INDICE
Information Technology e Medical Devices
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Project Management di Continuità Operativa nei Sistemi Informativi Sanitari Luca Chiantore
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L’HTA in Telemedicina: uno strumento per passare dalle sperimentazioni alle soluzioni reali Mauro Caliani
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WEARHAP: sistemi robotici indossabili per uomini e robot Domenico Prattichizzo
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Evoluzione dei Sistemi Informativi in Sanità: criticità e prospettive Andrea Gelmetti
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L’opportunità offerta dall’applicazione dei servizi dell’ICT: HTA e Health Literacy Nunzia Scariati, Giuseppe Leone
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Servizi informatici applicati in Sanità. Nuove sfide, tutte da vincere Vito Angiulli
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“Tele-ICU”, terapie intensive in Rete per migliorare l’assistenza ai pazienti la Redazione
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Cartella clinica informatizzata, ecco perché al S.Chiara di Trento si parla di valore aggiunto Maria Giulia Mazzoni
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L’informatizzazione del Blocco Operatorio all’IRCCS “Istituto Ortopedico Rizzoli” di Bologna Maurizia Rolli, Patrizio Di Denia, Serena Accarisi, Valeria Sassoli, Fabio Facchini, Chetti Cavallini, Valentina Lorini, Elisa Porcu, Dario Tedesco
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Information Technology e Medical Devices
Luca Chiantore autore
Chief Information Officer dell’Azienda Sanitaria Locale di Mantova
Project Management di Continuità Operativa nei Sistemi Informativi Sanitari Sul tema “continuità operativa” occorre sensibilizzare le Direzioni delle aziende sanitarie. Si tratta di progetto che non può essere analizzato solo da un punto di vista tecnico-tecnologico e non attiene soltanto ai servizi dei Sistemi Informativi o alle Ingegnerie Cliniche. È un argomento molto più ampio, con ricadute sullorganizzazione e sui processi core delle aziende sanitarie
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n questi anni il mondo accademico ed i professionisti del settore e-Health hanno cercato di definire modelli di sistemi informativi ospedalieri (SIO) e territoriali (SIT) con l’obiettivo di mappare la “maturità”, ovvero lo stato dell’arte dei sistemi implementati e di programmarne e governarne la crescita e l’evoluzione. Nonostante tutti gli sforzi compiuti in astrazione, modellazione e semplificazione, i sistemi informativi sanitari sono ancora caratterizzati da un numero di componenti e moduli funzionali ampio e variabile, da un confine difficile da tracciare, da logiche di integrazione di tipo legacy, da una molteplicità di attori ed operatori di settore (ingegneri informatici, clinici, fisici sanitari, etc ) il cui ruolo e la cui valenza strategica cambia a seconda delle realtà. Infatti i sistemi informativi delle aziende sanitarie sono elementi complessi, dinamici, soggetti a mo-
SPECIALE 1 difiche, parametrizzazioni ed integrazioni quasi quotidiane. Questo è lo scenario in cui oggi ci troviamo a progettare la “continuità operativa”. Un progetto di business continuity, soprattutto in ambito sanitario, richiede un approccio pragmatico. La partecipazione dell’Alta Direzione è un elemento fondamentale. Occorre quindi sensibilizzare le Direzioni delle aziende sanitarie sul tema continuità operativa. Il progetto non può essere analizzato solo da un punto di vista tecnico-tecnologico, né è un “problema” che riguarda solo i servizi Sistemi Informativi o le Ingegnerie Cliniche. È un tema molto più ampio, con ricadute sull’organizzazione e sui processi core delle aziende sanitarie. La stessa definizione di continuità operativa come “in-
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sieme di procedure o metodi che consentono di eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi di mancata operatività aziendale, assicurando la continuità dei servizi offerti” suggerisce la pervasività del progetto su tutta la struttura organizzativa aziendale. L’articolo descrive la metodologia e le azioni attuate nel progetto “Business Continuity e Disaster Recovery” dell’ASL di Mantova, azienda presso la quale svolgo le funzioni di Chief Information Officer (CIO) e responsabile della Continuità Operativa. Gli strumenti e l’organizzazione Un possibile strumento a supporto del project management in ambito Continuità Operativa è il Business Continuity Management System (BCMs), ovvero un sistema complesso, strutturato e ciclico, caratterizzato dalle quattro fasi tipiche dei cicli di Deming, orientato alla pianificazione, attuazione, monitoraggio e revisione dei sotto-processi gestiti “in ambito” continuità operativa. Sono presenti standard internazionali che consentono di certificare il sistema di gestione della continuità operativa (es. BS 25999). Gli elementi che caratterizzano il Business Continuity Management System
SPECIALE 1 (BCMS) sono molteplici ed il loro governo richiede una pluralità di competenze in ambito giuridico, tecnico, sanitario, organizzativo-direzionale. È opportuno sottolineare la difficoltà nell’applicazione alla realtà delle Aziende Sanitarie di questi standard internazionali, nati in ambito commerciale e bancario. Nel mondo sanitario la business continuity assume una valenza non soltanto economica: essa è strettamente legata ai processi di continuità della cura e di risk management. L’organizzazione della Business Continuity (e del Disaster Recovery) è definita dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD - D.Lgs. n°82/2005) e successive integrazioni (D.Lgs. n°235/2010). La suddetta disposizione normativa prevede l’obbligo in capo alle aziende sanitarie di nominare formalmente: • il responsabile aziendale della continuità operativa: è il coordinatore ed il supervisore dell’intero sistema, ha la responsabilità del raggiungimento degli obiettivi; • il comitato di gestione della continuità operativa: gruppo di lavoro multidisciplinare con ruoli, risorse e potere decisionale nella revisione dei processi. Il comitato ha il compito di predisporre la strategia e le politiche del progetto. Al suo interno devono essere presenti membri della Direzione. In caso di situazione di disastro ad essi si affiancano, con funzioni operative e di comunicazione: • il gruppo di coordinamento tecnico; • il gruppo di supporto; • un team di help-desk. La corretta gestione dei ruoli e delle responsabilità all’interno dell’Ente assume una valenza strategica per la realizzazione dei Piani di Continuità. L’individuazione del personale idoneo alla realizzazione delle attività previste non è attività semplice in quanto sono richieste nuove professionalità oggi non sempre presenti all’interno delle aziende sanitarie. Personale specializzato, tra cui il DPO (Data Protection Officier), il professionista che coordina tutti i processi e le procedure
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Analogie e differenze fra DPS e BCP
finalizzate all protezione dei dati, che dovrà essere affiancato ai soggetti che ricoprono ruoli apicali, al fine di prendere decisioni rapide ed efficaci in relazione alle criticità da affrontare. Il Business Continuity Plan Il Business Continuty Plan (BCP) è il documento di programmazione del Business Continuity Management e ne definisce le regole di sistema. Esso analizza e documenta le procedure attraverso le quali un’organizzazione affronta e reagisce ad una crisi, minimizza l’impatto e gestisce il ritorno alla piena operatività. La casistica degli incidenti possibili è ampia e si suddivide in due macro categorie: • i ncidenti in continuità operativa (oggetto di analisi della business continuity): ne fanno parte i guasti saltuari, gli errori umani, etc…; •d isastri (oggetto di analisi del disaster recovery): ne fanno parte gli incendi, i terremoti (caso recentemente affrontato dalle aziende della pianura padana), le malattie epidemiche, etc Il processo di Disaster Recovery è quindi da considerarsi parte integrante del sistema di gestione della continuità operativa. Sono peraltro rinvenibili molteplici similitudini tra il BCP ed Documento Programmatico sulla Sicurezza (DPS). Nello specifico, adoperando la terminologia del Codice Privacy, il BCP potrebbe ritenersi una “misura idonea” di gestione della sicurezza informatica e del trattamento dei dati, ovvero una misura di controllo particolarmente qualificata. Anche il BCP come il DPS è strumento di utilizzo quotidiano per il
Quantificazione dell’indice di rischio
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Rappresentazioni grafiche presenti in letteratura della curva del “costo dell’impatto” di un evento critico
governo del sistema e non un mero adempimento formale; ed infatti per la corretta predisposizione ed attuazione di entrambi i documenti, è auspicabile che l’operatore possegga un’adeguata formazione tecnica e giuridica, che non trascuri la normativa europea e in special modo le proposte di Regolamento e Direttiva UE in materia di Data Protection. La rappresentazione sottostante evidenzia elementi di simmetria fra i due documenti. La Risk Analysis è il capitolo di maggior rilievo all’interno del BCP. Essa è organizzata in tre sotto-fasi: • Risk Assessment: è l’analisi, la classificazione e la quantificazione dei rischi ICT. Ha come punto di partenza lo studio del contesto di riferimento, ovvero il quadro tecnologico ed organizzativo all’interno del quale si manifesta un’esigenza di continuità operativa; •B usiness Impact Analysis (BIA): è la valutazione dell’impatto ovvero delle conseguenze derivanti dal verificarsi di un evento critico sul business aziendale; • Gap Analysis: è la valutazione dell’effettiva capacità dell’organizzazione di garantire il ripristino dei servizi, con conseguente quantificazione e misurazione del gap rispetto ad una soglia minima di tolleranza ritenuta idonea. L’Indice di Rischio (Ir) è l’indicatore che misura il rischio di continuità operativa in fase di Risk Assessment. Esso è calcolato secondo formule più o meno complesse presenti in letteratura, facendo riferimento ad asset multidimensionali quali
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l’organizzazione, i servizi coinvolti, la tecnologia adottata. Sono presenti tre intervalli d’analisi: • il rischio accettabile: i processi il cui indice di rischio appartiene a questo intervallo non sono sottoposti ad alcuna misura preventiva di continuità operativa; • i l rischio in BIA: i processi il cui indice di rischio appartiene a questo intervallo costituiscono l’input per l’analisi di impatto sul business aziendale (BIA); • i l rischio critico: i processi il cui indice di rischio supera la soglia di tolleranza debbono essere sottoposti a misure immediate di contenimento del medesimo. Il Recovery Time Object (RTO) ed il Recovery Point Objective (RPO) sono gli indicatori che caratterizzano la BIA. Essi quantificano i valori tollerabili di “tempi di fermo” e di “quantità di dati persi” in seguito ad incidente o disastro. Altro elemento cardine del BCP è l’Incident Response Planning (IRP) o piano di contingenza. Esso riassume l’insieme di azioni preventive e reattive che prevengono o mitigano l’impatto di un evento dannoso o di una minaccia censita e catalogata nell’analisi dei rischi. L’IRP è solitamente suddiviso in due sotto-capitoli: • l ’IRP di Continuità Operativa: riassume le procedure di continuità operativa vere e proprie ed ha un carattere preventivo. Cerca di anticipare la minaccia o renderne l’effetto il meno grave possibile. • l ’IRP di Disaster Recovery: pianifica la reazione a fronte di un disastro ovvero di un danno di elevata entità. Il completamento del ciclo, il sistema a regime Una volta definiti il BCP e l’IRP è necessario pianificare le azioni di monitoraggio, auditing e riesame della Direzione dei sotto-processi che hanno caratterizzato la BIA. In questo modo è possibile esercitare un controllo periodico e programmato sul sistema ed attuare un miglioramento delle procedure del BCP. I progetti di continuità operativa sono soggetti ad una pianificazione ed attuazione graduale. Il set di startup dei processi in ambito, una volta raggiunta la condizione di regime del primo ciclo di analisi, può essere ampliato, alimentando il sistema già implementato e garantendo una gestione completa e capillare della continuità operativa. n
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Mauro Caliani autore
Coordinatore nazionale HTA Società Italiana di Telemedicina Responsabile ambito Progetti Precompetitivi, Ricerca e Finanziamenti Coordinamento Innovazione in Sanità - Servizio Sanitario della Toscana - Estav Centro
L’HTA in Telemedicina: uno strumento per passare dalle sperimentazioni alle soluzioni reali L’analisi del processo di Telemedicina è essenziale da portare avanti, avendo a riferimento il servizio a regime e non in sperimentazione, ha molti punti in comune con uno studio condotto con metodologie HTA. Diverse tecnologie, intese in senso esterso così come definito dall’HTA, che concorrono all’implementazione del processo di Telemedicina e la multidisciplinarietà intrinseca in un’analisi del processo di e-Health, sono punti palesemente e fortemente comuni tra le due discipline
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a Telemedicina soffre in Italia di una grossa difficoltà per passare dalla fase di sperimentazione, necessaria per valutare un processo innovativo, alla messa a regime. Alla base di molti progetti che non vanno oltre la sperimentazione ci sono essenzialmente due motivazioni principali: •u na progettualità che a volte non tiene conto sin dall’inizio dell’impatto organizzativo, normativo e economico a regime; •u na mancata definizione dei tariffari e della conseguente politica di rembursing delle prestazioni all’interno del Sistema Sanitario che spesso impedisce di portare a regime progetti anche di valenza innovativa e qualitativa importante da parte del decision maker. L’analisi di un processo di Telemedicina è essenziale da portare avanti, avendo a riferimento il servizio a regime e non in sperimentazione, ha molti punti in comune con uno studio condotto con metodologie HTA. Diverse tecnologie, intese in senso esteso così come definito dall’HTA, che concorrono all’implementazione del processo di Telemedicina e la multidisciplinarietà intrinseca in un’analisi del processo di e-Health sono punti palesemente e fortemente comuni tra le due discipline. Non ultimo punto di contatto l’estremo bisogno di un quadro chiaro che un decision maker richiede per far partire un processo di Telemedicina, quadro che può essere fornito da uno studio HTA per sua stessa finalità. Per applicare però l’HTA all’e-Health ci sono da affrontare alcune diffi-
SPECIALE 1 coltà intrinseche. La variabilità dei contesti in Telemedicina è ancor più spinta che in un qualsiasi altro dominio clinico sanitario, con stakeholders molto diversi da contesto a contesto, portano con difficoltà ad avere una valenza obiettiva delle esperienze raccolte durante la ricerca delle evidenze. Per condurre un’analisi di come l’HTA può supportare un progetto di Telemedicina utilizzeremo come riferimento il quaderno di Tom Jefferson “Heatlh Technology Assessment” dove è possibile ritrovare un’ottima sintesi dell’HTA redatta in collaborazione con la Dott. ssa Marina Cerbo, Responsabile della Sezione Innovazione, sperimentazione e sviluppo dell’Age.Na.S, ente delegato all’HTA nazionale. Cercheremo quindi di dare una lettura di punti fondamentali con un’ottica sulla Telemedicina. Cosa valuta l’HTA e secondo quali dimensioni? In Tabella 1. è riportato un parallelo tra degli esempi di tecnologie valutate dall’HTA e specifiche dimensioni applicate a una valutazione e-Health per capire l’impatto che uno studio di HTA può avere su tale tematica.
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Tabella 1. – Cosa valuta l’HTA e secondo quali dimensioni riportate alla Telemedicina
Quando valuta l’HTA? L’HTA, come riportato in Figura 1., valuta diverse tipologie di tecnologie con diverse gradi di maturità tecnologica e/o di mercato. Tipicamente in telemedicina concorrono tecnologie: • in corso di sviluppo (virtual edge): da sviluppare secondo le esperienze e i risultati epidemiologici raccolti empiricamente, in modo da soddisfare un progetto di Telemedicina a soluzione di un bisogno di riorganizzazione di un servizio o di una nuova metodologia diagnostica; • in fase sperimentale (cutting edge): per servizi clinici o metodologie diagnostiche remote fortemente innovative da sperimentare sul campo e poi mettere a regime; • non ancora disponibile nella pratica clinica (leading edge): molto simile per quanto riguarda la Telemedicina al cutting edge; • in fase matura e diffusa (standard edge): tecnologie utilizzate su problematiche di Telemedicina ampiamente sperimentate come ad esempio il monitoraggio spot dello scompenso cardiaco. Questa situazione, di colore più tenue in Figura 1., non è molto diffusa nei domini innovativi di e-Health; • Obsoleta ma ancora in uso (trailing edge): in genere non necessario ai processi di Telemedicina. Il percorso HTA Il percorso da effettuare per effettuare uno studio HTA è riportato in Fig. 2 con uno schema classico modificato dalla Dott.sa Cerbo rispetto all’originale Busse et al. – 2002. Sono chiare le fasi da implementare e, messe in rapporto alla Telemedicina, si possono individuare tre passi decisivi e importanti per la corretta applicazione a questo dominio. Questi tre passi sono particolarmente critici e quindi da effettuare con la massima accuratezza. La definizione della policy request è fondamentale ma in Telemedicina ed è spesso molto complicata visto, come abbiamo detto, la
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Figura 1. – Tecnologie valutate dall’HTA
variabilità e il numero degli stakeholders interessati che portano ad aspettative multiple su più contesti, dal politico, al qualitativo, all’economico. C’è poi da mettere in evidenza la necessità di una research question di particolare importanza da mettere a base delle valutazioni successive pre-progettuali. Sulla raccolta delle evidenze abbiamo detto che spesso c’è una difficoltà di contesto che porta una mancante valenza oggettiva, ma la Telemedicina ha un patrimonio informativo molto ampio dato dalle numerose sperimentazioni portate avanti nell’ultimo decennio, sperimentazioni però non adeguatamente documentate e strutturate. Recuperare queste informazioni, comprese quelle legate ad esperienze negative, con tecniche evolute di trattamento di basi dati di tipo Big Data filtrate con algoritmi di valutazione semantica potrebbe rappresentare un forte impulso alla valutazione preventiva dell’impatto di nuovi progetti di telemedicina. Queste tecniche possono contribuire anche a valutare in maniera efficace il contesto come terzo elemento critico e importante da definire in maniera puntuale attraverso delle Survey, le successive
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revisione sistemica di dati riportati in registri predeterminati. In Figura 3. È riportato l’”imbuto dell’evidenze” sviluppato da Age.Na.S e applicato ad una valutazione HTA di materiale protesico. Questo approccio è perfettamente riportabile alla Telemedicina in cui si parte da sperimentazioni su un numero di modelli di processo di assistenza e cura, o diagnostici, e attraverso il percorso Survey, revisione, registri arrivare a individuare il modello di processo a maggio valore aggiunto. Soprattutto in questa fase l’HTA è molto vicina all’Evidence Based Medicine (EBM) differendo da questa soltanto per la multidisciplinarietà dei domini affrontati. Le criticità riportate in Figura 3. si possono ritrovare, e quindi affrontare, anche in un processo e-Health: • Dati persi dalla Survey: da monitorare in particolar modo nei processi di Telemedicina Ospedale-Territorio dove intervengono un numero di attori elevato con compiti molto diversi tra loto; • Dati persi dalla revisione: da monitorare in maniera chiara preventivamente al progetto;
Figura 2. – Il percorso HTA
SPECIALE 1 • Dati persi dai registri: affrontabile cercando di raccogliere dati oggettivi direttamente dalle piattaforme tecnologiche di Telemedicina. In aiuto all’impostazione delle Survey, alla loro revisione sistemica ed alla definizione dei registri per processi di Telemedicina possiamo trovare i risultati di due importanti processi che hanno applicato l’HTA a questa tematica: • Renewing Health: progetto europeo che ha come prodotto un modello per l’HTA in Telemedicina MAST (Model for assessment of telemedicine); • Progetto CLEAR (Clinical Leading Environment for the Assessment of Rehabilitation protocols in home care): progetto europeo di teleriabilitazione (con attori principali l’Istituto Superiore di Sanità, la Regione Toscana e l’Azienda Usl11 di Empoli), che ha evoluto il modello MAST per una valutazione HTA. I modelli e la documentazione a corredo
La definizione della policy request è fondamentale ma in Telemedicina ed è spesso molto complicata visto, come abbiamo detto, la variabilità e il numero degli stakeholders interessati che portano ad aspettative multiple su più contesti, dal politico, al qualitativo, all’economico
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sono reperibili in Internet e forniscono un ottima base di partenza. In sintesi possiamo concludere che l’HTA può essere determinante per concretizzare a regime i progetti di Telemedicina fornendo al decision maker uno studio preventivo con indicatori di outcome clinici ed organizzativi definiti, valutazioni economiche ponderate e rapportate ad esperienze precedenti con maggiori certezze, quindi, di investimento e/o risparmio. Non ultimo, viene fornito preventivamente una metodologia di controllo di processo in itinere con parametri di controllo di qualità, economicità ed efficienza da monitorare secondo quanto definito. La Società Italiana di Telemedicina (SIT) ha istituito al proprio interno un gruppo HTA. Nella sua mission di società scientifica è intrinseco il compito di fare cultura attorno all’e-Health. Per aumentare l’efficienza e l’efficacia in questo contesto è importante inserire il concetto di HTA nelle modalità lavorative quotidiane dei medici e in tutti gli operatori sanitari. Il gruppo HTA della SIT sta quindi lavorando alla stesura di linee guida per dare il suo contributo scientifico all’applicazione dell’HTA alle iniziative di E-Health attraverso: •u n’analisi di casi d’uso e delle esperienze più significative; • una collaborazione con soggetti istituzionali e altre società scientifiche; • una competente visione scientifica che sia di supporto e garanzia per il professionista e/o all’Ente che intende portare avanti uno studio di HTA per un processo di E-Health. n
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Domenico Prattichizzo autore
Professore associato di Robotica e Automazione, Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e Scienze Matematiche, Università di Siena
WEARHAP: sistemi robotici indossabili per uomini e robot Il progetto WEARHAP, i cui esiti potranno avere applicazioni soprattutto in campo medico e dell’interazione sociale, pone le basi scientifiche e tecnologiche per lo sviluppo di sistemi robotici estremamente indossabili in grado di interagire tattilmente con gli uomini. Il progetto è coordinato dall’Università di Siena e vede la partecipazione di un consorzio di università e centri di ricerca di tutta Europa
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EARHAP, un acronimo per “Wearable Haptics for Humans and Robots”, è un progetto di ricerca finanziato dalla Comunità Europea che porrà le basi scientifiche e tecnologiche per nuove tecnologie indossabili in grado di connettersi con il nostro sistema “sensorimotorio”. Il progetto è coordinato dall’Università di Siena e vede la partecipazione di un consorzio di università e centri di ricerca di tutta Europa, di cui fanno parte, per l’Italia, anche l’Università e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e la Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. WEARHAP è dedito alla ricerca e sviluppo di sistemi robotici estremamente indossabili in grado di interagire tattilmente con gli uomini: un concetto innovativo che rivoluzionerà il modo in cui gli esseri umani collaboreranno con i robot, attraverso strumenti di comunicazione non verbali che coinvolgeranno il tatto. Immaginate un mondo nel quale questi nuovi sistemi aptici vi permettano di toccare cose e persone a chilometri di distanza, ovunque voi siate. Pensate alla varietà di opportunità che l’indossabilità di questi sistemi porterà sulle nostre dita: potremmo interagire e cooperare con cose e persone indipendentemente da dove esse si trovino. L’indossabilità è l’elemento distintivo del progetto. Molto sistemi aptici sono tutt’oggi disponibili sul mercato ad appannaggio delle università e centri di ricerca. Sono principalmente utilizzati in scenari di teleoperazione robotica, dove è importante conoscere certe proprietà
SPECIALE 1 fisiche del sistema remoto con il quale il robot sta interagendo. Un esempio su tutti è quello della chirurgia robotica: permettere al chirurgo di “sentire” tattilmente, sulle proprie dita, ciò che il robot registra con i propri sensori di forza, mentre agisce sul paziente, aumenta drasticamente l’accuratezza delle operazioni. WEARHAP porta questa tecnologia alle dita, rendendo semplici e indossabili tutti quei strumenti che ad oggi sono troppo costosi e complessi per uscire dai laboratori. Gli sviluppi previsti dalla rivoluzione tecnologica e scientifica del progetto WEARHAP sono applicabili a tutti gli ambiti della nostra vita, dalla medicina all’interazione sociale tra le persone, dalla robotica ai social media, fino all’assistenza sanitaria remota. In breve, alcuni particolari aspetti applicativi che il progetto svilupperà riguardano: • la comunicazione tattile con soggetti affetti da deficit cognitivi: il progetto WEARHAP fornirà efficaci strumenti scientifici per sollecitare attivamente, tramite sensazioni tattili, pazienti con gravi danni cerebrali, al fine di comunicare con loro e migliorare il loro livello di coscienza; • il progetto WEARHAP arricchirà l’esperienza videoludica con la possibilità di toccare, letteralmente, i contenuti virtuali, con le nostre mani e il nostro corpo, senza alcuna restrizione; • la condivisione e l’interazione tattile con qualcuno o qualcosa che è lontano da noi: il progetto WEARHAP permetterà di azzerare le distanza tra due o più persone, rendendo possibile la condivisione delle sensazioni tattili, aggiungendo alle tradizionali videochiamate questa straordinaria esperienza; • l’incremento e il miglioramento dell’interazione e della cooperazione tra uomo e robot: il progetto WEARHAP aumenterà in maniera straordinaria il livello attuale di interazione tra uomo e robot, introducendo la possibilità di riprodurre sull’uomo le sensazioni tattili percepite dal robot. Pensiamo alla teleoperazione di robot umanoidi in
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Lo studio dei processi cognitivi legati alla percezione del tatto porterà allo sviluppo di rivoluzionari sistemi aptici indossabili
ambienti pericolosi, dove i risultati del progetto WEARHAP daranno la possibilità all’uomo (al sicuro all’esterno) di vedere, e soprattutto sentire, ciò che i robot vedono e sentono all’interno; • i dispositivi indossabili di WEARHAP saranno in grado di aiutare gli ipovedenti a svolgere i compiti giornalieri, come quello di muoversi in un supermercato o per strada; • nel campo della riabilitazione si svilupperanno nuovi protocolli basati su tecnologie indossabili, piccoli ed economici, che potranno essere usati in ambito domestico e non solo in centri specializzati. Queste tecnologie di comunicazione tattile saranno sperimentate in tre scenari principali: medico, videoludico e sociale. Per quanto riguarda gli scenari medici, lo sviluppo si incentrerà principalmente sullo sviluppo di tecniche di guida, sullo studio di nuovi tipi di feedback tattile in scenari di teleoperazione robotica e sulla trasmissione del tatto a distanza. TECNICHE DI GUIDA WEARHAP permetterà di sviluppare tecniche di guida mai immaginate prima. Guanti e cinture per indicare a noi essere umani la direzione da seguire. Pensiamo a dirigere una squadra di soccorso in un ambiente con scarsa visibilità o sconosciuto, proteggere dal traffico un turista distratto dalle bellezze architettoniche di una città, creare percorsi tematici nei musei e nelle fiere o indicare la posizione dei prodotti richiesti in un grande supermercato. Tutto questo senza ricorrere ad indicazioni vocali o visive, ma semplicemente agendo sulla pelle dell’utente. Questo approccio trova una naturale applicazione a supporto delle persone ipovedenti che, fornite di un sistema di localizzazione, potranno essere facilmente guidate nella loro quotidianità. Inoltre è importante ricordare come il tatto sia l’unico dei cinque sensi ad essere distribuito su tutto il corpo. Questa considerazione apre nuovi e interessanti
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Un utente muove un robot a distanza, sentendo sulle proprie dita le forze esercitate dalla mano robotica sul cilindro
scenari. Pensate alla possibilità di comunicare, su una mano, informazioni relative alla strada da percorrere e sull’altra la presenza di eventuali pericoli. Tutto questo lasciando liberi gli altri sensi di recepire stimoli differenti (come ascoltare la radio o parlare con un amico). NUOVI TIPI DI FEEDBACK PER LA TELEOPERAZIONE Il feedback di forza nella teleoperazione robotica è fondamentale per il chirurgo. Aumenta drasticamente le performance dell’operazione e permette di accorciare notevolmente il tempo di training necessario al chirurgo per imparare ad utilizzare questi nuovi strumenti robotici. Sfortunatamente, però, introdurre questo tipo di feedback influenza sensibilmente la stabilità e sicurezza del sistema. In presenza di ritardi di comunicazione tra il robot master e quello slave, ad esempio, il sistema – se non adeguatamente controllato – potrebbe iniziare ad oscillare, mettendo a repentaglio la sicurezza del paziente e del chirurgo. Per questo motivo, ad oggi, pochissimi dei sistemi di teleoperazione robotica presenti sul mercato forniscono feedback di tipo aptico. WEARHAP studierà e svilupperà nuovi tipi di feedback per comunicare al chirurgo questo tipo di informazione, garantendo la stabilità e sicurezza del sistema. Il tatto è la chiave di questi nuovi studi. Fornire un feedback di forza localizzato, a livello delle dita, che renda un’esperienza utente simile a quella aptica resa dalle interfacce classiche ma che non influenzi la stabilità del sistema di teleoperazione.
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TRASMISSIONE DEL TATTO A DISTANZA WEARHAP svilupperà nuovi strumenti per la trasmissione delle sensazioni tattili a distanza. Registrare e trasmettere queste informazioni sarà la nuova frontiera della comunicazione del futuro. Immaginate di poter non solo parlare e vedere un parente lontano, ma anche riuscire a toccarlo (tutto integrato in un guanto, facilmente trasportabile e indossabile). In ambito medico questa tecnologia può essere cruciale per la diagnosi a distanza in operazioni di pronto soccorso dove il paramedico, recandosi sul posto, può trasmettere al medico in ospedale non solo le informazioni visive ma anche quelle tattili sulle condizioni del ferito. Il tatto, unito alla sensibilità che con l’esperienza e la competenza il medico acquisisce, è importantissimo nella pratica sanitaria. Ringraziamenti Ringrazio Claudio Pacchierotti per il suo aiuto nella stesura di questo articolo e con lui tutti i miei collaboratori, che stanno contribuendo in modo determinante alla buona riuscita del progetto “WEARable HAPtics for Humans and Robots” (WEARHAP), finanziato dall’Unione Europea all’interno del framework FP7/2007-2013, grant agreement n° 601165. In ordine alfabetico: Marco Aggravi, Davide Barcelli, Enrica Camparini, Francesco Chinello, Guido Gioioso, Isotta Iarrapino, Monica Malvezzi, Leonardo Meli, Claudio Pacchierotti, Adrian Ramos, Gionata Salvietti, Stefano Scheggi e Asad Tirmizi. n
L’utente sulla destra riesce a toccare a distanza un oggetto, facendo uso di un sistema aptico indossabile
Il progetto WEARHAP avrà una durata di 4 anni ed un finanziamento, stanziato dall’Unione Europea, di 7.700.000 euro, con un costo complessivo di 10.038.580 euro. Il Consorzio è composto da dieci centri di ricerca, provenienti da tutta Europa: • Università di Siena (coordinatore), guidata dal Prof. Prattichizzo; • Università di Pisa, guidata dai Prof. Bicchi e Prof. Scilingo; • Bielefeld Universität, guidata dai Prof. Ernst e Prof. Ritter; • Technical University Munich, guidata dalla Prof. Hirche; • Scuola Superiore Sant’Anna, guidata dai Prof. Bergamasco e Prof. Frisoli; • Foundation for Research and Technology Hellas, guidata dal Prof. Argyros; • Universidad Rey Juan Carlos, guidata dal Prof. Otaduy; • Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia, guidata dai Prof. Darwin e Dr. Tsagarakis; • Université Pierre et Marie Curie – Paris, guidata dal Prof. Hayward; • Umeå University, guidata dal Prof. Edin.
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Andrea Gelmetti autore
Direttore Sistemi Informativi Aziendali Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo di Pavia
Evoluzione dei Sistemi Informativi in Sanità: criticità e prospettive In quale direzione sta andando il Sistema Sanitario Nazionale? Quali sono le aree in espansione nell’ambito dei sistemi informativi? La verità è che in Italia, per la nostra salute, spendiamo poco e investiamo ancor meno. A dispetto di molti luoghi comuni. E ciò emerge dai dati oggettivi e dalle comparazioni con le altre realtà nazionali
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a questione relativa a dove stia andando il nostro SSN è praticamente una delle notizie sempre in prima pagina dei giornali e dei notiziari, ed è stata purtroppo negli ultimi anni spesso sinonimo di sprechi, inefficienze e tagli di risorse. La verità è che in Italia, per la nostra salute, spendiamo poco e investiamo ancor meno. A dispetto di molti luoghi comuni, è questo ciò che emerge dai dati oggettivi e dalle comparazioni con le altre realtà nazionali. La spesa sanitaria pro-capite nel nostro Paese, sia pubblica che privata, è ben al di sotto della media dei Paesi OCSE: spendiamo meno di Paesi tradizionalmente attenti al welfare, come Francia, Danimarca, Olanda e Inghilterra, e dei partner europei più ricchi come Germania, Belgio e Austria. Secondo il Rapporto Health at a Glance Europe (Organisation for Economic Co-operation and Development, 2012) la spesa sanitaria totale pro-capite dell’Italia è pari a 2.282 euro, inferiore rispetto ad altri Paesi Europei come Olanda (3.890 euro), Danimarca (3.439 euro), Austria (3.380 euro), Germania (3.337 euro), Francia (3.058 euro), Belgio (3.052 euro) e Inghilterra (2.636 euro). Se andiamo poi ad analizzare la spesa pro-capite in tecnologie informatiche in Italia questa è stimata a 21 euro per abitante, un valore sensibilmente inferiore a quello di altre nazioni europee come Francia e Gran Bretagna, che spendono più del doppio, per non parlare di quello che si spende negli U.S.; se approcciamo la questione dal punto di vista dei CIO (Chief Information Officer) degli ospedali eu-
SPECIALE 1 ropei da un recente intervista effettuata da HIMSS (Healthcare Information and Management Systems Society) Analytics Europe risulta che gli stessi si aspettano un sensibile incremento dei loro budget di spesa nei prossimi cinque anni, soprattutto per acquisire nuovi software o per aggiornare software esistenti, dando quindi per consolidati gli investimenti fatti a livello di infrastrutture di base (network, server, database, ambienti di virtualizzazione, postazioni di lavoro, etc). Ma quali sono le aree in espansione nell’ambito dei sistemi informativi in sanità? Certamente i sistemi per la gestione documentale e la conservazione sostitutiva, la Cartella Clinica Elettronica, la gestione informatizzata di farmaci e dispositivi medici, i sistemi di Data WareHouse e Business Intelligence, i servizi digitali avanzati al cittadino. Rimangono ancora aree più di frontiera quelle connesse al Cloud Computing, al Mobile Health e ai sistemi per la medicina sul territorio e l’assistenza domiciliare (pensiamo a tutto il settore della telemedicina che ancora oggi soffre di problematiche non di tipo tecnologico, ma principalmente organizzativo e di corretta remunerazione dei diversi attori del SSN). Chiaramente ogni nazione ha preferito investire di più su un settore piuttosto
Altro problema che purtroppo pervade la realtà italiana è che alle linee guida nazionali, che pur vengono emanate, spesso non seguono indicazioni specifiche (decreti e norme attuative)
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che su un altro: per esempio, gli ospedali nordamericani e spagnoli sono molto avanti nella gestione della prescrizione, preparazione, distribuzione e somministrazione dei farmaci, avendo introdotto procedure in grado di incrementare il livello di sicurezza nella gestione dell’intero ciclo. Un interessante strumento per valutare il livello di avanzamento nell’introduzione di tecnologie digitali nella gestione dei processi di cura delle strutture sanitarie è quello proposto dall’HIMSS, e trasferito dal modello nordamericano a quello europeo grazie al lavoro fatto da HIMSS Analytics Europe. Il modello è a 8 livelli (vedi Figura 1) e pone ai livelli più alti (Stage 6 e 7) gli ospedali che più si avvicinano al paperless e all’eccellenza nella qualità di cure grazie all’uso di sistemi intelligenti a supporto delle decisioni cliniche, alla continuità e disponibilità dei dati clinici in formato digitale e – più in generale – all’uso massivo di strumenti informatici. A marzo 2013 è stato condotta un’analisi su 1.354 ospedali per acuti in Europa proprio sulla base dell’EMRAM (Electronic Medical Record Adoption Model), riassunta nella tabella di Figura 2. Circa un terzo è risultato essere ancora a Livello 0 e solo circa il 50% raggiunge almeno il Livello 2. Questo significa che, la maggioranza degli ospedali europei, ancora fa fatica a condividere efficacemente le informazioni sanitarie dei pazienti all’interno delle proprie strutture (senza parlare del problema dell’apertura verso altre strutture sanitarie esterne). Venendo più in dettaglio alla realtà italiana, è evidente a tutti che si stia attraversando un momento molto critico e al tempo stesso contraddittorio per il mercato dell’ICT: da un lato la crisi economica e le pesanti manovre di spending review per ridurre la spesa pubblica hanno abbattuto le possibilità di investimento, in particolare sull’ICT, che al contrario potrebbe essere una forte leva di innovazione; dall’altro si assiste ad una domanda crescente di evoluzione e diffusione delle tecnologie informatiche che diventano sempre più pervasive in tutti i processi aziendali, anche in processi – sino a qualche anno fa – ritenuti secondari (ad esempio il Customer Repationship Management, i servizi web al cittadino, la comunicazione integrata). A livello normativo ricordiamo che l’attivazione e l’utilizzo del FSE è da tempo previsto dalla normativa nazionale (G.U. n. 50 del 2/3/2011), ma la situazione nelle regioni è significativamente difforme. A livello nazionale solo il 6% delle cartelle cliniche è informatizzato. Alcune regioni sembrano più avanti nella realizzazione del FSE, altre regioni stanno muovendo i primi passi, anche se il D.Lgs. 69 del 15/6/2013 (cosiddetto Decreto del Fare) dispone che le Regioni entro il 30 giugno 2014 presentino all’Agenzia per l’Italia Digitale e al Ministero della Salute il piano di progetto di FSE, redatto sulla base delle linee guida rese disponibili dalla medesima Agenzia e dal Ministero della salute entro il 31 marzo 2014, e lo stesso deve essere realizzato entro il 31 dicembre 2015. Allo stesso tempo però il Decreto Spending Review (Luglio 2012) indicava un taglio di 6,8 miliardi di euro del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale: 900 milioni già a partire dal 2012, 1,8 miliardi nel 2013, 2 miliardi nel 2014 e 2,1 miliardi nel 2015. La Legge di Stabilità 2012 prevedeva un taglio al finanziamento sanitario per un ammontare di 600 milioni di euro per il 2013 e un miliardo di euro nel 2014,
SPECIALE 1 confermato recentemente dalla Legge di Stabilità 2013 (per fortuna senza ulteriori tagli). È evidente la contraddizione esistente tra gli intenti di innovazione e digitalizzazione della realtà sanitaria nazionale e le necessità di tagli che, inevitabilmente, rendono tali programmi difficilmente realizzabili. Altro problema che purtroppo pervade la realtà italiana è che alle linee guida nazionali, che pur vengono emanate, spesso non seguono indicazioni specifiche (vale a dire, mancano i decreti e le norme attuative). Come conseguenza, i sistemi regionali risultano troppo “autonomi” così come i sistemi ICT aziendali risultano spesso non omogenei; il risultato finale è che, in generale, gli investimenti nazionali, regionali ed aziendali risultano poco coordinati e coordinabili. Ci sono alcune iniziative positive come per esempio il progetto epSOS (Smart Open Services for European Patients) relativo alla sperimentazione su scala europea del Patient Summary e della Prescrizione Elettronica, allo scopo di assicurare l’interoperabilità delle soluzioni adottate (con Regione Lombardia come capofila), ma si tratta di iniziative isolate. Si rischia che ogni regione crei un FSE con specifiche e caratteristiche differenti difficilmente interoperabili, richiedendo ai fornitori di “personalizzare” i software regione per regione. Anche per quanto concerne la dematerializzazione della ricetta medica (D.M. 2 novembre 2011), le regioni si sono mosse in modo difforme e ad oggi i SAR (Sistema di Accoglienza Regionale) stanno evolvendo in modo indipendente. In questo caso le specifiche tecniche sono state emanate, anche se con qualche ritardo, ma le difficoltà di implementazione derivano principalmente da aspetti organizzativi e contrattuali, con conseguenti malfunzionamenti a livello del sistema centrale SAC (Sistema di Accoglienza Centrale). Concentriamo ora l’attenzione su quanto accade all’interno delle singole strutture
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Figura 1: Descrizione dell’European EMR Adoption Model di HIMSS Analytics Europe
ospedaliere; emerge chiaramente che le principali difficoltà incontrate nell’implementazione dei sistemi di CCE risultano essere: • i budget limitati e le difficoltà nella programmazione pluriennale degli investimenti; • la carenza di personale qualificato per la gestione delle varie fasi del progetto dalla analisi dei bisogni all’affiancamento agli utenti per la formazione e l’avvio; • le difficoltà organizzative interne che spesso forzano i sistemi ad adeguarsi a procedure e processi non corretti (o non efficienti) perché non si riesce ad intervenire direttamente sulle procedure e sui processi; • la gestione della sicurezza delle informazioni (integrità, accessibilità e confidenzialità); • l’accresciuto utilizzo di standard di vario tipo (che costituisce di per sé un miglioramento del sistema, ma comporta anche una accresciu-
SPECIALE 1 ta competenza richiesta ai professionisti che operano nella sanità); • il sempre più diffuso utilizzo di infrastrutture di middleware per gestire le regole e i flussi di dati aziendali; • il proliferare di dispositivi e applicazioni mobili che debbono essere integrati. Eppure la cartella clinica integrata rappresenta un fattore abilitante fondamentale, se non un presupposto, per poter realizzare la continuità e la personalizzazione del processo assistenziale nell’ottica del modello per intensità di cura (con superamento delle tradizionali Unità Operative di ricovero a favore dell’individuazione di equipe medico-infermieristiche differenti a seconda del livello di complessità assistenziale). Parimenti, la realizzazione di percorsi integrati di cura ospedale-territorio richiede una forte integrazione tra le attività intra ed extra ospedaliere e i rispettivi sistemi informatici per consentire la necessaria condivisione delle informazioni. Tra le aree che abbiamo identificato prima come “di frontiera”, sicuramente molto interesse sta suscitando il mondo del Cloud Computing, tanto è vero che recentemente è stato pubblicato da Federsanità ANCI e dall’Istituto Italiano Privacy un documento dal titolo “Cloud in Sanità - Vademecum essenziale sulla tutela della privacy”. Infatti, il comma 1 dell’art. 47bis del recente D.Lgs. n. 5 del 9 febbraio 2012 recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, convertito con modificazioni dalla L. n. 35 del 4 aprile 2012 (“Semplificazione in materia di sanità digitale”), ha sancito la preminenza della gestione elettronica rispetto a quella tradizionale per quanto concerne le pratiche cliniche, attraverso l’utilizzo della cartella clinica elettronica (così come i sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle strutture da parte dei cittadini). Ha inoltre consentito, a partire dal 1° gennaio 2013, la conservazione – anche soltanto digitale – delle cartelle cliniche. Quale che sia il tipo di dati che si sta trattando (EMR, EPR, EHR o PHR, vedi Tabella 1)
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le ragioni di opportunità connesse ad una gestione elettronica sono numerose ed evidenti: • disponibilità di tutte le informazioni sanitarie in modo rapido e in ogni momento; • accessibilità alle informazioni sanitarie da qualsiasi terminale abilitato; • completezza informativa; • standardizzazione dei formati; • abbattimento dei costi e dei volumi di archiviazione; • possibilità di verifica degli accessi alle informazioni sanitarie; • automatizzazione dei sistemi di prenotazione delle visite e ritiro dei referti, con riduzione dei costi e risparmio di tempo per il cittadino; • miglioramento del workflow documentale in ambito sia clinico sia amministrativo. Tornando a quella che rimane, oggi, la sfida primaria in ambito ICT per le strutture sanitarie, vale a dire la piena realizzazione di sistemi di cartella clinica elettronica o EMR (Electronic Medical Record), è evidente che l’integrazione con MD (Medical Device) costituisce un fattore di criticità, ma al tempo stesso un elemento di spinta evolutiva notevole. Si pensi infatti alla cartella informatizzata di terapia intensiva, di pronto soccorso, di sala operatoria e altre ancora: in questo tipo di applicazioni molto spesso i parametri elettrofisiologici e di monitoraggio delle funzioni vitali vengono trasferiti automaticamente dalle apparecchiature di rilevazione (monitor multiparametrici, ventilatori polmonari, pompe infusionali, etc.) ai sistemi informatizzati di cartella clinica che risultano essere sistemi autonomi direttamente interfacciati ai vari dispositivi medici. Nell’ambito di un sondaggio effettuato nel 2012 da AAMI (Association
Figura 2: Percentuali di adozione dell’EMRAM negli ospedali europei
SPECIALE 1 for the Advancement of Medical Instrumentation), che ha interessato un significativo numero di operatori statunitensi dell’information technology sanitaria, è emerso come al primo posto tra le sfide che riguardano i MD ci sia la loro gestione all’interno di sistemi e reti IT e come i temi dell’ICT siano sentiti particolarmente importanti secondo gli intervistati: il 65% dichiara che i temi dell’integrazione delle apparecchiature medicali con le cartelle cliniche informatizzate sia uno di quelli su qui porre maggiormente l’attenzione, il 75% è preoccupato della gestione dei dispositivi medici all’interno delle reti telematiche, il 47% ritiene che la sicurezza informatica sia un tema da considerare seriamente. Parimenti in un recente studio pubblicato da ECRI (Emergency Care Research Institute) dal titolo “Top 10 Health Technology Hazards for 2013” è emerso che, tra i principali pericoli individuati nel settore delle tecnologie sanitarie, le tematiche legate al settore ICT sono ai primissimi posti. Un lavoro pubblicato dal West Health Institute a marzo 2013 ha stimato un possibile risparmio (riferito al modello di siste-
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ma sanitario U.S.) di oltre 35 miliardi di dollari, dovuto all’introduzione di meccanismi di interoperabilità da e verso i Medical Device. Infatti grazie all’interoperabilità si potrebbero ottenere risultati strategici importanti per quanto riguarda la riduzione di eventi avversi, la riduzione dei test ripetuti per inaccessibilità dei dati, la riduzione del tempo speso a inserire manualmente i dati e soprattutto la riduzione dei tempi “morti” che generano ritardi e che determinano alla fine un percorso di cura più lungo e quindi più dispendioso. A darci una mano in questo ambito può essere certamente lo standard IEC 80001 1 (Application of risk management for IT-networks incorporating medical devices) che si pone l’obiettivo di affrontare e prevenire i potenziali problemi derivanti dall’implementazione di IT medical network, tipo: • la mancata valutazione del rischio clinico derivato dall’utilizzo di IT network; • il possibile, mancato supporto da parte del costruttore di medical device nella documentazione di conformità all’introduzione in una rete; • l’operatività ridotta e/o non corretta derivata dalla presenza di più medical device, non necessariamente integrati, all’interno di una stessa rete IT; • l’operatività non corretta o prestazioni ridotte derivante dalla compresenza di medical device software ed altre applicazioni software sulla stessa rete IT. Il punto centrale della IEC 80001 1 è la definizione dei ruoli e delle responsabilità nella gestione del rischio, esplicitando le attività ed i processi da svolgere e derivandoli sostanzialmente dalla ISO 14971 (Dispositivi medici - Applicazione della gestione dei rischi ai dispositivi medici). Sarà poi compito dell’organizzazione responsabile gestire e mantenere aggiornato il dossier di gestione del rischio. Oltre allo standard base sono stati sviluppati sette technical report che costituiscono sicuramente un valido supporto per chi deve introdurre e gestire dei sistemi di dispositivi medici integrati in una rete IT (per esempio nel caso di reti wireless miste su cui operano anche Medical Device). Capita, infatti, di confrontarsi con apparati biomedicali dotati di scheda wireless che però non vengono configurati correttamente in fase di interfacciamento alla rete wireless ospedaliera con rischi sia per i MD stessi sia per gli altri sistemi connessi. Anche il semplice interfacciamento di una apparecchiatura radiologica al sistema PACS può nascondere insidie: infatti se l’appa-
SPECIALE 1 recchiatura non consente l’installazione di un software antivirus è comune l’uso di firewall messi a protezione della macchina. Ma se la configurazione di rete non è ridondante (doppio collegamento di rete su due firewall in cluster tra loro e verso due switch di rete differenti) rischiamo di creare un single point of failure, oltreché dover fermare la macchina ogni volta che si dovrà procedere con un aggiornamento del firmware degli switch di rete. La spinta verso l’integrazione dei MD tra di loro e con il Sistema Informativo Ospedaliero nasce quindi da una serie di fattori che vengono alimentati da concrete esigenze cliniche e gestionali. L’integrazione dei MD e la loro interoperabilità costituiscono un fondamentale elemento facilitatore per l’accesso e l’analisi comparativa di set di dati clinici provenienti da sorgenti differenti, che possono quindi essere di supporto alla cura dei pazienti attraverso l’alimentazione automatica dell’EMR. È inoltre possibile implementare sistemi cosiddetti “closed loop”, ovvero sistemi in cui l’uscita di un device influenza secondo regole prestabilite l’ingresso di altri device ad esso interfacciati, senza dimenticare che una efficace integrazione in rete dei MD consente altresì la gestione integrata degli allarmi, la gestione remota dei device stessi, la gestione degli aggiornamenti SW, la possibilità di monitorare il flusso dei dati scambiati MD2MD e MD2HIS. Il risultato di tutta questa evoluzione a livello tecnologico è la naturale tendenza alla cosiddetta convergenza IC-IT, vale a dire la necessità di creare sinergie indispensabili per poter affrontare le complesse problematiche derivanti dall’integrazione dei MD tra loro e in rete. CONCLUSIONI Occorre ricordare che i temi riguardanti l’utilizzo dell’ICT in sanità a supporto del sempre crescente bisogno di salute sono – e saranno sempre – più centrali e sfidanti per tutti coloro che operano in questo settore. Se da un lato è palese l’opportunità in sanità di investire mag-
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Tabella 1: Differenti acronimi utilizzati in letteratura per definire le varie modalità di gestione e trattamento dei dati sanitari in ambito intra ed extra ospedaliero (definizioni tratte da “Cartella Clinica Elettronica Ospedaliera. Indicazioni per un progetto sostenibile” di AISIS)
giormente nell’ICT, è anche vero che senza un maggior coordinamento delle varie iniziative regionali e locali, e senza chiare norme attuative che guidino i CIO nel loro difficile percorso, anche le poche risorse a disposizione rischieranno di non avere lo sperato ritorno in termini di maggiore efficienza ed efficacia nella gestione dei processi sanitari. Occorre poi non scordare che le risorse necessarie non sono solo quelle finanziarie, ma anche e soprattutto umane e strutturali, ben difficili da reperire nel contesto dei tagli lineari che la sanità pubblica sta vivendo. Infine occorrerà assolutamente governare la tendenza alla sempre maggiore integrazione dei dispositivi medici nelle reti IT e con i Sistemi Informativi Ospedalieri, con cautela ma senza diffidenza, acquisendo nuove competenze nel settore dell’interoperabilità e mettendo in atto processi riorganizzativi all’interno delle strutture sanitarie che tengano conto della naturale evoluzione delle tecnologie e del mercato. n Riferimenti Linee guida nazionali per la realizzazione di un Fascicolo Sanitario Elettronico del Ministero della Salute (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 50 del 2 marzo 2011), www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1465_allegato.pdf Linee guida regionali per la cartella clinica elettronica aziendale (Regione Lombardia, v 2.1 del 29/02/2012), www.siss.regione.lombardia.it/ EdmaSissPortaleSitoWeb/ documentoDiProgetto.do?doc=24884514 Cartella Clinica Elettronica Ospedaliera. Indicazioni per un progetto sostenibile (AISIS, CLUSIT, ANORC), www.aisis.it/it/workgroup/gruppo-di-lavoro-sulla-cartella-clinica-elettronica/c79c0409-de54-4efc8066-e03621d32183 Linee guida per la Dematerializzazione della Documentazione Clinica in Diagnostica per immagini – Normativa e Prassi (Intesa Stato Regioni 4/4/2012), www.statoregioni.it/Documenti/DOC_035770_81%20csr.pdf
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Giuseppe Leone Responsabile Struttura Semplice dipartimentale Budgeting and Reporting dell’ASL Taranto – Regione Puglia
autore
Esperto in Management Sanitario nell’applicazione dell’ICT Responsabile del progetto: rilevazione sul grado di utilizzo delle tecnologie sanitarie e sull’alfabetizzazione tecnologica delle strutture sanitarie – SCAR srl
autore
Nunzia Scariati
L’opportunità offerta dall’applicazione dei servizi dell’ICT: HTA e Health Literacy
La valutazione dell’appropriatezza dei processi di salute
Lo sviluppo e la predominanza dell’ICT in ogni settore aziendale è un dato di fatto. Tutti i professionisti avvertono l’esigenza di acquisire maggiori competenze informatiche per raggiungere un livello di padronanza delle tecnologie in modo da poterle gestire nel migliore dei modi, ossia come supporto alle attività quotidiane migliorando il servizio reso ottimizzando i tempi. La sanità rappresenta il settore più idoneo in cui l’Information Technology possa esercitare al meglio le proprie potenzialità
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o sviluppo e la predominanza dell’ICT in ogni settore aziendale è un dato di fatto. Tutti i professionisti avvertono l’esigenza di acquisire maggiori competenze informatiche per raggiungere un livello di padronanza delle tecnologie in modo da poterle gestire nel migliore dei modi, ossia come supporto alle attività quotidiane migliorando il servizio reso ottimizzando i tempi. La sanità rappresenta il settore più idoneo in cui l’information technology possa esercitare al meglio le proprie potenzialità. Oggi le tecnologie sono alla portata di tutti, si pensi che l’87% dei medici europei utilizza sistematicamente un PC per lo svolgimento delle proprie mansioni. Di conseguenza questo comporta un aggiornamento delle proprie competenze in modo da sfruttare al meglio il dispositivo e di non esserne schiavi e dalla possibilità di evitare rischi legati all’utilizzo di tecnologie sicure ed adeguate. Per raggiungere questo obiettivo il supporto dell’informatica, della telemedicina, di applicazioni di call center e telemarketing permette di apportare un vantaggio considerevole al sistema sanitario. Inoltre, la realizzazione di un’architettura generale di valutazione deve basarsi non solo sull’analisi degli aspetti clinici (linee guida, percorsi diagnostici terapeutici, gestione del rischio), ma anche del paziente in termini di valutazione del livello di benessere reale e percepito. Nel settore sanitario, una delle tecnologie più diffuse è il call center, sia per i servizi di URP (Ufficio per le Relazioni con il Pubblico) sia nell’am-
bito dei servizi del CUP (Centro Unificato di Prenotazioni). Questa soluzione, offerta dallo sviluppo dell’ICT, sembra unire i concetti di “informazione” e “comunicazione” che tendono ad avere una maggiore influenza nel servizio di gestione delle liste di attesa. Il call center è una soluzione importante, definito come un centro di chiamata, utilizzato dalle aziende per erogare servizi di assistenza ai clienti e gestire elettronicamente il traffico delle telefonate, inbound (entrata) e outbound (uscita). Molto pratici sono anche i centri di contatto, “contact center”, concetto evoluto del call center, che, poggiandosi sulla stessa nfrastruttura, utilizza più canali comunicativi (fax, telefono, e-mail, chat, video-conferenza, sms) per offrire servizi di customer care; molto utile nella fase di mantenimento di database. La soluzione tecnologica adeguata nella maggioranza delle strutture sanitarie è legata all’utilizzo di applica-
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zioni che combinano telefonia e tecnologia web, servizi di web call center, quali il call back: un dipendente, il medico, potrebbe essere interessato a maggiori informazioni e, di conseguenza, decidere di essere ricontattato da un operatore, in un momento preciso. In questo caso sarà sufficiente collegarsi al website aziendale, lasciare nell’apposita sezione il messaggio e i dati della telefonata che dovrà eseguire l’operatore successivamente, per poi essere ricontattato. In questo modo, l’utente interessato al contatto tende a raggiungere due obiettivi nello stesso tempo: riservare la disponibilità degli addetti al CUP ai clienti in attesa e risparmiare tempo da dedicare a se stessi, alla professione, ai pazienti o al proprio benessere. La prospettiva più corretta nei confronti dell’informatica sanitaria non è legata all’applicazione elettronica utilizzata, ma alla gestione del processo aziendale e del relativo flusso informativo, utilizzando modelli appropriati alle esigenze territoriali. Grazie allo sviluppo delle applicazioni e dei servizi dell’ICT, una soluzione informatica di base, semplice ed economica, di maggiore veduta nel futuro del management dei sistemi informativi sanitari, è il website aziendale. Un sito web adeguatamente ideato tiene conto non solo degli aspetti tecnici, ma, soprattutto, del messaggio da inserire. Costruire un sito web dell’area clinico/sanitaria consente di aprire all’esterno il sistema informativo attraverso le funzioni principali di accesso del paziente alla consultazione della cartella clinica elettronica, la consultazione in parallelo con altri medici della
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6 Conferenza Espositiva innovazione e tecnologia in sala operatoria a
SPECIALE 1 stessa azienda o di aziende diverse, la telemedicina intesa come forma di erogazione a distanza della prestazione sanitaria. Notevole attenzione deve essere riservata al registro linguistico utilizzato, allo scopo di elaborare, come spesso avviene nel campo della comunicazione sanitaria, un equilibrio tra la necessità tecnica e la comprensibilità. In questa circostanza, la scrittura sul web assume
Il management sanitario deve erogare servizi sempre più efficienti ed affidabili, con una gestione razionale delle risorse. È sempre più crescente, pertanto, l’attenzione alle modalità di valutazione dell’appropriatezza nell’utilizzo di tecnologie sanitarie. L’Health Technology Assessment (HTA) è uno degli strumenti di valutazione adottato per identificare e valutare un qualsiasi processo di salute e le conseguenti relazioni delle caratteristiche di una determinata tecnologia
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un’importanza basilare in quanto rappresenta una tipologia di comunicazione innovativa, diversa, in cui le possibilità di interfaccia sono differenti. La realizzazione di una comunità virtuale aziendale consente la nascita di intelligenze multiple e lo sviluppo di modalità cooperative vicine al sistema sanitario. L’approccio all’internet da parte dell’azienda sanitaria non può ignorare il decisivo impatto che questa infrastruttura di comunicazione e di informazione viene ad avere sul funzionamento aziendale; costruzione dell’immagine, comunicazione dell’offerta, creazione di una rete di relazioni degli stakeholder sono esempi di attività aziendali implementabili grazie all’uso della tecnologia. Proprio dal coinvolgimento delle risorse interne dipende il successo di un progetto aziendale tecnologico ed innovativo; bisogna sensibilizzare ed incentivare gli operatori sanitari ad un uso appropriato delle risorse. Si rende indispensabile avviare procedure di valutazione delle tecnologie aziendali. L’Health Technology Assessment è senza dubbio una grande opportunità di miglioramento: nell’organizzazione del lavoro, nella razionalizzazione delle necessità, nell’attenzione che la metodologia richiede alle necessità di tutti gli attori coinvolti nel processo decisionale e non da ultimo nella possibilità di incidere sui costi sanitari attraverso la razionalizzazione delle risorse esistenti e la riduzione dei costi unitari di acquisto. Si tratta di un’opportunità particolarmente importante e incentivante in un’azienda sanitaria che intende operare per sinergie ed economie di scala, ma al contempo difficile a causa della complessità dei processi organizzativi, che non semplificano l’affermarsi di una metodologia innovativa. Il management sanitario deve erogare servizi sempre più efficienti ed affidabili, con una gestione razionale delle risorse. È sempre più crescente, pertanto, l’attenzione alle modalità di valutazione dell’appropriatezza nell’utilizzo di tecnologie sanitarie. L’Health Technology Assessment (HTA) è uno degli strumenti di valutazione adottato per identificare e valutare un qualsiasi processo di salute e le conseguenti relazioni delle caratteristiche di una determinata tecnologia. Queste caratteristiche possono riguardare la sicurezza, l’efficacia, la flessibilità, le indicazioni di utilizzo, i costi, la relazione costo-beneficio, le conseguenze sociali, economiche e ambientali. Da sottolineare che il termine “tecnologie sanitarie” si riferisce non solo ai dispositivi e alle apparecchiature, ma anche alle procedure cliniche, ai trattamenti farmaceutici ed ai sistemi gestionali. L’HTA è, quindi, uno strumento che aiuta ad approcciare in modo critico le decisioni, prevenendo l’erogazione di prestazioni inefficaci, inappropriate o superflue, contenendo la spesa e migliorando la qualità complessiva dell’assistenza sanitaria. Se usato in modo appropriato l’HTA è in grado di eliminare tecnologie non sicure, inefficaci e dannose; è una metodologia finalizzata ad assistere, supportare e consigliare chi ha il potere decisionale in ambito sanitario. La valutazione delle tecnologie sanitarie deve riguardare tutti gli elementi che concorrono all’assistenza sanitaria. Sia gli elementi materiali quali le strutture edilizie (gli ospedali), le grandi e le piccole attrezzature, gli impianti tecnologici, i dispositivi medici e le sostanze chimiche (vaccini, farmaci ecc.) sia gli elementi immateriali quali i modelli organizzativi e assistenziali (assistenza ospedaliera/assistenza domiciliare), i documenti di
SPECIALE 1 indirizzo clinico (linee guida, percorsi assistenziali ecc.), i sistemi regolatori (sistemi tariffari, procedure di accreditamento ecc.). La valutazione delle tecnologie sanitarie deve riguardare tutti i livelli gestionali dei sistemi sanitari e delle strutture che ne fanno parte; è infatti uno strumento multidisciplinare di valutazione delle tecnologie sanitarie in grado di mettere in relazione tutti gli elementi, molto spesso presi in considerazione singolarmente, importanti per la valutazione di una tecnologia sanitaria. Di conseguenza risulta di primaria importanza acquisire, in maniera continua, maggiori informazioni per effettuare scelte adeguate sulle tecnologie utilizzate o sulla possibilità di investire nell’acquisto di dispositivi tecnologici. Il nostro livello di conoscenza influenza la capacità non solo di comprendere ed utilizzare le informazioni sanitarie, ma anche di avere un pieno controllo della nostra salute come cittadini, famiglie e comunità. In questo quadro si individua l’Health Literacy (definita come “la capacità di un individuo di ricercare, ottenere, interpretare e comprendere le informazioni e le risorse sanitarie di base necessarie a compiere, durante tutto il corso della vita, scelte appropriate di salute), come un approccio emergente in sanità che si fonda sull’idea che sia la salute (Health) che la conoscenza (Literacy) rappresentano risorse critiche nella nostra società (ogni giorni molti pazienti devono gestire dubbi irrisolti sulla gestione della propria salute: cosa ha detto il dottore, come devo prendere questo farmaco, ecc). Un elevato numero di studi ha dimostrato che bassi livelli di alfabetizzazione rappresentano un fattore predittivo indipendente di bassi livelli di salute, di errori nell’assunzione di farmaci o di una cattiva comprensione delle patologie e dei trattamenti terapeutici. Nel caso dei pazienti diabetici è stata riscontrata una minore capacità nella gestione dei dosaggi dei farmaci e nelle restrizioni alimentari, minor controllo del tasso glicemico e più elevati tassi di retinopatia diabetica quale outcome di uno
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scarso self-management della patologia. Il livello di Health Literacy di un individuo è determinato dall’interazione delle abilità individuali con le richieste e la complessità del sistema all’interno del quale le informazioni sono ricercate, interpretate ed utilizzate. La Scuola e tutte le altre Istituzioni Educative, sia formali che informali, giocano un ruolo importante nello sviluppare le conoscenze individuali e nel favorire alfabetizzazione sanitaria. Possono infatti aiutare sia giovani che adulti a comprendere quali fattori influenzano la propria salute, l’impatto delle scelte che compiono e dove ricercare informazioni attendibili che supportino il processo decisionale. n Ringraziamenti Si ringraziano per il contributo scientifico offerto: Il Magnifico Rettore Università degli Studi di Salerno – Fisciano (SA) Professore Ordinario Dipartimento di Studi e Ricerche Aziendali (Management & Information Technology) Aurelio Tommasetti. Il Senatore Gaetano Fasolino per il supporto offerto alle iniziative sanitarie territoriali Regione Campania. Il Direttore U.O. Panificazione e Programmazione Sanitaria dell’ARSAN Dott.ssa Tiziana Spinosa. L’amministratore Unico Casa di Cura Malzoni Dott. Salvatore Bilancio Si ringraziano gli specialisti della Clinica Malzoni per il contributo scientifico offerto per la stesura dell’articolo: Dott. Giuseppe Riitano Chirurgo vascolare e Responsabile sanitario della sperimentazione, Diabetologo Dott.ssa Maria Pia Scioti - Dermatologo Dott. Salvatore Paolino, Infermiera Professionale Sig.ra Antonietta Tarantino - Direttore Dipartimento Chirurgico Dott. Ernesto Pintore – Primario e Responsabile Reparto Ortopedia e Traumatologia Dott. Enrico Lanzara.
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Vito Angiulli autore
Responsabile dell’Area Innovazione Tecnologica (AIT) nell’Azienda Sanitaria di Andria (BT) in Puglia
Servizi informatici applicati in Sanità. Nuove sfide, tutte da vincere In questi anni stiamo affrontando una sfida intensa, caratterizzata sia dalla crescita del bisogno di assistenza sanitaria correlato alla prolungata aspettativa di vita, sia dalla profusa disponibilità di tecnologie con cui la ricerca cerca di fornire risposte ai bisogni emergenti. Una dinamica questa, che confligge, evidentemente, con la sostenibilità economica. È la stessa ricerca tecnologica ad essere quindi chiamata a dare risposte
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ono ormai trascorsi sedici anni da quando, dopo una prolungata esperienza in altri settori produttivi ad intenso utilizzo di tecnologie avanzate, ho iniziato ad occuparmi dei servizi sanitari. Ho cominciato come “freelance” presso diverse strutture pubbliche: ospedali, aziende ed agenzie sanitarie, divenendo poi dirigente del SSN ed oggi rivesto l’incarico di responsabile dell’Area Innovazione Tecnologica (AIT) nell’Azienda Sanitaria di Andria (BT) in Puglia. È questa un’area organizzativa creata nel 2007 con grande lungimiranza da parte della direzione aziendale dell’epoca ed anche con il mio personale contributo, la quale include il Servizio di Ingegneria Clinica ed il Servizio Informatico Aziendale. È stata proprio l’esperienza condotta in questi anni in tale struttura, occupandomi di dispositivi medici e di informatica, che ha ispirato l’argomento di questo articolo. In questi anni stiamo affrontando una sfida intensa, caratterizzata sia dalla crescita del bisogno di assistenza sanitaria correlato alla prolungata aspettativa di vita ed alla conseguente maggiore incidenza delle patologie croniche, sia dalla profusa disponibilità di tecnologie con cui la ricerca cerca di fornire risposte ai bisogni emergenti, contribuendo essa stessa, nel contempo, a sostenere la maggiore longevità. Una dinamica questa, che confligge, evidentemente, con la sostenibilità economica. È la stessa ricerca tecnologica quindi, che è chiamata a fornire risposte per semplificare ed automatizzare una serie di compiti ed atti-
SPECIALE 1 vità, è lo stesso investimento tecnologico che deve cercare di rendere i processi di prevenzione, diagnosi e terapia più efficaci ed efficienti affinché, pur in presenza di risorse limitate, si possa continuare a garantire la concreta fruizione del diritto alla salute da parte dei cittadini. Sicché, stante lo scenario testé descritto, si è potuto constatare che le cosiddette verifiche HTA (Health Technology Assessment), ossia le valutazioni sistematiche dell’appropriatezza delle tecnologie disponibili applicate al contesto a cui si fa riferimento non potevano che assurgere ad un ruolo strategico: non tutte le tecnologie, difatti, possono definirsi “appropriate” in qualsiasi ambito sociale, epidemiologico, organizzativo, ecc.. Né d’altronde, il settore delle tecnologie biomediche poteva risultare indenne dalla pervadente espansione dell’informatica e della telematica: la circuiteria dei dispositivi medici si è progressivamente trasformata sostituendo la componentistica elettronica con schede controllate da microprocessori e gli stessi dispositivi sono sempre più collegati ad elaboratori elettronici, direttamente o su reti, dapprima medicali, poi locali ed infine geografiche, interfacciando le informazioni trasmesse dai dispositivi ai sistemi informativi che le archiviano, le trasmettono ad altri sistemi clinici e gestionali e talvolta le elaborano ulteriormente per garantire nuovi strumenti diagnostici e di supporto alle decisioni nel processo assistenziale. Orbene, si palesa con evidenza che la collocazione dei dispositivi medici nelle specifiche reti informatiche delle strutture sanitarie e l’interfacciamento ai sistemi informativi esistenti e gli stessi moduli informatici per la “computer aided diagnostics and clinical decision” introducono nuove fonti di rischio che, per poter essere compiutamente valutate e controllate, richiedono che le strutture responsabili della gestione delle tecnologie e dell’informatica nelle organizzazioni sanitarie modifichino il proprio “know-how”, integrandolo con una serie di conoscenze sul funzionamento delle reti informatiche,
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sulle loro architetture e sull’implementazione della loro affidabilità, sulla trasmissione dei dati, sulla loro “safety and security”, sulle tecniche per interfacciare dati tra sistemi, e così via. Né peraltro, il legislatore e gli enti tecnici preposti a tale attività, sia a livello internazionale, che conseguentemente europeo e nazionale, preso atto di tale cambiamento e dei conseguenti nuovi rischi, potevano ulteriormente esimersi dall’intervenire sia sotto il profilo eminentemente giuridico che sotto quello della normativa tecnica per sciogliere i nodi della competenza e della responsabilità, tra le attività peculiari dei costruttori dei dispositivi, degli installatori, dei gestori delle reti informatiche e degli applicativi, della struttura committente, nelle varie fasi di pianificazione dell’acquisto, della valutazione in sede di acquisizione, di installazione e di gestione. Nel breve volgere di qualche anno così, dal 2007 ad oggi, sono state introdotte norme vincolanti che se da un canto hanno contribuito a rendere meno “anarchica” la produzione di dispositivi medici con rilevanti software “cores”, collegati o meno a reti medicali, o costituiti da software “stand-alone”, dall’altro, hanno reso necessaria, a loro volta, la pubblicazione di una serie di nuove regole interpretative delle stesse norme che in questo breve scritto cercheremo di analizzare brevemente. Nel 2007 anzitutto, la nota Direttiva europea 93/42/EC viene emendata dalla nuova 2007/47/EC, la quale introduce le seguenti significative modifiche: • i l software indipendente (“stand-alone”) diviene esso stesso un dispositivo medico qualora svolga una delle tipiche funzioni caratterizzanti i dispositivi medici; • i l software “stand-alone” è considerato un dispositivo medico attivo; • i l “software-dispositivo medico” deve essere convalidato secondo le regole tecniche che rappresentano lo stato dell’arte e che devono tenere conto: del ciclo di vita dello sviluppo, della gestione dei rischi, della validazione e della verifica.
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Nel 2009 si rende conseguentemente necessario pubblicare una guida, la IEC 80002-1, per rendere applicabile la norma tecnica ISO 14971, già edita nel 2007, sulle regole di gestione del rischio dei dispositivi medici anche al “softwaredispositivo medico”. Nel 2010 l’Italia, secondo gli obblighi comunitari, con il D.Lgs. 37/2010, recepisce gli emendamenti alla direttiva europea sui dispositivi medici e, sempre nello stesso anno, viene emessa a livello tecnico, un’altra fondamentale norma, la IEC 80001-1, la quale riguarda la descrizione di ruoli, responsabilità ed attività nella gestione del rischio sulle reti informatiche cui si connettono dispositivi medici. Deve rimarcarsi inoltre che, ancora nel 2010, il sistema regolatore statunitense prevedeva che i cosiddetti “Medical Device Data Systems” (MDDS - secondo la definizione che ne dà la Federal Food & Drugs Administration (FDA) - quei dispositivi medici che si occupano di archiviare, trasferire, convertire di formato e mostrare dati medici), fossero ancora classificati in classe III e pertanto, per la commercializzazione, necessitassero della cosiddetta “Pre-Market Approval” (PMA), una procedura aggravata con produzione ed esame del fascicolo tecnico, non basata soltanto sulle dichiarazioni del produttore, come nel caso delle classi inferiori (semi-automatica approvazione per similitudine con Form 510(k)). Nel 2010 quindi, il quadro normativo era caratterizzato da una forte presenza dell’apparato di controllo e da regole
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tecniche ineludibili, che garantivano maggiore governabilità sugli incombenti rischi che le tecnologie ad intenso uso di software e la loro interconnessione sulle reti avrebbero potuto produrre nelle applicazioni sanitarie. Ma a partire da tale data sembra osservarsi un’inversione di tendenza, che sta conducendo, se non proprio ad una “deregulation”, quantomeno ad un consistente alleggerimento dei controlli previsti se non addirittura, in alcuni casi, ad una declassificazione al rango di semplice hardware di rete e/o di software non medicale, riversando di fatto una più forte responsabilità sulle strutture committenti che implementino sistemi informativi che gestiscano dati medicali e/o che da dispositivi medici collegati in rete traggano informazioni. Nel seguito proveremo a soffermarci brevemente sulle novità normative internazionali di più recente introduzione, sui maggiori rischi che tali cambiamenti potranno introdurre nella gestione quotidiana dei dispositivi medici ed informatici in rete e sui ruoli, responsabilità e conoscenze necessari a gestire il cambiamento. Nel febbraio 2011, l’FDA statunitense, pubblicava una nuova regola, la 21 CFR Part 880, in cui affermava che “poiché un MDDS non introduce nuovi algoritmi o funzioni, diviene sufficiente l’applicazione dei soli controlli generali per garantire gli utenti da ogni rischio associato (adozione di un Sistema di Assicurazione della Qualità)”. In sostanza l’FDA procedeva a declassificare i MDDS da dispositivi medici in classe III alla classe I, rendendo sufficiente una semplice notificazione all’FDA prima dell’immissione in commercio. Per farne degli esempi, il software che: • riceve i dati della capnometria di un paziente provenienti da un ventilatore polmonare collegato in rete (trasferimento e scambio); • archivia i dati di pressione di un paziente per una successiva revisione da parte di un medico (archiviazione); • converte i dati digitali provenienti da un pulsossimetro in formato digitale utile per la stampa (conversione di formato); • mostra su un display un tracciato ECG precedentemente archiviato (presentazione); è un MDDS. Inoltre i commenti alla nuova regola chiariscono che alcuni Sistemi In-
SPECIALE 1 formativi quali i LIS (Laboratory Information Systems), i PACS (Picture Archiving and Communication Systems) ed i MIMS (Medical Image Management Systems), non sono MDDS, essendo già definiti da altre regole, ma quelle regole citate li classificano comunque in Classe I, fatta eccezione per i digitalizzatori e le “workstation di refertazione” dei PACS che sono classificati in Classe II, ma comunque per tutti è sufficiente una semplice pre-notifica 501(k) per l’immissione in commercio. La stessa regola FDA che definisce i MDDS inoltre, esplicita che i dispositivi di networking (hub, switch, router e WLAN access points), di archiviazione (NAS e SAN), di virtualizzazione degli elaboratori, di conversione in formato PDF, monitor/display per la visualizzazione di dati, non sono MDDS. In Europa, nel gennaio 2012, la Direzione Generale Salute e Consumatori della Commissione Europea emetteva le “Linee Guida per la qualificazione e classificazione del software come dispositivo medico” - MEDDEV 2.1/6., affermando chiaramente che: “il rischio connesso ad
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anomalie di funzionamento del software “stand-alone” che operi su dati medici non può essere considerato di per sé un criterio per qualificare lo stesso come dispositivo medico. ponendo così un presupposto per spingersi anche al di là della stessa “deregulation” americana, statuendo difatti che: • qualora i software abbiano lo scopo di trasmettere, memorizzare, ricercare, archiviare senza perdite, le informazioni medicali, essi non sono dispositivi medici; • i LIS, i CIS (Cardiology Information Systems), i PACS, gli HIS (Hospital Information Systems) e gli EPRS (Electronic Patient Record Systems) non sono dispositivi medici a meno che in essi non siano presenti moduli di “Computer Aided Diagnostics” o “Therapy Planning”. È del tutto evidente che non essendo più dispositivi medici, tali software non dovranno più essere sottoposti alle analisi del rischio previste dalla ISO EN 14971 e, pertanto, l’avvenuta declassificazione “de facto” comporterà, particolarmente in Europa, ma anche altrove, un incremento dei rischi potenziali. Se sotto il profilo normativo quindi, gli oneri di valutazione del rischio a carico del produttore vengono sensibilmente sgravati, non vi è dubbio invece che l’interfacciamento ed interconnessione di apparecchiature medicali di diagnostica in vitro nel caso dei LIS, di modalità diagnostiche per immagini nel caso dei PACS e di altri dispositivi medici per quanto attiene ai Sistemi HIS ed EPR, dovrà necessariamente continuare a prevedere la gestione del rischio secondo le metodologie indicate dalle norme tecniche della serie ISO EN 80001. Questo onere, assieme a quelli derivanti dai recenti obblighi susseguenti alle modifiche introdotte al Codice dell’Amministrazione Digitale sulla “business continuity” e “disaster recovery” e ad altre valutazioni del rischio in una serie di molteplici altri casi: • un antivirus o un aggiornamento automatico di un Sistema Operativo interrompe il regolare funzionamento o deteriora le condizioni operative di un server su cui è installato un sistema informativo LIS, RIS, PACS, ecc., quali conseguenze per un Pronto Soccorso, un Reparto, un’equipe operatoria che ne attende i responsi? • un software di base o d’ambiente “off-the-shelf” su cui opera un server di un sistema informativo che gestisce dati medici non è più commercialmente supportato: la virtualizzazione della configurazione su altro hardware è in grado di garantire un regolare funzionamento? si sta riversando e sempre più si riverseranno sulle strutture committenti. Si prospettano in sintesi tre urgenze: • Assicurare il coinvolgimento sulla problematica dei più alti livelli delle Direzioni Strategiche; • Implementare, in ambito sanitario, architetture organizzative che prevedano una integrazione strutturale o almeno procedurale delle Ingegnerie Cliniche e dei Servizi Informatici; • Stimolare i professionisti operanti nel settore a completare il proprio “know-how” con competenze integrate: informatiche per gli Ingegneri Clinici e sul funzionamento e criticità dei dispositivi medici per gli Informatici; a cui si dovranno dare idonee risposte in tempi brevissimi, pena l’incremento del rischio sanitario oltre livelli accettabili. Una bella sfida! n
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a cura della Redazione
“Tele-ICU”, terapie intensive in Rete per migliorare l’assistenza ai pazienti Al via il progetto pilota “Tele-ICU”che prevede, grazie ai programmi di teleconsulto e di telemedicina, l’integrazione di esperienze e competenze per offrire la più qualificata assistenza clinica ai pazienti più complessi ricoverati in terapia intensiva presso gli Ospedali Sant’Elia di Caltanissetta e San Vincenzo di Taormina
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ntegrare competenze ed esperienze per offrire la più qualificata assistenza clinica ai pazienti più complessi ricoverati in terapia intensiva nei centri di Caltanissetta (Ospedale Sant’Elia) e Taormina (Ospedale San Vicenzo). Tutto questo grazie ai programmi di teleconsulto e telemedicina del progetto pilota “Tele-ICU”. Il progetto – che ha preso il via – rientra nell’ambito del programma “Più segnalazioni, meno opposizioni”, elaborato dal Centro Regionale Trapianti (CRT) della Sicilia e finanziato dall’Assessorato regionale della Salute. Nell’ambito del programma, ISMETT e UPMC Italy hanno siglato una convenzione con il CRT Sicilia, con una duplice finalità: realizzare un sistema di tele monitoraggio per la cura dei pazienti più complessi ricoverati in terapia intensiva e individuare, per i pazienti in morte cerebrale, le strategie più consone nell’attività di stabilizzazione del potenziale donatore per la migliore preservazione degli organi. Nel dettaglio, il Tele-ICU è un sistema di comunicazione che fornisce al medico presente in una postazione remota l’opportunità di poter dialogare – attraverso lo scambio di informazioni e di immagini – con il collega che si sta prendendo cura del paziente. Il sistema consente sia la comunicazione audio/video sia la condivisione dei dati dei pazienti, comprese eventuali immagini radiologiche o i dati provenienti dai monitor dei segnali vitali, o quelli che sono registrati sulla cartella clinica elettronica. I medici della terapia intensiva dell’Ospedale Sant’Elia di Caltanissetta e dell’Ospedale San Vicenzo di Taormina hanno l’oppor-
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tunità di segnalare il paziente che si trova in una situazione critica, coinvolgendo le professionalità mediche o riabilitative presenti in ISMETT per scambiarsi e condividere informazioni sugli esami di laboratorio, la gestione respiratoria, la valutazione emodinamica. Senza dimenticare che c’è la possibilità di visionare in diretta le immagini degli esami endoscopici o radiografici, per garantire la migliore
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assistenza al ricoverato con grave danno neurologico. Il protocollo prevede che la condivisione dei dati e delle immagini sia mantenuta fino al miglioramento dello stato di salute del paziente. Differente è invece il coinvolgimento nel caso di un paziente in “morte cerebrale”: in tale condizione il personale medico di ISMETT è coinvolto nel tentativo di garantire l’ottimale gestione dei singoli organi del potenziale donatore e migliorare le condizioni di funzione, che permettano il recupero degli stessi al fine del successivo, auspicabile trapianto. Entrando nell’aspetto tecnico, va detto che Tele-ICU è un sistema di videoconferenza IP su ruote dotato di connettività WIFI adatto all’uso medicale e conforme alla norma CEI 60601. L’intero sistema di videoconferenza su ruote ha un ingombro su pianta inferiore a 0.55 mq ed è trasportabile all’interno di un reparto di terapia intensiva. Il sistema è dotato sia di connettività ethernet TCP-IP tradizionale (attraverso la quale connettersi alla rete ospedaliera) sia di connettività wireless. Inoltre, il carrello di Tele-ICU ha UPS tale da permettere almeno 2,5 ore di videoconferenza continua senza la necessità della corrente di rete. Il carrello è dotato di un monitor da 24”LCD che permette un’ottima definizione delle immagini visualizzate. Il codec supporta il protocollo H.239 per la condivisione dei contenuti, e al contempo permette di ottimizzare la banda utilizzata consentendo videoconferenze HD a 512Kbps e connessioni FullHD a
Sono numerosi gli studi che dimostrano i vantaggi ottenuti con sistemi di tele monitoraggio in terapia intensiva. NEHI (New England Healthcare Institute), un’organizzazione statunitense che si occupa di innovazione in sanità, ha proposto di far fronte alla carenza di personale clinico attraverso l’utilizzo di sistemi di Tele-ICU. Dal 2008 NEHI – in collaborazione con il Massachusetts Technology Collaborative – ha condotto uno studio per valutare l’impatto delle tecnologie tele-ICU sulla mortalità dei pazienti in terapia intensiva e la durata del ricovero. Le due organizzazioni hanno raccolto i dati provenienti da un centro medico universitario e da due ospedali locali. Dai dati raccolti è emerso che l’uso dei sistemi di tele-ICU ha permesso, presso il centro medico universitario, di ridurre la mortalità dei pazienti in terapia intensiva del 20% e il tasso totale di mortalità ospedaliera del 13%. In uno
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degli ospedali di comunità, il tasso di mortalità in terapia intensiva è sceso del 36%. Inoltre, presso il centro medico universitario, la durata dei ricoveri in ICU è diminuita del 30% (una media di due giorni). Gli studi condotti presso l’University of Pittsburgh Medical Center (UPMC) sono incoraggianti. Secondo le analisi effettuate presso UPMC, infatti, l’uso della telemedicina presso le terapie intensive ha permesso di ridurre del 64% la mortalità in terapia intensiva e del 46% la mortalità ospedaliera. Inoltre, ha consentito una sostanziale riduzione della durata dei tempi di ricovero e di degenza con una profonda incidenza anche da un punto di vista finanziario. Secondo lo studio di UPMC, infatti, la riduzione della durata del ricovero è stata del 10%, con un risparmio di circa 700.000 dollari, mentre la degenza media in reparto è stata ridotta del 20% con un risparmio di circa 2 milioni di dollari.
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La Tele-ICU permette al medico presente in una postazione remota di poter dialogare con il collega che si sta prendendo cura del paziente 1472kbps. Consente inoltre registrazioni simultanee in H.323 e SIP e permette le chiamate a endpoints H.323 e SIP senza necessità di alcuna infrastruttura. Da parte sua, il carrello è dotato di una telecamera silenziosa PTZ con uno zoom ottico 12X e 72° FOV, progettato per uso clinico e aderente alle normative per l’uso in ambienti ospedalieri. Il sistema di Tele-
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ICU consente la gestione remota di tutte le funzioni della videocamera, incluse quelle di pan tilt e zoom di modo che l’utente remoto possa controllare la telecamera. Un microfono ambientale ad alta sensibilità consente di trasmettere voci anche lontane dal sistema di videoconferenza. Allo stesso tempo è semplicemente accessibile una funzione di mute, cosicché ciascun sito possa bloccare la trasmissione audio. L’utente del sistema di videoconferenza può individuare via software la sorgente di immagine che si intende trasferire e modificare la scelta, in maniera semplice, nel corso della videoconferenza. n
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Pedrotti. U.O. Anestesia, Terapia Intensiva e Servizio Sale Operatorie dell’Ospedale S.Chiara di Trento
Dellantonio, responsabile della rianimazione del reparto di Anestesia, Terapia Intensiva e Servizio Sale Operatorie dell’Ospedale S.Chiara di Trento
Il reparto di Terapia intensiva dell’ospedale S. Chiara di Trento è uno dei più grandi d’Italia e lavora a pieno ritmo gestendo circa mille ricoveri l’anno. Qui il personale medico chiamato a rispondere alle emergenze quotidiane, si avvale di un sistema di cartella clinica informatizzata ed integrata con gli altri reparti della struttura. Perché avere sotto mano tutte le informazioni è importante, ma averle in tempo reale lo è ancora di più
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Direttore Responsabile
autore
Geat, direttore del reparto di Anestesia, Terapia Intensiva e Servizio Sale Operatorie dell’Ospedale S.Chiara di Trento
Maria Giulia Mazzoni
Cartella clinica informatizzata, ecco perché al S.Chiara di Trento si parla di valore aggiunto
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na cartella clinica condivisa dai medici dei vari reparti e nella quale far convogliare tutti i dati utili alla cura del paziente. Ma non solo. Un database sempre aggiornato in cui vengono immagazzinati e messi a disposizione del personale medico e infermieristico tutta una serie di informazioni in formato digitale, disponibili H24, e accessibili solo da personale qualificato. Ma non solo. Un sistema efficiente e funzionale capace di coadiuvare il medico, ridurre sensibilmente il margine di errore e garantire allo stesso tempo un elevatissimo standard di privacy. Missione impossibile? Stando a quanto messo in essere nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale S. Chiara di Trento sembra proprio di no: qui infatti la cartella clinica informatizzata è un indiscutibile valore aggiunto. Andiamo a scoprire perché. Ne parliamo oggi con il dr. Pedrotti, responsabile del progetto, con il dr. Geat, direttore del reparto, e con il dr. Dellantonio, responsabile della rianimazione. Quando nasce questa idea? Pedrotti: L’idea è nata molti anni fa, quando ho cominciato a lavorare, e prende le mosse da un’esigenza riscontrata sul campo e da una mia esperienza precedente, perché prima di fare il medico ero un informatico, e ho quindi cercato di pensare a come l’informatica potesse essere di valido aiuto nella medicina. Stiamo parlando degli anni
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tanto per fare un esempio, avevo ricoverato nel mio reparto, sarebbe stato relativamente facile recuperare il dato). Cos’è cambiato oggi rispetto a prima? Pedrotti: Quando ho cominciato gli strumenti informatici non erano certamente come quelli che abbiamo adesso, tanto che noi scrivevamo in word l’anamnesi, la stampavamo su un’etichetta e la incollavamo sulla cartella, e questo ci consentiva di avere una cartella leggibile. Era il 1980 e io lavoravo all’ospedale di Rovereto, ancora non era un’Azienda unica ma vantava già un discreto livello di informatizzazione, e c’era un centro di elaborazione dati Honeywell in cui con le schede perforate si gestivano ricoveri, ammissioni, dimissioni e trasferimenti. Poi, nell’ordine, sono stati informatizzati il laboratorio, la radiologia, i servizi e le degenze. I reparti sono stati gli ultimi a venire informatizzati e il processo non è ancora completo, anche se negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante. Nell’ultimo decennio in particolare.
‘90, quando cioè le realtà informatiche in sanità erano prevalentemente rivolte all’automazione di processi più o meno amministrativi: stipendi, magazzino, e quegli aspetti sostanzialmente mutuati dal sistema bancario che storicamente è stato il primo ad organizzarsi in questo modo. In quegli anni si cominciava già a parlare di computer e a capire che l’informatica poteva aiutare il medico, però le prime realtà informatizzate in sanità erano ancora molto distanti da quello che poteva essere un apporto concreto al lavoro clinico. Alla fine della giornata la segretaria metteva i dati in un sistema informatico, ma si trattava sostanzialmente di registrare delle informazioni a consuntivo in modo che potessero essere facilmente ritrovate e riutilizzate. Invece io cercavo di immaginarmi qualcosa di diverso, uno strumento in grado di raccogliere tutte le informazioni sui pazienti, in primis i dati riguardanti il ricovero, l’anamnesi e un esame obiettivo, generando così un archivio completo (se poi alla fine dell’anno io avessi voluto conoscere quanti pazienti con il trauma,
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Poi nasce questo progetto Pedrotti: Questo progetto nasce nel 2010. Venne creato un gruppo di lavoro formato da clinici e informatici che stabilì i requisiti minimi che doveva avere il sistema. Per la criticità dei dati trattati, la scelta del sistema non poteva prescindere dal requisito di un software classificato come dispositivo medico, che lo rendesse idoneo al trattamento dei dati clinici paziente. Un altro fattore importante nella valutazione del prodotto erano le referenze, cioè il numero di installazioni già attive e funzionanti presso reparti di terapia intensiva per lo stesso prodotto. Fu indetta una gara d’appalto, essendo questo un ente pubblico doveva essere istruita una gara a livello europeo, come tra l’altro previsto dalla normativa (per le cifre di acquisto di questa importanza, si trattava di qualche centinaio di migliaia di euro). La scelta cadde su Digistat, un sistema software modulare per la gestione della cartella clinica del paziente prodotto dalla ditta UMS. Affidato il progetto, è stata avviata la fase di personalizzazione e adattamento del software alle nostre esigenze. Gran parte del lavoro ha riguardato l’integrazione con gli altri sistemi informatici aziendali perché, come dicevo prima, la nostra Azienda ha da sempre un buon livello di informatizzazione e questo era ovviamente un valore aggiunto che andava ottimizzato. Se il nuovo sistema che stavamo implementando si fosse integrato completamente, per intenderci se avessimo trovato il modo per inserire le informazioni raccolte dal laboratorio, dalla radiologia, dal sistema delle consulenze e dal sistema informativo ospedaliero alla nostra cartella di terapia intensiva, avremmo potuto rendere disponibili le informazioni non solo al nostro sistema, ma anche agli altri reparti, in modo da far transitare da una parte all’altra, tutte le informazioni già archiviate in formato digitale. Abbiamo creato così sistema integrato e realizzato quello che noi avevamo come idea, e cioè la cartella clinica del paziente intesa come insieme di informazioni che potevano provenire da ricoveri in diversi reparti, anche alla luce del fatto che dopo il ricovero in terapia intensiva difficilmente il paziente viene mandato a casa. Qui si tratta il paziente nella fase più acuta, e poi il prosieguo delle cure avviene in un altro reparto meno intensivo. Di conseguenza
SPECIALE 1 è fondamentale che tutto quello che è stato fatto in terapia intensiva venga registrato e riportato. Un grande lavoro di personalizzazione e integrazione con i sistemi informatici aziendali reso possibile dall’elevata professionalità e disponibilità delle persone dell’azienda fornitrice e del Servizio Sistemi Informativi della nostra Azienda Sanitaria. Questo si traduce anche in un valore aggiunto per gli altri reparti? Pedrotti: Nel nostro sistema informativo noi abbiamo quello che viene definito lo “storico” dei referti. Cioè un archivio dove vengono caricati tutti i referti di tutte le prestazioni relative a quel paziente. Più questo è completo più il medico o l’operatore sanitario che deve andare a vedere la storia del paziente ci trova informazioni. Per andare poi verso quel progetto, che è anche nazionale, del fascicolo sanitario del cittadino, dove il concetto è che se per esempio un paziente fosse stato ricoverato a Milano, a Roma, a Trento e a Napoli, tutti i suoi dati dovrebbero confluire in un unico fascicolo, condiviso anche con realtà extraospedaliere. L’auspicio è che il dato sia fruibile ovunque, e che rimanga nella storia del paziente. C’è un progetto ministeriale che lo prevede, qui in Trentino per la nostra parte lo abbiamo iniziato. Tutti i trentini in possesso della tessera sanitaria hanno ricevuto a casa un lettore di smart card con il quale per mezzo del computer possono prenotare gli esami e vedere i referti del laboratorio. Il sistema quindi è già rodato: è possibile fare un primo bilancio? Geat: C’è un grande vantaggio nell’introduzione di questo sistema, che è innanzitutto l’eliminazione degli errori legati alla calligrafia o all’illeggibilità. Purtroppo è un problema abbastanza diffuso quello di non riuscire a capire o a leggere quel che ha scritto qualcun altro: ci sono dei consulenti che hanno una pessima calligrafia, poi nella fretta scrivono in modo illeggibile, così bisogna telefonare per
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farsi dire cos’hanno scritto. E non solo, anche gli errori dovuti ad una scrittura imprecisa sono eliminati con questo sistema informatizzato. Tutto questo ci mette al sicuro e ci dà già un grosso vantaggio. Devo dire che noi avevamo una bellissima cartella cartacea, veramente molto completa, su cui avevamo studiato per anni. Era una grande cartella delle dimensioni di 8 fogli A4 in cui era riassunto tutto quel che riguardava il paziente, dagli esami di laboratorio al percorso clinico alle consulenze, che ci permetteva di avere sott’occhio tutto quel che succedeva quel giorno. Ovviamente ogni giorno aveva una cartella diversa, per cui questo sistema andava bene se ci si concentrava sul giorno corrente, ma quando si cominciava ad andare indietro, più lunga era la degenza del paziente più questo era problematico, e alla fine non ci si capiva più nulla. Quindi, a parte proprio l’ingombro del cartaceo, è evidente che la cartella clinica informatizzata apre molte possibilità rispetto alla cartella cartacea. Questo si traduce anche in un risparmio di tempo? Geat: Dal punto di vista dei tempi, perché in una terapia intensiva i tempi sono essenziali, la cartella informatizzata richiede un po’ più di tempo, specialmente nella prima fase. Però soprattutto per quel che riguarda l’attività infermieristica ci sono dei tempi risparmiati perché la cartella informatizzata acquisisce direttamente le informazioni sul monitoraggio e sulla terapia dagli apparecchi, quindi dai ventilatori, dai monitor, dalla pompe di infusione e anche gli esami di laboratorio, eccetera. Tutti questi dati devono essere poi validati dall’uomo ovviamente, però vengono acquisiti ed incorporati automaticamente. Pedrotti: L’infermiere in terapia intensiva andava al letto del paziente, misurava la pressione o faceva partire il monitor che legge la pressione, e poi doveva leggere quel valore e trascriverlo nella cartella. Oggi è tutto automatizzato. La possibilità di acquisire in modo automatico i
SPECIALE 1 parametri vitali del paziente direttamente dalle apparecchiature elettromedicali e dal laboratorio, è un vantaggio notevole sotto molti punti di vista. Geat: È un modo tutto diverso di lavorare, forse all’inizio abbiamo avuto delle difficoltà perché abbiamo preteso di trasferire il modello cartaceo nel modello informatico, invece la cartella informatizzata è uno strumento totalmente diverso. Noi siamo cresciuti in un’epoca pre-informatica, quindi facciamo più fatica ad adattarci, e questo vale per tutti. I bambini di oggi crescono con l’informatica quindi non avranno problemi di adattamento. Dellantonio: Devo dire che alcuni di noi, siamo una ventina circa che ruotano sulla rianimazione, erano veramente restii a passare dal sistema cartaceo al sistema informatico, ma credo che oggi nessuno
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tornerebbe indietro. Naturalmente abbiamo conservato alcune cartelle cartacee in caso di un eventuale crash del sistema informatico, perché in qualche modo bisognerebbe andare avanti, ed è capitato di dover scrivere una cartella se il monitor non funziona proprio in quel momento, ma ora come ora nessuno è più capace di gestire una cartella cartacea, proprio perché è mancante delle informazioni del passato, e risulta veramente scomodo doverla andare a sfogliare per trovare quelle già del giorno prima. Geat: Il sistema di cartella informatica offre comunque molte più informazioni, soprattutto offre una serie di canali per accedere ad altre informazioni in modo molto rapido. Inoltre ci permette di lavorare sui dati, e quindi di elaborare tutte le statistiche che vogliamo. Per esempio, noi facciamo parte dello studio GiViTi (Gruppo italiano per la valutazione degli interventi in Terapia intensiva) coordinato dall’Istituto Mario Negri e inseriamo i dati in un database che raccoglie i dati di circa 450 reparti di Terapia Intensiva. Questo sistema ci restituisce i risultati dei trattamenti effettuati sui pazienti, per esempio i dati relativi alle infezioni ospedaliere, le polmoniti da ventilatore, le sepsi, più tutta una serie di notizie, dal laboratorio, alla degenza, al numero di rientri, all’efficacia di un trattamento antibiotico. Tutti questi dati li possiamo avere immediatamente dalla cartella informatizzata, in tempo reale, e questo significa sapere subito se stiamo lavorando entro un range
SPECIALE 1 accettabile oppure no, o se dobbiamo correggere qualche cosa. Insomma è un miglioramento sia per l’operatività in ospedale sia poi per i pazienti? Geat: Il nostro ospedale è certificato Joint Commission da 10 anni. La Joint Commission si occupa di sicurezza dei pazienti, sono venuti anche i certificatori per i periodici controlli e hanno potuto attestare la nostra attenzione e i risultati che abbiamo ottenuto in questo campo. Pedrotti: Noi non stampiamo nulla quotidianamente, se non un foglio con la prescrizione della terapia, richiesto, tra l’altro dai criteri Joint Commission, si tratta in pratica di una revisione della terapia. Questi standard di accreditamento richiedono che almeno una volta o due al giorno vi sia una revisione della terapia fatta da una persona diversa da chi l’ha prescritta. Un po’ quindi per ottemperare a questo e un po’ perché ci sembrava che fosse un punto fermo al mattino quando facciamo il meeting per rivalutare tutti i pazienti, facciamo una stampa di questo dato e la firmiamo. Soltanto poi alla dimissione del paziente facciamo una stampa di tutta la cartella per l’archivio. La nostra Azienda Sanitaria ha recentemente stipulato un contratto con Infocert, una ditta che si occupa di certificare e conservare la documentazione digitalizzata, e a breve la nostra cartella diventerà un documento informatico, lo firmeremo digitalmente e da quel momento in poi non avremo nemmeno più la necessità di conservare la copia cartacea. Questo sistema è già in rodaggio per il reparto di radiologia e il prossimo reparto che se ne avvarrà sarà quello di terapia intensiva. Geat: Prima, quando avevamo il cartaceo, bisognava trascrivere giorno per giorno tutte le terapie, che in gran parte sono ripetitive, e quindi ci poteva essere un triplo errore, l’errore di dimenticanza, l’errore di trascrizione, oppure un terzo
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tipo di errore: una somministrazione eccezionale fatta una tantum poteva essere ripetuta per sbaglio il giorno successivo, con tutte le conseguenze del caso. E di questi imprevisti ne abbiamo purtroppo visti tanti. Questo non può più succede con la cartella informatizzata: se noi vogliamo ad esempio fare alcune somministrazioni di un farmaco stabiliamo a priori quante debbono essere e se queste vadano ripetute anche il giorno successivo. Il tutto inserendo i dati un’unica volta. Questo naturalmente riduce sensibilmente la possibilità di errore. Pedrotti: La maggior parte dei pazienti di terapia intensiva sono post operati. Sui computer delle sale operatorie noi abbiamo istallato questo programma così l’anestesista, che è quello che conosce meglio il paziente perché lo valuta prima, gli fa l’anestesia, lo risveglia, controlla che sia tutto regolare e lo porta in terapia intensiva. Scrive lui la cartella direttamente, così noi la troviamo già scritta per la parte riguardante l’anamnesi e la storia del paziente e da lì proseguiamo nello scrivere il resto. Il meccanismo è molto complesso o è questione di abitudine? Geat: L’inserimento dei dati avviene in gran parte in modo automatico. Certamente bisogna un po’ impratichirsi, lavorare molto per creare lo strumento giusto per noi, fatto a nostra misura per rispondere alle nostre esigenze. Forse in questo senso è stato un errore forzare un po’ troppo nella direzione del trasferimento della logica del cartaceo in quella dell’informatizzazione, e questo ci ha creato qualche difficoltà. Occorre ricordare che l’attivazione di un sistema software in area critica, richiede competenze specifiche di Project Management, sia da parte del fornitore che del personale di reparto. Considerando poi che in questa rianimazione lavorano 15 medici e tanti infermieri
SPECIALE 1 con un turn-over elevato, i tempi del training possono diventare anche piuttosto lunghi. Poi forse è stato anche un errore non porre una data categorica di inizio dell’utilizzo, se tornassi indietro penso farei così. Veniamo alla questione relativa alla privacy Pedrotti: Ogni dipendente della nostra azienda sanitaria ha la possibilità di accedere al sistema informativo ospedaliero con un nome utente e una password, con delle credenziali garantite perché la password deve essere di determinati caratteri speciali, maiuscolo/minuscolo, che vengono rinnovati ogni 90 giorni. Noi per la terapia intensiva ci inseriamo nel sistema di protezione esistente, che garantisce già la riservatezza, e quando entriamo nella cartella informatizzata ci dobbiamo identificare con gli stessi dati che utilizziamo per il collegamento al sistema informativo aziendale. Quest’ultimo prevede poi una gerarchia per i diversi sistemi di accesso: al medico che entra con le sue credenziali sono permesse alcune operazioni, all’infermiere un po’ di meno, all’amministrativo ancora altro. Geat: La privacy adesso è più garantita perché prima era obiettivamente complicato escludere la possibilità che le cartelle cliniche potessero essere viste dai parenti in visita ai pazienti. Ora questo problema non sussiste più perché il cartaceo è stato sostituito da una schermata che necessita di username e password per l’accesso. E c’è anche un altro vantaggio: grazie alla tracciabilità degli accessi è sempre possibile risalire a tutte le modifiche, e questa è una garanzia perché qualsiasi manomissione o qualsiasi accesso viene comunque tracciato. Per quanto riguarda gli esami di laboratorio e gli esami radiologici, dove è in effetti accaduto che dipendenti dell’Azienda Sanitaria siano andati a sbirciare, a curiosare i dati sensibili magari di altri dipendenti. Tutti casi accertati e debitamente sanzionati.
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In questo particolare momento storico è impossibile ignorare la problematica relativa ai costi Pedrotti: E’ difficile dimostrare una relazione lineare diretta che avere speso 100mila euro per acquistare un sistema di informatizzazione ne fa risparmiare 200. Sicuramente una gestione più accurata, più oculata del paziente porta ad un minor dispendio in termini di costi per la terapia, di giornate di degenza e soprattutto di miglioramento nella qualità della cura che sono dati importanti ma che sono difficili da quantificare in risparmio economico. Geat: Ogni analisi sui costi va contestualizzata, per cui bisognerebbe partire dalla realtà locale, calcolare quanto sarebbe la spesa, fare calcoli abbastanza complessi. La letteratura dice che c’è un risparmio, ma è ovvio: il sistema informatizzato costa di più nella prima fase ma poi produce un’ottimizzazione dei risultati che porta a un miglior impiego delle risorse. E’ comunque un processo inarrestabile. Già c’è un’informatizzazione del laboratorio, della radiologia, delle consulenze dell’ambulatorio e delle valutazioni del personale. Pedrotti: Un dato interessante su cui riflettere è che i primi ad aver utilizzato questi sistemi informatici sono stati i gestori della sanità privata e quindi se loro che hanno come obiettivo principale il business lo hanno fatto evidentemente è perché hanno ritenuto che alla fine era conveniente farlo. Un obiettivo futuro? Pedrotti: Un obiettivo a cui pensare potrebbe essere l’invio di avvisi direttamente sullo smartphone o sul tablet del medico. Questa sarà senz’altro l’evoluzione. Se pensiamo che oggi quando prenotiamo un treno ci arriva il messaggio di promemoria, mi verrebbe da dire che se il paziente ha la pressione bassa potrebbe arrivare l’alert con le indicazioni preziose sul cellulare del medico o dell’infermiere. Rimanere vincolati alla carta vorrebbe dire precludersi una serie di vantaggi che sono inestimabili se pensiamo a quello che l’informatica ormai riesce a fare. Dellantonio: Altro lato che al privato interessa molto è ad esempio la gestione di magazzini. Se io so che a questo paziente faccio tre fiale di questo farmaco automaticamente potrei scaricarlo dal magazzino e quando il magazzino sta per sguarnirsi far partire la segnalazione in automatico. Un’ultima domanda vorrei farla sulla recente apertura del reparto di Terapia intensiva ai parenti dei pazienti. Geat: Questa direttiva è applicata qui e nell’altra rianimazione di Trento e abbiamo intenzione di estenderla anche a Rovereto. Bisogna vincere molte resistenze da parte degli operatori sanitari, perché sono abituati ad una gestione in un certo senso paternalistica della malattia. In realtà noi dovremo cambiare questo atteggiamento. La presenza dei familiari è un vantaggio, aiuta la guarigione dei pazienti. C’è tanta letteratura che elenca tutti i vantaggi che derivano ai degenti dal fatto di avere i parenti vicino, e non c’è nessun lavoro che dimostri il contrario. n
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Maurizia Rolli, Medico Direzione Sanitaria, IOR Patrizio Di Denia, Risk Manager, IOR Serena Accarisi, Referente Sistema Informativo, IOR Valeria Sassoli, Direttore Servizio di Farmacia, IOR Fabio Facchini, Medico Anestesista, IOR
autori
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Chetti Cavallini, Collaboratore Professionale Sanitario Esperto Blocco Operatorio, IOR Valentina Lorini, Ingegnere Referente Blocco Operatorio, IOR Elisa Porcu, Collaboratore Ufficio Risk Management, IOR Dario Tedesco, Medico Direzione Sanitaria, IOR
L’informatizzazione del Blocco Operatorio all’IRCCS “Istituto Ortopedico Rizzoli” di Bologna Lo IOR è specializzato nella chirurgia di indirizzo ortopedico e traumatologico e la sua struttura si avvale di undici sale operatorie, divise in due blocchi distinti che consentono la differenziazione dei percorsi chirurgici ordinari e di day surgery. Queste strutture sono state oggetto di un radicale rinnovamento nel corso degli ultimi due anni. I medici del Rizzoli ci raccontano cos’è cambiato e perchè
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l Blocco Operatorio rappresenta una delle principali espressioni della performance di un ospedale e il suo successo è di vitale importanza per la crescita della struttura. La sua gestione comporta un notevole onere finanziario, con procedure chirurgiche che diventano ogni giorno sempre più complesse e tecnologicamente impegnative. Un elevato grado di efficienza clinica, gestionale ed economica del Blocco Operatorio ha un’influenza strategica in particolare su strutture che hanno come core-business l’attività chirurgica. L’avvio del progetto Informatizzazione del Blocco Operatorio dell’Istituto Ortopedico Rizzoli (IOR) ha significato, per i responsabili del progetto, decidere come strutturarlo, chi impegnare nell’analisi e nell’adattamento del prodotto, come dare luogo al suo utilizzo, come tenere sotto controllo i possibili rischi. Tutto ciò rispondendo efficacemente alla richiesta della Direzione Aziendale di mantenere inalterati i volumi delle attività svolte, rendendo al contempo consapevoli gli operatori coinvolti e sicuri i processi di lavoro. Lo IOR e l’informatizzazione L’attività caratterizzante dello IOR è quella chirurgica a indirizzo ortopedico e traumatologico e viene effettuata in 11 sale operatorie, oggetto di radicale rinnovo negli ultimi anni, suddivise in 2 blocchi operatori collocati in aree distinte che consentono la differenziazione dei percorsi chirurgici ordinari e di day surgery.
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Il processo descritto però non è ancora del tutto completato. Avviata la parte strutturale e la gestione del percorso chirurgico nella sua globalità, il progetto Informatizzazione del Blocco Operatorio prevede infatti ulteriori tappe che verranno gradualmente implementate. Non ultima, l’utilizzo ottimale delle informazioni che saranno messe a disposizione della ricerca scientifica
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Lo sviluppo dell’attuale sistema informatico ospedaliero Rizzoli (SIR) ha avuto inizio nel 2000, avendo fin da subito come obiettivo la gestione del paziente in modalità integrata con il suo workflow ospedaliero. Da allora a oggi sono stati sviluppati e implementati i moduli per il Pronto Soccorso, le Prestazioni ambulatoriali, la Gestione della Lista d’attesa e dei Ricoveri, la Gestione dei cicli di fisioterapia, la Mobilità sanitaria e la Gestione dell’archivio cartelle cliniche. Il 2008 ha rappresentato l’anno di svolta, con l’introduzione in tutti i reparti della cartella clinica informatizzata, sviluppata e condivisa con i professionisti sanitari e collegata ai programmi esistenti dei servizi trasversali (laboratorio analisi e anatomia patologica, diagnostica per immagini) in modalità client server. Ogni nuova realizzazione ha consentito il progressivo arricchimento del repository aziendale e del Fascicolo Sanitario Elettronico regionale. In questo quadro di progressiva informatizzazione dell’area sanitaria, la sala operatoria e i processi a essa correlati rappresentavano un importante anello mancante. La presenza di una nota operatoria non codificata e comune alle unità operative, la gestione cartacea dei materiali impiantabili necessari agli interventi e il loro reintegro, la mancanza di flussi di dati relativi ai tempi e all’attività di sala operatoria, hanno fatto nascere l’esigenza di un sistema informatizzato che comprendesse tutti gli aspetti principali e secondari dell’attività chirurgica, permettendo al contempo l’introduzione di strumenti finalizzati alla gestione del rischio clinico. Dall’analisi del contesto organizzativo erano emersi, inoltre, alcuni fattori critici il cui contenimento necessitava di particolare attenzione da parte dell’organizzazione, tra questi la scarsa familiarità d’uso di sistemi informatici di una parte del personale sanitario, il timore di cambiamenti sfavorevoli nei processi di lavoro, la diffidenza verso un potenziale sistema di controllo delle attività. Questo ha portato alla definizione di una strategia di implementazione del progetto che ha visto come tema conduttore la costante partecipazione e condivisione con il personale. Con un notevole impegno economico la Direzione Aziendale ha deciso quindi di affrontare questa importante, ulteriore sfida. L’informatizzazione del Blocco Operatorio La stesura del capitolato di gara, definito nel corso del 2009, ha rappresentato un momento fondamentale attraverso la descrizione dei processi e la definizione delle esigenze a cui il sistema informatico doveva rispondere. Aumentare la sicurezza del paziente nel Blocco Operatorio, ottimizzando al contempo l’utilizzo del tempo di sala, ridurre il tempo medico richiesto per la stesura della documentazione, tendendo a una più efficiente gestione logistica ed economica delle risorse dedicate e infine rendere le informazioni necessarie fruibili alle attività dei servizi trasversali e disponibili ai fini delle analisi, tramite la realizzazione di un cruscotto operativo e direzionale, erano i principali obiettivi individuati dalla Direzione. Nel periodo di stesura, un gruppo selezionato di rappresentanti dei servizi interni ha effettuato alcune visite on-site in realtà ospedaliere italiane, per acquisire conoscenze e valutazioni di esperienze di uso di prodotti informatici nel Blocco Operatorio. A seguito dell’esito del-
SPECIALE 1 la gara a fine 2010, che ha visto aggiudicataria l’Azienda UMS con il prodotto ‘DIGIStat’, la Direzione Aziendale ha proceduto a una presentazione generale del progetto a tutto il personale. Una rappresentanza professionale clinica e assistenziale di ogni Unità Operativa e dei servizi coinvolti, con il supporto della Direzione Aziendale, ha quindi definito e seguito le tappe di implementazione del progetto. I processi gestiti dal sistema informatico sviluppato si snodano in diversi moduli che seguono il percorso del paziente e dei materiali utilizzati: • La pianificazione chirurgica. Dalla compilazione cartacea della nota operatoria, redatta dalla segretaria di reparto su indicazione del chirurgo, si è passati a una stesura informatizzata da parte del chirurgo stesso. La realizzazione di un nomenclatore comune codificato per le diagnosi e le procedure chirurgiche, condiviso dalla componente chirurgica, ha rappresentato il punto di partenza a cui fare affluire la pianificazione dei tempi chirurgici, dei materiali impiantati, dello strumentario chirurgico e di altri presidi associati. Nella fase di pianificazione degli interventi è inoltre possibile inserire alcuni requisiti aggiuntivi, come la tipologia di letto chirurgico, la necessità di sangue ed emoderivati o di componenti biologiche per innesti, la presenza di apparecchiature radiologiche mobili o di strumentario chirurgico ad hoc che vanno a costituire una sorta di “prenotazione” della risorsa. L’intervento così pianificato viene collocato in un’area comune di attesa o direttamente in uno spazio temporale giornaliero assegnato all’unità operativa, definito slot. La nota operatoria giornaliera viene validata dal chirurgo tramite l’inserimento di un “blocco”, comunque modificabile in caso di necessità, che ne permette l’invio automatico immediato a tutti i servizi interessati. In questo modo viene consentita la possibilità di pianificare non solo a breve ma anche
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Figura 1a. Check-list Sign-in
Figura 1b. Check-list Time Out
a medio e lungo termine e viene garantita la trasmissione delle informazioni cruciali ai servizi trasversali permettendo la predisposizione di tutte le attività e materiali previsti. • La cartella anestesiologica pre-operatoria e intra-operatoria. Dall’utilizzo di un modulo cartaceo comune sia per la parte pre che intra-operatoria, si è passati a un modulo di anamnesi e valutazione pre-operatorio predefinito e concordato. Esso presenta campi
SPECIALE 1 di compilazione obbligatori, con l’inserimento automatico dei dati anagrafici del paziente e la possibilità di registrare tutti gli esami prescritti e in corso di valutazione, consentendo un monitoraggio costante e attuale del quadro clinico del paziente. È in fase di elaborazione l’implementazione di un modulo intra-operatorio di acquisizione automatica dei dati di monitoraggio e ventilazione. • La gestione del percorso chirurgico. Il percorso chirurgico si svolge dall’entrata nel Blocco Operatorio fino alla uscita dal Blocco o dalla Recovery Room. Da una gestione in cartaceo e manuale da parte degli operatori di sala operatoria, si è passati a una gestione basata su marker temporali e vincolanti a seconda delle attività, che permettono di tracciare l’intero percorso del paziente in sala operatoria. A partire dall’ingresso del paziente nel Blocco Operatorio, i marker vengono via via registrati dal personale sanitario coinvolto tramite monitor touchscreen o con la lettura del codice a barre posto sul braccialetto del paziente. • La gestione dei materiali e dello strumentario. La necessità di monitorare gli strumentari e i sistemi protesici è stata soddisfatta grazie alla realizzazione di una serie di moduli dedicati alla gestione del magazzino e allo scarico dei materiali impiantati a paziente, direttamente scaricati in tempo reale dalla sala operatoria. Tutto ciò ha introdotto la possibilità di registrare il reintegro dei materiali protesici e di accedere allo storico dei movimenti di tutti i dispositivi a magazzino. Per permettere la tracciatura dei materiali impiantati e utilizzati per intervento, è stata effettuata una preliminare attività inventariale e il censimento di tutto il materiale presente in farmacia, magazzino e sale operatorie. Conoscere in tempo reale quali siano i singoli lotti impiantati a paziente, facilita le operazioni di identificazione dei pazienti in caso di recall di Dispositivi Me-
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dici e, al tempo stesso, consente di imputare i costi dei materiali al singolo intervento, permettendo una corretta gestione del magazzino, in particolare del materiale in conto deposito. • Il registro operatorio. Inizialmente presente nel sistema informatico ospedaliero solo come descrizione dell’intervento da parte del chirurgo, il registro operatorio è stato successivamente integrato nel sistema di sala operatoria con l’inserimento automatico dei dati sulla sala utilizzata, tempi chirurgici, diagnosi e intervento. Il chirurgo, che è l’unico soggetto autorizzato, completa il referto con tutti i dati relativi all’intervento e con le indicazioni post-operatorie e infine lo valida, consentendo l’invio dello stesso in formato PDF al repository aziendale del paziente. • Ciascuno di questi processi, come già anticipato, è stato il risultato di una serie di incontri dei gruppi di lavoro dedicati. Questo ha consentito una condivisione dei diversi moduli, rendendo più familiare l’uso del sistema da parte degli operatori e adattando il software alle loro esigenze operative. Inoltre, prima dell’introduzione di ogni nuovo modulo informatico, il personale coinvolto è stato adeguatamente formato tramite simulazioni in un’aula informatica dotata di PC e supportato da un tutoraggio continuo e costante sul campo, oltre che da specifici manuali operativi. La sicurezza del processo A partire dal Manuale per la Sicurezza in Sala Operatoria, pubblicato nel 2009 dal Ministero della Salute sulla base di Linee guida emesse dall’OMS, lo IOR si era dotato di specifici strumenti operativi cartacei per la gestione del rischio clinico (es. check-list per l’identificazione del paziente chirurgico, del lato e sede di intervento, scheda per il conteggio garze e altri materiali). Inoltre a partire dal 2010 lo IOR par-
Figura 1c. Check-list Sign-out
SPECIALE 1 tecipa al progetto SOS.net (Sale Operatorie Sicure) dell’Agenzia Sanitaria e Sociale dell’Emilia-Romagna, che prevede l’utilizzo della Surgical Safety Check List (SSCL) per la verifica dei controlli di sicurezza del paziente chirurgico. A questo proposito nello sviluppo del sistema informatico del processo operatorio, sono stati introdotti alcuni “momenti di verifica” e alcuni strumenti per aumentare la sicurezza del paziente. La sicurezza del percorso chirurgico del paziente è innanzitutto supportata dalla presenza del braccialetto informatizzato che, posto al polso o alla caviglia del paziente al momento del ricovero, consente di tracciare il passaggio del paziente in tutti gli snodi del percorso, attraverso la sua identificazione univoca e corretta. Inoltre sono stati inseriti nel flusso operativo informatico alcuni fondamentali strumenti, quali la “Scheda pre-operatoria per la verifica della corretta identificazione del paziente e del sito chirurgico e della procedura”, la “Check-list per la sicurezza in sala operatoria” e la “Scheda per il conteggio garze e altro materiale”, già utilizzati in precedenza in forma cartacea. Per quanto riguarda la “Check-list per la sicurezza in sala operatoria”, questa prevede l’esecuzione dei controlli di sicurezza nelle tre fasi essenziali dell’intervento chirurgico: prima di iniziare le manovre anestesiologiche sul paziente (Sign-in), prima dell’incisione della cute (Time-out) e infine prima di iniziare la sutura della ferita chirurgica (Sign-out). L’informatizzazione ha consentito l’integrazione nelle tre check-list di alcuni item predefiniti per la rilevazione di difformità dallo standard che possono verificarsi nei singoli step, collocando i controlli e le non conformità corrispondenti in un’unica videata allo scopo di facilitare la compilazione touchscreen da parte dell’operatore (Figura 1a, 1b, 1c). Questo ha consentito lo sviluppo di una reportistica predefinita e sistematica che permette l’analisi delle deviazioni più frequenti rilevate in ogni sala operatoria.
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Conclusioni Il processo sin qui descritto non è ancora giunto a compimento. L’Ospedale è una struttura “viva” e come tale oggetto di un continuo sforzo di rimodellamento e riorganizzazione, dovuto al mutare delle esigenze dei pazienti e dei clinici e delle tecnologie a supporto della medicina. Avviata la parte strutturale e la gestione del percorso chirurgico nella sua globalità, il progetto Informatizzazione del Blocco Operatorio prevede ulteriori tappe che verranno gradualmente implementate. L’acquisizione dei dati da apparecchiature anestesiologiche di ventilazione e monitoraggio, nella cartella anestesiologica intraoperatoria, sarà un altro importante traguardo che verrà realizzato nel corso dell’anno corrente. A ciò si accompagnerà l’inserimento della cartella di Recovery Room, al momento ancora in forma cartacea, che consentirà di registrare in continuo il monitoraggio e il trattamento post-operatorio. L’importante progetto di informatizzazione del Blocco Operatorio ha comportato uno sforzo ingente, non solo per la struttura organizzativa ma anche per le diverse componenti professionali coinvolte. Alcuni risultati, a distanza di due anni dall’avvio, sono già visibili e hanno portato indubbi vantaggi sotto l’aspetto operativo, direzionale e di sicurezza del paziente. Dal percorso, ancora in fieri, ci si aspettano ulteriori positive ricadute, non ultima la notevolissima quantità di dati e informazioni che saranno preziosi per le decisioni del management e per la ricerca scientifica. n Bibliografia Agnoletti V, Buccioli M, Padovani E, Corso RM, Perger P, Piraccini E, Orelli RL, Maitan S, Dell’amore D, Garcea D, Vicini C, Montella TM, Gambale G. Operating room data management: improving efficiency and safety in a surgical block. BMC Surg. 2013 Mar 11;13:7. Borycki E, Kushniruk A. Identifying and preventing technology-induced error using simulations: application of usability engineering techniques. Healthc Q 2005;8 Spec No:99-105. Committee on Data Standards for Patient Safety; Institute of Medicine. Patient safety: achieving a new standard for care. Washington (DC): National Academies Press; 2004. Gawande AA. Weiser TG. World Health Organization Guidelines for Safe Surgery. Geneva: World Health Organization, 2008. Kaushal R, Shojania KG, Bates DW. Effects of computerized physician order entry and clinical decision support systems on medication safety: a systematic review. Arch Intern Med 2003;163(12):1409-16. Kushniruk AW, Triola MM, Borycki EM, Stein B, Kannry JL. Technology induced error and usability: the relationship between usability problems and prescription errors when using a handheld application. Int J Med Inform 2005;74(7-8):519-26. Ministero della Salute e delle Politiche Sociali, 2009. Manuale per la sicurezza in sala operatoria: raccomandazioni e checklist. Park KW, Smaltz D, McFadden D, Souba W. The operating room dashboard. J Surg Res. 2010 Dec;164(2):294-300.
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