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ORO NERO

dalle fogne a pag. 3

surgelate DAL MARE CARTIERE con la proboscide

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a pag. 7 a pag. 8

la chiave ballando con le ONDE PER DIFFERENZIARE

APPRODO nei PORTI

a catena all’inquinamento

nucleare e reazioni...

UN CALCIO

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VERDI

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Eolico, via col vento

Il problema energetico in Italia viene affrontato come se il nucleare fosse l’unica soluzione possibile ed efficace, anche per l’ambiente. Questo, almeno, ritengono alcuni nostri politici nonostante le opinioni diverse di gran parte della comunità scientifica. Il nostro Paese è in realtà ricco di ben altre fonti di energia, sicuramente più pulite e meno rischiose, rinnovabili e realmente inesauribili, il cui sfruttamento risulterebbe meno costoso, a parità di produzione, rispetto alle risorse necessarie per la realizzazione di una centrale nucleare. Fra

queste, l’energia eolica è certamente una delle più antiche (si pensi ai mulini a vento o alle navi a vela), ma anche fra le meno utilizzate in Italia. Puntare sull’energia generata dal vento, sviluppando la ricerca in questa direzione, potrebbe portare a risultati davvero sorprendenti se solo si capisse che l’eolico è in grado di soddisfare una larga fetta del fabbisogno energetico della nazione. In Danimarca lo soddisfa per il 20%, in Germania per il 6% e in Spagna per il 5%. L’Italia, invece, sta a guardare e abbraccia una mentalità nucleare

ormai indietro di 20 anni. Intanto altrove si progettano turbine eoliche rivoluzionarie per uso domestico, come quella che ha permesso a Ben Storan – un laureato in disegno industriale al londinese Royal College of Art – di ottenere il primo premio al prestigioso Bsi Sustainability Design Awards del 2007. Si tratta di turbine a rotazione verticale, la stessa soluzione innovativa su cui si sta lavorando con il Kite Wind Generator (un brevetto italiano) per la realizzazione di centrali eoliche in grado di captare il vento d’alta quota, più costan-

te e intenso. Non tutti però gradiscono la presenza di turbine eoliche nel paesaggio, ritenendole elementi deturpanti. Noi allora, provocatoriamente, nella foto di copertina abbiamo voluto immaginare le turbine di Storan, dal design più elegante rispetto alle tradizionali pale eoliche, inserite in un contesto ambientale di pregio come quello del fiume Po. Perché a volte un’immagine vale più di mille parole al vento. La Redazione


muoversi 2.


muoversi .3

Aria pulita dalle fogne I progetti innovativi per trasformare le scorie umane in carburante ecologico È stato scoperto un nuovo oro nero: non occorre cercarlo in luoghi esotici, perché si trova a circa due metri dal livello stradale delle nostre città. I pozzi da cui sarà estratto saranno niente meno che... quelli neri: le fogne, appunto. Proprio così, quello che è ritenuto il rifiuto per antonomasia, gli escrementi, saranno riciclati. Non si tratta di andare a “produrre” nel proprio orto, il che risulterebbe per il senso comune del pudore indubbiamente imbarazzante. Né di girare con strani apparecchi per le deiezioni. Recentemente sono stati infatti messi a punto progetti innovativi da parte di varie aziende nel mondo. Per esempio, la Qteros, compagnia americana che sviluppa biocarburanti, ha ideato un modo per estrarre etanolo cellulosico da un batterio, il Clostridium phytofermentans, detto anche “Microbo Q”. Tale microrganismo è dotato di potenti enzimi che trasformano le feci in biocarburante, attraverso un rapido processo di fermentazione della cellulosa: da una tonnellata di scorie si potrebbero così ottenere 520 litri di biodiesel (men-

tre dalla stessa quantità di mais ne Lo smistamento solidi/liquidi è efderivano solo 400 litri). Diversamente fettuato da tempo nello stato indiadal biodiesel prodotto dalla fermen- no del Tamil Nadu. Due anni fa sono tazione di prodotti agricoli sottratti stati infatti installati 1.200 gabinetti all’uso alimentare, come i cereali, il separatori: con i rifiuti solidi si conpropellente che deriva dalla cellulo- cimano gli orti. E andare alla toilette sa conterrà una pubblica non costa miscela di moleconulla, anzi, fa guale più complesse dagnare cinque dell’etanolo – gli centesimi di rupia: acidi etil-esteri – da ogni “contribuche, come sostiene si estrarrà dai pozzi neri to” viene raccolta il ricercatore Eric l’urea, usata nelle Steen dell’Università di Berkeley, pro- risaie per aumentarne la produttività. ducono una quantità doppia di enerNella più vicina Norvegia, entro la gia rispetto al biodiesel tradizionale, fine dell’anno, sarà realizzato un altro e non ci sarebbe nemmeno bisogno progetto nel settore bioenergetico: di sostituire i sistemi di combustione, sorgeranno dei “biocentri”, ossia delle come richiede il bioetanolo. Se que- toilette tecnologiche, che smisteransto progetto riscuotesse il successo no i rifiuti solidi verso il depuratore prospettato, sarebbero quindi risolte di Bekkelaget, a Oslo. Attraverso il questioni sia etiche – non si sottrar- processo di scrubbing, necessario rebbe terreno alle coltivazioni di pro- per ripulire il metano dalla CO2, sarà dotti alimentari - sia economiche. prodotto il carburante ecologico. Ole I vantaggi rappresentati da que- Jakob Johansen, il responsabile del sto studio sono innumerevoli: progetto di ricerca, sostiene che con la materia prima è inesau- tale combustibile saranno riforniti “gli ribile e gratuita, e il pro- 80 autobus della capitale, che perdotto sarà ecososteni- corrono circa 100mila km all’anno”. bile. Johanson calcola che una persona I rifiuti solidi verreb- potrà infatti produrre circa otto litri bero separati dalla di diesel, e sottolinea come le spese parte liquida attraver- di trasformazione della materia prima so dei filtri e sarebbe- risulteranno tagliate del 30-40%. ro pompati verso raffiDalle scorie umane sarà dunque nerie ad hoc. Ma nulla prodotta un’energia veramente puliprobabilmente verrebbe ta. Si prevede che genererà un crollo buttato. C’è infatti già sta- dell’85% delle emissioni di gas serra, to un brindisi molto rilasciando, rispetto al gasolio, il 78% speciale con l’urina in meno di nitrati. Le temute polveri riciclata: a maggio sottili saranno invece quasi eliminate: dell’anno scorso, tra si prevede un calo del 98%. L’ecosigli astronauti della stema della terra potrà finalmente, stazione spaziale in- forse presto, respirare. ternazionale.

Il nuovo propellente

ridurrebbe

gas serra e polveri sottili

La materia prima

inesauribile

UN RISPARMIO ACQUA E SCIACQUONE

L'acqua è limitata. Un consiglio antispreco: si calcola che quando tiriamo lo scarico del wc, consumiamo tra i 10 e i 15 litri per ciascuna volte andiamo in bagno, mentre ne basterebbero 6 o 7 litri al bisogno. In Italia, ogni cittadino produce in media circa 200 litri di scarichi al giorno: l'acqua che scorre dallo sciacquone del wc rappresenta intorno al 30% dell'acqua totale consumata nelle case. Ma c'è un modo che permette di non buttare circa un litro d'acqua ogni volta che tiriamo lo scarico del wc. Basta inserire una bottiglia piena nella cassetta dell'acqua: tale sistema inganna il wc, facendo risparmiare circa 5 litri al giorno. In questo modo, 18 mila metri cubi d'acqua, ovvero 18.250.000 litri, potrebbero essere risparmiati ogni anno in una cittadina di 10 mila abitanti.


ambiente 4.


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Pesci ‘rigidi’ dal freddo Le temperature polari hanno fatto strage di aringhe “Straordinaria moria di pesci sul litorale adriatico”. La notizia è apparsa sui giornali il 26 gennaio scorso e ha subito riportato la memoria di molti indietro nel tempo, al 2002 (qualche pescatore anziano ha citato addirittura il 1929) quando le spiagge dell’Adriatico si sono riempite di pesci morti, in particolare aringhe. Anche questa volta si è trattato della stessa specie: la “Sardinella Aurita”, meglio conosciuta come Alaccia o Aringa mediterranea. Un pesce più tipico del Sud Italia che, con il riscaldamento delle acque, nel tempo, è giunto anche nell’Alto Adriatico. Centinaia di pesci morti, dunque, hanno ricoperto nei giorni scorsi le spiagge adriatiche del tratto emilianoromagnolo e in particolar modo nel ravennate a Punta Marina, Marina di Ravenna e Pinarella di Cervia. Ma anche a Cesenatico, Rimini e Riccione.

Il fenomeno della moria di pesce azzurro, verificatosi a fine gennaio e di nuovo a febbraio, è stato monitorato dall’Arpa - con il battello oceanografico Daphne 2 – dalla Facoltà di Medicina Veterinaria di Cesenatico e dalla Capitaneria di Porto di Ravenna. I risultati di tutte le analisi – condotte da Arpa e Ausl - escludono la presenza di materiale inquinante, biotossine o idrocarburi, e attribuiscono la causa della moria solo alle bassissime temperature che si sono riscontrate, negli ultimi mesi, lungo le coste romagnole. La “Sardinella Aurita” è morta per ipotermia non potendo sopportare temperature dell’acqua tra i cinque e i sette gradi. Del resto non stupisce la notizia di un mare particolarmente freddo dal momento che l’inverno di quest’anno, dal quale forse non siamo ancora fuori, è stato uno dei più freddi degli ultimi 60 anni.

La responsabilità di temperature così rigide sarebbe da imputare alla cosiddetta OA, ovvero l’“Oscillazione Artica”: l’indice climatico che, definito dalla differenza di pressione tra l’aria alle medie latitudini e l’aria sull’Artico, influenza il meteo, d’inverno, dell’emisfero nord. Quando la differenza di pressione diminuisce consente all’aria artica, molto fredda, di scivolare a sud, mentre l’aria calda sale a nord.

Le analisi confermano: sono morte per

assideramento

Nel 2009 le basse pressioni si sono piazzate in basso e

IL BRODO SALVA LE TARTARUGHE

Alzi la zampa la tartaruga che non rabbrividisce al suono della parola “brodo”. Eppure in Florida, precisamente sull’isola di Merritt, è proprio con un bel brodo caldo e qualche coperta che lo scorso mese un gruppo di scienziati della Nasa ha salvato alcune tartarughe marine da morte certa. A causa di un’acqua troppo fredda, infatti – dovuta, anche negli Stati Uniti, ad un inverno caratterizzato da temperature notevolmente al di sotto della media stagionale – le tartarughe sono cadute in una sorta di torpore che le ha rese prive di funzioni vitali apparenti, impedendo loro di muoversi verso acque più calde. Le tartarughe, scampato il pericolo dello shock termico, sono poi state lasciate di nuovo libere nelle acque del parco nazionale dell’isola di Merritt solo quando la loro temperatura corporea è tornata ad essere abbastanza calda.

l’anticiclone ha bloccato il freddo al nord. In questo modo l’aria fredda artica ha raffreddato la superficie terrestre alle medie latitudini e questo spiega, dunque, la persistenza di un clima rigido nel nostro emisfero che da dicembre ha persistito fino a febbraio. Stando a quanto affermato dal sito “Climate Monitor”, nelle ultime settimane di gennaio l’indice di Oscillazione Artica è letteralmente sprofondato e altre fonti, in particolare gli studi compiuti dal dipartimenti di Fisica della Terra dell’Università di CastillaLa Mancha, evidenziano il fatto che una situazione simile non si verificava dal 1950.


riciclo 6.


riciclo .7

Dal letame nascono i... fogli In Sri Lanka lo sterco di elefante diventa carta pregiata “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori” cantava De Andrè sui versi di Jacopone da Todi. Senza andare a riesumare la poetica del cantautore genovese, a qualcuno, a migliaia di chilometri di distanza da noi, è venuto in mente che se non proprio fiori, dal letame possono nascere fogli. Fogli di carta. Nello specifico quaderni, blocchetti, etichette per abiti, scatole, libri, agende. Ecco cosa può diventare lo sterco di elefante con tanto di logo e brevetto: “Elephant Dung Paper”; carta di sterco di elefante appunto. L’idea è di Thusitha Ranasinghe, attualmente amministratore delegato di Eco Maximus Pvt: una società nata nel 1997 con appena sette dipendenti – oggi trentacinque - e attiva nella produzione di carta riciclata. La fabbrica nasce vicino a Kegalle, in Sri Lanka, nei pressi della ‘’Millennium Elephant Foundation’’, e prende il suo nome dalla denominazione zoologica dell’elefante dello Sri Lanka – l’Elephus Maximus Maximus. Ed è proprio osservando i pachidermi del posto che Ranasinghe comincia a riflettere sulla possibilità che il loro sterco possa trasformarsi in un’ottima materia prima nella produzione di

carta e l’animale stesso diventare una risorsa economica e sostenibile. Altro che avorio… Lavoro sporco? Niente affatto. È interessante sottolineare che il letame dell’elefante – che alla vista assomiglia ad un impasto di foglie e rametti – non emana cattivo odore. Questo perché l’elefante mangia in continuazione e ha una digestione velocissima, pertanto il cibo non ha il tempo di fermentare e, all’interno dell’apparato digerente, viene semplicemente sbriciolato. Ma come si arriva al foglio di carta? E, soprattutto, è igienico? Il processo di lavorazione è semplice: si raccoglie dai campi la “materia prima” – ogni animale produce mediamente, al giorno, dai 180 ai 200 chili di escrementi – e la si mette al sole ad essiccare. Successivamente la si fa bollire per un giorno intero per eliminare tutti i germi, processo che permetterà di ottenere un prodotto finito assolutamente igienico, con tanto di certificazione dell’Istituto nazionale della Ricerca Scientifica di Ceylon. La pasta ottenuta, poi, viene versata all’interno di uno stampo immerso in un tino d’acqua senza aggiungere nessun tipo di elemento chimico, come nelle grandi c a r t i e re. Successivamente i torchi eliminano l’acqua e trasformano lo sterco in sottili fogli che poi

Ecco cosa può diventare l’escremento del mammifero con tanto di logo e brevetto

vengono fatti passare tra due pesanti rulli che li stirano. Per ogni dieci chili di escrementi è possibile ottenere, all’incirca, settecento fogli formato A4. Il prodotto è del tutto simile alla normale carta riciclata. Stesso colore, stessa compattezza, stesso – non c’è da preoccuparsi… - odore. In più il valore aggiunto di un processo di lavorazione ecologico e sano. E l’idea originale dell’imprenditore asiatico sta facendo il giro del mondo. La produzione di Eco Maximus è in continua crescita e le esportazioni ben avviate. In Italia esiste un unico distributore: la società Vagamondi. Una Cooperativa Onlus di Formigine, in provincia di Modena, che, presente già nello Sri Lanca dal 2 0 0 3 c o n un

progetto di sostegno, da quattro anni è in contatto con l’azienda di Thusitha Ranasinghe ed è importatrice ufficiale di “Dung Paper” – carta e prodotti di cartoleria già lavorati – che distribuisce nelle botteghe del commercio equo e solidale. Rivalutare gli elefanti da un punto di vista economico assegnando loro un valore di risorsa sostenibile significa molto sia per la sopravvivenza degli animali sia per l’economia dalla popolazione locale. Infatti la materia prima per produrre “Dung Paper”, rinnovabile per eccellenza e fonte di reddito assicurato, non finirà fino a quando ci saranno pachidermi a spasso per la giungla.

Nello specifico quaderni, blocchetti, etichette per abiti, scatole, libri, agende.

DELICATO COME UN ... PACHIDERMA

Se l’Italia è il paese della pizza, la Thailandia, di certo, è la patria del massaggio: antichi movimenti compiuti dalle abili mani di donne delicate e sensuali che con la loro esperienza sanno rigenerare e rilassare. Ma saremmo altrettanto rilassati se sulla nostra schiena incombesse, invece, la mole del più grosso mammifero terrestre? Sembra proprio che questa sia la sfida di un turismo, oseremmo dire, estremo: lasciarsi massaggiare da un elefante. È quello che succede a Chiang Mai, in Thailandia, nel Maesa Elephant Camp, dove da qualche tempo l'antica arte del massaggio è affidata ai pachidermi. Come? È semplice: la persona che intende essere massaggiata si distende, prona, a terra e l’elefante esercita la dovuta pressione sulla schiena con la sua zampa, delicatamente. Gli animali - che si sono rivelati particolarmente bravi nell’apprendere e nell’esercitare questo tipo di attività - durante il massaggio per precauzione sono sempre affiancati dal loro istruttore. Tuttavia dal 2006 ad oggi non si è registrato nessun incidente. Mai più quindi insinuare che la delicatezza non possa essere prerogativa anche di un elefante.


riciclo 8.

Dire, fare, differenziare Poggio Renatico “oltranzista” del porta a porta: sanzioni a chi non lo pratica Porta a porta a tutti i costi. Ci sono luoghi dove la raccolta differenziata diventa quasi una parola d’ordine e finisce per “differenziare” in senso ecologico il posto in cui si vive. Per chi abita in Emilia-Romagna non occorre andare troppo lontano.

Basta recarsi a Poggio Renatico, a 14 km da Ferrara, per toccare con mano un esempio virtuoso. Questo comune di circa diecimila abitanti ha scelto non solo di raggiungere, ma superare gli obiettivi di legge sulla gestione dei rifiuti. E in questa corsa a chi rispetta di più l’ambiente Poggio sta facendo scuola. L’attuale sistema prevede in particolare la raccolta porta a porta di organico, carta e cartone; ma anche il potenziamento dei cassonetti stradali e la riorganizzazione della stazione ecologica attrezzata, in cui pesare i rifiuti

attraverso una tessera magnetica. “Il porta a porta – conferma l’assessore all’Ambiente Rita Pareschi - è la modalità più efficace: in poco più di due anni la raccolta differenziata poggese è passata dal 27% al 50%”. A gennaio 2010, la svolta “tecnologica”: nella frazione di Gallo è stata introdotta una nuova metodologia di raccolta, integrativa all’attuale, che sarà estesa a tutto il territorio comunale. I rifiuti indifferenziati vengono “schedati” tramite una calotta - apribile attraverso una chiave elettronica assegnata a ciascun utente -, posizio-

nata su tutti i cassonetti: riconosce, guida e registra l’utente e il volume del rifiuto. Il chip memorizza i dati, che vengono poi scaricati dal personale addetto. Il dispositivo, in acciaio inossidabile Aisi 316, è già stato collaudato con successo in altre regioni, conseguendo incrementi intorno al 20-30%. “Questo determinerà - secondo Pareschi - una più attenta selezione dei rifiuti, un aumento della differenziata e un minor ricorso all’incenerimento”. Sono abbattuti quindi i costi sostenuti dal Comune: “portare una tonnellata


riciclo

appuntamenti

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3 MARZO ore 21

Via Roma, 68 e 76 Reggio Emilia

GUIDA ALLE LEGGENDE SUL CLIMA CHE CAMBIA Presentazione del libro di Stefano Caserini

info: gabella.portalegiovani.eu

di rifiuti all’inceneritore – evidenzia Pareschi – costa 100 euro. Una tariffa destinata ad aumentare, mentre questa nuova tecnologia costa 12 euro all’anno”. L’ultima carta che il Comune gioca sul tavolo dell’ecosostenibilità è quella della “divisione” dei cittadini in “buoni” e “cattivi”. Quelli virtuosi (aziende comprese) hanno l’opportunità di una riduzione sino al 75% sulla parte variabile della tariffa di igiene ambientale, grazie all’ampia gamma di agevolazioni cumulabili: 35% di sconto in caso di compostaggio do-

mestico; fino al 30% in caso di consegna dei rifiuti alla stazione ecologica attrezzata; il 10%, in caso di adesione all’Albo dei Virtuosi. Per quelli meno attenti all’ambiente, invece, arriva la mannaia: il consiglio comunale ha introdotto di recente la possibilità di sanzioni da 25 a 500 euro per l’abbandono dei rifiuti fuori dai cassonetti, per la scorretta differenziazione, per il mancato rispetto di modi e tempi di consegna o in caso di mancato ritiro delle chiavi elettromagnetiche per l’apertura del cassonetto a calotta.

12 - 14 MARZO 2010

Fieramilanocity – pad. 1 e 2 – Porta Scarampo, 14 Milano

FA LA COSA GIUSTA!

Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. info: www.falacosagiusta.org/milano

22 MARZO 2010

Palazzina dell’Auditorio – Via della Lungara, 230 Roma

“FRANE E DISSESTO IDROGEOLOGICO”

Accademia Nazionale dei Lincei in occasione della Giornata dell’Acqua 2010 info: http://www.lincei.it/files/convegni/X_giornata_acqua.pdf

23 MARZO 2010 ore 14.30

Palazzo delle Stelline C.so Magenta, 61 Milano

VERDE E AMBIENTE: UN BINOMIO DI “AMPIO RESPIRO”

27 MARZO 2010 dalle ore 20.30 alle ore 21.30 ORA DELLA TERRA

In tutto il mondo grandi città con i loro monumenti, piccoli comuni, aziende e singoli cittadini nelle loro case spengono le luci per chiedere ai grandi della Terra di agire contro i cambiamenti climatici. Un gesto semplice, per accendere un messaggio che risuonerà in ogni angolo del Pianeta. wwf.it/oradellaterra


turismo etico e solidale 10.

Un’odissea del terzo millennio

Padre e figlio hanno realizzato con le proprie mani il sogno di girare il mondo in catamarano “Questo è l’ombelico del mondo/ dove si incontrano facce strane di una bellezza un po’ disarmante/ pelle di ebano di un padre indigeno e occhi smeraldo come il diamante/ facce meticcie da razze nuove come il millennio che sta arrivando/ questo è l’ombelico del mondo e noi stiamo già ballando”. Chi non conosce il ritornello de L’Ombelico del mondo di Jovanotti? Un refrain che si adatta benissimo – basta sostituire il verbo ballando con navigando - a due ferraresi, padre e figlio: partendo da semplici assi di legno dal cortile del centro città hanno realizzato il sogno di girare il mondo in catamarano. Che hanno battezzato “l’Ombelico del mondo”, appunto. Loro sono Gianni ed Euro Caselli: il primo, 63 anni, ex dipendente comunale, il secondo, 36, piccolo imprenditore, accomunati dall’amore primordiale per l’acqua. Per sottolineare questa sviscerata propensione, il padre ha voluto battezzare il figlio “Euro”, come il nome di un vento variabile che spira saltuariamente all’aurora dalle coste africane. E in attesa di accarezzare dal vivo quel vento, la prima cosa da fare

era costruire delle ali. Quelle di un bellissimo catamarano. Sono stati necessari anni per la costruzione dell’imbarcazione di oltre 12 metri, emblema della libertà e delle energie pulite, essendo alimentato da pannelli solari ed eolici. I Caselli si sono messi a costruirlo assemblando ogni pezzo nel cortile della loro casa in Borgo Leoni per ben cinque anni. La storia – o, meglio, il sogno che si è realizzato –è iniziata dal Lido degli Estensi, dove è avvenuto il varo il 3 settembre del 2006. L’ambizione è di quelle che tolgono il fiato. Dalle acque dell’Adriatico passare come in un’odissea lo stretto di Gibilterra ed affrontare a viso aperto l’Oceano Atlantico per toccare in sequenza Isole Canarie, Capo Verde e Martinica. Meno di un anno per varcare lo stretto di Panama. Il ritorno sulle acque dell’Oceano Indiano, Stretto di Suez, Mediterraneo. Ma le prime difficoltà arrivano già dopo poche settimane sul mar Tirreno, al largo delle coste di Cagliari: il mare raggiunge forza 9 e solamente l’intervento della Capitaneria di Porto scongiurerà il peggio. Questo il racconto di quei momenti drammatici: “A volte la notte è rischiarata a giorno, siamo protagonisti e spettatori impotenti dello scatenarsi della forza della natura. Ormai non possiamo fare più niente è troppo pericoloso andare ad abbassare la randa. A un certo punto il vento ci “prende”, 10

tonnellate di barca partono in surf. Non sentiamo più gli alti e i bassi delle onde ci sembra di stare su un mare piatto, la barca corre molto velocemente alzando una striscia di schiuma. Non siamo più in grado di controllarla” (23 settembre 2009). I lavori di manutenzione e migliorie tecniche avvengono on the road, ma ciò non impedisce ai due ferraresi di iniziare nel gennaio 2007 la traversata dell’oceano Atlantico. Ci sono anche i guai fisici che attendono gli audaci turisti e nel dicembre 2007 un problema al ginocchio costringe Euro ad un intervento chirurgico, mentre sono in Venezuela. L’avventura rivela anche gli aspetti più crudi. Si sopravvive grazie alla clemenza della natura, si mangia quanto si pesca, spesso solamente con un po’ di limone crudo sopra. Ma ci sono attimi che cancellano la durezza del cammino: “Il tempo non è bello, nuvoloni e vento giusto giusto contro, andiamo a vela facendo dei bordi, poi ci rendiamo conto di non farcela, non troviamo neanche la corrente che ci aiuterebbe, decidiamo di andare a motore e di fermarci a Reggio Calabria. Arrivano un gruppetto di delfini a farci compagnia, si met-

Con oltre due anni di lavoro, nel "cantiere" impiantato nel giardino di casa, i ferraresi Gianni ed Euro Caselli si sono costruiti una barca transoceanica di 12,5 mt per realizzare un giro nei mari del mondo in barca a vela. Il catamarano è stato realizzato artigianalmente a Ferrara, pezzo per pezzo, partendo dal disegno realizzato dal progettista inglese Richard Wood. L’Ombelico del mondo è stato trasportato, a fine estate 2003 nella Darsena di Ferrara per l'assemblaggio finale, il montaggio degli impianti tecnici e le finiture. Il varo definitivo del catamarano è stato il 13 maggio 2006, data dell'inizio di un viaggio per i mari del mondo che durerà 3-5 anni. tono a prua per farci strada, noi facciamo un tale casino di gioia per chiamarli che loro scappano subito” (18 settembre 2006, dal diario di bordo on line con cui i Caselli offrivano real time il loro percorso). Arrivano poi le coste di Casablanca, le Canarie, il Brasile, l’incontro con altri “viaggiatori” oceanici, altre popolazioni, altre culture. Una sfida con se stessi. Il viaggio di Gianni ed Euro è stato tutto questo e tanto altro. Ma lo scafo de L’Ombelico del Mondo è stato precursore, oltre che dei viaggi “verdi”, anche del… marketing green, in sviluppo esponenziale al giorno d’oggi: il mogano sapientemente curato da padre e figlio è stato un formidabile veicolo di pubblicità per la città di Ferrara, essendovi stato dipinto lo stemma del Comune.


turismo etico e solidale

il libro

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Porti verdi col vento in poppa Entro breve l’Italia potrà disporre di tre grandi scali ecosostenibili Green. In tutto il globo, salvo rare eccezioni, la strada tracciata dall’economia all’architettura per finire al marketing, è verde. Per necessità o per tendenza, l’occhio all’ambiente sarà richiesto tassativamente in ogni ambito. E se negli anni abbiamo ormai fatto l’abitudine allo sviluppo continuo di auto ibride, auto elettriche, prototipi di auto ad idrogeno, costruzioni ecocompatibili, case ad emissioni zero, il basso impatto ambientale verrà applicato anche ai porti marittimi. Il quotidiano, per chi non vive zone marittime o fluviali, difficilmente ci porta a pensare le banchine di porti e moli come sorgente di elevata contaminazione ambientale, ma le strategie che stanno per essere applicate indicano negli attracchi una fonte di inquinamento. E non solo atmosferico e acquatico, ma anche sonoro. Ma vediamo quali saranno le opere progettate che permetteranno di unire la tecnologia che avanza al rispetto per l’ambiente: entro brevissimo in Italia diventeranno realtà i primi tre porti verdi. Il bouquet di interventi sarà imperniato su molteplici aspetti, dall’elettrificazione delle banchine per l’attracco di navi da crociera allo studio sulla mobilità elettrica di passeggeri e merci nel porto,

alla realizzazione di impianti fotovoltaici, eolici, per finire al monitoraggio costante dei consumi del porto e il miglioramento dell’efficienza energetica. E, perché anche l’occhio vuole la sua parte, anche illuminazioni “artistiche”, sempre facenti parte del green style in quanto ad alta efficienza energetica con tecnologia a led. Prendiamo ad esempio l’elettrificazione delle banchine: in Italia, Civitavecchia è il primo scalo del Mediterraneo a proporre questo innovativo meccanismo. E, quando si parla di energia, nel nostro Paese non può non essere accostata Enel. È infatti grazie anche all’intervento del colosso che fornisce luce che le aree portuali si ottimizzeranno e valorizzeranno dal punto di vista ambientale. Il sistema che elettrificherà le banchine è denominato “cold ironing”. Come funzionerà? Quando la nave sarà attraccata, i motori che bruciano gasolio verranno spenti e l’energia necessaria per far funzionare in maniera ottimale i servizi di bordo verrà fornita dalla rete elettrica di terra – cui la nave verrà opportunamente collegata - per erogare i servizi di bordo. Il meccanismo già per un profano fa trasparire un impatto ambientale

pressoché nullo per quanto riguarda le emissioni di CO2. Ma “quanto” viene risparmiato all’atmosfera? In virtù della maggiore efficienza e ai sistemi di abbattimento delle emissioni presenti nelle centrali elettriche, rispetto ai tradizionali generatori di bordo il “cold ironing” per- mette una riduzione di oltre il 30% delle emissioni di CO2, di più del 95% per gli ossidi di azoto e il particolato, mentre l’inquinamento acustico viene azzerato. Gli esperti hanno già fornito numeri tangibili relativi a queste percentuali: una nave da crociera che viene alimentata mediante il sistema di “cold ironing” e non attraverso i sistemi tradizionali in dieci ore di attracco riduce le emissioni di anidride carbonica da 72,20 a 50,16 tonnellate. Ma non è solo la CO2 a scemare: l’ossido di azoto cala da 1,47 a 0,04 tonnellate, e parallelamente l’ossido di zolfo passa da 1,23 a 0,04 tonnellate. Non solo la struttura portuale ed il “sistema porto” verranno adattati alle esigenze del futuro prossimo in tema di sostenibilità ambientale. Un’altra sfaccettatura del poliedrico progetto sarà imporre agli armatori l’utilizzo di combustibili con tenore di zolfo allo 0,1% durante la sosta in porto; nel caso non venisse soddisfatta questa imposizione, arriverà un incremento di costo per la maggiore onerosità del combustibile e per la necessità di predisporre una doppia cisterna.

Agevolazioni per imbarcazioni con

combustibile a

basso tenore di zolfo

Elettrificazione delle banchine,

impianti fotovoltaici e illuminazioni a led

Manifesto del Terzo paesaggio è il primo libro tradotto in italiano di uno tra i più noti paesaggisti europei. Con l’espressione “Terzo paesaggio”, Gilles Clément indica tutti i “luoghi abbandonati dall’uomo”: i parchi e le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili: le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie; le erbacce al centro di un’aiuola spartitraffico… Sono spazi diversi per forma, dimensione e statuto, accomunati solo dall’assenza di ogni attività umana, ma che presi nel loro insieme sono fondamentali per la conservazione della diversità biologica. Questo piccolo libro ne mostra i meccanismi evolutivi, le connessioni reciproche, l’importanza per il futuro del pianeta. È un’opera di grande densità teorica, che apre un campo di riflessione anche ad implicazioni politiche. “Terzo paesaggio” rinvia a “Terzo stato”, al pamphlet di Seyès del: “Cos’è il Terzo stato? – Tutto. Cosa ha fatto finora? – Niente. Cosa aspira a diventare? – Qualcosa”. Gilles Clement Manifesto del Terzo paesaggio Ed. Quodlibet, 96 pagine

ECO APPRODI IN ITALIA E NEL MONDO

Civitavecchia - che vanta la prima banchina elettrificata del Mediterraneo La Spezia e Venezia saranno i primi tre Porti Verdi italiani. Oltre alle banchine spezzine, sempre in Liguria, a Vado Ligure (Sv), è al vaglio la proposta del locale Pd per rendere la piattaforma Maersk funzionante ad impatto ambientale come fosse un Porto Verde a tutti gli effetti. Nel resto del mondo però le banchine cuore del sistema cold ironing sono già funzionanti nell’America del Nord, esattamente a Los Angeles e Seattle (Usa), Vancouver (Canada) e Juneau (Alaska); in Europa il meccanismo è già applicato nei porti di Goteborg (Svezia) e Lubecca (Germania), Oulu, Kemi e Kotka (Finlandia) e Zeebrugge (Belgio).


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Nucleare al ‘nocciolo’ della questione Pro e contro di un “ritorno” che solleva ancora molti dubbi e reazioni Nucleare. Alzi la mano chi, sentendo la parola, non viene percorso da un brivido sulla schiena. Perché non sono poi così lontane le immagini, anche se sfocate, della tragedia di Chernobyl, del deserto che si creò nella zona, dell’obbligo anche in Italia di lavare accuratamente frutta e verdura prima dell’utilizzo, delle immagini a distanza di anni dell’azione della radioattività su bimbi e adulti esposti al micidiale mix di radiazioni. E tuttora esposti, visto che il tempo di decadimento – ovvero quanto impiega l’isotopo radioattivo impiegato nella reazione di base a trasformarsi in una forma stabile e non reattiva – è praticamente infinito se paragonato alla lunghezza media della vita dell’uomo. Ma perché in Italia, ed in Emilia Romagna in particolare, negli ultimi mesi è tornato in auge un argomento che da sempre ha infervorato le piazze? Si sa che una delle strategie che accomuna tutti i Paesi del globo è la produzione di energia da fonti rinnovabili, non inquinanti, che portino ogni forza planetaria ad autoprodurre in maniera “pulita” l’energia di cui necessita. O quantomeno avvicinarvisi, staccandosi sempre più dalla dipendenza dal petrolio per questioni economiche e di salva-

guardia di clima, atmosfera e pianeta. L’attuale Governo ha pianificato il ritorno alla produzione di energia attraverso l’impianto di centrali nucleari: la scelta dovrebbe veder così autoprodotto dall’incommensurabile energia contenuta nell’atomo – la particella alla base della vita – un quarto del fabbisogno energetico, rientrando così nei parametri imposti dall’Unione Europea denominati 20-20-20. Ovvero, entro il 2020 tutti i Paesi membri dovranno abbassare del 20% le emissioni di CO2 (parametro di confronto i dati del 1990), raggiungere il 20% del contributo dato dalle rinnovabili al fabbisogno energetico e abbassare del 20% i consumi energetici. Ecco uno dei motivi per virare verso la “nuova” era del nucleare, che in un sol colpo coprirebbe, se non tutti, la maggior parte di queste necessità per il futuro prossimo. Tutto semplice? Nucleare sicuro? Domanda da un milione di punti. Le potenzialità date dai reattori nucleari in termini di energia prodotta non sono in discussione, ma dalla sicurezza al teorico basso costo per la produzione, Legambiente & Co. stanno portano avanti senza sosta la campagna “Per il clima contro il Nucleare”, che ha coinvolto anche i candidati alle prossime Elezioni Regionali, schieratisi in larga parte per il “no”. Sta di fatto che ad oggi risultano quindici le Regioni che si sono opposte alla Legge Sviluppo che rilancia il nucleare in Italia. E undici di loro, tra cui l’Emi-

Vantaggi:

assenza di emissioni.

Svantaggi:

costi, sicurezza e

scorie

lia Romagna, hanno avanzato ricorso alla Corte Costituzionale nei confronti della norma varata dal Governo che (caso unico nei Paesi occidentali) prevede la possibilità di avviare la costruzione di una centrale nucleare o di un impianto di trattamento di scorie anche in presenza di un parere contrario delle istituzioni locali e delle regioni interessate, militarizzando inoltre i siti scelti. In Emilia Romagna parrebbe che i territori individuati in un primo screening come possibili ospitanti nel nucleare siano Ravenna e ancor di più Caorso (Pc). Inutile sottolineare come a Ferrara – dove i consiglieri di maggioranza di Pd, Idv, Sinistra Aperta e Laici Rifor- m i s t i hanno firmato un’interpellanza diretta al Ministro dello sviluppo economico, al presidente della Regione, ai parlamentari ed ai consiglieri regionali ferraresi – ed in regione, attraverso il presidente regionale Legambiente, Lorenzo Frattini, si indica per il futuro come unica strada percorribile lo studio di un reale e forte piano di risparmio energetico e la diffusione crescente delle rinnovabili. Ma vediamo i pro e i contro valutati in una scelta di produzione di energia non-petrolio dipendente come quella del nucleare. I vantaggi. Assenza di emissioni di anidride carbonica, ossidi di azoto e zolfo: annullando le principali cause di buco dell’ozono ed effetto serra, l’impatto sui cambiamenti climatici sarebbe favorevole.

Quindici regioni si sono opposte e undici hanno avanzato ricorso

CIFRE ATOMICHE REATTORI NUCLEARI NEL MONDO: 440 (104 USA, 59 FRANCIA, 53 GIAPPONE) ENERGIA COMPLESSIVA PRODOTTA: 370 GIGAWATT, 16% DELLA PRODUZIONE MONDIALE PAESI UE: L’ENERGIA NUCLEARE SODDISFA IL 35% DEL FABBISOGNO INTERNO 10 NUOVE CENTRALI NUCLEARI IN ITALIA (ipotesi non ufficiali): Monfalcone (Go) Scanzano Jonico (Mt) Palma (Ag) Oristano (Or) Chioggia (Ve) Caorso (Pc) Trino Vercellese (Vc) Montalto di Castro (Vt) Termini Imerese (Pa) Termoli (Cb)

Indipendenza dal petrolio: questo aspetto incide favorevolmente sulla stabilità economica di un Paese; sempre in conseguenza di questo fatto, si ridurrebbe l’instabilità politica in Medio Oriente, dove la maggior parte dei conflitti sono nati per la dipendenza da tali fonti del mondo occidentale. Gli svantaggi. Senza conseguire una laurea in chimica, il tema sicurezza è quello che più accende l’opinione comune. Verissimo che da Chernobyl ad oggi il tema sicurezza è stato implementato in maniera corposa, ma in caso di errore, tecnico o umano che sia, la radioattività non perdonerebbe per millenni. Ed anche se le probabilità di incidenti nucleari è ridotta grazie allo sviluppo di reattori di ultima generazione, rimane il problema dello smaltimento delle scorie radioattive. Ad oggi, l’unica soluzione è rappresentata dal loro stoccaggio per migliaia di anni in depositi creati ad hoc, che richiedono una precisione di individuazione ed allestimento non indifferente. Senza contare che un altro punto critico per chi sviluppa il tema sicurezza è il trasporto ottimale dalla centrale al sito di stoccaggio, che avviene attraverso aree urbane abitate. Assodata la realizzazione di una centrale nucleare in un determinato territorio, poi, gli slittamenti fisiologici del termine dei lavori e le (finora) immancabili proteste per la scelta da parte dei cittadini portano inevitabilmente ad un aumento dei costi preventivati.


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Calcio d’inizio per gli eco-stadi Il movimento “New Urbanism” progetta campi sportivi sostenibili nei centri cittadini Addio lunghe code in autostrada, allo stadio si va a piedi o con i mezzi pubblici. Per vedere la partita, ma anche per fare shopping, per mangiare con gli amici e magari per un “restyling” in un centro benessere. Il segreto? È l’“integrazione”: questa è la parola d’ordine di quello che è stato definito il Rinascimento urbano. Gabriele Tagliaventi, professore di Architettura tecnica presso l’Università di Ferrara, è uno dei fondatori di questo movimento architettonico, che mira a rivoluzionare i canoni proposti dalle politiche urbane tradizionali. L’urbanista bolognese riassume il progetto di cui si fa portatore: “La demolizione delle aree suburbane è una forma di civilizzazione. Una città efficiente – l’architetto cita il presidente Barack Obama - è una città compatta”. Il movimento, anche detto New Urbanism, si pone da antagonista alla suburbanizzazione – quel processo contemporaneo di espansione geografica delle città - perché genera una minore densità abitativa: le persone vivono in un’area, in un’altra lavorano, in un’altra ancora

fanno acquisti, e per divertirsi si recano in una nuova zona. Per muoversi da un quartiere all’altro, l’auto risulta quindi indispensabile. “Le reti di trasporto pubblico – evidenzia l’urbanista - non sono infatti sufficientemente sviluppate, e mancano spesso infrastrutture come marciapiedi o piste ciclabili. Spostarsi in macchina – continua Tagliaventi - contribuisce quindi a creare traffico, e il traffico significa inquinamento”. Integrare le aree funzionali di una città, sarebbe, quindi, “un modo - spiega il professore – per sviluppare una comunità vivace: la gente potrebbe scegliere se prendere l’auto o lasciarla in garage, poiché i nuovi quartieri urbani sarebbero progettati tenendo conto di tutte le esigenze dei loro abitanti. Ogni quartiere avrebbe negozi, appartamenti, uffici, centri sportivi, piazze e parchi”. Rapida sarebbe, secondo Tagliaventi, la scomparsa dei parcheggi, come dimostrano vari progetti realizzati in America e in Europa. Il professore porta a titolo di esempio lo stadio di Toronto: ospita 60 mila posti, puntualmente prenotati, e possiede appena 400 parcheggi circa. Per vedere la partita, i tifosi vanno a piedi o in

metro: la stazione è all’interno dell’impianto sportivo. “Gli stadi dovrebbero divenire – sostiene l’architetto - veri e propri isolati urbani al centro della città, intorno a cui costruire piazze, negozi, musei, palestre: un progetto di questo tipo, come è stato provato in America e Il movimento del Nuovo in varie città europee, dà un ritrovaUrbanesimo potrebbe presto to senso di identità concretizzarsi in progetti urbani alla città”. anche in Italia, candidata ai Circa 500 milioni Campionati europei del 2016. di dollari, questo l’investimento per Nel frattempo Tagliaventi costruire la maggior parte degli stadi ha presentato un piano di americani. Un nuovo tipo di impianristrutturazione secondo i canoni to sportivo che è stato definito non a caso “eco-stadio”, dato che porte- Uefa dello stadio “Renato Dall'Ara” rebbe ad una drastica riduzione della di Bologna. “Può diventare – congestione stradale e alla conservaauspica l'architetto - il centro di zione storica dei centri cittadini. Ma un nuovo distretto sportivo, che c’è un altro aspetto da non dimenticacontribuirà alla riqualificazione re, come spiega uno dei collaboratori dell'intero quartiere. Su 15 di Tagliaventi, l’ingegnere Alessandro ettari, oggi vuoti e di proprietà Bucci: “Una rivoluzione urbanistica di questo tipo rappresenta anche un comunale – spiega Tagliaventi modello di gestione del territorio più progettiamo ristoranti, caffé, un efficiente, in quanto locale, e contrihotel, appartamenti, uffici, un buirebbe a creare una maggiore sicuWellness Center, palestre, il Museo rezza, sia stradale che sociale, nei vari del Bologna F.C. 1909 e, anche, distretti urbani”. parcheggi”. “Un centro – conclude Ricostruire un tessuto urbano semil professore – che sarebbe bra coincidere dunque con la creazione di un nuovo tessuto sociale, e quinfinalmente accessibile alle di culturale: appare allora indubbio il famiglie, che potranno trovarsi miglioramento della qualità della vita a varie ore del giorno durante degli abitanti delle città.

BOLOGNA: IL “DALL’ARA” CITTADELLA DELLO SPORT

L’architetto Tagliaventi: “Una città compatta è

più efficiente

e inquina meno”

Piazze, negozi

e musei attorno ad arene calcistiche

polifunzionali

raggiungibili a piedi

l'intera settimana, come avviene nei più importanti stadi europei e americani”. Lo stadio non apparirà più dunque come un'astronave atterrata nel mezzo della campagna, circondata da enormi parcheggi, ma un luogo urbano, conviviale, alla scala della città. “Un luogo aperto – sottolinea Tagliaventi - dove si possa fare la spesa, incontrare amici, praticare sport e partecipare a eventi sportivi”.

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ISSN 2037-4461

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EDITORE: Edit Italia s.r.l Direzione, Amministrazione, Redazione: Ferrara V.le Cavour, 21Tel. 0532.200033 Fax 0532.247269 Amministratore delegato: ROBERTO AMADORI

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Registrazione Tribunale di Ravenna n. 1343 dell’11/01/2010 Direttore responsabile: ROBERTO AMADORI Art Director: SERGIO TOMASI

Redazione: ROBERTO AMADORI, ROMINA BUTTINI, RAFFAELE QUAGLIO, GIAMBALDO PERUGINI, CLAUDIA RICCI, MARA RICCI, SERGIO TOMASI, SCOOP MEDIA EDIT soc. coop. Stampa CSQ Spa Erbusco (BS)



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