Il manuale di guida sicura

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M A N UALE DI GUIDA S I C U R A

I C ORSI ASC

Sommario 6 Imparare sul campo

Asc, una struttura di riferimento - I corsi dell’Asc: auto, veicoli pesanti, fuoristrada, moto

10 Tecnica di guida: la posizione è solo l’inizio

Un rapido controllo prima di partire - “Aggiustare” sedile e volante - I movimenti dei piedi - Regolare la cintura Il poggiatesta - Il punto di corda e la traiettoria - Le dinamiche del veicolo in curva - Il sottosterzo Il sovrasterzo - La frenata - Guardare lontano - La guida su fondi a scarsa aderenza - La guida invernale

22 Principi di ecoguida: risparmiare, rispettando l’ambiente

GUIDARE

I costi di gestione di un veicolo - L’importanza della manutenzione - Le regole d’oro - La massima potenza disponibile - Come si usano cambio e acceleratore - Il cambio automatico - Sfruttare la disattivazione della spinta - Velocità e aerodinamica - Piccoli accorgimenti quotidiani

28 La guida percettiva: percepire è meglio che “curare”

Sensazione e percezione - Il sistema visivo/uditivo - Gestire l’incongruenza - L’attenzione - Il vissuto dell’automobilista

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La guida sportiva: quando cresce l’andatura I controlli preliminari - I primi chilometri - I principi della guida sportiva - La frenata - La scalata delle marce Le traiettorie - Sottosterzo e sovrasterzo - Elettronica amica anche in pista - La manovra del pendolo

IL VEICOLO

44 Il veicolo: imparare a conoscerlo

Le tipologie fondamentali delle auto - La dinamica del veicolo - I trasferimenti di carico - L’influenza della massa I pneumatici - L’angolo di deriva - L’ellisse di aderenza - I controlli elettronici per la sicurezza attiva I sistemi per la sicurezza passiva - In viaggio con i bambini - La distanza di sicurezza - I controlli sul veicolo - La revisione

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Le sospensioni: non è solo questione di molle

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La strada: più di un nastro d’asfalto

La sospensione anteriore: MacPherson, MacPherson con asse sterzante avvicinato alla ruota, quadrilatero alto, quadrilatero basso Gli angoli assunti dai pneumatici - L’angolo di camber - L’angolo di convergenza - L’angolo di caster - L’angolo di king pin Il recupero di camber - Gli ultimi sviluppi della geometria delle leve - La sospensione posteriore: ponte torcente, MacPherson, multilink (due leve e mezzo, tre leve e mezzo, quattro leve e mezzo, cinque leve) - Le ultime evoluzioni del ponte torcente

VIAGGIAR E S ICURI

Come si suddividono i sinistri - L’infrastruttura viaria - La classificazione delle strade - I limiti di velocità

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L’emergenza: l’importante è non perdere la calma L’autoprotezione - La messa in sicurezza delle persone - La chiamata di emergenza e di soccorso La messa in sicurezza della scena - L’assistenza ai feriti - In galleria - Liberare la carreggiata stradale

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Il fattore umano: star bene per guidare bene Guidare: un’attività complessa - Automobile e igiene di viaggio - Meglio all’alba che di notte - La guida notturna L’alimentazione - Attenzione alle distrazioni - Piloti e stress: una ricerca - Che tipo di guidatore siete? Consigli per i “dispendiosi” - Il “vissuto” dell’automobilista - “Trappole” da evitare - Salute e sicurezza alla guida I farmaci pericolosi - Farmaci, istruzioni per l’uso - Visite mediche ed esami - Altri fattori di rischio: l’affaticamento e lo stress

G LOSSA RIO

94 Dentro le parole Il nostro glossario

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L A GU I DA P E R CET T I VA

4 EVENTO DIVERSO, REAZIONE DIVERSA Il tempo di reazione rispetto a un evento varia a seconda se quest’ultimo sia atteso o meno. Caso 1: evento atteso, di cui è nota la dinamica (tempo medio 150 ms). Esempio: la partenza di una gara (nella foto). Il pilota conosce perfettamente la dinamica dell’evento: l’accensione dei cinque semafori rossi e il progressivo spegnimento delle luci. Non conosce però il momento esatto in cui si spegnerà l’ultimo semaforo che determina il via libera alla partenza. Il tempo di reazione è comunque rapidissimo. Caso 2: evento atteso, di cui non è nota la dinamica (tempo medio 300 ms). Esempio: un portiere in attesa che venga tirato un calcio di rigore. L’evento è noto, ma non se ne conosce l’esatta dinamica. Il portiere deve intuire cosa farà l’avversario e scegliere “a caso” da che parte buttarsi. Caso 3a: evento del tutto inatteso, che genera una reazione spinale non controllabile (tempo medio 150 ms). Esempio: la reazione alla puntura di un insetto o a una scottatura. Caso 3b: evento del tutto inatteso, che non genera alcuna reazione. Esempio: panico Caso 3c: evento del tutto inatteso, che provoca una serie di indecisioni e ripensamenti. Esempio: un guidatore di fronte a un semaforo giallo: ne stima la durata ma non è in grado di percepire il pericolo che può derivare da un’errata valutazione. Caso 3d: evento del tutto inatteso, che provoca una reazione rapida ma “controllata”. Esempio: il guidatore percepisce una situazione di pericolo e frena.

LA MISURAZIONE FAI DA TE DEL TEMPO DI REAZIONE Empirico, ma comunque accettabile sotto il profilo del risultato, questo metodo per misurare il tempo di reazione consiste nel tenere sospeso un righello di una lunghezza di circa 50/60 cm. La persona soggetta al test si pone in piedi, di fronte al righello, con il dito pollice e l’indice a lato del righello. Quando quest’ultimo viene lasciato cadere, il pollice e l’indice si chiudono per afferrarlo. A questo punto è sufficiente leggere sulla scala centimetrata il punto esatto in cui il righello è stato bloccato e confrontare il dato con quelli riportati nella tabella qui a lato, che traduce i centimetri del righello nel tempo di reazione misurato in secondi.

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TEMPI DI REAZIONE PER FERMARE UN VEICOLO veicolo

stimolo

posizione del piede

s

fermo

segnalazione acustica

sul pedale del freno

0,24

fermo

segnalazione acustica

sull’acceleratore

0,42

fermo

segnale luminoso intenso

sul pedale del freno

0,26

fermo

segnale luminoso intenso

sull’acceleratore

0,44

fermo

segnale stop su veicolo

sul pedale del freno

0,36

fermo

segnale stop su veicolo

sull’acceleratore

0,52

in marcia normale

segnalazione acustica

sull’acceleratore

0,46

in marcia normale

segnale stop su veicolo

sull’acceleratore

0,83

in marcia normale

segnale stop nascosto

sull’acceleratore

1,65

in movimento

segnale stop su veicolo

sull’acceleratore

0,68

in movimento

segnale stop nascosto

sull’acceleratore

1,34

cm

s

cm

s

cm

s

5

0,100

15

0,175

28

0,239

6

0,110

16

0,180

30

0,247

7

0,120

17

0,186

32

0,255

8

0,127

18

0,190

35

0,267

9

0,135

19

0,197

40

0,285

10

0,143

20

0,202

45

0,303

11

0,150

21

0,207

50

0,319

12

0,156

22

0,212

55

0,335

13

0,163

23

0,216

60

0,350

14

0,170

25

0,226

65

0,365


M A N UALE DI GUIDA S I C U R A

al contrario, causa di un costante abbagliamento per chi, in quel momento, si sta muovendo in direzione opposta con il sole negli occhi, situazione che determina una netta riduzione della visibilità della sede stradale e del movimento dei veicoli. Un altro elemento sul quale è costruita la teoria della guida percettiva è la consapevolezza del fatto che l’uomo si è evoluto nei millenni per muoversi a una velocità piuttosto ridotta, compresa tra i 4 e i 5 km/h, il cosiddetto “passo d’uomo”. Velocità più sostenute sono riservate esclusivamente agli animali o, solo per qualche decina di secondi, agli atleti. Raggiungere velocità superiori a 50 km/h è possibile solo facendo ricorso a un mezzo meccanico, sia esso un’automobile, una moto, il treno o l’aereo. Quando ciò avviene - e avviene sempre quando si guida un’auto - l’uomo deve adattarsi a una velocità per la quale i suoi sensi, soprattutto quello della vista, non sono stati “dimensionati”. Il sistema visivo È il più importante per la guida. L’automobile è fatta per muoversi in un determinato spazio: strade urbane ed extraurbane, autostrade, piazze. E ogni spostamento nello spazio richiede un’analisi di tipo visivo. Se i nostri occhi non lo avessero potuto avvistare in precedenza, non potremmo mai dire: “mi devo fermare perché di fronte a me c’è un ostacolo”. Il sistema visivo ha grandi potenzialità: consente, attraverso la visione binoculare, la percezione della distanza;

si adatta al buio e alle variazioni di luce; percepisce forme, colori e movimento di quanto ci circonda; consente una contemporanea percezione della scena e dei dettagli al suo interno. Queste informazioni ci permettono di formulare alcune considerazioni sulla sicurezza nella guida. La percezione di un oggetto è legata al suo movimento e non alla sua posizione. Un qualunque oggetto fermo sulla carreggiata, da lontano può essere confuso con oggetti simili, presenti ai lati della strada. Questo è un principio ben conosciuto dai nostri antenati cacciatori e dagli animali che, quando vogliono mimetizzarsi, restano assolutamente immobili. Per questo riusciamo a localizzare facilmente un pedone che attraversa la strada, mentre ci risulta più difficile individuare un ciclista che ci precede sulla destra della carreggiata: poiché si muove nella nostra stessa direzione, diventa più difficile da percepire, soprattutto in condizioni di visibilità ridotta. Naturalmente con l’aumentare della velocità, cioè quanto più ci allontaniamo dallo “standard” naturale dell’uomo, diventa più difficile e complesso valutare la profondità prospettica, la velocità degli altri veicoli, le distanze. E se consideriamo che un’automobile a 130 km/h percorre in un secondo circa 36 metri, è intuibile il pericolo che deriva da andature troppo elevate, causa frequente d’incidenti. L’occhio, inoltre, è sensibile alla luce. Il diafram-

Frenata d’ermergenza con percezione posteriore: in questo esercizio del corso di Guida Sicura Asc si richiede all’allievo di evitare un ostacolo, svoltando a destra o a sinistra a seconda del colore del cartello esposto alle sue spalle

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L A GU I DA S PORT I VA

5 Inizio della fase di accelerazione. Il piede è “dolce” sull’acceleratore

Controsterzo e accelerazione progressiva Il volante ruota nella direzione della curva. Non si utilizza né il freno né l’acceleratore

Inizio riallineamento

GUARDA COME PENDOLO Anche se non trova applicazione in circuito, gli allievi dei corsi Asc Quattroruote hanno modo di impararla in quello di Guida Sportiva. Parliamo della manovra del “pendolo”, utilizzata molto frequentemente nei rally, che consiste nel provocare una leggera sbandata in direzione opposta alla curva, senza effettuare alcun tipo di correzione con lo sterzo, seguita subito dopo da un’altra sbandata, questa volta nella direzione della curva, in modo da ottenere una controsbandata d’intensità doppia rispetto alla prima. La prima sbandata consente di caricare maggiormente le sospensioni interne alla curva; con la controsbandata si ottiene, invece, un aumento del carico delle sospensioni all’esterno della curva, grazie anche alla spinta che si sprigiona da quelle interne, che si estendono violentemente facendo rollare maggiormente l’auto.

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Il trasferimento di carico all’anteriore ha alleggerito l’asse posteriore, che quindi perde aderenza. La fase di intraversamento serve anche per rallentare il veicolo senza ricorrere al freno. Inizio del controsterzo. Non si utilizza né il freno né l’acceleratore

Fase di frenata: si trasferisce il carico all’asse anteriore. Piede sul freno

Sotto, gli allievi dei corsi Asc si esercitano nella manovra del pendolo. Qui a lato, la sua applicazione rallistica per l’inserimento nel tornante


M A N UALE DI GUIDA S I C U R A

strada. Quelle gomme fornivano le prestazioni migliori nei primi giri d’impiego, quando i solchi erano più profondi, e non successivamente, quando l’incavo si riduceva fino a scomparire quasi del tutto; questo perché, più che la superficie liscia del pneumatico, a determinare le prestazioni sono le condizioni della mescola che, in quel caso, dava il meglio nei primi chilometri d’impiego, degradandosi successivamente. Lo stesso vale oggi per le auto stradali: inutile presentarsi in pista con gomme usate che vogliono imitare le caratteristiche delle slick. È vero che un battistrada di minor spessore si “muove” meno lateralmente e frontalmente, ma è anche vero che esso offre un livello di grip inferiore: meglio dunque disporre di gomme nuove con uno spessore adeguato del battistrada, pur nella consapevolezza che l’uso estremo che se ne fa in pista ne determinerà un sensibile accorciamento della vita. L’impianto frenante Anche in questo caso, le cautele che valgono per un corretto uso stradale vanno prese con ancora maggiore attenzione, in vista di un impiego esasperato: 1 le pastiglie devono avere un livello di usura che garantisca loro una vita utile più che sufficiente, nonostante il forte consumo al quale verranno sottoposte in circuito;

nante: le alte temperature che si sviluppano in queste circostanze, infatti, possono determinare nel circuito la formazione di “bolle” che rendono la frenata “spugnosa” e meno efficace; 2 la perfetta efficienza di fari e tergicristalli (soprattutto la parte di gomma, soggetta a degrado con le basse e le alte temperature), essenziali in caso di pioggia.

Sequenza di passaggi a velocità crescente. Quelli iniziali, più lenti, sono necessari per prendere confidenza con la vettura prima di lanciarsi nei giri veloci

Il guidatore Non si scende in pista se non si è perfettamente sobri e riposati, se si è assunto alcol o se è stato necessario prendere farmaci che possano incidere sullo stato psicofisico, inducendo sonnolenza, rallentando i tempi di reazione ecc. In questo caso, più che mai valgono i consigli utili per tutti gli automobilisti, dato che chi guida in circuito deve poter contare sul 100% di efficienza del proprio corpo e della propria mente. I primi chilometri I primi chilometri di guida sportiva, che in pista equivalgono ai primi giri, non vanno mai affrontati come se si trattasse di qualificarsi subito per un Gran Premio. Basti pensare che, anche con le auto da corsa, la procedura prevede un “installation lap”, ovve-

Prima di entrare in pista, un istruttore dell’Asc controlla lo stato dei pneumatici, per verificare l’assenza di tagli o abrasioni

2 i dischi non devono presentare rigature, solchi o altri difetti che derivino da un impiego precedente con pastiglie già usurate o da fenomeni di surriscaldamento dovuti a un uso intensivo.

I liquidi e gli altri componenti Alcuni organi meccanici sono particolarmente sollecitati dall’uso in pista. I livelli dei loro liquidi devono quindi essere ottimali. In particolare, bisogna controllare: 1 i livelli dell’olio motore, di quello dei freni e di quello del cambio. Se si è già stati in pista con la propria auto stradale può essere opportuno far effettuare anche uno spurgo del circuito fre37


L A GU I DA S PORT I VA

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Scomposizione delle fasi di frenata. I sistemi di controllo più avanzati consentono, contrariamente a quanto avveniva in passato, di prolungare l’azione frenante anche in ingresso curva e di alleggerirla progressivamente a mano a mano che ci si avvicina al punto di corda

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to stradali sono, insieme ai pneumatici, i componenti più stressati in pista, al punto da poter manifestare sintomi di affaticamento già dopo pochi giri). Il guidatore deve aiutare l’azione frenante scalando le marce fino al raggiungimento di quella ottimale per la percorrenza della curva, rilasciando ogni volta la frizione tra una marcia e l’altra; in caso contrario, scalando più marce con la frizione sempre abbassata, si resterebbe troppo a lungo privi dell’azione frenante del motore, peggiorando l’azione di rallentamento invece di migliorarla. Percorrere la curva con una marcia più bassa, inoltre, significa disporre di un’erogazione più pronta della potenza quando, superato il punto di corda, si ricomincerà gradualmente a premere sull’acceleratore per riacquistare velocità. Come in passato (e fatta salva l’eccezione dei cambi elettroattuati, che effettuano automaticamente queste operazioni), la manovra ideale vede il guidatore tenere il piede destro per metà sull’acceleratore e per metà sul freno, mentre il sinistro aziona la frizione; un colpo di acceleratore va dato nel momento in cui la frizione è schiacciata per evitare bloccaggi del ponte posteriore nel momento del rilascio della frizione (soprattutto sulle trazioni posteriori e sul bagnato) e per mantenere il numero di giri del motore sempre all’interno della fascia ideale per l’erogazione della coppia massima (cioè, come si dice, per evitare che il propulsore “vada giù di giri” e sia lento poi nell’accelerazione in uscita di curva; questo è tanto più importante, quanto più il motore esprime i valori di potenza e coppia massima a un alto regime di rotazione, come succede per quelli più sportivi). In uscita di curva, invece, l’inserimento delle marce più alte andrà di pari passo col salire del numero di giri del motore, determinato dalla pressione del pedale dell’acceleratore; anche in questo caso è importante che la cambiata avvenga al regime di giri ottimale (ci si può aiutare guardando il contagiri), evitando così di mettere un rapporto più al-

to troppo presto (perdendo prematuramente giri motore e velocità) o troppo tardi (superando il punto di cambiata ideale, senza ottenere benefici e finendo per consumare e stressare maggiormente gli organi meccanici). Le traiettorie Una premessa: la pista è sostanzialmente una strada a senso unico, nella quale non ci sono veicoli che procedono in senso contrario. Da ciò discende il principio caro ai piloti in base al quale la pista “va usata” in tutta la sua estensione (e anche di più, se serve). La traiettoria ottimale, infatti, è quella che permette: di percorrere la curva con il minor angolo di sterzo possibile (raggio più ampio possibile); di percorrere la distanza più breve possibile; al veicolo di “scorrere” in uscita di curva, sfruttando tutto lo spazio disponibile per acquistare più giri/motore e, quindi, più velocità; di sfruttare anche i cordoli (che sono “pista” e non nemici da evitare). In linea generale, il pilota deve approcciare la curva restando il più possibile all’esterno (se la curva è a destra, percorrendo l’ultimo tratto di rettilineo tutto sulla sinistra); dopo aver frenato, inizia a girare gradualmente, mantenendo una pressione calante sul pedale del freno, fino a farla cessare un attimo prima del punto di corda; una volta passato quest’ultimo, ricomincerà ad accelerare gradualmente andando a occupare quanto più spazio possibile nella parte esterna della pista, innestando via via le marce superiori, fino a spalancare definitivamente il gas non appena ruote e volante torneranno diritti. Tutto questo, naturalmente, rappresenta una condizione idea­le che può essere modificata se, in


M A N UALE DI GUIDA S I C U R A

uscita di curva, si deve già iniziare a impostare la traiet­toria corretta per la curva successiva. Anche in questo caso, l’apprendimento delle traiet­torie migliori avviene per tentativi, giro dopo giro: il rischio, nelle prime tornate, è di prendere il punto di corda troppo presto o troppo tardi, finendo per perdere tempo nella percorrenza della curva.

Il piede destro preme il pedale dell’acceleratore. Il sinistro, appoggiato sulla piastra, sostiene e bilancia il peso del corpo

Sottosterzo e sovrasterzo Questi due comportamenti, un tempo tipici, rispettivamente, delle trazioni anteriori e di quelle posteriori, oggi sono molto meno evidenti: quasi tutte le auto stradali vengono progettate per essere moderatamente sottosterzanti, perché più facili da condurre per l’utente medio (il sovrasterzo implica una manovra di correzione, il controsterzo, che è meno istintiva e può non essere alla portata di tutti). Di fatto, quindi, questo aspetto ha perso importanza per la guida in pista delle vetture di serie, fatta eccezione per qualche modello a trazione posteriore molto potente, che può manifestare un sovrasterzo di potenza in uscita di curva (il posteriore tende a sbandare quando si accelera energicamente). In questi casi, la correzione del pilota è istintiva: basta allentare per un istante la pressione sull’acceleratore e girare rapidamente il volante in senso contrario a quello di percorrenza della curva, per riallineare le ruote posteriori. Abusare del controsterzo, però, ancora una volta non è redditizio ai fini del tempo sul giro: meglio un’uscita pulita di curva che permetta di raggiungere nel minor tempo possibile la velocità massima della vettura.

In fase di frenata, il piede destro preme con forza il pedale del freno. Il sinistro rimane sul poggiapiede

Scalando le marce in fase di frenata, il piede sinistro preme il pedale della frizione. Il destro preme contemporaneamente il pedale del freno e quello dell’acceleratore

Elettronica amica anche in pista Molti, infine, ritengono che gli aiuti elettronici in pista siano più un ostacolo (se non un danno) che un aiuto. In realtà, ciò non è sempre vero; o, per lo meno, dipende anche dal grado di taratura del dispositivo, ovvero dalla soglia d’intervento predisposta dal costruttore. In particolare: non è vero che l’Abs sia sempre un ostacolo: anzi, esso permette di sfruttare tutta la forza frenante fino al limite del bloccaggio delle ruote, evitandolo, però, e quindi salvaguardando i pneumatici, che altrimenti rischierebbero di venire rovinati dall’attrito col fondo della pista; è bene iniziare a girare in pista tenendo inserito il controllo elettronico di stabilità (Esp), verificando quando e come interviene; ciò fatto, se l’auto lo consente, lo si può staccare, cercando di sostituirlo con la nostra sensibilità, che ci consentirà di andare un po’ più in là di quanto solitamente permesso dal dispositivo; anche i sistemi elettronici di antipattinamento possono essere preziosi, a patto che non siano troppo invasivi (cosa che, per motivi di sicurezza, avviene spesso sulle auto stradali): in tal ca-

so può essere utile, dopo aver preso confidenza con la vettura e con la pista, disinserirli per evitare che, in accelerazione, “taglino” troppo a lungo l’erogazione della potenza;

La posizione dei piedi in fase di frenata/scalata di marcia

la tecnica di guida non cambia con i nuovi cambi elettroattuati a gestione elettronica, tranne che per la manovra del punta-tacco, resa inutile dal sistema (che provvede autonomamente ad alzare il numero di giri del motore in scalata, come se si facesse una “doppietta”). In questi casi, come sulle auto da corsa, qualcuno pensa possa essere utile esercitarsi a frenare con il piede sinistro, in modo da mantenere costante la pressione sul gas con quello destro. Una manovra che non porta particolari benefici sulle auto stradali nemmeno in pista e che richiede una lunga assuefazione prima di essere eseguita correttamente. 41


I L VEI COL O

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Il rollio è il movimento della carrozzeria rispetto a un asse longitudinale

Un carico eccessivo posto sul tetto accentua il movimento di rollio, compromettendo la stabilità del veicolo

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L’imbardata L’imbardata, detta anche serpeggiamento, è il moto rotazionale della massa sospesa attorno al­ l’asse verticale. Riferito a un’auto, si tratta quindi della rotazione del corpo vettura attorno al pro­ prio asse verticale che passa attraverso il baricen­ tro (il centro di applicazione di tutte le forze pe­ so). In genere, deriva da una diversa distribuzione delle forze centrifughe tra l’asse anteriore e quel­ lo posteriore o da differenti valori di aderenza tra i pneumatici anteriori e quelli posteriori. A volte l’imbardata può essere innescata anche da un’azione scorretta del guidatore sul volante. Fino alla diffusione dell’Esp (vedere a pag. 55), la correzione dell’imbardata era delegata all’abilità del guidatore, chiamato a intervenire rapidamente sui comandi. Adesso, invece, quando registra un’anoma­ lia nel comportamento dinamico dell’automezzo, l’E­ sp (ormai presente su gran parte degli autoveicoli) interviene per prevenire il verificarsi dell’imbardata. Ciò è possibile, però, solamente fino al momen­ to in cui le forze che agiscono sul veicolo non supe­ rano i limiti imposti dalla fisica.

I trasferimenti di carico Quando il veicolo è fermo, il peso che grava su ogni ruota (ovvero il carico) è costante. Normal­ mente si registra un maggior carico sull’assale sul quale è posizionato il motore. Le cose cambiano rapidamente quando l’auto si mette in movimento e la scocca subisce una serie di sollecitazioni che determinano, come abbiamo appena detto, il rollio, il beccheggio e l’imbardata. In questa situazione, al carico statico (ovvero quel­ lo che grava permanentemente su una ruota) si ag­ giunge quello che viene trasferito a causa dei movi­ menti della scocca. I trasferimenti di carico condizionano in modo molto evidente il comportamento stradale del vei­ colo. Il trasferimento di carico tra le ruote avviene in senso longitudinale (anteriore-posteriore o vice­ versa) e laterale (destra-sinistra). Il primo si verifica con il beccheggio, il secondo è connesso al rollio. Quando la vettura si muove in rettilineo, senza variazione di velocità, la quantità di carico distribui­ ta sulle quattro ruote rimane in genere costante; può variare, per esempio, quando si percorre a forte ve­ locità un fondo sconnesso oppure in presenza di ven­ to forte. In curva, invece, le ruote esterne vengono cari­ cate maggiormente (il corpo vettura s’inclina verso l’esterno), mentre quelle interne, sottoposte a un carico minore, si alleggeriscono e tendono a stac­ carsi dal suolo. Questi movimenti comportano una possibile perdita di aderenza da parte delle ruote che sono sottoposte a carichi minori. In frenata, invece, una maggiore quantità di cari­ co si trasferisce all’avantreno; di conseguenza, grazie a una maggiore aderenza, si può contare anche su una maggiore direzionalità (ovvero una migliore ca­ pacità di seguire la traiet­toria impostata) che, se ben sfruttata, può facilitare l’ingresso in curva. Se la fre­ nata, invece, viene effettuata durante la percorren­ za di una curva, il rischio maggiore è quello di un tra­ sferimento di carico che alleggerisca improvvisamen­ te il retrotreno, causando un fenomeno di sovraster­


M A N UALE DI GUIDA S I C U R A

zo e una possibile sbandata (o, nel caso peggiore, un testa-coda). Generalmente, l’effetto del trasferimento di ca­ rico non è uniforme. Salvo casi limite, il potere fre­ nante di un’auto è maggiore di quello dell’accelera­ zione, quindi il trasferimento di carico in fase di ral­ lentamento sarà sempre superiore a quello in acce­ lerazione. Ciò non significa, tuttavia, che nel percor­ rere una curva un’ac­celerata inopportuna sia priva di pericoli. L’alleggerimento dell’avantreno compor­ ta, infatti, un aumento del sottosterzo, ovvero una riduzione della capacità di mantenere la traiettoria impostata. L’influenza della massa Come detto, il carico che grava su ogni ruota è costante a veicolo fermo, ma varia quando l’auto è in movimento, condizionandone il comportamento. Per questo motivo, in sede di progettazione, la di­ stribuzione dei pesi è oggetto di attenta valutazio­ ne da parte degli ingegneri, chiamati a ottimizzare il comportamento dinamico del veicolo. Le vetture, però, non sono fatte per viaggiare vuote: il numero delle persone trasportate, la quan­ tità e il peso di oggetti e bagagli possono incidere considerevolmente sulla tenuta di strada e sulla sta­ bilità del veicolo. Ne deriva che, per la sicurezza alla guida, occor­ re sempre ricordare che: ci sono differenze di comportamento e di reat­ tività tra la stessa auto a seconda che viaggi sca­ rica o carica; una cattiva distribuzione del carico o un carico eccessivo possono creare situazioni di potenzia­ le pericolo. Particolare attenzione deve essere dedicata al carico posizionato sul tetto. In questo caso, un’even­ tuale criticità si manifesta in ordine alla sicurezza del trasporto, all’innalzamento del baricentro e alla re­ sistenza aerodinamica. Il carico deve essere distribuito e posizionato sulla superficie interessata nel modo più equilibra­ to possibile. Per il fissaggio occorre utilizzare corde, funi o fettucce in buono stato, che non presentino sfilacciature o strappi e che abbiano una portata commisurata al carico. È bene ricordare che una massa di carico di 100 kg a veicolo fermo in una curva stretta, affrontata in velocità, esercita una forza molte volte superio­ re a quel quintale. Un carico ancorato sul tetto di un’automobile ne innalza anche il baricentro. Questo comporta una minore stabilità del veicolo, imputabile all’aumento dei fenomeni di rollio, beccheggio e imbardata. Va ricordato, infine, che ogni corpo che si muo­ ve nell’aria è soggetto a leggi precise, che interagi­ scono in funzione della densità dell’aria stessa, la ve­

locità, la superficie frontale e il coefficiente di pene­ trazione del corpo. Nella formula di calcolo, la velocità agisce al qua­ drato. Ciò significa che passando da 50 a 100 km/h la forza aerodinamica non raddoppia, ma quadru­ plica. Per questo occorre eseguire con molta atten­ zione il fissaggio del carico; e, comunque, quando si viaggia con un carico esterno, è fondamentale ridur­ re la velocità. Non va nemmeno dimenticato che la maggiore resistenza aerodinamica determinata dal carico po­ sizionato all’esterno del veicolo influenza negativa­ mente il consumo di carburante, che aumenta pro­ porzionalmente alla superficie di carico esposta all’a­ ria (vedere il capitolo dedicato all’ecoguida a pag. 22).

Il disegno evidenzia le principali caratteristiche geometriche di un pneumatico

I pneumatici Il pneumatico è una componente essenziale del­ l’automobile. Attraverso il suo contatto con il suo­ lo passano tutte le forze che la vettura scambia con il fondo stradale e che consentono a quest’ultima di avanzare, frenare e curvare. Il pneumatico svolge contemporaneamente di­ verse funzioni, tutte fondamentali: sostenere il carico del veicolo e compensare la forza centrifuga in curva; assicurare la trasmissione delle forze motrice e frenante; contribuire, con la sua elasticità, alla sospensio­ ne del veicolo. Per questi motivi, i pneumatici devono essere sempre mantenuti in un perfetto stato di efficien­ 49


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