09/10.23
TEME - TECNICA E METODOLOGIA ECONOMALE
BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA
MASSIMILIANO BRUGNOLETTI
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sommario settembre-ottobre 2023
editoriale
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La FARE è una Federazione con una vitalità e una modernità d’azione semplicemente invidiabili
articoli
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il collegio consultivo tecnico Il Collegio Consultivo Tecnico: la nuova possibilità di gestire efficacemente la fase esecutiva
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normazione Discrezionalità della P.A. nella scelta di criteri premiali per la valutazione delle offerte tecniche
consiglio di stato 10 Prova di equivalenza, legittima se del costruttore
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partenariato pubblico-privato 12 Il Partenariato Pubblico Privato whistleblowing 16 La nuova normativa sul whistleblowing: novità e obblighi per le Pubbliche amministrazioni normazione 20 La rinegoziazione dei contratti di appalto di servizi e forniture, tra lacune del vecchio Codice, giurisprudenza (troppo?) prudente e innovazioni del “nuovo” Codice
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normazione 24 La comunicazione del soccorso istruttorio nelle gare telematiche: casi e questioni
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value based procurement process 30 Value-based procurement process: dalla teoria alla pratica. Applicazione alle reti riassorbibili per l’ernia prezzo per procedura 35 Prezzo Per Procedura nella Colangio-Pancreatografia Retrograda Endoscopica (ERCP)
aziende informano 39 Tessili in TTR, un passo verso la sosteniblità 40 focus
Le foto all’interno sono di Luca Fiore
Tecnico informatico di professione, amante della tecnologia e del gaming, mi diletto con la fotografia durante i miei viaggi di piacere per fissare visivamente e poter avere sempre con me una galleria fotografica. In questo numero di TEME emozionie impressioni del mio primo viaggio a Praga.
Tecnica e metodologia economale Bimestrale di tecnica ed economia sanitaria fondato nel 1962 per l’aggiornamento professionale degli economi e provveditori della Sanità. ISSN 1723-9338 Organo ufficiale della FARE Federazione delle Associazioni Regionali Economi e Provveditori della Sanità
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editoriale Salvatore Torrisi - Presidente FARE
La FARE è una Federazione con una vitalità e una modernità d’azione semplicemente invidiabili
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mici carissimi della FARE, il mio secondo mandato alla presidenza della Federazione sta volgendo al termine. Ovviamente questo è il momento dei bilanci ed anche del riepilogo di quanto sono riuscito, o meglio siamo riusciti, a fare in questo tempo. Vi dico però la verità amici miei, proprio perché vi considero tali, non mi va di proporvi l’elenco dettagliato dell’attività svolta negli ultimi quattro anni, perché ora ciò che mi fa più piacere è condividere con voi le emozioni, le soddisfazioni unite anche alle criticità che hanno caratterizzato il mio percorso di Presidente della nostra Federazione. Ho iniziato citando le emozioni perché per me vivere l’avventura della Presidenza FARE è stato molto emozionante. Il carico di conoscenze, di obiettivi raggiunti e della gestione ereditati dai miei predecessori mi hanno caricato di una vera e propria adrenalina sin dal momento in cui ho preso in mano il timone della Federazione. Non dimentichiamo che il mio primo mandato, e parte del secondo però, li ho vissuti remando contro quel vento contrario, chiamato Pandemia, che sembrava voler e poter mettere a dura prova proprio il nostro elemento più significativo: il fare rete. Però, come ben sapete, ce l’abbiamo fatta ed anzi proprio quelli che sarebbero dovuti essere i giorni più duri sono stati caratterizzati dalla ripresa dell’attività di alcune Associazioni che si erano un po’ assopite per i più disparati motivi. Penso all’Associazione laziale, ma non solo. Siamo riusciti anche a rinsaldare i rapporti con importanti Associazioni del nostro settore, o comunque ad esso parallelo, facendo fiorire degli ottimi rapporti di collaborazione che ci hanno visti coinvolti in progetti che ci hanno permesso di raggiungere obiettivi di spiccato valore scientifico. Poi come sapete, ho sempre creduto molto nella formazione ed è per questo che durante la mia reggenza ho cercato di stimolarne e incrementarne la diffusione. La formazione che abbiamo prodotto in questi anni, anche attraverso i convegni delle Associazioni associate alla FARE, credo che possa essere considerata un vero e proprio fiore all’occhiello della nostra Federazione. Avrei potuto fare di più? Avrei potuto fare meglio? Non lo so. Quel che è certo è che oggi, dopo oltre sessant’anni di vita federativa, la FARE possiede ancora una vitalità e una modernità nella sua azione, veramente invidiabili. Sicuramente mi rendo conto che ad alcune cose dobbiamo ancora lavorare: penso ad esempio alle nostre associazioni che sono ferme e che devono ritrovare la giusta energia organizzativa e operativa; credo inoltre che dovremmo impegnarci di più nella comunicazione che ritengo dovrebbe avere un ruolo più determinante nell’attività della nostra Federazione e delle nostre singole Associazioni. E’ tempo di affidare la nostra voce a strumenti innovativi cercando così di aprirci un varco sempre maggiore sulle piattaforme digitali, e non solo, dove a volte è proprio la presenza dei Provveditori della sanità che manca. Lascio il testimone, della Presidenza FARE, al prossimo eletto con la certezza che ogni piccolo passo che sono, anzi siamo riusciti a fare, rappresenta un’azione determinante per la nostra professione che, ora più che mai, si sta ridisegnando con un ruolo sempre più determinante nell’ambito degli acquisti sanitari.
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il collegio consultivo tecnico Massimiliano Brugnoletti - Studio Brugnoletti & Associati
Il Collegio Consultivo Tecnico: la nuova possibilità di gestire efficacemente la fase esecutiva
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l Collegio Consultivo Tecnico, al di là delle (non poco rilevanti) novità introdotte dal d.lgs. 36/2023, assume un ruolo ed un peso totalmente diversi per effetto dei due “pilastri” su cui poggia il nuovo codice dei contratti pubblici: il Collegio Consultivo Tecnico ha lo scopo di “evitare” controversie (interessante l’incipit del primo comma dell’art. 215 del d.lgs. 36/2023, ove il Collegio non è chiamato a “dirimere” le controversie, ma a “prevenirle”); evitarle per condurre il contratto “in porto” senza problemi (assicurando in tal modo il primo pilastro: il “principio del risultato”). Scopo che deve essere raggiunto attraverso il comune lavoro di soggetti che devono “cooperare” a questo fine (operando nell’ambito del secondo pilastro: “principio della fiducia”). Ritengo fermamente che, se non si tiene conto dei due pilastri su cui affonda le proprie radici il nuovo codice che ne illuminano ogni singola prescrizione - non si comprenderebbero a fondo le grandi potenzialità che il “Collegio” può offrire a chi opera nei contratti pubblici: la Stazione appaltante, l’operatore economico e, non da ultimo, il RUP (a guardar bene, proprio i tre soggetti che devono operare in “reciproca fiducia”, come solennemente afferma l’art. 2 del nuovo codice). Il d.lgs. 36/2023 dedica al Collegio Consultivo Tecnico cinque articoli (dal 215 al 219) e un Allegato (il V.2.). Il nuovo codice estende, anzitutto, la competenza del
CCT: questa non più solo finalizzata a dirimere questioni connesse all’esecuzione del contratto (come precedentemente previsto dall’art. 207 del d.lgs. 50/2016); bensì, come anticipato, per “prevenire” “ogni” possibile controversia tra Stazione appaltante e operatore economico (cfr. art. 215, comma 1); ove il termine “controversia” deve essere letto nel senso più ampio: non solo controversie da cui può scaturire un “giudizio” innanzi al Tribunale, ma ogni “impasse” del contratto che possa frenarne la sua efficace esecuzione. Ne è prova la seconda (forse la più rilevante) novità del nuovo codice, sempre prevista nel comma 1 dell’art. 215: il Collegio Consultivo Tecnico diventa “obbligatorio” per tutti i contratti pubblici di maggior valore (quelli superiori alla soglia europea per le opere e quelli superiori ad un milione di euro per i servizi e le forniture). Il CCT sarà, dunque, il garante del “risultato” dei contratti di maggior valore, evitando criticità dal primo sino all’ultimo giorno di esecuzione (il Collegio, secondo quanto dispone l’art. 2 dell’Allegato V.2., è infatti costituito su iniziativa della Stazione appaltante “prima dell’inizio dell’esecuzione o comunque non oltre dieci giorni da tale data” e, a mente dell’art. 219, si scioglie “al termine di esecuzione del contratto”). L’importanza che il legislatore assegna al Collegio Consultivo Tecnico è testimoniata anche dalla scelta che le nuove regole dettate dal d.lgs. 36/2023, a mente
Il nuovo codice ha disegnato per il Collegio Consultivo Tecnico competenze che rappresentano un vero supporto per il RUP. Questo, nell’ambito dell’evidente attenzione che il codice ha riservato al responsabile del procedimento, se non altro prevedendo organi e soggetti che possano coadiuvarlo nel proprio lavoro
il collegio consultivo tecnico del comma 1 dell’art. 224, varranno anche per i Collegi nominati prima dell’entrata del nuovo codice. Il Collegio Consultivo Tecnico previene le controversie esprimendo “pareri” o adottando “determinazioni” aventi natura di lodo contrattuale (ossia mediante una decisione che le parti si impegnano a considerare come espressione della loro stessa volontà, al pari di un atto contrattuale sottoscritto - cfr. comma 2 dell’art. 215). Ulteriore testimonianza dell’importanza che il nuovo codice assegna al ruolo del Collegio Consultivo Tecnico è rappresentata dalle conseguenze della mancata osservanza alle relative decisioni (cfr. comma 3 dell’art. 215). Il codice, anche in questo caso, ha sempre in mente i tre soggetti indicati nell’art. 2 del d.lgs. 36/2023: per i due enti - le due parti contrattuali, Stazione appaltante e appaltatore – l’inosservanza comporta “grave inadempimento contrattuale”, con le relative conseguenze “risarcitorie” (con un’aggravante per l’impresa, posto che il “grave inadempimento contrattuale” configura un caso tipico di “illecito professionale”); per il terzo soggetto – il codice cita “il soggetto agente” (il RUP) – l’inosservanza delle determinazioni del Collegio comporta invece la responsabilità “per danno erariale” (interessante notare come la responsabilità erariale, qui prevista, si inserisca perfettamente nel concetto di responsabilità modificato in modo copernicano dall’art. 21 del decreto legge 76/2020; secondo cui, sino a giugno 2024, non v’è responsabilità per errore o colpa, ma solo per omissioni o inerzia). A ben vedere, il nuovo codice ha disegnato per il Collegio Consultivo Tecnico competenze che rappresentano un vero supporto per il RUP. Questo, nell’ambito dell’evidente attenzione che il codice ha riservato al responsabile del progetto, se non altro prevedendo organi e soggetti che possano coadiuvarlo nel proprio (complesso e difficile) lavoro: ci si riferisce ai “responsabili di fase”, previsti nel comma 4 dell’art. 15, alla “struttura di supporto” ed ai professionisti “assistenti al RUP”, previsti, entrambi, nel comma 6 dell’art. 15 del d.lgs 36/2023. Un reale supporto al RUP da parte del CCT si intravvede perfettamente nella possibilità, per il Collegio, di dare pareri in caso di sospensione dell’esecuzione dei lavori (cfr. art. 216, comma 1); di dare pareri prima della risoluzione del contratto (cfr. art. 216, comma 2), con indicazione se i) far eseguire direttamente alla Stazione appaltante la parte residua, ii) scorrere la graduatoria, iii) indire una nuova gara, iv) chiedere un commissario straordinario (cfr. art. 216, comma 3). Non v’è dubbio che, se percepito correttamente il suo ruolo, oltre a garantire l’esecuzione efficace del contratto, il Collegio Consultivo Tecnico può essere il “com-
pagno fedele” del RUP in tutta la durata del contratto, supportandolo in ogni decisione strategica, rendendolo maggiormente “sereno” in ogni scelta; anche alla luce della chiara indicazione normativa, secondo cui si esclude esplicitamente la responsabilità erariale per chi osservi le determinazioni del Collegio (cfr. art. 215, comma 3, ultima parte). Ma vi è un’ultima prescrizione che convince del fatto che il Collegio Consultivo Tecnico sia un vero supporto, anzitutto, per il RUP. Secondo l’art. 218 del nuovo codice il Collegio può essere costituito dalla sola Stazione appaltante per risolvere tutti i problemi tecnici o giuridici antecedenti all’indizione della gara: sia per l’individuazione esatta del perimetro dell’appalto e delle relative specifiche tecniche, sia nell’individuazione dei requisiti di accesso e dei criteri di aggiudicazione. Se ne è discusso molto non appena entrato in vigore: rispetto al codice del 2016 - emanato in un momento storico durante il quale v’era un’attenzione massima su legalità e lotta alla corruzione - il codice del 2023 rimette al centro dell’azione la “discrezionalità” della Pubblica Amministrazione (a cui il legislatore da esplicita fiducia nell’art. 2); discrezionalità che deve essere esercitata per conseguire il vero risultato di una gara: offrire beni e servizi ai cittadini. Il d.lgs. 36/2023 scommette molto sul ruolo del RUP, ma non lo lascia solo: il nuovo ruolo del Collegio Consultivo Tecnico ne è prova inconfutabile.
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normazione Vincenza di Martino - Avvocato del Foro di Roma
Discrezionalità della P.A. nella scelta di criteri premiali per la valutazione delle offerte tecniche CONSIGLIO DI STATO, IN SEDE GIURISDIZIONALE, SEZIONE TERZA, Sentenza n. 08512/2023 (Pubblicato il 26/09/2023). Presidente: Giulia Ferrari; Cons. Estensore: Luca Di Raimondo.
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L’Amministrazione - pur essendo vincolata all’applicazione del principio di favor partecipationis, che tutela la libera concorrenza alle procedure di evidenza pubblica e impedisce alle stazioni appaltanti l’introduzione di regole che restringono la possibilità per gli operatori economici di presentare offerta idonea - ben poteva adottare regole di gara che, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità in materia, potessero garantire il perseguimento dell’obiettivo di fornire dispositivi nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto della gara. La questione su cui si è pronunciato il Consiglio di Stato con la sentenza segnalata riguardava una gara d’appalto, indetta dalla società, centrale regionale di committenza, controllata dalla Regione Lombardia, ex art. 60 D. Lgs. n. 50/2016 per la conclusione di accordi quadro per la fornitura di dispositivi per pazienti diabetici da destinarsi agli enti del S.S.N. (art. 54 D. Lgs. n. 50/2016). La gara era divisa in 11 lotti, ed il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con attribuzione di un massimo di 70 punti all’offerta tecnica e di 30 punti a quella economica. La ricorrente lamentava l’erroneità e l’illegittimità del previsto requisito premiale (10 punti su 70 complessivamente attribuibili all’offerta tecnica) relativo al numero di sfaccettature (bevel) degli aghi di insulina offerti in gara, con conseguente, a suo dire, indebita riduzione della platea dei potenziali operatori economici interessati alla fornitura. Il Tar Lombardia, premettendo che non si trattava di un requisito di partecipazione, ma di un criterio di attribuzione di un punteggio (premiale) escludeva che la 1 Cfr. Cons. Stato, III, 13/12/2022, n. 10932, cit. nella sentenza;
regola contestata provocasse un effetto distorsivo della concorrenza. Rimarcava sul punto il Tar che, a dispetto di quanto dedotto dalla ricorrente, la stessa si era aggiudicata i lotti n. 3 e n. 6 pur non avendo offerto gli aghi in grado di ottenere il punteggio premiale. La sentenza del Tar Lombardia veniva impugnata con appello al Consiglio di Stato, dinanzi al quale venivano, sostanzialmente, riproposte le doglianze dedotte in primo grado. La sentenza in esame Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione 3^, con la sentenza del 26/09/2023, n. 8512 /2023 ha confermato la sentenza di primo grado. Partendo dal presupposto che non si trattava di un requisito di partecipazione , ma di un criterio di attribuzione di un punteggio ( premiale) il Consiglio di Stato ha osservato che «l’Amministrazione – pur essendo vincolata all’applicazione del principio di favor partecipationis, che tutela la libera concorrenza alle procedure di evidenza pubblica e impedisce alle stazioni appaltanti l’introduzione di regole che restringono la possibilità per gli operatori economici di presentare offerta idonea – ben poteva adottare regole di gara che, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità in materia, potessero garantire il perseguimento dell’obiettivo di fornire, nel caso in esame, dispositivi nel rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto di gara (aghi da insulina, nella fattispecie), che siano al contempo efficaci e agevolmente sopportabili da parte dei pazienti»1. E infatti il committente pubblico gode di un’ampia discrezionalità nella scelta del bene oggetto di fornitura e nella predisposizione dei criteri relativi ai punteggi tecnici. Nessun operatore economico, di conseguenza, può pretendere di conformare la legge di gara alle proprie aspirazioni oppure di sostituire la propria, personale e opinabile valutazione con
normazione quella della stazione appaltante2. Conseguentemente, evidenziando l’efficacia e la maggiore sopportabilità dei dispositivi oggetto di fornitura da parte dei pazienti, il Consiglio di Stato ha richiamato i limiti, costantemente affermati dalla giurisprudenza, al sindacato del G.A. rispetto al potere pubblico di valutazione delle offerte. Con una lunga trascrizione del precedente giurisprudenziale applicato3, la Sezione decidente ha scandito e perimetrato il sindacato del G.A. – pieno, ma non sostituibile alla discrezionalità della P.A. – sulle censure attinenti alla fissazione e all’applicazione dei criteri per la valutazione delle offerte; nonché alla conseguente attribuzione dei punteggi. Dunque il Consiglio di Stato ha confermato che la valutazione delle offerte tecniche, da parte della commissione mediante l’espressione di giudizi e l’attribuzione di punteggi, a fronte di criteri valutativi previsti dal bando di gara, costituisce un apprezzamento connotato da chiara discrezionalità tecnica. Tale valutazione è giudizialmente insindacabile, salvo il vizio di manifesta illogicità (escluso nel caso concreto) che renda la scelta palesemente inattendibile, quale esito di un procedimento di applicazione fallace della norma tecnica. Il G.A. deve limitarsi a un controllo formale ed esterno dell’iter logico e tecnico, seguito nell’attività amministrativa «se ciò appare sufficiente per valutare la legittimità del provvedimento impugnato e non emergano spie tali da giustificare una ripetizione, secondo la tecnica del sindacato intrinseco, delle indagini specialistiche». In definitiva, di fronte all’opinabilità della valutazione della P.A., il giudice si attiene ai principi di ragionevolezza, coerenza e attendibilità delle scelte compiute dalla stessa, essendo il proprio sindacato «pieno, penetrante, effettivo, ma non sostitutivo». Stante la premessa, il Collegio ha conseguentemente rilevato che nella vicenda controversa non veniva in rilievo alcuno dei profili d’illegittimità dedotti. Anzi, secondo il Consiglio di Stato, la Stazione Appaltante aveva attuato regolarmente il criterio in con-
testazione. È parsa, difatti, ragionevole la scelta della P.A. di «premiare con il sistema tabellare le offerte degli operatori economici, che fossero migliorative rispetto alle tre sfaccettature minime richieste, potendosi, così, garantire il rispetto del principio di cui all’articolo 32 della Costituzione e il raggiungimento del fine di erogare cure adeguate e senza inutili fastidi e sofferenze ai pazienti a causa dell’iniezione quotidiana». È stato qui sottolineato che la scelta della committente pubblica, anziché configurare una clausola escludente e/o anticoncorrenziale, ha rafforzato in modo proporzionato e adeguato le offerte che incrementassero «i livelli di confort per i fruitori del servizio da erogare». Sui criteri di valutazione delle offerte da parte della P.A., secondo l’insegnamento della giurisprudenza condiviso dalla sentenza in esame, si esprime «l’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico … sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale e i criteri non siano trasparenti ed intellegibili»4. Concludendo sul punto, il Consiglio di Stato ha perciò precisato che «la causa della gara pubblica consiste nell’approvvigionare, mediante il più conveniente dei possibili contratti, l’amministrazione delle opere, dei beni o dei servizi di cui effettivamente necessita nell’interesse generale, e non nel mero mettere a disposizione delle imprese interessate un’occasione di lavoro da modulare sulle loro preferenze organizzative» 5. Successivamente, in rapporto all’omessa applicazione del principio di equivalenza funzionale tra il prodotto offerto dall’appellante e quello fornito dall’aggiudicataria, il Collegio di seconde cure ha condiviso le osservazioni del T.A.R. sulla valutazione dei risultati della verificazione, soprattutto laddove il primo giudice aveva enfatizzato la natura premiale (attributiva del solo punteggio tecnico) del requisito in contestazione. Quest’ultimo non configurava alcuna condizione di partecipazione alla gara, lasciando intatta la presentazione di una offerta valida. Inoltre, il Consiglio di Stato, come
Nessun operatore economico, di conseguenza, può pretendere di conformare la legge di gara alle proprie aspirazioni oppure di sostituire la propria, personale e opinabile valutazione con quella della stazione appaltante
2 Cfr. Cons. Stato, III, 17/11/2022, n. 10101; 3 Ex multis: Cons. Stato, V, 24/08/2023, n. 7931; id. V, 20/12/2022, n. 11091; id. V, 22/07/2021, n. 5513; id. V, 13/11/2019, n. 7805; id. V, 30/04/2018, n. 2602; 4 Cfr. Cons. Stato, V, 30/04/2018, n. 2602; id., III, 02/05/2016, n. 1661; id. V,18/06/2015, n. 3105. 5 Cfr. Cons. Stato, V, 27/10/2022, n. 9249; id. 04/10/ 2022, n. 8481; id. 02/03/2022, n. 1486; id. 20/04/2020, n. 2486; id. V, 20/07/2023, n. 7111.
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normazione già il T.A.R., ha valorizzato le conclusioni del verificatore. Il soggetto tecnico, difatti, pure avendo preso atto dell’assenza di studi clinici comparativi tra le due diverse tipologie di aghi penna, aveva considerato che la soluzione a 5 aghi potesse “ritenersi maggiormente performante in termini di capacità di penetrazione e scorrimento e in termini di dolore percepito”. Anzi, studi attendibili non consentivano di predicare una sostanziale equivalenza del prodotto offerto dall’appellante con quello fornito dall’aggiudicataria6. È stata, dunque, esclusa un’illegittima, irragionevole e discriminatoria restrizione della concorrenza. Alla luce della complessiva, articolata e complessa motivazione, l’appello è stato rigettato, non sussistendo «i presupposti per disporre l’annullamento della di gara, cui l’appellante ambisce in via gradata, facendo valere l’interesse strumentale alla ripetizione dell’intera procedura di evidenza pubblica, poiché la scelta dell’Amministrazione di privilegiare un numero di sfaccettature maggiore di tre non è incoerente con l’impianto complessivo della lex specialis, che non ne risulta inficiata».
Considerazioni conclusive La pronuncia in esame ha convalidato e interamente confermato gli orientamenti fino a ora espressi dal G.A. in ordine al sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità della P.A. nella scelta di criteri premiali per la valutazione delle offerte tecniche. La sentenza si è, in definitiva, attestata sulla tesi per cui, nell’ambito delle procedure di affidamento da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la scelta dei criteri di valutazione delle offerte, operata dalla stazione appaltante – inclusa l’attribuzione di un punteggio aggiuntivo, in presenza di un requisito di tipo premiale, specificamente indicato nella lex specialis –, rientra nell’ampia discrezionalità della P.A., funzionale al migliore perseguimento dell’interesse pubblico. Come tale, essa è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia manifestamente illogica, abnorme e irragionevole oppure i criteri non siano trasparenti e intellegibili. Tale principio realizza, infatti, il migliore bilanciamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato con il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche e dei suoi corollari.
6 Cfr. Società Italiana Metabolismo, Diabete, Obesità (Simdo), rapporto 2021 sulla qualità dei dispositivi per la somministrazione dell’insulina, secondo cui il passaggio da 3 a 5 piani della punta dell’ago costituisce un perfezionamento del prodotto.
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Prova di equivalenza, legittima se del costruttore
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In forza dell’art. 60 della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 42 della direttiva 2014/24/UE, la codificazione del principio di equivalenza ha costituito un pilastro concorrenziale del codice degli appalti del 2016 (art. 68 co. 7), come lo è nell’attuale d.lgs. 36/2023 (allegato II.5, Parte II A - Specifiche Tecniche, co. 7-8). La giurisprudenza è consolidata nell’evidenziare che la comparazione di prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti rispetto a quelle richieste dalla lex specialis risponde ai princìpi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa e di libertà d’iniziativa economica, nonché al principio eurounitario di concorrenza (da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. V, 8 maggio 2023, n. 4624); e che il principio di equivalenza è applicabile, in forza del meccanismo di eterointegrazione, anche nel caso in cui non sia espressamente richiamato nella legge di gara (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 giugno 2021, n. 4353). Sotto il profilo soggettivo, invece, è oggetto di una nuova esegesi, restrittiva, l’orientamento secondo il quale il partecipante alla gara che intende avvalersi del principio dell’equivalenza deve fornirne prova già in sede di offerta (TAR Lazio, Sez. II, 18 ottobre 2022, n. 13303), non potendo tale conformità essere verificata d’ufficio dalla stazione appaltante né differita in sede giudiziale. Sul punto, infatti, è intervenuta la recente decisione del Consiglio di Stato (Sez. V, 10 agosto 2023, n. 7727) secondo la quale la prova dell’equivalenza deve provenire dal costruttore del bene, non già dal soggetto che partecipa alla gara laddove esso non sia il produttore. La decisione trae origine da un contenzioso sorto su una procedura aperta per la fornitura di parti di ricambio per autoveicoli, la cui aggiudicazione veniva contestata
in ragione della circostanza che l’equivalenza agli originali dei ricambi offerti non proveniva dal costruttore degli stessi. Contenzioso sul quale è intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Sez. VI, 27 ottobre 2022, resa nelle cause riunite C-68/21 e C-84/21), investita dallo stesso Consiglio di Stato con due ordinanze del 14 dicembre 2020, aventi ad oggetto altrettanti quesiti pregiudiziali: il primo, relativo all’obbligatorietà dell’omologazione dei ricambi per i veicoli, il secondo afferente al modo con il quale la lex specialis consente ai concorrenti di provare l’equivalenza dei beni offerti nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica. In ordine alla prova dell’equivalenza, la Corte ha statuito che: “2) Gli articoli 60 e 62 della direttiva 2014/25/ UE del Parlamento europeo e del Consiglio […] devono essere interpretati nel senso che: alla luce della definizione del termine «costruttore» di cui all’articolo 3, punto 27, della direttiva 2007/46, essi ostano a che un ente aggiudicatore, nell’ambito di una gara d’appalto avente ad oggetto la fornitura di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, possa accettare, come prova dell’equivalenza dei componenti contemplati dagli atti normativi di cui all’allegato IV alla direttiva 2007/46 e proposti dall’offerente, una dichiarazione di equivalenza rilasciata dall’offerente stesso, quando quest’ultimo non può essere considerato come il costruttore di tali componenti.”. La disamina della Corte, compendiata nel suddetto principio, delinea in modo netto il perimetro di legittimità della prova di equivalenza nell’ambito delle gare pubbliche. Innanzitutto, la Corte chiarisce la diversità delle nozioni di omologazione e di equivalenza, (par. 82-83 sentenza): l’omologazione certifica, a seguito dei controlli appropriati effettuati dalle autorità competenti, che un com-
Il ragionamento della Corte è, dunque, nella direzione di garantire l’effettività della prova di equivalenza, per consentire alla stazione appaltante una compiuta comparazione del bene offerto rispetto alle specifiche tecniche oggetto dal bando
consiglio di stato ponente sia conforme alle prescrizioni di una determinata normativa (nel caso di specie, la direttiva 2007/46 in materia di omologazione dei veicoli a motore e dei relativi componenti); l’equivalenza riguarda la questione se un componente abbia le stesse qualità di un altro componente, a prescindere dal fatto che quest’ultimo sia o meno omologato. A conferma di tale diversità, la Corte evidenzia che “[…] le prove di omologazione e quelle di equivalenza non sono quindi intercambiabili, dato che un componente di un tipo omologato può non essere equivalente al componente originale oggetto di una gara d’appalto.”. A parere della Corte, il potere discrezionale di cui l’ente aggiudicatore dispone in ordine alla prova di equivalenza deve essere esercitato in modo tale che i mezzi di prova ammessi gli consentano di procedere effettivamente a una “valutazione proficua” dell’offerta per determinare se quest’ultima sia conforme alle specifiche tecniche previste dal bando di gara (par. 99 sentenza). Pertanto, secondo la Corte la dichiarazione di equivalenza di un componente rientra tra i mezzi di prova appropriati se proviene dal costruttore del bene, sebbene esso non debba necessariamente intervenire direttamente in tutte le fasi della costruzione, e non rileva a tal fine la dichiarazione proveniente da un rivenditore o da un commerciante (par. 106-107 sentenza). Ai fini dell’appropriatezza della prova non rileva, altresì, che l’offerente sia iscritto a una camera di commercio o che la sua attività sia conforme agli standard di una certificazione di qualità (par. 108). Il ragionamento della Corte è, dunque, nella direzione di garantire l’effettività della prova di equivalenza, per consentire alla stazione appaltante una compiuta comparazione del bene offerto rispetto alle specifiche tecniche oggetto dal bando. A tal fine il Collegio europeo ha chiarito che la dichiarazione di equivalenza per poter essere annoverata quale mezzo di prova appropriato (ex art. 60 par. 5 e art. 62 par. 2 della direttiva 2014/25) deve provenire da un
soggetto in grado di garantire tale equivalenza, ciò che richiede l’assunzione di una responsabilità tecnica per i componenti oggetto di equivalenza e la disponibilità dei mezzi necessari per garantire la qualità dei componenti medesimi. Ne consegue che l’unico soggetto in grado di garantire tale giudizio è il costruttore del bene, non già colui che lo ha commercializzato senza aver partecipato materialmente al processo di costruzione (par. 109). In forza delle chiare coordinate eurounitarie, il Consiglio di Stato ha statuito che, al fine di fornire un’appropriata prova di equivalenza in sede di presentazione dell’offerta, tale da mettere in condizione la stazione appaltante di svolgere effettivamente la valutazione del bene proposto, “non può dirsi sufficiente l’attività di assemblaggio in kit di componenti prodotti da altri […] né la mera “marchiatura” dei medesimi ricambi finalizzata alla loro commercializzazione, ma occorre dimostrare di aver direttamente partecipato, se non a tutte, almeno a una delle fasi di produzione dei ricambi di cui si è certificata l’equivalenza; o, in alternativa, comprovare quanto meno sul piano indiziario, come puntualmente dedotto dall’appellante, di essere in possesso di progetti e specifiche tecniche dei ricambi in questione, di aver concluso con terzi contratti di subfornitura ai sensi della legge n. 192/1998 per la costruzione e fabbricazione dei predetti ricambi, di poter garantire nelle varie fasi del processo costruttivo un efficiente controllo di qualità ovvero di possedere le specifiche capacità produttive per le diverse ed eterogenee tipologie di componenti equivalenti offerti.”. Sulla scorta della postura della Corte di Giustizia, i Giudici italiani hanno, infine, stigmatizzato la disciplina di gara che, ai fini della verifica di equivalenza dell’offerta rispetto alle specifiche tecniche, ritenga sufficiente la presentazione di un’autocertificazione di equivalenza resa in gara da un soggetto che non sia il costruttore, ma un fornitore o un commerciante dei beni offerti, men che meno se differisca l’allegazione della prova di equivalenza a un momento successivo all’aggiudicazione.
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partenariato pubblico-privato Andrea Stefanelli - Foro Bologna
Il Partenariato Pubblico Privato
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ome noto il nuovo Codice dei contratti pubblici è suddiviso i 5 Libri, di cui il IV° rubricato “Del Partenariato Pubblico-Privato e delle Concessioni”. Detto titolo è esemplificato di un percorso che il Legislatore degli appalti ha intrapreso in questi anni. Se prendiamo infatti il 1° Testo Unico in materia di contratti pubblici (D.Lgs.n. 163/2006) e ne scorriamo l’indice, ben c’accorgiamo che l’istituto del Partenariato pubblico-privato (noto anche come PPP) non appare indicato in alcun articolo di detto Codice, che si limita a regolamentare le concessioni di servizi (art. 30) e di lavori (artt. 142-151), nonché il project financing e le società di progetto (artt. 153-156). La situazione muta nel 2° Codice appalti (D.Lgs.n. 50/2016), che appositamente dedica all’istituto delle concessioni la Parte III mentre regolamenta, nella successiva Parte IV°, il Partenariato pubblico-privato, le Società in house e la figura del Contraente generale. Anche in questo caso, tuttavia, il titolo ‘dice molto’, in quanto si parla di ‘Partenariato pubblico-privato e Contraente generale e altre modalità di affidamento’ ove, con il termine “altre”, il Legislatore sembra voler definire gli istituti del PPP e Contraente generale come vere e proprie “modalità di affidamento” e NON, invece, come dei particolari tipi di contratti pubblici. Non solo in quanto l’art. 180 dello stesso D.Lgs.n. 50/2016 definisce poi il PPP come “un contratto a titolo oneroso [in cui] i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropar-
tita economica ricevuta dal medesimo operatore, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna”. Il PPP non viene dunque limitato in un ‘numero chiuso’ di differenti tipologie contrattuali ma definito, da un lato, come una “modalità di affidamento” (ad esempio l’”in house”) mentre, dall’altro, vengono legittimate tutte le possibili modalità pattizie con qualsivoglia “contropartita economica” disposta a favore dell’operatore privato. Di quest’ultima tipologia, quindi, fanno parte la Concessione – che è un contratto in forza del quale una P.A. affida ad un operatore privato la realizzazione di un’opera e/o l’esecuzione di un servizio non a suo favore ma a quello di un terzo, a fronte del diritto di percepire un corrispettivo da parte di detto terzo che, qualora nel tempo risulti estremamente rilevante, può portare anche all’obbligo di versamento di un canone concessorio dal privato alla P.A. concedente – la Finanza di progetto – che è un contratto in cui un privato investe asset per la realizzazione di un’opera pubblica che verrà successivamente “sfruttata” per consentire la remunerazione degli asset investiti – il Contratto di disponibilità – in cui il privato costruisce e/o mette a disposizione di una P.A. un immobile a fronte di una remunerazione rappresentata o da un canone versato (ma solo a fronte dell’effettivo utilizzo), o quale contributo della P.A. all’atto di edificazione dell’immobile o, infine, quale prezzo di trasferimento per la cessione finale di detto immobile. Stante dunque l’assoluta libertà convenzionale riconosciuta all’istituto del PPP, la differenza che rinviene nel Codice del 2016 sta nella diversa modalità
La P.A., allo scopo di poter assumere una decisione legittima e del tutto scevra da possibili contestazioni, prima di procedere deve confrontare e valutare costi e benefici di ricorrere ad un PPP rispetto a quelli d’affidare un contratto d’appalto, per una durata contrattuale equivalente al fine di rendere comparabili le due diverse opzioni
partenariato pubblico-privato di remunerazione dell’operatore economico, in quanto la Concessione viene definita come quel contratto in cui al concessionario è riconosciuto “unicamente il diritto di gestire le opere [o “i servizi”]”, mentre tra i PPP rientrano (come visto) la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria ed il contratto di disponibilità nonchè “qualunque altra procedura di realizzazione in partenariato di opere o servizi che presentino le caratteristiche di cui ai commi precedenti” (art. 180, comma 8 del D.Lgs.n. 50/2016), senza quindi alcuna limitazione di forma né definizione di modalità remunerativa. Da questa lunga digressione si può dunque trarre una prima importante conclusione. Partendo infatti dalle definizioni di PPP e di Concessioni non vi è chi non veda fra dette figure un rapporto di “genere” a “specie” tale per cui le concessioni altro non sono che una particolare tipologia di PPP, di cui condividono i tratti caratterizzanti (l’allocazione del rischio operativo ecc.) ma con la peculiarità che la remunerazione discende, nelle concessioni, “unicamente” dal diritto di gestione delle opere/servizi (integrato eventualmente da un “prezzo”).Questo particolare rapporto di “genere” a “specie” ha finalmente trovato la sua definitiva consacrazione del nuovo Codice dei contratti pubblici che, come visto, inverte la classificazione degli istituti ed intitola appunto il IV° Libro “Del Partenariato Pubblico-Privato e delle Concessioni” di cui queste ultime, appunto, non sono altro che una specifica tipologia di PPP. Ma l’aspetto ancor più sorprendente di detta nuova tassonomia non è solo l’aver ricompreso le concessioni fra le figure di PPP, quanto piuttosto la definizione che dello stesso Partenariato dà il Legislatore del 2023, che non parla più di “contratti” (come faceva il D.Lgs.n. 163/06) né “di modalità di affidamento” (come invece il successivo D.Lgs.n. 50/16) ma che definisce il PPP come una “operazione economica” (art. 174, rubricato appunto “Nozione”) !! In effetti, potendo come visto il Partenariato pubblico-privato essere definito secondo una duplice veste, sia di tipologia contrattuale (secondo le diverse casistiche) che di modalità procedimentale (affidamento “in house” o gare per l’aggiudicazione di concessioni ecc.), la sua più corretta e ‘moderna’ definizione risulta dunque di “modello procedimentale/contrattuale”, che si può diversamente declinare a seconda delle differenti situazioni in cui ci si trova nonchè delle esigenze da soddisfare. La natura Che poi il PPP sia una “’operazione economica” è una definizione tanto “dirompente” in quanto non lo si intende più connotare sotto l’aspetto ‘soggettivo’ (l’ente appaltante, il concedente, il promotore ecc.) né “oggettivo” (solo contratti di concessione, di locazione finanziaria, di dispo-
nibilità ecc.), ma lo si vuole caratterizzare ed individuare sotto il profilo della sua sola “natura economica”. Pertanto si potrà avere un PPP tutte le volte in cui la dinamica del rapporto economico fra le Parti risulta caratterizzata dai seguenti profili (art. 174, comma 1): a) è stato sottoscritto un contratto di ‘lunga durata’ che persegue un “interesse pubblico” come risultato; b)la copertura dei fabbisogni finanziari per la realizzazione dell’oggetto contrattuale deve provenire “in misura significativa” dalla parte privata; c) alla stessa parte privata spetta poi il compito di “realizzare e gestire” il progetto, mentre a quella pubblica la definizione degli obiettivi e la verifica del loro raggiungimento; d)il rischio operativo deve (di conseguenza) essere allocato in capo al soggetto privato. Peraltro il “superamento” delle rigide categorie entro cui finora venivano classificati i PPP alla luce dei precedenti Codici è (anche) la conseguenza della definizione dei principi di cui ai primi articoli del D.Lgs.n. 36/2023 fra cui s’annoverano, oltre al principio “del risultato” (art. 1), quello di “auto-organizzazione amministrativa” (art. 7) ma, soprattutto, il “principio di autonomia contrattuale” (art. 8) in forza del quale le Pubbliche Amministrazioni possono oggi “concludere qualsiasi contratto, anche gratuito”. Detta libertà convenzionale non deve apparire “scontata” in quanto, fino all’espressa codificazione di cui al citato art. 8, le Amministrazioni pubbliche non era affatto libere di sottoscrivere qualsiasi tipologia contrattuale se non quelle espressamente codificate dal D.Lgs.n. 50/2016 e/o da altre (eventuali) normative di settore. Le novità normative Alla luce di tutto quanto sopraesposto si può dunque affermare come il D.Lgs.n. 36/2023 abbia oggi distinto due grandi categorie di contratti pubblici: l’Appalto (Libro I°) ed il Partenariato pubblico-privato (Libro IV°), che si candida ad essere quindi ‘tutto quello che non è’ un appalto pubblico, con la caratteristica di non essere limitato al rispetto di alcuna forma tipizzata. Ciò in quanto la differenza fra l’appalto e le (variegate) figure di PPP si rinviene - in fondo – solo in ragione della diversa natura economica delle possibili tipologie contrattuali di partenariato. Così infatti - se nell’appalto la P.A. “paga” un operatore economico affinché eroghi a suo favore una prestazione (sia questa la realizzazione di un’opera, la fornitura di beni e la somministrazione di servizi pubblici), configurandosi dunque come un rapporto “passivo” (la P.A. riceve una prestazione) di natura tutta “interna” (la prestazione è svolta a favore esclusivamente della P.A.),
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partenariato pubblico-privato
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- i PPP regolamentano invece tutti gli altri rapporti che possono intercorrere fra il pubblico ed il privato, di qualsivoglia genere e natura, senza limitazione di modalità remunerativa ma con l’espresso vincolo che sia il privato a realizzare e gestire l’attività contrattualmente dedotta, quale logica conseguenza che la maggioranza dell’investimento grava su di lui, che quindi si deve accollare il rischio operativo (in tutte le sue diverse declinazioni). Da quanto sopradetto ne consegue un’importantissima novità introdotta dal D.Lgs.n. 36/2023, ovvero il “superamento” del limite del 49% come previsto dall’art. 180, comma 6 del precedente Codice, in forza del quale l’investimento pubblico in un Partenariato pubblico-privato in nessun caso poteva superare una specifica (e ben determinata) soglia, inizialmente prevista del 30% per poi salire fino al 49% (D.Lgs.n. 56/2017). Il nuovo Codice appalti si limita a prevedere - come detto - l’espresso obbligo di copertura dei fabbisogni finanziari “in maniera significativa” in capo alla parte privata, rinviando per il resto espressamente ai contenuti delle decisioni Eurostat (art. 175, comma 9) nonchè lasciando alla piena autonomia alle parti la definizione del contenuto convenzionale, in ossequio al principio di “autonomia contrattuale” di cui all’art. 8 sopra ricordato. Per il resto il D.Lgs.n. 36/2023 non introduce particolari novità nella trattazione dell’istituto del PPP, eccezione fatta per un’evidente semplificazione del precedente art. 180 (ora artt. 174) ma, soprattutto, per l’introduzione di un articolo specifico sulla programmazione e valutazione prelimina-
re dei PPP (art. 175).Viene così disposto come oggi, per procedere ad un Partenariato pubblico-privato (di qualunque natura esso sia) occorre che le Pubbliche Amministrazioni adottino un Programma triennale che indichi le “esigenze pubbliche” che si intendono soddisfare “attraverso forme di partenariato”. Il ricorso al PPP deve poi essere preceduto da una ‘valutazione preliminare di convenienza e fattibilità’, volta ad accertare se il progetto i) sia idoneo ad essere finanziato da risorse private, ii) sia capace di generare soluzioni innovative, iii) abbia correttamente allocato il rischio operativo nonchè, infine, iv) vi sia capacità d’indebitamento e disponibilità di bilancio della P.A. Disposizione di chiusura ma tuttavia fondamentale stante la libertà contrattuale oggi concessa alle parti - è che la P.A., allo scopo di poter assumere una decisione legittima e del tutto scevra da possibili contestazioni, prima di procedere confronti e valuti i costi e benefici di ricorrere ad un PPP rispetto a quelli d’affidare un contratto d’appalto, per una durata contrattuale equivalente al fine di rendere comparabili le due diverse opzioni. Tale obbligo accertativo, di fatto, assume il significato di definitivamente equiparare - agli occhi del Legislatore e, di conseguenza, anche di tutte le PP.AA. nonchè degli operatori economici – i contratti di appalto con tutte le possibili figure di partenariato pubblico-pubblico. Equiparazione che quindi non può che definitivamente “sdoganare” la figura del Partenariato pubblico-privato (che nel Codice del 2006 non era neppure presente!), a cui quindi non potrà che arridere un futuro gioioso.
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whistleblowing Giampaolo Austa - Avvocato - Professore incaricato di Diritto Amministrativo presso l'Università degli studi della Tuscia
La nuova normativa sul whistleblowing: novità e obblighi per le Pubbliche amministrazioni
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histleblower, traducibile letteralmente come “soffiatore di fischietto”, è il termine con il quale viene individuato il soggetto che segnala, in via riservata o anonima, un illecito commesso da un terzo nell’ambito dell’ente presso cui lavora o svolge la propria attività. Il segnalante è destinatario di misure di sostegno e protezione, innanzitutto in termini di riservatezza e anti-ritorsive, necessarie a porlo nella condizione di decidere di denunciare la commissione dell’illecito senza la preoccupazione di dover subire, per questo, conseguenze negative. Il whistleblowing non rappresenta una novità per le pubbliche amministrazioni italiane visto che, sotto la spinta del legislatore eurounitario, questo istituto aveva già trovato ingresso nel nostro ordinamento e, fino a poco tempo fa, era regolato dalla Legge n. 179/2017 recante, però, solo tutele limitate per i soggetti segnalanti. Con Il d.lgs. n. 24 del 10.03.2023 (da ora anche solo il “Decreto”), che ha attuato nell’ordinamento interno la Direttiva UE n. 1937 del 23.11.2019, è stato fatto più di un passo in avanti verso la definizione di un sistema compiuto di tutele - e non solo per il segnalante - al fine di rendere questo istituto effettivo e concreto anche in considerazione dello scarso utilizzo che, fino ad oggi, ne è stato fatto. Con le proprie relazioni annuali, di cui l’ultima dell’8.06.2023, l’ANAC
ha certificato un numero sempre minore di segnalazioni che, se nel 2019 erano state 873, sono diminuite di anno in anno fino ad arrivare alle 347 del 2022 (https:// www.anticorruzione.it/-/relazione-annuale-2023). Il 64% delle segnalazioni ricevute nell’ultimo anno è stato archiviato per mancanza dei dati essenziali, per la genericità del contenuto o per difetto di competenza dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Inoltre, l’ANAC, nella relazione 2022, aveva sottolineato che, specie nei primi anni, il whistleblowing era stato concepito “un po’ come uno sfogatoio tramite il quale far pervenire ad ANAC ogni specie di lamentela” (https://shorturl.at/ zAGPX), mentre l’emanazione delle prime linee guida, nel 2021, ha aiutato i destinatari a comprendere la reale finalità dell’istituto e i limiti dello stesso. Con il presente approfondimento, esamineremo le principali novità della nuova normativa anche alla luce delle indicazioni fornite dall’ANAC con le seconde linee guida pubblicate il 12.07.2023. Questa normativa interessa, in primis, le pubbliche amministrazioni e, quindi, anche gli enti del SSN, compresi quelli privati accreditati e/o convenzionati. Le nuove previsioni sono efficaci dal 15.07.2023. Le segnalazioni e le denunce effettuate precedentemente continueranno ad essere regolate dalla Legge 179/2017 e dagli artt. 54-bis del d.lgs. 165/2001, nonché dall’art. 6 del d.lgs. 231/2001
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del Decreto, sono al di fuori della disciplina: (a) le contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale (b) le segnalazioni di violazioni già disciplinate in via obbligatoria dagli atti dell'Unione europea o nazionali (c) le segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale
whistleblowing per i soggetti tenuti all’applicazione di questa normativa. Invece, le medesime previsioni, che sono state abrogate per effetto dell’entrata in vigore della nuova normativa, non sono più efficaci per le segnalazioni e le denunce effettuate dopo il 15.07.2023. Dal punto di vista soggettivo, la nuova normativa amplia l’ambito di applicazione della disciplina e, di conseguenza, i soggetti tenuti al rispetto delle previsioni del Decreto che possono essere pubblici o privati. Oltre alle pubbliche amministrazioni in senso proprio, alle autorità amministrative indipendenti, agli enti pubblici economici, alle società e agli altri enti sotto il controllo pubblico e alle società in house, l’art. 3, estende l’applicazione della normativa anche agli organismi di diritto pubblico e ai concessionari di pubblico servizio. Anche alcuni soggetti del settore privato sono tenuti all’applicazione del Decreto e, in particolare, gli enti che, nell’ultimo anno, hanno impiegato, con contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato, una media di almeno cinquanta lavoratori subordinati. Oltre a questi, sono tenuti all’applicazione della normativa anche gli enti che, pur non avendo almeno cinquanta dipendenti, rientrano tra quelli obbligati al rispetto della disciplina europea in materia di mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (indicati nell’allegato I al Decreto). Infine, la disciplina si applica anche a tutti gli enti che rientrano nell’ambito di applicazione del d.lgs. 231/2001 e adottano modelli di organizzazione, gestione e controllo ivi previsti. È, dunque, piuttosto evidente un significativo ampliamento dell’ambito di applicazione della disciplina visto che questa, prima, coinvolgeva essenzialmente solo le pubbliche amministrazioni e i privati che avevano adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo. Il Decreto ha ampliato anche i soggetti che godono di protezione. Tra questi dobbiamo distinguere il c.d. “segnalante”, ossia colui il quale effettua la segnalazione, la denuncia o la divulgazione pubblica e gli altri che, pur non rientrando nella prima categoria, abbiano una connessione con il segnalante tale da renderli meritevoli di protezione. Lasciando, per un attimo, da parte questa seconda categoria di soggetti, sono considerati segnalanti e, dunque meritevoli di protezione non solo i dipendenti degli enti, pubblici o privati, sopra elencati, ma anche lavoratori autonomi, liberi professionisti, consulenti, volontari o tirocinanti per fatti avvenuti durante il rapporto di lavoro o il rapporto giuridico instaurato con l’ente. In questa casistica rientra anche il fatto avvenuto durante il periodo di prova e anteriormente o successivamente alla costituzione del rapporto giuridico. Ad esempio, la segnalazione è possibile se l’evento è avvenuto (i) quando i rapporti giuridici non sono ancora iniziati, se le informazioni sono state acquisite durante il processo
di selezione o in altre fasi precontrattuali, (ii) durante il periodo di prova o (iii) successivamente allo scioglimento del rapporto giuridico, ma solo se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso dello stesso (art. 3, co. 4). Inoltre, come detto, il Decreto fa anche riferimento a lavoratori o collaboratori che svolgono la propria attività lavorativa presso soggetti del settore pubblico che forniscono beni o servizi o che realizzano opere in favore di terzi, ma che di fatto rientrano nelle tipologie sopra indicate. Affianco a questi, sono considerati segnalanti e, dunque, usufruiscono delle misure di protezione anche gli azionisti, se persone fisiche, e i soggetti con funzioni di amministrazione, direzione e controllo, vigilanza o rappresentanza degli enti stessi. Come detto, però, una delle maggiori innovazioni della nuova normativa è rappresentata dall’estensione delle misure di protezione anche a soggetti diversi dal segnalante purché, in qualche modo, legati a quest’ultimo. Il primo di questi soggetti è il c.d. “facilitatore”, ossia colui il quale “assiste il segnalante nel processo di segnalazione, operante all’interno del medesimo contesto lavorativo e la cui assistenza deve essere mantenuta riservata” (cfr. definizione contenuta all’art. 2, co. 1, lett. h del decreto). Si tratta, dunque, di una persona fisica che fornisce consulenza o sostegno al segnalante e che opera nel medesimo contesto lavorativo. Il facilitatore potrebbe essere un collega del segnalante che riveste, ad esempio, la qualifica di sindacalista. In tal caso, però, precisano le Linee guida ANAC, se assiste il segnalante senza spendere la sigla sindacale riceve le tutele previste dal Decreto mentre se lo fa utilizzando la sigla sindacale la sua posizione è tutelata dalla normativa in tema di consultazione dei rappresentanti sindacali e di repressione delle condotte antisindacali di cui alla Legge n. 300/1970. Più persone potrebbero subire ritorsioni, dirette o indirette, in ragione del rapporto con il segnalante. Per questo, sono destinatari delle misure di protezione anche le “persone del medesimo contesto lavorativo” che sono legate al segnalante da uno stabile rapporto affettivo o di parentela. In tal caso, sarà, tuttavia, necessario accertare l’esistenza di tale collegamento; se questo è semplice per i rapporti di parentela, nella pratica, potrebbe non essere lo stesso per i soggetti connotati da uno “stabile rapporto affettivo”, concetto che potrebbe essere interpretato in maniera più o meno ampia. Accanto a queste figure, il decreto considera, poi, anche i colleghi di lavoro con rapporto abituale o corrente con il segnalante e gli enti di proprietà di quest’ultimo, quelli in cui il segnalante lavora o che operano nel medesimo contesto lavorativo. Oggetto delle segnalazioni possono essere gli illeciti civili, amministrativi, penali e contabili e quelli sanzionati ai sensi del d.lgs. 231/2001. Oltre a questi, la nuova disciplina prevede che possano essere oggetto
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whistleblowing
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di segnalazione anche le violazioni della normativa UE indicata nell’Allegato I del Decreto, atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’UE, riguardanti il mercato interno che compromettono la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali e che vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni dell’UE nei settori indicati. Per comprendere appieno l’ambito di applicazione del whistleblowing, però, è utile ricordare cosa non può essere oggetto di segnalazione, divulgazione pubblica o denuncia. Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del Decreto, sono al di fuori della disciplina: (a) le contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale o ai propri rapporti individuali di lavoro o di impiego pubblico, ovvero inerenti ai propri rapporti di lavoro o di impiego pubblico con le figure gerarchicamente sovraordinate, (b) le segnalazioni di violazioni già disciplinate in via obbligatoria dagli atti dell’Unione europea o nazionali indicati nella parte II dell’allegato I del Decreto (come, ad esempio, il settore dei servizi finanziari) e (c) le segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale a meno che rientrino nel diritto derivato pertinente dell’Unione europea. Diversamente da quanto previsto dalla precedente normativa, non possono essere oggetto di segnalazione neppure le mere irregolarità. Sono, quindi, escluse le segnalazioni riguardanti vertenze di lavoro, conflitti interpersonali con i colleghi o i sovraordinati, presunte disparità di trattamento o violazioni circa il trattamento dei dati a meno che non sia configurabile una lesione dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato soggetto alla disciplina in argomento. Naturalmente, la segnalazione deve riguardare atti o omissioni di cui il segnalante è venuto a conoscenza nel contesto lavorativo, pubblico o privato, in cui si trova. Questa precisazione limita certamente l’ambito di applicazione, ma la definizione è volutamente ampia al fine di ricomprendere non solo i soggetti che hanno con l’ente un rapporto di lavoro in senso stretto essendo, invece, sufficiente un rapporto giuridico tale da integrare una “relazione qualificata” (come, ad esempio, un periodo di prova, un colloquio di lavoro, una fase precontrattuale, la prestazione di servizi anche a titolo gratuito, ecc.). La segnalazione deve basarsi su una convinzione ragionevole che il fatto illecito sia avvenuto e che le informazioni segnalate siano veritiere e rientrino nell’ambito di applicazione del Decreto mentre non sono segnalabili meri sospetti o “voci di corridoio”. Come correttamente rilevato dall’ANAC, i motivi che hanno indotto la persona a segnalare, denunciare o divulgare pubblicamente sono irrilevanti ai fini della trattazione della segnalazione e della protezione da misure ritorsi-
ve. Resta comunque fermo che non sono considerate segnalazioni di whistleblowing quelle aventi ad oggetto una contestazione, rivendicazione o richiesta legata ad un interesse di carattere personale del segnalante. Il Decreto, nel recepire le indicazioni della Direttiva UE, ha previsto diversi canali di segnalazione che possono essere agevolmente suddivisi in (i) interni ed (ii) esterni. La normativa incoraggia l’utilizzo prioritario dei canali interni e consente quello dei canali esterni solo in particolari casi come, ad esempio, la mancata attivazione o il mancato funzionamento dei canali interni. In questi casi, si può effettuare la segnalazione direttamente all’ANAC che, però, ove dovesse verificare l’insussistenza di valide ragioni per non utilizzare il canale interno, sarebbe costretta a inviare la segnalazione all’organo designato dall’ente per la gestione della stessa secondo il proprio regolamento. Il canale interno può essere sviluppato secondo una o più modalità di segnalazione potendo prevedere, ad esempio, (i) una comunicazione scritta con modalità informatiche, i.e. mediante l’uso di una piattaforma online, ovvero (ii) una comunicazione orale, tramite linee telefoniche, sistemi automatizzati di messaggistica o tramite incontro diretto. In ogni caso, anche qualora la segnalazione fosse anonima, il destinatario dovrà garantire la riservatezza del segnalante e del contenuto della segnalazione e dovrà provvedere a dare un feedback dell’avvenuto ricevimento entro sette giorni dall’invio. L’utilizzo dell’email o della PEC per la ricezione delle segnalazioni non è considerato uno strumento appropriato a garantire la riservatezza visto che questa modalità potrebbe consentire di risalire agevolmente al mittente. Al contempo, l’uso della piattaforma telematica non è obbligatorio, purché la modalità scritta garantisca la riservatezza del mittente e del contenuto della segnalazione. La gestione delle segnalazioni può essere affidata a una persona o a un ufficio dell’Ente o anche ad un soggetto esterno fermo restando che, per le amministrazioni tenute a nominare un Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), la gestione del canale interno è affidata a quest’ultimo. In casi residuali, come, ad esempio, ove la segnalazione interna o quella esterna non abbiano avuto seguito o nel caso in cui circostanze concrete inducano a ritenere sussistente un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse, allora è possibile procedere alla divulgazione pubblica. Il Decreto, in conformità alla precedente disciplina, riconosce ai soggetti tutelati anche la possibilità di rivolgersi all’Autorità giudiziaria. Così come indicato già nelle linee guida ANAC del 2021, qualora il whistleblower rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, anche laddove abbia effettuato una segnalazione attraverso i canali interni o esterni come pre-
whistleblowing visto dal decreto, è tenuto anche a denunciare, ai sensi degli artt. 361 e 362 c.p., l’illecito penalmente rilevante e le ipotesi di danno erariale alla competente Autorità giudiziaria. Come detto, le segnalazioni possono essere riservate o anche anonime. In ogni caso, sia l’ANAC che l’ente, pubblico o privato, che ha ricevuto la segnalazione devono gestirla ugualmente purchè, naturalmente, le informazioni ivi contenute siano sufficienti a consentirne la trattazione. Ove, dal contenuto della segnalazione o da altri elementi, emerga l’identità del segnalante e il fatto che questo ha subito ritorsioni, si applicano le misure di protezione previste dal Decreto. E veniamo, infine, alle misure di sostegno e protezione che seguono tre direttrici: (i) la tutela della riservatezza, (ii) la tutela da eventuali ritorsioni e (iii) la limitazione della responsabilità rispetto alla rivelazione e alla diffusione di alcune categorie di informazioni. Il nuovo decreto vieta poi, in generale, rinunce e transazioni dei diritti e dei mezzi di tutela ivi previsti se non sottoscritte in sede protetta. La tutela della riservatezza riguarda sia l’identità del segnalante o degli altri soggetti prima menzionati sia le circostanze contenute nella segnalazione, ivi inclusa la documentazione allegata da cui si potrebbe dedurre, direttamente o indirettamente, l’identità del soggetto meritevole di tutela. È chiaro che la riservatezza può, in molti casi, evitare tout court qualsiasi ipotesi di ritorsione. In ogni caso, il Decreto prevede, a tutela del whistleblower, il divieto di ritorsione definita come “qualsiasi comportamento, atto od omissione, anche solo tentato o minacciato, posto in essere in ragione della segnalazione, della denuncia all’autorità giudiziaria o della divulgazione
pubblica e che provoca o può provocare alla persona segnalante o alla persona che ha sporto la denuncia, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto”. La definizione è, anche in questo caso, ampia e può consistere sia in atti o provvedimenti che in comportamenti od omissioni che si verificano nel contesto lavorativo e che arrecano pregiudizio ai soggetti tutelati. La ritorsione può essere anche solo tentata o minacciata. Le ritorsioni possono essere segnalate ad ANAC dai soggetti che le hanno subite e che sono meritevoli di tutela (quindi, segnalante, facilitatore, ecc.) mentre, diversamente dalla precedente normativa, non è prevista la comunicazione da parte delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Naturalmente, la comunicazione della ritorsione dovrà possibilmente indicare anche la consequenzialità ritenuta esistente tra la segnalazione, divulgazione o denuncia e la ritorsione lamentata. Laddove la segnalazione della ritorsione pervenga ad un soggetto diverso da ANAC (ad esempio al responsabile della prevenzione della corruzione), questi è tenuto a garantire la riservatezza del mittente e del contenuto della comunicazione e a inviala ad ANAC. Riassunti i tratti caratteristici della nuova normativa non si può non notare che la disciplina è stata notevolmente implementata prevedendo, da un lato, una casistica più ampia e, dall’altro, una maggiore strutturazione delle tutele garantire ai soggetti interessati. Questo al fine di far percepire lo strumento come effettivamente interessante e assicurare, nel tempo, un più efficace contrasto ai fenomeni corruttivi. Verificheremo, poi, nella pratica, se questi obiettivi sono stati raggiunti.
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normazione Luca Griselli - Studio legale Griselli - Salina
La rinegoziazione dei contratti di appalto di servizi e forniture, tra lacune del vecchio Codice, giurisprudenza (troppo?) prudente e innovazioni del “nuovo” Codice
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l Codice dei contratti del 2006 (Codice De Lise) all’art. 115 imponeva che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture recassero una clausola di revisione periodica del prezzo. Si trattava (e si tratta) di un istituto, quello della revisione dei prezzi “preordinato, nell’attuale disciplina, alla tutela dell’esigenza, propria dell’Amministrazione, di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati, nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto. Solo in via mediata l’istituto in esame tutela l’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni” (da ultimo C. di Stato, Sez. V, 14 marzo 2023 n. 2650). Nonostante la concezione tutto sommato riduttiva dell’istituto da parte della giurisprudenza, i contratti sottoscritti sotto l’egida del Codice De Lise avevano comunque il pregio di contenere un presidio giuridico idoneo a fornire una qualche tutela per gli appaltatori, qualora nel corso dell’esecuzione del rapporto si fossero registrati aumenti dei costi, con speculare riduzione della relativa remuneratività. Si può allora dire, sia pure con il senno di poi, che il legislatore del 2016 (d.lgs. 50/2016) ha commesso un grave errore, là dove, all’interno dell’art. 106 (dedicato alla complessiva disciplina
della modifica dei contratti durante il periodo di efficacia) ha reso meramente facoltativo l’inserimento della clausola di revisione dei prezzi nei contratti di appalto. Tale nuova impostazione, infatti, ha mostrato tutta la propria inadeguatezza a fronte degli eventi (pandemia e guerra) che a partire dal 2020 hanno, tra l’altro, stravolto (anche) il mercato delle materie prime, mettendo in crisi (anche) l’equilibrio economico dei contratti di appalto. E’ noto, infatti, che l’art. 106 comma 1 del D.lgs. 50/2016 ammetteva modifiche contrattuali riguardanti il corrispettivo dell’appalto: “se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi”. In tal modo, a partire dal 2016, l’istituto della revisione dei prezzi è risultato applicabile solo nelle ipotesi in cui le singole Stazioni appaltanti avessero inserito negli atti di indizione della procedura di affidamento del contratto apposite clausole. Non meno problematico è risultato poi il richiamo, contenuto nell’art. 106 c. 1 e valido solo per i contratti stipulati dai soggetti aggregatori, alle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Tale ultima previsione ha infatti a sua volta un ambito oggettivo di applicazione piuttosto limitato, dato che presuppone comunque l’esistenza di una “clausola di revisione e adeguamento dei prezzi … collegata o indicizzata al valore di beni indifferenziati”. E
Nel nuovo Codice è stato finalmente inserito un rimedio manutentivo del contratto, maggiormente conforme all’interesse dei contraenti – e dell’amministrazione in particolare – in considerazione dell’inadeguatezza della tutela meramente demolitoria apprestata dall’art. 1467 c.c..
normazione dispone che “qualora si sia verificata una variazione nel valore dei predetti beni, che abbia determinato un aumento o una diminuzione del prezzo complessivo in misura non inferiore al 10 per cento e tale da alterare significativamente l’originario equilibrio contrattuale, come accertato dall’autorità indipendente preposta alla regolazione del settore relativo allo specifico contratto ovvero, in mancanza, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’appaltatore o il soggetto aggregatore hanno facoltà di richiedere, con decorrenza dalla data dell’istanza presentata ai sensi del presente comma, una riconduzione ad equità o una revisione del prezzo medesimo”. E’ noto che pandemia e guerra hanno fatto emergere con drammaticità l’inadeguatezza del sistema, non solo degli appalti pubblici, ma anche di quelli privati, a fronte di stravolgimenti del sinallagma contrattuale esorbitanti dall’ordinaria alea che ciascuna parte ordinariamente si assume. Sul fronte civilistico l’art. 1467 c.c. si limita a stabilire che “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili), la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”. Dunque, in teoria si può chiedere solo la risoluzione del contratto, nonostante che in ipotesi invece persista l’interesse e la necessità della sua prosecuzione (in proposito, si segnala peraltro che nell’ambito dei rapporti di natura privatistica è stata offerta un’interpretazione “evolutiva” dell’art. 1467 c.c., traendo da essa, in combinato disposto con il precetto, di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede, l’obbligo reciproco di dar vita alla rinegoziazione del contratto “ogni qualvolta una sopravvenienza rovesci il terreno fattuale e l’assetto giuridico economico su cui si è eretta la pattuizione negoziale”: cfr. la Relazione dell’ufficio del massimario della Suprema Corte dell’8 luglio 2020, pag. 21). Sul fronte pubblicistico, l’art. 106 del d.lgs. 50/2016, espungendo l’obbligo di inserire la clausola di revisione nei contratti di appalto ha costituito la base per la conclusione di una moltitudine di contratti di servizi e forniture (i lavori hanno sempre fatto storia a sè) privi anche solo di una minima tutela per l’appaltatore, a fronte degli eventi eccezionali che hanno colpito il Paese. A ciò aggiungasi che davvero inspiegabilmente il legislatore è intervenuto per tentare di alleviare la situazione degli appaltatori nel solo comparto dei lavori pubblici, introducendo norme
ad hoc valide solo per esso (quali ad esempio l’art. 1 septies DL 73/21, che disciplina il riconoscimento di compensazioni per le variazioni di prezzo in aumento delle lavorazioni individuate con appositi decreti ministeriali, l’art. 26 del DL 50/2022, c.d. decreto aiuti, che ha previsto l’emissione di SAL in base ai nuovi prezziari regionali). Non meno insoddisfacente è stata, a mio avviso, la risposta della giurisprudenza amministrativa e dell’ANAC. Ed invero tutti i tentativi che sono stati operati, giudizialmente e non, di ottenere quanto meno un’applicazione estensiva o analogica degli istituti concepiti (apparentemente) per il solo comparto dei lavori pubblici, anche al settore dei servizi e delle forniture, si sono rivelati vani. La giurisprudenza ha più volte escluso che delle norme speciali emanate in materia di lavori pubblici potessero beneficiare gli appaltatori di servizi e forniture, ritenendo che “Detta operazione ermeneutica si tradurrebbe, infatti, in una vera e propria estensione in via analogica della disciplina, vietata ex art. 14 disp. prel. c.c. in ragione della natura eccezionale delle previsioni in parola. Ciò in quanto è fuori di dubbio che queste ultime si riferiscano testualmente ai soli appalti di lavori (così, in particolare, la rubrica dell’art. 26 del D.L. n. 50 del 2022 – “Disposizioni urgenti in materia di appalti pubblici di lavori” - nonché l’inciso di cui al suo comma 1 che specifica che la norma si applica “agli appalti pubblici di lavori” e l’impiego in essa della inequivoca locuzione “materiali di costruzione”) e non anche alla diversa fattispecie, che qui viene in rilievo, della fornitura” (così Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 febbraio 2023 n. 1844). La medesima giurisprudenza ha, inoltre, fornito un’interpretazione assai riduttiva dell’art. 1 comma 511 della legge 208/15 (in contrasto va detto con alcune pronunce di primo grado, quale ad esempio la sentenza del TAR Bolzano 21 febbraio 2023 n. 39) (cfr. al riguardo C. di Stato, Sez. III, 13 luglio 2023 n. 6848). E ancora è stata esclusa la possibilità di estendere al comparto dei servizi e delle forniture, ai fini della rimodulazione del prezzo, la previsione del comma 3 dell’art. 106, che consente modifiche contrattuali qualora “la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore”, con la precisazione che “In tali casi le modifiche all’oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d’opera”. E’ stato, infatti, ritenuto che “Mentre la lettera a) prende in esame e disciplina le “variazioni dei prezzi e dei costi standard” e risulta dunque immediatamente attinente alla fattispecie concreta, la lettera c) fa testuale ed espresso riferimento a quelle “modifiche dell’oggetto del contratto” che si correlano alle “varianti in corso d’opera”», che «sono quelle modifiche che riguardano l’oggetto del contratto sul versante dei
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lavori da eseguire, (arg. da Cons. Stato Sez. II, 28 agosto 2020, n. 5288; Sez. V, 02 agosto 2019, n. 5505; Sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2969; ma, in linea generale, nulla preclude di riferire la disciplina in questione anche alle forniture da erogare o ai servizi da svolgere) . . . Le modifiche dell’oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l’appaltatore va a trarre dall’esecuzione del contratto vanno invece sussunte nell’ambito della fattispecie di cui alla lettera a), che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle “variazioni dei prezzi e dei costi standard” (C. di Stato, Sez. IV, 31 ottobre 2023 n. 9426). Dal canto suo l’ANAC (ad esempio nel parere 20/22) ha interpretato in modo rigido tutte le norme sopra richiamate e l’art. 106 del d.lgs. 50/2016 affermando a chiare lettere che “Lo stesso legislatore non ha invece adottato specifiche misure per gli appalti di servizi e forniture. L’assenza di un meccanismo di compensazione/ revisione dei prezzi anche per gli appalti di servizi e forniture, analogo a quello disciplinato per i lavori, è stata evidenziata anche dall’Autorità, la quale ha chiesto al Governo e al Parlamento un urgente intervento normativo volto a consentire “la revisione dei prezzi negli appalti per far fronte agli esorbitanti incrementi delle materie prime nei contratti in corso di esecuzione riguardanti servizi e forniture… Pertanto, con riguardo ai contratti di servizi e forniture, le stazioni appaltanti, a seguito dell’emergenza sanitaria in corso, possono procedere a modifiche dei rapporti contrattuali in corso, nei limiti indicati dall’art. 106 citato. Conseguentemente, l’eventuale revisione dei prezzi per tali contratti (anche alla luce del citato art. 29 della l. 25/2022) deve essere ricondotta nelle medesime previsioni dell’art. 106 del Codice, il quale contempla, al comma 1, lett. a), la possibilità di procedere alla revisione dei prezzi, purché la stessa sia stata prevista nei documenti di gara “in clausole chiare, precise e inequivocabili”. L’Autorità ha anche escluso “La possibilità …di applicare l’art. 1664 c.c. ai fini della revisione dei prezzi negli appalti di servizi e forniture, (dato che) sembra non trovare riscontro nelle previsioni dell’art. 106 del Codice, il quale oltre a non contemplare tale ipotesi, sembra costituire altresì una norma speciale in tale materia, dettando una specifica disciplina in tema di variazioni dei contratti in corso di esecuzione (tanto che gli interventi normativi più recenti in tema di revisione dei prezzi, tra i quali l’art. 1-septies del d.l. 73/2021 e l’art. 29 d.l. 4/2022, introducono previsioni in deroga all’art. 106 del Codice)”. Insomma, un quadro desolante e insoddisfacente, che non tiene minimamente conto dell’evidente eccezionalità delle vicende successive al 2020, che a mio avviso avrebbero meritato ben altro approccio, non solo in sede legislativa, ma anche giurisprudenziale, tenendo conto, ad esempio, degli spunti assai pragmatici e convincenti provenien-
ti dall'Ufficio del massimario della Suprema corte. È, dunque, a mio avviso davvero rimarchevole che nel nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023), in vigore dal 1° luglio 2023, si rinvengano ben due nuove norme, una delle quali addirittura collocata all’interno dei principi generali, che offrono un’impostazione completamente nuova della materia. L’art. 9 si occupa del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale. Esso al comma 1 dispone che: “Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta”. Inoltre, al comma 3 dispone che: “Se le circostanze sopravvenute di cui al comma 1 rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell’impossibilità parziale“. Come chiarito anche nella relazione illustrativa del Codice l’articolo 9 mira a disciplinare le sopravvenienze che possono verificarsi nel corso dell’esecuzione del contratto, alterandone l’equilibrio originario o facendo venir meno, in parte o temporaneamente, l’interesse del creditore alla prestazione. Viene, in tal modo, introdotto un rimedio manutentivo del contratto, maggiormente conforme all’interesse dei contraenti – e dell’amministrazione in particolare – in considerazione dell’inadeguatezza della tutela meramente demolitoria apprestata dall’art. 1467 c.c.. I commi 1 e 2 riguardano l’eccezionale alterazione del sinallagma per fattori esogeni e rispetto ai quali non vi sia stata assunzione di rischio da parte dei contraenti. Vi è poi l’art. 60, che si occupa della revisione dei prezzi, confermando l’obbligo di inserire la relativa clausola all’interno di tutti i contratti di appalto e fornendo una disciplina di maggior dettaglio, rispetto al passato. Insomma, il legislatore del 2023 ha fatto tesoro della nefasta esperienza (ancora in corso) e ha introdotto una disciplina compiuta della fase esecutiva del rapporto contrattuale, che dovrebbe essere idonea a governare sia le situazioni fisiologiche (attraverso il consueto strumento della revisione dei prezzi), sia quelle eccezionali e patologiche (attraverso l’obbligo di rinegoziazione,
normazione sancito per la prima volta nel nostro ordinamento in modo espresso). Tale nuova disciplina, inoltre, benché formalmente applicabile ai soli contratti stipulati dopo la sua entra-
ta in vigore, dovrebbe indurre l’interprete a rivedere le posizioni (di chiusura) sino ad oggi assunte. Non sarebbe infatti la prima volta che norme sopravvenute forniscano spunti, chiavi di lettura, di norme già esistenti.
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normazione Stefano Cresta - Cresta & Associati − Studio Legale
La comunicazione del soccorso istruttorio nelle gare telematiche: casi e questioni
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l soccorso istruttorio nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, disciplinato dall’art. 83, co. 9, del D.lgs. 50/2016 consente, come noto, ai concorrenti di rimediare a eventuali omissioni, incompletezze e/o irregolarità di informazioni e documenti utili ai fini della partecipazione alla gara mediante l’integrazione, (in caso di omissione od incompletezza della documentazione) o la regolarizzazione di documenti già presentati ma affetti da irregolarità o errori materiali. L’importanza dell’istituto, connaturata alla sua finalità, ha importanti conseguenze concrete con riferimento alle modalità di comunicazione dello stesso – specie per le gare c.d. telematiche1 – sia dal punto di vista della Stazione appaltante che dal punto di vista dell’operatore economico. La norma citata, prevede che: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”. Il dettato normativo citato deve essere letto in combinato disposto con le altre disposizioni del Codice che disciplinano la materia delle comunicazioni, in particolare: gli artt. 40 e 52, prevedono l’obbligo di utilizzare mezzi telematici per gli scambi di informazioni (comunicazioni e offerte di gara) relative alle procedure di affida1
mento, limitando l’utilizzo delle modalità tradizionali ad esigui casi che necessitano di particolare motivazione; l’art. 58 disciplina le “Procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione”, disponendo che nel rispetto dell’articolo 52 e dei principi di trasparenza, semplificazione ed efficacia delle procedure, le stazioni appaltanti ricorrono a procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici nel rispetto delle disposizioni del Codice. L’utilizzo dei sistemi telematici non deve, però, alterare la parità di accesso agli operatori o impedire, limitare o distorcere la concorrenza o modificare l’oggetto dell’appalto, come definito dai documenti di gara; l’art. 76, del Codice, disciplina, inoltre, ai commi 5 e 6, le comunicazioni di natura individuale e/o escludente, stabilendo che debbano obbligatoriamente effettuarsi tramite posta elettronica certificata: «5. Le stazioni appaltanti comunicano d’ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni: a)l’aggiudicazione, all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti coloro che hanno presentato un’offerta ammessa in gara e a quelli la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva; b)l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi; c)la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, a tutti i candidati; d)la data di avvenuta stipulazione del contratto con l’aggiudicatario, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma. 6. Le comunicazioni di cui al comma 5 sono fatte mediante posta elettronica certificata o strumento analogo negli altri Stati membri. Le comunicazioni di cui al comma 5,
Su tale tematica sia consentito rinviare a S. Cresta, “Procedure elettroniche e strumenti di acquisto telematici nel nuovo Codice dei contratti pubblici”, in Urb. e Appalti, 8-9/2016, p. 981 e ss. nonché a S. Cresta “L’e-procurement pubblico: casi e questioni nonchè prospettive di riforma alla luce del “decreto semplificazioni” 2020, su questa Rivista 09/10.2020.
normazione lettere a) e b), indicano la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto». L’equivoco ingenerato nella prassi riguarda le procedure svolte interamente su piattaforme telematiche (quali MePA o Sintel), ove la strutturazione di tali piattaforme prevede sia possibile caricare in via diretta sulle stesse le comunicazioni afferenti alla gara, con necessità di coordinare tale circostanza di fatto con da un lato, i) l’obbligo normativo di comunicazione di taluni tipi di notizie a mezzo pec, ii) dall’altro con la lex specialis della procedura, che può prevedere la sufficienza della comunicazione espletata solo mediante la piattaforma (e senza successivo invio di specifica pec all’operatore economico interessato). Il dibattito giurisprudenziale L’equivoco di cui supra ha suscitato un acceso dibattito innanzi al Giudice amministrativo, il quale ha affermato in talune pronunce come non esista un obbligo della stazione appaltante di inviare necessariamente mediante pec una comunicazione volta a esercitare il soccorso istruttorio2, in altre la giurisprudenza ha, invece, affermato il principio per il quale l’interpretazione funzionale ed estensiva dell’attuale quadro normativo depone certamente nel senso che la comunicazione della richiesta di integrazione documentale di cui all’art. 83, comma 9, D. Lgs. n. 50/2016, rientri tra quelle per le quali risulta necessario l’utilizzo della pec; ciò in quanto comunicazione evidentemente preordinata – sul piano effettuale – all’esclusione dalla gara in caso di mancato riscontro al soccorso istruttorio disposto dall’Amministrazione3. In un’ottica di maggiore tutela per gli operatori economici, il Consiglio di Stato4 ha affermato che «se è pur vero che la modulazione degli strumenti aggiuntivi alla pubblicazione sul sito è rimessa allo scrutinio discrezionale dell’amministrazione, ciò non toglie che la scelta in concreto operata possa essere vagliata – sia pure nei limiti del sindacato sull’eccesso di potere – nel suo stesso fondamento di “adeguatezza ed opportunità”, alla luce dei generali principi di leale cooperazione e proporzionalità e, quindi, secondo i paradigmi di “buona fede” e “correttezza”, enu-
cleabili dal più ampio concetto di “buon andamento” della funzione amministrativa. Tanto vale, a maggior ragione, all’interno di procedure telematiche caratterizzate da termini particolarmente ristretti e nelle quali risulta fondamentale l’utilizzo di modalità idonee e coerenti per comunicare lo svolgimento delle operazioni di gara, onde evitare di imporre ai concorrenti degli oneri di diligenza sostanzialmente sproporzionati, che possono condurre alla loro estromissione per omissioni facilmente evitabili e, quindi, all’ingiustificata compromissione del principio della massima partecipazione […]». Ancora sulla scia di tale orientamento – in una fattispecie in cui la legge di gara non prevedeva una specifica forma di comunicazione per la richiesta di soccorso istruttorio – è stato affermato dai Tribunali di primo grado5 che “la peculiare natura intrusiva e sfavorevole dell’atto, nonché la speciale regime giuridico per esso previsto” della comunicazione di cui all’art. 83, co. 9 codice appalti, giustifica la necessarietà della trasmissione della stessa a mezzo pec. Il caso attiene all’esclusione dalla procedura di gara di un concorrente per non aver riscontrato la richiesta di soccorso istruttorio entro il termine perentorio di dieci giorni assegnato a pena di esclusione ai sensi dell’art. 83, comma 9, del Codice. Tale richiesta non veniva trasmessa all’indirizzo Pec del concorrente, ma veniva unicamente “caricata” nella c.d. “Area Comunicazioni” della piattaforma telematica della gara; la stazione appaltante inviava una mail ordinaria all’indirizzo di posta elettronica (non certificata) del concorrente con cui questi veniva informato della presenza della predetta richiesta nella c.d. “Area Comunicazioni”, mail che tuttavia veniva destinata tra la “posta indesiderata” del concorrente destinatario. Ad avviso del Tar, tali modalità di comunicazione non garantiscono alcuna certezza circa l’effettiva ricezione da parte del destinatario, con conseguente inidoneità delle stesse alla legale conoscenza della richiesta istruttoria della Stazione appaltante, avuto riguardo alle conseguenze escludenti che discendono automaticamente dalla mancata evasione, nel termine prescritto dalla legge, della richiesta di regolarizzazione.
2 TAR , Roma, Sez. II, 19 luglio 2018, n. 8223 ha affermato che: “in base ai criteri di interpretazione letterale e teleologico, l’elenco delle comunicazioni da eseguire mediante lo strumento della PEC deve ritenersi tassativo e non meramente esemplificativo. Il legislatore ha, infatti, inteso prevedere un mezzo di comunicazione rafforzata di alcuni atti rispetto ad altri, atti tutti idonei a concludere in senso positivo (aggiudicazione, avvenuta stipula del contratto) o negativo (esclusione o decisione di non aggiudicare) la procedura e che certamente non hanno natura endoprocedimentale. Si tratta, inoltre, di atti che hanno tutti capacità lesiva immediata rispetto al concorrente e ai terzi partecipanti alla gara, capacità lesiva che, invece, non si può riconoscere alla richiesta di soccorso istruttorio, se non in via ipotetica e meramente potenziale, non essendo dato sapere al momento della sua comunicazione se la stessa verrà o meno ottemperata. Per tali considerazioni la richiesta di integrazione documentale, adottata ai sensi dell’art. 83, comma 9, del D.lgs. n. 50/2016 non è ricompresa tra gli atti ai quali è applicabile il disposto dell’art. 76, comma 6, del citato D.lgs.”. 3 TAR Toscana, 26 aprile 2017, n. 609; TAR Roma, Sez. III, 30 gennaio 2019, n. 1192. 4 Cons. di Stato, Sez. III, 29 luglio 2020, n. 4811. 5 Tar Roma, sez. II, 16 ottobre 2020, n. 10550.
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È stato a tal proposito affermato che: “il codice degli appalti non predetermina una specifica forma telematica di comunicazione della richiesta di soccorso istruttorio, a differenza di quanto prevede, come si è visto, per il provvedimento di esclusione dalla gara (da comunicare tramite PEC). L’assenza di una forma espressa di comunicazione dell’atto contenente la richiesta di soccorso istruttorio non significa tuttavia che per esso possa predicarsi una qualunque forma di comunicazione. Spetterà alla stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa, scegliere la forma telematica più idonea di comunicazione, in relazione alla tipologia o al contenuto del provvedimento da comunicare, nel rispetto pur sempre dei principi imperativi posti dall’ordinamento a tutela del destinatario che si pongono quali limiti esterni all’esercizio della stessa discrezionalità”. I principi enucleati dal tar capitolino in primo grado sono stati successivamente confermati in appello6. Nello specifico, Palazzo Spada ha ritenuto che: “La lex specialis non contiene dunque una regolamentazione specifica della comunicazione della richiesta introduttiva della procedura di soccorso istruttorio; è vero che, per regola, la richiesta di chiarimenti deve essere effettuata attraverso il Sistema, ma è altrettanto vero che tale regola viene derogata nei casi in cui la norma impone una specifica forma di comunicazione, come pure nei casi in cui se ne ravvisi l’opportunità. Ciò comporta, come primo passaggio, che i vari atti componenti la lex specialis (in particolare il capitolato d’oneri, ed, ancora di più, le regole del sistema di e-procurament) non forniscono un quadro certo delle modalità in cui il soccorso istruttorio deve essere attivato, imponendosi, per la soluzione della questione, un approfondimento che tenga conto della natura del soccorso istruttorio”. La giurisprudenza è conscia della sussistenza di una diversità di opinioni: da una parte è ravvisabile l’orientamento secondo cui, specie nelle gare gestite mediante piattaforme informatiche, non sussiste l’obbligo di trasmettere via pec le richieste rivolte ai concorrenti ai fini del soccorso istruttorio; ciò in quanto: - i partecipanti alla gara sono operatori professionali, per i quali la trasmissione della richiesta mediante l’inserimento in un’apposita area dedicata, deve ritenersi modalità adeguata ed idonea a consentire la piena e tempestiva conoscenza da parte del concorrente7; - la richiesta di integrazione documentale di cui all’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 non è espressamente ricompresa tra gli atti cui è direttamente appli6 Cons. Stato, Sez. V, 31.08.2021, n. 5132. 7 Tar Roma, sez. II, 9 agosto 2019, n. 10499. 8 Tar Roma, 8223/2018 cit.. 9 Tar Firenze, sez. III, 609/2017 cit. 10 Cons. St. 5132/2021 cit. 11 Cons. Stato, II, 28 aprile 2021, n. 3432.
cabile l’art. 76, comma 6, dello stesso corpus legislativo, essendo atto endoprocedimentale8. Un altro orientamento giurisprudenziale afferma, invece, che la richiesta di soccorso istruttorio debba avvenire mediante pec (imponendo degli incombenti il cui mancato rispetto comporta come sanzione l’esclusione dalla gara9) anche considerando che l’inserimento della richiesta di chiarimenti sulla piattaforma informatica dedicata alla gara non è oggettivamente sufficiente ad integrare adempimento degli oneri di comunicazione individuale a cui la stazione appaltante è tenuta (trattandosi di informativa decisiva per evitare, come accennato, al concorrente interessato l’esclusione dalla gara). La soluzione che appare oggi prevalere – in tutti i casi in cui manchi una specifica previsione della lex specialis che riconduca espressamente la richiesta introduttiva del soccorso istruttorio tra le comunicazioni effettuabili soltanto mediante la piattaforma informatica – è quella per cui detta richiesta debba essere effettuata via pec, perché tale è il sistema di invio di comunicazioni con valore legale (ex art. 1, lett. v-bis, del d.lgs. n. 82 del 2005 la posta elettronica certificata è il “sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili a terzi”) e l’unico idoneo a garantire la conoscenza delle comunicazioni a valenza individuale, con carattere necessariamente recettizio (che cioè, ai sensi dell’art. 1335 Cod. civ., si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario), cui sono connessi non già “effetti ordinatori”, ma effetti potenzialmente espulsivi (l’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone, infatti, che “in caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara”10. Tale soluzione appare basata al contempo: i) sulla natura recettizia della richiesta di soccorso istruttorio, ii) sulla disciplina legale delle comunicazioni digitali, iii) sugli effetti potenzialmente espulsivi della mancata ottemperanza alla stessa. Ciò anche a fronte del carattere generale dell’istituto del soccorso istruttorio, attuativo dell’art. 97 Cost., al fine dell’emanazione di un giusto provvedimento, idoneo a contemperare nel migliore modo tutti gli interessi, pubblici e privati, in gioco11. È, dunque, vero che la richiesta soccorso istruttorio non sia atto di per sé lesivo. Ma viene in questa sede in rilievo la modalità della comunicazione della richiesta di soccorso istruttorio, che è profilo parzialmente diverso
normazione sul piano propriamente effettuale. Invero, se il soccorso istruttorio di per sé è finalizzato ad evitare l’esclusione dalla gara di un operatore economico per la produzione di documentazione incompleta od irregolare sotto il profilo formale, (e dunque istituto effettivamente ispirato al favor partecipationis) è altrettanto vero che in caso di mancata regolarizzazione nel termine (non superiore a dieci giorni) assegnato, il concorrente è escluso. Secondo la citata decisione del Consiglio di Stato, dunque, “il rispetto del termine per l’integrazione documentale presuppone anzitutto l’intervenuta conoscenza, o, quanto meno, la conoscibilità, per presunzione legale, della richiesta; ciò evidenzia come le modalità di comunicazione si pongono in rapporto biunivoco con l’esclusione, e dunque proprio con un effetto (potenzialmente) lesivo o sfavorevole. Vale la pena comunque di sottolineare come l’art. 76 non stabilisca la comunicazione via pec solamente per gli atti lesivi (tale non è l’aggiudicazione comunicata all’aggiudicatario: comma 5, lett. a), quanto piuttosto, a bene intendere il fondamento di razionalità della norma, con riguardo a provvedimenti importanti in relazione agli effetti (favorevoli o sfavorevoli) che producono”. La disposizione si pone, cioè, nella prospettiva dell’idoneità del provvedimento (da comunicare via pec) ad esplicare effetti costitutivi od estintivi (in senso lato) nella dinamica del procedimento di gara ed in tale direzione appare difficilmente contestabile che – ove non diversamente disposto in modo esplicito ed accompagnato da cautele dalla lex specialis – lo strumento di comunicazione proporzionato e coerente con gli immanenti principi della collaborazione e della buona fede (art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990), per la richiesta di soccorso istruttorio sia proprio la pec. Le recenti battute di arresto Nell’ambito del descritto orientamento che ha visto la cristallizzazione dell’onere dell’amministrazione di trasmettere le comunicazioni inerenti all’esercizio del soccorso istruttorio all’interessato a mezzo pec, sono stati esaminati casi giurisprudenziali nei quali, in ragione del principio di auto-responsabilità – che impone ai concorrenti delle procedure pubbliche di adempiere a precisi obblighi di correttezza e oneri minimi di cooperazione – la stazione appaltante è stata mandata assolta da qualunque addebito in merito all’esclusione del ricorrente dalla gara. In particolare, in un recente giudizio12 è stata addotta l’illegittimità dell’esclusione giacché il mancato rispetto del termine per la produzione dei documenti richiesti con il soccorso istruttorio sarebbe stato dovuto a causa
di forza maggiore (ovvero la “saturazione” della casella pec del destinatario, che per tale ragione non aveva ricevuto la comunicazione ex art 83, co. 9 Codice Appalti inviata dalla Stazione Appaltante). In buona sostanza, l’evento esterno non imputabile al ricorrente, integrante la causa di forza maggiore, sarebbe stato da riscontrare nel blocco della casella postale da cui sarebbe dipesa la perdita di tutti i messaggi ricevuti tra cui anche la PEC dell’Amministrazione avente ad oggetto la richiesta di soccorso istruttorio. Nella fattispecie è stato ritenuto che le conseguenze della mancata conoscenza della richiesta di ricorso istruttorio non potevano che essere imputabili al concorrente, a fronte degli specifici oneri prescritti agli operatori economici partecipanti alla gara sia dal disciplinare, sia dalle “Modalità tecniche per l’utilizzo della piattaforma Sintel” predisposte dalla piattaforma stessa, il cui contenuto avrebbe dovuto essere conosciuto dal ricorrente in quanto accettato in sede di partecipazione alla gara e di registrazione alla piattaforma13. Più nello specifico, da un lato, il disciplinare disponeva, con riguardo alle modalità di comunicazione, che tutte le comunicazioni nell’ambito della procedura di gara (ad eccezione di quelle di cui agli artt. 29 e 76, del D.Lgs 50/2016 e sm.i.) avvenissero tramite il sistema telematico e si sarebbero considerate eseguite con la pubblicazione delle stesse nel canale “Comunicazioni procedura” relativa alla gara riservata al concorrente e accessibile previa identificazione da parte dello stesso sulla piattaforma Sintel. Veniva, inoltre, espressamente previsto nella lex specialis che le comunicazioni sarebbero, altresì, state inviate alla casella di posta elettronica certificata dichiarato dall’operatore economico al momento della registrazione alla piattaforma, nonché che l’Amministrazione Aggiudicatrice non avrebbe risposto della mancata ricezione delle comunicazioni inviate. Dall’altro lato, le modalità tecniche di utilizzo di Sintel14 – che il ricorrente, sottoscrivendo l’offerta, si era impegnato a rispettare – prevedono che: “salvo diversamente indicato nella documentazione di gara, tutte le comunicazioni nell’ambito della procedura, avverranno di regola per via telematica, attraverso l’apposita funzionalità di Sintel denominata “Comunicazioni procedura”, disponibile per l’operatore economico nell’interfaccia “Dettaglio” della procedura di gara. L’operatore economico elegge dunque, quale domicilio principale per il ricevimento delle comunicazioni inerenti le procedure e, in generale, le attività svolte nell’ambito di Sintel l’apposita area riservata ad accesso sicuro “Comunicazioni procedura” e l’indirizzo
12 Tar Torino, Sez. I, 4.07.2022, n. 616 13 Cfr. TAR Lombardia, Brescia, 10 febbraio 2020, n. 117 14 Reperibili al seguente indirizzo: https://www.arca.regione.lombardia.it/wps/portal/ARCA/Home/help/guide-manuali
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di posta elettronica certificata (PEC) dichiarato dallo stesso al momento della registrazione (o successivamente con l’aggiornamento del profilo utente). A tale fine, l’operatore economico si impegna a verificare costantemente e tenere sotto controllo la funzionalità “Comunicazioni procedura” all’interno di Sintel. Tutte le comunicazioni della procedura inviate attraverso Sintel da Enti pubblici ed operatori economici, sono inviate anche all’indirizzo PEC dichiarato dall’operatore economico al momento della registrazione”15. La giurisprudenza ha chiaramente enucleato l’assunto che la Stazione Appaltante, a fronte delle previsioni della lex specials, sia tenuta a procedere alle comunicazioni sia mediante l’apposita area riservata “comunicazioni procedura” presente sulla piattaforma Sintel, sia mediante messaggio di posta elettronica certificata. A fronte degli adempimenti posti correttamente in essere dall’Amministrazione, alla stessa non è possibile addebitare la mancata ricezione delle comunicazioni a mezzo pec nei confronti del concorrente, essendo tale evento derivato dal “blocco” della casella di posta certificata dell’operatore economico e non anche da un malfunzionamento della piattaforma di e-procurement. Il Tribunale subalpino ha nuovamente ribadito che – non includendo l’articolo 76, comma 6, d.lgs. 50/2016 la richiesta di soccorso istruttorio tra le comunicazioni per le quali è previsto l’uso della posta elettronica certificata − l’amministrazione con la previsione di tale adempimento aveva inteso garantire una maggiore certezza nei confronti dell’operatore economico. Ciò considerato, il disciplinare di gara prescriveva, altresì, uno specifico obbligo di controllo in capo al concorrente, il quale era tenuto a verificare costantemente e tenere sotto controllo la funzionalità “Comunicazioni procedura” all’interno di Sintel. Inoltre, i concorrenti erano tenuti a controllare che le mail inviate dal sistema non venissero respinte né trattate come spam dal proprio sistema di posta elettronica e, in ogni caso, a verificare costantemente sul sistema la presenza di comunicazioni. Da quanto affermato dal Consiglio di Stato secondo cui “la conoscibilità degli atti di procedure di affidamento gestite interamente in via informatica, mediante l’uso di metodi di digitalizzazione ai sensi dell’art. 40, comma 2, D.lgs. n. 50 del 2016, trova la propria disciplina nelle norme di cui al Codice dell’amministrazione digitale (D.lgs. n. 82/2005) e nelle previsioni regolamentari relative alla piattaforma di e-procurement utilizzata, negozialmente vincolanti per le parti” deriva che, a fronte dell’onere della p.a. di utilizzare la piattaforma per tutte le comunicazioni relative alla procedura, sussiste
in capo all’operatore economico l’onere di procedere all’attivazione di un’utenza, con elezione di domicilio speciale presso la medesima piattaforma per la corrispondenza relativa alle gare di appalto (Regolamento del Sistema di e-procurement MEF-Consip), conformemente all’art. 3-bis, comma 4-quinquies, D.lgs. n. 82/2005 (che consente di eleggere domicilio speciale ai sensi dell’art. 47 c.c. anche presso un domicilio digitale diverso dalla PEC) “l’impresa “accreditata” non può legittimamente invocare l’assenza di pubblicità né lamentare il mancato invito alla procedura negoziata, nella misura in cui l’invito e la documentazione di gara siano state oggetto di comunicazioni indirizzate al suddetto domicilio e siano ivi disponibili per il destinatario tenuto ad attivarsi al fine di una loro tempestiva conoscenza”16 Ne consegue che, a prescindere dal mancato ricevimento della PEC, la richiesta di soccorso istruttorio doveva, comunque, reputarsi conoscibile da parte del ricorrente a ogni effetto sin dalla data di inserimento nel sistema Sintel da parte dell’Amministrazione. Considerazioni conclusive La “querelle” rinvenibile nella casistica giurisprudenziale in tema di necessità o meno della trasmissione a mezzo pec della comunicazione riguardante il soccorso istruttorio nella gare telematiche sembra oggi essere giunta ad una soluzione: in assenza di specifiche previsioni della lex specialis che riconducano espressamente la richiesta del soccorso istruttorio tra le comunicazioni effettuabili esclusivamente mediante la piattaforma informatica, detta richiesta deve essere effettuata via pec, perché tale è il sistema di invio di comunicazioni con valore legale (ex art. 1, lett. v-bis, del d.lgs. 82/2005 la posta elettronica certificata è il “sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili a terzi”) ed è “l’unico idoneo a garantire la conoscenza delle comunicazioni a valenza individuale, con carattere necessariamente recettizio (che cioè, ai sensi dell’art. 1335 Cod. civ., si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario), cui sono connessi non già “effetti ordinatori”, ma effetti potenzialmente espulsivi (si desume dall’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 che in caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara”17. Tale “battuta di arresto” si pone in un’ottica garantista nei confronti degli operatori economici, ponendo a carico dell’amministrazione un onere di comunicazione ulteriore, che in ogni caso può evitare il sorgere di contenzioni in materia.
15 Tale modalità di elezione di domicilio per le comunicazioni presso la piattaforma è parimenti prevista anche 16 Consiglio di Stato sez. VI, 12 novembre 2019, n. 7765. 17 Cons. Stato, Sez. V, 31.08.2022, n. 6132; Cfr. anche Parere di Precontenzioso Anac n. 45 del 2 febbraio 2022.
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value based procurement process Giuditta Callea e Niccolò Cusumano - Osservatorio sul Management degli Acquisti e dei Contratti in Sanità, Cergas SDA Bocconi
Value-based procurement process: dalla teoria alla pratica. Applicazione alle reti riassorbibili per l’ernia ------------------------------------------------- Value-based Procurement Process
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Strilloe gare Per pubbliche portare negli acquisti disanitari logiche serve una aprospettiva allargata, che tiene in per l’acquisto beni e servizi perdi valore rare i fabbisogni cui rispondere e valutare le moda-
considerazione non solo come le ricadute immediate scelte dipiù acquisto sui abilanci degli erogatori la sanità, introdotte misuraeconomiche di contenimento lità delle contrattuali adeguate rispondervi. I ricercae delledei regioni, ma anche i costi e i benefici di medio e lungo periodo per la società nel suo complesso costi, hanno in realtà il potenziale di contribuire tori dell’Osservatorio MASAN hanno condotto una
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alla generazione di valore, a condizione però di adottare action-research, sviluppata con supporto incondizionato di una nuova postura al procurement. Per aiutare le ammi- Becton Dickinson, commissionata da Becton, Dickinson nistrazioni a passare da un procurement ordinario ad uno and Company, attraverso la quale hanno elaborato e poi Value-based procurement process: dallae teoria allaalle pratica. strategico, l’Osservatorio sul Management degli Acquisti applicato reti riassorbibili per l’ernia addominale una Applicazione aIle reti riassorbibili l’erniametodologia funzionale a generare valore negli acquisti dei Contratti in Sanità (MASAN) ha elaborato unper paradigma fondato sull’idea che la creazione di valore non dipende di dispositivi medici con il coinvolgimento di stakeholsolo dal modo in cui è strutturata la singola gara, ma piut- der clinici – chirurghi della parete operanti in aziende Giuditta Callea, complessivo, Associate Professor of dalla Practice, Coordinatore Osservatorio sul italiane Management degli Acquisti e dei tosto dal processo che parte definizione sanitarie pubbliche - e non clinici - rappresenContratti in Sanità, SDA Bocconi School of Management dei bisogni e dalla programmazione degli outcome attesi tanti di centrali regionali e soggetti aggregatori, provvee Niccolò arriva fino alla gestione e al monitoraggio contratto: ditori economi, farmacisti ospedalieri responCusumano, Associate Professor ofdel Practice, Osservatorio sul Management degli Acquisti e ingegneri dei Contratti in SDA Bocconi SchoolProcess of Management ilSanità, Value-based Procurement (VBPP) (Figura 1).1 sabili dell’implementazione di registri di monitoraggio degli esiti. La ricerca si è articolata in una serie di fasi da Il business case al centro del Value-based Procurement cui è stata derivata una metodologia generale per supProcess centralidie contenimento le aziende sanitarie Le gare pubbliche per l’acquisto di beni e servizi per laportare sanità, operativamente introdotte comelemisura dei Lo snodo cruciale del VBPP è rappresentato dalla costrua costruire gare in grado di generare valore (Figura 2). 2 costi, hanno in realtà il potenziale di contribuire alla generazione di valore, a condizione però di adottare una zione businessal case quale strumento con le cuiamministrazioni esplonuovadelpostura procurement. Per aiutare a passare da un procurement ordinario ad uno strategico, l’Osservatorio sul Management degli Acquisti e dei Contratti in Sanità (MASAN) ha elaborato un 1 Vecchi et al. (2023), Acquisti sanitari: stato dell’arte e percorsi evolutivi verso logiche di valore, in Cergas (a cura di) Rapporto OASI 2023, Milano, Egeafondato (in fase disull’idea pubblicazione). paradigma che la creazione di valore non dipende solo dal modo in cui è strutturata la 2 La ricerca e le fasi sono descritte in dettaglio in Vecchi et al. (2023). singola gara, ma piuttosto dal processo complessivo, che parte dalla definizione dei bisogni e dalla programmazione degli outcome attesi e arriva fino alla gestione e al monitoraggio del contratto: il Valuebased Procurement Process (VBPP) (Figura 1).1 Figura 1 Il Value-based Procurement Process elaborato dall’Osservatorio MASAN (Vecchi et al., 2023)
Il business case al centro del Value-based Procurement Process Lo snodo cruciale del VBPP è rappresentato dalla costruzione del business case quale strumento con cui esplorare i fabbisogni a cui rispondere e valutare le modalità contrattuali più adeguate a rispondervi. I ricercatori dell’Osservatorio MASAN hanno condotto una action-research commissionata da Becton,
• L’amministrazione verifica il raggiungimento obiettivi che si era prefissata nella gara precedente (coerenza disegno di gara, correttezza quantitativi posti a gara, quantitativi ordinati, tasso erosione lotti, criticità in ’esecuzione contratto, problematiche di sicurezza del dispositivo aggiudicato). • Attori chiave: utilizzatori finali e mercato. • È fondamentale un sistema puntuale di monitoraggio dell’esecuzione del contratto nel quale clinici utilizzatori, DEC, RUP, responsabile regionale/aziendal e dispositivovigilanza, mercato - siano interconnessi e scambino periodicamente informazioni utili a individuare precocemente e risolvere criticità.
Analisi as-is
• Modalità differenti e complementari: • Trasmissione letteratura da parte del mercato. • Ricerca di revisioni di letteratura o report di HTA recenti. • Conduzione di revisione di letteratura con approccio sistematico (ovvero ricerca su database bibliografici basata su parole chiave, replicabile e aggiornabile). • Coinvolgimento di un clinico regionale/aziendal e di riferimento per agevolare l’interpretazione degli indicatori.
Raccolta e analisi indicatori di esito clinico e non clinico
• Raccolta di documentazione relativa ad altre gare regionali/aziendali. • Estrazone informazioni rilevanti da gare analizzate secondo un extraction protocol (es. durata gare, numero e descrizione lotti, criteri valutazione componente tecnica, formula prezzo, fabbisogno stimato, prezzo a base d’asta e di aggiudicazione, eventuali lotti deserti e/o contenzioso).
Analisi documentale comparativa di gare di altre centrali/aziende.
Figura 2 Metodologia operativa per lo sviluppo del business case (adattata da Vecchi et al., 2023)
• Coinvolgimento clinici utilizzatori esperti operanti nel bacino territoriale di riferimento e/o professionisti provenienti da altre regioni/aziende sanitarie, preferibilmente in numero non superiore a 4-5 per favorire lo scambio approfondito di esperienze sulla modalità di acquisto utilizzata in diversi contesti territoriali.
Discussione con stakeholder clinici
• Presentazione dei risultati dei 3 step precedenti (sintesi indicatori di esito clinico e non clinico, analisi comparativa delle gare, sintesi degli spunti raccolti con i clinici). • Discussione di eventuali informazioni non presenti nella documentazione di gara (es. lotti deserti, contenzioso) e confronto sui risultati ottenuti dalle gare e sulle criticità incontrate.
Discussione con stakeholder non clinici
• Per fasi: • 1. Illustrare gli obiettivi della gara in un incontro fisico/virtuale o in un documento scritto. • 2. Commenti in forma scritta dal mercato su: criticità percepite nella procedura di gara precedente e nell’esecuzione del contratto; informazioni su soluzioni innovative disponibili e su evidenze cliniche ed economiche a supporto. • 3. Incontro di approfondimento one-to-one, preferibilmente di persona.
Confronto con il mercato
value based procurement process
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come criteri di valutazione in sede di gara. Il metodo proposto è stato elaborato a partire dalla nominal group technique, una tecnica di brainstorming strutturato utilizzata in ricerca qualitativa. In una fase iniziale di silent generation, ai medici viene richiesto di lavorare individualmente e identificare le dimensioni di valore della tecnologia, da tradurre in indicatori da proporre quale criterio di valutazione in sede di gara. Segue una sharing phase in cui ciascuno presenta la propria proposta ai colleghi. L’elenco degli indicatori proposti viene discusso dapprima per definire un ordine di priorità e successivamente per formulare una proposta di punteggio in gara.
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Figura 3 Metodologia operativa per la conduzione della discussione con i clinici
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Introduzione e presentazione obiettivi amministrazione
Presentazione indicatori esito clinico e non clinico
Presentazione caratteristiche gare analizzate
Presentazione criteri individuati da ciascun clinico e discussione
Ranking criteri e discussione
Attribuzione punteggio di gara ai criteri e discussione
Lavoro individuale per identificare un set di criteri di valutazione
È possibile ampliare la base di rilevazione delle dimensioni del valore da considerare in gara (criteri) e, eventualmente, il loro peso relativo (punteggi), costruendo survey ad hoc da sottoporre a gruppi più ampi di degli indicatori proposti viene discusso dapprima per defiGenerare valore con il coinvolgimento degli utilizzatori professionisti, eventualmente anche tutti gli utilizzatori di una regione. nire un ordine di priorità e successivamente per formulare finali nella costruzione del business case Per alcune tecnologie vita qui per soffermare le quali è èlegittimo ritenerediche il paziente possa avere preferenze una proposta punteggio in gara. La fase del metodo su cuinon ci sisalva intende (ad esempio lenti intraoculari, ausili per incontinenza, dispositivi per il diabete), in linea con il ruolo sempre possibile la base disia rilevazione delle dimensioni ilpiù coinvolgimento dei clinici utilizzatori finali, per attivo previsto dalle direttive europee periliquale pazientiÈesperti siaampliare nello sviluppo nella valutazione dei del valore da considerare in gara (criteri) e, eventualmente, viene propostamedici, l’adozione un approccio strutturato, arti- nella dispositivi puòdiessere opportuno coinvolgere costruzione del business case anche pazienti o il loro peso colato in più fasi priori (Figura 3).di favorire la compliance associazioni di definite pazientia con l’obiettivo allarelativo terapia.(punteggi), costruendo survey ad hoc Dopo la presentazione degli obiettivi che l’amministrazione da sottoporre a gruppi più ampi di professionisti, eventualanche tutti gli utilizzatori di una regione. intende perseguire tramite la procedura diProcurement gara, è opportu- allemente L’applicazione del Value-based reti riassorbibili per l’ernia no prevedere una sintesi degli indicatori clinici e non clinici Per alcune tecnologie non salva vita per le quali è legittimo presenti in letteratura e delle caratteristiche di una selezione ritenere che il paziente possa avere preferenze (ad esempio Indicatori di esito di gare analoghe di altre amministrazioni, concentrandosi lenti intraoculari, ausili per incontinenza, dispositivi per il diabete), in linea con il ruolo sugli elementidipiù rilevan- condotta su Pubmed ha consentito di individuare 1.220 La ricerca letteratura studi pubblicati in lingua tra il 2016 ed il 2021 che hanno riportato outcome relativi all'utilizzo di sempre reti nell’ambito più attivo riparazione previsto dalle tiinglese per i clinici (es. criteri ernia, di cuiflessibilità 46 (7%) relativi a reti biosintetiche. Si tratta per lo più di studi osservazionali (40), per più i2pazienstudi direttive europee didivalutazione, per tipologia tra trial clinici randomizzati, applicazione di propensity score matching e revisioni, a cui ti esperti sia nello svilupposisia nella scelta dei prodotti graaggiungono 2 studi di costo-efficacia e 1 analisi di impatto sul budget. Gli indicatori di esito calcolati con nella valutazione dei dispositivi zie alla presenza di accordo maggiore frequenza sono la recidiva (85% degli studi) e l’infezione della mesh, il reintervento, il sieroma e medici, può essere opportuno quadro). A valle di questa coinvolgere nella costruzione introduzione, inizia il coindel business case anche pazienti o volgimento diretto dei cliassociazioni di pazienti con l’onici in un confronto finabiettivo di favorire la compliance lizzato a raccogliere le loro alla terapia. opinioni sulla gara attiva nei loro contesti regionali/ L’applicazione del Value-based aziendali e a trovare una Procurement Process alle reti convergenza su una lista riassorbibili per l’ernia di indicatori che colgano il valore secondo la prospetIndicatori di esito tiva dei clinici da proporre La ricerca di letteratura concome criteri di valutazione dotta su Pubmed ha consentiin sede di gara. Il metodo to di individuare 1.220 studi proposto è stato elaborapubblicati in lingua inglese tra to a partire dalla nominal group technique, una tecnica di brainstorming strutturato il 2016 ed il 2021 che hanno riportato outcome relativi utilizzata in ricerca qualitativa. In una fase iniziale di silent all’utilizzo di reti nell’ambito riparazione di ernia, di cui 46 generation, ai medici viene richiesto di lavorare individual- (7%) relativi a reti biosintetiche. Si tratta per lo più di studi mente e identificare le dimensioni di valore della tecnolo- osservazionali (40), più 2 studi per tipologia tra trial clinici gia, da tradurre in indicatori da proporre quale criterio di randomizzati, applicazione di propensity score matching e valutazione in sede di gara. Segue una sharing phase in cui revisioni, a cui si aggiungono 2 studi di costo-efficacia e 1 ciascuno presenta la propria proposta ai colleghi. L’elenco analisi di impatto sul budget. Gli indicatori di esito calcolati
Per portare negli acquisti sanitari logiche di valore serve una prospettiva allargata, che tiene in considerazione non solo le ricadute economiche immediate delle scelte di acquisto sui bilanci degli erogatori e delle regioni, ma anche i costi e i benefici di medio e lungo periodo per la società nel suo complesso
value based procurement process con maggiore frequenza sono la recidiva (85% degli studi) e l’infezione della mesh, il reintervento, il sieroma e la qualità di vita dei pazienti (24%). Gli studi utilizzano anche alcuni indicatori aggregati quali surgical site infection, surgical site occurrence o surgical site occurrence requiring procedural intervention.
nale, alimentato dai professionisti, per il monitoraggio real world, per un periodo minimo di 24 mesi, di tre endpoint clinici (infezioni profonde del sito chirurgico coinvolgenti il materiale impiantato, nel corso dei 12 mesi dopo la procedura d’impianto, con incidenza maggiore al 20% dei valori dichiarati in sede di offerta; necessità di espianto del materiale protesico entro i 12 mesi dopo l’intervento chirurgico; recidiva della patologia erniaria con incidenza maggiore al 20% nell’arco dei 24 mesi successivi all’impianto, rispetto ai valori dichiarati in sede di offerta); nel caso in cui il registro dovesse evidenziare nella pratica clinica esiti peggiorativi rispetto agli studi clinici presentati in sede di gara nella misura di almeno il 20%, è previsto un incontro tra ESTAR e l’operatore economico per il contraddittorio finalizzato ad appurare se la causa dell’inefficacia o dell’outcome peggiore sia legata alla performance del dispositivo; in caso affermativo, è previsto un meccanismo di payback con un rimborso del 50% del prezzo del dispositivo acquistato.
Gare per l’acquisto di reti riassorbibili Sono state analizzate quattro gare regionali, aggregate aziendali o di Area Vasta, relative a reti riassorbibili: Area Vasta Emilia Nord (2016), Alisa Liguria (2017), gara aggregata con capofila ospedale San Giovanni Addolorata di Roma (2021) e ESTAR Toscana (2021). Tre gare presentano una struttura tradizionale con aggiudicazione secondo l’offerta economicamente più vantaggiosa basata sul miglior rapporto qualità prezzo delle offerte ricevute. La gara di ESTAR, invece, presenta una postura differente in quanto prevede l’aggiudicazione al prezzo più basso con accordo quadro multi-fornitore e la possibilità di stipula di convenzione con tutti i concorrenti che presenteranno offerte per dispositivi medici conformi alle specifiche tecniche del capitolato; le singole aziende sanitarie e ospedaliere selezionano l’operatore economico da cui acquistare attraverso il meccanismo della scelta motivata; è previsto un accreditamento di tutti gli operatori economici e l’attivazione di un registro regio-
Dimensioni di valore secondo la prospettiva dei chirurghi della parete La Tabella 1presenta una sintesi rielaborata delle dimensioni di valore attribuite dai chirurghi della parete alle reti riassorbibili, tradotte in possibili criteri di valutazione da utilizzare in sede di gara.
Tabella 1 Sintesi degli elementi di valutazione delle reti riassorbibili proposti dai chirurghi
Criterio Qualità del materiale
Sotto-criteri Resistenza alle tensioni
Indicatore • Tasso di recidive dovute a lacerazioni o a un difetto della resistenza entro 12 mesi dall'impianto. • Tasso di complicanze del sito chirurgico che richiedono intervento (SSOPI). • Tasso di infezioni a 12 mesi • Numero di avvisi di sicurezza mesh-related.
Resistenza alle infezioni Assenza/minor incidenza di segnalazioni di complicazioni gravi/difetti del materiale meshrelated Barriera anti-aderenziale con • efficacia comprovata da letteratura/compatibilità con contatto • viscerale Riassorbibilità • Maneggevolezza e facilità d'uso Servizio di supporto Disponibilità di evidenze scientifiche
Maneggevolezza Facile identificazione lato viscerale della protesi Programmi di formazione
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Qualità degli studi clinici
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Qualità degli studi di costo efficacia
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• Qualità della vita del paziente
Qualità della vita
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Possibilità di impianto della rete a contatto con i visceri comprovata da letteratura. Tempo (in settimane/mesi) in cui la barriera antiaderenziale si riassorbe comprovata da letteratura. Tempo di assorbimento della rete sufficiente ad indurre formazione di tessuto fibroso autogeno. Dimensione dell’ordito macroporoso. Qualità del programma formativo proposto. Numero di programmi formativi erogati, numero di ore di formazione erogate, curriculum formatori, metodo di formazione utilizzato. Impact factor rivista, numero pazienti arruolati, durata follow up, setting sperimentale vs. osservazionale. Presenza di studi di costo-efficacia o costo-utilità per il prodotto offerto. Presenza di analisi di impatto sul budget per il prodotto offerto Qualità della vita misurata con scale generiche o specifiche
Raccomandazioni L’applicazione della metodologia alle reti riassorbibili per l’ernia ha consentito di formulare alcune considerazioni e raccomandazioni generali.
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Raccomandazioni L’applicazione della metodologia alle reti riassorbibili per l’ernia ha consentito di formulare alcune considerazioni e raccomandazioni generali. 1. La costruzione di gare con approccio orientato al valore richiede di coinvolgere un gruppo ampio di stakeholder che possa portare prospettive diverse. Un confronto aperto tra chi acquista e il fornitore permette di condividere le strategie e gli obiettivi della gara e avere piena consapevolezza delle soluzioni disponibili sul mercato. I clinici costituiscono un tassello fondamentale del processo. I chirurghi della parete addominale coinvolti nella ricerca hanno partecipato con un forte interesse, apportando la propria prospettiva, ma anche allargando il campo di contributo ad argomenti diversi rispetto a quelli a cui sono solitamente esposti. È emerso come sia difficile motivare il clinico a partecipare ai collegi tecnici, ma che si possa perfezionare un sistema di incentivi non monetari (es. la possibilità di contribuire all’estensione di linee guida per l’utilizzo appropriato dei dispositivi medici da usare per la costruzione delle gare o realizzare pubblicazioni scientifiche a valle dei lavori dei collegi tecnici) che attirino l’attenzione e stimolino il loro contributo, riducendo la possibilità di ritrosia ad essere coinvolti nelle procedure di gara. 2. Per generare valore attraverso le gare sono importanti le evidenze scientifiche. Le recenti disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale ai regolamenti europei sui dispositivi medici e sui diagnostici in vitro (decreto legislativo 5 agosto 2022, n. 137, in vigore dal 28 settembre 2022) ribadiscono la volontà di «garantire che i processi decisionali del SSN siano informati da evidenze scientifiche sul potenziale impatto clinico, organizzativo, economico,
sociale, legale ed etico dell’introduzione nella pratica clinica di tecnologie sanitarie» (art. 22 comma 1). Inoltre, prevede che, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto, le regioni e le province autonome, con un accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, stabiliscano «le modalità operative per rendere i procedimenti di acquisto più efficienti tenendo conto delle risultanze conseguenti all’esercizio delle funzioni di HTA […] nonché sulla base degli obiettivi individuati dal Programma nazionale HTA» (art. 22 comma 3). 3. Per portare negli acquisti sanitari logiche di valore serve una prospettiva allargata, che tiene in considerazione non solo le ricadute economiche immediate delle scelte di acquisto sui bilanci degli erogatori e delle regioni, ma anche i costi e i benefici di medio e lungo periodo per la società nel suo complesso. Ciò non è automatico né semplice e richiede volontà, investimenti e tempo. (i) La programmazione sanitaria nazionale e regionale deve maturare la consapevolezza della necessità di passare da logiche di acquisto al prezzo più basso a logiche di acquisto di valore e della potenzialità di diffusione del VBPP. Questo deve tradursi in un mandato chiaro alle centrali regionali e ai soggetti aggregatori, anche supportato da un adeguato sistema di misurazione delle performance che vada al di là dei risparmi conseguiti. (ii) Portare logiche di HTA negli acquisti richiede un investimento in competenze di cui dotare i soggetti coinvolti negli acquisti a livello regionale e aziendale. È necessario anche dotare di nuove competenze il personale sanitario, che è l’utilizzatore principale delle tecnologie sanitarie. Gli attuali percorsi di formazione universitaria sono focalizzati unicamente sugli aspetti clinici. Di conseguenza i professionisti sanitari, in partenza, sono carenti di quel set di competenze e di bagaglio culturale che consentirebbe loro di contribuire fattivamente alla generazione di valore attraverso la partecipazione ai collegi tecnici e alle commissioni di aggiudicazione. Oltre alla mancanza di competenze specifiche, il contesto attuale è caratterizzato da una generale mancanza di consapevolezza dell’importanza del loro contributo alla scrittura di buoni capitolati di gara. Il «sistema» ha, quindi, il dovere di mettere in campo tutte le azioni possibili per sensibilizzare i professionisti a svolgere un ruolo pivotale nel processo di gara creando al contempo incentivi adeguati. (iii) La creazione di valore per il paziente passa necessariamente attraverso l’identificazione delle dimensioni del valore e di come misurarlo, ma richiede anche un investimento in IT per ammodernare i sistemi informativi e automatizzare la raccolta routinaria di informazioni dettagliate sugli esiti dei pazienti, evitando in tal modo raccolte straordinarie di dati tramite registri ad hoc implementati per le singole iniziative di gara e che costituiscono un aggravio di lavoro per il personale deputato alla loro alimentazione.
prezzo per procedura Pietro Fusaroli e Andrea Lisotti - Ospedale di Imola, Unità Operativa di Gastroenterologia - Università di Bologna
Prezzo Per Procedura nella Colangio-Pancreatografia Retrograda Endoscopica (ERCP)
U
niversalità, equità, solidarietà, sono questi i principi che guidano il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) italiano, che rende accessibile il diritto alla salute a tutti i cittadini, senza distinzioni di genere, di reddito o di anagrafe. Garantire universalmente l’accesso al medesimo livello di cure a tutta la popolazione, però, non è un compito facile nel nostro paese dove le diversità geografiche, demografiche e socioeconomiche possono talvolta ostacolare l’uniforme distribuzione nei servizi sanitari. Inoltre, l’avanzamento dell’età della popolazione, insieme all’aumento della prevalenza di patologie croniche e disabilità richiedono sempre più un sistema capillare. L’omogeneità delle cure su tutto il territorio, che assicuri a tutti i cittadini la massima qualità e sostenibilità è, ad oggi, una grande sfida del nostro SSN. Le necessità future a cui l’SSN dovrà rispondere, come la sostenibilità, la capillarità e l’equità di accesso, richiedono proposte innovative per far fronte ai sempre maggiori bisogni della popolazione. Tuttavia, lo sviluppo del sistema dovrà, nelle sue evoluzioni, continuare a rispettare i suoi valori fondanti senza perdere di vista la prospettiva di universalità che è alla base della sua creazione. L’obiettivo rimane quello di strutturare servizi sempre più personalizzati e vicini al cittadino, che garantiscano comunque un elevato livello di qualità delle cure, mantenendo la sostenibilità del sistema.
Il Prezzo Per Procedura: I sistemi sanitari sono diventati sempre più complessi negli ultimi decenni. In risposta a questa complessità, le tipologie di approvvigionamento di beni e servizi in sanità si sono evolute e sono diventate uno strumento essenziale per fra fronte alle esigenze degli erogatori di servizi sanitari. Con Prezzo Per Procedura (PPP) si intende un modello di acquisto innovativo volto a definire un costo fisso per intervento effettuato, indipendentemente dalla tipologia e quantità di dispositivi utilizzati. Questo tipo di offerta integra alla fornitura di dispositivi medici anche dei servizi a valore aggiunto quali la formazione dedicata al personale del reparto, una gestione ottimizzata degli approvvigionamenti e delle relative fatturazioni. Il controllo puntuale della spesa e la prevedibilità dell’impatto sul budget facilita l’introduzione delle tecnologie nel contesto ospedaliero. Grazie al PPP la struttura ospedaliera può snellire notevolmente i processi di acquisto dei dispositivi necessari per un determinato percorso terapeutico e, al contempo, semplificare la programmazione e il controllo della spesa. Inoltre, vengono ridotte le pratiche amministrative e ottimizzata la gestione del magazzino così come il processo di ordine e fatturazione. Tutti i dispositivi necessari per l’esecuzione della procedura sono sempre a disposizione del clinico che viene svincolato da qualsiasi tipo di ragionamento economico sull’u-
In un’ottica di sostenibilità del sistema, grazie a un’offerta PPP ad alta tecnologia, i costi risultano preventivabili a monte e non comporta un importante investimento iniziale per la predisposizione di un magazzino
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so o meno di alcuni dispositivi e può così concentrarsi liberamente sulla scelta clinica più appropriata. Il valore finale della spesa per l’ospedale sarà indipendente dal numero di dispositivi utilizzati e sarà fissato preventivamente per la tipologia di procedura effettuata, risultando facilmente prevedibile e pianificabile. Questa semplificazione è particolarmente rilevante in endoscopia digestiva per le procedure diagnostiche e interventistiche nel tratto biliopancreatico (ERCP), dove rispetto ad altre discipline mediche possono essere utilizzati dispositivi medici con un’elevata variabilità di tipologie, misure e quantitativi per raggiungere il risultato desiderato. Per citarne alcuni: stent di plastica o metallici, cestelli, fili guida, sfinterotomi, palloni da dilatazione o da estrazione, sistemi di visualizzazione diretta del dotto biliare. Il PPP è anche e soprattutto una soluzione che massimizza i benefici per il paziente. Infatti, può agevolare anche l’introduzione controllata delle nuove tecnologie, mettendo a disposizione del clinico tutti i prodotti di ultima generazione nelle svariate misure, necessari per l’esecuzione tempestiva della procedura endoscopica senza particolari limitazioni. Inoltre, la parte di gestione dei magazzini e degli approvvigionamenti ha un notevole impatto organizzativo sia in reparto, dove lo staff medico e infermieristico non dovrà più preoccuparsi degli ordini dei materiali, sia in amministrazione dove le procedure verranno snellite riducendone il numero e la complessità. Il caso dell’AUSL Imola: L’ospedale di Imola Santa Maria della Scaletta è parte dell’Azienda Unità Sanitaria Locale (AUSL) della medesima città ed è una struttura d’eccellenza del Servizio Sanitario Nazionale. All’interno del presidio ospedaliero di Imola è presente una Unità Operativa Complessa (UOC) di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva all’avanguardia, che esegue procedure ad elevata complessità in ambito endoscopico. Ad esempio, la UOC risulta tra i maggiori centri in Emilia-Romagna per esecuzione di procedure di ecoendoscopia biliopancreatica con circa 750 procedure l’anno. Nonostante questo, però, la struttura non aveva mai implementato l’esecuzione di un particolare tipo di intervento sulle vie biliopancreatiche, la colangio - pancreatografia retrograda endoscopica (ERCP). Ogni anno più di 100 pazienti che necessitavano di ERCP, afferenti alla struttura di Imola, venivano indirizzati verso un centro di riferimento a circa 50 km di distanza. Di conseguenza, i pazienti dovevano essere trasportati in ambulanza, con l’accompagnamento del personale medico e infermieristico, per una durata appros-
simativa di 45-60 minuti (in caso di traffico scorrevole), prima di poter ricevere il trattamento, il monitoraggio e fare ritorno all’ospedale di Imola. Diverse erano le motivazioni che portavano ad esternalizzare questo tipo di procedura, ma con la crescita dell’attività presso la UOC e anche dell’ospedale di Imola stesso, i tempi erano maturi per una valutazione più approfondita di questa scelta organizzativa sanitaria. Il prof. Pietro Fusaroli direttore f.f.. della UOC di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva è stato il responsabile dell’attivazione del servizio di ERCP nell’ospedale di Imola. La sua vasta esperienza in ambito endoscopico, in qualità di responsabile della UOC, ha permesso la presa in considerazione dell’opportunità di sviluppare e rendere gradualmente indipendente l’ospedale introducendo il nuovo servizio di diagnosi e cura endoscopica. L’avviamento e l’esecuzione delle ERCP si è presto rivelata un volano di ampia portata per la AUSL di Imola. La procedura, infatti, è parte del percorso di trattamento epatobiliare, che tra gli altri, coinvolge le UUOOCC di Chirurgia e Pronto Soccorso/Medicina d’Urgenza dello stesso ospedale per l’individuazione, la diagnosi e il trattamento di una popolazione specifica di pazienti. È importante, inoltre, evidenziare l’aspetto formativo preliminare all’iniziativa. Prima di iniziare ad effettuare questi tipi di interventi, infatti, un medico (Dott. Andrea Lisotti) e infermieri del servizio di Endoscopia Digestiva, hanno seguito mesi di formazione in centri internazionali all’avanguardia. Questa attività formativa è parte integrante dell’introduzione del nuovo percorso di trattamento ed è continuata anche dopo l’effettivo avviamento delle procedure ad Imola. In questo contesto, un’offerta con prezzo per procedura ha permesso al prof. Fusaroli e al management dell’ospedale di prevedere facilmente l’impatto economico di questo cambio organizzativo e ha permesso un’introduzione agile della nuova tecnica, sollevando l’ospedale da ogni investimento iniziale per allestimento di un magazzino o preoccupazioni legate all’approvvigionamento dei materiali in tutte le sue fasi. Inoltre, l’offerta a prezzo fisso concordato ha permesso alla struttura di accedere alle tecnologie più all’avanguardia nel campo delle ERCP, quali duodenoscopio sterile monouso, che permette di trattare in tutta sicurezza in pazienti e prevenire infezioni a trasmissione iatrogena, il colangioscopio monouso ed il litotritore elettroidraulico che permettono di garantire il trattamento di pazienti, come quelli con litiasi difficile e stenosi biliari di natura indeterminata. Importante segnalare quanto questa soluzione può aiutare a migliorare la qualità delle cure per il paziente ottimizzando la prossimità delle terapie.
prezzo per procedura I pazienti interessati sono spesso anziani e fragili. Grazie all’attivazione del nuovo servizio, non saranno più costretti ad affrontare lunghe attese e a essere trasportati per 50 km solo per sottoporsi a una singola procedura, per poi fare ritorno ad Imola e continuare i trattamenti nelle vicinanze della propria dimora. Il progetto è iniziato con una selezione di pazienti, soprattutto quelli più fragili e urgenti. È stata quindi introdotta una nuova opzione di trattamento, specificamente destinata a pazienti vulnerabili, che in precedenza non potevano essere sottoposti a procedure a causa dell’instabilità delle loro condizioni generali ed emodinamiche. Inoltre, l’ERCP in alcuni casi è bridge to surgery. Ciò significa che la procedura endoscopica viene eseguita su pazienti complessi che dovranno successivamente sottoporsi ad un intervento chirurgico, al fine di ridurre le possibili complicanze legate alla chirurgia. La struttura ospedaliera non aveva quindi la possibilità di trattare condizioni acute dei pazienti con alternative endoscopiche. È stata, dunque, inserita in maniera snella e sostenibile una soluzione terapeutica per i pazienti che prima non era a disposizione. Anche dal punto di vista organizzativo e manageriale, sono stati molteplici i benefici riscontrati. Il PPP rappresenta un’opzione con costi prevedibili, senza tempi di attesa per l’approvvigionamento né limitazioni organizzative. In un’ottica di sostenibilità del sistema, grazie a un’offerta PPP ad alta tecnologia, i costi risultano preventivabili a monte e non comporta un importante investimento iniziale per la predisposizione di un magazzino e soprattutto per dotarsi di apparecchiature pluriuso necessarie per l’esecuzione dell’intervento di ERCP. La UOC infatti, volendo lavorare ad un’introduzione inizialmente parziale della tecnologia non aveva un quantitativo sufficiente di procedure tale da giustificare l’investimento iniziale per l’acquisto di strumentazione pluriuso. I pazienti fragili ad Imola hanno potuto e potranno quindi beneficiare di procedure safe senza rischi di contaminazione e cross contaminazione in quanto verranno trattati solo con dispositivi sempre sterili e monouso, incluso il duodenoscopio. PPP: approccio multidisciplinare che coinvolge professionisti sanitari e industria per una soluzione fattibile e sostenibile I vantaggi del PPP sono visibili in questo caso studio sotto tutte le prospettive: clinico, organizzativo e finanziario. L’introduzione del nuovo percorso di cura ha 1
permesso garantire una nuova opzione terapeutica a pazienti difficili da trattare a causa della loro fragilità, difficoltà negli spostamenti e collocazione geografica, rendendo il sistema locale più capillare e di conseguenza più equo. L’offerta PPP ha agevolato questa decisione rendendo la valutazione più semplice, trasparente e serena per tutti gli attori coinvolti. Qualità delle cure, prossimità delle terapie specialistiche e prevedibilità della spesa, sono i benefici immediati che ha apportato l’introduzione del PPP all’ospedale di Imola. Inoltre, per la struttura ospedaliera c’è stato un beneficio in termini di costi del trasferimento del paziente che veniva ridirezionato verso un’altra struttura, se in grado di sostenere il viaggio. Il valore però, è anche maggiore, se prendiamo in considerazione il volano che può generare un servizio di Endoscopia Digestiva veramente completo e i benefici apportati ai pazienti di Imola e dintorni. Fino ad ora è sempre risultato molto complicato introdurre il nuovo percorso a causa dei costi eccessivi dell’investimento in strumentazione pluriuso e incertezza nella valutazione dell’impatto economico in generale. Risultati Il primo obiettivo dell’implementazione del PPP è stato l’ampliamento dell’attività dell’unità di endoscopia digestiva ad Imola per rispondere ai bisogni della popolazione. Un servizio di endoscopia completo significa garantire a molti pazienti con patologie dell’apparato digerente di essere trattati presso l’ospedale di Imola durante tutto il percorso di cura, incrementando di conseguenza anche le attività di reparti direttamente correlati all’endoscopia digestiva. L’introduzione di una nuova tecnologia quale il colangioscopio monouso ha comportato un impatto diretto su pazienti con calcolosi complessa, corrispondenti a circa il 5% del totale. La disponibilità di questa tecnologia ha permesso di ridurre molteplici interventi di ERCP, e in alcuni casi evitare un intervento chirurgico, con relativi costi e conseguenze1. I risultati in termini di salute e assistenza sanitaria sono stati accompagnati da importanti risultati economici. L’estensione del servizio, grazie al PPP, ha permesso di evitare una serie di voci di spesa rispetto ad un processo d’acquisto tradizionale. Partendo con ordine, il primo risparmio è stato la mancata spesa da parte dell’ospedale per predisporre il magazzino (conto deposito), questo è quantificabile in circa 40mila euro, una tantum. Inoltre, sull’unità di endoscopia non ha dovuto gravare l’inve-
Deprez, P. H., et al. (2018). The economic impact of using single-operator cholangioscopy for the treatment of difficult bile duct stones and diagnosis of indeterminate bile duct strictures. Endoscopy, 50(02), 109-118.
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prezzo per procedura stimento legato alla strumentazione pluriuso che ha un costo stimabile intorno ai 45mila euro2. Durante il primo anno di implementazione l’innovativo modello di approvvigionamento, oltre a garantire la prevedibilità e la certezza della spesa, ha permesso un risparmio legato al sovra utilizzo di alcuni dispositivi rispetto a quanto preventivato e della cui spesa si è fatto carico interamente il fornitore. Alla fine del primo ciclo del progetto, della durata di 12 mesi, la spesa totale in dispositivi è stata il 15% in meno rispetto ad un modello di acquisto tradizionale. Inoltre, i noleggi dei capital equipment installati e disponibili presso il reparto sono stati inclusi nel prezzo per procedura. Il noleggio delle tre apparecchiature a disposizione del reparto è quantificabile in oltre 10 mila euro all’anno, questi si vanno ad aggiungere a tutti i risparmi sopracitati. Va inoltre sottolineato che, rispetto alla situazione passata, l’ospedale ha evitato di incorrere nella spesa dello spostamento di 130 pazienti. Precedentemente almeno 80 pazienti l’anno venivano trasportati per mezzo di 2
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un’ambulanza in un centro a 50 Km di distanza per essere trattati. Il personale infermieristico e talvolta un medico anestesista in queste occasioni è impiegato per l’intera giornata lavorativa per assistere al trasporto e al rientro post-intervento. Conclusioni L’implementazione di un servizio di ERCP all’interno dell’Unità Operativa di Gastroenterologia diretta dal prof. Fusaroli ha permesso di completare l’offerta terapeutica dell’ospedale per pazienti affetti da patologie bilio-pancreatiche. Il servizio di PPP ha permesso, nelle prime fasi del progetto, di evitare l’investimento di ingenti capitali necessari per l’acquisto di strumenti endoscopici e singoli accessori. Nel tempo, questo permette alla UOC di fruire delle più avanzate tecnologie in materia, garantendo il miglior trattamento possibile dei pazienti in termini di sicurezza ed efficacia.
Travis, H. S., Ehlers, L. H., & Thornton, J. (2020). The total cost of reuseable duodenoscopes-are single-use duodenoscopes the future of ERCP?. Pharmacoeconomics: Open Access, 5(2).
AZIENDE INFORMANO
Tessili in TTR, un passo verso la sosteniblità
L
a sostenibilità ambientale è un tema che la sanità italiana non può più ignorare. Il settore sanitario (e in particolare quello ospedaliero), oltre ad essere caratterizzato da problemi di shortage delle risorse, cambiamento climatico e crisi economica, è sollecitato da molteplici fattori di cambiamento, culturali e demografici, che portano alla necessità di un ripensamento delle modalità di erogazione delle prestazioni sanitarie e a concentrare l’attenzione verso la sostenibilità. Quando si pensa alle attività di un ospedale, il focus viene posto sulla qualità e sull’affidabilità del servizio assistenziale erogato e non si considera che tale realtà ha un forte impatto ambientale, con riferimento, ad esempio, alla quantità di rifiuti che produce, all’energia che consuma e alle risorse che impiega. I valori ESG sono intrinseci al mondo sanitario, dato il ruolo di responsabilità diretta verso i pazienti (nel garantire sicurezza e qualità del servizio) e indiretta, nello scegliere e supportare pratiche di approvvigionamento ispirate ai principi della tutela dell’ambiente e della salute, dei diritti umani e del lavoro etico. Una delle aree ospedaliere più sensibili è senza dubbio la sala operatoria, che richiede altissimi standard di sicurezza (per i pazienti e per gli operatori) e produce grandi quantità di rifiuti, il cui smaltimento risulta non solo impegnativo, ma molto oneroso. Dopo che il cotone ha smesso di essere utilizzato in sala operatoria, Tessuto Non Tessuto e Tessuto Tecnico Riutilizzabile si sono di fatto spartiti il mercato, ognuno con le proprie debolezze e i propri punti di forza. L’affidabilità e la sicurezza dei dispositivi in dotazione alle strutture ospedaliere sono aspetti cruciali al fine di garantire la qualità delle cure e la tutela della salute tanto degli operatori quanto dei pazienti; in quest’ottica i tessili per sala operatoria sono fondamentali per impedire la trasmissione di agenti infettanti tra pazienti e personale clinico durante gli interventi chirurgici. La norma UNI EN 13795 prevede che tutti i materiali utilizzati per la realizzazione dei camici e dei teli chirurgici vengano sottoposti a indagini chimiche, fisiche e biologiche,
per verificare che mantengano intatte le loro caratteristiche durante tutto il ciclo di vita. Ma se oltre agli aspetti strettamente sanitari vogliamo prendere in considerazione gli impatti ambientali e sociali, dobbiamo analizzare i diversi elementi rilevanti lungo tutta la catena del valore: • Aspetti produttivi: la produzione del TNT per usi medicali avviene quasi interamente all’estero, mentre la filiera del TTR si sviluppa principalmente sul territorio nazionale grazie a imprese di servizi, che gestiscono per conto della struttura ospedaliera tutto il ciclo di ricondizionamento e di vita dei prodotti, semplificando in tal modo le procedure interne alle strutture ospedaliere. • Aspetti economici: i costi di approvvigionamento con prodotti in TNT (costo di acquisto) o TTR (costo di noleggio) risultano sostanzialmente in linea, ma è importante prendere in considerazione anche gli effetti macroeconomici in termini di occupazione, indotto, filiera etc. • Aspetti ambientali: i tessili in TNT vengono smaltiti tramite incenerimento poiché classificati come rifiuti speciali al momento dello smaltimento, mentre i tessili in TTR – anche una volta arrivati alla fine del loro ciclo di vita – possono tornare sul mercato come materie prime seconde e dare vita a nuovi oggetti (come ad esempio arredi da giardino, imbottiture, pile). In questo contesto, il Tessuto tecnico Riutilizzabile rappresenta un passo sostanziale nella direzione della sostenibilità, essendo il materiale tecnologicamente più avanzato nell’ambito dei dispositivi tessili per sala operatoria, visto che realizza le migliori prestazioni in termini di performance, confort e sicurezza. www.servizitaliagroup.com
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È nata Istituto di Vigilanza Coopservice S.p.A.
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È nata Istituto di Vigilanza Coopservice Spa, società controllata al 100% da Coopservice, nella quale è stato conferito il ramo d’azienda comprendente tutte le attività di vigilanza e sicurezza della cooperativa. Una nuova forma giuridica per un’azienda con una storia ultradecennale e una presenza importante in 7 regioni – con oltre 3.200 operatori tra Guardie Particolari Giurate e Operatori della Sicurezza. Oggi la digitalizzazione sta portando all'integrazione di mondi limitrofi e ad una convergenza tra mercati; è il caso, ad esempio, della Security e della Safety che stanno convergendo verso una “building automation” avanzata, che non include solo gli aspetti della domotica e del controllo da remoto, inclusi i sistemi di videosorveglianza e antintrusione, ma anche dell’automazione e del risparmio energetico, per offrire ai clienti soluzioni intelligenti e capaci di adattarsi alle specifiche abitudini degli utenti. Nel caso delle Aziende Ospedaliere, da sempre luoghi critici nel continuo flusso di presenza delle persone, diventa cruciale approcciare la gestione della sicurezza degli edifici in modo integrato. Per riuscirci è fondamentale avere capacità architetturali e professionalità adeguate e per questo servono investimenti mirati per sviluppare nuove competenze e nuovi approcci innovativi in un contesto in rapida e costante evoluzione. Novità impattanti come l’intelligenza artificiale devono trovare adeguata applicazione nella progettazione delle soluzioni per la sicurezza, alzando il livello professionale di tutta la filiera. www.vigilanzacoopservice.it
Chi garantisce dell’esecuzione del servizio di pulizia e disinfezione presso le strutture sanitarie L’esternalizzazione delle attività di pulizia e disinfezione risulta fondamentale per garantire la qualità e il livello d’igiene delle strutture sanitarie, purché si gestisca l’erogazione, il monitoraggio e il controllo del servizio. Un servizio di buona qualità si deve tradurre nella soddisfazione del cliente/paziente e del personale che opera nella struttura. L’esternalizzazione dei servizi dovrebbe essere il risultato di un processo decisionale, che prevede un’attenta analisi dei fabbisogni, la valutazione del miglior modello organizzativo, determinare le caratteristiche dei servizi da esternalizzare e l’individuazione di un sistema di controllo. La criticità è quella di vincolare la qualità del servizio al prezzo, a patto che sia il più basso possibile, demandando il controllo alla società di gestione, sulla base del proprio autocontrollo. Le giustificazioni addotte dalle Strutture sono sempre le stesse “non abbiamo personale da dedicare” o “non abbiamo gli strumenti per farlo”. CLAUDIT è lo strumento informatizzato per la gestione del collaudo continuativo degli appalti di servizi. La piattaforma in cloud condivisa restituisce in tempo reale lo stato dell’arte del servizio, nel rispetto delle richieste del capitolato di gara e delle scelte metodologiche del fornitore, in ottemperanza alle normative volontarie e cogenti. www.claudit.it
R-evolution per ambienti ospedalieri sicuri e puliti Falpi, affermata nel settore ospedaliero per la qualità e la durabilità dei suoi prodotti, con il suo know-how consolidato, ha sviluppato negli anni soluzioni di pulizia che hanno contribuito significativamente al miglioramento delle prestazioni delle imprese di servizio nelle gare pubbliche. L’esperienza accumulata nella disinfezione ambientale è oggi un pilastro essenziale nella prevenzione delle infezioni nosocomiali. Tuttavia, l'evoluzione della minaccia rappresentata dai "multidrug resistant" richiede soluzioni sempre più avanzate. Ed è qui che entra in gioco R-evolution. L’ingresso di Falpi in R-evolution, unitamente ad altre quattro società di riferimento del "cleaning professionale", rappresenta un passo rivoluzionario per mettere a disposizione delle strutture ospedaliere i più moderni metodi di sanificazione e il relativo controllo delle prestazioni. Mentre Falpi ha una solida esperienza nel campo della produzione di attrezzature per la sanificazione ambientale, R-evolution sarà quindi il soggetto operativo nell’implementare fattivamente tutte le innovazioni più qualificanti oggi disponibili. La sinergia creata in R-evolution promette di portare benefici significativi nella diffusione e applicazione delle nuove tecnologie, garantendo assistenza e supporto tecnico qualificato su tutto il territorio nazionale. In occasione della Fiera ISSA Pulire 2023 a Milano il programma di R-evolution è stato presentato al mercato con alcuni sitemi innovativi tra cui Dosarapid, Calibra e Gorgo: tre soluzioni tecniche che rispondono a problematiche annose ed ancora irrisolte in ambito sanitario. In un mondo in cui le minacce legate all’insorgenza delle ICA stanno costantemente evolvendo, R-evolution, è una risposta proattiva per garantire che gli ospedali possano fornire un ambiente sicuro e pulito. Questo a tutto vantaggio dei pazienti e del personale sanitario, migliorando l’efficienza operativa e la reputazione delle strutture sanitarie riducendo nel contempo i costi. www.falpi.com
Sistema RFC di Rekola: altamente igienizzante, efficace ed ecologico C.A.L. Italia promuove il sistema di lavaggio RFC Residue Free Cleaning, ideato dalla società finlandese Rekola, che assicura pulizia accurata senza residui. Il sistema prevede l’uso dell’innovativo tergipavimento Power Squeegee Rekola Reflex e dei panni MopCloth. Il Power Squeegee consente di applicare selettivamente la pressione su una parte limitata del tessuto con un aumento della pressione specifica fino a ottanta volte superiore rispetto al sistema tradizionale a frangia piatta. I panni H MopCloth consentono di risparmiare tempo grazie all'ampia superficie del panno che può essere utilizzato su entrambi i lati fino a 9 punti nuovi di contatto: sollevando il tergipavimento e appoggiandolo su una parte pulita del panno, si può lavorare sempre con una parte “fresca”. Ne possono essere lavati in lavatrice contemporaneamente molti di più. Il laboratorio Weber & Leucht ha certificato che il Sistema pulisce e igienizza così a fondo che può lavorare anche senza detergenti; infatti, test indipendenti effettuati con il metodo UNI EN 69163 indicano che il 99,95% dei batteri viene rimosso e che il 93,8% di tutto lo sporco viene eliminato con un solo passaggio del panno H MopCloth. Il sistema RFC prevede inoltre: 1. l’uso di un detergente/sanificante sostenibile e senza residui come quello generato dall’acqua ozonizzata stabilizzata di Tersano Uno dei partner più importanti di Rekola nel progetto RFC è Tersano Inc., azienda Canadese ormai nota anche in Italia, produttrice di sistemi di Ozonizzazione dell’acqua non prima di averla stabilizzata (con sistema brevettato) in modo da rendere la soluzione attiva a livello sanificante fino a 24 ore. 2. L’uso metodico e periodico di piccole e compatte lavasciugapavimenti 3. L’uso di dischi diamantati che agevolano la pulizia Chemical Free. Con queste particolari lavasciuga si può eliminare definitivamente l’uso di sostanze chimiche come: deceranti, sgrassanti di fondo e cere metallizzate, è obbligo introdurre i sistemi di deceratura, lavaggio quotidiano e lucidatura ideato da Bonastre System. Il disco diamantato Bonastre Duo, consente alle macchine lavasciugapavimenti di lavare e lucidare nel medesimo passaggio. calitalia.com
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Vitasept per una disinfezione efficace e rispettosa Paredes è ormai da anni tra i leader nella sanità per il lavaggio ed asciugatura monouso professionale delle mani. Fornisce all’incirca 200 ospedali, ai quali garantisce igiene e servizi di alto livello, e risponde alle esigenze di imprese e pubbliche amministrazioni con i suoi prodotti di qualità. A riprova dell’impegno e del valore dell’azienda, vi è un continuo sviluppo che porta a diverse novità nell’ambito dell’igiene professionale del settore sanitario e non solo. Per quello che è il mondo della disinfezione, vi è un importantissimo prodotto che risulta essere perfetto per il settore sanitario. Stiamo parlando di Vitasept: un sapone disinfettante presidio medico chirurgico per le strutture ospedaliere e i luoghi dedicati alla cura della persona. La vera innovazione è che rispetto ad altri disinfettanti per le mani. Vitasept è ipoallergenico e rispetta la cute degli utenti grazie alla sua particolare formulazione, invogliando maggiormente ad ottimizzare l’igiene delle mani all’utenza. Per il settore microfibre, in esclusiva con Decitex, innovatore nel campo, ha presentato un sistema che permette di lavare i pavimenti con azione biocida senza l’utilizzo di prodotti chimici: la pulizia ecologica. Sempre restando in tema sanità, in ottica di semplificare il lavoro e ridurre i consumi, l’azienda ha proposto la nuova Linea Style caratterizzata da affidabilità, comfort e igiene e da un design dalle linee moderne, che facilita la pulizia. Una sezione in trasparenza permette di mantenere sempre sotto controllo il livello del prodotto e il nuovo nottolino in cellulosa azzera l’uso di plastica. www.paredes.it
Synergie. Una scelta fatta con cura: la nostra 42
Synergie Italia S.p.A. è un’Agenzia per il Lavoro. Autorizzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, presente in tutta Italia; prima agenzia per il lavoro francese e quinta a livello europeo. Con oltre 150 filiali in tutta Italia, più di 27.000 risorse occupate e 10.000 aziende partner, l’Italia è il secondo Paese del Gruppo, che oggi supera le 700 filiali in tutto il mondo. Dinanzi alla riconosciuta ed affermata funzione sociale dell’intermediazione privata, Synergie Italia, associata Assolavoro, si pone con senso di responsabilità e con integrità morale, l’obiettivo di contribuire in modo determinante al processo di sviluppo del mercato del lavoro e dell’economia italiana. La somministrazione rappresenta un'ottima soluzione per le imprese di tutti i settori. Oltre il 40% dei lavoratori in somministrazione sono impiegati nell'industria, ma si ha anche una forte concentrazione nei servizi alle imprese, e nella Pubblica Amministrazione, istruzione, sanità. Nella somministrazione sono impiegati profili a elevata qualifica, a media qualifica, tecnici, e operai specializzati. Synergie rappresenta un partner strategico per la ricerca in tempi brevi di profili ad alta specializzazione e non solo, grazia alla vasta disponibilità di database specializzati e costantemente alimentati (unitamente alle sinergie consolidate nel tempo con Scuole Superiori, Università, Centri di Formazione ed Aziende sia pubbliche che private). A titolo esemplificativo nel 2021 la partnership tra ApL e Pubblica Amministrazione è stata cruciale per il reclutamento di: • Oltre 7.000 medici, infermieri e profili tecnici, assunti in tempi rapidi con contratto di somministrazione dalle Aziende Sanitarie dislocate su tutto il territorio nazionale per la Campagna di Vaccinazione 2021 della popolazione. • Circa 2.000 laureati STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics) assunti in somministrazione dal Ministero dell’Interno e dislocati presso le Prefetture e le Questure dei capoluoghi di Provincia per far fronte alle richieste di “Accoglienza Immigrati” e “Asilo per profughi di guerra”. Synergie Italia contribuisce ogni giorno all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, non solo con il lavoro in somministrazione a tempo determinato, ma anche lavoro in somministrazione a tempo indeterminato, servizi di ricerca e selezione, formazione e outplacement. L'azienda Garantisce continuità professionale dei lavoratori e soddisfa il bisogno di trasformazione e competenze espresse dalle realtà aziendali sanitarie in un mondo del lavoro in continua trasformazione. www.synergie-italia.it
LIMOP soluzione intelligente per le imprese che guardano al futuro Il Sistema LIMOP proposto da LIM SRL, capofila della rete d’impresa ELLEDUE LAUNDRY NETWORK ITALIA, consiste nella fornitura integrata dei servizi di noleggio, veicolazione, lavaggio e tracciabilità di mop e panni tecnici. I principali punti di forza sono: La capillarità del servizio, permessa dalla disponibilità degli stabilimenti di ben 9 aziende, tutte certificate ISO14001:2015 e UNI EN14065:2016 La bontà dei prodotti - realizzati in microfibra, certificati ISO14024, dotati ciascuno di un proprio microchip – e dei processi, realizzati in partnership con Sutter, in aderenza ai CAM della lavanderia, alle leggi in materia di scarichi, emissioni ed impiego dell’acqua. Il prodotto finito, dotato del giusto dosaggio di detergente “EMERALD EASY” (prodotto ECOLABEL, 3gr. su ogni mop, 2gr. su ogni panno, da riattivare con sola acqua prima di ciascun impiego) viene consegnato al cliente asciutto e non permette il proliferare di muffe, germi e batteri I dati e le informazioni fornite mediante il sistema di reportistica, sempre aggiornato e fruibile con una specifica APP e basato su due livelli: al primo afferiscono tutte le informazioni che riguardano il rapporto tra lavanderia e cliente, permette di governare l’andamento del servizio, in termini di appropriatezza di costi, consumi e prestazioni; al secondo afferiscono tutte le informazioni interne alla sfera dell’utilizzatore e permette una capillare analisi per singolo centro di costo od operatore. Il sistema fornisce anche la rendicontazione di impatto ambientale, conformemente ai CAM del cleaning, indicando in tempo reale le quantità di acqua, energia, materiali consumabili, che si sono impiegate e quante se ne sono risparmiate, rispetto al sistema di ricondizionamento tradizionale. “LIMOP un vero passo avanti per distinguere e garantire il tuo servizio”. www.limlavanderia.com
Sutter Professional: Meteor Maxima batteriostatica (patent pending) Sutter, da oltre cento anni leader del settore della protezione delle superfici e dell’igiene, ha sviluppato una nuova cera con potere batteriostatico ed in attesa di ottenimento del brevetto industriale, che è già stato depositato. Certificata antiscivolo da UL e conforme ai CAM, garantisce impareggiabili standard qualitativi con brillantezza superiore, alto grado di stendibilità, massima resistenza al traffico, durata prolungata e in assenza di profumo. Azione batteriostatica: le particelle di zinco penetrano nel nucleo delle cellule batteriche che si depositano sulle superfici trattate e hanno proprietà oligodinamiche. La riproduzione e la proliferazione dei batteri viene definitivamente bloccata. Le particelle di zinco, anche se sottoposte a quotidiani e prolungati interventi di pulitura, non si disperdono ma rimangono attive e stabili nel film in cui sono inglobate, garantendo performances durature. METEOR MAXIMA è conforme alla ISO 22196-2011 che determina la metodologia di rilevazione batterica sulle superfici. Il metodo di riferimento consente la misurazione quantitativa dell’attività antibatterica. Non risulta alcuna crescita di batteri, lieviti o muffe. METEOR MAXIMA contiene una percentuale calibrata di zinco piritione che crea una barriera contro la moltiplicazione incontrollata di microrganismi e bioinfestanti, colpendo in modo mirato germi e batteri. Test di laboratorio dimostrano come dopo solo 24 ore oltre il 99% degli infestanti vengano decomposti in modo efficace e duraturo, senza dover ricorrere ad ulteriori additivazioni con agenti potenzialmente sensibilizzanti e ad azione limitata nel tempo. #StayTuned www.sutterprofessional.it
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GSN: cleaning, manutenzione, logistica in sanità GSN SERVIZI srl è una società con base a Napoli e attiva in tutta Italia nell’ambito dell’Integrated Facility Management, la gestione e l’erogazione di servizi integrati rivolti agli immobili, al territorio e a supporto del sistema sanitario. “È qui, spiega il socio Francesco Marrone, che GSN SERVIZI mette in campo tutta la sua esperienza nella sanificazione ospedaliera, così come per l’efficientamento della logistica farmaceutica, per la sicurezza delle strutture, delle procedure e delle persone. Il nostro servizio di logistica integrata ha come obiettivo il miglioramento della somministrazione del farmaco, dimostrando il ruolo cruciale delle imprese nel miglioramento della Sanità italiana, anche alla luce delle sfide che il Paese affronta nell’ambito del PNRR”. Dalla manutenzione al cleaning passando per la logistica, GSN ha sviluppato un solido e diversificato know-how caratterizzato da un’attenzione a sostenibilità ambientale e innovazione. L’azienda sarà presente a Roma, il prossimo 26 e 27 ottobre, al XXII congresso FARE, per partecipare al dibattito sul procurement in ambito sanitario. “Il Covid-19 ci ha resi tutti più consapevoli di quanto sia imSISTEMA LOGISTICO INTEGRATO DEI BENI DI CONSUMO PER LE STRUTTURE SANITARIE portante prendersi cura della sicurezza delle MICRO-LOGISTICA MACRO-LOGISTICA persone e della comuniOSPEDALE MAGAZZINO AZIENDA PAZIENTE REPARTO/AMBULATORIO DISTRETTO CENTRALE SANITARIA FORNITORE tà, e GSN continuerà a farlo mettendo al centro tre aspetti fondamentali: le persone, la qualità e i risultati”, conclude Marrone. L’azienda, in costante crescita nel mercato pubblico come in quello privato, dal 2021, fa parte del sistema Elite lanciato da Borsa Italiana. gsnservizi.com PRESCRIZIONE INFORMATIZZATA
SALA OPERATORIA
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AMBULATORIO
DOMICILIO
KIT PROCEDURALI
SOMMINISTRAZIONE IMPIANTARE UTILIZZARE
DISPENSAZIONE
CARRELLO INFORMATIZZATO
CARRELLO INFORMATIZZATO
CARRELLO INFORMATIZZATO
ORDINARIE
SOMMINISTRAZIONE
DEGENZA
URGENTE
SISTEMA INFORMATIVO
RICHIESTA A MAGAZZINO
GESTIONE RICHIESTE
LOTTI/SCADENZE
REPARTO/CDC Q.TÀ LOTTI SCADENZE
PROPOSTA ORDINE
ORDINE ACQUISTO
RICEVIMENTO MERCE E DDT ELETTRONICO DA FORNITORE
VALIDAZIONE RICHIESTA A MAGAZZINO
ARMADIO INFORMATIZZATO KANBAN Q.TÀ LOTTI SCADENZE
PREPARAZIONE SPEDIZIONI
CONSEGNA A TEMPERATURA CONTROLLATA
CONSEGNA A DOMICILIO
Pulizia impeccabile, nel rispetto dell’ambiente Efficace e sostenibile: il panno Micro-Activa in ultra-microfibra eccelle da entrambi i punti di vista. Pulisce in profondità rimuovendo lo sporco e riducendo significativamente la contaminazione microbica e virale. Test effettuati da un laboratorio esterno indipendente secondo la norma UNI EN 16615:2015 attestano che il panno, utilizzato ad umido, è in grado di rimuovere i batteri Staphylococcus aureus ATCC 6538, Pseudomonas aeruginosa ATCC 15442 ed Enterococcus hirae ATCC 10541 con una capacità di riduzione fino al 96,6%. Ulteriori test hanno inoltre evidenziato una riduzione del 99,9% del Coronavirus umano 229E dalle superfici in acciaio, sempre senza l’utilizzo di soluzione detergente. Micro-Activa ha ottenuto la certificazione Ecolabel UE, il marchio di qualità ecologica che premia i migliori prodotti ecosostenibili dopo averne valutato l’impatto ambientale nell’intero ciclo di vita attraverso una serie di parametri molto selettiva stabilita dalla Comunità Europea. Inoltre, le versioni da 40 cm con tasche e sistema a strappo hanno superato a pieni voti il test relativo al rilascio di microplastiche in fase di lavaggio e risciacquo dei tessili, effettuato secondo la norma ISO 23231 da un laboratorio specializzato. www.filmop.com
kubi La sicurezza dei carrelli incontra la fantasia dei bambini
Il design "tutto chiuso" di Kubi permette di tenere i prodotti chimici e le attrezzature al riparo dalla straordinaria ed innata curiosità dei bimbi, garantendo la loro sicurezza.
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Utilizzato nei contesti frequentati dai bambini: dai reparti pediatrici degli ospedali, alle scuole materne, fino ai centri per l’infanzia.
Disponibile in tutte le configurazioni della gamma Kubi e conserva pertanto tutte le certificazioni di qualità e le prestazioni della linea originale.
Fraz. Ponzone, 120 13835 - Valdilana (BI) T. +39 015 738 7777
Interamente personalizzabile sulla base del contesto a cui è destinato (sia nei moduli, sia nei colori, sia nella grafica degli stickers).
info@falpi.com www.falpi.com
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TEME - TECNICA E METODOLOGIA ECONOMALE
BIMESTRALE DI TECNICA ED ECONOMIA SANITARIA
MASSIMILIANO BRUGNOLETTI
IL COLLEGIO CONSULTIVO TECNICO: LA NUOVA POSSIBILITÀ DI GESTIRE EFFICACEMENTE LA FASE ESECUTIVA
SYNERGIE: UNA SCELTA FATTA CON CURA
VINCENZA DI MARTINO
Synergie Italia Agenzia per il lavoro da sempre promuove la ricerca, selezione, formazione e somministrazione del capitale più importante delle imprese: quello umano.
LE NOSTRE CERTIFICAZIONI
LUCIO LACERENZA
Medical Care di Synergie è caratterizzata da un know-how esclusivo nel campo della sanità. È specializzata nel selezionare e somministrare personale sanitario, amministrativo e tecnico per strutture sanitarie di ogni dimensione, pubbliche e private.
PROVA DI EQUIVALENZA, LEGITTIMA SE DEL COSTRUTTORE
SCOPRI DI PIÙ
GIAMPAOLO AUSTA
ISSN 1723-9338
Synergie arriva in Italia nel 1999 e diventa un punto di riferimento in ambito risorse umane, mettendo a disposizione di lavoratori e aziende la professionalità e l’alto livello di specializzazione dei suoi HR Consultant.
DISCREZIONALITÀ DELLA P.A. NELLA SCELTA DI CRITERI PREMIALI PER LA VALUTAZIONE DELLE OFFERTE TECNICHE
LA NUOVA NORMATIVA SUL WHISTLEBLOWING: NOVITÀ E OBBLIGHI PER LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI