LA DIGITALIZZAZIONE DEI CONTRATTI PUBBLICI: DEMATERIALIZZAZIONE,
DIGITALIZZAZIONE E INTELLIGENZA
ARTIFICIALE. LO STATO DELL’ARTE PRIMA DELL’AI ACT.
G. AUSTA - R. BERLOCO
IL FONDO PER IL GOVERNO DEI DISPOSITIVI MEDICI: NUOVI OBBLIGHI PER I FORNITORI DEL SSN
F. ISGRÒ - L. PISCITELLI - A. PREZIOSO
UN NUOVO APPROCCIO AL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO: STATO DELL’ARTE E PROSPETTIVE FUTURE DELLE INFRASTRUTTURE
SOCIOSANITARIE ALLA LUCE DEL NUOVO CODICE
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Risparmiati in 5anninegli ospedali italianidi trattamentifarmacologici 2
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Tecnica e metodologia economale
Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità. ISSN 1723-9338
Organo ufficiale della FARE Federazione delle Associazioni Regionali Economi e Provveditori della Sanità
fare
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Direttore editoriale
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In copertina: foto di Dario Marelli
editoriale
3 AREA presenta il proprio programma formativo articoli digitalizzazione
4 La digitalizzazione dei contratti pubblici: dematerializzazione, digitalizzazione e intelligenza artificiale. Lo stato dell’arte prima dell’AI Act. dispositivi medici
9 Il fondo per il governo dei dispositivi medici: nuovi obblighi per i fornitori del SSN soccorso istruttorio
15 Il soccorso istruttorio nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici 2023
Confindustria Dispositivi Medici
18 Linee guida sugli acquisti dei dispositivi per la cronicità: 10 proposte per una scelta appropriata, efficace e personalizzata normazione
22 Il requisito della regolarità fiscale dell’operatore economico nuovamente all’esame dell’Adunanza Plenaria partenariato pubblico privato
26 Un nuovo approccio al Partenariato Pubblico Privato: stato dell’arte e prospettive future delle infrastrutture sociosanitarie alla luce del nuovo Codice green public procurement
30 Il Green Public Procurement: definizioni, evoluzione normativa ed aspetti procedurali controllo degli infestanti
36 L’adesione al progetto Biorepem nella visione One Health e Planetary Healt tra le strategie di controllo degli infestanti adottate dalla ASL Latina normazione
38 Concessioni balneari: criticità e minacce al settore che rappresenta una delle voci più importanti del PIL Italiano benessere al lavoro
43 Pianifichiamo la nostra giornata per vivere nel benessere e nella produttività gli esperti rispondono
48 Sulla verifica dell’anomalia e sul principio di buona fede
Le opinioni espresse negli articoli firmati vincolano soltanto gli autori. La posizione ufficiale della FARE sui vari temi ed argomenti trattati nella rivista è unicamente quella contenuta nei documenti degli organi deliberanti. In caso di riproduzione è necessaria la preventiva autorizzazione scritta del Direttore di Teme. L’editore garantisce la riservatezza dei dati forniti dai destinatari della rivista TEME nel rispetto dell’art. 13 D.Lgs. n.196/2003. Gli interessati (destinatari o autori) hanno la possibilità di far valere i propri diritti, senza alcuna spesa, secondo quanto previsto dall’art.7 del sopra citato D.Lgs. rivolgendosi al responsabile del trattamento dei dati Barbara Amoruso presso Edicom, Via Alfonso Corti 28, Milano.
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AREA presenta il proprio programma formativo
Afine anno 2022 e nell’anno 2023 la nostra Associazione ha organizzato tre eventi nell’ambito dei quali sono state affrontate le prime applicazioni e le prime criticità riscontrate con il nuovo Codice dei Contratti. All’inizio dell’anno 2024 pensavamo di aver raggiunto una buona maturità nella conoscenza del Codice, ma l’avvio della digitalizzazione ha letteralmente sconvolto l’attività ordinaria delle Stazioni appaltanti con ricadute negative anche sulle Aziende private. Proprio per questa continua variabilità nell’ambito degli appalti, abbiamo pensato di creare un percorso formativo continuativo per l’anno 2024 suddiviso in tre moduli da espletare rispettivamente il 25 giugno, il 10 ottobre e il 12 dicembre. Con questo calendario proposto avremo la possibilità di intercettare le novità e gli approfondimenti che non mancheranno di intervenire nell’anno 2024. Abbiamo pensato di prevedere degli argomenti da trattare in tali eventi, con obiettivi prefissati da raggiungere e con riserva di aggiornarli in prossimità degli eventi in relazione alle novità intervenute. Con questo sistema proposto vorremo coinvolgere possibilmente le Aziende private nell’intero percorso per avere una continuità collaborativa per l’intero anno, in linea con il principio di accesso al mercato, previsto dal nuovo Codice, laddove Enti sanitari ed Operatori economici si confrontano lealmente e con fiducia su argomenti di interesse comune. In ciascuno degli eventi, coinvolgeremo come sempre figure di primo piano che possano sciogliere tutta quella serie di dubbi che, come abbiamo avuto modo di verificare, si riscontrano anche in procedure semplificate o consolidate per le quali le risposte dovrebbero essere date per scontate, ma purtroppo non sempre è così. Ciascun corso prevede un numero di ore superiore alle quattro che, come previsto da ANAC, permetterà ai partecipanti di utilizzare la frequenza come formazione di base da spendere per la qualificazione della propria Stazione appaltante. L’iniziativa intende anche creare dei laboratori nell’ambito dei quali far dialogare le parti coinvolte.
Nel dettaglio i moduli si pongono i seguenti obiettivi:
I° Modulo: fornire alle stazioni appaltanti il percorso da seguire nella gestione delle procedure sotto-soglia alla luce degli ultimi orientamenti di prassi e giurisprudenza e l’applicazione della digitalizzazione in tema di contratti pubblici.
II° Modulo: attenzionare gli acquisti in sanità, un settore di rilevanza strategica nell’ambito della spesa pubblica e anche, più nello specifico, per la realizzazione degli obiettivi del PNRR, alla luce del nuovo Codice dei Contratti.
Saranno pertanto rivisitati gli istituti di interesse sanitario per mettere in evidenza le novità intervenute e cogliere le opportunità che possono migliorare le condizioni di stesura dei documenti di gara, anche per una migliore valorizzazione della qualità dei prodotti da acquistare.
III° Modulo: un momento di riflessione critico nel quale consuntivare le evoluzioni del Codice che sono intervenute nel secondo anno di attuazione. Si tratterà di una sessione aperta, di forte interazione con il pubblico presente per stimolare interventi da parte degli attori coinvolti negli appalti su esperienze vissute. E’ previsto un numero programmato di interventi di parte del pubblico e del privato. Infine, c’è l’intenzione di raccogliere gli spunti intervenuti nel corso per farne una sintesi in un articolo da pubblicare sulla rivista TEME.
Claudio Amoroso - Presidente A.R.E.A.
digitalizzazione
Fulvio Ingaglio La Vecchia
La digitalizzazione
dei contratti
pubblici: dematerializzazione, digitalizzazione e intelligenza artificiale. Lo stato dell’arte prima dell’AI Act.
Quando il legislatore ha pensato di intitolare un consistente numero di disposizioni, del nuovo codice, alla digitalizzazione dei contratti pubblici si è mosso, forse troppo ottimisticamente, su un territorio impervio che, fino a quel momento (ed anche nel codice in larghissima parte) aveva declinato il tema della digitalizzazione soltanto nel senso della dematerializzazione dei procedimenti, quale orizzonte della scomparsa del fascicolo cartaceo, dell’utilizzo del cloud per archiviare e gestire, dell’uso massiccio delle comunicazioni telematiche e, parzialmente, dell’utilizzo di piattaforme – anche di terze parti fornitrici oltre che solo “statuali” – per la gestione delle procedure di gara da remoto e, in generale, per la formalizzazione del provvedimento in forma elettronica su supporto digitale.
Questo processo viene oggi portato ai suoi limiti estremi attraverso il sistema della banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) per la gestione dell’intero ciclo di vita del contratto, dalla programmazione alla completa esecuzione, attraverso sistemi elettronici che consentono, in prima battuta, l’assoluta dematerializzazione delle operazioni connesse all’ideazione, aggiudicazione ed esecuzione dei contratti pubblici ma che annunciano anche l’orizzonte di quella più profonda reale digitalizzazione che prende il nome di amministrazione digitale algoritmica, intesa quale attività amministrativa che prevede che sia un computer, attraverso gli algoritmi, a suggerire o predisporre autonomamente il contenuto dell’atto amministrativo. Di fronte a questa possibile divaricazione del significato del termine digitalizzazione opportuno svolgere
innanzitutto dei cenni in ordine a quelli che sono gli abbondanti riferimenti alla semplice dematerializzazione del ciclo di vita dei contratti pubblici costituiti dal compendio degli articoli da 19 a 36 del codice dei contratti, segnalando come in essi si affrontino ed intreccino più volte con grande indifferenza i due significati del termine fin qui segnalati.
Occorre però una premessa indispensabile, che consenta di uscire da un equivoco generato dalle ricorrenti allocuzioni circa la complessità e/o la pericolosità delle – più recenti – manifestazioni di quella che viene correntemente definita intelligenza artificiale alla quale, correntemente, si associa il termine di algoritmica.
La giurisprudenza giustifica il ricorso a procedimenti algoritmizzati a condizione che sia garantita la spiegabilità del risultato e del percorso dell’algoritmo da parte del suo autore, in un contesto nel quale la spiegabilità è declinata soltanto come esplicabilità del codice oggetto
Terminologia di base e metodo
L’ algoritmo (termine oggi evocato un po’ a casaccio) è un mattone di base assolutamente comune e condiviso da tutte le applicazioni elettroniche, dalle più banali alle più evolute, posto che il termine designa semplicemente la formula di calcolo matematico espressa attraverso operazioni logicamente predeterminate che consentono di giungere ad un certo risultato.
Questa precisazione è assolutamente necessaria perché nella realtà gli algoritmi che vengono utilizzati in informatica non sono, fra di loro, tutti uguali, dal momento che possiamo individuarne almeno tre tipologie diverse: a) Algoritmi deterministici costituiti da una logica rigidamente causale, applicando i quali ad un certo dato in entrata può corrispondere un solo passaggio e un solo risultato. Se = allora (if/then) (Cons. Stato 881/2020, sèg-
- Avvocato abilitato al patrocinio innanzi alla Magistrature Superiori
uito in appello della sentenza 2270/2019 Buona Scuola, ma anche, i programmi di calcolo della soglia di anomalia, o ipoteticamente qualsiasi tipo di programma che correli la presenza di titoli ad una collocazione in graduatoria).
b) Algoritmi non deterministici che ammettono diversi passaggi successivi che si svolgono secondo logiche probabilistiche;
c) algoritmi ad apprendimento automatico dov’è l’algoritmo fornisce solo il modello di apprendimento da applicare ai dati cui il computer ha accesso per giungere ad una soluzione attraverso l’analisi di pregresse esperienze relative a situazioni analoghe, distinti poi in:
d) algoritmi ad apprendimento supervisionato nei quali il sistema apprende grazie ad istruzioni o indicazioni dall’esterno che vengono fornite attraverso una serie di nozioni codificate a monte da un umano e
e) algoritmi ad apprendimento non supervisionato nei quali il sistema apprende senza ricevere indicazioni o istruzioni dall’esterno utilizzando dunque istruzioni non codificate mediante l’utilizzo di quelle che si chiamano reti neurali ed algoritmi di apprendimento per rinforzo dei quali il sistema apprende anche dagli errori.
Ed ecco, ancora, per – almeno – approcciarsi ai fondamenti della materia, in sintesi, cosa sono le reti neurali: modelli computazionali ispirati al funzionamento del cervello umano; un tipo di algoritmo di apprendimento automatico che cerca di imitare il modo in cui il cervello umano opera e apprende dalle esperienze.
Queste reti sono composte da “neuroni artificiali” interconnessi, che sono organizzati in veri e propri strati.
I dati di input vengono alimentati nel primo strato, elaborati attraverso le connessioni tra i neuroni, e poi passati attraverso i vari strati della rete fino a produrre un output. Durante il processo di addestramento, la rete impara a riconoscere modelli (pattern) e a fare previsioni regolando i pesi delle connessioni tra i neuroni in base all’esperienza accumulata attraverso un insieme di dati di addestramento.
In breve, le reti neurali sono utilizzate per compiti di: riconoscimento di modelli, classificazione, previsione e molto altro ancora nell’ambito dell’intelligenza artificiale e del machine learning.
Questi i mattoni di base.
Tuttavia, per comprendere esattamente ciò di cui stiamo discutendo è assolutamente necessaria una precisazione: ogni operazione su elaboratore è frutto di uno specifico algoritmo, cioè di una sequenza di istruzioni ben definite e ordinate che vengono seguite per risolvere un problema o eseguire un compito specifico. In informatica e matematica, infatti, l’algoritmo è utilizzato per descrivere passo dopo passo il procedimento necessario per risolvere un problema in modo efficiente e accurato.
digitalizzazione
Gli algoritmi vanno quindi pensati come delle ricette dettagliate che specificano i passaggi da compiere, dall’inizio alla fine, per ottenere il risultato desiderato e possono essere implementati in forma di codice informatico per essere eseguiti da un computer o possono essere eseguiti manualmente seguendo le istruzioni.
In sostanza, dunque, gli algoritmi sono gli strumenti fondamentali nell’informatica e nella programmazione, poiché forniscono modi strutturati e precisi per risolvere una vasta gamma di problemi, dall’ordinamento di una lista di numeri alla navigazione di un percorso ottimale su una mappa.
Occorre dunque uscire dall’equivoco terminologico che tende a far immaginare che la digitalizzazione sia oggi un fatto nuovo ed originario.
Non siamo di fronte a contesti nei quali c’è un ricorso, prima assente, all’utilizzazione di algoritmi posto che tutto il procedimento elettronico è sempre organizzato secondo criteri di logica procedimentale basata su algoritmi.
Ciò che oggi cambia, è invece, il quanto di libertà assegnato all’algoritmo, ed il quanto di discostamento consentito alla macchina dalla logica semplicemente deterministica di causa/effetto, verso una logica di non supervisione dell’apprendimento e di risposta su modelli Questa è la base ed al contempo la sfida della digitalizzazione di ultima generazione.
E la giurisprudenza come si è pronunciata riguardo a provvedimenti amministrativi formati – in parte o in toto – attraverso sistemi automatizzati?
Le vere sfide dell’amministrazione algoritmizzata Gli approdi al quale la giurisprudenza è, fino ad oggi giunta, sono fissati in modo assolutamente chiaro dalla sentenza Cons. Stato 881/2020, secondo la quale deve sussistere la possibilità che il procedimento di formazione della decisione amministrativa sia affidata a un software, nel quale vengono immessi una serie di dati così da giungere, attraverso l’automazione della procedura, alla decisione finale (impiego autorizzato dell’algoritmo deterministico); piena ammissibilità di tali strumenti, che rispondono ai canoni di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa (art. 1 l. 241/90), i quali, secondo il principio costituzionale di buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), impongono all’amministrazione il conseguimento dei propri fini con il minor dispendio di mezzi e risorse e attraverso lo snellimento e l’accelerazione dell’iter procedimentale; corretto inquadramento del ricorso all’algoritmo in termini di modulo organizzativo, di strumento proce-
digitalizzazione
dimentale ed istruttorio, soggetto alle verifiche tipiche di ogni procedimento amministrativo, il quale resta il modus operandi della scelta autoritativa, da svolgersi sulla scorta della legislazione attributiva del potere e delle finalità dalla stessa attribuite all’organo pubblico; ma il CdS afferma anche che non vi sono ragioni di principio, ovvero concrete, per limitare l’utilizzo all’attività amministrativa vincolata piuttosto che discrezionale, entrambe espressione di attività autoritativa svolta nel perseguimento del pubblico interesse.
Quest’ultima considerazione apre, però, la porta ad uno scenario nel quale non operano soltanto algoritmi di tipo deterministico ma anche algoritmi del quarto o del quinto tipo di quelli che abbiamo individuati in precedenza, che traggono con loro nuove e più complesse questioni.
Fin qui, infatti, il ricorso ad algoritmi deterministici sembrava assolutamente calzante rispetto all’attività amministrativa vincolata e si reputava, invece, che l’attività amministrativa discrezionale sfuggisse ad ogni possibile applicazione di un modello algoritmico. Orbene, in disparte tali evoluzioni, che ci limitiamo a segnalare, la riflessione della giurisprudenza del Consiglio di Stato al fine della legittimazione dell’utilizzo di algoritmi più o meno raffinati è nel senso che premessa la generale ammissibilità di tali strumenti, assumono rilievo fondamentale, anche alla luce della disciplina di origine sovranazionale, due aspetti preminenti, quali elementi di minima garanzia per ogni ipotesi di utilizzo di algoritmi in sede decisoria pubblica:
a) la piena conoscibilità (quale applicazione del principio di trasparenza) a monte del modulo utilizzato e dei criteri applicati;
b) l’imputabilità della decisione all’organo titolare del potere, il quale deve poter svolgere la necessaria verifica di logicità e legittimità della scelta e degli esiti affidati all’algoritmo.
Quanto alla piena conoscibilità:
a) la giurisprudenza ha precisato che il meccanismo attraverso il quale si concretizza la decisione robotizzata (ovve-
ro l’algoritmo) debba essere “conoscibile”, secondo una declinazione rafforzata del principio di trasparenza, che implica:
• a.1) anche la piena conoscibilità di una regola espressa in un linguaggio differente da quello giuridico;
• a.2) che tale conoscibilità debba essere garantita in tutti gli aspetti: gli autori dell’algoritmo, il procedimento usato per la sua elaborazione, il meccanismo di decisione, le priorità assegnate nella procedura valutativa e decisionale e dei dati selezionati come rilevanti al fine di decidere.
Questo perché la pubblica amministrazione deve poter verificare che i criteri, i presupposti e gli esiti del procedimento robotizzato siano conformi alle prescrizioni e alle finalità stabilite dalla legge o dalla stessa amministrazione e perché siano chiare – e quindi sindacabili – le modalità e le regole in base alle quali esso è stato impostato. La ragione di ciò è che quella che è chiamata “caratterizzazione multidisciplinare” dell’algoritmo (cioè, una costruzione che non richiede solo competenze giuridiche, ma tecniche, informatiche, statistiche, amministrative) non solleva l’Amministrazione dalla necessità che la “formula tecnica”, rappresentata dall’algoritmo, sia corredata da spiegazioni che la traducano nella “regola giuridica” ad essa sottesa e che la rendano leggibile e comprensibile.
Fin qui l’approdo più avanzato della giurisprudenza interna.
Ma sulla scena già sono comparsi altri attori ed altre questioni.
Infatti, come anticipato, la giurisprudenza giustifica il ricorso a procedimenti algoritmizzati a condizione che sia garantita la spiegabilità del risultato (quindi degli effetti) e del percorso dell’algoritmo da parte del suo autore, in un contesto nel quale la spiegabilità è declinata soltanto come esplicabilità del codice oggetto (Si rimanda alla nota per un brevissimo chiarimento circa la differenza tra “codice sorgente”1 e il “codice oggetto”2, due concetti fondamentali nel mondo della programmazione e dello sviluppo del software, rispetto al quale è possibile, in sintesi, affermare
1 Codice Sorgente: Il “codice sorgente” è il testo scritto dall’programmatore utilizzando un linguaggio di programmazione specifico. Questo è il codice che un umano può leggere e comprendere, ed è scritto utilizzando la sintassi e le regole del linguaggio di programmazione. In sostanza, è il “testo” che l’programmatore scrive per istruire il computer su cosa fare.
• Umano-leggibile: È scritto in un linguaggio comprensibile agli umani, come Python, Java, C++, etc.
• Comprensibile e Modificabile: Poiché è comprensibile dagli umani, può essere facilmente modificato, corretto o adattato secondo le esigenze.
• Non eseguibile direttamente: Il codice sorgente non può essere eseguito direttamente dal computer. Deve essere tradotto in un formato eseguibile.
2 Codice Oggetto: Il “codice oggetto”, al contrario, è il risultato della compilazione del codice sorgente. Quando il codice sorgente viene tradotto da un compilatore o interprete, si ottiene il codice oggetto. Questo codice è scritto in un formato BINARIO che la macchina può comprendere direttamente ed eseguire.
Macchina-leggibile: È scritto in un formato binario che la CPU può eseguire direttamente.
Non Modificabile: Poiché è nel formato eseguibile, non è possibile modificarlo direttamente.
Eseguibile: Il codice oggetto è il programma che può essere eseguito dal computer.
Il codice oggetto può essere di diversi tipi a seconda del linguaggio di programmazione e del tipo di traduzione:
File eseguibile: In linguaggi come C o C++, il codice oggetto è spesso un file eseguibile (.exe su Windows, ad esempio).
File di bytecode: In linguaggi come Java, il codice oggetto è spesso bytecode, che viene eseguito sulla Java Virtual Machine (JVM).
che il codice sorgente è il codice scritto dagli sviluppatori, comprensibile agli umani e deve essere tradotto in codice oggetto (binario) per poter essere eseguito direttamente dalla macchina.
Il codice oggetto è il risultato della traduzione del codice sorgente e rappresenta il programma eseguibile dalla macchina.).
Quanto poi al versante della verifica degli esiti e della relativa imputabilità, l’idea della giurisprudenza è che deve essere garantita la verifica a valle, in termini di logicità e di correttezza degli esiti, a garanzia dell’imputabilità della scelta al titolare del potere autoritativo, individuato in base al principio di legalità, nonché della verifica circa la conseguente individuazione del soggetto responsabile, sia nell’interesse della stessa p.a. che dei soggetti coinvolti ed incisi dall’azione amministrativa affidata all’algoritmo, in un contesto regolatorio che riconosce alla persona il diritto di non essere sottoposta a decisioni automatizzate prive di un coinvolgimento umano e che, allo stesso tempo, producano effetti giuridici o incidano in modo analogo sull’individuo. Occorre quindi sempre l’individuazione di un centro di imputazione della responsabilità, in grado di verificare la legittimità e logicità della decisione dettata dall’algoritmo.
La giurisprudenza del CdS è estremamente chiara al riguardo oltre che sul principio di conoscibilità anche sul principio di non esclusività della decisione algoritmica nel caso in cui una decisione automatizzata “produca effetti giuridici che riguardano o che incidano significativamente su una persona”, questa ha diritto a che tale decisione non sia basata unicamente su tale processo automatizzato (art. 22 Reg. Carta della Robotica, approvata nel febbraio del 2017 dal Parlamento Europeo).
Deve, quindi, esistere nel processo decisionale un contributo umano capace di controllare, validare ovvero smentire la decisione automatica (human in the loop) in cui, per produrre il suo risultato è necessario che la macchina interagisca con l’essere umano.
In terzo luogo, la G.A. ricava un ulteriore principio fondamentale di non discriminazione algoritmica, secondo cui il titolare del trattamento deve utilizzi procedure matematiche o statistiche appropriate per la profilazione, mettendo in atto misure tecniche e organizzative adeguate al fine di garantire, in particolare, che siano rettificati i fattori che comportano inesattezze dei dati e sia minimizzato il rischio di errori e al fine di garantire la sicurezza dei dati personali, secondo una modalità che tenga conto dei potenziali rischi esistenti per gli interessi e i diritti dell’interessato e che impedisca tra l’altro effetti discriminatori nei confronti di persone fisiche sulla base della razza o dell’origine etnica, delle opinioni politiche, della religione o delle convinzioni personali, dell’appartenen-
za sindacale, dello status genetico, dello stato di salute o dell’orientamento sessuale, ovvero che comportano misure aventi tali effetti.
L’algoritmo, quindi, non deve essere soltanto conoscibile e comprensibile ma occorre che lo stesso non assuma carattere discriminatorio.
In questi casi, come afferma il considerando n. 71 del Regolamento 679/2016, occorrerebbe rettificare i dati in “ingresso” per evitare effetti discriminatori nell’output decisionale; operazione questa che richiede evidentemente la necessaria cooperazione di chi istruisce le macchine che producono tali decisioni.Si deve quindi ritenere che la fondamentale esigenza di tutela posta dall’utilizzazione dello strumento informatico c.d. algoritmico sia rispettata in termini di trasparenza entro il cono prospettico del principio di motivazione e/o giustificazione della decisione.
Ebbene, nel contenzioso definito dal CdS con la infraindicata sentenza n. Cons. Stato 881/2020 il giudice ha rassegnato come, in quel caso, il decidente si sia trovato di fronte all’impossibilità di comprendere le modalità con le quali, attraverso il citato algoritmo, siano stati assegnati i posti disponibili; ciò che costituisce di per sé un vizio tale da inficiare la procedura, poiché è l’intero metodo di realizzazione dell’algoritmo a non essere trasparente. Ma, come detto, questa riflessione vale soltanto rispetto agli algoritmi deterministici di cui al precedente n. 1. Siamo di fronte alla punta più avanzata della riflessione della Giustizia Amministrativa in ordine all’utilizzo degli algoritmi.
Ma l’orizzonte che ci si para di fronte è radicalmente diverso se solo guardiamo all’articolo 30, comma 1 del D.lgs n. 36/2023 ed a quello che esso espressamente prescrive: “1. Per migliorare l’efficienza le stazioni appaltanti e gli enti concedenti provvedono, ove possibile, ad automatizzare le proprie attività ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse l’intelligenza artificiale e le tecnologie di registri distribuiti, nel rispetto delle specifiche disposizioni in materia”.
Ma queste soluzioni tecnologiche , incluse l’intelligenza artificiale, non sono altro che gli algoritmi non deterministici ed il machine learning. Occorre quindi, che, in termini materiali ci interroghiamo ad una ragione specifica, che rende questi algoritmi, diversi dalle altre tipologie “accettabili”.La circostanza nuova è che negli algoritmi NON deterministici del terzo tipo e soprattutto in quelli ad apprendimento non supervisionato - il sistema apprende senza ricevere indicazioni o istruzioni dall’esterno utilizzando dunque istruzioni non codificate mediante l’utilizzo di quelle che si chiamano reti neurali ed algoritmi di apprendimento per rinforzo, nei quali il sistema apprende anche dagli errori.
digitalizzazione
Ora, all’interno di questi processi è identificabile quella che si definisce BLACK BOX, cioè un’area di opacità o mancanza di trasparenza riguardo al funzionamento interno di un algoritmo o sistema di intelligenza artificiale, che neppure il produttore del software sa spiegare, perché nonostante egli abbia scritto il codice sorgente, esso aveva il solo scopo di insegnare alla macchina un metodo sulla base della quale, successivamente, la sola macchina, ricorrendo a meccanismi di apprendimento automatizzato, generasse risultati che vengono continuamente perfezionati anche sulla base dei propri errori ma soprattutto in base ad una enorme massa di dati provenienti dall’esterno, cioè dalle reti neurali e quindi da fonti anche molto diverse tra di loro e soprattutto non necessariamente verificate.
Dunque, rispetto ai sistemi algoritmici più evoluti si pongono i problemi dati dalle caratteristiche proprie della Black Box dell’IA, cioè:
1) Opacità delle Decisioni: Un sistema di IA può produrre risultati accurati o utili, ma senza una comprensione chiara di come ha elaborato i dati e ha raggiunto una determinata conclusione.
2) Complessità dell’Algoritmo: Alcuni algoritmi di intelligenza artificiale, come le reti neurali profonde, possono essere estremamente complessi. Questa complessità può rendere difficile o addirittura impossibile spiegare in modo chiaro e semplice come l’IA ha preso una decisione.
3) Rischi di Bias: L’opacità della black box può anche portare a rischi di bias. Se l’IA impara da dati storici che sono discriminatori potrebbe perpetuare questi pregiudizi senza che gli sviluppatori se ne rendano conto.
4) Difficoltà di Analisi e Controllo: Senza una chiara comprensione del funzionamento interno, è complicato o impossibile analizzare gli errori dell’IA o controllarne il comportamento.
5) Affidabilità e Accettabilità: La mancanza di trasparenza può influenzare la fiducia delle persone nell’IA laddove per molte applicazioni critiche, come la sanità o la sicurezza, è fondamentale poter comprendere e fidarsi delle decisioni prese dall’IA.
E poi rimane il problema nello Human in the loop, cioè dell’umano che sorveglia i processi algoritmici e deve essere in condizioni di intervenire.
Ma un intervento è possibile se c’è una reale controllabilità, altrimenti siamo di fronte ad una mera petizione di principio.
La questione è aperta perché l’articolo 30 del D.lgs. 36/2023 non fa altro che indicare una delle strade pos sibili che è quella dell’utilizzo di soluzioni tecnologiche evolute (cioè di IA) anche nel settore degli appalti pubblici - che non è soltanto il settore degli affidamenti - ma anche quello della programmazione, della localizzazione dell’opera pubblica del rating delle imprese, del controllo dei costi di un’opera, del controllo dei profili ambientali, della variazione dei prezzi.
L’IA potrebbe essere utilizzato come ausilio al RUP ed anche per la spedizione delle comunicazioni ai concorrenti in via automatizzata; tutti ambiti sui quali l’utilizzo di sistemi predittivi evoluti può fare la differenza in termini di efficienza. In tutti questi ambiti dobbiamo rinunciare al contributo dell’intelligenza artificiale?
Rinviamo, per il momento, al contenuto del regolamento europeo sull’intelligenza artificiale ed in particolare agli articoli 13 e seguenti rispetto ai quali si afferma che un sistema deve essere sufficientemente trasparente per consentire l’interpretazione dei risultati e deve garantire un utilizzo adeguato agli utenti destinatari, e questa norma è la perfetta rappresentazione di un limite. Sufficientemente trasparente è ipso facto anche, non trasparente e tuttavia impiegabile nonostante il difetto di trasparenza. L’orizzonte, nel contesto del procedimento amministrativo, dei contratti pubblici e, in generale, nelle attività del diritto amministrativo, si presenza, dunque, assai frastagliato.
Giampaolo Austa - Avvocato - Professore incaricato di diritto amministrativo presso l'Università degli studi della Tuscia
Rosamaria Berloco - Avvocato - Partner di Legal Team
Il fondo per il governo dei dispositivi medici: nuovi obblighi per i fornitori del SSN
Idispositivi medici sono il “pane quotidiano” degli operatori del Servizio Sanitario Nazionale (“SSN”): dalle mascherine chirurgiche agli stent da impiantare nei pazienti, dalle protesi ortopediche ai bisturi oftalmici, si tratta sempre di dispositivi medici di uso corrente nelle strutture pubbliche e private che erogano prestazioni per conto del Servizio Sanitario Nazionale. Per semplificare, generalizzando, ma non troppo, si usa dire che, in ospedale, tutto ciò che non è farmaco è un dispositivo medico.
Applicare un’aliquota dello 0,75% sul fatturato potrebbe costringere le imprese meno patrimonializzate a contribuire in modo sproporzionato e più gravoso, influenzando negativamente la loro operatività sul mercato
Va da sé che questa mole di prodotti costituisce una voce di spesa consistente per il bilancio dello Stato e delle Regioni. Da uno studio condotto dal Ministero della Salute nel 2017 (“ Rapporto sulla spesa rilevata dalle strutture sanitarie pubbliche del SSN per l’acquisto di dispositivi medici”) è emerso che, in media, il SSN spende circa 6 miliardi di euro all’anno per l’acquisto dei dispositivi e tutte le attività connesse. Si tratta di una varietà di procedure amministrative: gare di appalto, gestioni in service, valutazioni tecnico-scientifiche, strutture deputate al policy making, valutazione della qualità dei prodotti e definizione dei fabbisogni. Tutte queste attività sono riconducibili, in senso lato, alla c.d. governance dei dispositivi medici.
Molti dei compiti svolti dalle pubbliche amministrazioni in relazione ai dispositivi medici sono stabiliti dall’Unione europea. La materia è infatti disciplinata dai Regolamenti (UE) 745 e 746 del 2017 (c.d. “MDR”).
Si tratta di regolamenti che hanno sostituito le prece-
denti direttive di armonizzazione e che, nell’ottica di raggiungere una maggiore integrazione del mercato dei dispositivi medici su scala europea, stabiliscono in modo minuzioso requisiti, procedure, standard ed esiti delle funzioni svolte dalle pubbliche amministrazioni per autorizzare l’immissione in commercio, la messa a disposizione e la messa in servizio di dispositivi medici. È qui che i nodi vengono al pettine. Nonostante abbia previsto in modo minuzioso ciò che va fatto, l’Unione europea non ha stabilito come debbano essere finanziate tali attività; ha soltanto precisato, all’art. 111 dell’MDR, che gli Stati membri possono riscuotere delle somme dagli operatori economici del mercato per finanziare le attività previste dall’MDR, purché l’entità delle tariffe sia stabilita in maniera trasparente e sia connessa al recupero dei costi. Tradotto: i beneficiari delle attività previste dall’MDR possono essere chiamati a “pagare” per le stesse, ma soltanto nei limiti dei costi effettivamente sostenuti per svolgerle.
Tradizionalmente, in Italia, le attività connesse al governo dei dispositivi medici sono state finanziate sinora attingendo alla fiscalità generale. Ciò significa che le attività di valutazione, certificazione, tracciamento e le molteplici altre funzioni connesse alla gestione dei dispositivi medici venivano svolte dal Ministero della Salute e finanziate tramite le imposte su cittadini e imprese. Si trattava di una scelta legittima: in fin dei conti, i dispositivi medici vengono utilizzati per erogare prestazioni in favore della collettività nell’ambito del SSN.
dispositivi medici
Sennonché, con la legge di delegazione europea del 2021 (art. 15, L. 53/2021) il legislatore ha imposto un cambio di rotta, affidando al Governo un duplice compito: da un lato, rendere i procedimenti di acquisto di dispositivi medici più efficienti attraverso l’articolazione e il rafforzamento delle funzioni di Health Technology Assesment (“ HTA ”); dall’altro lato, prevedere un sistema di finanziamento del governo dei dispositivi medici a carico dei fornitori del SSN. Così, il Governo è stato autorizzato a istituire un fondo da finanziare “attraverso il versamento da parte delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici di una quota non superiore allo 0,75 per cento del fatturato, al netto dell’imposta sul valore aggiunto, derivante dalla vendita al Servizio Sanitario Nazionale dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature” (art. 15, coma 2, lett. h), L. 53/2021).
Volendo schematizzare, sono state prese tre decisioni importanti: in primo luogo, si è passati da un sistema di finanziamento a carico della fiscalità generale ad un sistema interamente a carico degli operatori del settore, un po’ come accade in alcuni mercati regolati (si pensi, ad esempio, ai sistemi di contribuzione imposti
a carico delle imprese per il “funzionamento” dell’ART o dell’AGCM); in secondo luogo, la nuova tassa è stata imposta non a tutti i fornitori di dispositivi medici, bensì soltanto a quelli che riforniscono il SSN; infine, è stata individuata come base imponibile della tassa in parola non l’utile d’impresa ma l’intero fatturato, anche quelli inferiori e senza esenzioni, con una aliquota fino allo 0,75% su base annua.
L’attuazione della legge delega ha richiesto oltre due anni. Dapprima, l’art. 28, d.lgs. 137/2022, ha delegato il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a istituire il Fondo, da alimentare con versamento di “una quota annuale pari allo 0,75 per cento del fatturato”. Il Governo ha quindi deciso di fissare l’aliquota allo 0,75% tout court, senza alcuna gradazione o diversificazione fra le imprese del settore, micro, piccole, medie o grandi.
Successivamente, con il decreto 29 dicembre 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 febbraio 2024 (“Decreto”), il Ministero della Salute ha stabilito i criteri di riparto del Fondo e le modalità di versamento della tariffa, rendendo operativo l’ iter di riscossione delle risorse per alimentare il Fondo.
Il Decreto contiene delle prescrizioni di assoluta importanza, con un impatto considerevole su migliaia di operatori del settore. Pertanto, è senz’altro utile descriverne brevemente l’ambito di applicazione in relazione alle tempistiche dettate per il versamento della contribuzione, all’oggetto e alle imprese coinvolte.
Per quanto concerne i tempi: il Ministero ha previsto che, già a partire dal 2024, i fornitori del SSN sono tenuti a trasmettere, entro il 31 dicembre, una autodichiarazione concernente il valore del fatturato, al netto dell’IVA, derivante dalla vendita al SSN dei dispositivi medici, dei dispositivi medico-diagnostici in vitro e delle grandi apparecchiature, riferito all’esercizio finanziario precedente. Si desume, così, che nel 2024 le imprese dovranno calcolare quanto dovuto sulla base del fatturato maturato nel 2023.
Con riferimento all’oggetto: la tassa si applica sul fatturato annuo delle imprese “derivante dalla vendita, al Servizio Sanitario Nazionale, dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature ”. La disposizione è chiara solo apparentemente. Il concetto di “vendita”, infatti, mal si attaglia al mercato delle commesse di dispositivi medici, ove si parla più propriamente di fornitura o di contratto
misto di servizio e fornitura. Si dovrebbe ritenere che per “vendita” si intenda soltanto l’attività di fornitura di dispositivi al netto del valore dei servizi complementari, ma non è chiaro; peraltro, la distinzione non è sempre così netta, con evidenti difficoltà di “scindere” il fatturato in base alle prestazioni effettivamente erogate.
Per quanto riguarda i soggetti incisi dalla nuova forma di contribuzione: il Decreto precisa che il fatturato da conteggiare è quello derivante dalla vendita “al Servizio Sanitario Nazionale”. Anche questa formulazione è problematica, perché si presta a due possibili interpretazioni: la prima, restrittiva, permette di includere soltanto il fatturato derivante dalle vendite agli enti del Servizio Sanitario Nazionale in senso stretto; la seconda, estensiva, abbraccia anche gli enti privati in regime di accreditamento. Tra le due, chiaramente, soltanto la prima sembra concretamente utilizzabile, dal momento che, una volta che un dispositivo viene ceduto a un ente privato accreditato, quest’ultimo può benissimo utilizzarlo per erogare prestazioni che non sono coperte dagli accordi di accreditamento.
Le criticità così evidenziate rendono lampante una potenziale criticità dell’intero meccanismo impositivo
dispositivi medici
attuato dal Decreto: esso impone una contribuzione soltanto ai fornitori del SSN, mentre si disinteressa dei fornitori di enti privati, accreditati o meno che siano. Questa scelta è stata subito notata dalle imprese che forniscono dispositivi medici al SSN che lamentano, non a torto, una evidente disparità di trattamento. Iniquità che, se ci si sposta sul piano giuridico, sembra difficilmente coniugabile con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.. Le due categorie di fornitori si trovano nella medesima situazione: entrambe operano nel mercato dei dispositivi medici; sono parimenti soggette alla normativa prevista dall’MDR; beneficiano in egual modo delle prestazioni connesse alla governance dei dispositivi medici (procedure autorizzative, banche dati, tracciamento, valutazioni ecc.). In altri termini, la scelta di imporre il finanziamento del sistema di governance dei dispositivi medici soltanto sui fornitori del SSN potrebbe essere sospetta di incostituzionalità. Oltretutto, sul piano pratico, un sistema di questo tipo inevitabilmente si ripercuote sul costo dei dispositivi posti a carico del SSN, che acquista i dispositivi ad un prezzo d’acquisto che potrebbe rivelarsi maggiore rispetto a quello praticabile ai privati, con evidenti ricadute sui costi e sulla sostenibilità del SSN. Chiaramente, tali criticità non sono passate inosservate e, una volta che il Decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, numerose imprese lo hanno impugnato dinanzi al TAR del Lazio. Tra i motivi sollevati, molti eccepiscono sia questioni di legittimità costituzionale che di compatibilità tra il sistema di contribuzione realizzato dal legislatore nazionale e quello teoricamente ammissibile alla luce dell’MDR.
Molte imprese lamentano che la quota per il finanziamento del Fondo viene richiesta alle sole imprese che commerciano con il SSN, senza considerare quelle che operano nel settore privato, accreditato o non accreditato, comunque destinatarie dell’attività di governance dei dispositivi medici.
Non solo. Le imprese che si sono rivolte al Giudice Amministrativo denunciano anche altri motivi di illegittimità.
Un primo gruppo di motivi attiene al momento in cui le imprese sono chiamate a versare il contributo. Come detto, il Decreto stabilisce che il versamento delle quote avvenga, in autoliquidazione, già a partire dall’anno in corso, ossia entro il 31 dicembre 2024, ma la quota dello 0,75% del fatturato si basa sui dati di bilancio dell’anno precedente, il 2023. Si tratta quindi di un costo imprevedibile al momento della programmazione economica e finanziaria delle imprese fatta l’anno precedente; dunque, le imprese si trovano, ora, a dover fronteggiare un’imposizione gravosa che incide anche su rapporti contrattuali già chiusi e cristallizzati.
Sul piano più propriamente giuridico, si pone qui il problema della retroattività della disposizione e della sua compatibilità con i principi generali che ispirano l’intero ordinamento. È pacifico, infatti, che il legislatore può, a determinate condizioni, aggredire una capacità contributiva o, più in generale, imporre una prestazione patrimoniale retroattivamente; è altrettanto pacifico, però, che ciò può avvenire soltanto tramite legge e non, com’è avvenuto, con un regolamento ministeriale. Anche sotto questo profilo, dunque, si potrebbero plausibilmente stagliare delle questioni di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 23 e 53 Cost., che disciplinano rispettivamente il potere di imporre prestazioni patrimoniali e il potere di imporre una prestazione tributaria. Il secondo elemento evidenziato dalle imprese che si sono rivolte al TAR attiene alla scelta di utilizzare il fatturato come base per determinare la contribuzione, anziché un’altra base di calcolo, come ad esempio l’utile. Se, come sembra, la quota richiesta per finanziare il Fondo si configura come un tributo, allora per essere considerata legittima essa dovrebbe “aggredire” la reale capacità contributiva delle singole imprese. Basandosi sul fatturato - che rappresenta il totale delle vendite di un’azienda, senza dedurre i costi di produzione o altre spese - e non sull’utile, e cioè sulla reale capacità di ciascuna impresa di generare profitto, si pongono ulteriori profili di illegittimità. D’altronde, la conseguenza è evidente: applicare un’aliquota dello 0,75% sul fatturato potrebbe costringere le imprese meno patrimonializzate a contribuire in modo sproporzionato e più gravoso, influenzando negativamente la loro operatività sul mercato. Un ulteriore aspetto degno di nota attiene alle previsioni sulla ripartizione delle somme del fondo. Il Decreto prevede che i fondi raccolti vengano distribuiti in parte ad Agenas (1/3), in parte alla Direzione generale dei sistemi informativi e della statistica per l’implementazione e la gestione dei sistemi informatici necessari al governo dei dispositivi medici (1/30) e in parte sempre ad Agenas per la gestione dei flussi informativi connessi al governo dei dispositivi medici (1/50). Salta subito all’occhio un dato incontrovertibile: la maggior parte dei fondi non è stata ancora ripartita. Il Decreto rinvia “a data da destinarsi”, a successivi accordi da assumere in Conferenza Unificata l’ulteriore ripartizione delle quote del Fondo, che saranno così individuate e conosciute dai contribuenti in un futuro non meglio precisato.
Quel che è certo, al momento, è che la disciplina è confusa e, a tratti, vaga e non autosufficiente.
Il Decreto delinea chiaramente le modalità di pagamento del contributo da parte delle imprese e il quantum, disponendo la decorrenza immediata dell’obbligo contributivo; al contrario, dall’altro, non viene puntualmente
definita la destinazione delle risorse e il modo in cui verranno utilizzate. Oltre a rappresentare una violazione dei principi di trasparenza, ciò si pone in contrasto con l’MDR che, invece, pur prevedendo la possibilità per gli Stati Membri di porre a carico delle imprese un contributo, limita la determinazione dello stesso al mero recupero dei costi di gestione. Secondo il Decreto, però, solo una parte dei fondi sarà effettivamente impiegato per coprire i costi legati alla gestione dei dispositivi medici. Il resto costituirà una riserva per iniziative e attività future non ancora specificate e che non riguardano direttamente la gestione dei dispositivi medici. Ciò solleva inevitabilmente un ulteriore punto interrogativo sulla legittimità del Decreto: se quanto richiesto alle imprese non viene in gran parte speso, c’è chi potrebbe ragionevolmente ritenere che si tratti di una richiesta eccessiva, sproporzionata. Tradotto, per gli addetti ai lavori: una richiesta di questo tipo viola il principio di proporzionalità, dal momento che lo stesso obiettivo (ossia, il finanziamento della governance) potrebbe essere raggiunto con uno sforzo inferiore da parte delle imprese.
Per tirare le somme del discorso, la vicenda descritta porta a sviluppare alcune considerazioni anche di carattere più generale.
La prima attiene ai metodi di finanziamento delle funzioni amministrative. Originariamente applicati nel set-
tore delle autorità indipendenti di regolazione, i modelli di tassazione con finalità di “autofinanziamento” si stanno sempre più estendendo ad altri ambiti dell’ordinamento. Questa tendenza presenta alcuni lati positivi e altri negativi. Tra i benefici, questi modelli permettono di gravare maggiormente dei costi delle attività pubblicistiche i soggetti che ne beneficiano di più. Per l’effetto, si sgrava la fiscalità generale di costi che drenano risorse vitali per altri tipi di attività essenziali come la scuola, i servizi sociali ad impatto universale, l’università, ecc.. D’altra parte, invece, l’esperienza insegna che spesso le scelte come quella compiuta nel Decreto sopra descritto si rivelano anche inevitabilmente conflittuali: i portatori di interesse delle categorie che vengono “colpite”, infatti, sono naturalmente portati ad opporvisi, spesso spinti dalle obiettive difficoltà a fronteggiare i costi delle scelte, calate dall’alto, dal legislatore.
Volendo trovare un punto di equilibrio, quindi, sarebbe auspicabile che l’adozione di modelli di “tassazione” come quella per il Fondo per il governo dei dispositivi medici, se effettivamente necessari, siano realizzati soltanto a fronte di un preliminare e attento esame dei soggetti coinvolti, degli oneri concretamente esigibili e della ragionevolezza delle scelte compiute. Questo metodo non può prescindere dal confronto preventivo con gli stakeholders e, in primis, con le associazioni di settore, attività che, in questo caso, non c’è stata.
Valentina Mainiero - Avvocato - Collaboratore Amministrativo Professionale presso ASL Avellino
Il soccorso istruttorio nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici 2023
Il soccorso istruttorio è un sub-procedimento che consente all’operatore economico, inottemperante, di sanare eventuali irregolarità o omissioni della domanda di partecipazione alla procedura ad evidenza pubblica.
In realtà, il soccorso istruttorio è un istituto trasversale nel diritto amministrativo: esso ha visto un generale riconoscimento, all’interno dell’ordinamento, attraverso la Legge n. 241 del 1990 che, all’art. 6, prevede che il responsabile del procedimento possa “chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete”.
In sostanza, in virtù del principio di leale collaborazione tra privati e P.A. è consentito che, qualora nel corso del procedimento amministrativo, la documentazione presentata dal privato sia incompleta, l’Amministrazione abbia l’obbligo di darne comunicazione a quest’ultimo e consentire l’integrazione di quanto già presentato.
sia quello di selezionare il concorrente che, in possesso dei requisiti specifici, risulti più idoneo e meritevole di affidamento; dunque, eventuali errori e/o omissioni non inficiano il confronto competitivo e, pertanto, non possono essere motivo di esclusione.
Nel particolare ambito delle procedure ad evidenza pubblica, il soccorso istruttorio ha trovato un primo riconoscimento a partire dagli inizi degli anni ’90 con i Decreti Legislativi n. 406/1991, n. 358/1992 e n. 157/1995, rispettivamente in materia di lavori, forniture e servizi pubblici.
Il D. Lgs 50/2016 ha previsto l’utilizzo del soccorso istruttorio per “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda", nei casi di “mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo”
Il Codice dei Contratti Pubblici del 2023 ha proceduto ad un ampliamento della portata applicativa del soccorso istruttorio al fine di garantire l’affidamento, all’operatore economico, anche nei casi di dimenticanze tali da non inficiare la qualità del servizio offerto (come da Cons. Stato, Sez. VI, Sent. 1308/2022).
In sostanza, il D. Lgs 36/2023, in coerenza con gli orientamenti giurisprudenziali sul punto, ha optato per la scelta di prevedere che lo scopo della gara pubblica
In seguito, il Codice del 2006 ha disciplinato l’istituto in linea con quegli orientamenti giurisprudenziali volti ad un’interpretazione restrittiva dello stesso, ammettendolo solo al fine di regolarizzare la documentazione già presentata ma mai per integrarla. Al contrario, le riforme successive (D.L. 90/2014) hanno previsto, accanto al soccorso tradizionale di tipo “specificativo”1, un’ulteriore tipologia di soccorso di tipo “integrativo” (possibile solo a seguito del pagamento di una sanzione pecuniaria)2
Il Codice del 2016 ha proceduto ad ampliare l’istituto, liberalizzandolo dall’applicazione del pagamento di sanzioni: il D. Lgs 50/2016 ha, in sostanza, previsto l’utilizzo del soccorso istruttorio per “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda”, nei casi di “mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo”.
1 È ammesso al responsabile del procedimento ottenere dei chiarimenti sul complesso della documentazione amministrativa e sull’offerta presentata.
2 L’operatore può produrre documentazione (amministrativa) non prodotta entro i termini di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
soccorso istruttorio
In definitiva, veniva ammessa in maniera espressa sia la regolarizzazione che l’integrazione della documentazione, ferma l’immodificabilità dell’offerta.
Il nuovo Codice dei Contratti del 2023, in perfetta linea con il principio del risultato, della fiducia e della buona fede, consentendo al contempo la par condicio tra i concorrenti, permette di sanare carenze o irregolarità che riguardino la documentazione amministrativa (requisiti di ordine generale) con l’intangibilità degli elementi integranti (offerta tecnica ed economica). Invero, art. 101 prevede l’obbligo, per la Stazione Appaltante, di predisporne l’attivazione, sia al fine di integrare i documenti già trasmessi, sia per sanare omissioni, irregolarità e inesattezze.
Tale norma, al comma 1, precisa una fondamentale limitazione: il soccorso istruttorio è ammissibile soltanto se la documentazione non sia già presente nel fascicolo virtuale dell’operatore economico; inoltre, la condizione necessaria - affinché possa attivarsi il soccorso istruttorio - è la previsione ed il rispetto di un termine minimo. All’operatore economico, invero, deve essere assegnato un termine non inferiore a cinque giorni e non superiore a dieci giorni per integrare i documenti trasmessi, con esclusione specifica -come già anticipato- della documentazione inerente all’offerta tecnica e quella economica. Si ritiene, dunque, si tratti di un soccorso istruttorio ad integrazione e a completamento delle carenze documentali – amministrative (utili ai fini della partecipazione alla procedura pubblica).
La novità più importante del Nuovo Codice, risiede nell’aver elencato e dettagliato, nel medesimo art. 101, le differenti tipologie di soccorso istruttorio, eliminando la distinzione tra irregolarità essenziali e non essenziali (presente nella previgente normativa).
In particolare, sono state individuate le seguenti tipologie di soccorso:
soccorso istruttorio integrativo (comma 1);
soccorso istruttorio sanante (comma 2);
soccorso istruttorio in senso stretto (comma 3); soccorso istruttorio correttivo (comma 4).
a) Soccorso integrativo: (comma 1, lettera a) dell’art. 101 che ha quale finalità, in termini sostanzialmente quantitativi, quella del recupero di carenze della c.d. documentazione amministrativa necessaria alla partecipazione alla gara (con esclusione della documentazione inerente all’offerta, sia sotto il profilo tecnico che sotto il profilo economico);
b) soccorso sanante: (comma 1 lettera b) che permette, in termini qualitativi, di ovviare ad omissioni, inesattezze o irregolarità della documentazione amministrativa (con il limite della irrecuperabilità della documentazione di incerta imputazione soggettiva);
c) soccorso istruttorio in senso stretto: (comma 3), che permette, alla stazione appaltante, di sollecitare chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica e/o dell’offerta economica, tesi a consentirne l’esatta acquisizione e a ricercare la reale intenzione dell’operatore, debellando le eventuali ambiguità e fermo -in ogni caso- il divieto di procedere a modifiche;
d) soccorso correttivo: (comma 4), a differenza delle altre ipotesi prescinde dall’iniziativa e dall’impulso della stazione appaltante (si è, addirittura, ritenuto non trattarsi di soccorso in senso stretto), ammettendo che direttamente il concorrente, fino al giorno di apertura delle offerte, possa rettificare errori che pregiudichino concretamente il contenuto della richiesta, fermi i limiti del rispetto dell’anonimato e della immodificabilità contenutistica.
Il Consiglio di Stato, inoltre, in una recente pronuncia del 2023 ha precisato come la norma evidenzi che sono soccorribili (purché, documentabili con atti di data certa, anteriore al termine di presentazione delle offerte): a) la mancata presentazione della garanzia provvisoria; b) l’omessa allegazione del contratto di avvalimento; c) la carenza dell’impegno al conferimento, per i concorrenti partecipanti in forma di raggruppamento costituendo, del mandato collettivo speciale.
In conclusione, è di chiara evidenza come il Nuovo Codice del 2023 abbia proceduto ad un notevole ampliamento della portata applicativa del soccorso istruttorio; il legislatore -nell’ottica di perseguimento del principio del risultato, ha optato per una impostazione meno formalistica e più improntata verso l’affidamento al migliore offerente in una visione e valutazione nettamente sostanzialistica.
Sentenza Consiglio di Stato 1 marzo 2024, n. 2042 – Il soccorso istruttorio processuale
Recentemente il Consiglio di Stato è intervenuto sul tema del soccorso istruttorio processuale.
Tale istituto -disciplinato oggi dall’art. 101 del Codice del 2023- permette al Giudice, una volta verificato che la stazione appaltante non abbia agito in soccorso del concorrente (nel caso in cui fosse tenuta ad intervenire), di esercitare i poteri istruttori atti a verificare, all’interno del processo in corso, ciò che la PA avrebbe dovuto accertare nel procedimento dinanzi alla stessa.
Il Consiglio di Stato, nella recente pronuncia del 2024, ha affermato come il soccorso istruttorio processuale –di verifica del Giudice – non violi il principio di par conditio tra i concorrenti in quanto la finalità dell’istituto è quella di “attestare l’esistenza di circostanze preesistenti, riparando una incompletezza o irregolarità che la stazione appaltante, se avesse tempestivamente rilevato,
avrebbe dovuto comunicare al concorrente, attivando l’obbligatorio procedimento del soccorso istruttorio”.
In sostanza, si è evidenziato come il soccorso di cui trattasi miri a supplire eventuali carenze aventi natura formale ovvero ad inesattezze documentali derivanti da errori materiali e che la ratio, sottesa all’istituto, sia quella di evitare pregiudizi in capo all’operatore meramente impreciso piuttosto che inaffidabile.
In definitiva, nella sentenza del Marzo 2024, il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità di quanto svolto dal TAR che, durante un contenzioso su una procedura ad evidenza pubblica, aveva ammesso il soccorso istruttorio finalizzato a precisare l’offerta presentata dal concorrente, aggiudicatario della procedura stessa. Il ricorrente, lamentava la circostanza secondo cui il soccorso istruttorio processuale fosse finalizzato non a chiarire l’offerta economica presentata ma a “sopperire alle false dichiarazioni rese o comunque a sopperire alle omissioni di allegazioni dovute in gara”, finendo per rimpiazzare l’offerta già presentata con una ulteriore.
I Giudici di secondo grado, al contrario, hanno ravvisato come la verifica durante il processo non violi la par condicio tra i partecipanti alla procedura in quanto l’istituto, come già evidenziato:
• ha lo scopo di attestare l’esistenza di circostanze preesistenti, riparando ad incompletezze o irregolarità
che la stazione appaltante, se avesse tempestivamente rilevato, avrebbe dovuto riferirlo alla concorrente, attivando l’obbligatorio procedimento del soccorso istruttorio;
• mira a supplire a carenze di natura formale, oppure inesattezze documentali frutto di meri errori o di imprecisioni imputabili alla formulazione degli atti di gara, in modo da evitare di pregiudicare l’operatore “impreciso” ma “affidabile”;
• non può certamente costituire una sorta di impropria rimessione in termini per la produzione di documenti tecnici di carattere nuovo e diverso rispetto a quelli prodotti in gara.
Infine, per quanto attiene all’esercizio del soccorso istruttorio in merito ai requisiti di partecipazione non correttamente dichiarati, secondo i Giudici è bene evidenziare che nelle procedure selettive è doveroso esercitare un delicato bilanciamento tra i contrapposti interessi, ovvero la massima partecipazione e la par condicio tra i concorrenti ‒ che la giurisprudenza ha, in passato, ritenuto sempre di effettuare.
Per tutti i principi richiamati, il Consiglio ha respinto il ricorso in esame, ammettendo il soccorso istruttorio attivato dal TAR in quanto attinente soltanto ad un chiarimento che non avrebbe portato ad alcuna modifica dell’offerta presentata dall’operatore.
Confindustria Dispositivi Medici
A cura di Confindustria Dispositivi Medici
Linee guida sugli acquisti dei dispositivi per la cronicità: 10 proposte per una scelta appropriata, efficace
e personalizzata
Confindustria Dispositivi Medici ha elaborato delle linee guida sugli acquisti in sanità con l’obiettivo di individuare lo strumento di acquisto pubblico più efficace a garantire ai soggetti affetti da patologie croniche1 una migliore qualità della vita attraverso il pieno riconoscimento e la concreta salvaguardia del diritto alla scelta appropriata e personalizzata, da parte del medico e del paziente.
Le “Linee guida per le procedure di acquisto di dispositivi medici e dei servizi correlati per l’ambito delle cronicità” analizzano le principali criticità nelle fasi di indizione e celebrazione delle gare e contengono 10 proposte per rendere le procedure di acquisto concorrenziali e finalizzate ad ottenere cure più efficaci, nonché servizi correlati di assistenza e riabilitazione specialistica, anche domiciliare e, soprattutto, in coerenza con il “piano di cura personalizzato” del paziente, così come definito dal Ministero della Salute nel Piano nazionale della cronicità (2016).
pubblici che aderiscono alla procedura di accordo quadro svolta dalla centrale di committenza.
Sia il Ministero della Salute che le Società scientifiche che si occupano di cronicità, sottolineano come il dispositivo utilizzato dal paziente cronico assuma una rilevanza non solo in tema di efficacia della cura, ma anche in tema di empowerment e quindi di adesione alla terapia, elementi che rendono ancora più determinante la possibilità di potere effettuare una scelta personalizzata.
CDM ritiene che le procedure afferenti le patologie croniche debbano essere aggiudicate esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo
Secondo Confindustria dispositivi medici il modello dell’accordo quadro con pluralità di operatori economici dovrebbe consentire una maggiore elasticità in relazione alla possibilità di acquisire prodotti innovativi immessi sul mercato anche durante l’arco temporale di svolgimento e implementazione della procedura e della fase esecutiva del contratto. A ciò si aggiunga che il suddetto modello consente il soddisfacimento di possibili esigenze differenzianti tra i vari enti
Le presenti linee guida si propongono l’obiettivo di fornire un adeguato supporto alle stazioni appaltanti in aggiunta alle indicazioni di carattere generale contenute nel decreto del Ministro della Salute “Documento d’indirizzo per la stesura dei capitolati di gara per l’acquisizione di dispositivi medici” (2018), tenendo conto della specificità dei dispositivi per la cronicità, senza limitarsi a una mera distinzione tra “dispositivi a media e alta complessità tecnologica e ad elevata innovazione” e “dispositivi a bassa complessità tecnologica”, fornendo linee di indirizzo su come predisporre capitolati di gara adeguati alle categorie che ivi interessano.
Consultazioni preliminari di mercato finalizzate alla migliore predisposizione degli atti di gara
CDM ritiene che debbano essere recepite le indicazioni contenute nell’art. 77, D. Lgs 36/2023 in tema di appalti pubblici riguardo all’istituto della “consultazione
1 Per patologie croniche si intende diabete, incontinenza/assorbenza, BPCO e altre patologie respiratorie, insufficienza intestinale cronica, insufficienza renale, ferite croniche come ulcere da pressione, ulcere vascolari dell’arto inferiore, ulcere del piede diabetico.
preliminare di mercato”. Sarebbe infatti opportuno che nella fase preliminare all’avvio di una procedura di aggiudicazione mediante accordo quadro, le amministrazioni aggiudicatrici diano avvio ad una formale consultazione preliminare di mercato “strutturata” ed “effettiva/prolifica” con tutte le imprese di settore interessate, le quali potranno, in questa fase, mettere a disposizione delle stazioni appaltanti tutto il know-how di cui dispongono al fine di predisporre nel miglior modo possibile gli atti di gara e, in particolare, il disciplinare, il capitolato d’oneri e le specifiche tecniche.
A tal fine, sarebbe fortemente auspicabile che la consultazione di mercato contenesse (fra gli altri documenti) una bozza “provvisoria” di capitolato di gara in modo da consentire alle imprese interessate di formulare osservazioni e proposte anteriormente alla pubblicazione degli atti di gara, anche in un’ottica di ottimizzazione delle tempistiche.
La suddetta consultazione preliminare di mercato dovrebbe, inoltre, prevedere e/o contemplare il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti, di categoria e scientifiche, il cui contributo costituisce un importante valore aggiunto al buon esito dell’intera procedura di selezione.
Per quanto riguarda le modalità procedurali di svolgimento del suddetto “confronto tecnico” CDM ritiene preferibile la modalità seguita da alcune amministrazioni appaltanti che prevede i seguenti passaggi essenziali:
• consultazione degli operatori economici mediante apposito avviso, unitamente alla bozza di capitolato tecnico e/o speciale.
• Il primo incontro dovrebbe svolgersi con la partecipazione simultanea di tutte le imprese interessate
• Nella stessa sede l’Ente appaltante (o la Centrale di acquisto in caso di gara centralizzata) dovrebbe richiedere a tutte le imprese di inviare, entro un termine prestabilito, i propri suggerimenti e/o rilievi in ordine alla bozza di capitolato di gara.
• Le imprese inoltre possono fornire alle Amministrazioni una visione dell’evoluzione del mercato e, pertanto, anche supportare le stesse riguardo alla stima dei fabbisogni di gara secondo una prospettiva di lungo termine.
• L’Ente appaltante (o la Centrale di acquisto in caso di gara centralizzata) dovrebbe, infine, prevedere una riunione finale per illustrare ai partecipanti alla consultazione tutte le modifiche che ritiene di apportare alla bozza di capitolato di gara in sede di stesura definitiva con congrua e idonea motivazione.
Requisiti di partecipazione: capacità economica e finanziaria (Art.100,D. Lgs36/2023)
Il fatturato complessivo a cui la stazione appaltante dovrà far riferimento, e che dovrà essere oggetto di dimostra-
Confindustria Dispositivi Medici
zione da parte del concorrente, deve essere determinato in misura proporzionale al totale dei lotti per i quali il concorrente partecipa (e non all’importo complessivo dei lotti previsti in gara).
Capacità tecnica e professionale (Art. 100, D. Lgs. 36/2023)
Per la dimostrazione della capacità tecnica valgono gli stessi principi dettati per la capacità economica e finanziaria, ossia la capacità tecnica e professionale deve essere determinata in misura proporzionale al totale dei lotti per i quali il concorrente partecipa (e non all’importo complessivo dei lotti previsti in gara) mediante, ad esempio l’indicazione dell’elenco delle principali forniture e servizi effettuati in un dato periodo di riferimento (ultimi 3 anni).
Determinazione dell’oggetto contrattuale e criteri di determinazione dei lotti
Nella determinazione dell’oggetto della gara è auspicabile che le singole amministra zioni bandiscano le procedure di acquisto valutando le prestazioni richieste nella loro interezza, evitando di ampliare indebitamente l’oggetto dell’appalto così da precludere, di fatto, la partecipazione ad imprese che in ipotesi potrebbero profittevolmente realizzare una sola prestazione, o di frazionare eccessivamente l’oggetto di gara in maniera tale da escludere (anche in considerazione dei ridotti oneri di pubblicità) la partecipazione di imprese altrimenti interessate alla partecipazione.
Sarebbe quanto mai opportuna, soprattutto nelle gare centralizzate, la suddivisione in lotti secondo le specifiche necessità terapeutiche (per le gare in ambito ospedaliero).
La determinazione dei lotti dovrà contenere l’indicazione dei fabbisogni per singolo lotto.
È opportuno che i lotti tengano conto, altresì, della composizione del mercato di riferi mento, al fine di garantire in ogni caso il rispetto del principio della concorrenza nei singoli lotti, in conformità a quanto previsto dall’art. 58, D. Lgs 36/2023.
Per quanto riguarda la determinazione della durata della gara, tenuto conto del potere discrezionale in capo alla stazione appaltante, CDM ritiene che la stessa vada determinata anche in funzione dell’entità, in termini di valore, dell’oggetto di gara. Quindi, maggiore sarà il valore dell’appalto e dei conseguenti stanziamenti pubblici, più elevata sarà la durata dell’appalto, fermo restando il limite massimo dei 4 anni previsto per le procedure selettive da svolgersi mediante la formula dell’accordo quadro. Resta in ogni caso salva la possibilità di rinnovo e/o proroga, da prevedersi nel disciplinare e nei soli casi previsti e consentiti dalla legge.
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Garanzie
Al fine di assicurare il rispetto del principio di proporzionalità nelle gare centralizzate e/o divise in lotti, è necessario prestare attenzione all’entità della garanzia provvisoria e definitiva richieste ai partecipanti.
Al fine di rendere effettivo il principio di accesso alle procedure pubbliche e di incrementare la partecipazione, si ritiene auspicabile l’adozione di una lettura maggiormente inclusiva riguardo all’applicazione della riduzione “fino ad un importo massimo del 20 per cento, cumulabile con le riduzioni di cui al primo e secondo periodo, quando l’operatore economico possegga uno o più delle certificazioni o marchi individuati, tra quelli previsti dall’allegato II.13”.
Per quanto riguarda il calcolo della garanzia definitiva, dato che la Stazione Appaltante non ha l’obbligo di ordinare la totalità dei fabbisogni previsti e considerato che le gare bandite dalle Centrali di Acquisto gestiscono quantitativi regionali ingenti, si suggerisce di calcolare le percentuali dovute a titolo di garanzia relativamente all’importo di offerta complessiva aggiudicata, e non rispetto alla base d’asta complessiva del lotto di gara.
Basi d’asta
In tutti gli appalti di servizi e forniture è necessario individuare le basi d’asta e, nelle gare divise in lotti, tale determinazione deve avvenire anche in ordine al singolo lotto. Nella determinazione delle basi d’asta le amministrazioni sono sempre tenute a valutare che le stesse siano comunque congrue, adeguate e sufficienti a garantire idonei margini di remuneratività alle imprese partecipanti, tenendo conto del livello qualitativo dei prodotti in ragione della fragilità degli utenti a cui sono destinati.
Le basi d’asta devono essere congrue, non solo in riferimento al prodotto oggetto di acquisto, ma anche ai servizi accessori richiesti per l’espletamento della fornitura.
Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 108 D. Lgs. 36/2016)
CDM ritiene applicabile al settore delle “cronicità” la disposizione prevista dal Lgs. 36/2023 secondo cui: “La stazione appaltante, al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell’offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici”.
CDM ritiene che le procedure afferenti le patologie croniche debbano essere aggiudicate esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, trovando applicazione quanto previsto dall’art. 103, comma 2 lett. C).
CDM, in linea con quanto previsto dalla normativa previgente, esprime una valutazione di favore relativamente al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, secondo i parametri di ponderazione di seguito elencati:
• prezzo fino ad un massimo di punti 30;
• almeno qualità punti 70.
Per quanto riguarda le metodologie di calcolo del punteggio totale, secondo la giurisprudenza prevalente sono non ammissibili metodologie di calcolo e valutazione tali da alterare l’originario rapporto potenziale tra elemento qualitativo ed elemento prezzo originariamente fissato dalla stazione appaltante nella lex specialis di gara.
Criteri di valutazione dell’aspetto qualitativo delle offerte e relative soglie di sbarramento
CDM ritiene che ai fini della valutazione dell’aspetto qualitativo delle offerte, le stazioni appaltanti debbano utilizzare le indicazioni contenute nella linea guida ANAC n. 2 e che quindi i criteri di valutazione siano adeguatamente specifici e obiettivamente quantificabili.
I criteri di valutazione delle offerte sotto il profilo tecnico, inoltre, devono sempre essere costruiti con riferimento all’offerta e al prodotto/servizio.
CDM ritiene che i criteri di valutazione qualitativa debbano valorizzare opportunatamente (in termini di punteggio) il servizio domiciliare, qualora questa modalità di consegna venga prevista nell’appalto stante l’importanza che riveste, sia sotto l’aspetto esecutivo, sia avuto riguardo al corretto trattamento che dovrà ricevere il paziente e quindi alla migliore aderenza terapeutica. Nei settori di gara CDM:
• Ritiene che il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sia sempre considerato il più adatto con una proporzione del 70/30 e che la soglia di sbarramento debba essere contenuta entro i 42 punti su 70.
• Auspica una “griglia” di suddivisione dei parametri tecnici che valorizzi i requisiti fondamentali che vanno davvero a orientare la scelta del prodotto tecnicamente più rispondente ai bisogni dei pazienti, evitando parcellizzazioni dei punteggi che rischiano di livellare il punteggio tecnico complessivo.
• Valuta positivamente la predeterminazione di una soglia qualitativa di sbarramento al fine di escludere dalla ponderazione basata sul prezzo le offerte non conformi a determinati standard qualitativi minimi e di selezionare, conseguentemente, solo le offerte che rispondono alle necessità delle stazioni appaltanti e, quindi, alle esigenze dei pazienti.
Sarebbe, inoltre, auspicabile che i criteri di valutazione quantitativa e la relativa ponderazione numerica si riferiscano in maniera rilevante ad elementi quantitativi e oggettivamente misurabili, privilegiando metodi tabel-
lari, proporzionali o simili, limitando l’attribuzione del punteggio di natura discrezionale e dando maggiore rilevanza alle prove del prodotto e agli studi clinici pubblicati sui dispositivi, avendo cura di selezionare esclusivamente la letteratura di buona qualità (tipo di studio e impact factor della rivista di pubblicazione), che risulti riferibile ai dispositivi previsti in gara (e non ad altri dello stesso brand).
Si evidenzia la necessità che la composizione delle Commissioni tecniche preveda la presenza di esperti di settore riconosciuti, quali clinici afferenti alle patologie specifiche interessate dall’appalto ed esperti tecnici per la valutazione delle tecnologie offerte. Inoltre, vista la particolarità del settore “cronicità” e l’assoluta importanza/rilevanza della “personalizzazione” del prodotto e della cura, si ritiene che si debba privilegiare il principio della “libera scelta” in relazione alle specifiche esigenze cliniche del paziente
Termini di pagamento e cessioni dei crediti derivanti dal contratto d’appalto Il termine di pagamento previsto dalla legge per le pubbliche forniture in ambito sanitario è di 60 giorni.
Per quanto riguarda la cessione dei crediti art. 125 D.LGS. 36/2023, sarebbe auspicabile che i disciplinari e i capitolati di gara fossero formulati in modo da favorire o da non ostacolare la possibilità per gli aggiudicatari di richiedere ed ottenere il consenso alla cessione del credito, nonché le certificazioni relative ai
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crediti vantati nei termini e modi di legge e nel rispetto dei singoli regolamenti interni dei vari enti.
Controllo e monitoraggio effettivo della fornitura/ servizio durante l’intera fase esecutiva del contratto
CDM ritiene fondamentale e imprescindibile che le stazioni appaltanti esercitino un controllo effettivo e un monitoraggio accurato sull’intera fase esecutiva del contratto, al fine di verificare la piena corrispondenza sia quantitativa che qualitativa rispetto alle condizioni di gara e di aggiudicazione.
Una verifica ex post consentirebbe di valutare se effettivamente gli acquisti sono stati in grado di generare, o meno, riflessi positivi rispetto agli obiettivi inizialmente fissati (in termini di salute, qualità, sicurezza, innovazione, risparmio economico).
Solo se la fase esecutiva si avvicina al modello adottato in origine, il momento di verifica può generare riflessioni affidabili e reali, in altre parole, riflessioni “di valore”.
Si aggiunge inoltre che, il controllo ed il monitoraggio dell’intera fase esecutiva non deve tuttavia tradursi in una ulteriore incombenza per l’Operatore economico. Alle imprese aggiudicatarie non devono essere richiesti servizi aggiuntivi e ingiustificati che esulano dall’oggetto di gara (come, ad esempio, interfacciamenti con i sistemi gestionali delle Regioni) poiché appresentano non già un onere propedeutico e accessorio alla fornitura bensì un servizio suppletivo avulso dall’oggetto di gara.
normazione
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Il requisito della regolarità fiscale dell’operatore economico nuovamente all’esame dell’Adunanza Plenaria
L’Adunanza Plenaria, con la recente sentenza n. 7 del 24 aprile 2024, ha affermato alcuni importanti principi di diritto in ordine al requisito di regolarità fiscale, notoriamente necessario agli operatori economici per partecipare ed aggiudicarsi gare ad evidenza pubblica. Come è noto, ai sensi dell’art. 80, comma 4, del D.lgs. 50/2016 (previgente Codice dei contratti pubblici): “… un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali”. Le violazioni sono da ritenersi “gravi” quando: “…c omportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602” 2, e sono “definitivamente accertate” se “…contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione”3. Analogamente, l’art. 94, comma 6, del nuovo Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 36/2023), afferma che “… è inoltre escluso l’operatore economico che ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento delle
Il
concorrente che partecipa a
una
procedura di evidenza pubblica deve possedere “continuativamente” i requisiti di ammissione ed ha l’onere di dichiarare l’eventuale carenza di uno dei requisiti e di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsivoglia
sopravvenienza tale da privarlo degli stessi
imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. …” rimandandosi ad apposito allegato al Codice quanto alla specifica individuazione delle gravi violazioni definitivamente accertate. La causa di esclusione in questione non è applicabile “… quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o sanzioni, oppure quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l’estinzione, il pagamento o l’impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta ” Come ha avuto modo di ribadire nuovamente l’Adunanza Plenaria nella pronuncia in commento, il requisito in questione deve essere posseduto dal concorrente “in maniera continuativa ”, ossia a partire dal momento della presentazione dell’offerta alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale (principio già affermato in precedenza dall’Adunanza Plenaria n. 8 del 20 luglio 2015).
La pronuncia in esame - pur se resa con riferimento al previgente Codice Appalti - esprime principi di cui dovranno
1 Il TAR Campania, Napoli, sez. I, nella sent. 3 febbraio 2022, n. 775, ha precisato che, ai fini di detto limite, devono considerarsi anche gli importi di interessi e sanzioni; in tal senso, secondo i giudici, rileva l’art. 3, comma 3, del Decreto del MEF 18 gennaio 2008, n. 40, “Modalità di attuazione dell’art. 48-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602”, secondo cui la segnalazione rivolta alle Amministrazioni che ne facciano richiesta, quindi anche le stazioni appaltanti, deve contenere l’indicazione dell’ammontare del debito del destinatario per cui si è verificato l’inadempimento, “comprensivo delle spese esecutive e degli interessi di mora dovuti”.
2 Si fa riferimento ad importi maggiori di euro 5.000,00.
3 IBIDEM.
tener conto sia gli operatori economici, che le Stazioni Appaltanti anche per le gare che si svolgono sotto il nuovo Codice. In particolare, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto che, indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante tramite i certificati rilasciati dall’Agenzia delle Entrate, il concorrente che impugna l’aggiudicazione, può sempre dimostrare “con qualunque mezzo idoneo allo scopo”, sia che l’aggiudicatario fosse ab origine privo della regolarità fiscale, sia il venire meno della regolarità in corso di gara. Alla luce di tale principio, anche l’omesso pagamento delle sanzioni irrogate a seguito del mancato versamento del contributo unificato in un contenzioso dinnanzi agli organi della Giustizia Amministrativa integra una causa di esclusione dalle gare pubbliche ancorché tale “irregolarità fiscale” non risulti dalla certificazione dell’Agenzia delle Entrate acquisita dalla Stazione Appaltante in sede di verifica del possesso dei requisiti o dalle verifiche da questa condotte presso l’ANAC.
Il caso sottoposto all’esame dell’Adunanza Plenaria
La remissione all’Adunanza Plenaria trae origine dal ricorso in appello presentato da una società che si era posizionata al secondo posto nella gara d’appalto indetta per l’assegnazione di servizi di pulizia e disinfezione degli ambienti sanitari del Servizio Sanitario Regionale Lombardo e risultata soccombente in primo grado. In particolare, la società ricorrente aveva impugnato gli atti di gara lamentando che l’affidataria della gara dovesse essere esclusa a fronte di significative irregolarità fiscali così come previsto dall’articolo 80, comma 4, del previgente Codice degli Appalti, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. L’irregolarità fiscale contestata si riferiva al mancato pagamento definitivamente accertato di alcuni contributi unificati (e relative sanzioni accessorie) relativi ad alcuni giudizi amministrativi cui aveva partecipato la controinteressata, per un importo superiore alla “soglia di gravità” di Euro 5.000 stabilita dalla legge. La società aggiudicataria - controinteressata - si era difesa richiamando il noto indirizzo giurisprudenziale che esclude ogni facoltà per le Stazioni appaltanti di sindacare le risultanze delle certificazioni rilasciate dalle autorità competenti (nella specie, l’Agenzia delle Entrate) le quali fanno fede della regolarità fiscale dell’operatore economico fino a “querela di falso”. Secondo tale indirizzo spetta, infatti, in via esclusiva all’Agenzia delle Entrate il compito di dare un “giudizio di regolarità fiscale” dei partecipanti alla gara pubblica, non disponendo la stazione appaltante di alcun autonomo potere di apprezzamento sul contenuto delle certificazioni di regolarità tributaria. Nella specie l’assenza di irregolarità fiscali rilevanti sarebbe stata accertata, appunto, attraverso tali certificazioni, acquisite dalla stazione appaltante in corso di procedura e anche attraverso il sistema AVCPASS.
I “dubbi” rimessi all’Adunanza Plenaria
La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha ravvisato un possibile contrasto tra l’orientamento giurisprudenziale (richiamato nelle proprie difese dall’aggiudicataria e dalla stazione appaltante) secondo cui le certificazioni relative alla regolarità contributiva e tributaria delle imprese concorrenti emanati dagli organi competenti non possono essere oggetto di sindacato o valutazione autonoma alcuna da parte delle Stazioni Appaltanti e quello (richiamato dalla ricorrente) della continuità del possesso dei requisiti di partecipazione che devono essere mantenuti costantemente durante tutto il processo della gara e anche in corso dell’esecuzione del contratto da parte del concorrente aggiudicatario. Alla luce di tale principio una qualsivoglia irregolarità fiscale o contributiva che dovesse emergere durante l’iter di aggiudicazione della gara o anche in corso dell’esecuzione del contratto, deve essere tempestivamente comunicata da parte del concorrente alla Stazione Appaltante, che a sua volta ha il dovere di verificarne la veridicità e la presenza in ogni fase della procedura. Sono stati, quindi, sottoposti all’Adunanza Plenaria i seguenti tre quesiti:
“ (i) se, fermo restando il principio della insussistenza di un potere della stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni dell’Agenzia delle entrate attestanti l’assenza di irregolarità fiscali a carico dei partecipanti a una gara pubblica, le quali si impongono alla stessa amministrazione, il principio della necessaria continuità del possesso in capo ai concorrenti dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure selettive comporti sempre il dovere di ciascun concorrente di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsiasi irregolarità che dovesse sopravvenire in corso di gara; (ii) se, correlativamente, sussista a carico della stazione appaltante, ferma restando la richiamata regola della sufficienza delle certificazioni rilasciate dalle Autorità competenti, il dovere di estendere la verifica circa l’assenza di irregolarità in capo all’aggiudicatario della procedura in relazione all’intera durata di essa, se del caso attraverso l’acquisizione di certificazioni estese all’intero periodo dalla presentazione dell’offerta fino all’aggiudicazione; (iii) se, in ogni caso e a prescindere dalla sufficienza o meno delle verifiche condotte dalla stazione appaltante, il concorrente che impugni l’aggiudicazione possa dimostrare, e con quali mezzi, che in un qualsiasi momento della procedura di gara l’aggiudicataria ha perso il requisito dell’assenza di irregolarità con il conseguente obbligo dell’amministrazione di escluderlo dalla procedura stessa”.
La decisione dell’Adunanza Plenaria L’Adunanza Plenaria ha preliminarmente escluso un possibile contrasto giurisprudenziale con riferimento ai primi
normazione
due quesiti ribadendo che, per quanto attiene al “profilo probatorio”, i certificati di regolarità fiscale o contributiva sono da considerarsi come “dichiarazioni di scienza”, in quanto attestazioni formali della situazione fiscale e contributiva del concorrente, valide fino “a querela di falso” ( quindi, da considerarsi vincolanti per la Stazione Appaltante, a meno che non vengano contestati con uno specifico procedimento che ne accerti la falsità). Non vi è, quindi, alcuna contrapposizione con l’ulteriore orientamento richiamato nell’ordinanza di rimessione, che “… fa, invece, riferimento al regime sostanziale dei requisiti di ammissione previsti dalla lex specialis, affermando la necessità che gli stessi siano posseduti dal concorrente a partire dal momento della presentazione dell’offerta e sino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale …” ribadendosi che: “… il concorrente che partecipa ad una procedura ad evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e informare, tempestivamente, la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi” Si tratta, dunque, di principi attinenti a profili diversi (uno quello “probatorio”, l’altro quello “sostanziale”) ma assolutamente conciliabili tra loro. Sulla base di una puntuale ricostruzione della normativa ratione temporis applicabile (articoli 80, 85, 86 del D.lgs. 50/2016) l’Adunanza precisa, quindi, che il concorrente che partecipa a una procedura di evidenza pubblica deve possedere “continuativamente” i necessari requisiti di ammissione ed ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta l’eventuale carenza di uno dei requisiti e di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi. Tale onere dichiarativo deriva non tanto da una specifica previsione di cui al Codice Appalti, ma piuttosto dal generale principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione secondo quanto previsto dalla legge generale sul procedimento amministrativo. Se il concorrente ha, dunque, l’obbligo di dichiarare sin dall’inizio e mantenere per tutta la gara e durante il corso di svolgimento del contratto i requisiti di partecipazione, la Stazione Appaltante ha, invece, il dovere di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo (come, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, si desume chiaramente dall’articolo 80, comma 6 del Codice “Le Stazioni Appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura in una delle situazione di cui ai commi 1,2,4 e 5”). Ne consegue che - per quanto specificamente riguarda il requisito concernente l’assenza di debiti tributari - la certificazione rilasciata dall’Agenzia
delle Entrate deve riguardare l’intero lasso di tempo dal momento della presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto. L’Adunanza Plenaria in merito al terzo quesito - la cui risposta rappresenta l’indicazione forse più rilevante sotto un profilo “pratico” per gli operatori del settore - sottolinea che, a prescindere dalle verifiche effettuate dalla Stazione Appaltante, il concorrente che impugni l’aggiudicazione ha sempre la facoltà di dimostrare, “con qualunque mezzo idoneo allo scopo”, non solo l’eventuale mancanza originaria di regolarità fiscale da parte dell’aggiudicatario, ma anche che egli abbia perso tale regolarità durante il corso della gara.
Inoltre, il Giudice Amministrativo può sempre accertare in via incidentale nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico, l’idoneità e la completezza della certificazione quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione precedentemente dichiarati dal concorrente; affermazione anche questa di notevole impatto pratico dal punto di vista “processuale”. Alla luce dei richiamati principi, l’Adunanza Plenaria - ritenuta la natura di “entrata tributaria” del contributo unificato e delle sanzioni pecuniarie accessorie conseguenti al mancato o ritardato pagamento dello stesso - ha ritenuto sussistente una violazione “grave” e “definitivamente accertata” degli obblighi in materia fiscale in capo all’aggiudicataria della gara ed ha accolto l’appello. Nel caso di specie al momento della presentazione dell’offerta l’aggiudicataria era, infatti, risultata in debito con il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa di una somma per mancata iscrizione a ruolo di un ricorso in appello di un importo (Euro 18.000) ampiamente superiore alla soglia di gravità stabilita dalla legge (pari a Euro 5.000) e definitivamente accertata essendo stato l’invito al pagamento del contributo unificato correttamente notificato al domicilio eletto del difensore della società e non impugnato. Poiché, inoltre, il contributo unificato non rientra tra le imposte gestite dall’Agenzia delle Entrate (per cui i debiti relativi ad esso non vengono iscritti nel cassetto fiscale) non rileva la circostanza che al momento della presentazione dell’offerta non risultassero dal cassetto fiscale alcuna pendenza tributaria e che la regolarità fiscale fosse stata accertata dall’Agenzia delle Entrate tramite il relativo certificato. Quest’ultimo attesta, infatti, la situazione fiscale unicamente con riguardo alle imposte di “competenza” dell’Agenzia delle Entrate e, dunque, “nulla dice” per quanto attiene a tributi come il contributo unificato e alle relative sanzioni che sono di competenza di altre Amministrazioni. Analoghe considerazioni valgono, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, per l’accertamento effettuato dalla Stazione Appaltante tramite AVCPASS, in quanto la delibera dell’ANAC che elenca gli enti certificanti tenuti a mettere a disposizione la documentazione
e i dati in proprio possesso relativi ai requisiti di carattere generale per la partecipazione alle gare, non comprende il Segretariato generale per la Giustizia Amministrativa; ragion per cui eventuali debiti derivanti dal mancato o ritardato pagamento del contributo unificato non emergono nemmeno dal documento rilasciato dall’ANAC.
Considerazioni finali
Come anticipato, la decisione dell’Adunanza Plenaria, seppur resa con riferimento ad un contenzioso svoltosi sotto la vigenza del vecchio Codice Appalti, pone dei principi e regole di sicuro rilievo anche per le gare che si svolgeranno in vigenza del nuovo Codice Appalti entrato in vigore a luglio del 2023. Per quanto riguarda gli operatori economici non aggiudicatari della gara sembra potersi ampliare non poco la possibilità di poter censurare la (non) regolarità fiscale dell’aggiudicatario della gara utilizzando:“… qua-
lunque mezzo idoneo allo scopo” (come avvenuto nel caso di specie in cui il ricorrente è riuscito a dare prova di irregolarità fiscali della ditta aggiudicataria pur non emergenti dal certificato fiscale del concorrente rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, né dalla verifiche condotte tramite ANAC dalla Stazione Appaltante ma, comunque, ritenute rilevanti ai fini dell’esclusione dalla gara). Dal lato delle Stazioni Appaltanti il controllo effettuato sulla regolarità dell’operatore economico aggiudicatario tramite le certificazioni rilasciate dalle competenti Agenzie potrebbe non rivelarsi “esaustivo”, potendo comunque l’avvenuta aggiudicazione essere censurata dinnanzi al Giudice Amministrativo che ha la possibilità di accertare - seppure incidenter tantuml’idoneità e la completezza delle certificazioni quanto al possesso dei requisiti di partecipazione del concorrente con possibile “ribaltamento” degli esiti di gara ove emergano in giudizio ulteriori irregolarità.
partenariato pubblico privato
Francesca Isgrò- Lorenzo Piscitelli- Annapaola Prezioso - PwC TLS Avvocati e Commercialisti
Un nuovo approccio al Partenariato
Pubblico Privato: stato dell’arte e prospettive future delle infrastrutture sociosanitarie alla luce del nuovo Codice
Oramai da diversi anni il partenariato pubblico privato (d’ora in avanti anche “PPP”) rappresenta un fattore cruciale nelle scelte delle pubbliche amministrazioni per la realizzazione di opere pubbliche e per la gestione dei servizi di interesse economico generale. Il ricorso a tale strumento va d’altro canto di pari passo con il crescente rilievo assunto dal settore privato in campo economico, non solo sul piano tecnico e finanziario, ma anche nella definizione degli obiettivi di sviluppo. Ebbene, con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 36 del 31 marzo 2023 recante il nuovo codice dei contratti pubblici (il “Codice” o il “D.lgs. 36/2023”) si sta assistendo ad una rinnovata centralità del partenariato inteso nel suo complesso come “ operazione economica ” 1 incardinata sulla sinergia pubblico-privato. Gli elementi essenziali del PPP sono principalmente due: il trasferimento del rischio operativo - inteso come il rischio di mercato dei servizi cui è strumentale l’opera realizzata (rischio di domanda) oppure il rischio di disponibilità (rischio di offerta), potendo gli stessi ricorrere anche congiuntamente - e l’equilibrio economico-finanziario inteso come contemporanea presenza della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, in altri termini come la capacità del progetto di coprire i costi e di rimborsare il capitale di debito, nonché di remunerare quest’ultimo e il capitale di rischio.
nesso all’insorgere di potenziali competitors dell’imprenditore privato); e/o
• il rischio sul lato dell’offerta, ossia quello correlato alla capacità da parte del privato di erogare le prestazioni contrattuali pattuite sia per volume che per standard di qualità.
Con il nuovo Codice il legislatore ha inserito molteplici previsioni mirate ad accelerare e semplificare il ricorso al PPP da parte sia del pubblico sia del privato
In estrema sintesi, il soggetto privato si prende carico dell’alea tecnica, economica e finanziaria che caratterizza i lavori, servizi e forniture da eseguire e prestare in favore della pubblica amministrazione. Ne consegue, dunque, che – a differenza di quanto avviene nei “tradizionali” contratti di appalto – la copertura dei fabbisogni finanziari connessi alla realizzazione del progetto di interesse pubblico proviene interamente o, comunque, in misura significativa, da risorse reperite dalla parte privata.
Più nello specifico il rischio operativo comprende:
• il rischio sul lato della domanda che è associato alla domanda effettiva dei lavori o servizi oggetto dell’operazione economica (e.g. i rischi di contrazione della domanda di mercato o il rischio concorrenziale con-
1 Cfr. Articolo 174 del Codice.
In merito, rispetto al previgente quadro normativo, il Codice appare accentuare le possibilità di ricorso al PPP valicando la struttura “trilaterale” del rapporto contrattuale tipica del rischio di domanda e, pertanto, delle opere calde (ossia le opere la cui capacità di generare ricavi dipende principalmente se non esclusivamente da utenti “terzi”) e calandosi altresì nei progetti in cui l’operatore privato fornisce direttamente servizi alla pubblica amministrazione, traendo la propria remunerazione principalmente dai pagamenti della stessa (c.d. opere fredde). Nel segno, in presenza di opere fredde il privato si addossa il rischio di non vedersi remunerato nell’eventualità in cui i lavori, i servizi e/o le forniture non incontrino gli standard qualitativi e quantitativi concordati con la pubblica amministrazione. L’effettiva sussistenza di tale componente di rischio riveste un rilievo di portata
tutt’altro che marginale per il soggetto pubblico anche sul versante contabile, considerato che le pubbliche amministrazioni possono allocare off balance gli investimenti sostenuti dal soggetto privato per la realizzazione dell’opera. Ed infatti, in presenza di un sostanziale trasferimento del rischio sulla parte privata, gli asset oggetto delle operazioni di PPP possono non essere registrati nello stato patrimoniale delle pubbliche amministrazioni ai fini del calcolo dell’indebitamento netto, dando così agli enti pubblici uno strumento per fronteggiare i vincoli di finanza pubblica resi particolarmente stringenti a seguito delle crisi del debito pubblico degli ultimi anni e delle conseguenti politiche di spending review 2
Con il nuovo Codice il legislatore appare dare nuova linfa a tale tipologia di operazioni, inserendo molteplici previsioni mirate ad accelerare e semplificare il ricorso al PPP da parte sia del pubblico sia del privato in termini di:
1) programmazione degli investimenti;
2) progettazione delle opere pubbliche;
3) contributo pubblico erogabile dall’amministrazione a sostegno dell’investimento;
4) subappalto dei lavori e servizi affidati dalla pubblica amministrazione;
5) iniziative di project financing.
Programmazione degli investimenti
Con il nuovo Codice è prevista la stesura da parte delle amministrazioni di un programma triennale ad hoc mirato a verificare quali esigenze pubbliche possono essere (o meno) soddisfatte attraverso forme di PPP. Si richiede quindi un particolare sforzo programmatico agli attori pubblici, i quali sono chiamati a svolgere ab origine un’attenta valutazione, secondo la metodologia del Value for Money3, in merito alla possibilità di ricorrere allo strumento del PPP in luogo dell’appalto “tradizionale” per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Tali valutazioni, in ossequio ai principi di pubblicità e trasparenza, sono rese pubbliche sui porta-
2 Si veda, sul punto, la Decisione Eurostat n. 18/2024.
partenariato pubblico privato
li telematici delle relative amministrazioni e, dunque, accessibili ai potenziali partner privati ed investitori istituzionali con l’obiettivo di semplificare e accelerare il dialogo tra i player di mercato.
La progettazione delle future opere pubbliche Nell’ottica di una maggiore semplificazione delle procedure relative alla fase di approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche, il nuovo Codice ha previsto che la progettazione dei lavori pubblici (di tutti i lavori pubblici e quindi anche di quelli da affidare mediante PPP) si sviluppi in due livelli di progettazione (i.e. progetto di fattibilità tecnica ed economica e progetto esecutivo), in luogo dei tre livelli previsti dalla normativa previgente. Nell’ottica di dare una considerevole accelerata alla realizzazione di opere di pubblica utilità (ivi incluse, ai fini che qui rilevano, gli ospedali e le strutture sociosanitarie) si passa quindi da tre a due livelli di progettazione con la “scomparsa” del progetto definitivo4.
Il contributo pubblico
Al fine di garantire l’equilibrio economico-finanziario funzionale alla corretta allocazione dei rischi, il quadro normativo previgente prevedeva che la pubblica amministrazione potesse riconoscere in favore del privato anche un contributo pubblico purché quest’ultimo non superasse il 49% del costo dell’investimento complessivo (comprensivo degli eventuali oneri finanziari). Il quadro normativo previgente poneva, dunque, un “tetto” massimo alla contribuzione pubblica nell’ambito di un’operazione di PPP. Diversamente il nuovo Codice ha optato per una soluzione proporzionata e coerente con il diritto europeo attraverso l’eliminazione del riferimento al limite massimo di contribuzione pubblica nel contesto di un’operazione di PPP5. Fermo restando quanto precede sarà da valutare sul versante pratico se tale novella sia idonea o meno ad incrementare il ricorso al partenariato considerato, in particolare, che in termini contabili il riconoscimento di un contributo in misura superiore al 49% non consente alla relativa controparte
3 Secondo cfr. M. Nicolai, in Partenariato Pubblico Privato, cit., 156 “La locuzione sta ad indicare - secondo la definizione di matrice anglosassone - la combinazione ottimale dei costi complessivi del progetto e della qualità dei servizi erogati, in coerenza con la necessità degli utilizzatori ovvero il raggiungimento degli obiettivi attraverso un efficiente impiego delle risorse disponibili” (...) aggiungendo che “L’analisi qualitativa (...) è volta ad accertare la ragionevolezza dell’uso del PPP in base alle caratteristiche del progetto e la sua idoneità ad realizzato secondo logiche compatibili con modalità di finanziamento private. L’analisi quantitativa consiste, invece nella comparazione del VfM offerto dal PPP con la modalità tradizionale di realizzazione in appalto (Public Sector Comparator), attraverso la misurazione dei costi connessi ad entrambe le opzioni in tutta la durata del contratto”.
4 L’allegato I.7 al Codice contiene i contenuti minimi […] del documento di indirizzo della progettazione, del progetto di fattibilità tecnica ed economica e del progetto esecutivo.
5 L’art. 177, comma 6, del Codice prevede che “se l’operazione economica non può da sola conseguire l’equilibrio economico-finanziario, è ammesso un intervento pubblico di sostegno. L’intervento pubblico può consistere in un contributo finanziario, nella prestazione di garanzie o nella cessione in proprietà di beni immobili o di altri diritti”, e non contiene l’ulteriore previsione contenuta nella previgente disposizione di cui all’art. 180, comma 6, del D.lgs. n. 50/2016 in base alla quale “in ogni caso, l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al quarantanove per cento del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari”.
partenariato pubblico privato
pubblica di procedere con la contabilizzazione off balance dell’operazione6
Subappalto
L’istituto del subappalto, come regolato dal previgente quadro normativo, era sottoposto a forti limitazioni, anche quantitative, dettate dal timore che potesse costituire terreno fertile per le infiltrazioni mafiose in un settore - quello delle commesse pubbliche - già particolarmente sensibile. Di converso, il nuovo Codice ha fortemente liberalizzato il ricorso a tale istituto (applicabile anche alle fattispecie di PPP) al fine di incentivare il coinvolgimento delle piccole-medie imprese nel sistema dei contratti pubblici:
• sono stati abrogati i limiti quantitativi generali al subappalto, conferendo una maggiore autonomia discrezionale in favore delle pubbliche amministrazioni;
• è stato disciplinato il c.d. subappalto “a cascata” disponendo che l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto possa essere oggetto di ulteriore subappalto.7
Finanza di progetto
Il previgente quadro normativo distingueva due diverse procedure di project financing, la prima basata sull’iniziativa pubblica 8 e la seconda sull’iniziativa privata. Il nuovo Codice ha optato per l’eliminazione della finanza di progetto a iniziativa pubblica, in quanto ritenuta una superflua duplicazione rispetto alla scelta della pubblica amministrazione di indire una gara pubblica per l’affidamento di un contratto di concessione. Ancora, nel chiaro senso di incentivare l’utilizzo del project financing, da un lato, è stata mantenuta la possibilità per il promotore non aggiudicatario della gara di esercitare il diritto di prelazione e, dall’altro, è stata introdotta la facoltà per gli investitori istituzionali di presentare la proposta di finanza di progetto anche in autonomia (i.e. senza la previa ricerca e coinvolgimento dei partner operativi), salva la necessità, nella successiva gara di soddisfare i requisiti previsti dal bando9
Il PPP come ulteriormente consolidato dal rinnovato contesto normativo di riferimento appare idoneo, da un lato, ad assicurare l’utilizzo di risorse private nel settore pubblico con conseguentemente allentamento delle restrizioni di bilancio e, dall’altro, a promuovere un significativo rinnovamento della pubblica amministrazione attraverso l’acquisizione di specifiche conoscenze tecniche e scientifiche proprie delle realtà private. Soprattutto per la domanda pubblica si tratta di un’ottima occasione per superare gli ostacoli rappresentati, inter alia, dai vincoli all’indebitamento, dalla riduzione dei margini di manovra della leva finanziaria e dalle nuove regole contabili che hanno drasticamente indotto un effetto di overshooting sulla finanza pubblica e, dunque, per inaugurare un percorso di valenza strategica diretto a promuovere lo sviluppo territoriale con poche risorse. In tale contesto, la ricerca e il coinvolgimento del settore privato per le infrastrutture di pubblica utilità, ivi inclusi gli ospedali e le strutture sociosanitarie, può incentivare un miglioramento nella qualità progettuale e garantire una contrattualizzazione più adeguata dei servizi per la gestione e la manutenzione delle opere, da cui discende ampiamente la loro utilità sociale. Nonostante le sue potenzialità, nella prassi della pubblica amministrazione tale strumento parrebbe tuttavia avere ancora qualche difficoltà di impiego nell’edilizia pubblica ivi inclusa, quindi, l’edilizia sanitaria. Le ragioni dietro questa circostanza risiedono, probabilmente, nella complessità tecnica, economica e giuridica dello strumento del PPP e, dunque, nella necessità di mettere in moto una vera e propria professionalizzazione delle pubbliche amministrazioni. Infatti, in disparte i tempi particolarmente dilatati intercorrenti tra la pubblicazione del bando ed il momento di aggiudicazione della gara, il riferimento è alle forti problematiche tecniche nella formulazione delle proposte e dei bandi di gara, nella costruzione dei progetti e nella gestione dei rapporti complessi tra soggetti pubblici e privati, anche a causa delle amministrazioni aggiudicatrici, spesso non dotate del necessario know how per l’affidamento dei contratti di PPP. Questi limiti, si ripercuotono anche dopo l’aggiudicazione, in cui entrano in gioco altre fasi operative che rendono più complesso il quadro, come il ricorso al contenzioso, la stipula
6 Cfr. ultimo comma dell’art. 177 del Codice.
7 L’art. 105, comma 19 del previgente D.lgs. n. 50/2016 poneva invece un divieto generale in relazione alla possibilità di ricorrere al subappalto a cascata laddove prevedeva espressamente che “l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto non può formare oggetto di ulteriore subappalto”.
8 In particolare, il comma 1 dell’art. 183 del previgente D.lgs. n. 50/2016 conteneva la disciplina della procedura di affidamento della realizzazione di opere pubbliche mediante finanza di progetto a iniziativa pubblica, nell’ambito della quale l’amministrazione concedente poneva a base di gara un progetto di fattibilità tecnica ed economica da essa redatto e richiedeva la presentazione di offerte per la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità che prevedesse l’utilizzo di risorse in tutto o in parte a carico dei soggetti proponenti. Il contratto di PPP era aggiudicato sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
9 Nella successiva fase di gara, gli investitori istituzionali possono soddisfare i requisiti di gara: (i) associandosi o consorziandosi con operatori economici in possesso dei requisiti per l’esecuzione dei lavori o dei servizi; (ii) mediante avvalimento, anche integrale, della capacità di altri soggetti; mediante subappalto, anche per intero, delle prestazioni oggetto del contratto in favore di imprese in possesso dei requisiti richiesti dal bando.
del contratto, il raggiungimento del closing finanziario, l’esecuzione dei lavori e la gestione dell’opera. In altre parole, i finanziatori si mostrano disponibili a sopportare i tradizionali rischi di mercato associati alle operazioni di PPP ma non sono disponibili ad assumersi i rischi tipicamente legati alla discrezionalità dell’amministrazione o all’impossibilità della stessa di assicurare il rispetto delle proprie obbligazioni di pagamento. In quest’ottica, il nuovo Codice può contribuire all’introduzione di misure di sensibilizzazione sistematiche volte a supportare le pubbliche amministrazioni nella comprensione e nella gestione delle complesse dinamiche che contrassegnano il mercato in esame, nonché ad attenuare i rischi di contenzioso alimentati dalla complessità delle procedure, attraverso l’assunzione da parte delle amministrazioni di indirizzi chiari nella fase di impostazione del progetto. Le novità riguardanti gli strumenti di programmazione unitamente alle semplificazioni introdotte per le fasi progettuali e, in termini generali, in relazione all’istituto della finanza di progetto, se ben colte ed implementate dal mercato (pubblico e privato), possono conferire un notevole impulso all’istituto in commento ai fini della progressiva valorizzazione del contesto infrastrutturale
sanitario. Anche nel solco degli investimenti previsti dal PNRR appaiono dunque esservi tutti i presupposti per un radicale cambio di paradigma delle aziende sanitarie, le quali hanno gli strumenti giuridici e finanziari per rivestire un ruolo attivo all’interno delle operazioni economiche, definendo in modo chiaro e dettagliato sin da principio gli obiettivi che intendono raggiungere e lavorando affinché tali obiettivi siano allineati con le politiche regionali e/o locali. Il riferimento non è solo ai “classici” lavori di ammodernamento e di rinnovamento del parco immobiliare dedicato alla sanità pubblica, bensì anche ai molteplici servizi complementari ed accessori che appaiono sempre di maggior rilievo per migliorare i processi di cura e assistenza dei pazienti, riducendo le lunghe attese, le ospedalizzazioni ed ottimizzando i costi complessivi. In quest’ottica il PPP può rappresentare un prezioso alleato del pubblico nel percorso volto a ristabilire un equilibrio con la sanità privata nonché a sanare il deficit che il contesto nazionale sconta rispetto ai principali Paesi europei traendo vantaggio dalle conoscenze tecniche e scientifiche proprie delle realtà imprenditoriali nell’ottica di garantire agli utenti strutture più moderne, innovative, digitali ed inclusive.
Mauro Saccucci - Collaboratore Amministrativo Professionale ASL Frosinone
Il Green Public Procurement: definizioni, evoluzione normativa ed aspetti procedurali
Il Green Public Procurement
A livello comunitario si inizia a parlare di GPP - Green Public Procurement o acquisto verde pubblico –nel Libro Verde sulla politica integrata di prodotti del 1996.
La Commissione UE, inizialmente, suggeriva l’applicazione del GPP da parte di tutte le istituzioni pubbliche deputate agli acquisti. L’intento era quello di stimolare una domanda pubblica di beni, servizi e lavori a ridotto impatto ambientale per imprimere sviluppo ai loro mercati. Ciò al fine di spronare le istituzioni pubbliche, acquirenti e consumatori di rilievo in ambito UE, ad acquistare beni, servizi e lavori a basso impatto e, quindi, di orientare i loro acquisti verso prodotti ambientalmente più sostenibili. Il GPP, così come era stato ideato, avrebbe promosso tutte quelle condizioni atte a favorire la diffusione di modelli di produzione e consumo sostenibili. Giova ivi ricordare, i rapporti intercorrenti tra una domanda incisiva come quella pubblica e l’offerta proveniente dagli operatori economici privati. La domanda pubblica di beni, essendo di notevole entità, detta prescrizioni “verdi” all’offerta privata. Quest’ultima deve adeguarsi ai vincoli ambientali dettati dalla domanda pubblica che, pertanto, rappresenta il volano di un “economia verde” anche nei rapporti tra privati. In altre parole l’o-
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, per ogni bene, servizio o lavoro che, anche sulla scorta delle indicazioni dettate dall’
UE, si ritiene impattante ha adottato un Decreto contenente CAM specifici da dover obbligatoriamente inserire nei bandi di gara
peratore economico che deve fornire beni “verdi” alla PA, per rispettare i vincoli di sostenibilità che essa gli impone, dovrà, a sua volta, acquistare materie prime “verdi” dalle altre economie private. Solo per fare un esempio: l’operatore privato, che deve fornire alla PA mobili d’ufficio sostenibili per rifornirsi del legno occorrente alla loro realizzazione, dovrà rivolgersi ad un’impresa che fornisce, a sua volta, un legno considerato sostenibile e, quindi, proveniente da un ecosistema che, seppur sfruttato per soddisfare le esigenze umane del momento, viste le sue caratteristiche di sostenibilità, può ancora essere impiegato per far fronte alle esigenze future che, così, non risultano essere definitivamente compromesse. Nell’esempio in esame l’ecosistema sostenibile è rappresentato dalla foresta dove gli alberi abbattuti vengono regolarmente sostituiti per evitare il disboscamento e, quindi, la conseguente sovrapproduzione di C02 e cioè di uno dei cd. “gas ad effetto serra” che portano, inevitabilmente, al surriscaldamento degli habitat terrestri e a tutti quei fenomeni atmosferici catastrofici che da esso dipendono. Giova evidenziare, altresì, che una domanda pubblica di prestazioni sempre più “verdi” spinge le imprese - soprattutto quelle esposte alle problematiche ambientali - ad educare i propri manager alla sostenibilità della loro offerta. La “formazione verde” ovvero
la formazione sulla sostenibilità delle produzioni e dei consumi, oltre a creare un contesto professionale più attento all’ambiente, consente di rafforzare l’immagine nonché di aumentare le opportunità di mercato, la competitività e, quindi, la redditività delle imprese che la perseguono.
La Green Economy
L’acquisto di prestazioni ad impatto ridotto ha favorito, nel tempo, lo sviluppo della “Green Economy “e cioè di un’economia che, facendo ricorso alle energie rinnovabili, alla riduzione dei consumi energetici e al riciclaggio dei rifiuti, permette la riduzione dell’impatto ambientale. Perché la diminuzione dell’impatto favorisce lo sviluppo sostenibile? Anche se a breve e medio termine la messa in atto di tutte le misure atte a ridurre gli impatti generati dalle varie produzioni, a causa degli investimenti occorrenti alla loro realizzazione, riduce il PIL, nel lungo periodo, aumentando la resa di tutte quelle attività che traggono beneficio dalla buona qualità dell’ambiente (pesca, agricoltura, turismo, salute, etc.), lo incrementa. La Green Economy, contrapponendosi all’Economia di Mercato, cioè a quel modello economico teso a capitalizzare gli investimenti, già, nel breve periodo consente, quindi, di creare occupazione “verde”, di prevenire e ridurre l’inquinamento, di razionalizzare i consumi della PA e di contrastare il riscaldamento globale con tutte le conseguenze che questo produce sull’ambiente (ondate di calore, siccità, incendi boschivi, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello del mare, cicloni tropicali, precipitazioni intense, inondazioni, smottamenti dei terreni, diminuzione delle disponibilità idriche, minore resa delle colture, perdita della biodiversità etc.).
Definizione ed evoluzione normativa dei principali strumenti in materia di diritto ambientale degli appalti Per quanto innanzi, la Commissione Europea con apposita comunicazione – COM. 2003/302 – invitava gli Stati Membri ad adottare misure e azioni di sostegno per gli appalti pubblici sostenibili da raccogliere all’interno dei cd. “Piani d’Azione Nazionali” sul GPP. Ciò al fine di garantire la massima diffusione di un approccio, il GPP appunto, come “uno strumento cardine della Politica Integrata dei Prodotti”. Nel 2004 la Commissione UE al fine di accelerare l’implementazione del GPP quale “ approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore
impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”, ha pubblicato un manuale, il “Buying Green”, che ha illustrato tutti gli strumenti suggeriti dal legislatore europeo per aumentare il numero degli acquisti “verdi” (PC a basso consumo energetico, arredi prodotti con materie prime sostenibili, carta riciclata, veicoli elettrici, ibridi o a basse emissioni, lavori per la realizzazione/ riqualificazione energetica degli uffici etc.). La COM 2008/397 “Piano d’azione per il Consumo la Produzione Sostenibili e la Politica Industriale Sostenibile ” ha, poi, qualificato il GPP come il principale strumento della strategia europea su “Consumo e Produzione Sostenibile”. Il GPP, inizialmente considerato uno strumento di politica ambientale volontario, viene oggi definito come “ uno strumento di politica ambientale che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica, contribuendo, in modo determinante, al raggiungimento degli obiettivi delle principali strategie europee come quella sull’uso efficiente delle risorse o quella sull’Economia Circolare” che consente di perseguire i seguenti obiettivi:
• Riduzione degli impatti ambientali;
• Tutela e miglioramento della competitività delle imprese;
• Stimolo all’innovazione;
• Razionalizzazione della spesa pubblica;
• Diffusione di modello di consumo e di acquisto sostenibili;
• Efficienza e risparmio di risorse naturali, in particolare dell’energia;
• Riduzione quantitativa dei rifiuti prodotti;
• Riduzione dell’uso di sostanze pericolose;
• Integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche dell’ente;
• Miglioramento dell’immagine della pubblica amministrazione;
• Accrescimento delle competenze degli acquirenti pubblici.
Il termine “ impatto ambientale ” è definito, nel Regolamento EMAS, come “ qualunque modifica dell’ambiente, negativa o positiva, derivante in tutto o in parte dalle attività, dai prodotti o dai servizi di un’organizzazione”.
Per beni ad impatto ridotto si intendono tutti quei prodotti, che durante tutto il loro ciclo di vita (dalla fase dell’estrazione di materiali occorrenti per la loro realizzazione a quella loro progettazione, produzione, utilizzo e smaltimento/riciclo) contribuiscono a modificare negativamente l’ambiente, in almeno una delle sue componenti (acqua, aria e suolo), in modo ridotto. Per ottenere un prodotto ad impatto ridotto e, quindi,
green public procurement
ecologico e sostenibile, occorre migliorarne i processi e le tecnologie di produzione. Tali beni sono da scegliere per una serie di considerazioni. Sono sicuramente da preferire tutti quei beni che per funzionare hanno bisogno di minor energia e risorse (acqua, terre rare etc.) o di energia pulita. Altre tipologie su cui porre attenzione, al fine di salvaguardare l’ambiente, sono i beni costruiti con materiali riciclati e/o che non contengono sostanze nocive, quelli che hanno una maggiore durata e quelli più facilmente riciclabili. L’Italia è stato il primo Paese che ha imposto l’obbligo di applicazione del GPP per le stazioni appaltanti. Per tutte le considerazioni innanzi esposte, gli appalti pubblici verdi sono divenuti sempre più frequentemente parte delle molteplici politiche e strategie ambientali concordate in ambito UE. A seguito di delega conferita al Governo dall’art. 1, comma 1126, della L. 296/2006 (Finanziaria per il 2007), con Decreto Interministeriale del 11.04.2008, è stato adottato in Italia il Piano d’azione Nazionale sul GPP, in breve PAN GPP. Quest’ultimo provvedimento e le sue successive edizioni hanno comportato la graduale adozione, da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di tutta una serie di Decreti concernenti i CAM – Criteri Ambientali Minimi - per le categorie (merceologie) di beni, servizi e lavori che si sono ritenute a maggior impatto ambientale. I CAM, quali requisiti definiti per le varie fasi del processo di acquisto, se previsti nella lex specialis di gara, consentono di selezionare quegli operatori economici che meglio si distinguono per gli interessi ambientali e sociali che perseguono. Le PP.AA. devono, dunque, agire per realizzare un acquisto efficace dal punto di vista prettamente tecnico, efficiente dal punto di vista economico e sostenibile dal punto ambientale oltre che sociale. L’art. 68bis del D.lgs. n. 163/2006 e s.m.i. – disposizione introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 18, comma 1, della Legge n. 221/2015 - e l’art. 34 del D.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. hanno imposto il rispetto dei CAM. Il D.lgs. n. 163/2006 - codice degli appalti, ormai superato, adottato in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE - all’art. 68 bis recante “Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi” ha disposto, infatti, che:
• comma 1 - “ Nell’ambito delle categorie per le quali il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione… prevede l’adozione dei criteri ambientali minimi, …. è fatto obbligo, per le pubbliche amministrazioni, ivi incluse le centrali di committenza, di contribuire al conseguimento dei relativi obiettivi ambientali, coerenti con gli obiettivi di riduzione dei gas che alterano il clima
e relativi all’uso efficiente delle risorse…. , attraverso l’inserimento, nella documentazione di gara pertinente, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei sottoindicati decreti, relativi alle seguenti categorie di forniture e affidamenti……..”
Il D.lgs. n. 50/2016 - primo codice degli appalti, anch’esso superato, adottato in attuazione delle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UEall’art. 34 rubricato “Criteri di sostenibilità energetica e ambientale.” ha disposto che:
• comma 1 - “ Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”;
• comma 2 - “ I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 95, comma 6…”;
• comma 3 - “L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”.
L’obbligatorietà dei CAM è stata confermata dal D.lgs. n. 36/2023, codice degli appalti, oggi in vigore, adottato, anch’esso, in attuazione delle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Tale decreto, al comma 2 dell’art. 57 avente ad oggetto “Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità energetica e ambientale” prevede, infatti, che: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali….attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi, definiti per specifiche categorie di appalti e concessioni, differenziati, ove tecnicamente opportuno, anche in base al valore dell’appalto o della concessione...Tali criteri, in particolare quelli premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa…”
L’obbligatorietà dei CAM si inquadra nel contesto più ampio del diritto alla difesa dell’ambiente. Il diritto ad avere un ambiente salubre, prima dell’ultima riforma avutasi con legge costituzionale n. 1/2022, era garanti-
to, in modo implicito, dalla Costituzione. Il fondamento costituzionale di tale diritto si rinveniva soprattutto nell’art. 32 che, al comma 1, affida alla Repubblica la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. L’ambiente, secondo dottrine ormai consolidatesi, verrebbe indirettamente tutelato perché la sua salubrità garantirebbe l’integrità fisica e la vita dei cittadini. Tra i due diritti esisterebbe, quindi, un rapporto di complementarietà. Si può, dunque, asserire che in mancanza di una tutela ambientale non si può assicurare il diritto alla salute così come consacrato nella nostra carta costituzionale. Parte della dottrina1, oltre a reputare l’ambiente come un bene di interesse generale della collettività, ritiene che il relativo diritto sia da annoverare tra i diritti soggettivi della personalità da collocare, come il diritto alla salute, tra i diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo. Per garantire il diritto alla salute in tutte le condizioni in cui si svolge la vita di una persona, occorre tutelare l’ambiente come elemento determinativo della vita e come “ valore primario assoluto “ 2. La necessità di garantire a tutti i cittadini il diritto ad un ambiente salubre, a prescindere dal loro diritto alla salute, oltre al pullulare di numerose norme, anche in ambito UE ed extra UE, concernenti la difesa dell’ambiente, ha comportato la riforma della nostra carta costituzionale. Tale riforma, avutasi, come detto, con legge costituzionale n. 1/2022, è stata attuata per scolpire all’interno della carta un fondamento giuridico specifico anche per il diritto ambientale. A questo punto meritano di essere menzionate le nuove disposizioni costituzionali. La prima - il comma 3 dell’art. 9 aggiunto dall’art. 1 della suddetta legge costituzionale – recita che la Repubblica “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni...”. La seconda e la terza – i commi 2 e 3 dell’art. 41 modificati dall’art. 2 - dispongono, rispettivamente, che l’iniziativa economica “Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
Per il TAR Lazio 3 , la lex specialis di gara priva delle specifiche tecniche, delle clausole contrattuali e dei criteri premiali imposti dai Decreti CAM, in quanto illegittima, deve essere impugnata tempestivamente o, comunque, entro il termine massimo di 30 (trenta) giorni decorrenti dalla sua pubblicazione. Non è, quin-
di, possibile impugnare i provvedimenti di aggiudicazione che ne conseguono. Ciò perché la condotta del concorrente non vincitore che impugna un provvedimento di aggiudicazione e che percepisce, sin dalla data di pubblicazione del bando gara, la mancanza, all’interno del bando stesso, delle prescrizioni ambientali imposte dai CAM, oltre a non essere coerente, si pone in contrasto con il dovere di leale collaborazione e con i principi di economicità dell’azione amministrativa e di legittimo affidamento. Per i giudici amministrativi il concorrente non deve attendere la mancata aggiudicazione della gara in suo favore per impugnare quel bando che, seppur non contenendo clausole che avrebbero impedito la formulazione delle offerte (cd. cause escludenti), risultava essere illegittimo sin dalla data della sua pubblicazione. La giurisprudenza consolidatasi nel tempo ha precisato, inoltre, che l’obbligo di rispettare i CAM , seppur non previsto dalla stazione appaltante, per il meccanismo della eterointegrazione, entra automaticamente a far parte della documentazione di gara. La violazione dei CAM può, inoltre, essere segnalata all’ANAC che, secondo quanto previsto dall’art. 222 del D.lgs. n. 36/2023, può intervenire in qualità di Autorità competente a monitorarne l’applicazione.
I Criteri Ambientali Minimi e le procedure da seguire per assicurarne l’obbligatorietà
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, per ogni bene, servizio o lavoro che, anche sulla scorta delle indicazioni dettate dall’ UE, si ritiene impattante ha adottato un Decreto contenente CAM specifici da dover obbligatoriamente inserire nei bandi di gara. I CAM, seppur diversi per ogni merceologia, presentano una struttura di base comune costituita dalle seguenti partizioni: le modalità di selezione dei fornitori, la determinazione delle clausole contrattuali, le specifiche tecniche e i criteri premianti. Occorre precisare, inoltre, che non è sufficiente inserire i CAM nei documenti di gara. E’, infatti, necessario verificare che, in fase esecutiva, l’aggiudicatario dell’appalto metta in atto tutte quelle azioni e quegli accorgimenti per far sì che le sue prestazioni vengano espletate in conformità a quanto disposto dai CAM. Occorrerebbe prevedere, altresì, delle penali specifiche da applicare in caso di mancato rispetto dei CAM. Per completezza espositiva, vengono, di seguito, riportati i Decreti di approvazione e le denominazioni sintetiche di tutti i CAM attualmente in vigore con la descrizione delle prestazioni per le quali i CAM stessi sono stati adottati:
1 M. Comporti, Tutela dell’ambiente e tutela della salute, in Rivista Giuridica dell’Ambiente, 1, 1990, p. 196.
2 Corte Costituzionale nn. 210 e 640 del 1987 e n. 127 del 1990.
3 Tar Lazio -sez. II ter – nn. 4493, 4494 e 4495 del 06.03.2024.
green public procurement
Denominazioni dei CAM Prestazioni
Arredi per interni
Arredo Urbano
Ausili per incontinenza
Calzature da lavoro e accessori in pelle
Carta
Cartucce
Fornitura, noleggio ed estensione della vita utile degli arredi per interni.
Servizio di progettazione dei parchi giochi; Fornitura e posa in opera dei prodotti per l’arredo urbano e degli arredi esterni; Servizio di manutenzione -ordinaria e straordinaria - dei prodotti per l’arredo urbano e degli arredi esterni.
Fornitura di ausili per incontinenza.
Fornitura di calzature da lavoro -DPI e non –articoli e accessori in pelle.
Acquisto di carta per copia e carta grafica.
Fornitura di cartucce toner e di cartucce a getto d’inchiostro; Servizio integrato di raccolta delle cartucce esauste e di preparazione per il riutilizzo e fornitura di cartucce.
Edilizia Servizi di progettazione e di affidamento di lavori per interventi edilizi.
Eventi culturali Servizio di organizzazione e realizzazione eventi.
Fornitura e progettazione dell’illuminazione pubblica
Servizio di illuminazione pubblica
Lavaggio industriale e noleggio di tessili e materasseria
Pulizia e sanificazione
Rifiuti urbani e spazzamento stradale
Ristorazione collettiva
Ristoro e distributori automatici
Servizi energetici per gli uffici
Stampanti
Tessili
Sorgenti, apparecchi e servizio di progettazione impianti per l’illuminazione pubblica.
Servizio di illuminazione pubblica.
Servizio di lavaggio industriale e noleggio di tessili e materasseria.
Servizio di pulizia e sanificazione di edifici e ambienti ad uso civile e sanitario; Forniture di prodotti detergenti
Servizio di raccolta e trasporto rifiuti urbani; Servizio di pulizia e spazzamento stradale; Fornitura di veicoli per lo spazzamento stradale; Fornitura di contenitori e sacchetti per la raccolta dei rifiuti urbani.
Servizio di ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari.
Servizi di ristoro e di distribuzione di acqua di rete a fini potabili.
Servizi energetici per gli edifici; Servizio di illuminazione e forza motrice; Servizio di riscaldamento e raffrescamento.
Servizio di stampa gestita; Servizio di noleggio stampanti e apparecchiature multifunzione per ufficio; Acquisto/Leasing di stampanti e di apparecchiature multifunzione per ufficio;
Forniture, noleggio e servizio di restyling e finissaggio di prodotti tessili
Decreti Ministeriali di approvazione
DM n. 254 del 23.06.2022 in GURI n. 184 del 08.12.2022.
DM del 07.02.2023 in GURI n. 69 del 22.03.2023.
DM del 24.12.2015 in GURI n. 16 del 21.01.2016.
DM del 17.05.2018 in GURI n. 125 del 31.05.2018.
DM del 04.04.2013 in GURI n. 102 del 03.05.2013.
DM del 17.10.2019 in GURI n. 261 del 07.11.2019.
DM n. 256 del 23.06.2022 in GURI n. 183 del 08.08.2022.
DM n. 459 del 19.10.2022 in GURI n. 282 del 02.12.2022.
DM del 27.09.2017 in GURI n. 244 del 18.10.2017.
DM del 28.03.2018 in GURI n. 98 del 28.04.2018.
DM del 09.12.2020 in GURI n. 2 del 04.01.2021.
DM n. 51 del 29.01.2021 in GURI n. 42 del 19.02.2021.
DM n. 255 del 23.06.2022 in GURI n. 182 del 05.08.2022
DM n. 65 del 10.03.2020 in GURI n. 90 del 04.04.2020.
DM del 06.11.2023 in GURI n. 282 del 02.12.2023.
DM del 07.03.2012 in GURI n. 74 del 28.03.2012.
DM del 17.10.2019 in GURI n. 261 del 07.11.2019.
DM del 07.02.2023 in GURI n. 70 del 23.03.2023 Veicoli
Acquisto, leasing, locazione e noleggio di veicoli adibiti al trasporto su strada; Servizi di trasporto pubblico terrestre; Servizi speciali di trasporto passeggeri su strada.
DM del 17.06.2021 in GURI n. 157 del 02.07.2021.
Verde pubblico
Servizio di gestione del verde pubblico; Fornitura di prodotti per la cura del verde.
DM n. 63 del 10.03.2020 in GURI n. 90 del 04.04.2020.
I suddetti CAM, ricorrendo i presupposti per la loro applicazione, devono essere obbligatoriamente inseriti nella documentazione di gara. Se, ad esempio, si deve predisporre la documentazione relativa ad un appalto che ha per oggetto il servizio di gestione e manutenzione del verde pubblico, nella sua stesura si deve tener conto di quanto all’uopo previsto dal DM n. 63/2020 e cioè di:
• Criteri di selezione dei candidati da prevedere facoltativamente all’interno del disciplinare di gara. Se si prevedono tali criteri, occorre chiedere a tutti i partecipanti di possedere delle specifiche competenze tecnico - professionali (ad es: possesso della qualifica di manutentore verde da parte del titolare dell’impresa o di un suo preposto) e un ‘esperienza professionale maturata, negli ultimi tre anni decorrenti dalla data di pubblicazione del bando, in servizi analoghi espletati regolarmente a favore di enti pubblici o privati. Per servizi analoghi si intendono tutti quei servizi manutentivi con caratteristiche analoghe a quelli posti a gara in termini di dimensione delle aree verdi;
• Specifiche tecniche da prevedere obbligatoriamente all’interno del Capitolato. Ogni concorrente deve proporre in offerta un” piano di gestione e manutenzione basato sul censimento dell’area oggetto dell’appalto …. al fine di rendere le attività di manutenzione più efficaci e coerenti con le esigenze specifiche del territorio”;
• Clausole contrattuali da prevedere obbligatoriamente, all’interno di uno schema di prescrizioni esecutive. Ogni concorrente, quando partecipa ad una procedura di gara, sa così che, se mai diventerà aggiudicatario della stessa, verrà chiamato a sottoscrivere un contratto che prevede clausole per la salvaguardia dei trattamenti economici-normativi stabiliti dalla contrattazione collettiva di settore (cd. clausole sociali che di regola vengono stabilite anche per la salvaguardia occupazionale delle maestranze già impiegate nel servizio), per la salute
green public procurement
e la sicurezza dei lavoratori, per la buona conduzione delle attività appaltate (possesso di qualifiche e abilitazioni professionali da parte del personale, formazione e aggiornamento professionale del personale impiegato nell’appalto, coinvolgimento attivo dei portatori di interesse, etc.), per il reimpiego dei residui organici generati dagli interventi di manutenzione ordinaria, per il rispetto della flora e della fauna, per favorire l’aumento della biodiversità locale, per ridurre sprechi (ad es. monitoraggio degli impianti di irrigazione per ridurre gli sprechi d’acqua) e impatti ambientali;
• Criteri premianti da prevedere all’interno dei disciplinari e/o dei capitolati predisposti per tutte quelle procedure che si intendono aggiudicare secondo il miglior rapporto qualità prezzo ovvero con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa previsto all’art. 108, comma 2, del D.lgs. n. 36/2023. In questo caso, per far sì che l’appalto si possa definire “verde” e, quindi, conforme alle prescrizioni ambientali, occorre prevedere all’interno della documentazione di gara almeno uno dei seguenti criteri premianti: impegno ad eseguire attività educative rivolte alle scuole etc.; impegno ad impiegare, per una percentuale minima e a determinate condizioni, personale appartenente alle categorie di lavoratori svantaggiati; possesso di certificazioni ambientali (certificazione UNI EN ISO 14001 o registrazione EMAS secondo il regolamento comunitario n. 1221/2009); impegno a ridurre l’incidenza dei trasporti e, pertanto, i consumi e le emissioni ad essi correlati; impiego di autoveicoli a basse emissioni; utilizzo di attrezzature a basso impatto; cura delle piante con l’applicazione di metodi fisico-meccanici; impegno ad aggiornare il livello di censimento del verde, già, posseduto dalla stazione appaltante; impegno a valorizzare il materiale residuale generato dalle attività manutentive.
controllo degli infestanti
Carmen Docimo - Direttrice UOC gestione contratti di servizi e logistica
L’adesione al progetto Biorepem nella visione One Health e Planetary
Healt tra le strategie di controllo degli infestanti adottate dalla ASL Latina
Il 29 giugno 2022 è stata riconosciuta, dalla normativa italiana, la bontà dell’approccio “One Health” e la sua evoluzione “Planetary Health” con lo sviluppo dell’Istituto Sistema Nazionale Prevenzione Salute dai rischi ambientali e climatici, allo scopo di migliorare le politiche e le strategie messe in atto dal Servizio Sanitario Nazionale per la prevenzione, il controllo e la cura delle malattie associate ai rischi ambientali e climatici.
One Healt (Una salute), è una visione olistica dell’uomo inserito nel suo ambiente e indica la convergenza e le connessioni tra la salute di uomini, animali e natura, da cui deriva l’assunto principale introdotto da Lancet e che indica “il più elevato livello di salute, benessere ed equità raggiungibile in tutto il mondo, attraverso una equilibrata governance dei sistemi – politici umani, economici e sociali – determinanti per il futuro dell’umanità, e dei sistemi naturali terrestri che definiscono i confini ambientali entro i quali l’umanità può svilupparsi” .
informazioni per trovare adeguate strategie di prevenzione.
In questo quadro, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), per il tramite della UOC Gestione Contratti Di Servizi E Logistica, ha proposto alla ASL Latina di collaborare per il trasferimento della metodologia ecologica messa a punto nel progetto europeo Life Biorepem, rappresentando una serie di vantaggi che sarebbero derivati all’Azienda dall’adesione. Tra questi anche essere la prima Azienda Sanitaria d’Italia ad adottare un protocollo a impatto zero, su persone e ambiente, per le attività di derattizzazione, senza costi a carico del Ssn.
La metodologia Biorepem oltre a consentire
l’implementazione di una rete di trappole ecologiche che catturano sia zanzare che roditori senza usare sostanze biocide, permette di controllare da remoto e analizzare gli animali catturati
Sia l’esperienza maturata dall’umanità durante e dopo la pandemia da Sars COV 19, che i sempre più catastrofici cambiamenti climatici, hanno sviluppato nell’opinione pubblica una maggiore consapevolezza su come la salute umana sia connessa al buono stato dell’ambiente e di vita degli animali e sulla necessità che i 3 pilastri della vita (uomo, natura e animali) debbano essere gestiti e “curati” con un adeguato coordinamento tra istituzioni differenti per raggiungere dei buoni risultati. La soluzione consiste nel far dialogare e cooperare esperti di vari settori affinché possano scambiare le giuste
Il servizio di derattizzazione viene gestito – presso la Asl Latina – in out-sourcing, da un Operatore Economico specializzato nel settore, individuato a seguito di espletamento sul MEPA (Mercato Elettronico della PA) di una procedura negoziata mediante invito a cinque ditte ed è un servizio delicatissimo, atteso che la convivenza tra le attività dell’uomo come le attività sanitarie espletate in un ospedale e le attività degli animali sinantropi quali zanzare, ratti, volatili e insetti striscianti è il risultato di una serie combinata di interventi strategici adottati al fine di evitare l’infestazione e pertanto il danno che ne deriva per la salute dell’uomo.
Tradizionalmente la lotta agli infestanti vede l’utilizzo di sostanze biocide, altamente pericolose per la salute umana e l’ambiente e in assenza - finora - di alternative valide si è determinata la necessità per l’Italia di una deroga ai diversi regolamenti nazionali e comunitari
(Reg. UE 528/12; Reg. CE 1907/06 Reach; Reg. UE 16/1179) che ne stabiliscono la riduzione o totale eliminazione.
Il Progetto “Biocide Reduction in municipal pest management” - Biorepem - Life19 Env/It/000358, è un progetto finanziato grazie al programma europeo “LIFE+” con l’obiettivo di ridurre (fino alla sua completa eliminazione) la quantità di sostanze biocide utilizzate per il controllo di roditori e zanzare in quanto tali sostanze sono pericolose per la salute umana e l’ambiente, offrendo una risposta valida a un problema molto sentito e sempre più pressante, rappresentato dall’evidenza che, negli ultimi anni, il numero di ratti e zanzare è costantemente aumentato nelle nostre città a causa di una serie di fattori concomitanti, non ultimo il cambiamento climatico, con il conseguente incremento delle sostanze nocive utilizzate e poi disperse nell’ambiente.
I pesticidi piretroidi e gli organofosforati utilizzati contro le zanzare e gli anticoagulanti AVK quali Bromadiolone, Difenacoum, Brodifacoum usati per combattere i roditori hanno effetti negativi, diretti e indiretti, ben noti: possono avvelenare animali selvatici e domestici, contaminare suoli, fiumi, laghi, mare, intossicare gli esseri umani.
La strategia proposta dalla metodologia Biorepem oltre a consentire l’implementazione di una rete di trappole ecologiche che catturano sia zanzare che roditori senza usare sostanze biocide, permette di controllare da remoto e analizzare gli animali catturati (es. specie, n. individui, sesso) mediante lo sviluppo e test di un’applicazione web tramite la quale vengono gestite le trappole e aggiornate le più moderne procedure di controllo da parte della P.A..
In questo quadro l’adesione al progetto da parte della Asl Latina permette di mettere a punto un protocollo per la raccolta di dati utili ai fini della gestione degli infestanti (ad es. casi di avvelenamento di specie non bersaglio domestiche o selvatiche, presenza di conta -
controllo degli infestanti
minanti, dati ambientali), sviluppando criteri di Green Public Procurement e nuove procedure di gara per i servizi di disinfestazione e derattizzazione, promuovendo la riduzione progressiva nell’uso dei biocidi per la lotta alle specie infestanti presso i principali stakeholder (società di servizi, altre pubbliche amministrazioni, rivenditori di pesticidi e rodenticidi) e sensibilizzando il grande pubblico a un uso corretto dei biocidi, informandoli anche sui rischi e sulle soluzioni alternative attualmente disponibili.
Riconosciuta la validità della proposta, soprattutto nell’ottica della sostenibilità ambientale del progetto e della possibilità di monitorare scientificamente gli esiti dei controlli sulle procedure di derattizzazione e disinfestazione, la UOC Gestione Contratti di Servizi e Logistica ha espresso un capitolato tecnico redatto secondo le linee guida del progetto e quindi con l’adozione di trappole ad ultrasuoni in luogo di quelle biocide tradizionali, in maniera da anticipare l’adeguamento del servizio alle moderne istanze di sostenibilità ambientale e riduzione dell’impatto nocivo dei prodotti tradizionalmente utilizzati.
Successivamente la Asl Latina ha aderito al progetto europeo, diventando così la prima ASL di Italia a conformare il servizio di derattizzazione alle Linee Guida del progetto Biorepem in quanto è stato riconosciuto che la metodologia proposta risulta in linea con la mission della ASL di La tina in un contesto più ampio di promozione della salute e di utilizzo delle potenzialità strutturali e professionali per rivestire un ruolo attivo e pro-attivo nella progettazione e realizzazione di iniziative mirate e concrete, s ec ondo l ’ approcc i o “On e Health” e “Planetary Healh”, per contribuire a fornire risposte adeguate ai bisogni di salute delle persone, in relazione all’ambizioso compito che la ASL si prefigge, di sostenere una progettualità di prevenzione e promozione della salute su stili di vita sani in ambienti naturali dall’età evolutiva all’età adulta.
Maria Cristina Lenoci - Avvocato Amministrativista specializzata in appalti e contratti pubblici
Concessioni balneari: criticità e minacce al settore che rappresenta una delle voci più importanti del PIL Italiano
L’Italia è un Paese unico: ricco di bellezze naturali e di patrimonio culturale. Ricchezze, queste, da sempre attrattrici di multiformi interessi, non tutti sacrificabili in nome del pur importante interesse alla salvaguardia della concorrenza. In questo contesto spicca, proprio per la mole e l’estrema eterogeneità degli interessi che è in grado di muovere attorno a sé, il tema delle concessioni balneari. Tema oggi particolarmente dibattuto, essendo oggetto di approcci assai divergenti a livello di ordinamento interno e di ordinamento comunitario. Resta comunque nell’oggettività dei fatti che la questione delle concessioni balneari è talmente poliedrica da non poter essere circoscritta ad un problema di superamento di chiusure corporative: farlo significherebbe avere una visione miope della questione e perciò affatto risolutrice. Ad innescare questo continuo e sempre più acceso dibattito è stata la direttiva 2006/123/CE, più comunemente nota come direttiva Bolkestein, o meglio le divergenti interpretazioni della suddetta direttiva susseguitesi in ambito comunitario ed interno. La direttiva Bolkestein, infatti, non fa esplicito riferimento alle concessioni demaniali marittime, inerendo più genericamente al settore delle concessioni di servizi, in relazione alle quali ha, tra l’altro, previsto che «debba farsi ricorso alle procedure ad evidenza pubblica» «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato
L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di acque di balneazione, circa un quarto del totale di quelle europee (22.131): 5.539 totali, di cui 4.871 marine e 668 interne.
Seguono la Francia con 3.351, la Germania con 2.289 (acque interne), la Spagna con 2.228 e la Grecia con 1.598
per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili» (vedasi considerando n. 62, fatto proprio dal successivo art. 12, della direttiva 2006/123/CE). Il che sembra imporre quantomeno l’interrogativo sulla riconducibilità delle concessioni demaniali marittime (ivi comprese quelle balneari) all’alveo delle concessioni di beni oppure a quello delle concessioni di servizi. La posizione assunta al riguardo dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con le famose sentenze gemelle nn. 17/2021 e 18/2021 è nota. Assumendo che le concessioni demaniali marittime debbano essere affrontate in un’ottica più “funzionale e pragmatica” e così prendendo le distanze da quella che storicamente è stata la definizione delle concessioni demaniali marittime come concessioni di beni, con le suddette pronunce nn. 17/2021 e 18/2021 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha qualificato “autorizzazione di servizi contingentata ” “ qualsivoglia provvedimento che riserva in via esclusiva un’area demaniale (marittima, lacuale o fluviale) ad un operatore economico, consentendo a quest’ultimo di utilizzarlo come asset aziendale e di svolgere, grazie ad esso, un’attività d’impresa erogando servizi turistico-ricreativi”. Ed è stato proprio attraverso tale intervento semantico espansivo che l’Adunanza Plenaria ha piegato le concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreative al principio della massima concorrenza (capo 24 sia della sentenza n. 17/2021
che della sentenza n. 18/2021). Quella operata dalle suindicate pronunce costituisce indubbiamente un “punto di rottura” con quella lunga e ragionata diversa giurisprudenza, che configurava le concessioni demaniali marittime come concessione di beni su cui viene poi insediato e gestito un servizio privato. Del resto, nel caso delle concessioni balneari non avviene un trasferimento di servizio dalla mano pubblica a quella di un imprenditore privato: è, invero, quest’ultimo, grazie al suo saper fare, a creare l’impresa, sicuramente sollecitato dalla concorrenza con l’omologo vicino. Ma al di là del problema - non certamente di lana caprina- della reale natura giuridica delle concessioni demaniali marittime, altro aspetto da tenere in considerazione, ai fini della esatta individuazione della disciplina da applicare alle concessioni demaniali marittime, è quello della qualificabilità o meno delle coste italiane come risorse naturali scarse: condizione, questa, indefettibile per l’applicazione dei principi della direttiva Bolkestein. Nell’intento di avvicinare la disciplina interna delle concessioni demaniali marittime ai principi comunitari, il Legislatore italiano, con la “legge sulla concorrenza” n. 118/2022 e, più precisamente, con gli artt. 3 e 4 della suddetta legge, ha:
- abrogato l’art. 1, commi 682 e 683, della L. n. 145 del 2018, per effetto del quale le concessioni demaniali marittime in essere alla data di entrata in vigore di tale legge erano state automaticamente prorogate sino al 31 dicembre 2033 (art. 3);
- ridotto la durata delle proroghe concesse in forza della ridetta L. n. 145 del 2018 sino al 31 dicembre 2024, salvo il caso di ragioni oggettivamente ostative alla conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2024, consentendo in tali ipotesi la possibilità di differire il termine di scadenza delle concessioni in essere per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2025 (art. 3);
- delegato il Governo ad adottare su proposta dei Ministeri competenti uno o più decreti legislativi volti a riordinare e semplificare la disciplina in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, ivi incluse quelle affidate ad associazioni e società senza fini di lucro, con esclusione delle concessioni relative ad aree, strutture e infrastrutture dedicate alla cantieristica navale, all’acquacoltura e alla mitilicoltura emergono molteplici profili di interesse (art. 4). Uno dei punti di maggiore interesse individuato dall’art. 4 della L. n. 118/2022 è proprio quello afferente alla individuazione delle aree suscettibili di affidamento in concessione, assicurando l’adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate, nonché la costan-
te presenza di varchi per il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione, con la previsione, in caso di ostacoli da parte del titolare della concessione al libero e gratuito accesso e transito alla battigia, delle conseguenze delle relative violazioni. Trattasi, in buona sostanza, della c.d. “attività di mappatura”, indispensabile per comprendere come stanno davvero le cose. Tuttavia, nel mentre si stava ancora solo pensando a come svolgere l’anzidetta attività di mappatura, già iniziavano a circolare voci sulla presunta difficoltà di sfruttamento turistico delle aree che sarebbero risultate libere. Il che denota le estreme varietà e conflittualità degli interessi che orbitano attorno alle concessioni demaniali marittime; varietà e conflittualità che finiscono inevitabilmente con il far assumere all’interesse alla concorrenza sfumature diverse da quelle sue tipiche. Basti pensare che in base ai dati estrapolati dai rapporti dell’ISS, confermati nel 2019 dall’Eurpean Bathing Water Quality, per i quali dei circa 5200 chilometri su circa 8000 chilometri totali delle coste italiane oltre il 90% è risultato balneabile, con un livello dell’acqua quasi sempre eccellente. Altrimenti detto, l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di acque di balneazione, circa un quarto del totale di quelle europee (22.131): 5.539 totali, di cui 4.871 marine e 668 interne. Seguono la Francia con 3.351, la Germania con 2.289 (acque interne), la Spagna con 2.228 e la Grecia con 1.598.Successivamente con D.L. n. 198 del 2022, convertito nella L. n. 14 del 2023, la scadenza fissata per il 31 dicembre 2023 delle concessioni demaniali, che erano state automaticamente prorogate per effetto della L. n. 145 del 2018, è stata differita al 31 dicembre 2024 (art. 10 quater del D.L. n. 198 del 2022, convertito nella L. n. 14 del 2023), ferma comunque restando la possibilità, sia pure per le sole eccezionali ragioni previste dall’art. 3 della L. n. 118 del 2022, di ulteriore slittamento al 31 dicembre 2025. Che il tema delle concessioni balneari stia rischiando di perdere la sua dimensione giuridica e che il continuo sovrapporsi di disposizioni orientamenti e vedute sempre più in contrasto tra loro rischi di incidere negativamente su una delle voci più importanti del PIL Italiano è dimostrato dalla recente situazione venutasi a creare, la quale sfiora a tratti il paradossale. A soli 5 giorni di distanza dalla entrata in vigore della L. n. 14 del 2023 di conversione del D.L. n. 198 del 2022, che, come detto, ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2024 delle concessioni demaniali marittime in essere, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2192 dell’1 marzo 2023, ha affermato che “sulla base di quanto affermato dall’Adunanza Plenaria, con le ricordate sentenze nn. 17 e
normazione
18 del 2021, non solo i commi 682 e 683 dell’art. 1 della L. n. 145/2018, ma anche la nuova norma contenuta nell’art. 10-quater, comma 3, del D.L. 29/12/2022, n. 198, conv. in L. 24/2/2023, n. 14, che prevede la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime in essere, si pone in frontale contrasto con la sopra richiamata disciplina di cui all’art. 12 della direttiva n. 2006/123/CE, e va, conseguentemente, disapplicata da qualunque organo dello Stato” (Cons. Stato, VI, 1 marzo 2023, n. 2192).
Il successivo 20 aprile 2023 è stata pubblicata la sentenza della Corte di Giustizia UE C-348/22, la quale, diversamente dalla posizione di netta rottura assunta dal Consiglio di Stato, non ha toccato né la normativa sulla concorrenza né ha considerato la successiva normativa di proroga. Con tale pronuncia il Giudice comunitario ha, invero, ribadito l’importanza dell’accertamento della scarsità o meno della risorsa costiera, riconoscendo la discrezionalità degli Stati membri quanto alla scelta dei criteri con cui procedere a tale verifica. Trattasi di posizione estremamente cauta e prudente, di tutta evidenza volta ad evitare di ulteriormente infervorare una questione già altamente esplosiva. Di contro il Consiglio di Stato ha continuato ad “ osteggiare ” la vigente nuova disciplina, seguitando nel solco tracciato dalle decisioni dell’Adunanza Plenaria nn. 17/2021 e
18/2021 e, quindi, nell’affermare che “gli atti di proroga eventualmente adottati da una amministrazione (come è avvenuto nel caso di specie) in violazione del diritto eurounitario, segnatamente in contrasto con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, non producono alcun effetto giuridico. Essi, infatti, debbono ritenersi tamquam non esset (senza neppure necessità o obbligo di impugnazione)”, ribadendo “i principi enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze del 9 novembre 2021, n. 17 e n. 18, secondo le quali: i) le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative - compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, D.L. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 - sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE; tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione; ii) ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari; non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto
di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata; la non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato ” (Cons. Stato, VI, 28 agosto 2023,n. 7992). Posizione indubbiamente forte quella assunta dal Consiglio di Stato, che tralascia completamente le ragioni di opportunità sottese alla proroga di cui si è detto innanzi e che, invece, sembrano essere state ben percepite dal Giudice comunitario. Alla recente sentenza della Corte di Giustizia UE si ispira, invece, la sentenza del TAR Puglia, Lecce, n. 1223 del 2 novembre 2023, prendendo le distanze dall’orientamento del Consiglio di Stato.
Più precisamente, il TAR Lecce, dando atto che: - “la Corte di Giustizia innovativamente e per la prima volta” aveva “individuato la valutazione della scarsità delle risorse naturali disponibili come preliminare accertamento, al cui esito risulta subordinata espressamente l’applicabilità stessa dell’articolo 12 paragrafi 1 e 2 della Direttiva”; altrettanto “ innovativamente e per la prima volta la Corte di Giustizia ” aveva “ individuato il soggetto tenuto ad effettuare tale preliminare valutazione nello Statoamministrazione e anzitutto negli organi di governo degli stati membri, restando pertanto esclusa la legittimità di una valutazione o declaratoria tout court della scarsità della risorsa ad opera del Giudice nazionale in via generale ed astratta (in assenza di criteri trasparenti ed uniformi e di attività istruttoria)”;
- “le statuizioni risultanti dalle sentenze interpretative della Corte di Giustizia, secondo quanto previsto dalle norme del trattato e come ribadito dalla Corte Costituzionale già con le sentenze nn. 113/85 e 39/89, hanno sostanzialmente la medesima natura delle norme unionali oggetto di interpretazione (A.P. 11/2016), sono quindi qualificabili come sopravvenienze normative (A.P. 17 e 18 del 2021) e, avendo natura dichiarativa e non costitutiva, hanno efficacia retroattiva”;
- “pertanto la Direttiva Bolkestein non può essere letta se non alla luce delle statuizioni interpretative autentiche contenute nelle sentenze della Corte di Giustizia e, in particolare, della recente sentenza del 20 aprile 2023”, ha concluso che “alla luce delle innovative statuizioni di cui alla citata sentenza C.G.U.E. del 20 aprile 2023 deve pertanto ritenersi che: A) risulta precluso al Giudice nazionale di statuire in via generale ed astratta sulla scarsità della risorsa, in assenza della previa definizione di criteri obiettivi ed uniformi da parte del Governo; B) l’applicabilità del disposto di cui all’art. 12 paragrafi 1 e 2 della Direttiva
Bolkestein è subordinata alla previa verifica e valutazione da parte dello Stato membro della scarsità della risorsa naturale, procedimento che si caratterizza per l’ampia discrezionalità e che costituisce adempimento doveroso e necessario, in quanto primo presupposto o pre-condizione”. Sulla pronuncia salentina pende appello, ma qualunque sarà l’esito di questo giudizio è indubbio che il tema da essa sollevato merita attento approfondimento: le risultanze dell’attività di mappatura, peraltro già intervenute ed in base alle quali solo il 33% delle coste italiane sarebbe oggetto di concessioni in essere, condurranno inevitabilmente ad ulteriori interventi in materia. Materia, dunque, che oggi più che mai è in continuo divenire. E ciò anche e soprattutto se si considera che la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 18/2021 è stata cassata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 32559 del 23 novembre 2023, per aver comportato “un diniego o rifiuto della tutela giurisdizionale sulla base di valutazioni che, negando in astratto la legittimazione degli enti ricorrenti a intervenire nel processo, conducono a negare anche la giustiziabilità degli interessi collettivi (legittimi) da essi rappresentati, relegandoli in sostanza al rango di interessi di fatto. La sentenza impugnata, di conseguenza, è affetta dal vizio di eccesso di potere denunciato sotto il profilo dell’arretramento della giurisdizione rispetto ad una materia devoluta alla cognizione giurisdizionale del giudice amministrativo” Ragion per cui il Consiglio di Stato dovrà tornare ad esprimersi sulla questione. Nonostante la su disposta espunzione della sentenza n. 18/2021, una parte della giurisprudenza che veda capofila il TAR Lazio, con la sentenza n. 19051 del 15 dicembre 2023, continua però a ritenere ancora validi i principi espressi dall’Adunanza Plenaria, in ragione del fatto che Cassazione non avrebbe affrontato il tema della proroga ex lege delle concessioni demaniali marittime. In tal senso, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana ha pure tenuto ad evidenziare che la pronuncia della Cassazione ha riguardato solo sentenza della Plenaria n. 18/2021 e non anche la n. 17/2021, con ogni conseguenza sulla persistente efficacia di quest’ultima (CGARS 14 febbraio 2024, n. 110).
Quello a cui stiamo assistendo è un vero e proprio bailamme, che vede la giurisprudenza soggetta a continui capovolgimenti e/o comunque a continue prese di posizioni nettamente contrapposte. Risalgono a poche settimane fa alcune pronunce cautelari del TAR Bari, le quali, nel ricomporre la complessa normativa susseguitasi in subiecta materia negli ultimi anni, pur riconoscendo che le concessioni scadute debbano essere poste a gara, ha comunque rimarcato la doverosità del contemperamento di tutti i contrapposti interessi in gioco, rilevando così che l’interesse
normazione
economico delle concessionarie uscenti non può essere automaticamente soppresso e soprattutto la necessità di consentire al pubblico utente la migliore possibile fruizione (TAR Puglia, Bari, III, 17 maggio 2024, ordinanze nn. 203 e. 204).
Di segno completamente diverso è, invece, la posizione di recentissimo assunta dal TAR Firenze, secondo cui in ossequio alla disciplina comunitaria il giudice nazionale e le amministrazioni sarebbero tenuti a disapplicare nella loro interezza le disposizioni comportanti la proroga delle concessioni demaniali scadute (TAR Toscana, Firenze, IV, 10 giugno 2024, n. 701). A dire del TAR Toscano “tale disapplicazione” si imporrebbe “prima e a prescindere dall’esame della questione della scarsità delle risorse (…), in quanto, anche qualora si dimostrasse che in alcuni casi specifici non vi sia scarsità di risorse naturali, le suddette disposizioni, essendo di natura generale e assoluta, paralizzano senza giustificazione alcuna l’applicazione della Dir. 2003/126/CE e precludono in assoluto lo svolgimento delle gare” (TAR Toscana, Firenze, IV, 10 giugno 2024, n. 701 cit).
Ad ogni modo lo stesso Tribunale ha riconosciuto compatibile con i principi dell’Unione la c.d. proroga “tecnica-funzionale” allo svolgimento della gara (TAR Toscana, Firenze, IV, 10 giugno 2024, n. 701 cit).
Dal canto suo, il Consiglio di Stato continua ad essere irremovibile rispetto alla posizione presa con le decisioni dell’Adunanza Plenaria nn. 17/2021 e 18/2021: a suo avviso, le concessioni demaniali scadute vanno messe a gara senza alcuna possibilità di proroga (Cons. Stato, VII, 20 maggio 2024, n. 4479).
Tale e tanta è la fermezza del suesposto convincimento giurisprudenziale che lo stesso Consiglio di Stato, pure da ultimo, oltre a “rivendicare” il potere di controllo giurisdizionale sulla valutazione della natura delle concessioni balneari in termini di risorsa scarsa o meno (più esattamente, secondo il Consiglio di Stato “in assenza di risultati, ancorché parziali e provvisori, che dimostrino in modo serio e attendibile, tanto a livello nazionale che a livello locale, che le concessioni non siano una risorsa scarsa, secondo i criteri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati, indicati dalla Corte, e in forza di una valutazione che deve essere anzitutto necessariamente qualitativa della risorsa …, allo stato , non può che affermarsi la sicura scarsità della risorsa” : Cons. Stato, VII, 20 maggio 2024, n. 4481), ha stabilito i principi che le Amministrazioni dovrebbero seguire ai fini dell’indizione e dello svolgimento delle procedure di gara per l’affidamento delle concessioni balneari scadute (questi i principi tracciati dal Consiglio di Stato: “ adeguata considerazione degli investimenti, del valore aziendale dell’impresa e dei beni materiali e immateriali, della
professionalità acquisita anche da parte di imprese titolari di strutture turistico-ricettive che gestiscono concessioni demaniali; individuazione di requisiti di ammissione che favoriscano la massima partecipazione di imprese, anche di piccole dimensioni; considerazione della posizione dei soggetti che, nei cinque anni antecedenti l’avvio della procedura selettiva, hanno utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, nei limiti definiti anche tenendo conto della titolarità, alla data di avvio della procedura selettiva, in via diretta o indiretta, di altra concessione o di altre attività d’impresa o di tipo professionale del settore; definizione di criteri per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante; imparzialità, non discriminazione, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità”: Cons. Stato, VII, 20 maggio 2024, n. 4481).
E nell’ambito del bailamme appena innanzi descritto si rischia di smarrire la visione onnicomprensiva della posta in gioco, ossia l’intero sistema economico nazionale. Di certo non si discute del fatto che per i rinnovi delle concessioni occorra la gara pubblica. Ma questa da sola non basta. E’ necessario porre seriamente attenzione non soltanto alla lizza tra i possibili aspiranti alla concessione, ma prima e più ancora alla rilevanza che ha l’attuale, eccellente realtà balneare italiana per il turismo nazionale e delle zone costiere. Insomma, la tutela della concorrenza è fuori discussione, ma non possono essere estromessi dalla medesima discussione gli interessi di tutta un’economia che si basa sulla attrattività e sulla qualità dell’offerta balneare, sugli investimenti di lungo periodo, sulla conoscenza approfondita della realtà territoriale con cui gli stabilimenti e i loro clienti si interfacciano continuativamente.
Non è, del resto, un caso che, come riportato anche da recenti articoli di stampa, tra i temi più dibattuti in sede di emendamento al decreto coesione per regolamentare gli indennizzi economici ai titolari di stabilimenti balneari vi siano quello afferente ai criteri di svolgimento delle gare per l’affidamento delle concessioni scadute e quello della quantificazione dell'indennizzo di subentro da riconoscere ai concessionari uscenti. Quest’ultimo è il tema più fortemente dibattuto: è di pochi giorni fa la notizia di alcune riserve del Quirinale su alcuni emendamenti per cui sarebbe stato chiesto il ritiro.
La tutela della concorrenza per essere effettiva ed efficace non può trascendere la realtà: quindi, in materia di concessioni balneari, oltre a dover essere presi in debita considerazione tutti i suindicati interessi ingiustamente pretermessi, vanno altresì tenuti in doveroso conto gli interessi delle piccole e medie imprese.
Vito Giacalone - Specialista in Benessere Organizzativo e Trainer Comportamentale
Pianifichiamo la nostra giornata per vivere nel benessere e nella produttività
Èsorprendente costatare come, nonostante viviamo in un mondo di possibilità, prendere la più semplice decisione sia diventato difficile. Forse, rispetto al passato, abbiamo tante di quelle opportunità da diventare quasi causa d’immobilità. Non è poi escluso che si arrivi a desistere dal voler cambiare, pur di allontanare la tensione oppure la stanchezza di pensare ai pro e ai contro presenti in ogni atto decisionale. E’ allora che aspettiamo che il mondo (esterno) decida per noi, affidandoci agli eventi. Con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni questo atteggiamento verso la vita diventa un’abitudine, tanto che si arriva a convincersi di non poter decidere nulla Diventiamo impotenti di fronte agli eventi, destinati ad essere immobili. In questo stato della mente reagiamo alla vita, con un meccanismo che si avvicina al rispondere per difendersi, di attacco-fuga 1. Pertanto, ripristinare un senso di fiducia che nasce dalla nostra capacità di essere presenti in ciò che desideriamo realizzare -consapevoli che in ogni scelta c’è una quota di rischio- può sembrare un’impresa titanica. In realtà, il senso di disorientamento che si prova in questi casi è frutto del non saper decidere, nel voler vedere il problema solo nella sua complessità, nell’insieme. Dovremmo cominciare ad avere un approccio proattivo alla vita, prevenendo gli scenari che potrebbero presentarsi, rendendo naturale “lo sbagliare”, a tal punto da imparare ad apprendere dai propri errori. Questa forma
L’unico modo per non perdersi è porsi al centro di un processo di cambiamento che parte da noi, nella consapevolezza che non sarà compreso dalla maggior parte degli altri, perché la certezza dell’essere capiti non sarà più una necessità
di annichilimento del ventunesimo secolo, autoindotto da un eccesso d’informazione, è così diffusa da diventare uno standard di vita; più lo vediamo negli altri e più ci convinciamo che è così che deve andare. E poi casualmente incontri le persone che riescono ad ottenere i risultati perché hanno creato le condizioni affinché si manifestasse ciò che avevano deciso di realizzare. Se si pensa di essere vittima di questo artefatto cognitivo -utile soltanto a giustificare la mancanza di motivazione e la voglia di uscire dai confini che fino ad ora ci siamo costruitil’approccio da utilizzare è quello di fare una scelta per volta, senza pensare alle molteplici altre possibilità, valutandone i pro , piuttosto che desistere pensando ai contro. È come se si avesse davanti a sé il monte Cervino, che nella sua maestosità affascina e spaventa. Immaginare di raggiungere la vetta, pianificando i passi uno per volta, stabilendo i punti base in cui riposarsi per poi ripartire, servirà ad aumentare in modo significativo la possibilità di raggiungere il risultato desiderato. C’è un ingrediente chiave, senza il quale nulla avrebbe senso: la ricerca della contentezza in ogni passo che abbiamo stabilito di fare; questo valore è insito nell’ esperire, apre la mente verso la scoperta, la sorpresa e il senso di soddisfazione quotidiana. Decidere quali percorsi iniziare ci fa essere quello per cui siamo nati: esploratori e creatori di nuove realtà. Il genere umano corre il rischio di perdere queste com -
ponenti chiave – ciò su cui in futuro si distinguerà l’essere umano dalle forme d’intelligenza artificiale2- e le competenze a esso associate, come quelle dell’intelligenza emotiva3 e dell’empatia4: se non le esercitiamo, diverranno obsolete, alla presenza delle macchine che opereranno con una precisione nanometrica. La riattualizzazione del fattore umano è centrale, nella riscoperta delle caratteristiche specifiche della nostra specie, in cui, il pensare e il sentire, sono uniti al fare. Essere esecutori delle scelte di altri porta annichilimento e senso di frustrazione, mista a una percezione di fallimento. Insomma non porta nulla di buono, a meno che ogni giorno risvegliamo la nostra centralità rispetto a ciò che siamo, sentiamo e facciamo. Questo contributo, nella sua immediatezza, vuole essere un modo per dire a sé stessi, ad alta voce: mi pongo al centro della mia vita per stare bene e per permettere agli altri di beneficiare del mio benessere. Ci saranno momenti per gli altri e degli altri, e spazi in cui riattualizzeremo il significato profondo di noi, come singole persone. Ripercorreremo i momenti fondamentali delle ventiquattro ore di una giornata, per tentare di ripristinare il funzionamento base in cui noi possiamo decidere come vivere. Ricercare il giusto equilibrio tra ciò che il mondo ci chiede di fare e il bisogno personale, è una priorità cui non possiamo sottrarci. Motivi per lamentarci, se vogliamo, li possiamo trovare in ogni dove, se, invece, guardiamo la realtà, consapevoli che nulla è facile prima di diventare semplice (cit. di Tomas Fuller), possiamo dirigerla verso lidi in cui goderci lo spettacolo della vita e il senso di soddisfazione sperimentato quando siamo fieri del risultato raggiunto (autoefficacia percepita)5. Tra gli aspetti affascinanti della mia professione c’è quello di nutrirmi delle sensibilità delle persone con le quali opero nelle aziende, e questo mi rende un privilegiato, in quanto scopro ogni giorno che le mie certezze non hanno ragione di esistere, perché l’unica vera certezza è quella di imparare a navigare nell’incertezza. E se fino a pochi anni fa, la mancanza di sicurezze mi spaventava, oggi mi dà una libertà di pensiero i cui confini sono soltanto determinati dai limiti valoriali e culturali che mi pongo, perché in effetti, la prigione in cui decidiamo di vivere ce la costruiamo da soli, con tutte le false credenze e i condizionamenti cui siamo volontariamente, o meno, programmati. Creiamo una serie di regole, congetture, e poi mattone su mattone andiamo a costruire un mondo di significati, inventandoci una vita che ha due
direzioni: quella in cui vincono le nostre paure, e quella in cui vinciamo le nostre paure. C’è una fase del nostro percorso di crescita in cui sono gli altri a dirci cosa fare, l’età della maturità, impone poi la scoperta di ciò che sentiamo di dover fare per creare la nostra realtà. Questa è la vera grande scoperta dell’uomo del terzo millennio: essere costruttore di realtà6 per inventarci il futuro che desideriamo. Pertanto dobbiamo sviluppare la capacità di vedere dove vogliamo andare. Personalità come Steve Jobs e Elon Musk, ad esempio, ci hanno fatto capire che se una cosa la vuoi, e ci credi fermamente, con impegno instancabile e appassionato puoi raggiungere ciò che hai dapprima immaginato. E’ richiesto un grande lavoro e dispendio di energia e forse questo tipo di abnegazione, che è una caratteristica tipica dei costruttori di realtà, determina poco spazio per altro che non sia il lavoro. L’essere persone che si inventano la vita, perché di ciò si tratta, non significa scoprire necessariamente il nuovo ma è il reinventare, con una nuova chiave di lettura, ciò che è stato già pensato. È la regola del riattualizzare ciò che è già noto con gli occhi del presente, e saranno i dettagli e gli infiniti modi di leggere il medesimo evento che faranno la differenza. L’atteggiamento del ricercatore, che procede per tentativi imparando dai propri errori è ciò che va risvegliato in noi. Se possiamo navigare nell’incertezza e creare la realtà che più si avvicina al nostro sentire, attraverso la ricerca della contentezza in ciò che si fa, abbiamo bisogno di riscoprire i valori che più di altri possano ispirare, sì da non infrangersi sugli “scogli” che man mano si presenteranno al nostro navigare. I valori tracciano la rotta, ma sono anch’essi nostre personali certezze, perché in essi racchiudiamo un mondo di significati, che in altre culture o contesti non avrebbero ragione di esistere. E allora l’unico modo per non perdersi è porsi al centro di un processo di cambiamento che parte da noi, nella consapevolezza che non sarà compreso dalla maggior parte degli altri, perché la certezza dell’essere capiti non sarà più una necessità. Dare per scontato che perseguiamo nelle nostre scelte il nostro bene, è un altro artefatto cognitivo, perché anche il malessere è abitudine. Allora proviamo a dare risposta alla seguente domanda : <<quanto sono disposto a rinunciare alle cose che mi fanno stare male?>>7 Constaterete così che ci sono tante risposte e direzioni che possono esplodere, portandoci in dimensioni che nemmeno la mente più fervida poteva prevedere. A Noi la scelta! Percorriamo una strada alla volta e, una volta
2 Kaku, M., Il futuro dell’umanità. Dalla vita su Marte all’immortalità, così la scienza cambia il nostro destino. Rizzoli, 2018.
3 Goleman, D., Intelligenza Emotiva. Best Bur, 2011.
4 Hasson, G., Empatia, capire le emozioni. Unicomunicazione, Ebook, 2019.
5 Bandura A. Autoefficacia. Teoria e applicazioni, Erickson, 2002.
6 Harari, Y., N., Homo deus. Breve storia del futuro, Saggi Bompiani, 2018.
7 Il concetto trova ispirazione dal pensiero di Ippocrate, padre della medicina: <<prima di guarire chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare>>.
esplorata a fondo, solo allora si potrà capire se è quella giusta. Se non lo sarà si potrà sempre rivedere il tutto, tornare sui propri passi e imboccare un nuovo percorso. D’altro canto se ci sentiamo insoddisfatti ci sarà un perché. Evidentemente non abbiamo trovato il modo di esprimere il nostro potenziale.
Le abitudini che inconsapevolmente danno ritmo alla nostra giornata anch’esse sono soggette ad obsolescenza, esattamente come ogni aspetto della vita. Tutto ha un ciclo, anche se è difficile accettarlo. Esse diventano obsolete dopo un po’ di tempo, e per questo motivo proviamo
benessere al lavoro
malessere nell’utilizzare sempre lo stesso schema di pensiero e, di conseguenza, di comportamento: se esitiamo a lungo nel non volerli abbandonare si dirigeranno contro di noi. Tale resistenza al cambiamento ha una spiegazione nei meccanismi di base che regolano il funzionamento del nostro cervello il quale cerca di ottimizzare le risorse (l’energia) che possiede, andando in protezione energetica, attraverso il meccanismo di rifiuto dell’accogliere il nuovo. Per fortuna, per ovviare a tale naturale “pigrizia biologica”, c’è una soluzione, che in estrema sintesi è rappresentata dal seguente algoritmo:
benessere al lavoro
a. individua il comportamento che secondo te può fare la differenza per la tua vita (non partire da ciò che non vuoi, ma da ciò che vuoi);
b. comincia ogni giorno a esercitarti sulla sua applicazione, nella consapevolezza che sarai tentato a sabotarti (il ritorno alle vecchie abitudini è l’alibi che si presenterà davanti a te);
c. insisti fino a quando il nuovo comportamento non diverrà automatico, perché non farai più fatica a metterlo in atto Con quest’approccio si creano a livello neuronale nuove connessioni che supportano la nuova programmazione comportamentale che abbiamo deciso di costruire. La vecchia abitudine si dissolverà da sola, cancellando il ricordo di come eravamo. È faticoso, ne sono consapevole, ma non credo ci sia un algoritmo per il cambiamento comportamentale più funzionale.
Ci sono persone la cui conoscenza cambia la nostra vita se siamo pronti a recepire la ricchezza di ciò di cui sono portatori. Poi ci sono quelle che non hanno nulla da insegnarci, forse perché sono vicine al nostro modo di sentire, oppure la storia personale non ci riguarda più, come se avessimo superato quello stadio in cui si trovano. Sta di fatto che in realtà non ci sono storie in sé per sé più interessanti, e altre meno. Ogni segnale che riceviamo dall’esterno è recepito e filtrato dalla nostra persona in base al grado di interesse e di comprensione di quel determinato momento della vita. Ogni giorno riceviamo centinaia di migliaia di stimoli (visivi, uditivi, propriocettivi, meccanocettivi, linguistici, ecc.), e il cervello non può elaborarli tutti assieme, deve fare una cernita, una sorta di catalogazione in base alle competenze acquisite, agli interessi, e al livello di conoscenza di ciò che si manifesta. Questa sorta di clusterizzazione ci fa decifrare i segnali dall’esterno e interpretarli anche secondo la sensibilità indotta dal momento in cui le viviamo. Ecco perché noi tutti rispondiamo in modo così differente al medesimo evento che si presenta ai nostri occhi.
Cogli l’attimo
Finalmente l’essere umano occidentale ha compreso che viviamo in una linea temporale, un segmento, in cui non abbiamo deciso quando nascere, in quale famiglia nascere, in quale nazione nascere, con quale sesso ma che forse, con una sana alimentazione e la cura del nostro corpo potremmo spostare il giorno in cui ci sarà la nostra dipartita anche se non potremmo mai decideremo quando morire, come morire e in che condizioni. Adesso siamo consapevoli che tra i due estremi del segmento chiamato vita (nascita e morte) c’è la nostra esistenza. Noi possiamo fare molto per dargli colore, entusiasmo e movimento. Se ciò non avverrà, non dipenderà dagli altri o dalle avversità della vita. Possiamo prendercela con i genitori, con il luogo in cui siamo nati, con il resto del mondo, sono solo alibi che
useremo in quei precisi momenti in cui sentiremo il bisogno di cambiare. Ci vuole però coraggio a rivoluzionare se stessi ed è per questo che preferiamo trovare le scuse per continuare a lamentarci e frenare il naturale divenire delle cose. In effetti, le macro categorie del bene e del male si possono riassumere nella spinta verso nuovi lidi (il bene) e nel rimanere impantanati in una pozzanghera, in cui non riusciamo a muoverci (il male). Con la mia esperienza professionale posso dirvi che gran parte della sofferenza esistenziale si annida nell’opporsi al cambiamento naturale delle cose: tratteniamo il vecchio più del dovuto e per questo motivo ci ammaliamo.
Anche quando non vediamo la luce, nei momenti più bui della nostra esistenza, siamo sempre inseriti in un mondo di possibilità; solo che stiamo guardando la realtà dalla parte sbagliata. Essere resilienti, determinati nel voler raggiungere il risultato nonostante le avversità, superando tutti i limiti che puntualmente la mente manifesta è la sfida da affrontare. In tanti, nella storia dell’umanità, hanno detto che il primo nemico da combattere siamo noi stessi. Non c’è frase più vera.
Dotarsi di buon senso
Non ho la pretesa di essere originale, perché fondamentalmente tutto (forse) è già stato detto e inventato. Se vogliamo apportare un contributo significativo alla nostra crescita il programma comportamentale 24hQT aiuterà a rispolverare tutte le conoscenze e metterle realmente al nostro servizio. È una “guida” basata sul buon senso, e ha la funzione di far riflettere sul perché non sia facile applicarlo. Parte dal presupposto che non ci sono cose che non si possono fare, ma solo cose che non si vogliono fare perché è richiesto un surplus di energie. Tutte le volte che leggiamo un concetto e diciamo: “…sì lo so già…”, è sufficiente questa semplice frase per compromettere ciò che potremmo apprendere, perché si entra in un campo mentale in cui siamo alla continua ricerca della pietra filosofale e di qualsiasi altra cosa che non sia ciò che già è patrimonio della nostra conoscenza. Chiediamoci, invece, perché non mettiamo in pratica ciò che già conosciamo; così avremo le risposte che permetteranno, nei prossimi mesi, di iniziare a diventare una persona nuova, in grado di governare la propria nave. E il metro di miglioramento, quello che aiuta a comprendere che siamo sulla giusta rotta –nell’impegno di avvicinarti sempre di più alla meta- è il senso di contentezza che impareremo a provare anche per le cose più semplici e piccole.
Rimpianti? Se abbiamo vissuto ce ne saranno tanti; faremo prima ad accettare che ciò che siamo oggi conta di più rispetto a ciò che saremmo potuti essere. Possiamo vivere tante vite diverse, ma quella dell’adesso va potenziata. Il Passato? Proviamo a raccontarlo con una storia più fun -
zionale a ciò che siamo; perché, in fin dei conti, anche la storia che ci stiamo raccontando è sempre frutto dello stile narrativo che ci siamo costruiti. Tanto vale inventarsi un racconto che sia il punto di partenza di una nuova storia personale.
In alcuni punti della presente “guida” potrà sembrare che voglia dire di controllare ogni minimo aspetto della giornata, a tal punto da sembrare tutto programmato come se esistesse soltanto il piano della razionalità. Il rischio, quando si scompongono processi complessi, in poche pagine, come in questo caso, è di giungere a questa considerazione. Il documento che vi propongo vuole però essere di aiuto per comprendere e per guardare in modo minuzioso la nostra giornata sì da evitare di incappare in errori che si presentano ogni giorno perché sono diventati abitudini di vita, a tal punto da non riconoscerli come tali: se li monitoriamo allora possiamo cambiarli in positivo.
benessere al lavoro
Accanto alle procedure che deciderete di seguire a cui s’innesteranno le nuove abitudini comportamentali, non dimenticate di essere creativi e di mettere in crisi il ripetersi dei pensieri che si traducono in certezze. Ciò che andrà bene per ognuno di noi non ha valenza di eternità, ha la funzione dell’adesso; e per quanto sia faticoso va sempre verificato che non sia già dopo pochi mesi diventato obsoleto.
La guida sarà d’aiuto se vorrete avere un nuovo assetto mentale più consono alla gestione dell’energia lungo le ventiquattro ore per farci riconoscere che il 95% degli errori della nostra vita sono imputabili a noi stessi. Una volta trovato un nuovo equilibrio sperimentiamo all’infinito nuove sensazioni e nuove procedure, che se ben supportate dalle regole basilari comportamentali suggerite, avremo la mentalità tipica del ricercatore per affrontare le sfide che la vita presenterà. (prima parte)
Sulla verifica dell’anomalia e sul principio di buona fede
Un nostro lettore chiede di sapere se in sede di verifica dell’anomalia di un’offerta sia consentita la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo.
Richiamato che il D.Lgs. 36/2023 disciplina in modo innovativo il procedimento di verifica delle offerte anomale rispetto al precedente codice, non prevedendo soglie di valutazione ex ante di anomalia, il quesito posto risulta interessante perché investe una questione non disciplinata dalla normativa ma chiarita dalla giurisprudenza. Recentemente il TAR Campania-Napoli, sezione I, con sentenza n. 1838 del 21.3.2024 è intervenuto precisando, in linea anche con la giurisprudenza amministrativa consolidata, che “ in sede di verifica dell’anomalia, è consentita la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo, rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l’aggiustamento delle singole voci di costo per sopravvenienze di fatto o normative ovvero al fine di porre rimedio a originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l’entità dell’offerta economica in ossequio alla regola della immodificabilità dell’offerta stessa (da ultimo, TAR Campania-Napoli, sez. I, n. 1166 del 2023)”. Nel caso di specie, l’indicazione abnorme e sproporzionata degli oneri aziendali da parte della controinteressata (che aveva erroneamente indicato i costi della sicurezza interna all’interno dell’importo complessivo delle spese generali) ha indotto l’amministrazione, in omaggio ai principi di buona fede e leale collaborazione (art. 1, comma 2-bis, l. 241 del 1990 e, in via interpretativa, art. 5 d.lgs. n. 36 del 2023), che devono ispirare tutta la gara pubblica, oltre che la fase esecutiva del contratto, di chiarire tale dato e di correggerlo, ferma restando l’immodificabilità dell’offerta economica e del relativo ribasso offerto. Ne consegue, pertanto, che l’amministrazione, con valutazione non censurabile dal giudice amministrativo, ha ritenuto congrua e attendibile l’offerta economica formulata dall’aggiudicataria all’esito delle giustificazioni fornite.
Del resto, rimane attuale il consolidato orientamento giurisprudenziale in ragione del quale: “ La verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata ad accertare la complessiva attendibilità e serietà della stessa, sulla base di una valutazione che ha natura globale e sintetica e che
costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato all’Amministrazione, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’Amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta; trattandosi, quindi, di valutare l’offerta nel suo complesso, il giudizio di anomalia non ha a oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze, mirando piuttosto ad accertare se essa in concreto sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto; pertanto, la valutazione di congruità, globale e sintetica, non deve concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo; con la conseguenza che, se anche singole voci di prezzo o singoli costi non abbiano trovato immediata e diretta giustificazione, non per questo l’offerta va ritenuta inattendibile, dovendosi, invece, tener conto della loro incidenza sul costo complessivo del servizio per poter arrivare ad affermare che tali carenze siano in grado di rendere dubbia la corrispettività proposta dall’offerente e validata dalla stazione appaltante” ( ex multis, Cons. Stato, sez. III, 17.10.2022, n.8790). Il giudizio sull’anomalia dell’offerta ha, quindi, carattere sintetico e globale, ai fini dell’apprezzamento complessivo della serietà della proposta contrattuale e della sostenibilità dell’esecuzione del servizio o del lavoro. Quando tale giudizio abbia esito positivo, l’amministrazione che ritiene attendibili le giustificazioni addotte dall’impresa non è gravata da un obbligo di puntuale motivazione, ma può limitarsi a richiamare le giustificazioni stesse (Cons. Stato, n. 6206/19; Cons. Stato, n. 1518/19; Cons. Stato, n. 7128/18).
Si evidenza, infine, come nella sentenza n. 1838/2024 del TAR Campania-Napoli sia richiamata una concreta applicazione di uno dei principi generali disciplinati dal D.Lgs n. 36/2023 e cioè il principio della buona fede e leale collaborazione, che mira a configurare un “rapporto” di tipo orizzontale fra cittadini e pubblica amministrazione, con una sempre più marcata responsabilizzazione delle parti.
Monica Piovi e Piero Fidanza
Copma presenta la rinnovata veste grafica
Un nuovo logo, a testimonianza del percorso di evoluzione che continua a interessare tutta la cooperativa.
Nuove tonalità, ispirate a colori naturali, e un nuovo simbolo: 5 cerchi collegati, a rappresentare l'unione tra le persone, che formano una "C" aperta verso il futuro, il mondo, e le persone all'esterno, da sempre valori fondanti della cooperativa.
Un logo annunciato durante l’ultima assemblea dei soci, in cui è stato approvato il bilancio 2023 con un fatturato di oltre 49 mln di euro, con un utile di quasi 3 mln: numeri che assieme a un patrimonio di oltre 50 mln di euro, danno il senso della forza e della solidità dell'azienda. Risultati che hanno portato al sistema di sanificazione per le superfici, il PCHS: efficace nella prevenzione e nella lotta alle ICA, quindi utile nel migliorare le salute dei pazienti e la qualità di vita delle persone. Una realtà che continua quindi ad evolversi senza snaturarsi, continuando a prepararsi per nuove sfide.
www.copma.it
Gore per gli healthcare provider
E se il procurement avesse un impatto anche sui risultati del trattamento dei pazienti?
Gli operatori del SSN si trovano ad affrontare la sfida di erogare cure di alta qualità riducendo al contempo i costi e aumentando l'efficienza. La pressione su chi si occupa di acquisti è sempre più alta.
Gore è al fianco di medici e di responsabili acquisti fornendo dispositivi medicali di alta qualità per cardiologia, chirurgia vascolare e generale, progettati per migliorare i risultati clinici e consegnati in modo affidabile e puntuale.
L'impegno nella creazione di valore va oltre i prodotti. Le soluzioni di Gore basate sul valore aiutano healthcare provider e medici a raggiungere obiettivi sia clinici che economici. Scopri cosa può fare Gore per gli operatori sanitari.
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Net4market: 30 anni di esperienza in e-procurement e consulenza integrata tecnico-legale
Net4market mette a disposizione dei propri clienti oltre 30 anni di esperienza nell’e-procurement e nella consulenza integrata tecnico-legale. Grazie alla profonda conoscenza delle dinamiche di mercato, i loro professionisti analizzano le esigenze specifiche delle aziende, proponendo soluzioni personalizzate in base al contesto applicativo. Adottando modelli di massima efficienza e garantendo il rispetto di tutti i requisiti, i clienti possono ottenere vantaggi significativi in termini di produttività, costi e risoluzione dei problemi. Il servizio è garantito da personale altamente qualificato, le cui competenze derivano da una formazione specialistica costantemente in aggiornamento, oltre che da un'esperienza pluriennale e una solida qualificazione professionale nella gestione di appalti e procedure di gara. Oltre alla consulenza progettuale, legale e giuslavoristica, Net4market offre supporto al RUP – Responsabile Unico del Procedimento – affiancandolo durante le sedute di gara, assistendolo nella gestione dei CIG e nella predisposizione della documentazione di gara, scegliendo la tipologia di procedure da esperire più adeguata e non solo. Per saperne di più visita il sito
www.net4market.com
MePAIE SANITA’ 2024
Da una necessità ad un’esigenza, MePAIE Sanità, evento ideato da Net4market di Gianmaria Casella, trova un suo spazio di incidenza nel mercato degli approvvigionamenti pubblici anno dopo anno. Il tavolo di confronto tra operatori economici si è evoluto creando un evento di rilevanza nazionale, mediante il quale si ha occasione di affrontare tematiche controverse e di difficile interpretazione. “Il cambio di Paradigma in sanità” sarà il filo conduttore dell’evento presidiato da relatori esperti del settore che affronteranno l’evoluzione dell’e-procurement in 4 sessioni plenarie:
• LA PA E LA SFIDA DEL RATING D’IMPRESA - Quali criteri di affidabilità sono concretamente utili alla selezione e scelta dei contraenti?
• I PROCESSI DI ACQUISTO DEI FARMACI OSPEDALIERI - Quali strumenti garantiscono efficacia e risultato?
• NUOVE TECNOLOGIE NELL’E-PROCUREMENT PUBBLICO - Big data, AI, Cybersecurity e Blockchain: aspettative e criticità.
• CREARE VALORE PER IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE - Il ruolo degli operatori economici nel trasferire innovazione e qualità al SSN.
Gianmaria Casella, CEO Net4market, organizzerà e modererà un dibattito intitolato “Il bi-sogno di sanità pubblica” che riprenderà l’intento con cui è stato ideato l’evento ponendosi domande come: “Come andare in contro alla richiesta di sanità pubblica? È ancora possibile una sanità pubblica?”.
Aprirà l’evento un intervento del presidente ANAC, dottor Busia. I seminari paralleli completano il programma dell’evento di Net4marketCSAmed, realizzato con il patrocinio scientifico della FARE e con segreteria organizzativa Edicom.
Per ulteriori approfondimenti visita il sito:
www.mepaie.it
Ridurre l'impatto ambientale e gli sprechi di materie prime sono due dei 9 obiettivi del Better Tomorrow 2025, la roadmap di Sodexo in materia di Sostenibilità e Responsabilità Sociale.
Il piano abbraccia tutti gli ambiti dei servizi erogati e si traduce in una strategia con azioni concrete, interconnesse e misurabili, per ridurre gli impatti e salvaguardare l'ambiente, garantendo al contempo un risparmio economico per le Stazione Appaltanti.
Sodexo persegue questo impegno anche con il servizio di Professional Cleaning, adottando sistemi di pulizia avanzati.
Una delle iniziative introdotte da Sodexo è il sistema certificato di lavaggio ad ozono in grado di ottimizzare i cicli di lavaggio dei panni utilizzati per le pulizie, riducendo del 30% i tempi di ciclo e risparmiando il 40% di energia elettrica grazie all’utilizzo di acqua fredda, oltre a diminuire lo scarico di tensioattivi nelle fognature e abbattere drasticamente la carica batterica sui panni lavati.
Questa soluzione si inserisce nel programma di azioni di riduzione dell’impatto ambientale studiate e progettate, partendo dall’ascolto dei bisogni specifici dei clienti, per assicurare massimi risultati in termini di efficienza organizzativa, efficacia, sostenibilità ambientale ed economica negli Ospedali.
https://it.sodexo.com
patrocinio scientifico di segreteria organizzativa
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Speaker nazionali
Seminari e interventi interessanti in ambito sanitario
Innovazione
Le connessioni tra e-procurement pubblico, intelligenza artificiale e nuove tecnologie
E-procurement
La visione del procurement del SSN in Italia e Europa
Il convegno prevede quattro sessioni plenarie e dodici seminari che tratteranno argomenti ad esse correlati offrendo un’importante opportunità formativa ed uno spazio di scambio di esperienze tra gli attori coinvolti nel procurement per la sanità.
Scopri di più su www.mepaie.it
E SE IL PROCUREMENT AVESSE UN IMPATTO ANCHE
SUI RISULTATI DEL TRATTAMENTO DEI PAZIENTI?
Potrebbe non sembrare così, ma è possibile: scegliendo Gore come partner per i dispositivi medici.
Gore propone prodotti di alta qualità, concepiti per migliorare i risultati dei pazienti, insieme ad affidabilità e puntualità nelle consegne. Ma non è tutto quello che può aspettarsi da Gore: le nostre soluzioni basate sul valore consentono alle aziende sanitarie di essere più efficienti, per realizzare i loro obiettivi clinici ed economici. Perché non metterci alla prova?
Per saperne di più, visitare il sito www. goremedical.com/eu/what-if
Consultare le Istruzioni per l’uso
Per una descrizione completa di tutte le indicazioni, le avvertenze, le precauzioni e le controindicazioni vigenti nei mercati in cui il prodotto è disponibile, consultare le Istruzioni per l’uso sul sito.goremedical.com. I prodotti citati potrebbero non essere disponibili su tutti i mercati.