo comma 2, viene riconosciuto - ma solamente agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria - un più ampio diritto perché per costoro è disposta, attraverso la stessa piattaforma, oltre gli atti di cui al visto comma 1, la reciproca disponibilità delle offerte dagli stessi presentate (per intenderci, quelle del secondo, terzo, quarto e quinto collocati).
Dalle disposizioni appena viste risulta di tutta evidenza come la scelta legislativa sia stata quella di configurare come in re ipsa l’interesse per i concorrenti, non definitivamente esclusi, all’ostensione mediante accesso diretto non solo a “documenti”, ma anche a “dati e informazioni” e soprattutto all’offerta dell’aggiudicataria e per gli operatori collocatisi nei primi cinque posti anche alla conoscenza delle loro reciproche situazioni(7).
L’articolo in esame, al comma 3, e sempre con riferimento alla documentazione della vista documentazione la stazione appaltante comunica le proprie “decisioni assunte” riguardo le richieste di oscuramento dei documenti o parti di essi (come anzi accennato l’oscuramento è seguito di una specifica richiesta dell’operatore offerente, corredata da una dichiarazione “motivata e comprovata” in ordine alla sussistenza di “segreti tecnici e commerciali”).
Tra le richiamate “decisioni” è da ritenersi ricomprese anche quelle assunte, con riferimento alla sussistenza dell’indispensabilità dell’ostensione delle parti oscurate dell’offerta ed avanzata dal concorrente per la tutela degli interessi giuridici relativi alla procedura di gara(8). Ed invero, per queste ultime, non espressamente indicate, ma ovviamente, implicitamente contemplate dalla normativa in esame, è verosimile il verificarsi di un minimo di iato temporale tra l’attività di cui ai commi 1 e 2 e la loro assunzione (poiché solo le eventuali “richieste di oscuramento” da parte dei concorrenti vengono normalmente accluse alla documentazione posta a corredo dell’offerta). Il combinato dei commi 1, 2 e 3, rispondendo ad una logica di "semplificazione e speditezza", segna pertanto l’eliminazione del contraddittorio procedimentale volto all’accertamento o meno della sussistenza dei segreti o dell’indispensabilità dell’ostensione di quanto richiesto per la tutela degli interessi giuridici relativi alla procedura di gara, ma la ratio di tale meccanismo rischia di essere vanificata in caso di contrasto con gli esiti delle determinazioni assunte in proposito dalla stazione, per cui più che di eliminazione è più realistico ritenere che il contraddittorio, il più delle volte, sia solamente differito (ricordiamo sempre ad aggiudicazione avvenuta) innanzi al giudice amministrativo(9)
Sul profilo processuale, il successivo comma 4 impone, tanto all’interessato all’accesso, quanto a chi a questo si oppone, l’onere di impugnare le viste decisioni di cui al comma 3, con ricorso notificato e depositato entro 10 giorni dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso.
Qualora siano ritenute (dalla stazione appaltante o dall’ente concedente) insussistenti le ragioni di segretezza indicate dall’offerente ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a), il seguente comma 5 vieta l’ostensione delle parti dell’offerta di cui viene richiesto l’oscuramento prima che sia trascorso il termine di impugnazione delle decisioni di
7 Ne discende che per gli altri concorrenti l’accesso alla documentazione di questi ultimi è disciplinato dalle disposizioni di cui agli articoli 22 e ss., L. 7 agosto 1990, n. 241 e 5 e 5 bis D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33. Ma il problema, però, è che, essendo anche ad essi noti, in quanto destinatari della comunicazione di avvenuta aggiudicazione di cui all’articolo 90, la quale, come detto, reca le determinazioni e le motivazioni in ordine all’eventuale oscuramento anche delle offerte degli eventuali successivi quattro offerenti, in conseguenza della comunicazione di avvenuta aggiudicazione, e per costoro potrebbe porsi il problema della decorrenza del brevissimo termine previsto dal rito in esame per chiedere al giudice amministrativo l’accertamento della sussistenza di tutti i presupposti per l’accesso (indispensabilità delle parti oscurate delle offerte) e ciò in pendenza del termine per la stazione appaltante per decidere sull’accesso “ordinario” o “civico”. Criticità messa i evidenza da N. Durante nella anzi citata “Relazione sulle ricadute del nuovo Codice dei Contratti Pubblici sul processo amministrativo”, cit., il quale prospetta come soluzione quella di ritenere per costoro che la comunicazione di avvenuta aggiudicazione, ma solo con riguardo alle offerte diverse da quella dell’aggiudicatario, non faccia decorrere sin da subito il termine per impugnare dovendo “tempestivamente” (ricordando che tale iniziativa non interrompe il decorso dei termini per la stipulazione del contratto) presentare istanza di accesso agli atti e con ciò che ne consegue in termini procedurali e processuali.
8 E’ opportuno ribadire che ai terzi non concorrenti (e tali dovrebbero essere considerati anche coloro che sono stati definitivamente esclusi dalla procedura) non è consentito l’accesso alle informazioni segrete.
9 Questa criticità è stata rilevata da M. A. Sandulli la quale ha evidenziata l’opportunità di anticipare la fase dell’eventuale contestazione degli oscuramenti delle offerte (contro il diniego o contro l’eccesso di oscuramento) al momento della (reintrodotta) proposta di aggiudicazione. Al riguardo si rinvia a “Procedure di affidamento e tutele giurisdizionali: il contenzioso sui contratti pubblici nel nuovo Codice” in Federalismi.it, fasc. n.8 del 5 aprile 2023, on line https://www.federalismi.it/nv14/editoriale.cfm?eid=668.
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acquisti basati sul risultato
cui al comma 4. Diversamente, attesa la “disponibilità” delle offerte contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione che contiene la decisione motivata sul diniego di oscuramento, il titolare dell’interesse oppositivo verrebbe vanificato.
Con disposizione dai chiari effetti dissuasivi, il comma 6 prevede, per l’ingiustificata reiterazione delle istanze di oscuramento e l’evidente uso strumentale del ricorso avverso la decisione sull’oscuramento, la facoltà dell’inoltro da parte della stazione appaltante (o dell’ente concedente) della segnalazione all’ANAC che può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall’articolo 222, comma 9, (ridotta alla metà nel caso di pagamento entro trenta giorni dalla contestazione, qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento)10
Con precipuo riferimento al rito (ricordiamo il trattarsi di contenzioso innanzi al giudice amministrativo), il comma seguente detta la nuova e speciale disciplina prevedendo che l’udienza in camera di Consiglio deve essere fissata d’ufficio nel rispetto di termini pari alla metà di quelli di cui all’articolo 55 c.p.a. 11 . Il ricorso viene deciso alla medesima udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi entro 5 giorni dall’udienza di discussione, e la cui motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie ed il semplice rinvio, ad opera dell’articolo in esame, a quanto disciplinato nel richiamato articolo 116 c.p.a. può voler significare che, come previsto al suo comma 4, il giudice “sussistendone i presupposti, ordina l’esibizione e, ove previsto, la pubblicazione, dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità”.
A detta conclusione potrebbe non pervenirsi così agevolmente qualora l’ostensione debba presupporre un’attività valutativa amministrativa (ad esempio l’indispensabilità a fini defensionali di un documento ex se secretato) e mai
effettuata dalla stazione appaltante essendo, in questo caso, tale attività inibita al giudice amministrativo non potendosi sostituire a questa(12).
Il comma 8, poi, precisa che il rito e i termini di cui ai commi 4 e 7 si applicano anche nei giudizi di impugnazione.
In ultimo, ma non affatto ultimo, occorre richiamare la modifica al secondo comma dell’articolo 120 del c.p.a., introdotta dall’art.209 del nuovo codice dei contratti pubblici, in forza della quale, e proprio con riferimento alle fattispecie disciplinate all’articolo 90 del codice dei contratti pubblici, sancisce che il termine per l’impugnazione degli atti nello stesso indicati decorre dalla loro comunicazione, da parte della stazione appaltante, oppure, dal momento in cui gli atti sono “messi a disposizione” ai sensi dell’articolo 36, commi 1 e 2, del medesimo codice. La portata innovativa della disposizione processuale è di estrema rilevanza, come in premessa indicato, costituisce il vero snodo cruciale del coordinamento tra le esigenze di piena conoscenza degli atti della procedura e della tutela giurisdizionale del legittimo interesse degli operatori economici(13) ed al cui cospetto la disposizione contenuta nel comma 9 dell’articolo 36, che ancorerebbe la decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione e dell’ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria alla sola detta comunicazione, salvo costituire frutto di un mancato disallineamento con la disposizione processuale, non può che avere nei confronti della stessa efficacia recessiva e ciò proprio in ragione del principio generale di ordine processuale che correla la lesività alla piena conoscenza o conoscibilità degli atti e che nel caso in questione viene declinato proprio nei commi 1 e 2 dell’art. 36 del codice dei contratti come pare riconoscere il novellato articolo 120 c.p.a., i quali segnano la decorrenza del dies a quo dell’impugnazione dei provvedimenti di aggiudicazione e di ammissione anche alla piena disponibilità della documentazione (14) .
10 Comma che rinvia al successivo comma 13 il quale prevede sanzioni pecuniarie che possono ammontare anche a euro 5.000,00.
11 Pertanto la stessa deve tenersi nella prima camera di Consiglio successiva al decimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione ma non prima del quinto giorno dal deposito del ricorso
12 L’impasse, come suggerito ancora N. Durante (nella anzi citata “Relazione sulle ricadute del nuovo Codice dei Contratti Pubblici sul processo amministrativo”) potrebbe risolversi, accentuando la ratio acceleratoria e semplificatoria dei nuovi istituti, col rilevare come l’apprezzamento, ad opera del giudice, dell’indispensabilità di cui al visto comma 5 dell’art.35 ha ad oggetto interessi meramente privati (cioè gli opposti interessi dei concorrenti in gara) senza indebiti sconfinamenti nella discrezionalità amministrativa, potendo in tal modo il giudice amministrativo, valutare, in via diretta e anche per la prima volta, l’indispensabilità dell’ostensione. Altra ipotesi solutiva è quella costituita dal considerare le deduzioni e le allegazioni idonee a dimostrare l’indispensabilità degli elementi secretati alla stregua della ordinaria attività defensionale la cui fondatezza ben può essere vagliata dal giudice amministrativo.
13 Per un’interessante a disamina della coordinazione tra l’effettività del principio di trasparenza e l’esigenza di rafforzamento della tutela giurisdizionale si veda “I rimedi giurisdizionali nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici tra la trasparenza e la buona fede.” di Federico G. Russo, on line https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/158189-48.
14 Autorevole dottrina sottolinea come sia “evidente, pertanto, anche da una lettura necessariamente congiunta con quella del novellato art.120 c.p.a., che la correlazione (enunciata dal co. 9 dell’art. 36) del termine di impugnazione dell’aggiudicazione e dell’ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria alla comunicazione della prima ai sensi dell’art.90 ha il chiaro fine di rimarcare l’insussistenza, prima di tale momento, di un interesse all’impugnazione di tali atti, fermo però restando, in base ai principi e al disposto del nuovo art.120, che tale termine può decorrere “oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell’articolo 36, commi 1 e 2, del codice dei contratti pubblici”, si rimanda a “Procedure di affidamento e tutele giurisdizionali: il contenzioso sui contratti pubblici nel nuovo Codice”, M.A. Sandulli, cit.”
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Chiara Calati - Giornalista
Il valore generato dal procurement innovativo: il caso diabete
Durante il congresso FARE, nel seminario dal titolo ‘La creazione del valore attraverso modelli di procurement innovativi: il caso diabete alla luce del nuovo codice degli appalti’, la discussione si è focalizzata sulla possibilità che il processo di acquisto sia considerato sempre più un modello virtuoso di programmazione, nell’ottica del raggiungimento del risultato, ovvero il benessere del paziente, trasformando la voce di spesa in un fattore di generazione di valore. A tale scopo è fondamentale il coinvolgimento di tutti gli attori del processo di acquisto di beni e servizi, comprese le associazioni dei pazienti. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Veronica Vecchi, Full Professor of Practice SDA Bocconi e Direttore Scientifico Osservatorio Masan di SDA Bocconi – Cergas, e con Salvatore Torrisi, Vicepresidente FARE.
Le
amministrazioni
tendono ad avere comportamenti isomorfici, cioè utilizzare logiche tradizionali, anche se poi chiedono al mercato servizi aggiuntivi non valorizzati dal punto di vista economico, che rischiano di perdere rilevanza
Professoressa Vecchi, l’invecchiamento della popolazione e l’incidenza delle malattie croniche rappresentano la grande sfida del sistema sanitario. Quali accorgimenti andrebbero adottati nell’allestimento delle procedure di acquisizione di beni e servizi in questo nuovo scenario?
Le procedure di acquisto devono necessariamente evolvere in considerazione del fatto che ci troviamo di fronte a un contesto molto diverso da dieci o vent’anni fa. Se vogliamo dare risposte efficaci dobbiamo mettere il principio del valore e del risultato al centro del processo di acquisto. Il nuovo Codice ha introdotto importanti elementi in questa direzione: per esempio, l’articolo 1 del risultato, l’art.
108 che introduce una serie di elementi molto interessanti per il processo di valutazione delle offerte, quali il principio del costo/efficacia, i criteri sociali. Fortunatamente il Codice non dettaglia, perché deve tracciare un solco dentro cui le amministrazioni si possano muovere per sartorializzare la procedura di gara. Prima della gara esiste una fase di programmazione, che è essenziale. È qui che l’Osservatorio Masan di SDA Bocconi e Cergas ha voluto investire, per creare conoscenze e strumenti per aiutare le stazioni appaltanti a comprendere le forme contrattuali o le soluzioni di acquisto in grado di rispondere al meglio ai fabbisogni, che poi dovranno diventare l’oggetto della gara.
Si può produrre “valore” attraverso forme contrattuali innovative per la fornitura nell’area diabete?
Certamente. Oggi il mercato offre molte soluzioni e sempre più servizi in logica “bundled” o pacchetto. Non esiste la soluzione migliore, ma non può essere ciò che abbiamo sempre fatto. La soluzione va costruita, leggendo i fabbisogni e chiedendo al mercato le soluzioni per rispondere a questo fabbisogno. La sanità pubblica esprime una domanda importante, in termini di volumi. Quindi è una domanda che ha forza contrattuale e questa forza contrattuale non deve essere più solo intesa come riduzione del costo d’acquisto ma come qualificazione della spesa attraverso la richiesta di soluzioni nuove, più efficienti, più efficaci e più eque. Un procurement tradizionale pone al centro la fase di gara. Un procurement strategico pone enfasi soprattutto
25 l’intervista
l’intervista
nella fase di programmazione, perché è in questa che si decide come soddisfare un fabbisogno: questo significa con quale tipologia contrattuale, con quale mix di beni e servizi, con quale modello di pagamento. Per traghettare il procurement da una mera funzione di acquisto a una funzione strategica servono risorse umane e competenze.
Dall’Osservatorio Masan vediamo che, seppur a macchia di leopardo, le competenze ci sono nel settore del procurement sanitario e c’è voglia di ingaggiarsi in qualcosa di nuovo. Va detto però che le procedure e la burocrazia assorbono molto tempo. La trasparenza, valore fondamentale, ha creato molti costi amministrativi che, in un contesto di risorse scarse, rischiano di far perdere di vista l’obiettivo di una amministrazione, la creazione di valore per i cittadini e per i pazienti. La vera sfida sarà quindi quella di trovare le modalità per contemperare i molteplici valori che sottendono al procurement, dove la correttezza formale e la trasparenza dovranno essere sempre di più affiancati da logiche di risultato, inteso come value for money e value for society.
Bisognerebbe poi che questo modello venisse applicato in tutte le Province e Regioni, uniformando i comportamenti.
Come si sta muovendo FARE per sensibilizzare su questo aspetto?
Ci parla della ricerca in area diabete condotta da SDA Bocconi/CERGAS dell’Università Bocconi?
Abbiamo avviato proprio all'interno del Congresso, nell'ambito di alcuni workshop tra cui quello dedicato ai microinfusori per diabete, l'idea di sviluppare delle linee guida che creino le condizioni affinché ci sia questa uniformità di attività da parte della nostra categoria, suggerendo proprio a livello nazionale il coinvolgimento in fase di progettazione dei destinatari del bene.
Lo studio ha riguardato i microinfusori per il diabete, ma i risultati sono estendibili anche ad altre categorie simili. Abbiamo esaminato tutte le gare effettuate in Italia e abbiamo poi condotto diverse interviste approfondite per capire la ratio delle scelte effettuate. È emerso che oggi esistono tre modelli contrattuali per rispondere al fabbisogno dei pazienti diabetici, molto diversi per esigenze, basti pensare banalmente all’età. I modelli sono l’acquisto oppure il noleggio del dispositivo e il full service; quest’ultimo può prevedere anche spazi di flessibilità nella scelta da parte del clinico del dispositivo più adegua-
I modelli di procurement per i microinfusori
Procurement come Gatekeeper Competizione per il mercato
to. Purtroppo, la scelta non avviene sempre come conseguenza di una robusta analisi del fabbisogno. Le amministrazioni tendono ad avere comportamenti isomorfici, cioè utilizzare logiche tradizionali, anche se poi chiedono al mercato servizi aggiuntivi non valorizzati dal punto di vista economico, che rischiano di perdere rilevanza. Tuttavia, sono emersi anche trend interessanti verso il noleggio e soprattutto verso il full service. È emerso anche un processo di contaminazione virtuosa. Ci sono stati dei cosiddetti first mover che hanno sperimentato soluzioni con gradi di innovazione, ovvero di maggior valorizzazione del servizio, che hanno generato follower. La mimesi è un approccio che genera cambiamento nel settore degli appalti, soprattutto nei contesti aperti al cambiamento e, soprattutto, quando le professioni mediche sono coinvolte nel processo di disegno della gara. Ovviamente è più diretto e immediato il collegamento tra clinici e provveditorati a livello aziendale rispetto alle gare centralizzate. Però oggi abbiamo centrali di committenza aperte all’innovazioni e i cui manager hanno voglia di fare innovazione. Quindi sono convinta che contratti innovativi sperimentati in logica pilota a livello aziendale, se dimostrano valore, possano essere scalati a livello regionale.
Quanto è importante coinvolgere le varie figure che fanno parte della filiera produttiva dei servizi sanitari nel processo di acquisizione di beni e servizi per l’area diabete?
Come dicevo, è fondamentale il coinvolgimento delle professioni sanitarie e per certe tipologie di acquisto anche delle associazioni dei pazienti. Rafforzare la programmazione richiede consapevolezza dei fabbisogni, di ciò che non ha funzionato o ha funzionato con acquisti precedenti. Se si vuole creare valore, il loro coinvolgimento è
Modello come Enabler Competizione nel mercato
Acquisto di una soluzione
Controllo della spesa
Acquisto di prodotto
Tariffa per paziente
Service
Tariffa per trattamento
Noleggio microinfusore
Acquisto microinfusore
Limitato Libero
Primo aggiudicatario 100% lotto sulla base del prodotto offerto, a meno di scelta motivata
Fonte: SDA Bocconi | Cergas
I modelli di procurement per i microinfusori
Figura: I driver di scelta emersi dalla ricerca
Accesso alla tecnologia
AQ multifornitore / multilotto con maggioranza di copertura del fabbisogno da parte del primo aggiudicatario sulla base di un prodotto (es. 60%)
Accesso a una gamma di prodotti
Empowerment del clinico – patient centricity
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Modello contrattuale
imprescindibile. Come Osservatorio Masan abbiamo condotto alcune sperimentazioni “di laboratorio” che hanno visto il coinvolgimento dei clinici nella simulazione della fase di progettazione della gara, che significa: cosa acquistiamo, come (con quale contratto), quali criteri di valutazione utilizziamo. Abbiamo rilevato un grande interesse e commitment. Quindi abbiamo dimostrato che si può fare e che si può fare anche in modo snello e poco time consuming. Perché non farlo? Perché non sperimentarlo su alcuni ambiti? Ovviamente la sperimentazione può nascere dal basso, ma abbiamo bisogno anche di manager apicali che favoriscano questi processi e li incoraggino. Come Osservatorio Masan, stiamo cercando di supportare metodologicamente queste sperimentazioni e stiamo facendo da cassa di risonanza alle sperimentazioni, proprio per favorire la contaminazione e incoraggiare questi processi di innovazione che sono spesso molto spontanei e nascono dalla curiosità dei singoli. Ma se riusciamo a dimostrare che si può fare, si crea fiducia e queste innovazioni contrattuali potranno diventare la regola.
Il punto di vista degli economi e provveditori ospedalieri nelle parole di Salvatore Torrisi
La tendenza nell’acquisto di beni e servizi è purtroppo ancora quella di andare su grandi linee e non su una programmazione specifica, mentre ci sono alcune realtà di approvvigionamento, come quella del diabete, che hanno bisogno comunque di concentrarsi sul valore non solo del bene, ma soprattutto del servizio. Concordo pienamente nell’adozione di un procurement innovativo, basato sul coinvolgimento di tutti gli attori nella fase di analisi e programmazione, nella misura in cui viene fatta una selezione delle tipologie che valutino il rendimento rispetto alla salute del finale del paziente, in termini di benefico
del prodotto rispetto al suo utilizzo, ovvero i sistemi di fascia medio-alta.
Quanto è importante il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti nella fase di programmazione?
Nelle malattie croniche è fondamentale: è chiaro che l’utilizzatore finale è determinante perché è colui che sperimenta giorno dopo giorno il prodotto e ha la necessità di avere un miglioramento delle sue prestazioni. Deve esserci un momento di partecipazione nella determinazione di alcuni passaggi che poi si riversano nel capitolato o nel disciplinare tecnico della procedura di gara, attraverso una consultazione con i soggetti o le associazioni di categoria rappresentative delle istanze dei pazienti della tipologia di malattia cronica per la quale è destinato il bene. Penso inoltre ai miglioramenti tecnologici dei prodotti che portano a una riduzione e ad un’automaticità della somministrazione con evidenti benefici, in base ad un approccio completamente diverso, che non possono essere valutati solo sulla base dei risvolti economici in quanto strategicamente importanti per il contesto sociale. Bisognerebbe poi che questo modello venisse applicato in tutte le Province e Regioni, uniformando i comportamenti.
Come si sta muovendo FARE per sensibilizzare su questo aspetto?
Abbiamo avviato proprio all’interno del Congresso, nell’ambito di alcuni workshop tra cui quello dedicato ai microinfusori per diabete, l’idea di sviluppare delle linee guida che creino le condizioni affinché ci sia questa uniformità di attività da parte della nostra categoria, suggerendo proprio a livello nazionale il coinvolgimento in fase di progettazione dei destinatari del bene.
27 l’intervista
Fonte: SDA Bocconi | Cergas
Figura: I driver di scelta emersi dalla ricerca
Angelo D’Avella - Esperto in Management Sanitario
I principi generali del nuovo codice dei contratti pubblici e la loro funzione di canoni interpretativi
L’impostazione sistematica del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, la cui disciplina è estesa agli appalti e alle concessioni, obbliga gli interpreti e gli operatori, nell’applicazione dei singoli istituti previsti dalla nuova normativa, a fare i conti in modo costante con i Principi Generali (artt. da 1 a 12, di cui al Libro I, Parte I, Titolo I del D.Lgs. 36/2023), da considerarsi quale primario strumento esegetico di tutte le disposizioni del Codice
Questo è l’intento del Legislatore , il quale ha attribuito ai Principi Generali la funzione di norme “caratterizzanti” dell’ordinamento, assegnando ad essi una “forza espansiva”, da declinarsi:
Il
• sia come interpretazione estensiva, idonea, cioè, a ricoprire un ruolo particolare in un’argomentazione giuridica riguardante il singolo caso e/o nell’attuazione delle altre norme con cui essi principi possono a vario titolo combinarsi;
• sia nel senso della loro applicazione nella misura maggiore possibile alle singole fattispecie.
L’efficacia normativa delle prime tre disposizioni del Codice delinea:
• la preponderanza del valore delle discrezionalità amministrativa;
• la configurazione della concorrenza come mezzo e non come fine;
• la fiducia reciproca quale paradigma delle attività del funzionario e dell’operatore economico.
L’Esame dei primi tre articoli del D.Lgs. 36/2023
L’art. 1 - a cui dottrina e giurisprudenza conferiscono un’assoluta centralità nel Nuovo Codice - fissa il Principio del Risultato all’affidamento del contratto e alla sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
Nuovo Codice ha, dunque, previsto un’automatica disapplicazione delle clausole illegittime, ponendo una deroga alla regola della impugnativa del bando
Va, dunque, individuato l’interesse pubblico stabilito dai Principi: la tutela dell’affidamento e dell’esecuzione, legittimi, tempestivi ed efficaci dei contratti, rispetto a cui la concorrenza - che pure rimane un valore fondante - non si sostanzia con l’idea della gara pubblica come bene in sé, ma viene garantita anche da modelli semplificati di gara.
Tanto emerge dai primi tre articoli del Nuovo Codice, i cui Principi costituiscono (art. 4) il parametro di interpretazione e di applicazione delle disposizioni codicistiche successive.
Trattasi, invero, di un principio già insito nel sistema della Legge n. 241/1990, ma che nel Nuovo Codice eleva a criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.
Il raggiungimento del Risultato , come sopra inteso, costituisce, nel settore dei contratti pubblici, attuazione del principio del buon andamento ed è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.
Esso, dunque, è il parametro per valutare la responsabilità dei funzionari coinvolti in ogni fase del ciclo vita dei contratti, nonché per l’attribuzione degli incentivi che non saranno disgiunti dal conseguimento degli obiettivi posti.
28 i principi generali del codice degli appalti
i principi generali del codice degli appalti
È in questi ultimi suindicati profili che il Risultato si salda col Principio della Fiducia (art. 2), nel senso di ritenere che:
• il presupposto affinchè una stazione appaltante (da ora s.a.) possa conseguire gli obiettivi e attuare il principio del buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., è che si veda riconosciuta dal sistema la fiducia necessaria per operare senza pregiudizi;
• l’abbandono della cultura del sospetto è l’assunto per operare con la discrezionalità amministrativa e sciogliere le questioni di interpretazione del diritto positivo per giungere al Risultato; a tal fine la responsabilità contabile di chi assume decisioni viene circoscritta ad alcune ipotesi (comma 3).
Si rileva, dunque, una connessione funzionale tra gli artt. 1 e 2, da cui emerge una valenza precettiva anche della Fiducia , la quale non rimane circoscritta in un ambito meta - giuridico, ma, al contrario, traccia una linea di condotta per le amministrazioni e per gli interpreti.
L’indirizzo unitario delle esaminate disposizioni rappresenta lo strumento con cui il Legislatore intende affrontare il tema della c.d. “paura della firma” e prova ad arginare il fenomeno della “burocrazia difensiva”
Con quest’ultima espressione si è soliti indicare quel fenomeno di autoprotezione del funzionario dalle forme di responsabilità, specie quella contabile e penale, e di un appesantimento procedimentale delle gare, a discapito di strumenti che valorizzano la discrezionalità, con contestuale allontanamento dagli obiettivi tutelati dall’interesse pubblico.
L’ultimo dei Principi “prevalenti” è quello dell’Accesso al mercato (art. 3) che le s.a. devono garantire agli operatori economici secondo le modalità indicate dal Codice e attraverso il rispetto dei principi regolatori dell’azione amministrativa, la quale deve essere improntata alla correttezza, all’imparzialità e alla non discriminazione, alla pubblicità e alla trasparenza, nonché alla proporzionalità.
Giova evidenziare che l’uso, nell’art. 3, dell’espressione “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, (…), l’accesso al mercato degli operatori economici”, conferma il ruolo che già l’art. 1 ha assegnato alla concorrenza, cioè di strumento per raggiungere il miglior risultato possibile e non come valore in sé.
L’interconnessione dei ‘Principi Generali’ con gli altri istituti del ‘Codice’: le ‘Cause di esclusione’ e il ‘Soccorso istruttorio’
Il riferimento alla correttezza operato dall’art. 3 e il Principio della Fiducia trovano una prima estrinsecazione nel Principio di Tutela dell’affidamento (art. 5),
cioè l’esigenza delle s.a. e degli operatori economici di comportarsi in maniera reciprocamente leale nell’ambito della procedura di evidenza pubblica.
Strettamente legati all’art. 3 sono, inoltre, i Principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione (art. 10), il cui comma 2 declina in un duplice
senso:
• le clausole di esclusione sono solo quelle indicate nel Nuovo Codice (artt. 94 e 95).
Con tale disposizione si è posto in essere uno sforzo sistematico in via programmata per agevolare il lavoro degli operatori, oltre che fornire un’indicazione al Legislatore a codificare, anche per il futuro, nel testo legislativo in commento, tutti i motivi di esclusione. Il pur apprezzabile sforzo non sembra però evitare l’ipotesi per la quale, in base al principio della successione delle leggi nel tempo, una norma futura di pari rango deroghi a questa indicazione;
• sussiste il divieto di introdurre cause di esclusione con fonte regolamentare e con la lex specialis del bando di gara.
La norma integra, inoltre, quello della Tassatività delle cause di esclusione con il Principio della Eterointegrazione dei bandi e delle lettere di invito: la violazione delle cause di esclusione del Codice, perchè norme imperative, determina l’esclusione del partecipante.
L’importanza che il Legislatore ha inteso dare al Principio di Tassatività si esterna nella previsione della nullità delle cause ulteriori di esclusione, tali da considerarsi non apposte: trattasi di una nullità parziale limitata alla clausola e non estesa all’intero atto.
Il Nuovo Codice ha, dunque, previsto un’automatica disapplicazione delle clausole illegittime, ponendo una deroga alla regola della impugnativa del bando.
È il comma 3 dell’art. 10 in commento che, nel disciplinare i criteri di selezione che determinano l’esclusione dalla gara per mancanza di capacità, esalta in modo significativo il potere discrezionale e il Principio della Fiducia.
La norma, infatti, fa riferimento ai criteri di selezione che le s.a. possono introdurre, limitatamente ai requisiti speciali di carattere economico/finanziario e tecnico/ professionale, purché attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, garantendo un favor per l’accesso al mercato e per la possibilità di crescita delle PMI, compatibilmente con l’oggetto del contratto e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica.
Sulla disposizione in commento, è il caso di segnalare un primo contrasto giurisprudenziale sull’applicazione dei Principi Generali alla clausola della lex specialis che
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i principi generali del codice degli appalti
prevede l’obbligatorietà del sopralluogo per la partecipazione alla gara.1
I Principi del Risultato e della Fiducia sono a fondamento della nuova versione allargata del self cleaning nelle cause di esclusione, aderente alla direttiva 24/2014 UE e tesa a superare i problemi interpretativi ed applicativi che avevano riguardato il D.Lgs n. 50/2016.
L’art. 96, “Disciplina dell’esclusione”, al comma 2, prevede che l’operatore che sia incorso nelle cause di esclusione di cui all’art. 94 (ad eccezione di quelle previste al comma 6) e di quelle all’art. 95 (ad eccezione di quelle previste al comma 2) non è escluso qualora abbia adottato le misure di ravvedimento previste dalla norma. L’istituto può riguardare anche eventi verificatisi nel corso della procedura e dopo la presentazione dell’offerta.
Sussiste l’onere dell’operatore economico di comunicare tempestivamente il verificarsi della causa di esclusione e dare la prova di aver adottato le misure previste dall’art. 96, comma 6.
La disposizione esalta il potere discrezionale della s.a., la quale è chiamata a valutare l’affidabilità dell’operatore
economico, sulla scorta della prova delle misure da esso adottate; il giudizio sulla non esclusione dalla gara deve essere assunto sulla base della sufficienza e della tempestività di esse misure, considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito.
Al fine di evitare l’esclusione, l’operatore dovrà dimostrare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale, collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.
Un’ulteriore nitida espressione del Principio di Fiducia è l’istituto, profondamente innovato, del Soccorso istruttorio (art. 101) che viene disciplinato come un “Potere/dovere” della s.a., chiamata a farne uso nei casi previsti. La norma ha la finalità di evitare, nei limiti del possibile, che le rigorose formalità che accompagnano la partecipazione alla gara, prevarichino la sostanza, e, dunque, il Risultato.
1 Sul punto il TAR di Catania, sez. III, con la Sent. n. 3738 del 12.12.2023 ha così argomentato: “Deve rammentarsi, in tal senso, che il nuovo d.lgs. n. 36/2023, operando una codificazione di taluni principi, mira a favorire una più ampia libertà di iniziativa e di autoresponsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica). (…) Non può dubitarsi, ad avviso di questo organo giudicante, che la richiesta di svolgere il predetto sopralluogo, vincolando all’espletamento dello stesso la successiva formulazione dell’offerta, abbia costituito un requisito “attinente” e “proporzionato” all’oggetto del contratto, rappresentando l’esito di una valutazione di discrezionalità tecnica operata secondo logica e ragionevolezza dalla stazione appaltante. La valorizzazione dei principi che informano il nuovo Codice dei contratti pubblici conduce a respingere anche l’ulteriore doglianza con la quale la ricorrente lamenta il fatto che la stazione appaltante avrebbe dovuto attivare, a fronte del mancato rispetto dei termini, il soccorso istruttorio. (…) Deve poi richiamarsi, in tale contesto, il particolare ruolo che il nuovo Codice dei contratti pubblici attribuisce ai due principi che guidano l’interprete nella lettura e nell’applicazione del nuovo impianto normativo di settore, ossia il principio del risultato e il correlato principio della fiducia. (…) L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento. Il miglior risultato possibile, che sia anche il più “virtuoso”, viene raggiunto anche selezionando operatori che dimostrino, fin dalle prime fasi della gara, diligenza e professionalità, quali “sintomi” di una affidabilità che su di essi dovrà esser riposta al momento in cui, una volta aggiudicatari, eseguiranno il servizio oggetto di affidamento. Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36/2023, porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. (…) Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. La disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e investe, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.”
A conclusioni opposte, pur facendo uso dei medesimi Principi, è pervenuto il Tar Lazio, con la Sent. n.140 del 4.01.2024: “- nessuna disposizione del d. lgs. n. 36/23 prevede il sopralluogo quale adempimento necessario per la formulazione dell’offerta; (…) - in questo senso, non può essere utilmente invocato l’art. 92 comma 1 d.lgs. n. 36/23, (…); - infatti, la disposizione non può essere interpretata nel senso di consentire alla stazione appaltante di prescrivere il sopralluogo a pena di esclusione dalla gara ma va intesa semplicemente come precetto indirizzato esclusivamente all’amministrazione al fine di vincolarla a parametrare i termini di partecipazione alla gara agli adempimenti propedeutici alla formulazione dell’offerta; - ciò è confermato dal titolo dell’articolo 92 che recita “fissazione dei termini per la presentazione delle domande e delle offerte”; - tale opzione ermeneutica è coerente con il principio dell’accesso al mercato previsto dall’art. 3 d.lgs. n. 36/23 (…); - del resto, l’art. 92 comma 1 d.lgs. n. 36/23 presenta una disciplina simile a quella del previgente art. 79 d.lgs. n. 50/16 il quale, secondo il giudice di appello, non era idoneo a costituire il supporto normativo legittimante l’esclusione per mancato espletamento del sopralluogo (…); - se nessuna prescrizione del codice o, comunque, di altra legge riconosce alla stazione appaltante la possibilità di imporre il sopralluogo a pena di esclusione ne deriva che il paragrafo 10 del disciplinare di gara che tale conseguenza prevede è nullo per violazione del principio di tassatività disciplinato dall’art. 10 commi 1 e 2 d.lgs. n. 36/23 (…); - va, in proposito, rilevato che, nel nuovo codice, il principio di tassatività ha una valenza ed un ambito applicativo più stringenti rispetto alla disciplina del previgente art. 83 comma 8 d.lgs. n. 50/16 (…); - ciò è desumibile dalla collocazione del principio di tassatività tra i principi generali del nuovo codice (a differenza della disciplina previgente in cui la tassatività era trattata nell’ambito della disciplina concernente i requisiti di ordine speciale) e dalla strumentalità della tassatività rispetto al fondamentale principio dell’accesso al mercato, di cui all’art. 3 d.lgs. n. 36/23; - ne deriva che, nel nuovo codice, le deroghe al principio di tassatività devono essere interpretate restrittivamente e con maggior rigore rispetto alla disciplina previgente; - nello stesso senso, va riguardato il tenore letterale dell’art. 10 d. lgs. n. 36/23 che, nel ribadire espressamente la valenza necessariamente eterointegrativa delle cause di esclusione previste dagli artt. 94 e 95, attribuisce ad esse i requisiti di tassatività ed esclusività tanto che “le clausole che prevedono cause ulteriori [rispetto, appunto, a quelle degli artt. 94 e 95] di esclusione sono nulle e si considerano non apposte”. In tal modo, il d.lgs. n. 36/23 prevede una disciplina più rigorosa rispetto a quella del previgente art. 83 comma 8 d.lgs. n. 50/16 il quale escludeva, dalla nullità per violazione del principio di tassatività, anche le prescrizioni previste “da altre disposizioni di legge vigenti”, inciso che non è rinvenibile nel nuovo codice; (…) - quanto fin qui evidenziato induce il Collegio a ritenere che, nella vigenza del d.lgs. n. 36/23, il sopralluogo non possa essere previsto dalla stazione appaltante come adempimento a pena di esclusione dalla gara.”
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i principi generali del codice degli appalti
La portata innovativa della formulazione dell’istituto è stata sancita già in una recente pronuncia del Cds, V sez., Sent. n. 7870 del 21.08.2023 che, nell’evidenziare come la norma traduce operativamente un canone di “leale cooperazione” e di “reciproco affidamento” tra le s.a. e gli operatori economici, attribuisce alla stessa una centralità nel Nuovo Codice: “il quale, per un verso, vi dedica (a differenza del Codice previgente (…) che lo disciplinava, in guisa alquanto incongrua, a margine dei criteri di selezione delle offerte: cfr. art. 83, comma 9 d. lgs. n. 50/2016) una autonoma e più articolata disposizione (art. 101) e, per altro verso, ne amplifica l’ambito, la portata e le funzioni, superando, altresì, talune incertezze diffusamente maturate nella prassi operativa”.
E, infatti, l’art. 101 opera una dettagliata regolamentazione del Soccorso istruttorio (integrativo o completivo, comma 1, lettera a), dell’art. 101 D.lgs. n. 36 cit.; sanante, comma 1, lettera b); istruttorio, in senso stretto, comma 3); correttivo, comma 4).
Ad ogni modo, anche la nuova formulazione della norma prevede la non soccorribilità, sia in funzione integrativa che sanante, degli elementi integranti, anche documentalmente, del contenuto dell’offerta tecnica o economica. Una diversa facoltà riconosciuta all’operatore si porrebbe in contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti, ledendo la concorrenza; per le medesime ragioni, invece, risultano sanabili le carenze, per omissione e/o per irregolarità, della documentazione amministrativa.
Conclusioni
Dall’analisi prospettata, si può affermare che la ratio ispiratrice del Nuovo Codice sia quella di consegnare le s.a. ad una stagione di libertà e di responsabilità che ha come presupposto una maggiore consapevolezza da parte dei funzionari pubblici, in primis dei Responsabili Unici del Progetto, della funzione e del potere discrezionale loro attribuiti.
Al contempo, l’applicazione corretta delle disposizioni codicistiche necessiterà del ruolo della giurisprudenza amministrativa nel fornire l’interpretazione, il più univoca possibile, dei Principi e nel dare effettività alla tutela giurisdizionale.
Non secondario sarà il compito della giustizia contabile nel fare corretto uso dell’art. 2, comma 3, per limitare il fenomeno della “burocrazia difensiva”; ed ancora, la giustizia penale dovrà fondare i suoi giudizi sulla ragionevole ponderazione degli interessi coinvolti, più che sull’eventuale distonia formale tra le norme applicabili alla singola fattispecie.
Nel contesto che va delineandosi, assoluta centralità assumerà la Motivazione del provvedimento (art. 3 della Legge 241/1990).
Nelle ragioni giuridiche che determinano la decisione amministrativa dovrà darsi evidenza della corretta, ragionevole e ponderata applicazione dei Principi Generali del Nuovo Codice , sia per dare contezza della legittimità dell’atto amministrativo, sia per escludere profili di responsabilità del funzionario.
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Stefano Cresta - Cresta & Associati − Studio Legale
Il
cumulo alla rinfusa dei requisiti negli appalti: recenti approdi della giurisprudenza alla luce della disciplina del nuovo Codice n. 36/2023
Il presente contributo si pone l’obiettivo di sintetizzare gli approdi giurisprudenziali su un tema forse poco noto nei suoi sviluppi “addetti ai lavori” pure se non poco frequente nella casistica contenziosa. In particolare, negli ultimi mesi dello scorso anno si sono registrate interessanti decisioni del Consiglio di Stato1 di cui sarà dato conto, al pari dell’ultimo (almeno a quanto consta a chi scrive) arresto con cui è stato trattato ex professo l’istituto in questione e cioè la decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 03.01.2024 n. 71. La tematica sarà affrontata con uno sguardo focalizzato sulla disciplina recata sul punto dal Codice degli appalti di cui al D. lgs. n. 36/2023, che contiene un apprezzabile intervento di interpretazione autentica che dovrebbe impedire il sorgere di ulteriori contrasti giurisprudenziali.
2. Inquadramento e ricostruzione normativa
Si rammenta, anzitutto, che il criterio del <<cumulo alla rinfusa>>, costituendo un approdo pacifico della giurisprudenza, viene individuato nella possibilità per i consorzi stabili2 di qualificarsi nelle gare di affidamento di appalti pubblici utilizzando i requisiti delle proprie consorziate, dovendosi precisare che, in caso di partecipazione alla gara, è necessaria la verifica della effettiva esistenza in capo ai singoli consorziati dei requisiti di capacità tecnica e professionale prescritti dalla lex specialis3 La disputa interpretativa sui margini applicativi del cd. “cumulo alla rinfusa” trae origine da una complessa evoluzione normativa di cui si offre una panoramica –senza soffermarsi, se non su un articolo in particolare, sulle disposizioni dell’“antico” Codice di cui al D.lgs.
1 Cons. Stato, V, 22.12.2023, n. 1106, in www.giustizia-amministrativa.it; Id, V, 27.11.2023, n. 10144; loc. cit; Id., V, 17.10.2023, n. 9036, loc. cit.; Id., III, 09.10.2023, n. 8767; loc. cit.;
2 Come noto, i consorzi stabili (sui quali v. da ultimo Cons. Stato, V, decisione 08.01.2024, n. 266) sono stati introdotti nel nostro ordinamento con l’art. 10, comma 1, lett. c) l. n. 109/1994, sono costituiti: “…tra almeno tre imprese, che abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni, istituendo a tale fine una comune struttura di impresa. Si differenziano dai consorzi ordinari, in quanto mentre questi ultimi nascono e cessano (al pari delle associazioni temporanee di imprese) in vista di un’unica operazione, i primi sono costituiti in funzione di un numero potenzialmente illimitato di operazioni”. Per ius receptum, il consorzio stabile rappresenta un’evoluzione della figura tradizionale del consorzio disciplinato dagli artt. 2602 c.c. e si colloca in una posizione intermedia fra le “associazioni temporanee” e gli organismi societari risultanti dalla fusione di imprese.
Detta struttura (soggetta alla disciplina del codice civile e alle norme in materia di contratti pubblici), si colloca nel più ampio fenomeno della partecipazione aggregata alle procedure di evidenza pubblica, secondo i principi del favor partecipationis e della c.d. neutralità delle forme giuridiche dei soggetti partecipanti alle gare posti dalla legislazione comunitaria. Si accenna ancora che per la Corte di Cassazione “I consorzi stabili, con rilevanza esterna, previsti dalla legge n. 109 del 1994, sono enti collettivi dotati di autonomia soggettiva, organizzativa e patrimoniale rispetto alle imprese consorziate, sicché è il consorzio l’unico soggetto legittimato ad agire nei confronti del committente e titolare delle somme riscosse in esecuzione del contratto” (Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2018, n. 1192).
Sul piano giuridico e amministrativo: “[omissis] la circostanza che il consorzio stabile costituisce un autonomo soggetto di diritto dotato di autonoma qualificazione e di un patrimonio autonomo (come si desume dalla previsione concernente la responsabilità solidale verso la stazione appaltante) impedisce ogni assimilazione tra consorziate del consorzio stabile e imprese mandanti di raggruppamenti temporanei di imprese, proprio per la ontologica differenza di struttura tra il primo e i secondi, per converso privi di personalità giuridica autonoma” (Cass. civ., sez. I, n. 1192/2018, cit.).
La Suprema Corte ha anche precisato che tra consorzio (stabile) e consorziate non vi è traccia di rapporto di mandato – nel quadro complessivo del rapporto consortile – atteso che: “[omissis] il vincolo in forza del quale le consorziate provvedono a dare esecuzione al contratto stipulato non si giustifica, sotto il profilo negoziale, nell’assegnazione che non può essere considerata un contratto (e quindi né un subappalto né un mandato), ma solo un atto unilaterale recettizio, bensì nel momento antecedente all’assegnazione e costituito dalla costituzione e dall’adesione al consorzio, unico atto negoziale contenente l’incarico di stipulare il contratto di appalto per conto delle consorziate e l’ulteriore incarico di determinare di volta in volta a quale tra esse gli appalti assunti dovranno essere assegnati” (Cass. civ., sez. I, n. 1192/2018, cit.).
Dalla natura del rapporto tra consorzio stabile e singole consorziate (nonché dalla peculiare struttura dell’istituto) ne deriva, secondo il giudice amministrativo, che l’utilizzo dei requisiti di partecipazione delle singole imprese consorziate non pregiudica la struttura originaria del consorzio che ha partecipato alla gara, in quanto autonomo soggetto di diritto, dotato di distinta qualificazione, stante la differenza tra la propria soggettività e quella delle imprese consorziate. Dunque, l’applicazione dell’istituto del cumulo alla rinfusa non può essere condizionata dalla scelta del consorzio stabile di servirsi, ai fini della partecipazione alla gara, dei requisiti delle singole imprese consorziate, sia che esse siano state “designate” o “non designate” per l’esecuzione del contratto (V. Cons. Stato, V, 29.09.2023, n. 8592, in www.giustizia-amministrativa.it).
3 Cons. Stato, Ad. Plen. 18 marzo 2021, n. 5, in www.giustizia-amministrativa.it, (investita della questione da Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., ord., 29.12.2020, n. 1211), interrogandosi sulla perdita dei requisiti di un’impresa consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori (quindi su una questione del tutto diversa), ha incidentalmente affermato che il d.l. n. 32 del 2019 ha ripristinato l’originaria e limitata perimetrazione del cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo. Né è derivata l’emersione di un contrasto giurisprudenziale (di cui si dirà) in ordine ai limiti entro i quali è legittimo il cumulo alla rinfusa.
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n. 163/20064 – che comprende le norme dell’abrogato Codice n. 50/2016 sino all’art. 67 e all’art. 225 c. 14 del D.lgs. n. 36/20235.
2.1. Le regole (poi novellate) dettate dal Codice abrogato e la Plenaria n. 5/2021
L’originaria formulazione dell’art. 47, comma 2, del D.lgs. n. 50 del 2016 prevedeva la possibilità dei consorzi stabili di lavori, servizi e forniture di utilizzare per i primi cinque anni dalla loro costituzione i requisiti di qualificazione delle imprese consortili: “per i primi cinque anni dalla costituzione, ai fini della partecipazione dei consorzi di cui all’art. 45, comma 2, lettera c), alle gare, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi previsti dalla normativa vigente posseduti dalle singole imprese consorziate esecutrici, vengono sommati in capo al consorzio”; - l’art. 31 del c.d. “decreto correttivo” del codice (D.lgs. n. 56/2017) ha modificato il citato comma 2, stabilendo che: art. 47 comma 2: “I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”. Per poter spendere i requisiti dei consorziati indicati per l’esecuzione era, quindi, sufficiente la semplice designazione in fase di gara; per poter usufruire di quelli dei consorziati non designati occorreva, invece, ricorrere all’istituto dell’avvalimento;
I consorzi stabili, sono formati da non meno di tre consorziati che abbiano stabilito di operare nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa
- la menzionata disposizione è rimasta in vigore sino al 2019. L’art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), d.l. 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. sblocca-cantieri, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55) ha sostituito il comma 2 ed ha aggiunto il comma 2-bis all’interno dell’art. 47, in virtù dei quali: “I consorzi stabili di cui agli articoli 45, comma 2 e 46, comma 1, lettera f), eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. Per i lavori, ai fini della qualificazione di cui all’articolo 84, con il regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies, sono stabiliti i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni L’affidamento delle prestazioni da parte dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettera b), ai propri consorziati non costituisce subappalto”; - (art. 47 comma 2-bis): “La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati. In caso di scioglimento del consorzio stabile per servizi e forniture, ai consorziati sono attribuiti pro quota i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio e non assegnati in esecuzione ai consorziati. Le quote di assegnazione sono proporzionali all’apporto reso dai singoli consorziati nell’esecuzione delle prestazioni nel quinquennio antecedente”
Si segnala sin d’ora che l’intervento legislativo del 2019 è stato, poi, invocato a sostegno di una ricostruzione contraria alla generalizzata ammissibilità del cumulo alla rinfusa. L’Adunanza Plenaria n. 5/20216, interrogatasi sulla perdi-
4 Nel periodo di vigenza del “vecchio” codice degli appalti non si è mai dubitato della possibilità di applicare il cumulo alla rinfusa ai Consorzi stabili, anche per i requisiti tecnico-finanziari documentati nell’attestato SOA e non posseduti in proprio dall’esecutrice dei lavori individuata dal Consorzio. L’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012 (in www.giustizia-amministrativa.it) ha chiarito che “il possesso dei requisiti generali e morali ex art. 38 codice appalti deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate, dovendosi ritenere cumulabili in capo al consorzio i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 codice appalti”.
5 Per un ricostruzione analitica dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale sulla questione del cumulo alla rinfusa si rinvia a Tar Campania, Napoli, I, sentenza 12.05.2023, n. 2897 (nonché alla precedente della medesima Sezione del 19.04.2023, n. 2390) che ha ritenuto preferibile la tesi dell’ammissibilità del cumulo alla rinfusa per ragioni logiche, di coerenza ordinamentale e di certezza del diritto: opinare diversamente significherebbe che la possibilità di cumulo dell’attestazione SOA, ammessa dalla giurisprudenza assolutamente prevalente fino alla sentenza del Consiglio di Stato, V, 25.08.2022, n. 7360 (ed ammissibile per gli appalti disciplinati ratione temporis dal D.lgs. n. 36/2023, come vedremo) abbia avuto una parentesi di (comunque incerta) sospensione a livello giurisprudenziale relativamente a quei casi scrutinati alla luce dell’orientamento restrittivo di cui si dirà nel testo del presente contributo.
6 Ad. Plen. 18.05.2021 n. 5, cit.. È interessante osservare che la Plenaria aveva anche già affermato che “La consorziata di un consorzio
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ta dei requisiti di una impresa consorziata non designata ai fini della esecuzione dei lavori (quindi su una questione del tutto diversa), ha incidentalmente affermato che il D.l. n. 32 del 2019 ha ripristinato l’originaria e limitata perimetrazione del cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo. Da qui l’emersione di un contrasto giurisprudenziale – di cui si darà conto nel prosieguo – in ordine all’operatività e ai relativi limiti del cumulo alla rinfusa.
l’operatività dell’istituto del cumulo alla rinfusa dovesse essere limitata ai soli requisiti concernenti attrezzature, mezzi e organico medio annuo, mentre per tutti gli altri requisiti il consorzio avrebbe dovuto dimostrare il possesso in proprio10:
A tale orientamento ha aderito la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. I, 15.02.2023, n. 397 che ha interpretato il disposto dell’art. 47 comma 1 del Codice n. 50/2016 nel senso che questo fosse “chiaro nel consentire il cumulo solo con riferimento a determinati requisiti, ossia attrezzature, mezzi e organico medio, stabilendo che, al di fuori d questo ambito, i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere posseduti direttamente dal Consorzio stabile e non per il tramite delle imprese consorziate”.
Tale pronuncia è stata fatta oggetto di gravame che si è concluso con la decisione - di riforma - del Cons Stato, Sez. v, 29.09.2023, n. 8592.
Palazzo Spada con la citata sentenza, oltre a ricostruire l’istituto del Consorzio Stabile, ha passato in rassegna la giurisprudenza del giudice amministrativo (alla quale si è già fatto cenno). Questa, ha sottolineato, sebbene abbia sostanzialmente ammesso il principio per i cui i consorzi stabili possano giovarsi – senza ricorrere all’avvalimento – dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate, tuttavia, di seguito alle modifiche intervenute con il c.d. “sblocca-cantieri” ha limitato la “qualificazione cumulativa” solo ai requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature, mezzi d’opera e organico medio annuo11
Stando alla detta giurisprudenza, la sentenza in questione ha affermato che, al di fuori di tali presupposti, si dovrebbe tornare ad applicare la regola generale che impone a ciascun concorrente (e quindi al consorzio stabile “in proprio”) la dimostrazione del possesso dei requisiti e della capacità di qualificazione, secondo quanto stabilito, dagli artt. 83 e 84 del Codice di cui al D.lgs. n. 50/2016. Alla luce di quanto sin qui sintetizzato, Palazzo Spada ha ritenuto che tale approdo argomentativo sia ormai superato dall’avvento dell’art. 225, comma 13 del nuovo Codice di cui al D.lgs. n. 36/2023. Tale norma (che sarà esaminata nel dettaglio più avanti) per il Collegio ha dunque
3. Il contrasto giurisprudenziale Nonostante l’intervento della citata Plenaria, la giurisprudenza successiva è stata ondivaga. A sentenze che hanno ribadito la vis abrogans dello sblocca-cantieri (in ciò aderendo all’impostazione “uniformante” del Supremo Consesso), che avrebbe eliminato: “[omissis] tale regola [cioè la regola del cumulo alla rinfusa] per tutti i consorzi stabili, ripristinando l’originaria e limitata perimetrazione del c.d. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla «disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo», i quali sono «computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate»” 7 se ne sono contrapposte altre che hanno, invece, precisato che il consorzio stabile: “[omissis] opera in base a uno stabile rapporto organico con le imprese associate, il quale si può giovare, senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del cumulo alla rinfusa 8 . È stata la non perfetta formulazione della norma di cui al citato art. 47 comma 2 bis del Codice 50/2016 (come novellato dal menzionato decreto sblocca- cantieri) a far sorgere un contrasto giurisprudenziale in quanto: i) un primo orientamento sosteneva che per gli appalti di servizi e forniture permanesse la possibilità per i consorzi stabili di avvalersi dei requisiti posseduti dalle proprie consorziate, designate e non, per dimostrare il possesso di tutti i requisiti di capacità finanziaria o tecnica senza limitazioni di sorta9; ii) un secondo indirizzo interpretativo sosteneva invece che (anche) per gli appalti di servizi e forniture stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione”, principio di recente confermato dal Consiglio di Stato, sez. V, 03.01.2024 n. 71 (di cui si dirà) secondo il quale “In sostanza, il cumulo alla rinfusa è un avvalimento ex lege, con il relativo regime di responsabilità”.
7 V., ad es.: Cons. Stato, sez. III, 13.12.2021, n. 8316; Tar Lazio, Roma, sez. III, 2.03.2022, n. 2571, in www.giustizia-amministrativa.it
8 V. Cons. Stato, sez. V, 7.012022, n. 48, Id., sez. V, 2.02.2021, n. 964; Id., 11.12.2020, n. 7943; Id., sez. VI, 13.10.2020, n. 6165, in www. giustizia-amministrativa.it.
9 Ad esempio, si colloca su tale linea anche il Tar Lazio, sez. II-quater, sentenza del 7.4.2022 n. 4082, in www.giustizia-amministrativa.it
10 In tale orientamento si inseriscono: Cons. Stato, sez. V., 29 marzo 2021, n. 2588; Tar Lazio, sez. III, 3.03.2022, n. 2571, cit.; Cons. Stato, 22.08.2022, n. 7360, le cui argomentazioni sono state riprese dalla recente giurisprudenza, tra cui: Tar Ancona, Sez. I, 25.02.2023, n. 119; Tar Milano, Sez. I, nn. 397, 597 e 744 del 2023; Tar Napoli, sez. III, 22.02.2023, n. 1152; Tar L’Aquila, Sez. I, 16.03.2023; Tar Palermo, sez. I, 02.03.2023, n. 657, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.
11 Art. 47, comma 1; v. pure comma 2 e 2 bis della norma, come riformulati da tale decreto legge. Nella indicata decisione il Consiglio di Stato, per tale indirizzo interpretativo, cita la decisione della V sezione, la n. 7360 del 22.08.2022 e la precedente sentenza dell’Adunanza plenaria n. 5 del 18 marzo 2021, cit.
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ammesso, in generale e senza limitazioni, il cumulo alla rinfusa12, circostanza avvalorata anche dall’art. 67, comma 2, lett. a) e b) d.lgs. n. 36/2023, con la conseguenza che sia sotto la vigenza del Codice del 2023 che sotto la vigenza del Codice del 2016, il consorzio stabile può dimostrare il possesso dei requisiti “anche mediante il cumulo dei requisiti delle imprese consorziate, a prescindere dal fatto che le stesse siano designate o meno in gara per l’esecuzione del contratto di appalto”.
Alla luce di tali rilievi, il Consiglio di Stat ha statuito che: “[omissis] nella partecipazione alle gare d’appalto è il consorzio stabile (e non già ciascuna delle singole imprese consorziate) ad assumere la qualifica di concorrente e contraente e, per l’effetto, a dover dimostrare il possesso dei relativi requisiti partecipativi, anche mediante il cumulo dei requisiti delle imprese consorziate, a prescindere dal fatto che le stesse siano designate o meno in gara per l’esecuzione del contratto di appalto”13
Dai rilievi enunciati, con la sentenza n. 8592 del 29.09.2023 il Supremo consesso ha così concluso: “[omissis] consegue che, diversamente da quanto sostenuto dal Tribunale adito, il Consorzio Stabile [***] poteva bene integrare i requisiti per il tramite del «cumulo alla rinfusa», nei termini indicati, nella specie attuati a mezzo del richiamo dei requisiti posseduti dalle consorziate non designate quali esecutrici”.
4. La disciplina recata dal nuovo Codice n. 36/2023: l’art. 65 (che riproduce vecchie norme), l’art. 67 e l’interpretazione autentica contenuta nell’art. 225, c. 13 (che riprende l’art. 36 comma 7 del Codice n. 163/2006).
La definizione di consorzio stabile contenuta nel nuovo Codice all’art. 65, comma 2, lett. d) è identica a quella individuata dall’art. 45, comma 2, lett. c) del vecchio Codice di cui al d.lgs. n. 50/2016. I consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili, tra diverse categorie di operatori economici: “[omissis] sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di
tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”14
Ai fini della qualificazione degli stessi, l’art. 67 D.lgs. n. 36/2023 – nel richiamare anche il contenuto dell’allegato II.1215 (valido nelle more dell’adozione del regolamento sulla qualificazione degli operatori economici per le procedure di appalto di lavori pari o superiori a 150.000 euro, v. art. 100, comma 4-) stabilisce che:
“a) per gli appalti di servizi e forniture, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate;
b) per gli appalti di lavori, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento sono posseduti e comprovati dagli stessi sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”. In disparte la diversa formulazione delle ipotesi (per gli appalti di servizi e forniture rileva l’avverbio “cumulativamente” mancante per gli appalti di lavori), il significato della disposizione appare univoco nel consentire (ai fini della dimostrazione della capacità tecnica e finanziaria) il ricorso ai requisiti speciali posseduti dalle imprese consorziate, indipendentemente dal fatto che siano state designate o meno per l’esecuzione del contratto.
Si aggiunga che l’interpretazione autentica fornita dall’art. 225, comma 1316 completa il quadro normativo in senso conforme a quanto appena indicato.
In particolare (in via transitoria con riferimento alle procedure ricadenti nel vecchio Codice del 2016), i requisiti di qualificazione dei consorzi stabili sono quelli previsti dall’art. 36, comma 7 D.lgs. n. 163/200617
Per l’affidamento di lavori, vale quanto previsto dall’art. 94 D.p.r. n. 207/2010 (che naturalmente non è più operante per le procedure bandite sotto il nuovo Codice), il quale stabilisce che i consorzi stabili (nei lavori) conseguono la qualificazione “[omissis] a seguito di verifica dell’effettiva sussistenza in capo alle singole consorziate dei corrispondenti requisiti” e quindi, ancora una volta, senza alcuna distinzione tra imprese designate o meno per l’esecuzione dell’appalto.
12 Circostanza avvalorata anche dall’art. 67, comma 2, lett. a) e b) d.lgs. n. 36/2023, come si vedrà più avanti.
13 Nella decisione viene menzionato anche il precedente conforme sez. V, 4.07.2023, n. 6533; al riguardo v. anche Cons. Stato, sez. V, 5.05.2023, n. 1761; Id., sez. III, 9.10.2023, n. 8767 in www.giustizia-amministrativa.it.
14 Art. 65, comma 2, lett. d), Codice n. 36/2023.
15 Sistema di qualificazione e requisiti per gli esecutori di lavori. Requisiti per la partecipazione alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura”) valido nelle more dell’adozione del regolamento sulla qualificazione degli operatori economici per le procedure di appalto di lavori pari o superiori a 150.000 euro (art. 100, comma 4).
16 A mente del quale: “Gli articoli 47, comma 1, 83, comma 2, e 216, comma 14, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, si interpretano nel senso che, in via transitoria, relativamente ai consorzi di cui all’articolo 45, comma 1, lettera c), del medesimo codice, ai fini della partecipazione alle gare e dell’esecuzione si applica il regime di qualificazione previsto dall’articolo 36, comma 7, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 18 aprile 2006 n. 163 e dagli articoli 81 e 94 del regolamento di esecuzione ed attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. L’articolo 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara”. 17 pertanto, il consorzio stabile si qualifica sulla base dei requisiti posseduti dalle singole imprese consorziate).
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Per gli affidamenti di servizi e forniture, invece, l’art. 47, comma 2 bis D.lgs. n. 50/2016 si interpreta (sempre in forza dell’art. 225, comma 13, cit.) nel senso che la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara. Emerge, quindi, un allineamento tra il nuovo regime del nuovo Codice e quello precedente (per le gare avviate durante il Codice n. 50/2016 cui si applica l’interpretazione autentica).
In entrambi i casi, per lavori, servizi e forniture, vale lo stesso concetto: il consorzio stabile dimostra il possesso di (tutti) i requisiti speciali (oltreché in proprio) anche attraverso le qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate, indipendentemente dal fatto che siano state designate per l’esecuzione del rapporto.
5. Ulteriori recenti pronunce
Si segnalano ancora recenti arresti giurisprudenziali che i ritengono utili, come:
- Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 03.01.2024 n. 71 che, ponendosi comunque nel solco tracciato dalla precedente giurisprudenza, ha rimarcato come “Dal combinato disposto di tali due commi [art. 47, commi 1 e 2 D. lgs. n. 50/2016] si desume anche che:
a) la qualificazione è richiesta in capo al consorzio stabile e non in capo alle singole consorziate, atteso che la qualificazione delle singole consorziate rileva solo ai fini del cumulo alla rinfusa e per verificare che il consorzio stabile sia qualificato;
b) una volta che si accerti che il consorzio stabile è qualificato, non rileva verificare la qualificazione o meno delle singole consorziate;
c) il cumulo alla rinfusa previsto dal comma 1 dell’art. 47 determina un avvalimento ex lege che si deve intendere bidirezionale alla luce del comma 2 della stessa norma;
d) la esecuzione diretta o tramite consorziate, con responsabilità solidale, presuppone appunto un avvalimento ex lege che opera in senso bidirezionale;
e) non ha alcuna rilevanza che la consorziata esecutrice non sia qualificata, perché da un lato rileva ed è richiesta solo la qualificazione del consorzio, dall’altro lato se il consorzio esegue tramite consorziata non qualificata, è responsabile in solido, ossia il consorzio opera come una ausiliaria ex lege”. In tale decisione viene poi riaffermato il principio secondo cui “In sostanza, il cumulo alla rinfusa è un avvalimento ex lege, con il relativo regime di responsabilità.
Occorre ragionare in termini di unicità del soggetto composto da consorzio stabile e consorziate, indipendentemente da chi ha i requisiti e chi esegue, atteso che in un avvalimento ex lege sono solidalmente responsabili i soggetti che hanno i requisiti e i soggetti che eseguono.
Ragionando in termini di unicità, secondo la logica dell’avvalimento ex lege, si può accettare anche la scissione tra il soggetto che ha i requisiti di qualificazione ma non esegue e il soggetto che esegue ma non ha i requisiti di qualificazione”.
- Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 22.12.2023, n. 11106 con cui ha ribadito che “La questione del c.d. “cumulo alla rinfusa” (che rappresenta l’esclusivo thema decidendum della presente controversia) è stato (..) risolto nel senso di ammettere comunque siffatto meccanismo anche in simili ipotesi (consorzio in possesso dei requisiti ma non anche la consorziata indicata come esecutrice) ”. Anche tale decisione dà atto che “[omissis] il problema interpretativo dell’ambito del cumulo alla rinfusa è stato risolto dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 225, comma 13, del d.lgs. n. 36 del 2023, alla cui stregua «l’art. 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara». Può dunque ritenersi che, anche nel vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, il cumulo alla rinfusa operi in modo generalizzato, e cioè per tutti i requisiti idoneativi, con riguardo ai consorzi stabili. D’altronde, l’ammissibilità del cumulo alla rinfusa per la prova dei requisiti di qualificazione si giustifica proprio in ragione della comune struttura di impresa che caratterizza il consorzio stabile”.
- Consiglio di Stato, sez. V, decisione 04.07.2023 n. 6530 ove ha condivisibilmente precisato che il “cumulo alla rinfusa” non opera per l’iscrizione alla white list (art. 47 d.lgs. n. 50/2016, così rigettando la tesi dell’operatore economico appellante secondo cui non sarebbe necessaria- e anzi neppure ammessa- la sua iscrizione alla white list, in quanto, stante la peculiare relazione fra Consorzio e consorziata, risulterebbe idonea e sufficiente il possesso di tale iscrizione in capo alla consorziata individuata come esecutrice dei lavori.
In tale decisione il Supremo consesso che precisato che “[omissis] trattandosi di un requisito di ordine generale, l’iscrizione alla white list doveva essere posseduta a pena di esclusione dal concorrente, cioè il Consorzio, e non poteva essere “mutuato” dalla consorziata esecutrice: e ciò a prescindere da chi esegua le lavorazioni in parola, non operando per i requisiti di partecipazione morale, connotati da irrinunciabili elementi soggettivi, il meccanismo del c.d. cumulo alla rinfusa ex art. 47 del Codice dei contratti pubblici, che rileva per i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria”, con
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ampi richiami alla precedente giurisprudenza già citata nel presente scritto18
6. Considerazioni conclusive L’orientamento giurisprudenziale di cui si è dato conto, almeno negli ultimi due anni, si è andato consolidando sul tema dell’ammissibilità del cumulo alla rinfusa dei requisiti per la partecipazione alle gare dei consorzi stabili. Ciò nel senso che tale istituto opera senza limiti per tutti i requisiti di capacità finanziaria e tecnica e che il loro possesso può essere dimostrato dal Consorzio stabile sia mediante i requisiti delle consorziate non designate che con quelli posseduti dalle consorziate designate come esecutrici.
18 Sempre reperibile in www.giustizia-amministrativa.it
In siffatto solco, per così dire, scavato dalla giurisprudenza, si è andata a posare la “pietra tombale” rappresentata dalla disciplina di tale istituto recata nell’art. 67 e nell’art. 225 comma 13 del D. lgs. n. 36/2023. Il principio, come si è visto, non si applica solo alle procedure soggette al nuovo Codice di cui al D. lgs. n. 36/2023 ma anche a quelle soggette all’abrogato D. lgs. n. 50/2016 che siano ancora in corso o il cui esito sia stato impugnato davanti alla giurisdizione amministrativa.
L’auspicio è che l’interpretazione autentica prevista dal Codice n. 36/2023 sulle norme regolanti l’istituto possa impedire il sorgere di ulteriore contenzioso.
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Avvalimento e parità di genere. Spunti di riflessione
L’art. 63 della Direttiva UE n. 2014/24 dispone che “1. Per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 4, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all’allegato XII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia fare affidamento sulle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste. Se un operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, dimostra all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno assunto da detti soggetti a tal fine.
Se un operatore economico si affida alle capacità di altri soggetti per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria, l’amministrazione aggiudicatrice può esigere che l’operatore economico e i soggetti di cui sopra siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto.
Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo 2, può fare valere le capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti.
Al rilascio della certificazione provvedono gli organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008.
Per avere accesso alla certificazione è previsto il raggiungimento del punteggio minimo del 60%
L’amministrazione aggiudicatrice verifica, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, se i soggetti sulla cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’articolo 57 ”. La medesima Direttiva dispone, inoltre, che “L’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione.
2. Nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo 2, da un partecipante al raggruppamento.”
La normativa interna e l’avvalimento premiale L’attuale disciplina dell’avvalimento è contenuta nell’art. 104 del d.lgs. n. 36/2023 (a seguito dell’abrogazione del previgente art. 89 del d.lgs. n. 50/2016).
La previsione dispone che il prestito da parte dell’ausiliaria può avere ad oggetto “ dotazioni tecniche e risorse umane e strumentali per tutta la durata dell’appalto”, che vanno individuate nel contratto di avvalimento.
Per quel che interessa ai fini del presente contributo, il nuovo Codice dei contratti pubblici ha consentito che l’avvalimento possa essere utilizzato sia per integrare i requisiti di partecipazione alla gara, sia per “migliorare la propria offerta” (art. 104, comma 4), ossia per ottenere una valutazione migliore.
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Annalisa Damele - Dirigente Grande Ospedale Metropolitano Niguarda
In altri termini, il concorrente può avvalersi di un soggetto terzo per mutuare requisiti di partecipazione di cui altrimenti sarebbe privo e, in tal caso, il contratto di avvalimento “ha ad oggetto le dotazioni tecniche e le risorse che avrebbero consentito all’operatore economico di ottenere l’attestazione di qualificazione richiesta” per lavori di importo pari o superiore a euro 150.000, ovvero per servizi e forniture.
Analogamente, con l’entrata in vigore del nuovo Codice, il concorrente può ora anche decidere di ricorrere all’avvalimento per ottenere un punteggio maggiore nella valutazione della propria offerta tecnica, essendo così ammesso anche il c.d. avvalimento premiale.
Brevi riflessioni a margine dell’utilizzabilità dell’avvalimento premiale per la parità di genere
1. L’art. 108, comma 7 del d.lgs. n. 36/2023 dispone che “al fine di promuovere la parità di genere le stazioni appaltanti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti il maggior punteggio da attribuire alle imprese che attestano, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all’art. 46 bis1 del codice delle pari opportunità tra uomo e domma, di cui al d.lgs. n. 198/2006”.
Come si evince dalla formulazione letterale della previsione, il possesso della predetta certificazione costituisce un elemento migliorativo di valutazione delle offerte e non già un requisito di ammissione alla procedura comparativa.
La questione sulla quale riflettere è, quindi, se la certificazione possa essere oggetto di avvalimento da parte del concorrente.
1.1. Quanto all’astratta ammissibilità non può che farsi riferimento alla nuova previsione dell’art. 104, comma 4, che, come detto, consente il ricorso all’avvalimento premiale.
Sotto un mero profilo di fattibilità non pare, quindi, che la dichiarazione del concorrente circa l’intendimento di avvalersi della certificazione di genere di altro soggetto possa essere rifiutata dalla stazione appaltante.
1.2. Resta da capire in concreto che cosa debba comportare il prestito di tale particolare certificazione. Ed invero, l’art. 104, comma 4, lett. c) stabilisce che l’impresa ausiliaria è tenuta a dichiarare alla stazione appaltante, tra l’altro, “di impegnarsi verso l’operatore economico e verso la stessa stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse oggetto del contratto di avvalimento”. A sua volta il primo comma del medesimo art. 104 dispone che il contratto di avvalimento deve contenere “indicazione specifica delle risorse messe a disposizione dell’operatore economico”.
Ora, il d.p.c.m. 29/04/2022 ha previsto che i parametri per il conseguimento della certificazione sono quelli già definiti dalla Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022, pubblicata il 16 marzo 2022, contenente “Linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere che prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator –Indicatori chiave di prestazione) inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni” e successive modifiche o integrazioni.
La Prassi individua sei Aree attinenti alle differenti variabili che possono contraddistinguere una struttura inclusiva e rispettosa della parità di genere. Ogni Area è contraddistinta da uno specifico peso percentuale, per un totale di 100.
Con riferimento a ciascuna Area vengono identificati degli specifici KPI quali/quantitativi, per un totale di 33, applicabili secondo principi di proporzionalità e gradualità in ragione del profilo dimensionale dell’impresa
1 Il citato art. 46 bis dispone che “A decorrere dal 1° gennaio 2022 è istituita la certificazione della parità di genere al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità.
2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dello sviluppo economico, sono stabiliti:
a) i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere da parte delle aziende di cui all’articolo 46, commi 1 e 1-bis, con particolare riferimento alla retribuzione corrisposta, alle opportunità di progressione in carriera e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche con riguardo ai lavoratori occupati di sesso femminile in stato di gravidanza;
b) le modalità di acquisizione e di monitoraggio dei dati trasmessi dai datori di lavoro e resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
c) le modalità di coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e dei consiglieri di parità regionali, delle città metropolitane e degli enti di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, nel controllo e nella verifica del rispetto dei parametri di cui alla lettera a);
d) le forme di pubblicità della certificazione della parità di genere.
3. È istituito, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Comitato tecnico permanente sulla certificazione di genere nelle imprese, costituito da rappresentanti del medesimo Dipartimento per le pari opportunità, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dello sviluppo economico, delle consigliere e dei consiglieri di parità, da rappresentanti sindacali e da esperti, individuati secondo modalità definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dello sviluppo economico.
4. Dall’istituzione e dal funzionamento del Comitato tecnico di cui al comma 3 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Ai suoi componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati”. Con d.p.c.m. 29/04/2022 sono stati individuati i “Parametri per il conseguimento della certificazione della parità di genere alle imprese e coinvolgimento delle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere e consiglieri territoriali e regionali di parità”.
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avvalimento
In particolare:
• Cultura e strategia (cui corrispondono 7 KPI) è l’Area volta a misurare che i principi e gli obiettivi di inclusione, parità di genere e attenzione alla gender diversity dell’organizzazione siano coerenti con la sua visione, le finalità e i valori che caratterizzano l’ambiente di lavoro (peso 15%);
• Governance (cui corrispondono 5 KPI) permette di misurare il grado di maturità del modello di governance dell’organizzazione, volto a definire gli adeguati presidi organizzativi e la presenza del genere di minoranza negli organi di indirizzo e controllo dell’organizzazione nonché la presenza di processi volti a identificare e porre rimedio a qualsiasi evento di non inclusione (peso 15%);
• Processi HR (cui corrispondono 6 KPI) è l’Area che si concentra sui principali processi che attengono ai diversi stadi che caratterizzano il ciclo di vita di una risorsa nell’organizzazione e che si dovrebbero basare su principi di inclusione e rispetto delle diversità (peso 10%);
• Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda, per misurare, attraverso 7 KPI, il grado di maturità delle organizzazioni in relazione all’accesso neutrale dei generi ai percorsi di carriera e di crescita interni e la relativa accelerazione (peso 20%);
• Equità remunerativa per genere, per determinare, attraverso 3 KPI, il grado di maturità delle organizzazioni in relazione al differenziale retributivo in logica di total reward comprendente quindi anche compensi non monetari quali sistemi di welfare e wellbeing (peso 20%);
• Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro, Area che permette di misurare, attraverso 5 KPI, il
grado di maturità delle organizzazioni in relazione alla presenza di politiche a sostegno della genitorialità nelle diverse forme e l’adozione di procedure che facilitino e supportino la presenza anche di donne con figli e figlie in età prescolare (peso 20%).
Al rilascio della certificazione provvedono gli organismi di valutazione della conformità accreditati ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008. Per avere accesso alla certificazione è previsto il raggiungimento del punteggio minimo del 60%.
2. A fronte dei parametri per il rilascio della certificazione risulta veramente arduo capire quale dovrebbe essere il contenuto delle risorse oggetto del contratto di avvalimento nel caso di “prestito” della certificazione relativa alla parità di genere.
Delle due l’una, quindi. O si ritiene sufficiente che il contratto menzioni la messa a disposizione della certificazione di parità di genere senza ulteriori specificazioni o si richiede, invece, che vengano specificate le risorse (ma non è agevole capire quali) oggetto di avvalimento.
Personalmente mi pare che la prima opzione – per quanto vacua – sia l’unica che consenta la praticabilità dell’avvalimento di tale tipologia di certificazione. Peraltro, depone in questo senso anche la formulazione letterale dell’art. 104, comma 2, ai sensi del quale il contratto di avvalimento ha ad oggetto le dotazioni tecniche che avrebbero consentito all’operatore economico di ottenere l’attestazione di qualificazione richiesta soltanto se “ il contratto di avvalimento sia concluso per acquisire un requisito necessario alla partecipazione ad una procedura” e non già, quindi, in caso di avvalimento premiale.
Si attendono le prime pronunce giurisprudenziali sul punto per avere qualche elemento di chiarezza.
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Il “nuovo” accesso agli atti digitale
Finalmente si compie la rivoluzione della digitalizzazione degli appalti!
Dal 1 gennaio 2024 le attività e i procedimenti amministrativi connessi al ciclo di vita dei contratti pubblici sono svolti digitalmente, secondo le previsioni contenute nella PARTE II rubricata “Della Digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti” (artt. 19 – 36) del Decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36. In particolare, con gli artt. 35 “Accesso agli atti e riservatezza” e 36 “Norme procedimentali e processuali in tema di accesso”, si innova il sistema di accesso agli atti dando piena attuazione a parole chiave come “semplificazione”, “accelerazione”, “digitalizzazione”, “tutela” e “trasparenza”. In questa direzione, il nuovo Codice ha delineato un sistema precettistico omogeneo, unitario, certo e tassativo della materia, le cui norme erano prima dislocate in vari testi normativi.
Giova richiamare, in una prospettiva comparatistica, gli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 che si occupavano del diritto di accesso cosiddetto “documentale”, il quale presupponeva la titolarità, in capo all’ “interessato”, di una posizione differenziata e qualificata all’ostensione del documento. In forza di detta disciplina, era legittimato a richiedere l’accesso ai documenti amministrativi unicamente il soggetto portatore di uno specifico interesse “diretto, concreto ed attuale” corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti ai quali si chiedeva l’accesso, con conseguente esclusione dei titolari di meri interessi di fatto.
rio e speciale caratterizzante l’accesso agli atti, in considerazione della specificità del settore di riferimento. Infatti, l’art. 53 comma 5 del d.lgs. n. 50/2016 stabiliva:
«Fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali».
Il legislatore, con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 31.03.2023, n. 36), ha deciso di redigere una normativa che sia immediatamente “autoesecutiva”, consentendo da subito una piena conoscenza dell’intera disciplina da attuare
Sennonché tale previsione scontava la necessità di essere compendiata con il diritto, costituzionalmente garantito, alla tutela giurisdizionale e al diritto alla difesa da parte degli altri concorrenti e, in questo senso, il comma 6 del medesimo articolo 53 citato stabiliva:
« In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto.». Trattasi di un principio che ribadiva quanto già affermato all’interno dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, ai sensi del quale «Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.».
Diversa era invece la disciplina contenuta nell’art. 53 del d.lgs. 50/2016, che aveva introdotto un regime derogato-
Tra il tradizionale diritto di accesso agli atti amministrativi e la tematica fra accesso difensivo ex art. 53 comma 6 d.lgs. 50/2016 e segreti tecnici e commerciali, si è interposto, nell’ambito delle procedure di gara, l’istituto del cosiddetto “accesso civico generalizzato” venuto in rilievo con il d.lgs. 33/2013.
La giurisprudenza è stata per molto tempo divisa sull’applicabilità dell’accesso civico generalizzato in materia di
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digitalizzazione appalti
Alessia
Bracaglia - Collaboratore amministrativo Asl Frosinone
appalti pubblici, attestandosi su orientamenti diametralmente opposti. Occorrerà attendere la pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 02.04.2020 n. 10 che, affermando l’esperibilità dell’accesso civico generalizzato anche nella materia dei contratti pubblici, ha enunciato i seguenti principi di diritto:
a) la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento;
b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22 della l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;
c) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza. Quanto, poi, alle modalità di esercizio del diritto di accesso, queste erano disciplinate analiticamente nel D.P.R. 184/2006 (“Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi”), in conformità a quanto stabilito nella legge sul procedimento. Il diritto di accesso si poteva esercitare mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, ai sensi
dell’art. 25 L. 241/1990, ovvero anche per via telematica, ai sensi dell’art. 13 DPR 184/2006 e del D.Lgs. 82/2005. Successivamente, con le riforme del 2013 e 2020 (D.Lgs. 33/2013 e L. 120/2020), il legislatore ha ulteriormente proseguito nella direzione di rafforzare la “telematizzazione” del procedimento di accesso. In virtù dell’art. 5, comma 4 del D.Lgs. 33/2013 “Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali”. Tale logica è stata alla base anche della modifica alla L.241/1990, introdotta con l’art. 12 della L. 120/2020, la quale, in un’ottica di semplificazioni procedimentali, puntava a definire una pubblica amministrazione sempre più efficiente mediante l’uso di “strumenti informatici e telematici, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati” . In un tale contesto, si comprende come il panorama degli strumenti di accesso, fino all’adozione del nuovo codice del 2023, seguisse un “doppio binario”: spesso, nella pratica, il procedimento di accesso si presentava come “misto”, ossia, in parte telematico ed in parte cartaceo. Il legislatore, con il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 31.03.2023, n. 36), ha deciso di redigere una normativa che non rinvii a ulteriori provvedimenti e sia immediatamente “autoesecutiva”, consentendo da subito una piena conoscenza dell’intera disciplina da attuare. L’individuazione della portata innovativa del nuovo accesso agli atti “digitalizzato” emerge immediatamente dalla comparazione con quanto precedentemente in essere.
Tra le novità:
La piena operatività dell’accesso civico negli appalti pubblici, ora assorbito nel comma 1 dell’art. 35, il quale è evidentemente figlio della sentenza della adunanza plenaria n. 10. Si compie la “telematizzazione” dell’intero processo di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ora assicurato in modalità digitale e in totale gratuità, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
Non serve più inoltrare delle istanze di accesso almeno per i dati dei primi 5 operatori e quindi grande velocità nel processo di ostensione. L’art. 36, comma 2, prevede infatti che «Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate».
Vi è un ribaltamento della priorità tra diritto di accesso rispetto alla riservatezza dei segreti tecnici e commerciali:
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digitalizzazione appalti
è consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara. (comma 5, art. 35).
Nuovo rapidissimo iter di accesso e d’impugnazione del diniego d’accesso in sede giurisdizionale. L’operatore economico può indicare di oscurare delle parti nella sua offerta/documentazione: su queste richieste la stazione appaltante si pronuncerà con una documentazione. Tale
decisione può essere impugnata entro 10 giorni dalla data delle comunicazione mediante ricorso al TAR. La controparte entro 10 giorni si deve costituire in giudizio, fissata un’unica udienza ed entro 5 giorni verrà pubblicata la sentenza.
Segnalazione all’ANAC da parte della stazione appaltante o ente concedente in caso di pretestuose e reiterate richieste di oscuramento degli operatori.
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digitalizzazione appalti
IX Corso di Alta Formazione 2022/23 per Funzionari e Dirigenti in Sanità
Area Provveditorato - Economato - Patrimonio - Centrali Regionali
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Tutor:
La qualificazione delle stazioni appaltanti alla luce della delibera ANAC n. 441/2022. Analisi del posizionamento delle Aziende Sanitarie dei partecipanti al gruppo di lavoro
Gruppo di lavoro:
Daniela Bianchi, ARPA Lombardia, Milano Maria Cristina Cavallarin, AUSL Ferrara Giorgio Rossi, AOU Ferrara
Giuseppe Cecca, ASL BAT, Andria Albina Lemba, ASST G. Pini CTO, Milano
Francesca Toscano, AOU Maggiore della Carità, Novara
Carmen Maria Zubiani, ASST della Valtellina e Alto Lario, Sondrio
L’adozione di un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza ha come fine quello, da una parte, di contribuire all’aggregazione della domanda nell’ambito degli appalti pubblici, favorendo l’istituzione di centrali di committenza e soggetti aggregatori in possesso di un’adeguata qualificazione, dall’altro di concentrare l’attività contrattuale presso strutture amministrative effettivamente in possesso delle qualifiche necessarie a una gestione ottimale delle commesse pubbliche. Nel primo caso, si tratta, pertanto, di strutture create appositamente al fine di aggiudicare appalti, ma anche di stipulare ed eseguire i relativi contratti, per conto di pubbliche amministrazioni; nel secondo caso, si tratta di strutture interne alle amministrazioni che, in presenza di determinati requisiti, hanno la funzione di concludere e gestire gli appalti pubblici per conto dell’ente o amministrazione di appartenenza. In data 17 dicembre 2021 è stato sottoscritto dall’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Mario Draghi e dal Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Avv.to Giuseppe Busia, un protocollo d’intesa finalizzato alla riduzione del numero delle stazioni appaltanti sul territorio nazionale. Il suddetto accordo era diretto a definire e rafforzare il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, con lo scopo di conseguire la riduzione numerica, l’accorpamento e la riorganizzazione, nonché di adottare un sistema qualitativamente elevato di qualificazione, mediante l’istituzione nell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti di cui all’articolo 33-ter del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, di un’apposita sezione contenente l’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, di cui fanno parte anche le centrali di committenza. Il sistema di qualificazione individuato ai sensi del suddetto accordo, riguardava tutte le procedure di gara indette dalle stazioni appaltanti e dalle centrali di committenza.
Con la recente delibera n. 441 del 28 settembre 2022 l’ANAC, in applicazione dell’art. 38 del D.Lgs n. 50/2016, ha individuato, i requisiti necessari per la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza ed ha, altresì, stabilito quando la qualificazione si rende necessaria indicando i requisiti, all’uopo indispensabili per poter ottenere la qualificazione. Nel dettaglio, sono stati stabiliti più livelli di qualificazione: la qualificazione ad un determinato livello consente di acquisire servizi e forniture nei livelli più bassi. L’inserimento in un livello piuttosto che in un altro dipende dal punteggio conseguito, in base alle caratteristiche possedute. Anche l’ammissione alla procedura di qualificazione è subordinata al possesso di alcuni requisiti come ad esempio: l’iscrizione all’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA), la presenza nell’organigramma dell’Amministrazione di una struttura dedicata agli affidamenti di servizi e forniture nonché la disponibilità di piattaforme telematiche dedicate all’affidamento dei contratti. Nello specifico la delibera di ANAC, in argomento, prevede che:
“Per i servizi e le forniture di importo a base di gara pari o superiore alle soglie previste per gli affidamenti diretti le stazioni appaltanti sono qualificate in uno dei seguenti livelli:
a) livello base (SF3) per importi inferiori a 750.000 euro;
b) livello medio (SF2) per importi pari o superiori a 750.000 euro e inferiori a 5.000.000 di euro;
c) livello alto (SF1) per importi pari o superiori a 5 milioni di euro”
ANAC stabilisce, inoltre, che “non è necessaria la qualificazione per gli affidamenti diretti e per l’effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza e dai soggetti aggregatori”. Da ultimo, è doveroso ricordare che il 1°aprile 2023 è entrato in vigore il D.Lgs n. 36, “nuovo Codice dei contratti pubblici”, il quale, in continuità con le statuizioni del precedente Codice, all’art. 63 ha disciplinato la qualificazione delle stazioni
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Paolo Pelliccia
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appaltanti e delle centrali di committenza, mantenendo sostanzialmente l’impostazione dell’ANAC. La qualificazione delle stazioni appaltanti riferite ai componenti del gruppo di lavoro, alla luce del contenuto della delibera ANAC n. 441/2022, che disciplina i seguenti requisiti per ottenere la qualificazione:
1) Presenza nelle strutture organizzative stabili di dipendenti aventi specifiche competenze (numero di dipendenti coinvolti nel processo di acquisto, qualifica, titolo di studio, eventuale iscrizione a ordini professionali, esperienza);
2) Sistema di informazione ed aggiornamento del personale:
3) Numero di gare svolte per i vari livelli di qualificazione nel quinquennio (numero di gare aggiudicate, incluse quelle per conto di altri enti/amministrazioni, relativi importi, tempi di affidamento distinti per modalità di realizzazione della gara, numero di gare deserte o non aggiudicate):
4) Assolvimento degli obblighi di comunicazione dei dati all’Autorità:
5) Disponibilità e utilizzo delle piattaforme telematiche (PT):
Ha evidenziato quanto segue: relativamente alle Aziende Usl ed Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, Azienda Sanitaria Locale di Barletta - Andria – Trani, ASST G. Pini CTO Centro Specialistico Traumatologico, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità” di Novara, Azienda Socio Sanitaria Territoriale della Valtellina e dell’Alto Lario tutte andranno a posizionarsi, in questa prima richiesta di nuova qualificazione, nel livello più alto (SF1) per importi pari o superiori a 5 milioni di euro, mentre per quanto riguarda Arpa Lombardia, questa azienda potrebbe posizionarsi nel livello intermedio di qualificazione e ciò stante la presenza di un numero ancora esiguo di personale, che seppur qualificato, risulta quantitativamente sottodimensionato rispetto alle reali necessità del settore degli acquisti di beni e servizi. Oltre a ciò, la propensione verso la qualificazione intermedia, dipende anche dalla circostanza che non sono state effettuate gare in favore di altre amministrazioni e/o enti. La disamina evidenzia il perseguimento di un efficientamento ed un’ottimizzazione del sistema su basi fortemente selettive; finalizzato ad implementare, nella pubblica amministrazione italiana, un assetto organizzativo orientato verso una professionalizzazione delle funzioni del procurement pubblico, che avvicinerà l’Italia ai sistemi dei Paesi Europei.
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Sul possibile utilizzo di un servizio in corso di esecuzione, e non ancora ultimato, come requisito di partecipazione
Un nostro lettore chiede di sapere se un servizio in corso di esecuzione possa essere utilizzato come requisito di partecipazione alla gara.
Sul tema oggetto del quesito odierno si è recentemente pronunciato il TAR per la Lombardia, sede di Brescia che, con sentenza n. 740 del 11 ottobre 2023, ha riconosciuto la possibilità per il concorrente di spendere, al fine di attestare il possesso dei requisiti di partecipazione, anche un servizio ancora in corso di esecuzione e perciò non concluso alla data di presentazione della domanda di partecipazione.
Il Giudice ha rilevato che ogni qualvolta la legge di gara non richieda espressamente la spendita di pregressi servizi già ultimati, come nel caso posto all’esame del Collegio, non è possibile negare la facoltà al concorrente di dimostrare il possesso di una adeguata capacità tecnica e professionale, e quindi la propria affidabilità nell’esecuzione della commessa, tramite servizi analoghi ancora in corso di esecuzione. Infatti, in assenza di una previsione espressa, non sarebbe legittimo seguire un’interpretazione restrittiva (volta a limitare la prova della pregressa esperienza alle sole prestazioni analoghe concluse) in quanto violativa dei principi che sorreggono gli appalti pubblici, tesi a garantire la massima concorrenza e il più ampio confronto concorrenziale, nonché delle regole sull’interpretazione della lex specialis. A tal proposito, è ormai pacifica la giurisprudenza che afferma che in caso di dubbi sull’interpretazione da dare alle clausole della legge di gara, deve essere seguita un’interpretazione letterale, escludendo comunque interpretazioni restrittive, prive di fedele riscontro testuale, che possano indebitamente comprimere e ledere il principio di massima partecipazione. Nel caso all’esame del TAR lombardo l’interpretazione testuale, ma altresì quella logica e sistematica, della legge di gara impedivano di aderire alla tesi restrittiva del requisito. E ciò in quanto, anzitutto, la legge di gara non richiedeva affatto la produzione dei certificati di regolare esecuzione dei servizi analoghi allegati, ma
piuttosto l’inserimento, nella documentazione amministrativa, di una “autocertificazione dell’esecuzione di servizi analoghi svolti (nel triennio antecedente la data di pubblicazione del presente avviso) per Aziende Socio Sanitarie Territoriali, Aziende Ospedaliere o strutture sanitarie (es. RSA, ecc.) ”. Peraltro, secondo quanto rilavato dal Giudice, neppure il richiamo effettuato dalla legge di gara al termine “svolti” (utilizzato con riferimento agli eventuali servizi analoghi dichiarati dai concorrenti) poteva condurre ad un’interpretazione restrittiva della legge di gara poiché “sproporzionata rispetto alle esigenze sottese alla previsione del requisito in parola, il quale era diretto a selezionare soltanto imprese che avessero già maturato adeguata esperienza nello specifico settore in epoca relativamente recente e dessero, pertanto, adeguata garanzia di corretta esecuzione del servizio di interesse; e ciò a prescindere dalla circostanza che gli stessi fossero già stati ultimati o fossero ancora in corso di esecuzione alla data di indizione della gara qui in esame.”. Inoltre, secondo il TAR, una simile interpretazione del requisito sarebbe stata in ogni caso sconfessata da un punto di vista logico-sistematico posto che, in ogni caso, la “circostanza che i servizi analoghi dichiarati dal concorrente siano ancora in corso di esecuzione attesta, se mai, la regolare esecuzione degli stessi e l’assenza di comportamenti inadempienti o inefficienti dell’appaltatore, altrimenti forieri di provvedimenti sanzionatori o risolutivi da parte degli enti committenti, questi sì potenzialmente in grado di inibire la partecipazione alla procedura di gara”.
In definitiva, per rispondere al quesito posto, alla luce di quanto dedotto, anche i servizi analoghi ancora in corso di esecuzione possono essere spesi in gara quali requisiti di partecipazione, salvo il caso in cui la lex specialis disponga diversamente.
47 gli esperti rispondono Monica Piovi e Piero Fidanza
Net4market: tra i primi in Italia nel “Registro Piattaforme Certificate” del portale ANAC
“A quasi due mesi dall’entrata in vigore del Nuovo Codice degli Appalti, in un momento che è certamente storico per la piena digitalizzazione delle procedure di gara, possiamo serenamente affermare di aver tenuto fede alla nostra vocazione professionale di servizio, ponendoci idealmente al fianco dei primari Player pubblici nazionali nel fornire ai nostri Clienti il supporto consulenziale e l’assistenza tecnico-legale idonei ad affrontare le prime settimane di profonda revisione gestionale dei processi e delle codifiche operative delle piattaforme di e-procurement.” - dichiara Gianmaria Casella, Presidente Net4market-CSAmed s.r.l. – “Un impegno che abbiamo profuso anche affiancando gli operatori del settore non dotati di piattaforma certificata e i tanti Clienti che si sono rivolti a noi per garantirsi gli standard operativi che dal 1° gennaio sono per tutti cogenti”. Net4market, azienda specializzata in soluzioni integrate di consulenza e-procurement con sedi a Cremona, Roma e Bari, dallo scorso 18 dicembre è entrata nell’elenco pubblico della nuova sezione del portale ANAC “Registro Piattaforme Certificate”.
Questo traguardo – di rilevanza primaria nel percorso attuativo della riforma legislativa in atto - conferma Net4market nella sua storica posizione di leadership nella consulenza specialistica e nella progettazione, produzione e gestione di software platform finalizzate alla migliore gestione delle attività previste dal ciclo di vita dei contratti pubblici.
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La soluzione touchfree per la sanità
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Globo è progettato per offrire il massimo anche in termini di ergonomia, non richiede infatti procedure complicate: la messa in opera è immediata, come il fissaggio del panno al telaio e il successivo sgancio. Inoltre, non richiede piegamenti continui durante le operazioni di pulizia né obbliga ad assumere posture non adeguate, causa di disturbi e patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico.
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S.P.R.I.Z.: l’innovativo aspiratore a circuito chiuso per grandi volumi di liquidi biologici
IN.CAS. S.r.l., dopo il grande successo degli aspiratori della linea S.HO.W., presenta la nuova generazione dell’aspiratore a circuito chiuso per grandi volumi di liquidi biologici: S.P.R.I.Z. (Sicurezza-Prevenzione-Rischio-Infezioni-Zero)
S.P.R.I.Z. presenta una serie di caratteristiche esclusive ed innovative:
1) protezione antivirale e antibatterica della carrozzeria con ioni d’argento per la riduzione delle Cross-Contamination.
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Net4market tra i primi in Italia nel
Registro Piattaforme
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Net4market dallo scorso 18 dicembre – coerente con la sua storia di leadership dell’eccellenza - è entrata a pieno titolo nell’elenco pubblico della nuova sezione del portale ANAC denominata “Registro Piattaforme Certificate” , previo conseguimento della “dichiarazione di conformità della piattaforma” AGID.
Il segno tangibile del nostro impegno costante ispirato alla mission aziendale, da sempre orientata all’attuazione operativa dei valori di trasparenza, legalità ed efficienza.
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