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e-Health - n. 32 settembre/ottobre 2014
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indice
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protagonista del mese A tu per tu con il Prof. Pasquini: la “medicina” del domani tra multidisciplinarietà e tecnologia Ernesto Pasquini
16 primo piano Strategie per la programmazione ed il governo delle tecnologie biomediche in Regione Piemonte. Tra sfide e nuove risposte Francesca M. Morena, Stefania Bellelli, Mario Fregonara Medici
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CITOPATOLOGIA DIAGNOSTICA La Citologia digitale e la tecnologia tablet Maria Rosaria Giovagnoli, Daniele Giansanti, Enrico Giarnieri
36 gestione delle tecnologie L’ingegnere biomedico nella progettazione degli ospedali di oggi e del (prossimo) futuro Federico Cesari
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Tecnologia applicata alla persona e tecnico biomedico: la sfida è lanciata!
business solution
Massimo Giuliani
35 41 radiodiagnostica La nuova piattaforma radiologica dell’AO di Alessandria Francesco Musante, Nicola Giorgione
45 corso ECM
Un sistema informatico per refertazione e gestione del workflow della Citofluorimetria
68 vetrina
Health Technology Assessment
50 ultrasuoni Si fa presto a dire ultrasuoni Francesco Frigerio
58 imaging diagnostico Mammografia 3D, Tomosintesi, DBT(Digital Breast Tomosynthesis) Raffaele Leuzzi
64 tecnologia telematica Implementazione di forme di lavoro a distanza a supporto della società e a tutela della salute Antonietta Tarantino, Nunzia Scariati
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editoriale
Maria Giulia Mazzoni Direttore Responsabile
eHealth Conference 2014, inizia il conto alla rovescia
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n’informazione sempre più qualificata, completa e arricchita di contenuti inediti. Così la rivista eHealth si presenta all’appuntamento con i suoi lettori, ancora una volta rinnovata nella sua offerta. Andiamo a vedere come. La prima novità che salta all’occhio è la presentazione di un corso ECM/CFP sull’ Health Technology Assessment che partirà nel 2015. Si tratta di una scelta ben precisa, nata dalla presa di coscienza di un mondo, quello della sanità in Italia, che sta profondamente cambiando. Se da una parte le nuove tecnologie stanno letteralmente trasformando, in meglio, il mondo della medicina in generale, e più nello specifico la qualità del lavoro dei vari professionisti che operano nel comparto ospedaliero, dall’altra assistiamo ad un netto assottigliamento delle politiche di investimento di settore. Se a questo aggiungiamo il fatto che il progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie cosiddette ‘croniche’ o ‘cronicizzate’ generano una domanda sempre crescente di servizi qualitativamente efficienti, ne dedurremo facilmente quanto la situazione italiana sia delicata. Del resto la difficile realtà ospedaliera che ci troviamo quotidianamente ad affrontare è sotto gli occhi di tutti. Ultimo in ordine di tempo il Rapporto PIT Salute “(Sanità) in cerca di cura”, presentato dal Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, che disegna un quadro a dir poco allarmante: a fronte dei continui rincari dei ticket (divenuti spesso addirittura insostenibili per una buona parte della popolazione italiana) abbiamo infatti un servizio sanitario insopportabilmente lento e farraginoso, all’interno delle cui lungaggini i cittadini perdono, purtroppo, non solamente la pazienza. Un sistema insomma assolutamente inadeguato, capace di produrre aberrazioni quali possono essere i due anni di attesa per un intervento all’ernia del disco, gli undici mesi per una colonscopia, i nove mesi per sottoporsi ad una risonanza magnetica, gli otto mesi per un’ecografia, i sette mesi per una visita cardiologica fino ad arrivare ai (vergognosi) sei mesi di attesa per un controllo oncologico. Numeri che fanno spavento, e che impongono una seria riflessione: così non si può andare avanti. Se mancano i soldi e persistono gli sprechi, a farne le spese non può, e non deve, essere il cittadino. Ottimizzare le risorse per mantenere alti gli standard del nostro Sistema Sanitario è quindi a nostro avviso l’unica risposta possibile a questa emergenza, ed ecco perché la rivista eHealth ha deciso di investire in un corso in HTA indirizzato a tutti i professionisti che a vario titolo hanno a che vedere con la gestione della tecnologia in ospedale. Ma il corso HTA non è l’unica novità di questo numero. Nuove sezioni, tra cui una dedicata alla tecnologia applicata alla Citopatologia diagnostica ed una alla Mammografia digitale 3D, un’intervista al dott. Pasquini (che ha recentemente presieduto il 6° Congresso Mondiale di Chirurgia Endoscopica), una approfondita analisi dell’utilizzo degli ultrasuoni, nonché un attento studio della strategia di governo delle tecnologie applicata in Piemonte, sono qui per offrire a tutti i nostri lettori nuovi preziosi spunti di riflessione. Lasciatemi però concludere questa preview dandovi appuntamento a Roma il 18 e il 19 novembre prossimi per la nostra eHealth Conference. Un’edizione completamente rinnovata e arricchita i cui dettagli sono anticipati nel libretto di presentazione e nella sezione dedicata all’interno della rivista. Un evento ■ certamente da non mancare. Buona lettura.
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INVESTITI 2,2 MILIONI PER LA ‘NUOVA’ RADIOTERAPIA AL GORETTI DI LATINA L’acceleratore lineare in dotazione all’Unità operativa di oncologia dell’ospedale S. Maria Goretti di Latina, Saturno 41, va in pensione dopo anni di onorato servizio. Così la Regione ha accolto una richiesta dell’Azienda, e ha deciso di concedere una linea di credito utile ad acquisirne uno di ultima generazione per garantire così una radioterapia più moderna al servizio dei malati di tumore, in particolare mammella e prostata. Per il finanziamento si attingerà ai fondi ex art. 20 che, dopo la ricognizione degli uffici su iniziativa del Presidente Zingaretti, presentano una disponibilità per 628 milioni di euro derivati dalle risorse non spese negli anni precedenti.
TECNICI DI LABORATORIO BIOMEDICO. ANTEL FESTEGGIA A POMPEI I SUOI 50 ANNI L’Associazione italiana dei tecnici sanitari di laboratorio biomedico (Antel), con il Patrocinio morale dell’Amministrazione Comunale della città di Pompei e il Patrocinio Istituzionale del Ministero della Salute
INVESTIRE IN TECNOLOGIA. SBLOCCATI 10 MILIONI PER GLI OSPEDALI UMBRI La Regione Umbria si prepara a sfruttare al massimo le opportunità fornite dal Piano per la salute 20142016, firmato a Roma lo scorso luglio. Grazie ai suoi conti ‘in ordine’ la regione riuscirà infatti ad attivare il nuovo strumento che prevede la destinazione di quote dei contributi di parte corrente del Fondo sanitario nazionale agli investimenti. L’obbiettivo dichiarato è effettuare investimenti per la dotazione tecnologica e l’ammodernamento strutturale delle aziende sanitarie della regione. In tutto si
hanno organizzato per la giornata del 27 settembre nella Sala Consiliare del Comune di Pompei il primo evento nazionale del 50° anniversario di costituzione. I lavori del Convegno sono stati aperti alle ore 15.30 dal Sindaco di Pompei, Ferdinando Uliano e dal consigliere Alfonso Conforti che da anni hanno sostenuto le iniziative di aggiornamento scientifico e culturale che la Confederazione Antel-AssiatelAitic ha realizzato negli ultimi anni in Campania.
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tratta di dieci milioni “sbloccati” e il cui utilizzo è stato presentato lunedì 22 settembre dalla presidente Catiuscia Marini (che ha la delega alla Sanità) e dal direttore regionale alla Sanità, Emilio Duca.
BERGAMOSCIENZA: DAL 3 AL 19 OTTOBRE PER PARLARE DEL FUTURO CHE CI ATTENDE Dal 3 al 19 ottobre 2014 si svolgerà la XII edizione di BergamoScienza, che nel 2013 ha ottenuto un successo straordinario registrando 147.351 presenze. Il programma prevede oltre 150 eventi, gratuiti: conferenze, laboratori, open day, mostre, spettacoli, incontri che hanno tutti
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altri, quali la Gestione del rischio, l’ergonomia, la Telemedicina, la certificazione e l’accreditamento, il controllo di gestione.
l’obiettivo di fotografare lo stato dell’arte in materia di ricerca scientifica toccando molte tematiche tra cui tecnologia, robotica, informatica ed ingegneria. Tra gli ospiti di quest’anno due Premi Nobel per la Medicina: bibiologo molecolare sudafricano Sydney Brenner, presidente onorario di BergamoScienza, che aprirà il Festival venerdì 3 ottobre con la 2° Levi Montalcini’s Lecture, intitolata in onore della scienziata. Brenner rifletterà sul futuro della ricerca biomedica, in particolare sulla sequenza del genoma umano. In altre parole: gli studi sul “il suicidio programmato delle cellule” che consente alla vita di continuare, permettono di comprendere l’origine di molte malattie genetiche e di tumori.
A TERMOLI PER PARLARE DEL RUOLO (SEMPRE PIÙ CRUCIALE) DELL’INGEGNERE CLINICO A Termoli si è svolto un workshop sull’ingegneria clinica. Un incontro ospitato dalla nuova struttura del circolo vela a cui hanno preso parte i maggiori esponenti nazionali di questa branca dell’ingegneria biomedica che si occupa della gestione sicura, appropriata ed economica delle tecnologie e delle apparecchiature in ambito clinico. Tanti i temi trattati tra cui il ruolo, sempre più cruciale, che il progresso tecnologico del comparto Sanità conferisce alla figura dell’Ingegnere Clinico. I compiti dell’ingegnere clinico infatti
comprendono, come è noto, l’Health Technology Assessment, la pianificazione degli acquisti, la gestione informatizzata del parco tecnologico fino alla dismissione, l’ingegnerizzazione del processo manutentivo, la gestione della sicurezza e della qualità delle apparecchiature, la formazione del personale sanitario, ma a questi campi cosiddetti ‘tradizionali’ negli ultimi anni se ne vanno affiancando
CHIRURGIA ROBOTICA, L’OSPEDALE DI NOVARA ALL’AVANGUARDIA IN EUROPA È stato presentato mercoledì 10 settembre, il sistema robotico “Da Vinci XI”, un’evoluzione di una tecnologia ormai consolidata a livello mondiale, adottato dall’ospedale “Maggiore”, che all’inizio di settembre ha così potuto effettuare per primo in Italia e all’avanguardia in Europa interventi chirurgici mini invasivi con il più recente sviluppo del dispositivo “Intuitive”. Il robot “Da Vinci XI” garantisce un’elevata qualità di cura e una ridotta invasività, ed in questo modo va incontro all’esigenza di assicurare il meglio ai pazienti, come richiesto a un ospedale d’eccellenza qual è il “Maggiore”, punto di riferimento per un’area (il Piemonte nord orientale) di oltre un milione di abitanti. L’acquisizione del nuovo sistema robotico, sostenuta dall’Assessorato regionale alla sanità proprio perché rappresenta un naturale sviluppo tecnologico dell’attività chirurgica specialistica, ha portato a una maggiore integrazione interdisciplinare di professionisti medici: infatti permette di intervenire in urologia, chirurgia generale, ginecologia, otorinolaringoiatria.
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Ernesto Pasquini Direttore del U.O.C. Area Metropolitana di Otorinolaringoiatria Azienda AUSL di Bologna
A tu per tu con il Prof. Pasquini: la “medicina” del domani tra multidisciplinarietà e tecnologia Ernesto Pasquini è direttore dell’Unità operativa complessa di Otorinolaringoiatria dell’Ausl di Bologna, ed è considerato uno dei massimi esperti a livello mondiale di chirurgia endoscopica nasale. Con lui conosceremo le potenzialità e le prospettive di quello che è stato già ribattezzato il “TomTom chirurgico”
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ndoMilano2014 è stata l’occasione per fare il punto dei molti progressi fatti dalla tecnologia nel campo della chirurgia endoscopica. Quali sono le principali questioni? Per poter rispondere alla sua domanda mi piacerebbe, se possibile, spiegare cosa è e come è nato Endomilano. Endomilano è stato il 6° congresso mondiale di chirurgia endoscopica del basi cranio, naso sinusale e chirurgia endoventricolare e della spina. Già da questo si può capire che è un congresso che unisce competenze di più specialità chirurgiche che hanno come denominatore comune l’uso di strumentazione endoscopica. Una delle peculiarità meno note e meno apparente è che non c’è nessuna società scientifica dietro. Ovvero, molte società scientifiche nazionali ed internazionali hanno dato il loro patrocinio e quindi riconosciuto all’evento una rilevanza scientifica, ma non c’è nessuna società “ufficiale” alle spalle. Come è possibile? Deve capire che la chirurgia endoscopica è molto giovane, quella naso sinusale nasce nei primi anni ‘80 ma inizia il suo reale sviluppo nel 1987, e solo dieci anni dopo compaiono i primi lavori sulla chirurgia del basi cranio. Come spesso succede per tutte le innovazioni, queste nuove procedure hanno dovuto superare numerosi contrasti e preconcetti poiché portavano a scardinare, o meglio rivoluzionare, alcuni “storici” concetti oncologici. Poiché l’operato di questi pionieri della chirurgia endoscopica testa e collo era molto criticato e a rischio di ostracismo, è stata portata avanti una corretta e rigorosa raccolta dei dati, con scambi di informazioni costruttive e aperte tra i vari centri endoscopici. Normalmente nel fare le
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stesse cose si crea una competizione non sempre positiva. In questo caso i chirurghi endoscopisti, prevalentemente ORL e neurochirurghi, per difendersi si sono aggregati “amichevolmente” scambiandosi informazioni scientifiche prima in piccole riunioni nazionali poi anche a livello internazionale fino al primo congresso mondiale del 2005 a Pittsburg, USA. Alla fine del congresso veniva deciso di continuare con questi incontri internazionali, inizialmente a cadenza annuale poi ogni due anni, rispettando criteri prevalentemente di competenza e con l’assoluta volontà, ribadita in tutte le riunioni successive, di mantenere il concetto di “un gruppo di amici”. Con questo spirito nel 2012 è stato accolto il suggerimento di anteporre il ENDO alla città dove si sarebbe svolto il congresso seguito dall’anno e cosi è nato ENVIENNA2012, ENDOMILANO2014 e seguirà ENDOCHIGAGO2016 e ENDOBARCELLONA2018. A Chicago decideremo dove effettuare i prossimi 2 congressi, probabilmente trasferendoci, almeno per il dopo Barcellona, in ASIA. In particolare si è parlato molto di quel che è stato già ribattezzato il ‘tom-tom chirurgico’, ovvero una sorta di navigatore satellitare che consente al chirurgo di operare con precisione millimetrica. Di cosa stiamo parlando? Parliamo di uno strumento che, come il navigatore satellitare delle nostre macchine, permette al chirurgo di “non perdere o di ritrovare l’orientamento” all’interno del nostro corpo. Molto spesso i non medici fanno fatica a comprendere come un medico, che dovrebbe conoscere l’anatomia perfettamente, possa “perdersi” in un’area anatomica così piccola come le cavità nasali e sinusali. Parliamo infatti di un’area anatomica approssimativamente cubica che, comprese le aree limitrofe, non supera i 15 cm di lato; qui troviamo molte strutture importanti sia da un punto vitale che funzionale (carotide interna, cervello, tronco cerebrale, occhio, muscoli e nervi oculari etc) distanziate di po-
chi mm ed associate ad una variabilità anatomica, (cioè che sono diverse tra paziente e paziente e anche tra lato e destro e sinistro dello stesso paziente). Per questa ragione agli inizi del ‘900, un chirurgo otorino, Mosher, che aveva proposto di operare attraverso il naso alcune patologie flogistiche naso-sinusali, pochi anni dopo sosteneva di abbandonare questa tecnica perché era “il modo migliore per uccidere un paziente”. Parliamo comunque di anni dove mancavano tecniche anestesiologiche adeguate, fonti luminose dirette, aspiratori e anche farmaci quali cortisonici e antibiotici. Per questa ragione l’introduzione del navigatore è stato accolto subito, in ambito naso sinusale e del basi cranio come uno strumento di estrema utilità. Il navigatore, nato inizialmente come neuronavigatore perché sviluppato in ambito neurochirurgico, non è uno strumento nuovissimo, ma come tutte le nuove tecnologie sta subendo negli ultimi 10 anni una innovazione tecnologica tale da renderlo sempre più accurato, facile da utilizzare e versatile. Entriamo se possibile più nel dettaglio, come funziona questo ‘navigatore’ e quali sono i principali vantaggi? Se uno sa come funziona il navigatore satellitare dovrebbe riuscire a capire anche il navigatore medico. Innanzitutto occorre una mappa. Le “cartine geografiche” del nostro corpo sono date dalla TC e dalla RM. Come sapete la TC da informazioni di contrasto tra le ossa (bianche), tessuti molli (grigi) e l’aria (nera), e fornisce pochi dettagli sulle differenze dei tessuti (muscolo, grasso, tessuto nervoso etc) ma le immagini posso essere fuse (infatti un navigatore ha il nome “fusion”). Semplificando, per spigarmi meglio, ritornando al navigatore satellitare, la TC ci dà informazione su strade e case, mentre la RM ci dice anche come sono fatte le case. Quindi dopo aver fatto la TC ed eventualmente la RM al paziente, le immagini vengono inviate al computer del naviga-
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tore, nè più e nè meno di quando dobbiamo mettere nel TOMTOM le mappe dell’Italia o della Francia piuttosto che quella della Spagna o Germania. A questo punto dobbiamo far combaciare sul computer le informazioni radiologiche (le mappe stradali) con il nostro/i strumenti (il TOM TOM) e la superficie del paziente (l’area geografica dove siamo). Il computer elabora, fa il settaggio e ci dice che tutto corrisponde e quanto accurato è (sopra e sotto il mm) e possiamo incominciare; anche in questo caso come quando il TOMTOM si collega ai satelliti, più satelliti sono collegati più accurata è la nostra posizione sulla mappa. Unica differenza è che normalmente il navigatore satellitare lo abbiamo in macchina e quindi ci da le informazione relative ai nostri spostamenti con la macchina/bici moto o a piedi, nel navigatore medico, chi naviga è lo strumento che noi muoviamo. Quindi ci dobbiamo immaginare noi tornati bambini con una macchinina dotata di TOMTOM che facciamo muovere con la nostra mano. Quali sono invece, se ce ne sono, le problematiche ancora da superare o se preferisce i nuovi obiettivi da raggiungere? Se mi chiede specificatamente sul navigatore la problematica principale è che le “mappe” che abbiamo sono sempre relative a prima dell’intervento e mentre noi operiamo modifichiamo l’anatomia del paziente, soprattutto se agiamo su tessuti cosiddetti “molli” come muscoli, grasso vasi che sono “spostati” dal tumore e mano a mano che noi rimuoviamo il tumore stesso questi possono modificare la loro posizione. Questo limite è superabile rifacendo la TC e la RM, cioè aggiornando la “mappa” del paziente di volta in volta. Al momento sono poche le sale operatorie dotate di TC o RM intraoperatorie, ma in un prossimo futuro questo diventerà la realtà. Al momento le problematiche non sono solo economiche, cioè l’acquisto di macchinari costosi, ma anche logistiche, perché non tutte le sale operatorie per di-
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ERNESTO PASQUINI Ernesto Pasquini è nato ad Arezzo il 14 Luglio 1961, ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Classico "Omero" a Milano nell'anno scolastico 1979/80. Si è laureato in medicina e chirurgia presso l'Università degli Studi di Bologna il 14 Febbraio 1987 con il voto di 110/110 e lode. Sempre presso l'Università di Bologna ha conseguito la specialità in Otorinolaringoiatria l'11 Luglio 1991 con il voto di 70/70 e lode. Nel 1993 è stato assunto dall'Azienda Ospedaliera Sant'Orsola-Malpighi per ricoprire l'incarico di Dirigente medico presso l'Unità Operativa di Otorinolaringoiatria. Incarico che a tuttora ricopre. Dal 1993 è il responsabile dell'ambulatorio endoscopico di tale Unità operativa. Dall'anno accademico 1998/99 ricopre le funzioni di professore a contratto nella Scuola di Specializzazione di Otorinolaringoiatria per lo svolgimento del Corso di "ENDOSCOPIA DIAGNOSTICA DELLA PATOLOGIA NASALE". Ha fatto parte del gruppo multispecialistico all'interno dell'Istituto Superiore di Sanità finalizzato alla stesura delle Linee Guida per l'Antibiotico Profilassi in ambito Nazionale pubblicato nel settembre 2003. Dall'anno accademico 2006/07 ricopre le funzioni di professore a contratto nella Scuola di Specializzazione di Maxillo Facciale per lo svolgimento del Corso di " VIE DI ACCESSO AI SENI PARANASALI E AL BASICRANIO ". Dal Gennaio 1999 fa parte fa parte del Centro di Chirurgia Ipofisaria e Chirurgia endoscopica del basicranio anteriore coordinato e diretto da Dr. G. Frank fino al 2013 e successivamente dal Dr D. Mazzatenta presso IRCCS Neuroscienze con sede a Bologna Ospedale “Bellaria” Dal gennaio 2007 fino al 30-08-2012 è stato responsabile del CENTRO DI CHIRURGIA ENDOSCOPICA pressol’U.O ORL dell’Az. Ospedaliera-Universitaria Sant’Orsola-Malpighi. Dal primo Settembre 2012 ricopre l’incarico di Direttore dell’UOC di Otorinolaringoiatria AREA Metropolitana nel Dipartimento Chirurgico dell’Azienda USL di BOLOGNA. Nel 2014 ha ottenuto l’Idoneità Nazionale Scientifica Universitaria come Professore di Prima e seconda fascia. Socio della SIO&Ch Società Italiana di Otorinolaringoiatria e Chirurgica Cervico facciale Membro della Società Europea di Rinologia Socio Onorario della Società Spagnola di Otorinolaringoiatria. Socio Fondatore dell’Accademia Italiana di Rinologia nella quale ricopre l’incarico di Tesoriere. Socio Fondatore della ABRON Associazione Bolognese di Ricerca in ORL e Neurochirurgia Dall’Aprile 2013 è Presidente della GERO – Gruppo Otorinolaringoiatri dell’Emilia-Romagna
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mensioni o schermature possono contenere questi apparecchi. Ovviamente anche questo presuppone un impegno economico per l’aggiornamento delle sale. Gli obiettivi da raggiungere? Abbinare la tecnologia con la chirurgia vuol dire per il paziente ridurre quello che in termini medici è la morbidità dell’intervento, mantenendo o migliorando quelli che possono essere i risultati oncologici. Intendo cioè che da sempre il miglioramento dello strumentario e delle tecniche chirurgiche ha comportato una riduzione dei danni determinati ai tessuti sani dal chirurgo per raggiungere il tumore. Se un tempo si doveva aprire come un libro la faccia, quindi creando alterazioni (estetiche, dolore postoperatorio, rischio di infezioni, alterazioni della funzionalità nasale, olfattoria e visiva etc) aggiuntive non create dal tumore ma dal chirurgo, oggi sfruttando le nuove tecnologie si opera attraverso vie naturali ottenendo gli stessi risultati oncologici in termini di sopravvivenza e di funzionalità. Le sale operatorie ‘hi-tech’ sono sempre più al centro dell’attenzione anche dei non addetti ai lavori. Alla luce della sua vasta esperienza quali sono le tecnologie che hanno maggiormente rivoluzionato il campo? Se visitiamo un museo della medicina o ci capita di vedere degli strumenti chirurgici risalenti anche a prima della nascita di Cristo, capiamo come questi siano rimasti simili fino a tempi recentissimi, con eventuali miglioramenti sul tipo dei metalli utilizzati. Quello che in campo medico ha completamente rivoluzionato la chirurgia è stato lo sviluppo delle tecniche anestesiologiche e dei supporti ottici. Non parlerò dell’anestesia, ma si può capire come poter operare un paziente con un adeguato controllo delle condizioni cardiocircolatorie, respiratorie e del dolore abbia permesso di fare tutte le procedure chirurgiche che oggi conosciamo dalla più semplice alla più complessa. Lo sviluppo invece dei supporti ottici, parlo delle semplici lenti di ingrandimento applicate agli occhiali, dei microscopi chirurgici e degli endoscopi hanno comportato una vera e propria rivoluzione nella chirurgia. L’ingrandimento e la migliore risoluzione hanno permesso al chirurgo di vedere meglio la differenza tra i tessuti e quindi di potere separare meglio il tessuto sano da quello malato con, quando possibile, la preservazione delle strutture nervose e vascolari. Una visione più grande ha comportato lo sviluppo di strumenti sempre più piccoli, fini e delicati che integrati con la spinta delle nuove tecnologie degli ultimi anni (trapani con punte dedicate, navigatore, doppler intraoperatori, microdebrider, sonopet etc...) hanno aperto ulteriormente le prospettive chirurgiche a favore del paziente. Dott. Pasquini, lei è direttore dell’Unità operativa complessa di Otorinolaringoiatria dell’Ausl di Bologna, ed è considerato uno dei massimi esperti a livello mondiale di chirurgia endoscopica nasale, chi meglio di lei può dirci quanto la tecnologia abbia cambiato (in meglio?) il suo lavoro. Più che cambiato la tecnologia mi ha accompagnato e cresciuto nel mio percorso universitario e di specializzazione. Le tecniche diagnostiche e chirurgiche endoscopiche si sviluppano come già detto
negli anni ’80 e quando sono entrato nella Clinica Universitaria ORL di Bologna come studente frequentatore c’era già della strumentazione endoscopica. In quegli anni le ottiche venivano usate esclusivamente a scopo diagnostico per documentare fotograficamente le varie patologie dell’orecchio, del naso e della gola. Si usava l’ottica attaccata a speciali obiettivi di una macchina fotografica. I miei 2 direttori, il Prof Ettore Pirodda e il Prof Vittorio Cenacchi, amanti delle nuove tecnologie, sono sempre stati alla ricerca di soluzioni “tecnologicamente avanzate” per tutti i settori ORL chirurgici, audiologici e vestibologici. In particolare il Prof Cenacchi dotò la Clinica anche di un sistema di archiviazione digitalizzata dei dati delle immagini in rete locale, “obbligando” an-
L’ingrandimento e la migliore risoluzione hanno permesso al chirurgo di vedere meglio la differenza tra i tessuti e quindi di potere separare meglio il tessuto sano da quello malato con, quando possibile, la preservazione delle strutture nervose e vascolari. Una visione più grande ha comportato lo sviluppo di strumenti sempre più piccoli, fini e delicati
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che i medici più anziani recalcitranti alla tecnologia ad usarlo. Questo ha permesso alla clinica di archiviare ed elaborare migliaia e migliaia di foto, creando un archivio digitale estremamente utile da un punto di vista didattico e per la gestione dei pazienti. Parlo degli anni 1990-1991 quando ancora i computer non erano entrati a far parte del nostro quotidiano. Tutti apprezziamo la tecnologia ma ne abbiamo anche paura, perché nel settore del lavoro sembra che possa sostituire l’uomo. In medicina non è così, tutte le nuove tecnologie hanno chi più chi meno cercato di integrare il lavoro del medico ma non di sostituirlo, integrare significa aumentare le possibilità diagnostiche, ridurre i rischi di complicanza e permettere chirurgicamente cose impensabili fino a pochi anni prima. Ma c’è sempre il medico che sta dietro. Anche nella chirurgia tecnologicamente più avanzata, quella robotica, viene sfruttata la capacità del robot di muovere ed introdurre le sue “mani” in aree dove l’uomo farebbe fatica, a scapito di interventi molto più demolitivi. I robot aumenta il numero delle mani al chirurgo, ma è sempre il chirurgo che opera.
Il navigatore, nato inizialmente come neuronavigatore perché sviluppato in ambito neurochirurgico, non è uno strumento nuovissimo, ma come tutte le nuove tecnologie sta subendo negli ultimi 10 anni una innovazione tecnologica tale da renderlo sempre più accurato, facile da utilizzare e versatile
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Mi consenta un’ultima domanda. Il dott Frank che assieme a lei, al dott. Castelnuovo e al dott. Locatelli ha presieduto i lavori ad EndoMilano2014, ha dichiarato che l’Italia “sta facendo scuola mostrando come l’approccio multidisciplinare è fondamentale per valorizzare le tecnologie”. Può spiegarci meglio questo concetto? La muldisciplinarietà in medicina è importantissima, è la capacità di due o più specialisti di lavorare insieme sulla stessa patologia. Sembra un concetto semplice ed illogico da non perseguire, ma purtroppo è ancora poco seguito. Superare le barriere del corporativismo delle specialità è molto difficile. La multidisciplinarietà è qualcosa che va al di la della semplice consulenza specialistica, se p.es ho un paziente che ha problemi cardiologici, chiedo una valutazione al cardiologo. La multidisciplinarietà pone al centro il paziente con la sua patologia e i vari specialisti integrano le loro esperienze mediche e chirurgiche nel tentativo di cura del paziente. Multidisciplinarietà in chirurgia vuol dire operare insieme, a volte contemporaneamente, a volte in tempi separati, guardando la patologia da sfaccettature diverse legate alle competenze specialistiche. Molto facile a dire e comprendere, ma per lavorare insieme è necessario non solo cambiare mentalità ma anche cambiare la struttura delle sale operatorie dei reparti. Sappiamo, infatti, come negli ultimi anni si tenda a creare dei blocchi operatori integrati polispecialistici e reparti suddivisi per intensità di cura e sempre meno per specialità. Nel caso specifico della chirurgia endoscopica transnasale del basicranio si dice che l’otorino crea la strada nel naso e nei seni paranasali per raggiungere le strutture endocraniche, il neurochirurgico rimuove la patologia e l’otorino richiude la braccia chirurgica. Tuttavia questa descrizione non rende ragione dell’integrazione dinamica delle competenze, una strana simbiosi chirurgica dove i 2 specialisti effettuano l’intervento coordinandosi nelle manovre ma rispettando ■ e sfruttando le competenze dell’altro.
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Stefania Bellelli
Settore Servizi Informativi Sanitari, Direzione Sanità, Assessorato alla Salute, Regione Piemonte
Strategie per la programmazione ed il governo delle tecnologie biomediche in Regione Piemonte. Tra sfide e nuove risposte
Il governo del patrimonio tecnologico delle Aziende Sanitarie Regionali rappresenta un obiettivo complesso per la vastità e pluralità delle dimensioni coinvolte, ma imprescindibile in quanto la maggior parte delle prestazioni sanitarie è basata sull’impiego di apparecchiature tecnologiche. Assieme ai nostri autori analizziamo oggi problematiche e soluzioni
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Gruppo Health Technology Management (HTM), Istituto di Ricerche Economico e Sociali IRES Piemonte
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Mario Fregonara Medici
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Gruppo Health Technology Management (HTM), Istituto di Ricerche Economico e Sociali IRES Piemonte
Francesca M. Morena
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IL CONTESTO DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE Il sistema sanitario piemontese deve oggi affrontare una sfida importante e complessa, legata alla necessità di razionalizzare l’uso delle risorse, mantenendo adeguati livelli di qualità dell’esercizio sanitario e perseguendo obiettivi di miglioramento e sviluppo, volti alla valorizzazione dell’esistente ed all’introduzione di innovazione. La Regione Piemonte è sottoposta a Piano di Rientro dal disavanzo da luglio 2010 e con D.G.R. n. 25-6992 del 30/12/2013 ha approvato i Programmi Operativi 2013-2015 [1], con la finalità di proseguire e rafforzare l’azione di controllo della spesa sanitaria già intrapresa con il Piano di Rientro 2010-2012 ed il suo Addendum. Il PSSR 2012-2015 della Regione Piemonte conferma la strategicità della trasformazione, dal punto di vista organizzativo del Servizio Sanitario Regionale (SSR), dall’autosufficienza delle Aziende Sanitarie Regionali (ASR) all’articolazione di alcune funzioni in ambiti interaziendali, con lo sviluppo di processi produttivi di acquisto e di condivisione di servizi e funzioni amministrative e tecnico-logistiche. Tale evoluzione intende perseguire obiettivi di contenimento dei costi e di conseguimento di maggiore appropriatezza nell’uso delle risorse. Per quanto riguarda le tecnologie sanitarie, sono state individuate specifiche azioni volte alla razionalizzazione dei costi legati alla loro gestione, individuando nuove strategie di programmazione e pianificazione in ottica interaziendale.
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LA DIMENSIONE “APPARECCHIATURE BIOMEDICHE” Il governo del patrimonio tecnologico delle Aziende Sanitarie Regionali, in termini di efficacia, sicurezza ed efficienza, rappresenta un obiettivo complesso per la vastità e pluralità delle dimensioni coinvolte, ma imprescindibile in quanto la maggior parte delle prestazioni sanitarie è basata sull’impiego di apparecchiature tecnologiche il cui grado di efficienza può influenzare direttamente la qualità del servizio offerto al paziente in termini di accuratezza diagnostica e terapeutica, tempi di accesso alle tecnologie e sicurezza di impiego. Il parco tecnologico delle apparecchiature biomediche installate nelle Aziende Sanitarie del Piemonte comprende oltre 115 mila beni e presenta un valore di sostituzione stimato di oltre un miliardo di euro (fonte “Flusso Informativo per il monitoraggio delle Tecnologie Biomediche” - F.I.Te.B.). Ogni anno vengono spesi oltre 50 milioni di euro per noleggi di apparecchiature biomediche e circa 60 milioni per l’acquisto di consumabili esclusivi connessi all’uso di tecnologie. A tali importi si aggiungono i 78,5 milioni di euro utilizzati annualmente per la manutenzione delle tecnologie biomediche di proprietà, che rappresenta una voce di spesa rilevante ed in costante aumento, a causa del sempre più vasto utilizzo di tecnologie sanitarie e della loro crescente complessità da un lato e dell’aumentato livello di obsolescenza delle stesse dall’altro. Dalle analisi del F.I.Te.B. [2] [3] [4], effettuate dal gruppo HTM dell’IRES Piemonte, emerge che in Regione il 14% delle grandi apparecchiature [5] installate ha un’età superiore a 12 anni e risulta quindi caratterizzato da vetustà, il 6% ha un’età tra 10 e 12 anni, che ne giustifica la sostituzione per obsolescenza, il 13% è prossimo alla sostituzione, avendo un’età tra 8 e 10 anni, mentre il restante 65% ha meno di 8 anni e si trova nella fascia di vita utile in servizio. Rispetto agli standard di riferimento[6], la Regione ha un numero inferiore di grandi apparecchiature in età utile (circa il 15% in meno) ed un numero superiore di apparecchiature obsolete (circa il 15% in più) che richiedono una sempre più crescente attività di manutenzione Le decisioni relative alle politiche di investimento tecnologico in ambito sanitario risultano quindi sempre più strategiche sia nella conduzione delle ASR e sia nel governo del SSR.
LE AZIONI PER LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA SPESA SULLE TECNOLOGIE BIOMEDICHE Al fine di perseguire obiettivi di conseguimento di maggiore appropriatezza nell’uso delle risorse e di contenimento dei costi, i Programmi Operativi 2013-2015 sul tema delle tecnologie biomediche prevedono al Programma 9 (Razionalizzazione della spesa) l’Intervento 9.7 “Health Technology Assessment” con gli obiettivi di: 1. razionalizzazione delle acquisizioni di tecnologie biomediche; 2. riduzione della spesa manutentiva, attraverso un maggior governo centrale delle politiche manutentive e l’attivazione di procedure interaziendali per l’acquisizione di beni e servizi; 3. omogeneizzazione dei sistemi informativi utilizzati localmente per il monitoraggio delle dotazioni di tecnologie biomediche e dei relativi costi di manutenzione e gestione, al fine di poter disporre a li-
vello centrale di dati confrontabili sulla consistenza delle dotazioni tecnologiche biomediche e sui costi di gestione delle stesse. Tra le azioni sopracitate, fin dai primi mesi di applicazione dei Programma Operativi, il Settore “Servizi Informativi Sanitari”, con il supporto dell’IRES Piemonte, ha lavorato prioritariamente all’obiettivo di razionalizzazione dell’acquisizione di tecnologie biomediche, strutturando e sviluppando un nuovo percorso per la gestione a livello centrale delle funzioni di autorizzazione, governo e controllo del processo. L’adeguato governo del patrimonio tecnologico, attraverso una regolare programmazione delle sostituzioni del parco tecnologico ed una coerente pianificazione dell’introduzione delle tec-
L’adeguato governo del patrimonio tecnologico, attraverso una regolare programmazione delle sostituzioni del parco tecnologico ed una coerente pianificazione dell’introduzione delle tecnologie biomediche innovative, ha infatti ricadute dirette sull’ottimizzazione della spesa, sulla riduzione dei costi di manutenzione
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nologie biomediche innovative, ha infatti ricadute dirette sull’ottimizzazione della spesa, sulla riduzione dei costi di manutenzione e gestione e sul mantenimento dell’efficienza e dell’efficacia delle attività sanitarie, oltre che sulla sicurezza e sulla riduzione di eventi avversi, spesso causati direttamente dall’inaffidabilità, dall’obsolescenza e dall’insicurezza delle apparecchiature sanitarie, così come evidenziato nella Raccomandazione n. 9 del Ministero della Salute dell’aprile 2009.
LE NUOVE MODALITÀ DI PROGRAMMAZIONE E PIANIFICAZIONE DELLE ACQUISIZIONI DI TECNOLOGIE BIOMEDICHE Prima dell’introduzione delle nuove procedure, il percorso per la programmazione dell’acquisizione di tecnologie biomediche della Regione Piemonte risultava frammentato. Erano infatti previste procedure differenti in ragione della natura degli oggetti di intervento: una specifica per le grandi attrezzature ed una per le altre apparecchiature. La necessità di definire un unico percorso ha trovato riscontro nella D.G.R. n. 36-6480 del 07/10/2013 “Istituzione di un Piano Regionale delle Tecnologie Biomediche (PRTB) e costituzione di una Commissione Governo delle Tecnologie Biomediche (GTB) per la valutazione e l’approvazione delle richieste di apparecchiature ed attrezzature delle ASR”. È stata avviata una riorganizzazione dei processi programmatori nel loro iter complessivo, con la finalità di governare ed indirizzare, attraverso procedure di verifica ex-ante condotte a livello centrale, tutte le acquisizioni di apparecchiature che interessano il Servizio Sanitario Regionale. A tal fine è emersa la necessità che vengano sottoposti all’attenzione regionale non solo gli investimenti in conto capitale o in spesa corrente, ma tutte le proposte di acquisizioni effettuabili sotto qualunque forma, ivi comprese quelle derivanti da contributi liberali finalizzati, che comportano infatti in alcuni casi costi di ade-
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guamento edili ed impiantistici necessari alla loro installazione e prevedono costi per l’utilizzo e la manutenzione negli anni successivi. Il nuovo percorso prevede che ogni Azienda Sanitaria Regionale predisponga un piano triennale di acquisizione di apparecchiature biomediche, denominato Piano Locale delle Tecnologie Biomediche (PLTB), a “slittamento” con revisione semestrale. Il piano contiene tutte le richieste di autorizzazione all’acquisizione di tecnologie biomediche per un valore complessivo superiore a € 40.000, tramite qualsiasi forma di acquisizione (acquisto, noleggio, service, ecc.) ed ogni tipologia di finanziamento (fondi propri, finanziamenti regionali, donazioni finalizzate, ecc.). Il piano è suddiviso, in base alla tipologia di richiesta autorizzativa, in tre filoni distinti denominati “HTM” per le richieste di sostituzione, adeguamento, riedizione di contratti, estensione, potenziamento ed aggiornamento per sicurezza, “HTA” per le richieste di diffusione interaziendale, nuova introduzione, inserimento di nuove tecnologie biomediche e nuova attivazione di contratti e “HTD” per le donazioni finalizzate. Ogni richiesta di acquisizione è inoltre caratterizzata dalla notifica di urgenza oppure da un livello di priorità da 1 (priorità massima) a 5 (priorità minima). Gli attori coinvolti nel processo sono: • Azienda Sanitaria Regionale (A.S.R.): si occupa di pianificare e programmare le acquisizioni a livello aziendale • Referente biomedico aziendale: referente del Servizio di Ingegneria Clinica aziendale, si occupa della redazione del PLTB all’interno di ogni A.S.R. • Tavolo Governo di Ingegneria Clinica (GIC): costituito da un Refe-
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rente dei Servizi di Ingegneria Clinica per ogni area interaziendale, analizza i PLTB effettuando valutazioni dal punto di vista tecnologico e redige i piani interaziendali delle tecnologie biomediche (PITB); valuta inoltre le richieste con carattere di urgenza ed effettua analisi sull’infungibilità delle tecnologie • Commissione Governo delle Tecnologie Biomediche (GTB): costituita da responsabili dei Settori competenti della Direzione Sanità della Regione, si occupa della valutazione dei piani delle tecnologie utilizzando criteri multidisciplinari, quali l’economicità degli investimenti, le caratteristiche tecnologiche, l’impatto organizzativo, la compatibilità economica degli investimenti e la coerenza con la program-
Un sistema informatizzato consente di gestire in modo più efficace le richieste, di effettuare controlli e dare riscontro immediato al richiedente, favorendo il miglioramento del processo sia da parte di chi effettua la pianificazione a livello locale, sia da parte dei soggetti deputati all’effettuazione delle valutazioni a livello centrale
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mazione sanitaria regionale, e redige il piano regionale delle tecnologie biomediche (PRTB) • IRES Piemonte – gruppo HTM: effettua l’analisi tecnica preliminare dei PLTB, valutando la coerenza e la completezza formale delle richieste, l’analisi di contesto, effettuata anche in base ai dati registrati nel flusso F.I.Te.B., ed supporta il GIC nelle valutazioni di infungibilità delle tecnologie biomediche e nell’individuazione della corretta forma di spesa da utilizzare in funzione della natura della tecnologia oggetto di acquisizione, indipendentemente dalla tipologia di finanziamento ipotizzata. Il gruppo HTA dell’IRES inoltre effettua valutazioni di Health Technology Assessment. Nel corso dei prossimi mesi il GIC e l’IRES si occuperanno dell’elaborazione di linee guida regionali per il corretto ricorso all’acquisizione di tecnologie con la formula di service o noleggi.
L’ANALISI DEI PIANI LOCALI DELLE TECNOLOGIE BIOMEDICHE (PLTB) La nuova procedura regionale di programmazione e pianificazione dell’acquisizione di tecnologie biomediche è stata avviata nel 2014. Nel primo semestre dell’anno sono pervenute 250 richieste autorizzative, delle quali l’86% (214 richieste) relative alla sezione HTM, il 9% (23 richieste) relative alla sezione HTA ed il restante 5% (13 richieste) alla sezione HTD. Il 26% delle richieste è caratterizzato da urgenza e pertanto necessita di un iter privilegiato di valutazione con tempistiche consone. Il 66% dei pareri richiesti riguarda l’autorizzazione di acquisti in proprietà (165 richieste) ed il restante 34% noleggi e service. La maggior parte delle richieste pervenute riguarda la sostituzione di apparecchiature obsolete (59%, 147 richieste), caratterizzate da livelli prestazionali non più adeguati ed elevati tempi di fermo macchina e costi di manutenzione. Questo fenomeno è conseguenza della mancata politica di investimenti per l’acquisizione di tecnologie biomediche che si è avuta negli ultimi anni, che ha portato la prima stesura dei PLTB effettuata dalle Aziende a rispondere più che ad una reale programmazione delle acquisizioni ad una gestione delle emergenze e delle urgenze. Si evidenzia che all’obsolescenza è direttamente correlato l’aumento dei costi di manutenzione e delle liste di attesa, conseguenza del ridotto livello di disponibilità di dotazioni tecnologiche adeguate a causa dei frequenti fermi macchina. Lo stanziamento di un fondo regionale annuale dedicato all’acquisizione di tecnologie biomediche può favorire la possibilità di arrivare ad una effettiva pianificazione. Prevedendo un fondo dedicato annuale per sostituire la tecnologia al termine del suo ciclo di vita utile, sarebbe possibile ricondurre il parco tecnologico regionale ad un corretto livello di efficienza funzionale e normativa e, risolte le urgenze e le criticità, programmare l’introduzione di innovazioni, riportando il sistema alla naturale evoluzione prestazionale con conseguenti ricadute sull’efficacia clinica e sulla sicurezza. Risulta fondamentale quindi che al percorso di revisione delle modalità di programmazione di acquisizioni in tecnologie biomediche, si affianchi la consapevolezza anche da parte di tutti gli attori coinvolti al
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vertice del processo decisionale della Regione che gli investimenti in tecnologie possono contribuire a ridurre le voci di altri capitoli di spesa e ad aumentare l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni sanitarie, contribuendo a fornire al cittadino un adeguato livello di assistenza. Per quanto riguarda la gestione operativa del flusso di richieste, l’applicazione del nuovo percorso ha evidenziato la necessità di sviluppare un adeguato sistema informativo di supporto, che favorisca il controllo e l’analisi. Un sistema informatizzato consente di gestire in modo più efficace le richieste, di effettuare controlli e dare riscontro immediato al richiedente, favorendo il miglioramento del processo sia da parte di chi effettua la pianificazione a livello locale, sia da parte dei soggetti deputati all’effettuazione delle valutazioni a livello centrale. Sviluppando una nuova piattaforma all’interno del portale F.I.Te.B. sarà altresì possibile incrociare in modo semplice ed immediato le infor-
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mazioni contenute nel flusso informativo per le tecnologie biomediche, fonte di dati imprescindibile per una corretta e coerente programma■ zione regionale.
BIBLIOGRAFIA [1] D.G.R. 30 dicembre 2013, n. 25-6992, Approvazione Programmi Operativi 2013-2015 predisposti ai sensi dell’art. 15, comma 20, del D.L. n. 95/2012 convertito, con modificazioni, in legge n. 135/2012, BUR Piemonte n. 6 del 06/02/2014. [2] IRES Piemonte (2014), Manuale di strutturazione e compilazione del flusso informativo per le Tecnologie Biomediche, F.I.Te.B. http://www.ires.piemonte.it/ studi-programmazione-sanitaria/healthtechnology-management/flusso-informativo-tecnologie-biomediche. [3] D.G.R. 29 maggio 2012, n. 39-3929, Attuazione del piano di rientro. Monitoraggio delle tecnologie biomediche e dei relativi costi di gestione, BUR Piemonte n. 25 del 21/06/2012. [4] D.D. 27 luglio 2012, n. 508, Strutturazione del flusso informativo per le tecnologie biomediche (flusso FITeB): definizione delle specifiche tecniche ed ambiti di applicazione. [5] D.G.R. 25 agosto 2008, n.13-9470, Rimodulazione dell’elenco delle apparecchiature tecnologiche inserite nell’allegato 1 della D.G.R. n. 473073 del 05.06.2006, BUR Piemonte n. 38 del 18/09/2008. [6] OECD (2013), Dove si colloca l’Italia. http://www.oecd.org/health/healthdata.
CITOPATOLOGIA DIAGNOSTICA Maria Rosaria Giovagnoli autore
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Università La Sapienza di Roma autore
Daniele Giansanti Istituto Superiore di Sanità - Roma autore
Enrico Giarnieri Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare Università "La Sapienza", Roma
Per la prima volta la rivista eHealth si occupa di citologia digitale e lo fa grazie all’aiuto di due tra i massimi esperti del settore, la Dottoressa Giovagnoli de La Sapienza e il Dottor Giansanti dell’ISS. Ecco come la digitalizzazione dell’immagine in tempo reale apre nuove incredibili possibilità
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La Citologia digitale e la tecnologia tablet
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no degli aspetti della Citologia digitale, settore della Patologia digitale, oltre a quello della gestione in maniera integrata dei dati clinici del singolo paziente, è l’osservazione delle cellule e delle loro alterazioni morfologiche direttamente con immagini digitalizzate. La digitalizzazione dell’ immagine può avvenire in tempo reale, quando una telecamera posta su di un microscopio (o un sistema di lenti che lo sostituiscono) trasmette, tramite un computer dotato di opportuno software, l’immagine digitalizzata a un videoproiettore oppure ad uno schermo posto nella stessa stanza o anche a distanza. Quando invece l’intero vetrino o parti di esso vengono “trasformati” in un file si parla di “vetrino virtuale” (virtual slide, digital slide, e-slide o ancora whole slide image). Il vetrino virtuale è il prodotto di un complesso processo che, utilizzando uno scanner dedicato e partendo dal vetrino reale, crea un unico grande file digitale che, assommando le singole immagini, comprende tutti i campi che sarebbero tradizionalmente osservabili al microscopio. Talvolta si usa parlare di microscopia virtuale proprio per indicare il sistema costituito da scanner, immagine digitale e sistema di visualizzazione dell’immagine così creata. Una e-slide, come il tradizionale vetrino, può essere navigata mediante un programma gestito da un computer, cioè ci si può spostare da un campo all’altro, “zoommare” ingrandendo o rimpicciolendo il campo di osservazione, segnare con un “pennello elettronico” gli elementi di maggiore interesse, fotografarli e poi salvare il tutto.
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Il vetrino digitale ha indubbiamente una serie di vantaggi, specie in citopatologia dove, a differenza dell’ istopatologia il campione è unico e irripetibile ed è inoltre soggetto al deperimento del tempo. E’ infatti possibile creare un numero potenzialmente infinito di copie di un singolo file e attraverso i sistemi di “Communication Technologies” esso può essere condiviso anche tra osservatori tra loro distanti, che magari si trovano su opposti emisferi e il tutto in tempo reale. La citologia digitale si presta quindi ad una serie di applicazioni: teleconsulto, e-learning controllo di qualità, archiviazione… Tuttavia, a differenza di quanto avviene in altre discipline mediche, ad esempio quella dell’ imaging radiologico, essa presenta anche una serie di problemi non ancora tutti risolti o risolvibili con la tecnologia attuale. La “pesantezza” del file cosi’ creato (si tratta di immagini a colori e non in toni di grigio, che devono essere scannerizzate a forte ingrandimento ed elevata risoluzione), la presenza di multipli sistemi proprietari nei format dell’ immagine così creata, la mancanza di uno standard condiviso per la visualizzazione e lo storaggio dell’ immagine, come avviene in radiologia con il PACS, ne hanno certamente rallentato il sviluppo. Una peculiarità del vetrino citologico, a differenza di quello istologico (costituito da sezioni di 4 di spessore), è la sua tridimensionalità, cioè il fatto che le cellule strisciate su di un vetrino non si dispongono naturalmente in un monostrato ma mantengono in parte la citoarchitettura originale il che risulta fondamentale per la loro valutazione ai fini oncologici. Al microscopio questo “problema” viene facilmente su-
perato “fochettando” attraverso l’uso della vite micrometrica. A livello digitale tale “fochettamento” può essere simulato solo scansionando lo stesso gruppo a livelli diversi messi a fuoco singolarmente per poi muoversi dall’ uno all’altro mediante lo z-stak, imitando così ciò che avviene manualmente. Il risultato è un file che può essere anche 10 o 100 volte più pesante. Queste ed altre specifiche problematiche richiederebbero un approfondimento a parte ma qui vogliamo esaminare le possibilità che si aprono per la citopatologia digitale con l’avvento delle nuove tecnologie tablet e l’uso sempre più diffuso del “cloud”. Attualmente la diagnosi “cooperativa” in citopatologia utilizza un sistema multitestata nel quale vi è un microscopio posto centralmente ed un sistema di prismi e lenti che permette la contemporanea visione dello stesso vetrino (campo) da parte di un numero variabile di osservatori (generalmente da due a 20). E’ chiaro
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Figura 1 Accesso tramite un Sistema Xdesk
che tale sistema è gerarchico e “dispotico”, in quanto solo il soggetto che si trova seduto nel nodo centrale,cioè al microscopio, ha la possibilità di gestire la “navigazione” del vetrino scegliendo i campi che ritiene di maggiore interesse. L’evoluzione di un sistema di tipo cooperativo è invece di importanza strategica sia ai fini diagnostici sia a quelli didattici e quindi l’approfondimento di quanto le nuove tecnologie tablet possano apportarvi è un tema di estrema rilevanza per l’intero sistema sanitario. I dispositivi tablet si possono suddividere in “wearable” (cioè quelli che si possono mettere in tasca come ad esempio uno
smartphone), “portable” come i comuni tablet facilmente trasportabili in una borsa e i “nonportable” come ad esempio il grande tavolo virtuale della epson, l’Xdesk (figura 1) e alcune lavagne intelligenti (tipo le lavagne interattive multimediali dette LIM) il cui utilizzo si sta diffondendo a livello didattico [1]. Tutti questi sistemi hanno il vantaggio di essere gestiti tramite “touch screen” e pertanto di essere estremamente intuitivi e facili da usare. Tutto ciò e’ particolarmente importante nel caso del vetrino virtuale dove semplicemente servendosi delle dita è possibile navigare, ingrandire o rimpicciolire un campo “microscopico”, aggiungere un segno o una nota e poi salvare le modifiche fatte, mettendole a disposizione degli altri osservatori che condividono sul cloud tale caso o anche inviare l’indirizzo internet a nuovi osservatori che possono così essere autorizzati e unirsi alla comunità di “citopatologi virtuali”. I primi due sistemi (usable e portable tablet) permettono, quindi, in qualunque momento di raggiungere chiunque, sia all’ interno della rete ospedaliera che al di fuori di essa. È pertanto facilmente ipotizzabile che una volta che il vetrino sia stato scannerizzato e salvato su di un server, chiunque vi abbia le credenziali di accesso può ad esso collegarsi, magari anche quando è in viaggio mediante il suo smartphone o ipad (figura 2), oppure utilizzando un internet point “libero” Hotspot WI-FI, e questo indubbiamente avrà importanti ricadute sulla nostra organizzazione del lavoro [1-3]. Anche ai fini didattici sono utilizzabili questi sistemi, ma ancor più si è vista l’importanza di utilizzare il vetrino virtuale per lezioni interattive e “democratiche” nel quale l’e-slide viene mostrata su un sistema di schermi che tappezzano una intera parete cosicché gli studenti si sentono “immersi” in questa realtà virtuale che possono essi stessi governare e navigare diventando protagonisti del momento formativo. Sono stati messi a punto ancora altri sistemi che utilizzando la tecnologia wi-fi applicata ad una telecamera posta su di un microscopio permettono la contemporanea fruizione del vetrino (reale) in maniera digitale sui tablet dei singoli “osservatori” (anche un centinaio) che si trovino nella stanza o nelle immediate vicinanze: è chiaramente un sistema che “imita” amplificandolo il microscopio multitestata classico, e potrà trovare un interessante campo di applicazione non solo a fini didattici ma anche in conferenze e congressi. La citopatologia, per le sue caratteristiche di duttilità (si può applicare alla diagnostica oncologica e non solo praticamente di tutti gli organi e apparati), rapidità (vedi la ROSE) e costi estremamente contenuti (infatti i costi tra materiale di prelievo e allestimento sono dell’ordine di pochi euro), trova ampi campi di applicazione nella diagnostica di laboratorio. Ma accanto a questi usi più tradizionali lo sviluppo tecnologico ne ha ulteriormente ampliato i confini aprendo il campo della citopatologia virtuale.
LA CITOLOGIA NELLA DIAGNOSTICA DEI TUMORI SOLIDI DEL PANCREAS IN ECOENDOSCOPIA Figura 2 Accesso ad un portable tablet durante un viaggio in treno
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Enrico Giarnieri, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare - Università “La Sapienza”, UOD Citopatologia - Azienda Ospedaliera Sant’An-
drea Roma Antonella Carnuccio, UOD Endoscopia Digestiva Azienda Ospedaliera Sant’Andrea Roma L’ecografia endoscopica (EUS) è una metodica mini-invasiva che unisce in sé i vantaggi dell’ecografia e dell’endoscopia: l’ecoendoscopio, è infatti costituito da un endoscopio flessibile, alla cui estremità è posta una sonda ecografica ad alta frequenza. L’EUS è recentemente emersa come una metodica d’imaging altamente idonea allo studio del pancreas e dello screening delle patologie pancreatiche. In molti studi ha mostrato un’alta sensibilità e specificità per le neoplasie pancreatiche. Alcuni studi comparativi con la TC spirale multi-detector hanno mostrato una superiorità dell’EUS, sia nell’identificazione di piccoli tumori sia nella stadiazione locoregionale in pazienti con adeocarcinoma pancreatico potenzialmente resecabile. In mani esperte l’EUS è infatti in grado di identificare lesioni di dimensioni fino a 5 mm. Inoltre l’EUS-FNA (aspirato con ago sottile sotto guida ecoendoscopica) permette di poter ottenere del materiale dalla lesione sospetta per un esame cito-istologico al fine di poter porre una diagnosi di cancro o di displasia nelle forme pre-maligne. Essa ha, infatti, la sua migliore indicazione nel prelievo citologico e/o istologico di lesioni profonde, come quelle pancreatiche, che sono difficilmente raggiungibili con metodiche extra-corporee ed a prezzo di maggiori complicanze. L’EUS-FNA offre potenti capacità diagnostiche che possono aiutare ad ottimizzare la gestione delle neoplasie maligne dell’apparato gastrointestinale e guidare la scelta di percorsi terapeutici appropriati, inclusa la chemioterapia neoadiuvante, la chemioterapia standard, la terapia palliativa e la chirurgia. In questo l’EUS-FNA è oggi la principale tecnica per campionare le lesioni e poter confermare un sospetto di malignità. Tale procedura presenta, inoltre, una bassissima percentuale di complicanze maggiori (1%), con risultati più soddisfacenti e con un minor rischio di disseminazione di cellule neoplastiche rispetto all’approccio per via percutanea. Recentemente, l’utilizzo dei mezzi di contrasto e dell’elastografia, si sono rilvelati molto utili nell’aumentare la capacità discriminatoria di lesioni sospette potendo differenziare tra processi infiammatori e neoplasia, soprattutto adenocarcinomi, e fornendo la possibilità di eseguire un prelievo più mirato della lesione. Per ottenere una adeguata sensibilità dalla EUS-FNA, essa deve essere eseguita in centri con grande espe-
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rienza, con la strumentazione adeguata e possibilmente con l’ausilio dell’esame citologico “on-site”. La scelta dell’ago da utilizzare per pungere la lesione bersaglio dipende dal tipo e dalla sede della lesione, ma anche dalla necessità di ottenere la maggior quantità di materiale per poter ottenere una diagnosi corretta e la possibilità di minimizzare possibili complicanze. Gli aghi che vengono comunemente utilizzati sono quelli da 25, 22 o 19 gauge. In particolare quelli da 22 e 19 “procore” (Cook Endoscopy), permettono di effettuare anche prelievi istologici (ProCore, Cook Endoscopy, Winston-Salem, NC, USA). Questi ultimi sono disegnati con una parte terminale “tagliente” che
permette un campionamento tissutale, simile per dimensioni a quello che si ottiene per i prelievi epatici. Il materiale prelevato è fondamentale per la diagnosi, e, soprattutto nel prelievo citologico, diventa determinante la quantità di cellule che si riescono ad ottenere, anche per eventuali tests di biologia molecolare. Anche se una diagnosi morfologica o comunque una indicazione di compatibilità con una origine di malignità o benignità della lesione, è possibile effettuarla con meno di 100 cellule. La scelta di un ago di piccole dimensioni, per la citologia, riduce la contaminazione ematica del prelievo e riduce il rischio di emorragia. Di contro, riduce la possibilità di poter effettuare biopsie istologiche. Nel caso in cui il team di lavoro sia sprovvisto di un citopatologo in sala, per poter ottenere con maggiore probabilità una quantita adeguata di materiale per ottenere la diagnosi, è consigliabile, quando possibile, eseguire prelievi bioptici con aghi da 22 o 19 gauge Procore o 19 Flex. In questo caso il campionamento istologico risulterà la migliore opzione. La determinazione del numero di passaggi per poter ottenere mate-
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riale cellulare adeguato per la diagnosi è un aspetto cruciale di questa metodica. Tuttavia ciò può dipendere dalla presenza di un citopatologo esperto all’interno di una equipe di lavoro. Il numero dei passaggi da effettuare con l’ago sarà condizionato molto da questo fattore. La letteratura internazionale consiglia di effettuare almeno 7 passaggi per le masse pancreatiche, mentre 5 passaggi sono sufficienti nel caso di linfonodi. Il tempo di permanenza/campionamento up and down di un ago all’interno della lesione dovrebbe essere di 30 secondi per ogni passaggio. Pertanto i tempi per poter effettuare un adeguato campionamento risultano mediamente lunghi. Quando invece è presente in sala un citopatologo, mediante l’immediato allestimento del materiale e utilizzando la colorazione rapida con Diff-Quik (circa 10-15 secondi), potrà valutare l’adeguatezza del materiale e riportarla all’ operatore in tempo reale. Se la lesione risulta adeguatamente campionata il processo potrà esserer interrotto già dopo un solo passaggio. E’ quindi evidente quanto l’apporto della consulenza del patologo possa, accorciando i tempi, essere conveniente sia per il paziente che per l’ottimizzazione della procedura tutta, con riduzione dei costi ed ottimizzazione dell’ uso di apparecchiature e personale. La scelta di effettuare un’aspirazione, piuttosto che lasciare che le cellule entrino nell’ago per capillarità, rimane controversa. Mettendo a confronto tutte e due le metodiche sono stati analizzati cinque diversi parametri: la quantità di cellule risultate diagnostiche; l’arrangiamento e l’architettura cellulare; il grado di degenerazione cellulare; il trauma cellulare causato dal prelievo; la quantità di sangue e i coaguli oscuranti i preparati. Nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata. Per quanto riguarda la valutazione citomorfologica, invece, la scelta di allestire il materiale secondo la tecnica tradizionale (per striscio) rimane superiore per sensibilità, specificità e accuratezza all’utilizzare la sospensione cellulare in un liquido con fissativo con successivo allestimento su strato sottile. Nel caso in cui la citologia dovesse essere indeterminata, la combinazione di test molecolari come la FISH per p16 e le analisi mutazionali di K-ras/p53, topoisomerasi/EGFR, c-Myc e MALT-1 eseguiti su materiale cellulare o istologico, può contribuire alla diagnosi. Secondo la letteratura, applicare la FISH e la ricerca delle mutazioni K-ras significa portare la sensibilità all’87.9%, la specificità all’93.8% e l’accuratezza all’89.8%. Tuttavia, nonostante la tecnologia oggi disponibile, eseguire una diagnosi di carcinoma pancreatico rimane difficile soprattutto se la diagnosi differenziale si pone con la pancreatite cronica ed anche se la metodica, la manualità e l’esperienza risultano fattori acquisiti con la pratica continua, i rischi di falsi negativi persistono. Particolarmente, se la lesione è nel processo uncinato o nella testa del pancreas, non è sempre facile identificarla e, di conseguenza, prelevare materiale tissutale rappresentativo. Ad oggi, non esistono protocolli universalmente accettati su come gestire i pazienti che presentino una storia clinica o un imaging suggestivo di neoplasia maligna pancreatica con una citologia negativa ottenuta mediante EUS-FNA.
Le tre possibili opzioni possono essere: osservazione clinica con ripetizione dell’imaging con la possibilità di ripetere una EUS-FNA nell’arco di 2-4 mesi; esplorazione chirurgica; biopsia TC guidata. Quest’ultima, tuttavia, è la via meno percorribile poiché vi può essere il rischio di peggiorare le condizioni del paziente so-
La scelta di effettuare un’aspirazione, piuttosto che lasciare che le cellule entrino nell’ago per capillarità, rimane controversa. Mettendo a confronto tutte e due le metodiche sono stati analizzati cinque diversi parametri: la quantità di cellule risultate diagnostiche; l’arrangiamento e l’architettura cellulare; il grado di degenerazione cellulare; il trauma cellulare causato dal prelievo; la quantità di sangue e i coaguli oscuranti i preparati. Nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata
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prattutto se non è candidato alla chirurgia. Se il sospetto di malignità è molto elevato e le condizioni del paziente sono buone, l’opzione chirurgica è indicata. Se il sospetto è molto elevato ma il chirurgo è riluttante ad eseguire una esplorazione laparoscopica, eseguire una EUS-FNA rappresenta una valida opzione. Ma se il grado di sospetto diminuisce, le condizioni del paziente risultano compromesse ed anche i margini di una eventuale resezione chirurgica risultino troppo marginali per le scarse probabilità che un eventuale intervento sia risolutivo, ripetere l’imaging con campionamento tissutale può essere il percorso diagnostico più indicato. In conclusione, il ruolo dell’EUS nello studio delle neoplasie pancreatiche è ormai accettato universalmente, grazie anche ai progressi tecnologici che ne fanno una metodica sicura ed altamente accurata ed alla continua messa a punto di aghi sempre più flessibili per il campionamento di aree di difficile accesso, come il processo uncinato. L’applicazione della citologia real time o ROSE (rapid on site cytology) con la presenza di un citopatologo, nell’ ambulatorio dove viene eseguito il prelievo, che effettua una colorazione rapida Diff-Quik per la valutazione dell’ adeguatezza del materiale è lo standard ottimale e trova ampio consenso sia nel caso di lesioni pancreatiche che di linfonodi posti in tale sede. Ma tutto ciò può avvenire solo se il patologo presente in sala ha esperienza in questo specifico ambito. In tal caso, dopo un’attenta valutazione morfologica, qualora la citologia da sola non sia dirimente, si potrà valutare l’opportunità di applicare test molecolari utili per aumentare l’accuratezza diagnostica specie se il campionamento citologico, in corso di EUS, rappresenta l’unico percorso diagnostico terapeutico possibile per il paziente e il materiale bioptico non è disponibile. ■
BIBLIOGRAFIA [1] Giansanti D, Pochini M, Giovagnoli NR. How tablet technology is going to change cooperative diagnosis in the cytology e-laboratory Telemed J E Health 2013;19:991–993. [2] ] Giansanti D, Pochini M, Giovagnoli NR Integration of Tablet Technologies in the e-Laboratory of Cytology:A Health Technology Assessment Telemed J E Health 2014:20, October (in press) [3] Giansanti D, Pochini M, Giarnieri E, Giovagnoli MR. Towards the integration of digital cytology in the tablet technologies. Diagn Pathol 2013;8(Suppl 1):S40
business solution
Un sistema informatico per refertazione e gestione del workflow della Citofluorimetria
È
di NoemaLife il primo sistema informatico pensato per la refertazione e gestione completa del workflow della Citofluorimetria METHIS, che ha debuttato all’Ohio State University Wexner Medical Center (USA), entrando a pieno titolo in uno dei principali mercati mondiali per la Sanità. Gli analisti prevedono infatti per il mercato globale della Citometria a Flusso una crescita ad un CAGR del 11,23% nel periodo 2013-2018. La previsione riguarda le Americhe, l’APAC e le regioni EMEA. METHIS è una soluzione web-based che offre: • Sistema di refertazione avanzato • Integrazione con la strumentazione diagnostica • Integrazione con i Sistemi Informativi dipartimentali e ospedalieri • Gestione dei valori di Laboratorio con specifiche funzionalità (pannelli, diagrammi a prisma, immagini) • Reportistica: documenti, gestione immagini, validazione, firma elettronica, personalizzazione dei formati di reportistica, follow-up • Indipendenza dai fornitori di DBMS (DataBase Management System) Il software gestisce in modo semplice e intuitivo l’intero processo all’interno del Laboratorio, risultando un efficace supporto per tutto lo staff coinvolto: patologi, tecnici e staff amministrativo. L’architettura consente di integrare informazioni prodotte da strumenti di citofluorimetria, provenienti da altre indagini diagnostiche e dalle cartelle cliniche. ■
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autore
gestione delle tecnologie
Federico Cesari PhD, Esperto di Health Technology Assessment e Medical Planning Presidente di BITeB
L’ingegnere biomedico nella progettazione degli ospedali di oggi e del (prossimo) futuro I nuovi ospedali sempre più tecnologici necessitano di figure specializzate come il Medical Planner, l’Ingegnere Clinico e lo specialista di Health Technology Assessment, tutti profili finora poco sfruttati sia dalle società di progettazione che dalle imprese di costruzione di Centri Sanitari. Si tratta di profili che appartengono tipicamente al bagaglio culturale dell’Ingegnere Biomedico
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a definizione e l’idea stessa di ospedale, così come concepito fino ad oggi, è destinata a mutare radicalmente. In realtà il processo di evoluzione è già cominciato da qualche decennio, ma nei prossimi anni potremmo assistere a qualcosa di ancora più drastico. Nei secoli, lo dice il nome stesso, l’ospedale è sempre stato individuato come il luogo fisico in cui i malati venivano appunto “ospitati” durante il loro periodo di debolezza, con lo scopo sia di alleviare le sofferenze, sia di isolarli dal mondo dei sani. Erano molto simili alle vecchie lungo-degenze o ai moderni hospice e la cura era praticamente del tutto affidata a volontari o a servizi infermieristici. Una rivoluzione epocale avvenne nel secolo scorso, quando l’ingegneria, con il suo bagaglio di mezzi e metodi, sconfinò nel settore della Medicina: l’ospedale si riempì velocemente di macchine e da luogo di ospitalità si trasformò in breve nel sistema tecnologico che conosciamo oggi in cui medici, pazienti e tecnologia si riuniscono con lo scopo non di “accompagnare” il paziente, ma di curarlo e restituirlo al mondo esterno nel più veloce tempo possibile. Da un luogo prevalentemente di degenza si è cioè trasformato in un luogo di diagnosi e cura, per demandare (ove possibile) l’attività alberghiera, la convalescenza e la riabilitazione (e i loro relativi costi) al domicilio del paziente e alla medicina sul territorio. Concetti sconvolgenti come dayhospital e day-surgery hanno pertanto completamente rivoltato l’aspetto delle nostre strutture sanitarie, avviando una nuova epoca della progettazione ospedaliera.
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Oggi questo processo potrebbe passare alla sua versione 2.0. I nuovi ospedali sempre di più sono infatti solo il luogo in cui il paziente può trovare ciò che nel territorio non può reperire: alta tecnologia e medici altamente specializzati. Per questa ragione la progettazione sanitaria si trova di fronte alla sfida di spostare verso la casa del paziente la maggior parte dei servizi esternalizzabili (grazie anche alle moderne potenzialità di Telemedicina e Teleassistenza) e di concentrare nell’ospedale l’alta tecnologia nel modo più ottimizzato possibile. Corollario di questo processo è la necessità ormai imprescindibile di inserire nel team di progettazione degli ospedali la presenza di nuove figure tecniche: il Medical Planner, l’Ingegnere Clinico e lo specialista di Health Technology Assessment, tutti profili finora poco sfruttati sia dalle società di progettazione che dalle imprese di costruzione di Centri Sanitari. Si tratta di profili che appartengono tipicamente al bagaglio culturale dell’Ingegnere Biomedico. Le dimensioni delle stanze di un ospedale, i percorsi, la distribuzione di spazi e funzioni sono pesantemente influenzati dalle caratteristiche delle apparecchiature biomediche e dalla loro integrazione, caratteristiche che coinvolgono aspetti di impiantistica meccanica, sicurezza elettrica, radioprotezione, ergonomia, logistica, informatica. L’esempio più intuitivo è il Blocco Operatorio, nel quale devono interagire apparecchiature (spesso anche radiologiche) tutte relazionate l’una all’altra, per offrire al paziente e allo staff chirurgico un unico ambiente protetto ed efficiente. Un altro esempio è offerto da un classico problema che ha affrontato chi lavora in un ospedale “vecchio” con tecnologia “nuova”: l’ingresso di grandi apparecchiature, tipicamente l’introduzione del magnete di una Risonanza Magnetica nei vecchi Reparti di Radiologia. Traforare pareti, divellere porte, puntellare corridoi, interrompere l’attività di Reparto per permettere l’ingresso in ospedale dei nuovi colossi che il progresso tecnologico regala alla Medicina: sono tutte attività costosissime imposte da una progettazione inadeguata che non ha tenuto conto in passato della tecnologia e della sua potenziale evoluzione nel futuro. Senza una figura di riferimento che sia in grado di fornire al progettista civile le specifiche meccaniche, elettriche e dimensionali delle macchine che convergono o potrebbero convergere sul paziente, la progettazione di un ospedale oggi sarebbe carente. In questo scenario, infine, non si può non tenere in considerazione l’Informatica Medica. Se l’ospedale si sta trasformando nel luogo in cui convergono paziente, tecnologia ed alta specializzazione medica, demandando al territorio gli altri aspetti sanitari, è necessario un filo conduttore che tenga unita la storia del paziente dentro e fuori dalle mura della struttura sanitaria. Questo filo conduttore dovrà necessariamente essere l’Informatica Medica, che si delinea sempre più come il binario cui affidare il paziente nel suo tragitto attraverso i vari reparti dell’ospedale, gli ambulatori sul territorio, lo studio del Medico di Base, la propria casa. Anche l’Informatica Medica pertanto incide sulla progettazione sanitaria e dello stesso ospedale e richiede la partecipazione di specialisti del settore da affiancare ai vari architetti, ingegneri civili, strutturisti ed impiantisti, tipicamente nucleo centrale
di uno studio di progettazione ospedaliera. La nuova concezione di ospedale rivoluzionata dall’ingegneria biomedica a sua volta avrà l’effetto inevitabile di rivoluzionare l’ingegneria biomedica stessa. Questa, storicamente, si concentra sullo studio dell’apparecchiatura biomedica e solo da pochi anni si dedica all’integrazione delle diverse apparecchiature fra loro e con l’ambiente che le circonda. Trovare o formare soggetti che abbiano la capacità di calare nell’ambiente ospedaliero le nozioni sulle apparecchiature biomediche è pertanto una sfida che deve e dovrà affrontare chi desidera progettare un ospedale del Terzo Millennio in maniera adeguata alle potenzialità of■ ferte dalla tecnologia.
Senza una figura di riferimento che sia in grado di fornire al progettista civile le specifiche meccaniche, elettriche e dimensionali delle macchine che convergono o potrebbero convergere sul paziente, la progettazione di un ospedale oggi sarebbe carente
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Massimo Giuliani autore
presidente A.N.T.A.B, e responsabile tecnico esplorazioni funzionali e chirurgia presso il servizio d'ingegneria clinica dell'ospedale di Cattinara afferente all'A.O.U. “Ospedali Riuniti Trieste”
Tecnologia applicata alla persona e tecnico biomedico: la sfida è lanciata! Tutta la tecnologia impiegata in ospedale necessità di “cure continue”, dev’essere verificata periodicamente, mantenuta in efficienza, riparata. Azioni semplici, sulla carta, che presumono una conoscenza specifica, una buona dose di assunzione di responsabilità, per riaffidare la strumentazione all’operatore sanitario, medico o infermiere. Nuove sfide per il tecnico biomedico
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orse ad alcuni di noi è capitato di assistere qualcuno dei propri cari in un percorso, ahimè doloroso, che lo riportasse sulla strada della salute. Alle volte si tratta di esami strumentali, alle volte di soluzioni più complesse che passano attraverso il pronto soccorso, interventi chirurgici, terapie intensive. In queste situazioni restiamo concentrati sulle condizioni dei nostri cari, prestiamo poca attenzione a ciò che li circonda, a quanta tecnologia venga impiegata nella ricerca delle cause, nell’intervento sulla patologia, nel supporto alla vita. Spesso siamo colpiti da notizie più o meno eclatanti, sull’impiego di tecnologie futuristiche nell’aggressione di patologie che garantiscono approcci meno invasivi con più precisione e che spesso si rivelano risolutive nell’evoluzione dalla malattia alla salute. Eppure anche tutta questa tecnologia impiegata necessità di “cure continue”, dev’essere verificata periodicamente, mantenuta in efficienza, riparata… Azioni semplici, sulla carta, che presumono una conoscenza specifica, una buona dose di assunzione di responsabilità, per riaffidare la strumentazione all’operatore sanitario, medico o infermiere, che l’applicherà nell’interesse della salute del paziente. Affidabilità e disponibilità sono due concetti cardine nella gestione della tecnologia all’interno delle strutture sanitarie. Quando la politica sanitaria è lungimirante e dotata di scorte di denaro sufficienti, si possono adottare soluzioni che prevedono la ridondanza della strumentazione nell’ottica di ridurre i disagi innescati dal fermo macchina. In un sistema perfetto qualsiasi imprevisto dovrebbe venir gestito rapidamente anche grazie alle unità di back up. In un “sistema perfetto”…
La realtà è diversa per chi si confronta ogni giorno con le problematiche di gestione tecnica delle apparecchiature elettromedicali di un moderno ospedale. La nostra è una realtà ai più sconosciuta, giocata spesso in prima linea al fianco di chi opera nei teatri della salute, sale operatorie, terapie intensive, radiologie, degenze, dove la risoluzione del piccolo problema tecnico (ad es. una cella d’ossigeno in deficit di prestazione diagnosticata correttamente e sostituita celermente) permette di continuare la cura senza complicare l’attività di gestione del paziente. Sviluppare la conoscenza dei sistemi intesi come unità complesse di cura, permette di affrontare le problematiche da professionista preparato assumendo la responsabilità della manovra correttiva Nell’ambito gestionale non esiste solo l’intervento di “head line”, ogni giorno si lavora nelle “retrovie” nei laboratori d’ingegneria clinica, alla ricerca e risoluzione del guasto, nell’attivazione di procedure d’intervento preventivo e controllo di prestazione, atti a garantire l’affidabilità della strumentazione afferita. In un mondo perfetto tutto questo sarebbe sorretto da sistemi strutturali di formazione. L’evoluzione tecnologica in medicina ha carattere esponenziale. Negli ultimi anni inoltre stiamo viaggiando a braccetto con l’informatica, se avessimo la possibilità di vedere al di là, nel futuro, vedremmo affreschi raffiguranti scenari ipertecnologici al servizio di chi opera per il conseguimento della salute... Il concetto di Tecnologia per la vita e di tecnologia applicata alla persona si evolve; non si chiede più solo affidabilità e disponibilità e prevede l’utilizzo di figure cosiddette “intermedie”: il tecnico biomedico o tecnico delle apparecchiature elettromedicali. Se nel titolo si parla di sfida, è perché di sfida si tratta: fino ad oggi chi voleva affrontare la carriera di tecnico biomedico inteso come “persona con adeguata capacità tecnica” inserito in un contesto ospedaliero, aveva due strade: una volta conseguito il diploma (possibilmente in elettronica e/o elettrotecnica e informatica), sperare di venir assunto in un sistema d’ingegneria clinica pubblico o privato dove conseguire una formazione, nell’ambito della conoscenza dei dispositivi più o meno approfondita che gli permettesse di affrontare le problematiche sopra citate. Oppure conseguire una laurea in ingegneria biomedica, con tutti i pregi e i difetti di una formazione in cui la “supremazia del sapere teorico” va comunque a scapito della formazione pratica. Alla fine la diversità di approccio alle problematiche, la differenza di accesso alle conoscenze, l’assunzione di responsabilità, sommata alla capacità del singolo, crea difformità di azione e reazione. C’era bisogno di uniformare le conoscenze e fornire una piattaforma di studio. C’era bisogno che qualcosa cam-
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biasse in un panorama di professioni che segnano il passo di una crisi del “manifatturiero” piuttosto pesante. La risposta arriva dalla scuola finalmente: il merito va ad istituti tecnici come il Lucarelli di Benevento e l’ITIS “Galvani” di Milano a loro il merito e il coraggio d’interpretare la visione del futuro creando dei percorsi dedicati condivisi, di formazione del perito tecnico elettromedicale, nello spirito e la tradizione degli istituti tecnici intesi come “scuola dell’innovazione”, consapevoli dell’apporto in un momento in cui il progresso scientifico e tecnologico richiede “menti d’opera” con una specializzazione sempre più raffinata, attraverso le capacità di comprensione e applicazione delle innovazioni che lo sviluppo della scienza e della tecnica continuamente produce. Partecipare al cambiamento favorendo attitudini all’autoapprendimento, al lavoro di gruppo e alla formazione continua. Nei loro percorsi non può mancare, quindi, una riflessione sulla scienza, le sue conquiste e i suoi limiti, la sua evoluzione storica, il suo metodo in rapporto alle tecnologie. In sintesi, occorre valorizzare il
La diversità di approccio alle problematiche, la differenza di accesso alle conoscenze creano difformità di azione e reazione. La risposta arriva dalla scuola e il merito va ad istituti tecnici come il Lucarelli di Benevento e l’ITIS “Galvani” di Milano
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metodo scientifico e il sapere tecnologico, che abituano al rigore, all’onestà intellettuale, alla libertà di pensiero, alla creatività, alla collaborazione. Sviluppare quindi l’utilizzo di metodi induttivi, di metodologie partecipative, un’intensa e diffusa didattica di laboratorio estendendo anche alle discipline dell’area di istruzione generale l’utilizzo, in particolare, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, di attività progettuali e di alternanza scuola-lavoro per sviluppare il rapporto col territorio e le sue risorse formative in ambito aziendale e sociale. A questo primo passo pionieristico e ricco di incertezze, il Ministero non ha ancora recepito lo sviluppo di un percorso didattico costruito ad hoc, a scapito dello sviluppo delle discipline tradizionali, per cui i futuri periti elettromedicali corrono il rischio di trovarsi all’esame invece che strumentazione per esami funzionali un compito di elettronica tradizionale, con tutto il disagio che potrebbe derivarne. Ai due Istituti già nominati si aggiunge, con sede a Trieste, e approvato dal MIUR, l’istituto superiore dedicato alle “tecnologie per la vita” collegato con l’I.T.I.S. “A. Volta” che si propone nell’arco di una formazione di due anni post diploma di formare tecnici superiori, specializzati in alta e altissima tecnologia (tac, risonanze, acceleratori lineari…) e informatica medica, portando i discenti attraverso un percorso di mille e seicento ore di cui una buona parte trascorse in servizio all’interno di stage in importanti realtà pubbliche e private. Viene a configurarsi così la terza via che si pone tra il diploma e la laurea, un importante passo verso il futuro, un diploma superiore riconosciuto in Europa. Situazione estremamente interessante e che potrebbe aprire le porte anche a coloro che si sono formati sul “campo” e che desiderassero conseguire una specialità, spendibile all’estero. Mi permetto un’ultima disgressione, io la chiamerei la quarta via: noi sappiamo che l’ingegneria clinica nasce negli Stati Uniti e nel Canada, molti dei modelli gestionali sono stati importati applicati e aggiustati alle nostre realtà, in questi modelli ci siamo dimenticati del BMET (biomedical technician) o meglio l’abbiamo incluso, ma non ci siamo preoccupati della sua formazione, almeno ufficialmente, considerando forse a torto che per metter mano ad un sistema medicale complesso fosse sufficiente una conoscenza minima di base nell’ambito dell’elettronica, meccanica, pneumatica. Oggi al tecnico viene e verrà richiesto di conoscere discipline lontane dal suo bagaglio culturale come l’anatomia, la fisiologia, il rapporto con il medico e il paramedico, l’applicazione sul campo della strumentazione biomedica per favorire l’affiancamento durante l’utilizzo della stessa. La quarta via sarà mutuare quindi l’impostazione della formazione dai canadesi e dagli statunitensi. Nel frattempo grazie all’istituzione dei corsi di studio la figura del BMET in Italia verrà così istituzionalmente a formarsi uniformando la conoscenza, a garanzia di appropriatezza e qualità nello svolgimento delle proprie mansioni quali: esecuzione verifiche di sicurezza, controlli funzionali, manutenzione preventiva, manutenzione correttiva, assistenza all’uso (product specialist) etc una figura da impiegare all’interno degli ospedali come al servizio del produttore. Forse la vera sfida sta nella rivoluzione culturale che, alla fine di questo percorso, andrà al di là delle complesse conoscenze tecnico ingegneristiche. ■
radiodiagnostica autore
Direttore Generale Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo – Alessandria
Francesco Musante autore
Nicola Giorgione
Direttore Dipartimento dei Servizi Ospedalieri
La nuova piattaforma radiologica dell’AO di Alessandria
L’
Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria ha inaugurato lo scorso luglio una nuova piattaforma radiologica: la struttura di Radiodiagnostica ha visto il rinnovamento dell’obsoleto parco tecnologico aziendale con due risonanze magnetiche (tomografi Philips Ingenia 1,5T), due TAC multistrato Toshiba, modello Prime ed Aquilion One Vision e quattro ecografi multidisciplinari (Toshiba, modello Aplio). Le apparecchiature sono attive da settembre nel reparto completamente rinnovato, situato nella nuova area di 800 mq, impreziosito da panorami e “gioielli” del Monferrato installati ad arte sui muri per migliorare il confort dell’attesa, realizzati in collaborazione con la locale Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dopo lunghe attese, la Radiologia riporta la dotazione tecnica aziendale al passo con i tempi per migliorare la qualità delle prestazioni e consentire un rientro dei tempi di attesa dei pazienti ambulatoriali. Innovazione tecnologica, programmazione e necessità di un utilizzo appropriato e sostenibile delle risorse disponibili: sono stati gli elementi che hanno contraddistinto la scelta aziendale di attuare questo importante investimento attraverso una gara europea per una partnership pubblico privato (PPP) e selezionare un qualificato operatore adatto ad affiancare l’Azienda, sia nei lavori di realizzazione e installazione delle moderne apparecchiature, sia per condurre l’erogazione degli esami a supporto dei radiologi ospedalieri.
Una completa e rinnovata struttura di radiodiagnostica dotata di tecnologia molto avanzata che consente una riduzione del rischio per i pazienti e al tempo stesso il miglioramento della prestazione erogata ai pazienti ricoverati, che non dovranno più recarsi presso altri centri specializzati avendo ora in ospedale tecnologia all’avanguardia
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radiodiagnostica
Nello specifico, si tratta di un appalto integrato, realizzato in collaborazione con il privato, in cui il governo clinico, i protocolli e le procedure sono gestiti dalla struttura di Radiologia e da essa governati in termini di qualità tecnica delle prestazioni e appropriatezza delle stesse. Il raggruppamento (il contratto è stato affidato ad un raggruppamento temporaneo di imprese tra Medipass, Gidea e Morviducci) a cui è stato affidato il servizio per integrare le risorse ospedaliere, nasce dalla volontà di approcciare in modo specialistico i diversi aspetti che costituiscono il progetto complessivo ideato dall’Azienda Ospedaliera, guidato
Si tratta di un appalto integrato, realizzato in collaborazione con il privato, in cui il governo clinico, i protocolli e le procedure sono gestiti dalla struttura di Radiologia e da essa governati in termini di qualità tecnica delle prestazioni e appropriatezza delle stesse. Questa partnership ha consentito all’Azienda di rispettare tempi di realizzazione, eccezionalmente ristretti
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da obiettivi di modernizzazione e ampliamento dell’offerta sanitaria della provincia di Alessandria e destinato ad un ampio bacino che potrà usufruire di un servizio di Imaging Diagnostico all’avanguardia. Nel raggruppamento si sono uniti operatori con una lunga esperienza, da sempre impegnati nello specifico settore della Diagnostica per Immagini: la capogruppo Medipass, parte del gruppo sanitario KOS di Milano, è specializzata nell’affiancamento di prestigiosi enti sanitari per la realizzazione e gestione di centri di alta tecnologia per radiologia, radioterapia, medicina nucleare o gestione di interi parchi tecnologici ospedalieri. Gidea Alta Tecnologia è società leader nella realizzazione di sistemi informatici e reti RIS-PACS per l’acquisizione, visualizzazione, archiviazione e distribuzione delle bioimmagini in formato digitale. Morviducci è un’impresa specializzata nella progettazione e realizzazione di strutture sanitarie sofisticate, come quelle per la diagnostica per immagini e medicina nucleare. Il raggruppamento di aziende ha curato la progettazione e la realizzazione dell’intero reparto di circa 800 metri quadrati (i lavori sono stati consegnati 80 giorni prima della scadenza prevista dal contratto), la fornitura e l’installazione delle sofisticate apparecchiature, mentre per il funzionamento del centro ne curerà la manutenzione ed effettuerà delle prestazioni specialistiche con alcuni specialisti medici e tecnici propri. La direzione rimane dell’Azienda e l’iniziativa è stata finanziata attraverso il riconoscimento di un canone per gli investimenti e una quota parte del valore degli esami eseguiti durante gli 8 anni di durata contrattuale. Questa partnership ha consentito all’Azienda di avviare il servizio senza gli usuali ingenti investimenti iniziali. Ma soprattutto ha ottenuto una certezza dei tempi di realizzazione, eccezionalmente ristretti, per completare l’offerta sanitaria aziendale con obiettivi qualitativi e quantitativi di alto livello. Il partner privato del resto opera in modo flessibile, integrando quasi in tempo reale le risorse necessarie a seguire processi di progettazione, costruzione, attivazione ed esercizio, mentre le strutture ospedaliere restano dedicate al relativo controllo e all’esecuzione di altre qualificate attività istituzionali. I radiologi ospedalieri possono ora disporre delle metodiche di indagine più innovative, con riduzione delle liste d’attesa e ricaduta positiva sulla capacità di risposta dell’ospedale tutto. L’Ospedale continua cioè a svolgere il proprio ruolo, sia clinico sia di controllo dell’appropriatezza, mentre il partner privato esegue parte delle attività richieste. I vantaggi legati all’operazione sono numerosi: le tecnologie in dotazione sono molto avanzate, consentendo una riduzione del rischio per i pazienti e al tempo stesso il miglioramento della prestazione erogata ai pazienti ricoverati, che non dovranno più recarsi presso altri centri specializzati avendo ora in ospedale tecnologia all’avanguardia. L’evoluzione della prestazione del servizio di imaging diagnostico ha come diretta conseguenza una accelerazione dell’iter diagnostico interno ai reparti e la netta diminuzione dei tempi di degenza, con innegabili vantaggi per chi è ricoverato e per andare verso una sempre
maggiore efficienza ospedaliera. Per i pazienti che ricevono prestazioni ambulatoriali, il miglioramento si potrà vedere nella riduzione delle liste di attesa. Per l’Azienda, l’appalto integrato consente la gestione di tutta l’area comprensiva della manutenzione, dell’aggiornamento tecnologico e delle attrezzature, grazie ad una attenta valutazione in termini sia di efficacia, accessibilità, ed appropriatezza clinica, sia riguardo al loro atteso impatto organizzativo ed economico. Il costo dell’intervento complessivo, suddiviso in un canone annuale e tariffa per prestazione per otto anni, va considerato come un investimento e non solo come una spesa. Risorse che sono dirette verso una soluzione efficace, da inserirsi nel contesto corrente della regione Piemonte, anche in virtù dell’evoluzione dei bisogni e delle aspettative della popolazione per consentire di farvi fronte in maniera adeguata. Infatti, dal punto di vista tecnico e clinico, le performance delle nuove dotazioni sono notevoli: le macchine sono state selezionate, tra quelle offerte dal mercato, in base a criteri di innovazione, affidabilità e durata nel tempo, anche grazie alla possibilità di installazione di aggiornamenti futuri, con tutto il corredo tecnologico atto a renderle di livello diagnostico elevato, consono al ruolo di Ospedale di riferimento a livello interprovinciale. Sintetizzando, le tecnologie acquisite, rappresentano lo stato dell’arte della radiologia nell’ambito della risonanza magnetica, della TC e dell’ecografia. Per la risonanza magnetica (RM) sono stati istallatati due tomografi Philips Ingenia 1,5T, il primo corredato di gradienti elevati e tutte le datazioni sofware per eseguire indagini di secondo livello, incluse quelle funzionali ed utilizzabile per l’esecuzione di tutte le indagini muscolo scheletriche, neuroradiologiche e più in generale total body, comprese quelle di interesse oncologico, la seconda con gradienti meno potenti ma anch’essa in grado di eseguire indagini total-body, entrambe con un corredo completo di bobine dedicate a tutte le parti corporee, tra l’altro intercambiabili tra loro per aumentare l’affidabilità del sito, riducendo drasticamente la possibilità di interruzioni complete del servizio per guasto. Inoltre, grazie al caratteristico gantry profondamente svasato e al magnete di dimensioni estremamente ridotte, ai pazienti è garantita un’eccellente visibilità al di fuori del tunnel, riducendo così drasticamente i problemi di claustrofobia a coloro che ne soffrono. Per la tomografia computerizzata (TAC) sono state installate due apparecchiature Toshiba, modello Prime
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ed Aquilion One Vision di altissimo livello, dotate di soluzioni tecniche particolarmente avanzate, sia per quanto riguarda l’esecuzione dell’esame, sia per le capacità di elaborazione delle immagini. Con queste TAC ad Alessandria è ora possibile svolgere esami diagnostici particolarmente sofisticati, indirizzati soprattutto al sistema cardio-vascolare, all’urgenza ed al campo oncologico. Infatti a tempi di scansione brevissimi, dell’ordine di 0,35-0,27 sec, si affiancano la notevole ampiezza del sistema detettori, di 4 cm sulla prima macchina e di 16 cm sulla seconda e una dotazione software di notevole rilievo, inclusiva di studi di perfusione, doppia energia e ricostruzione iterativa delle immagini, che garantisce la drastica riduzione della dose di radiazioni somministrata al paziente. Tutto questo si accorda così con le più stringenti linee guida internazionali alle quali facciamo
riferimento per l’esecuzione dell’attività quotidiana. Tra l’altro i 2 sistemi TC saranno nei prossimi mesi corredati da un completo sistema informatico di gestione e controllo della dose erogata, certificando al paziente sul referto la dose di esposizione e, per i pazienti che si sottopongono a controlli seriati nel tempo, la garanzia di monitoraggio totale e continuativo nel tempo, una sorta di storia personale di esposizione alle radiazioni, con garanzia di rispetto dei livelli di riferimento. Per quanto riguarda l’ecografia, il reparto si è dotato di moderni ecotomografi (Toshiba, modello Aplio) forniti di un’ampia varietà di sonde specialistiche, intercambiabili tra loro per i motivi suddetti, atte a garantire l’esecuzione di tutte le più attuali indagini diagnostiche di superficie ed endocavitarie. Un ecografo è dotato di un sistema di fusione delle immagini TC ed RM, per offrire all’operatore la possibilità di effettuare interventi di biopsia o drenaggi in modo più sicuro e preciso. Un aspetto organizzativo particolare è offerto dalla possibilità per gli specialisti clinici interessati ad effettuare accessi programmati con sedute ecografiche dedicate al campo di interesse specifico, grazie ad un accordo organizzativo tra i dirigenti della varie strutture interessate. Così invece di avere una dotazione di ecografi sparsa per l’ospedale, si ottiene la concentrazione delle attrezzature in un’unica sede, tra l’altro favorendo scambi culturali tra cultori di discipline diverse e garantendo ai pazienti una qualità di servizio superiore. ■
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ultrasuoni
autore
Francesco Frigerio Centro di Ricerche Ambientali, Fondazione Salvatore Maugeri, Pavia Associazione Italiana di Fisica Medica
Si fa presto a dire ultrasuoni
Nel dominio dell’acustica la nozione di “ultrasuoni” per le frequenze superiori a 20 kHz identifica fenomeni e applicazioni anche molto diverse fra loro. La percezione del rischio da parte del pubblico inoltre è spesso tale da sovrastimare il pericolo mentre gli ultrasuoni tendono a essere considerati sicuri. La letteratura scientifica sembra divisa in due parti, apparentemente non comunicanti tra loro
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L
a nostra specie è dotata, come quasi tutto il regno animale, di un apparato efficiente e sensibile (gli occhi) per rivelare le onde elettromagnetiche in un certo intervallo di frequenze che interpreta come luce, ma utilizza ampiamente, attraverso la tecnologia, radiazioni elettromagnetiche in tutto lo spettro. Lo stesso accade per le onde acustiche, anche se effetti e applicazioni delle onde sonore, al di là di ciò che percepiamo “a orecchio”, sono meno conosciuti. Per tutti gli intervalli dello spettro elettromagnetico esistono infatti definizioni, metodi di valutazione e regolamentazioni abbastanza precise e ormai acquisite, anche dove eventuali effetti nocivi non sono accertati. Nel dominio dell’acustica viceversa, la nozione di “ultrasuoni” per le frequenze superiori a 20 kHz identifica fenomeni e applicazioni anche molto diverse fra loro. La percezione del rischio da parte del pubblico inoltre è per i fenomeni elettromagnetici spesso tale da sovrastimare il rischio mentre gli ultrasuoni tendono a essere considerati sicuri. La letteratura scientifica sembra divisa in due parti, apparentemente non comunicanti tra loro. Chi si occupa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro ha raggiunto un certo consenso sul fatto che gli ultrasuoni che si propagano in aria a frequenza compresa tra 20 e 100 kHz possono avere effetti sull’orecchio anche se l’uomo riesce a percepire, come un fischio acuto e fastidioso, solo le componenti a frequenza inferiore generate dal sistema insieme all’onda principale, chiamate subarmoniche.
ultrasuoni
Nella letteratura medica emerge periodicamente il dibattito sugli effetti degli ultrasuoni introdotti nel corpo a scopo diagnostico e terapeutico. Questo dibattito è interessante perché mentre la classica diagnostica ecografica utilizza ultrasuoni a frequenza superiore al MHz, con intensità tali da non causare allo stato attuale delle conoscenze effetti significativi, si stanno sempre più diffondendo applicazioni a scopo estetico, che utilizzano frequenze < 50 kHz e con intensità in grado di indurre effetti quali la distruzione di strutture cellulari, la formazione di radicali liberi e la sonoluminescenza il cui rischio deve essere ancora studiato. Il D.Lgs 81/08, il famoso Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro, identifica gli ultrasuoni fra gli agenti fisici di rischio la cui valutazione è obbligatoria, senza fornire ulteriori precisazioni; le linee guida emanate dall’INAIL per l’interpretazione del decreto rimandano semplicemente ai limiti per gli ultrasuoni a bassa frequenza sopra citati. L’idea alla base di questo articolo è quella di illustrare come le onde acustiche interagiscono con la materia, compresa quella vivente, e come la semplice proprietà di essere “onde” comporta fenomeni che già conosciamo per le onde elettromagnetiche.
LA FISICA DELLE ONDE ACUSTICHE Dal punto di vista della fisica, il suono è la propagazione, in un mezzo, di onde longitudinali di compressione del mezzo stesso. Su internet si trovano ovviamente diverse pagine divulgative sull’argomento: un sito interessante, dove si trovano anche le illustrazioni di questo articolo, è http://fisicaondemusica.unimore.it che è un vero laboratorio didattico interattivo dove i concetti illustrati si possono visualizzare mediante animazioni. Una rappresentazione realistica delle onde longitudinali è riportata in Figura 1. Il numero di cicli di compressione e rarefazione nell’unità di tempo è detto frequenza, misurata in Hz. L’inverso della frequenza è il periodo T, espresso in secondi, e la distanza percorsa dalla perturbazione in un tempo pari a un periodo è detta lunghezza d’onda. Vale quindi la relazione (1) dove vm è la velocità di propagazione della perturbazione nel mezzo; l’equazione è la stessa che si applica alle onde elettromagnetiche. All’interno di un gas, le uniche onde che si possono propagare sono quelle longitudinali del tipo di quelle rappresentate in Figura 1. All’interno di un solido, le cui molecole sono legate tra loro da forze che tendono a mantenerle intorno ad una posizione fissa, possono propagarsi anche onde di tipo trasversale, come quelle rappresentate in Figura 2. La velocità di propagazione delle onde trasversali è in questo caso funzione dell’elasticità del mezzo. Un mezzo si dice elastico se, in seguito ad una deformazione, esso sviluppa forze interne che tendono a ripristinarne forma e dimensioni originali. Un aspetto molto importante della propagazione per onde è che quando un fronte di onde incontra un ostacolo o una fenditura della stessa di-
Figura 1: onda di compressione generata dalla propagazione del suono in aria
Nella propagazione in un mezzo qualsiasi, le onde acustiche si attenuano con la distanza. Questa attenuazione è, in generale, maggiore alle frequenze più alte. Una verifica empirica di questo fenomeno si può avere facendo caso al fatto che a distanza di alcuni chilometri da una discoteca è difficile distinguere il genere di musica proprio perché solo le note più basse sono percepibili
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impedenza acustica data da (2) dove ρ è la densità e vm è la velocità di propagazione nel materiale. Il termine impedenza deriva dal fatto che la Z descrive come il mezzo si oppone al passaggio delle onde. L’energia che un’onda acustica deposita sull’unità di superficie, si definisce Intensità. Si dimostra che l’intensità di un’onda sonora è legata alla pressione efficace che incide sulla superficie dalla relazione (3)
Figura 2: onde trasversali in un solido
mensione della lunghezza d’onda, come mostrato nella Figura 3, il fronte di onde (longitudinali) si “rompe” (in latino diffractus) per ricostituirsi al di là della fenditura. Un’altra classe di fenomeni nei quali sono coinvolte le onde è quella legata alle differenze nella velocità di propagazione nei diversi materiali.
Si parla di pressione efficace perché, istante per istante, la pressione varia, un formalismo matematico che non è il caso di introdurre qui permette di descrivere l’’effetto” di questa pressione sulla superficie incidente. Il concetto di impedenza ci serve per capire cosa succede quando un fascio di onde attraversa l’interfaccia due mezzi diversi. Tralasciando la dimostrazione formale, possiamo descrivere, in termini dell’impedenza acustica i valori del coefficienti di riflessione R e di trasmissione T di un’onda sonora all’interfaccia fra due mezzi. Siano Z1 l’impedenza acustica del mezzo 1 e Z2 l’impedenza acustica del mezzo 2. Il coefficiente di riflessione ovvero il rapporto fra l’intensità dell’onda sonora riflessa rispetto a quella incidente (in direzione ortogonale) è dato da: (4)
Il coefficiente di trasmissione è invece dato da (5)
Figura 3: il fronte di onde piane nella parte superiore della figura incontra una fenditura delle stesse dimensioni della lunghezza d’onda e si ricostituisce al di la della fenditura che si comporta come una “nuova sorgente”
Ciascun materiale può essere per praticità caratterizzato da una grandezza chiamata
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Coerentemente con il significato di impedenza descritto sopra, se Z1 e Z2 sono molto diverse R tende a 1 e T è molto piccolo; se viceversa i valori sono molto vicini (adattamento di impedenza), il coefficiente di riflessione tende a zero e l’intensità acustica rimane poco attenuata al passaggio della superficie di interfaccia. L’impedenza si misura in kg/m2*s, unità detta Rayleigh (Rayl). I valori riportati nella Tabella I mostrano un primo dato Tabella 1: impedenza acustica di diversi importante: le onde so- mezzi
nore convogliate all’interno dei tessuti si trasmettono all’aria in modo estremamente inefficiente. L’ecografia si basa proprio sulla ricostruzione numerica di immagini basate sulla differenza di impedenza acustica dei diversi tessuti. Tornando alla Figura 1, si può affermare che la velocità del suono è data dalla distanza tra due fronti d’onda (le regioni più dense nella figura), divisa per il tempo che intercorre tra l’emissione di un fronte e l’altro. In questo senso, si capisce che la frequenza è una proprietà della sorgente sonora, per esempio un pistone che spinge l’aria in avanti e in dietro ad una certa velocità, mentre la lunghezza d’onda dipende dal mezzo. Un osservatore che si trovi ad una distanza fissa dalla sorgente percepirà i fronti d’onda dopo un certo tempo rispetto all’istante nel quale viene generato per effetto della velocità di propagazione, ma sempre ogni 1/ secondi. Se invece l’osservatore si allontana dalla sorgente, i vari fronti d’onda arriveranno ritardati sia per effetto della velocità di propagazione sia per effetto della velocità dell’osservatore. In questo caso i fronti d’onda vengono percepiti con un maggiore intervallo nel tempo ovvero con una frequenza minore. Al contrario, se l’osservatore si muove verso la sorgente, la frequenza percepita dall’osservatore in moto sarà maggiore. Tutto questo prende il nome di effetto Doppler e viene ampiamente sfruttato per misurare la velocità degli oggetti in movimento, siano essi le automobili su una strada o il sangue all’interno del corpo umano. Un caso particolare si ha quando la sorgente si muove verso l’osservatore ad una velocità maggiore di λν. In questo caso la sorgente incontra i fronti di compressione che ha generato e li “perfora”, generando una nuova sorgente sonora che si manifesta con il classico “bang” udibile quando transita un aereo che viaggia a velocità maggiore di quella del suono. Nella propagazione in un mezzo qualsiasi, le onde acustiche si attenuano con la distanza. Questa attenuazione è, in generale, maggiore alle frequenze più alte. Una verifica empirica di questo fenomeno si può avere facendo caso al fatto che a distanza di alcuni chilometri da una discoteca è difficile distinguere il genere di musica proprio perché solo le note più basse sono percepibili. Le stesse proprietà che valgono per la propagazione in aria, si applicano alla propagazione all’interno dei tessuti. L’intensità delle onde acustiche può variare di alcuni or-
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dini di grandezza in pochi centimetri; quando una certa quantità varia, nel tempo o nello spazio, in un intervallo così ampio, è utile la rappresentazione in decibel. Nell’acustica del rumore, si usa solitamente la scala in decibel di pressione sonora: (6) Dove P0 è la minima pressione efficace udibile per un suono a 1000 Hz, ovvero 20 Pa. Ricordando la (3), si può anche scrivere (7) Il valore di riferimento dell’intensità acustica è 10-12 W/m2, la scala in intensità è utilizzata più spesso nelle applicazioni cliniche e industriali.
EFFETTI E APPLICAZIONI DELLE ONDE ACUSTICHE Gli ultrasuoni, ovvero i suoni a frequenza > 20 kHz possono provocare effetti di tre tipi:
• effetti uditivi a bassa frequenza: fino a 90 kHz, possono esserci effetti di danno acustico all’orecchio, indipendentemente dal fatto che il suono sia udibile o meno; questi effetti, peraltro abbastanza controversi per le componenti > 20 kHz, sono associati anche alle subarmoniche nel campo dell’udibile generate da sorgenti di ultrasuoni; • effetti termici ad alta frequenza: a frequenze > 1 MHz, l’assorbimento localizzato di ultrasuoni può provocare il riscaldamento del tessuto interessato; il danno è in funzione del calore accumulato e quindi della temperatura raggiunta; • effetti di cavitazione a tutte le frequenze. Come già notato, esistono diverse applicazioni tecnologiche che sfruttano onde acustiche a frequenza < 20 kHz per ottenere informazioni sulla struttura interna di manufatti, costruzioni strutture geologiche e altro ancora misurando l’intensità dello spettro trasmesso o riflesso. Possiamo citare il sonar, utilizzato in campo navale, il sistema RASS che segue con un radar la propagazione di un impulso sonoro in atmosfera per ottenere dati metereologici, e molti sistemi di controllo non distruttivo di strutture.
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Uno degli effetti delle onde acustiche più utilizzati dalla tecnologia e che comporta l’esposizione ad ultrasuoni, è la capacità di provocare la cavitazione nei liquidi. Le onde sonore sono in grado di far crescere con una rapida espansione e successivamente far collassare le bolle di gas contenute in un liquido. Il collasso della bolla può, sotto certe condizioni, sviluppare localmente temperature di migliaia di gradi con conseguente emissione di radiazione ottica (sonoluminescenza). La cavitazione può avvenire a tutte le frequenze in funzione dell’impedenza del liquido. Alle frequenze comprese tra 20 kHz e 40 kHz, la cavitazione viene indotta in acqua per pulire componenti meccanici, gioielli etc. L’intensità del campo sonoro sul pezzo da pulire è dell’ordine di 1 W/cm2, ovvero 160 dB, una frazione di questa energia si trasmette all’aria dove gli ultrasuoni possono arrivare a 90 ¸ 100 dB. A titolo di confronto, ricordiamo che il valore limite di soglia per l’esposizione dei lavoratori alla sola banda di frequenza centrata a 20 kHz è, secondo l’American Conference of Industrial Hygienists (ACGIH) è di 105 dB mentre valori più elevati sono permessi alle frequenze più alte. Anche se questi apparecchi sono comunemente definiti “a ultrasuoni” usano spesso una frequenza fondamentale molto vicina a 20 kHz, in qualche caso inferiore, con significativa generazione di rumore udibile che deve essere in ogni caso controllato secondo la normativa vigente. Gli ultrasuoni sono anche utilizzati per la saldatura di materiali termoplastici: il materiale su entrambe le parti interessate alla saldatura fonde, formando un giunto pressoché omogeneo dopo il raffreddamento.
APPLICAZIONI MEDICHE DEGLI ULTRASUONI In campo medico, le onde acustiche sia ultrasoniche sia a frequenza udibile sono focalizzate all’interno del corpo per diverse applicazioni: • la frantumazione dei calcoli (litotrissia) o di piccole calcificazioni ossee e tendinee; • in fisioterapia, sfruttando l’effetto di riscaldamento in prossimità delle interfacce tra tessuti a impedenza; • per la cura dei tumori: focalizzando in regioni dell’ordine di qualche cm fasci di ultrasuoni prodotti alla superficie del corpo si riescono a distruggere tumori mediante la tecnica denominata High Intensità Focused Ultrasound (HIFU) Nella litotrissia il personale è normalmente esposto solo ad una trascurabile frazione dell’energia acustica impiegata che può anche superare i 180 dB sul bersaglio. Le potenze impiegate sono dell’ordine dei 100 W/cm2 alla giunzione, corrispondenti a 180 dB. In alcune applicazioni, gli ultrasuoni a frequenza < 50 kHz sono utilizzati per la loro capacità di depositare energia in profondità nei tessuti. L’impiego è per lo più estetico, utilizzando diversi livelli di potenza che tuttavia non è sempre facile ricavare dalle informazioni fornite dal co-
struttore che, come spesso succede in questo campo, si dilunga nel presentare risultati di studi clinici senza fornire dettagli sulla tecnologia impiegata. Inoltre, ad oggi non vi sono standard tecnici per determinare le intensità sonore emesse al di sotto dei 500 kHz di frequenza. Ultrasuoni a frequenza > 1 MHz sono normalmente impiegati in fisioterapia per ottenere un riscaldamento profondo dei tessuti. A queste frequenze, per via delle proprietà descritte, gli ultrasuoni si propa-
In campo medico, le onde acustiche sia ultrasoniche sia a frequenza udibile sono focalizzate all’interno del corpo per diverse applicazioni: la frantumazione dei calcoli (litotrissia) o di piccole calcificazioni ossee e tendinee; in fisioterapia, sfruttando l’effetto di riscaldamento in prossimità delle interfacce tra tessuti a impedenza e per la cura dei tumori mediante la tecnica denominata High Intensità Focused Ultrasound (HIFU) e-Health - n. 32 settembre/ottobre 2014
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gano con estrema difficoltà attraverso l’aria; la trasmissione ai tessuti deve avvenire interponendo fra l’applicatore e la pelle un apposito gel di accoppiamento oppure immergendo l’applicatore e la parte da trattare in acqua. In caso di mancato o inefficiente accoppiamento tra il trasduttore e il tessuto, la maggior parte dell’’energia viene riflessa all’interno del trasduttore stesso con conseguente riscaldamento e rischio di rottura ma anche di ustione del paziente. L’intensità nel punto di trattamento è dell’ordine dei 3 W/cm2, ovvero 165 dB. Il trattamento, in particolare a intensità elevata, viene eseguito muovendo il trasduttore anche per evitare la formazione di onde stazionarie che potrebbero innescare fenomeni di cavitazione. In ambiente medico si possono trovare, oltre ai sistemi di terapia, diversi dispositivi anche di laboratorio che possono emettere ultrasuoni. Il trattamento in bagno a ultrasuoni è utilizzato in diverse procedure di laboratorio e presenta i livelli di esposizione sopra descritti, ovvero circa 1 W/cm2 nel punto di applicazione. Come sempre va posta una certa attenzione nei laboratori di ricerca in quanto, se gli apparati sono progettati per concentrare la massima energia sul campione da trattare, non sempre gli standard di sicurezza, qualora disponibili al momento della costruzione del sistema, possono essere considerati. In letteratura si trovano descritti diversi esempi di applicazioni degli ultrasuoni in vitro per il trattamento di campioni biologici. L’applicazione più diffusa e più nota degli ultrasuoni in medicina è in ogni caso l’ecografia diagnostica. Per le proprietà formali dovute alla propagazione per onde, il suono è soggetto ai fenomeni di diffusione, riflessione e rifrazione. Questi fenomeni, insieme alle piccole differenze di impedenza acustica fra i diversi tessuti, vengono utilizzati per generare immagini cliniche.
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Le frequenze utilizzate sono generalmente comprese fra 1 e 20 MHz per combinare l’esigenza di ottenere una risoluzione sufficiente, ovvero lunghezza d’onda compresa fra 1,5 e 0,07 mm ed un’adeguata capacità di penetrazione nei tessuti: abbiamo visto infatti che al crescere della frequenza cresce anche l’attenuazione. L’intensità impiegata è limitata oltre che da considerazioni per la sicurezza del paziente, dal fatto che se l’ampiezza dell’onda è molto elevata possono manifestarsi effetti non desiderati quali conversione di modi (generazione di onde trasversali), differenze di propagazione tra la semionda positiva e la semionda negativa, cavitazione etc. In pratica l’intensità è limitata generalmente a 100 mW/cm2 (150 dB) salvo i sistemi Doppler che possono arrivare anche 2,5 W/cm2. L’intensità emessa può diventare critica nel caso di impiego di mezzi di
Tabella II: diversi impieghi e intensità delle sorgenti ultrasoniche
contrasto ecografici in quanto se troppo elevata ne può vanificare i benefici. Anche nel caso dell’ecografia, il passaggio degli ultrasuoni dal tessuto all’aria è praticamente impedito dalle differenze di impedenza ed è indispensabile l’utilizzo del gel di accoppiamento. Le onde sonore utilizzate in ecografia sono longitudinali mentre la formazione di onde trasversali è di solito prevenuta per garantire la qualità dell’immagine. Poiché la velocità delle onde trasversali è funzione dell’elasticità dei tessuti, le onde trasversali vengono oggi sfruttate proprio per la misura di questo parametro. Da secoli il medico tocca il paziente per valutare l’elasticità dei tessuti la cui improvvisa variazione può essere segno patologico. Normalmente questa valutazione è di tipo soggettivo, recentemente con la tecnica detta elastosonografia, si genera all’interno del corpo una sorgente di onde trasversali la cui velocità è una misura oggettiva e ripetibile del modulo elastico. Per limitare l’intensità della stimolazione applicata, la sorgente di onde trasversali viene generata sommando due fasci ultrasonori che producono una sorgente in movimento a velocità maggiore di quella delle onde trasversali nei tessuti. Il risultato è un’emissione secondaria di onde trasversali simile a quella dell’effetto supersonico descritto all’inizio. Il movimento di questa sorgente “virtuale” viene poi ricostruito mediante un ecografo in grado di acquisire e ricostruire immagini ad alta velocità. Le prospettive più promettenti dell’impiego di ultrasuoni in medicina restano quelle legate alla terapia dei tumori con i sistemi HIFU. La lesione prodotta viene monitorata quasi in tempo reale mediante risonanza magnetica (MRG-HIFU) o mediante un normale dispositivo ecografico (USG-HIFU). Le metodiche al momento più diffuse sono per il trattamento dei fibromi uterini nel primo caso e delle patologie della prostata nel secondo, ma sono in corso di sviluppo protocolli per patologie tumorali dislocate più o meno in tutti i distretti corporei. Al momento tuttavia le applicazioni sono ancora in fase di grande sviluppo per una serie di problemi legati alla pianificazione dei trattamenti nonché alla misura degli effetti e comunque meriterebbero una trattazione in un articolo dedicato. Nella Tabella II sono confrontate le diverse applicazioni, mediche e non mediche degli ultrasuoni per evidenziare i diversi livelli di frequenza e intensità in gioco. ■
imaging diagnostico
autore
Raffaele Leuzzi Senologia Diagnostica Roma
Mammografia 3D, Tomosintesi, DBT(Digital Breast Tomosynthesis) La Tomosintesi (DBT), Mammografia Digitale 3D è una tecnica di esame simile alla mammografia. È in grado di visualizzare separatamente oggetti posti a profondità diverse tramite l’acquisizione di 10-20 proiezioni bidimensionali a bassa dose per diverse angolazioni del tubo rx intorno alla mammella con detettore fermo. I dati acquisiti vengono ricostruiti in una serie di strati sottili ad alta risoluzione
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È
indubbio che il modo più naturale ed efficace per rimuovere il cosiddetto rumore strutturale in mammografia consista nel separare fisicamente le varie strutture anatomiche del seno. La mammografia rappresenta una proiezione bidimensionale di una struttura tridimensionale, per cui, geometricamente, tessuti appartenenti a piani diversi risultano sovrapposti nell’immagine radiografica. Non c’è nulla di nuovo in tutto ciò, semplicemente la tecnologia tomografica ha raggiunto la maturità anche per la diagnosi precoce del tumore al seno per cui sistemi dedicati sono in fase di applicazione preclinica. Considerando un numero crescente di proiezioni mammografiche si parla di Stereomammografia, Tomosintesi e Tomografia Computerizzata . Si tratta di trovare un compromesso tra dose totale al paziente, costi del sistema di acquisizione, velocità di ricostruzione 3D ed efficacia diagnostica. La tomosintesi sembra essere la tecnica più valida perché ottimizza i vari aspetti menzionati. L’impianto mammografico viene modificato per consentire alla sorgente radiogena di ruotare ed eseguire radiografie del seno a diversi angoli di proiezione; le immagini digitali, acquisite a bassa dose, sono poi opportunamente combinate per ricostruire le sezioni a diversa profondità. Allo stato attuale, le ricerche condotte principalmente negli Stati Uniti ma anche in Italia hanno dimostrato risultati incoraggianti e si prospettano ulteriori sviluppi in combinazione con le altre applicazioni avanzate. La Tomografia è una tecnica ben nota in radiologia che utilizza il mo-
imaging diagnostico
vimento per meglio esibire l’anatomia pertinente, consentendo nel contempo a strutture sovrapposte di svanire. L’esempio più pervasivo è oggi la tomografia computerizzata (CT). Più recentemente, questo stesso concetto è stato applicato nella formazione immagine del seno con lo sviluppo della tomosintesi. L’interesse è iniziato nel 1990 quando divennero disponibili rivelatori a pannello piatto. [1]. Nel 2011, Hologic, Inc (Bedford, MA) ha ricevuto l’approvazione FDA per il sistema 3D Selenia, un sistema tridimensionale (3D) che è l’unico sistema di tomosintesi del seno approvato dalla FDA. Questo sistema utilizza immagini a basse dosi per creare immagini della sezione trasversale del seno. Come dichiarato dalla FDA, “le immagini 3D forniscono ulteriori informazioni per aiutare i medici a rilevare e diagnosticare il cancro al seno”.Sistemi aggiuntivi DBT sono attualmente sotto esame dalla FDA. La Tomosintesi acquisisce immagini (~ 15 immagini) utilizzando un angolo stretto di movimento. La sorgente di raggi x si muove in un unico piano in un arco intorno al seno immaginato. Queste immagini vengono poi ricostruite in immagini di spessore 1 mm per la revisione al monitor. Nella pratica clinica, la mammografia di screening può comprendere la tomosintesi del seno, ma richiede anche le due visualizzazioni mammografiche 2D standard di ogni seno. La dose è circa il doppio di quella della visualizzazione digitale da sola. Tuttavia, la dose totale di entrambe le esposizioni è ancora meno dato che l’US Food and Drug Administration (FDA) pone il limite di dose a 300 mRad/esposizione. Inoltre, si è ritenuto che questo lieve aumento nella dose sia accettabile permettendo un aumentato tasso di rilevazione del tumore e meno visualizzazioni aggiuntive con minor tasso di richiami. La Tomosintesi (DBT), Mammografia Digitale 3D è una tecnica di esame simile alla mammografia. Principio: • Acquisire multiple proiezioni 2D a bassa dose della mammella mediante un movimento angolare del tubo radiogeno e, successiva-
mente, mediante software dedicati. • Le proiezioni sono elaborate via software per ottenere una figura volumetrica (3D) della mammella con una serie di strati sottili ad alta risoluzione. • Digital breast tomosynthesis (DBT): è una tomografia ad angolo limitato applicata alla mammografia • È tecnologia di recente introduzione e di forte impatto per la diagnosi della patologia mammaria. • Consente di ricostruire a strati secondo piani paralleli al detettore 2D, con un effetto “pseudo 3D”. Ciò contribuisce a ridurre gli artefatti da sovrapposizione o sommazione e a ov-
Nella pratica clinica, la mammografia di screening può comprendere la tomosintesi del seno, ma richiede anche le due visualizzazioni mammografiche 2D standard di ogni seno. La dose è circa il doppio di quella della visualizzazione digitale da sola. Tuttavia, la dose totale di entrambe le esposizioni è ancora meno dato che l’US Food and Drug Administration (FDA) pone il limite di dose a 300 mRad/esposizione
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viare al mascheramento delle lesioni relative alla densità mammaria. La ricostruzione 3D supera i limiti della Mammografia 2D dovuti a densità mammaria e sovrapposizione dei tessuti che determinano mascheramento e misconoscimento dei tumori. Nel maggio del 2013, Hologic ha ricevuto l’approvazione FDA per il suo software di imaging 2D C-view. Questa aggiunta di software per il pacchetto DBT consente la ricostruzione di un’immagine mammografica 2D dai dati acquisiti in tomosintesi. Questo rende non necessaria la mammografia standard, oltre ai dati ottenuti dalla tomosintesi. In ultima analisi, permette una diminuzione nella dose e meno tempo di compressione per la paziente. Il C-view 2D software di imaging è disponibile in Europa. Le finalità • Individuare lesioni che ora sfuggono alla mammografia digitale • Ridurre il numero dei falsi positivi • Incidere sul tasso di richiami nei programmi di screening Validazione Nuova Metodica • Validazione tecnologica da parte delle case produttrici - prima della commercializzazione; • Validazione da parte di chi utilizza la metodica - dopo la commercializza-
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zione; • Facilità/difficoltà di impiego (implicazioni dell’utilizzo); • Vantaggi/svantaggi (confronto con metodiche già consolidate). Scopo • Aumentare la Sensibilità riducendo tutti gli effetti di sovrapposizione che possono comportare un mascheramento/misconoscimento delle lesioni evolutive della mammella; • Aumentare la Specificità riducendo i dubbi/sospetti che questi fenomeni di sovrapposizione talora determinano. Vantaggi/Svantaggi • Di quanto si allunga il tempo di acquisizione dell’esame? • Di quanto si allunga il tempo lettura dell’esame? • Di quanto si riducono i richiami? • Di quanto aumenta la detection rate? • Di quanto aumenta la dose? • Costo economico dell’apparecchiatura La tomosintesi ha dimostrato un incremento in sensibilità con un aumento della DR tra 0.5‰ e 2.7‰ e un incremento in specificità’ con una riduzione dei falsi positivi compresa tra il 17 e il 37% . Aumento della sensibilità: studi Trento/Verona (STORM) 2.7 ‰ Oslo (OTST) 2.3 ‰ Houston, TOPS Compr. Breast 3 1.4 ‰ Yale University (New Haven, CT) 4 0.5 ‰ Malmø (MBTST) 2.1 ‰ 1) Ciatto S et al.: Lancet Oncol, 2013 2) Skaane P et al.: Eur Radiol, 2013
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giunta la DBT e quelle identificate dalla sola 2D. Non sono ancora disponibili informazioni circa i carcinomi di intervallo nella popolazione studiata con DBT. L’impiego della DBT in associazione alla DM aumenta l’accuratezza diagnostica; l’aumento in accuratezza diagnostica è dovuto sia ad un’aumentata riconoscibilità delle lesioni che ad una riduzione dei falsi positivi;l’utilizzo della DBT nelle due proiezioni MLO e CC garantisce migliore accuratezza diagnostica della DM nelle stesse proiezioni; la DBT in una sola proiezione ha minore accuratezza della DM in due proiezioni. Gli studi caratterizzati dalla valutazione soggettiva circa la significatività delle lesioni tumorali ha evidenziato che i cancri erano in media equamente o addirittura 3) Rose SL et al.: Am J Roentgenol, AJR 2013 4) Haas BM et al.: Radiology, 2013 5) Interim analysis: presented at the ECR, Vienna, 2013 I limiti degli studi sono: • scarso numero dei campioni; • utilizzo prevalente di test-set allestiti con esami clinici arricchiti in cancri La maggior parte degli studi non ha fornito informazioni circa eventuali differenze biologiche tra le lesioni riconosciute quando alla 2D si è ag-
Lo svantaggio è che la ricomposizione spaziale effettuata dalla macchina non sempre permette di indicare con accuratezza la localizzazione della lesione all’interno dei quadranti mammari e incontra difficoltà nello studio delle regioni profonde, a ridosso del muscolo pettorale, e di quelle più periferiche, corrispondenti al solco mammario
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più significativi alla DBT che alla DM. La dose ghiandolare in tomosintesi si mantiene entro il doppio della dose assorbita in una proiezione e pertanto risulta equivalente alla dose ghiandolare delle 2 proiezioni in 2D: i valori misurati in TLD in tomosintesi a metà spessore
appaiono più elevati rispetto alle dosi ghiandolari riportate sull’apparecchio (25-36%). L’aumento di dose oscilla nel range 30-50%. Lo svantaggio è che la ricomposizione spaziale effettuata dalla macchina non sempre permette di indicare con accuratezza la localizzazione della lesione all’interno dei quadranti mammari e incontra difficoltà nello studio delle regioni profonde, a ridosso del muscolo pettorale, e di quelle più periferiche, corrispondenti al solco mammario. Insomma, il bilancio è positivo ma dobbiamo anche capire a quali donne è adatta, oltre alle donne con seno denso, se può sempre rappresentare un’alternativa alla mammografia tradizionale, se è adatta alle donne con protesi o con cicatrici chirurgiche, o nelle mammelle di grosso volume. È ovvio che la tomosintesi può incidere positivamente sullo screening. Intanto sono in corso molti altri studi.
CONCLUSIONI
Esami acquisiti in modalità combinata ... 2D+3D con la medesima compressione per proiezione ed un’unica esposizione sequenziale (modalità COMBO) in modo da garantire la possibilità di ricostruire le immagini 2D a partire dalle acquisizioni in 3D evitando la doppia esposizione.
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Ad oggi, il ruolo della tomosintesi è stato stabilito nella popolazione di screening. C’è un aumento del tasso di rilevazione del cancro, diminuendo il tasso di richiamo. Certamente una nuova frontiera medica nella lotta ai tumori al seno.Tuttavia, il ruolo della tomosintesi nell’approccio diagnostico è meno ben consolidato. Come osservato in precedenza, la tomosintesi, in media, raddoppia il tempo di interpretazione dello studio combinazione contro un esame FFDM standard (2D). Inoltre, la diffusione e popolarità della tomosintesi produrrà lunghe attese per molte pazienti. Tutti questi fattori richiedono la necessità di esaminare la donna personalmente negli ambulatori di senologia valutando requisiti e procedure di programmazione. Vi saranno campagne promozionali rivolta alle donne e ai medici di riferimento, e le donne saranno molto ricettive alla nuova tecnologia. Piuttosto, la decisione è lasciata al radiologo nel momento in cui la donna si presenta. Il radiosenologo decide se la 2D standard o la tomosintesi debba essere utilizzata. Ma questo potrebbe comportare un incremento dei costi e una nuova metodologia organizzativa del lavoro senologico. La tomosintesi dovrebbe essere utilizzata per i noduli, le asimmetrie, il seno denso e le distorsioni ghiandolari e non per le microcalcificazioni. Ci auguriamo che possa diminuire il costo delle apparecchiature in modo che se ne dotino molti centri, anche se il nostro è un Paese a tre velocità e purtroppo in alcune regioni del Sud non ci sono neanche i mammografi digitali. Il rischio, insomma, è che anche la Tomosintesi non vada oltre Roma. Come esame di diagnosi precoce la tomosintesi continuerà ad essere adottata in modo sempre più diffuso e speriamo capillare anche al Sud. ■
tecnologia telematica autore
Esperto in Management Sanitario, Ricerca e Sviluppo, Comunicazione, Formazione e servizi ICT. Responsabile progetto “rilevazione del grado di informatizzazione delle aziende sanitarie e della PA” SCAR
Antonietta Tarantino autore
Nunzia Scariati
Unità Operativa Chirurgia Casa di Cura Malzoni (SA)
Implementazione di forme di lavoro a distanza a supporto della società e a tutela della salute Riorganizzare attraverso una cultura multidisciplinare per una corretta integrazione ospedale-territorio. Partendo dal presupposto che il Computer è la nuova frontiera in questo lavoro si è cercato di illustrare come l’esplosione delle trasformazioni economiche sociali e culturali introdotte dalla diffusione delle tecnologie telematiche sia ad oggi ancora in atto
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a parecchi anni è in atto una trasformazione profonda della società dovuta all’espansione della nuova tecnologia elettronica, la quale ha messo in discussione i concetti, le categorie, i principi del sapere ed i modi di operare e di organizzarsi. Solo pochi anni fa il mondo delle macchine era ancora considerato qualcosa d’ambiguo e utopistico. Oggi, invece, siamo già nel pieno della rivoluzione elettronica, assistiamo al tramonto di un’epoca e possiamo vederne nascere una nuova. Il Computer è la nuova frontiera, intorno ad esso si muovono gli uomini che aspirano a far crescere la civiltà nella scienza, nella scuola, nella comunicazione e probabilmente anche nella giustizia e nella democrazia. Questo lavoro nasce dall’esigenza di operare una riflessione sull’apporto delle nuove tecnologie allo sviluppo sociale, sul grado di informatizzazione delle strutture pubbliche e del sistema sanitario al fine di individuare le criticità a livello infrastrutturale, organizzativo e culturale, che limitano l’applicazione delle tecnologie a supporto dei sistemi. Si è cercato di illustrare come la concentrazione sulle trasformazioni economiche, sociali e culturali, indotta dall’affermazione e dalla diffusione delle tecnologie telematiche, sia enormemente cresciuta all’inizio degli anni novanta; periodo in cui si assiste al proliferare di nuove espressioni: società dell’informazione, convergenza tecnologica, telelavoro, autostrade informatiche, Internet. Rivoluzione digitale, globalizzazione e innovazione: tutti termini che tendono a concentrare l’attenzione sui settori tecnologicamente più avanzati; ma
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per l’innovazione non sono certamente meno importanti i nuovi modi di produrre; bisogna considerare tutto l’insieme di una nuova cultura del lavoro. Esattamente, si stanno sviluppando, a ritmo sostenuto, nuovi mercati nel campo dell’informazione, della salute, della cultura. Sta emergendo una domanda di nuovi prodotti e servizi, obbligando le imprese a ripensare la loro organizzazione produttiva. Si pensi al sistema sanitario il cui cambiamento primario risiede nel modificare il sistema dell’offerta, passando da una visione incentrata sull’ospedale ad una visione più vicina al paziente e al suo ambiente, e quindi ambulatoriale e domiciliare. Da questo scenario si evidenzia l’implementazione di forme di tele-assistenza e gestione in remoto del paziente attraverso l’utilizzo dell’ICT nella gestione di patologie croniche come il diabete; patologia che riveste un forte impatto in termini clinici, economici e sociali e che richiede un’organizzazione delle cure in grado di affrontare l’emergenza in maniera adeguata. Nell’ambito dell’assistenza al diabete un importante livello di sviluppo operativo è costituito dalla promozione ed implementazione dei team multidisciplinari territoriali, con l’obiettivo di supportarli in modo procedurale nell’acquisizione delle competenze operative integrate nella diagnosi e cura della patologia, utilizzando gli strumenti dell’ICT come supporto alle proprie attività. Un primo supporto offerto dall’ICT può essere dato dallo sviluppo di un sistema informativo e informatico con funzioni di banca-dati per l’archiviazione dei dati clinici per patologia; tale strumento potrebbe essere la vera sfida innovativa per lo sviluppo di reti di servizi integrati. Un approccio simile consente di monitorare e valutare il percorso clinico del paziente che presenta più patologie il cui trattamento richiede una visione complessiva e globale, diversa dal trattamento della singola patologia che determina inefficienze e sprechi. Dal punto di vista manageriale e multidisciplinare, all’interno della sperimentazione, gestita da un team multidisciplinare, l’infermiere professionale ha dimostrato una notevole capacità organizzativa, consentendo alla sperimentazione di accompagnare il paziente nel processo di assistenza e aumentare la consapevolezza dell’assistito nella gestione della patologia. Il ruolo dell’infermiere è stato di notevole importanza, con lo scopo, non solo di educare il paziente all’importante pratica dell’automonitoraggio glicemico ed alla somministrazione della terapia insulinica, ma di gestire le attività di follow-up attraverso una logica multidisciplinare e manageriale. All’infermiere è stato affidato un numero telefonico a cui i pazienti potevano rivolgersi in diversi momenti della giornata, qualora fossero comparsi problemi. Questa disponibilità offerta ha consentito di avvicinare la sperimentazione della Clinica Malzoni a quella di paesi asiatici. In uno studio condotto in Asia l’infermiere contattava il paziente 2 volte a settimana per il primo mese, e, successivamente, una volta a settimana, nel secondo e terzo mese; dopo l’applicazione di questa strategia si poteva osservare nel paziente un miglioramento e una maggiore aderenza alla dieta ed all’automonitoraggio. Anche in California, su un gruppo di pazienti, sottoposti ad un programma educativo intenso, nel follow-up a 6 mesi la frequenza di contatti da parte degli infermieri con il paziente è risultata positivamente legata ad un cambiamento favorevole.
Pur in presenza di una infrastruttura insufficiente solo le abilità degli operatori hanno consentito di raggiungere ottimi risultati nella gestione del paziente. L’utilizzo della tecnologia risulta di primaria importanza per offrire servizi di assistenza sanitaria nei paesi sottosviluppati in cui l’assistenza sul territorio rappresenta una necessità primaria a causa del limitato ammontare delle risorse. La tecnologia consente di creare una rete di strutture capaci di offrire un valido contributo al sistema sanitario la cui gestione avviene, ancora oggi, a livello locale. Bisogna implementare procedure globali capaci di gestire i servizi nell’ottica di una gestione integrata indipendentemente dalla zona geografica
Sta emergendo una domanda di nuovi servizi. Si pensi al sistema sanitario il cui cambiamento primario risiede nel modificare il sistema dell’offerta, passando da una visione incentrata sull’ospedale ad una visione più vicina al paziente e al suo ambiente, e quindi ambulatoriale e domiciliare. Da questo scenario si evidenzia l’implementazione di forme di teleassistenza attraverso l’utilizzo dell’ICT
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di appartenenza. Una esperienza a dimostrazione di ciò ci viene offerta dall’implementazione del progetto RAST con l’obiettivo di rendere interattivi tre ambulatori presenti sul territorio di Haiti, rappresenta la prima delle iniziative previste nell’ambito del Programma RASPS con la realizzazione nella città di Port Au Prince, capitale Haitiana, di una Rete di Assistenza Sanitaria Territoriale Privata Solidale. Il progetto, ideato dal dott. Giovanni Ricco e finanziato dalla Fondazione Marcegaglia e dalla Caritas internazionale, ha sviluppato una Rete di Assistenza Sanitaria Privata Solidale ad Haiti che ha coinvolto più strutture sanitarie, sia pubbliche che private solidali, coordinate da una Rete Istituzionale. I risultati prefissati dal progetto prevedono di migliorare le condizioni di salute
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della popolazione Haitiana intervenendo sulle modalità di erogazione dei servizi di assistenza sanitaria territoriale garantendo alle strutture della rete di migliorare il processo di organizzazione della presa in carico del paziente agevolando le operazioni di primo accesso, di riduzione dei tempi di attesa e di ricerca del presidio più idoneo; prevede il potenziamento, sia strutturale che organizzativo, di presidi sanitari che attualmente operano sul territorio di Port au Prince autonomamente e completamente sconnessi tra di loro. Tali presidi sanitari sono stati messi in rete tra loro e collegati ad un Centro Unico di Coordinamento e ad un Servizio Trasporto Infermi, in grado di dare una risposta sanitaria immediata, puntuale ed efficace a qualsiasi bisogno di salute primario o di base proveniente dal cittadino haitiano. Le strutture selezionate usufruiscono di una piattaforma informatica comune attraverso la quale accettare il paziente, selezionare il bisogno, ricercare il presidio in grado di offrire la migliore e rapida risposta di assistenza medica, effettuare la prenotazione o provvedere, nei casi indifferibili, al trasferimento immediato del paziente. Un tale sistema fa prevedere, tra l’altro, un miglioramento delle condizioni di vita dei familiari dei pazienti che, indirettamente, usufruiranno di una migliore e rapida risposta alla richiesta di salute del proprio familiare.
Questo ci fa capire come una nuova società nasce laddove i servizi offerti dalle tecnologie fungono da supporto alle attività umane; siamo dinanzi ad “ una rivoluzione che consente all’intelligenza umana di acquisire nuove capacità; si tratta di una risorsa che cambia il nostro modo di lavorare e di vivere insieme”. In questa situazione il mercato del lavoro, mette in evidenza la nascita di nuovi servizi come il telelavoro ossia la possibilità di lavorare, attraverso l’utilizzo di apparecchiature informatiche, distante dall’ufficio tradizionale; questo rappresenta uno dei cambiamenti che caratterizzano la società dell’informazione. Essendo un fenomeno complesso, multidisciplinare e innovativo, comporta una maggiore attenzione alla gestione del lavoro in funzione dei risultati da raggiungere passando da una logica sul controllo basata sulla presenza fisica ad una basata su risultati. Evidenze in merito è possibile rintracciarle nella Pubblica Amministrazione con l’implementazione di un centro servizi del Comune di Napoli per la gestione delle attività aziendali attraverso l’utilizzo di semplici tecnologie come il telefono e piattaforme web per la gestione delle attività di font office e back office, sperimentando nuove forme di lavoro a distanza. Sulla base del modo di svolgimento delle attività e del luogo dove il telelavoro è praticato, troviamo varie tipologie di telelavoro, a domicilio, mobile, in un centro satellite. Del telelavoro esistono molteplici definizioni, tutte accettate come valide in considerazione della diversa ottica con cui si guarda a questa materia; infatti, differente è la prospettiva di un giurista del lavoro da quella di un sociologo o da quella del sindacato. Oltre alle molteplici definizioni esistono vari luoghi comuni che si pongono da intralcio al pieno sviluppo del telelavoro considerato, erroneamente, solo una forma di lavoro a domicilio personificata, spesso, nell’immaginario collettivo, dalla figura della casalinga che si occupa della casa e bada ai figli mentre lavora al PC. Il telelavoro non s’immedesima con il lavoro svolto tra le mura domestiche, ma amplia i propri orizzonti e diventa un nuovo modo di organizzare l’attività lavorativa. La formula del telelavoro è semplice: muovere le informazioni e non il posto di lavoro. Telelavoro significa maggiore flessibilità sia dei lavoratori sia delle imprese, inteso come un servizio aggiuntivo in grado di migliorare la qualità e l’efficacia dei servizi resi alla cittadinanza. Il “giuslavorista” che intende studiare il fenomeno è costretto ad accorgersi che, di fronte alle esigenze di un progresso tecnologico inarrestabile, le risposte di cui dispone sono legate a schemi e modelli vecchi, lontani dall’era del terziario informatico.
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La Commissione europea ha lanciato diversi progetti finalizzati ad accrescere l’occupazione e lo sviluppo locale. Infatti l’Unione Europea considera il telelavoro come uno strumento basilare per migliorare non solo la qualità della vita degli individui e consentire l’integrazione nel mondo del lavoro a categorie svantaggiate come i portatori di handicap, ma anche al fine di dare un contributo allo sviluppo economico di regioni lontane che in passato hanno perso delle opportunità di sviluppo a causa della loro posizione geografica. Diventa prioritario preparare i cittadini europei all’avvento della società dell’informazione attraverso adeguati programmi di formazione; concetto, questo, ribadito dal Libro Bianco, al fine di offrire un’educazione e una formazione permanenti, incoraggiando le iniziative regionali e locali, sia pubbliche che private. L’arretratezza di cui si discute non è più di natura tecnologica, ma esclusivamente organizzativa. Le valutazioni di fondo si riferiscono al fatto che la tecnologia, la
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cultura manageriale e multidisciplinare, forme di lavoro a distanza come il telelavoro, solo oggi stanno diventando una realtà operativa in grado di rispondere a tutta una serie di bisogni sociali, culturali, produttivi e organizzativi. In più, lo sviluppo socioeconomico di ogni paese rende obbligatoria una trasformazione interna delle aziende, che impone di cambiare sia il prodotto offerto che i processi di realizzazione di tali servizi. Chiunque rimarrà escluso dalla rivoluzione informatica rimarrà indietro nella nuova economia del sapere e non possiamo permettere che la disuguaglianza nell’accesso ai computer porti alla disuguaglianza nella vita per la prossima generazione. Si devono studiare e mettere in atto azioni di lancio, si deve investire sulle risorse umane e quindi, prima di tutto, sull’istruzione. Nel 2020 le conoscenze che abbiamo faticosamente conquistato saranno vecchie. L’accelerazione dell’obsolescenza delle conoscenze comporta la necessità di ripensare completamente la propria formazione; di conseguenza è evidente che i vecchi paradigmi formativi andranno superati. Per lavorare è indispensabile trovare nuovi meccanismi, passando frequentemente dal lavoro alla formazione e viceversa; si deve creare un ambiente favorevole alla nascita d’iniziative spontanee al fine di vincere la tecnostruttura. E’ necessario che il problema sia ben presente a coloro i quali si apprestano a governarci, e che lo sviluppo della società dell’informazione diventi un “progetto paese”. L’adeguamento formativo all’utilizzo degli strumenti tecnologici ha una funzione prioritaria in quanto, oltre ad offrire l’autonomia gestionale al soggetto operante in remoto, garantisce pari livelli partecipativi al lavoro in rete evitando le diseconomie generate dalle situazioni in cui non sapere utilizzare uno strumento implica l’incapacità di acquisire l’informazione per collaborare e comunicare rispetto agli obiettivi definiti; vivere e lavorare nella società dell’informazione diventa un aspetto sempre più importante della vita quotidiana. Dall’analisi risulta necessario intervenire attraverso una metodologia di riorganizzazione per processi mettendo in essere procedure informatizzate al fine di offrire servizi efficaci ed efficienti in termini di ottimizzazione dei servizi offerti, e, pur partendo con semplici tecnologie come il telefono e il web, bisogna progettare i sistemi aziendali applicando nuove tecnologie ad integrazione e supporto di quelle esistenti. Risulta indispensabile “pensare” in maniera semplice già dalla fase di progettazione in modo da procedere a piccoli step per la riorganizzazione del sistema aziendale, monitorando le singole fasi attraverso procedure calate nel sistema aziendale locale. Solo in questo modo è possibile ottenere l’integrazione tra i sistemi. Oggi diventa una necessità impellente per la pubblica amministrazione e per il sistema socio-sanitario che risultano essere i settori che presentano maggiori criticità e nel contempo maggiori possibilità di implementazione di tecniche innovative supportate dalle tecnologie. Per superare le problematiche è necessario il contributo di molteplici discipline, da quelle epidemiologiche a quelle che studiano la comunicazione, i comportamenti, le organizzazioni, le politiche sanitarie, l’economia senza trascurare il contributo dei cittadini e dei responsabili della programmazione delle attività per aumentare l’impatto delle linee guida sulla qualità dell’assistenza.
L’interdisciplinarietà e l’adozione di un approccio multidisciplinare ed innovativo diviene una necessità in tutti i sistemi sanitari. La multidisciplinarietà diviene prioritaria per il settore sanitario che dovrà modificare l’assetto organizzativo nell’introdurre figure professionali in maniera da inserire nel proprio organico ulteriori risorse con competenze multidisciplinari manageriali, di comunicazione, informatica, con abilità nella gestione di team multidisciplinari con ottime capacità di relazione e comunicazione, autonomia e responsabilità, problem solving, gestione di sistemi premianti e delle performance in maniera da supportare l’operatività del clinico nel suo complesso, consentendo allo stesso di continuare a svolgere l’attività di cura in maniera centrale in termini di responsabilità e gestione organizzativa efficiente ed efficace, armonizzando tutti gli attori del sistema. L’individuazione di figure professionali multidisciplinari messe a stretta collaborazione con il clinico consente di accrescere il sapere di entrambi e di apportare notevoli benefici al sistema nella predisposizione di una offerta qualitativamente elevata nell’ottica dell’appropriatezza dei servizi offerti. Tali figure professionali consentono di migliorare e/o coordinare l’attività del professionista non solo in termini clinici ma nell’ottica del miglioramento continuo in modo da tracciare un percorso di cura mirato. For Contact Dott.ssa Nunzia Scariati nunziasca@hotmail.it – Mobile: 3383028600 RINGRAZIAMENTI Si Ringrazia per il contributo scientifico offerto il Senatore Gaetano Fasolino. L’On. Aldo Patriciello per le attività della Commissione Industria, Ricerca e Energia in parlamento Europeo. Il Direttore Sanitario I.R.C.C.S. Neuromed Pozzilli, Professor Edoardo Romoli. Dott.ssa Nunzia Scariati Esperta in Management Sanitario, Tecnologie ITC e Marketing. Direttore Sanitario Clinica Casa di Cura Malzoni dott. Giovanni Ricco. Il Direttore Dipartimento Chirurgico Dott. Ernesto Pintore. Primario e Responsabile Reparto Ortopedia e Traumatologia Dott. Enrico Lanzara. Infermiera Professionale Sig.ra Antonietta Tarantino - Diabetologo Dott.ssa Maria Pia Scioti - Dott. Gianluca Azzaro Gestione dei Sistemi Informativi ARSAN - Dott. Giuseppe Leone Responsabile struttura Budgeting and Reporting dell’ASL Taranto Puglia - Dott. Enzo Sica Medico Chirurgo Capaccio SA Dott. Marco Rionero Assistente Ortopedico ICOT Latina Roma - Dott. Giuseppe Riitano Chirurgo Generale e Vascolare Clinica S Clemente Mantova - Dott. Germano Guzzi Farmacia Rocco Battipaglia. ■
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La lampada mobile Polaris può essere utilizzata in sala operatoria come lampada singola aggiuntiva, per esempio, nel caso di interventi di chirurgia cardiovascolare durante i quali il paziente deve essere sottoposto a vari trattamenti in contemporanea. Questa lampada mobile di alta qualità può essere certamente impiegata anche nel reparto di pronto soccorso o nelle sale di trattamento. La lampada mobile Polaris 100/200 è particolarmente utile quando non risulta possibile installare una lampada fissa a soffitto per via della presenza di un‘infrastruttura non adatta. Il carrello presenta una struttura completamente chiusa, una caratteristica che garantisce una semplice pulizia della lampada. Le doppie ruote posteriori sono provviste di freni di arresto.
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Il Sistema Operatorio a piani trasferibili VANTO nasce in OPT nel 2008 e quindi riassume in se tutta Il Sistema Operatorio a piani trasferibili VANTO nasce in OPT nel 2008 e quindi riassume in se tutta la tecnologia di 90 anni di esperienza, tecnologica e umana.Il sistema operatorio OPT – VANTO, a piani trasferibili è composto da tre elementi fondamentali: la colonna portante, il piano operatorio trasferibile ed il carrello (longitudinale o laterale) per il trasporto colonna/piano. Tale sistema è studiato e progettato per soddisfare le necessità dei blocchi operatori di tipologia multidisciplinare.
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Innovazione e Tecnologia in Ospedale
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comitato consultivo
Alessandro Adamo, Industry marketing manager Sanità, Università e Ricerca di Microsoft Italia Franco Astorina, Vice Presidente FARE - Federazione delle Associazioni Regionali degli Economi Provveditori della Sanità Michelangelo Bartolo, Responsabile Telemedicina Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata Gianni Bestente, e-health Team Manager ISMB (Istituto Superiore Mario Boella) Corrado Bibbolino, Radiologo Luca Buccoliero, Professore di Marketing dei servizi Pubblici Dipartimento di Marketing dell’Università Bocconi, Ricercatore CERMES Bocconi, Docente Senior SDA Bocconi Federico Cesari, Ingegnere, PhD, BITeB – Health Technology Assessment Emanuele Carlo Christin, Ingegnere, Presidente Associazione Italiana di Bioingegneria Vincenzo Coluccia, Coordinatore Holding DS Medigroup – Aziende integrate per il settore della Sanità; Direttore testate mediche digitali Elsevier Domenico Condello, Consigliere Ordine degli Avvocati di Roma Fabrizio Consorti, Professore aggregato Chirurgia Generale Facoltà di Medicina dell’Università Sapienza di Roma, e dirigente Dipartimento di Chirurgia del Policlinico Umberto I Isabella Corradini, Professore di Psicologia sociale della Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi dell’Aquila e Presidente del Centro Ricerche Themis Daniela D’Aloisi, Staff DdR, Responsabile di Progetto, Fondazione Ugo Bordoni Giuseppe De Pietro, Senior Researcher. Responsabile Sede di Napoli Istituto di Calcolo e Reti ad Alte Prestazioni CNR Angelo Lino Del Favero, Direttore generale dell’Azienda ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino, Presidente nazionale di Federsanità ANCI Francesco Di Stanislao, Docente di di Igiene e Sanità Pubblica dell’Università Politecnica delle Marche Paolo Donzelli, Direttore Generale dell’Ufficio Progetti strategici per l’innovazione digitale del Dipartimento per la digitalizzazione della PA e l’innovazione tecnologica – Presidenza del Consiglio dei Ministri Fabrizio M. Ferrara, Amministratore Delegato Gesi Srl Gianfranco Finzi, Presidente Nazionale dell’Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere – ANMDO Riccardo Fragomeni, Responsabile ICT per la Medicina Telematica -Ospedale San Giovanni Calibita FATEBENEFRATELLI Paola Freda, Past President AIIC – Associazione Italiana Ingegneri Clinici Mario Fregonara Medici, Direttore “Informatica e Telematica”; Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità”; Novara Enrico Frumento, Ricercatore CEFRIEL - Docente Politecnico di Milano Pierfrancesco Ghedini, Direttore Dipartimento Tecnologie
dell’Informazione e Biomediche - Azienda USL di Modena Gianpiero Guerrieri, Dirigente Analista, Direttore UOC Sistema Informativo e Sistema di Reporting Aziendale ed ICT, Azienda Ospedaliera Complesso Ospedaliero San Giovanni-Addolorata Giovanni Hoz, Direttore Sistemi Informativi Policlinico A. Gemelli Lorenzo Leogrande, Presidente AIIC - Associazione Italiana Ingegneri Clinici Andrea Lisi, Presidente dell’Associazione Nazionale Responsabili Conservazione digitale dei documenti A.N.O.R.C. - www.anorc.it - Docente Informatica Giuridica S.S.P.L. Università del Salento Paolo Lotti, Management Consultant di Clinical Governance, Risk Management e Formazione in Sanità Giovanni Manca, Esperto di digitalizzazione documentale nella PA e sicurezza ICT Massimo Mangia, Responsabile e-Health di Federsanità ANCI Carlo Maria Medaglia, Docente e coordinatore RFID Lab CATTID Università La Sapienza di Roma Fabio Miraglia, Professore Economia Sanitaria Università Mediterranea Reggio Calabria, Coordinatore RSA AIOP Giuseppe Mobilia, Presidente del Consorzio Edith Alessia Orsi, Regione Emilia Romagna - Intercent-ER Agenzia Regionale per lo Sviluppo dei Mercati Telematici Daniela Pedrini, Ingegnere, Presidente Nazionale S.I.A.I.S. – Società Italiana dell’Architettura e dell’Ingegneria per la Sanità Massimo Penco, Presidente Associazione Cittadini di Internet, Membro del Antiphishing Working Group, Vice presidente Gruppo Comodo Sergio Pillon, Direttore UO di Telemedicina AO San Camillo Forlanini di Roma Nicola Pinelli, Direttore Ricerca FIASO, Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere Filomena Polito, Presidente APIHM - Associazione Privacy and Information Healthcare Manager Angelo Rossi Mori, Ricercatore presso l’Unità Sanità Elettronica dell’Istituto Tecnologie Biomediche del CNR Giuseppe Russo, Chief Technology Officer - Oracle Hardware group Alberto Sanna, Responsabile Unità eServices for Life and Health Scientific Institute, San Raffaele di Milano Francesco Sicurello, University of Milano – Bicocca and Insubria – Como; President of @AITIM (Associazione Italiana di Telemedicina e Informatica Medica); Coordinator of PTUD (Polo Tecnologico Universitario di Desio) Marco Strano, Presidente ICAA (International Crime Analysis) Rossana Ugenti, Direttore Generale del Sistema Informativo, Ministero della Salute Claudio Vella, Consulente ICT strategy in Sanità e condirettore scientifico dell’Osservatorio ICT in Sanità della School of Management - Politecnico di Milano Domenico Vulpiani, Dirigente Generale Polizia di Stato Consigliere Ministeriale
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e-Health - Anno VI - Periodico N. 32 - Settembre/Ottobre 2014 Direttore Responsabile Maria Giulia Mazzoni Collaboratori Alberto Blasi, Sarah Ferri Impaginazione Cecilia Lippi Francesconi Progetto grafico Giulia Pissagroia Redazione Oriana Mazzini Gestione e Servizi Ruggero Genna ROC – Registro Operatori di Comunicazione n. 17883 – Pubblicazione bimestrale registrata presso il Tribunale di Roma il 18/12/2008 n. 439 Edisef Roma Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 – DCB Roma – Euro 10,00 Abbonamento annuale Euro 52,00 BONIFICO BANCARIO Banca Popolare del Lazio Ag. 45 Piazzale della Radio 41 00146 ROMA IBAN: IT80 U051 0403 205C C036 0001 434 Siti internet www.edisef.it www.ehealthnews.it www.informationsecuritynews.it Redazione e Abbonamenti Via Antonio Toscani, 26 00152 Roma Tel. 06/5373096 Fax 06/58200968 e-mail: redazione@edisef.it Finito di stampare nel mese di Ottobre 2014 presso: C.S.R. SRL TIPOGRAFIA Via di Pietralata, 155 00158 Roma