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Sabato 30 gennaio 2010 anno I numero 01

CaFFè da passerella

Eco-naso per Paris a pag. 5

copia gratuita

a pag. 3

indennità da

La

INCENERITORE a pag. 7 RISO da camminare a pag. 9 La Senape ti mette le ALI a pag. 11

PIANTA che a l l u n g a la VITA Parola di

a pag. 13

SCOUT

a pag. 14

Essere o benessere? sono dedicate a coloro che affrontano ogni nuovo giorno come una sfida, un foglio bianco in cui inserire nuovi concetti di progresso e società. Perché se oggi la parola d’ordine è sostenibilità, è soltanto attraverso la conoscenza che si può trovare la chiave di volta per adottare comportamenti corretti. Il nostro, dunque, vuole essere un piccolo contributo per accedere a nuovi scenari di conoscenza, fornendo una panoramica delle vie d’accesso a

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tutto ciò che è evoluzione nel rispetto della natura: dalla bioedilizia alle energie rinnovabili, dal turismo verde ai rimedi naturali per la salute, dal riciclo dei materiali alle nuove forme di utilizzo corretto dell’ambiente che ci circonda. In questo percorso ci faremo guidare, come un faro, da alcuni interrogativi: sapremo diventare abbastanza sensibili da cogliere e rispettare la complessità del nostro pianeta supe-

rando paure e necessità immediate? Saremo capaci di pensare ad un sistema economico che consideri le conseguenze, anche minime, su ogni essere vivente? Sapremo pensare come un ecosistema e vivere come elementi utili alla nostra Biosfera? Tutti noi, lettori di Biosfera, terremo gli occhi e la mente aperti per raccogliere ogni segnale di questo cambiamento, immaginando, tra queste pagine, il nostro domani. Adesso. La Redazione

i brand nella foto sono stati usati al solo scopo dimostrativo”

Ad ogni epoca corrisponde una sfida: la conquista del fuoco, la scrittura, l’agricoltura, la civiltà industriale. La sfida del tempo presente è dimostrare la nostra capacità di vivere in armonia con l’ambiente. Un equilibrio da raggiungere al più presto, per non continuare a mettere in pericolo la vita stessa; del pianeta e, di conseguenza, di tutti noi. Queste pagine, realizzate con carta riciclata e non trattata chimicamente,


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Il caffè? Una borsa prêt-à-porter un sogno: gli ingredienti? Qualche sacchetto da caffè chiesto a un amico barista, forbici, ago e filo. E ad agosto 2008, il brevetto. L’impresa. La promozione. Le sfilate. La vendita.

University, College -. La stessa cinghia per la tracolla sfrutta un’idea innovativa – già presente sul mercato - delle cinture di sicurezza dei veicoli destinati alla demolizione.

Azzalin, nella sua personale aroma-

Aromabag è un progetto basato su

Un fragrante aroma di caffè e un rigoroso made in Italy: è Aromabag, la borsa cucita sull’idea dell’artigianato creativo ed ecosostenibile.

bag, porta sempre una matita e un taccuino. “Mi piace guardare cosa indossa la gente: le donne e i giovani, specialmente. E quando qualche idea mi colpisce prendo appunti, faccio qualche disegno e appena torno a casa sviluppo il progetto”. Dall’idea alla sua realizzazione concreta: al desk di questo giovane laureando non c’è il solito computer, ma la macchina da cucire. Dopo aver raccolto le buste necessarie – da otto a venti, a seconda della grandezza di ciascuna confezione e modello –, taglia e intreccia i sacchetti di caffè tramite resistenti finiture in poliestere. La sua prima macchina da cucire era una Singer a pedale della nonna, da cui ha imparato l’arte della tessitura: una passione che gli è entrata nel dna. In questo progetto lo aiuta anche la mamma, una casalinga attivissima. Il passo successivo è infine la consegna del modello ad alcune delle sue più affezionate clienti: “Lo testeranno in vista del modello definitivo, mi segnaleranno eventuali difetti e mi consiglieranno che modifiche apportare al mio progetto”, spiega l’artigiano delle borse prêt-à-porter.

5 “R”: Rifiuto, Recupero, Riciclo, Restyling, Ritorno di immagine. “Intendo creare una rete di torrefazioni “virtuose” – auspica Azzalin – per trasformare il sacchetto del caffè, da rifiuto difficilmente recuperabile, a immagine “green” dell’azienda”. Infatti il recupero è duplice: “Da una parte – spiega Azzalin - si riutilizza il sacchetto nella sua fisicità, ma d’altra parte si lancia un’immagine nuova del marchio e, quindi, dell’azienda produttrice di caffè”. Costadoro S.p.A. di Torino e Krifi Caffè S.p.A. di Ferrara sono due nomi che spiccano nella catena di aziende che hanno già sottoscritto il contratto con Aromabag. Un contratto a costo zero, che va a tutela dei brand delle torrefazioni.

Lo stilista è un giovane ventiseienne di Porto Tolle, Steve Azzalin, studente di Comunicazione all’Università di Ferrara e artigiano con la passione per l’autoproduzione: quando aveva cinque anni, le tradizionali macchinine non se le faceva regalare, ma se le costruiva con bucce d’arancia e stecchetti. Una passione che è cresciuta nel tempo, e che lo ha portato a fabbricarsi da sé birra, liquori e sapone. Autoproduzione, ma anche sensibilità ambientale: una lunga esperienza negli scout lo ha condotto negli anni a tingere di verde le sue potenzialità creative. Aromabag è nata da un percorso di vita, e ha preso forma due anni fa, in occasione di un viaggio a Lisbona: stringeva un bel sacchetto di caffè dello storico Café Nicola, mentre dentro cresceva la voglia di avere una borsa “unica”. Ecco allora l’idea. Dall’idea viene il progetto e quindi l’entusiasmo di realizzare

Aromabag

ha già venduto oltre 500 pezzi

I modelli per il momento sono sei, tre stile “shopper” - Easy, City e Sun - , e tre con tracolla Campus,

sono già in fase di studio molti altri prodotti. Un esempio? Le tovagliette per la colazione”. Intanto Aromabag calca le passerelle italiane della moda verde: è stata accessorio principe della recente sfilata

Borsa da caffè, ago, filo e... sfilata

Trendy e originale, con quel suo profumo inconfondibile di caffè che si porta sempre appresso, Aromabag ha già venduto oltre cinquecento pezzi, unici nella loro fattura perché tagliati e cuciti singolarmente e a mano: e saranno presto acquistabili presso un circuito selezionato di commercianti. “Per ora – anticipa Azzalin l’impresa punta sulle borse, ma

“Green à Porter – La moda a chilometro zero” al Teatro San Martino di Bologna, e Azzalin ha appena confermato l’invito alla Fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili,“Fa’ la cosa giusta!” di Milano, presso Critical Fashion, la sezione speciale dell’anno - vetrina privilegiata per il vestire etico e sostenibile - , che si terrà il 12-14 marzo. Per informazioni e prenotazioni: www.aromabag.it, info@aromabag.it. Aggiornamenti periodici sono nella fan page “Aromabag” di Facebook.

i brand nella foto sono stati usati al solo scopo dimostrativo”

L’idea di creare un accessorio di moda nata da un giovane studente universitario


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Naso anti-smog per Paris Hilton L’ereditiera si è sottoposta ad un nuovo intervento a Bologna dal chirurgo Paolo Gottarelli Faringite, raffreddore, apnea notturna, russamento, cefalea, allergia, sinusite: sono solo alcune delle patologie legate ad una cattiva respirazione nasale. Per tante persone, la manna degli spray nasali vasocostrittori si trasforma spesso in una vera e propria dipendenza. La soluzione definitiva però esiste, e si chiama “metodo Gottarelli”. Noto alla stampa come “naso ecologico”, è l’operazione alla quale si è recentemente sottoposta la famosa ereditiera protagonista delle cronache di gossip, Paris Hilton: si dice abbia collezionato già otto interventi di chirurgia nasale, e ha dato un’anticipazione della sua

“svolta verde” alla rivista statunitense Girl: “Penso – ha dichiarato la modella - che i filtri nasali siano insufficienti per fermare gas e polveri sottili che ci assediano nelle metropoli”. Racconta della sua rinite cronica, che l’ha spinta a desiderare una soluzione chirurgica, affinché il suo naso abbia “maggiori difese”, dato che, sostiene, “l’ecologia del proprio corpo parte dal naso”. Questa intenzione l’ha condotta a Bologna, dal suo chirurgo rinoplastico, Paolo Gottarelli. Passione ed entusiasmo stimolano da trent’anni la ricerca del professore. Il suo metodo innovativo si basa sulla precisa applicazione integrata di tre tecniche: la rinoplastica strutturale di Dean Toriumi, la rinoplastica vettoriale della punta di John Tebbetts e la turbinoplastica inferiore da lui stesso ideata. “Uno dei punti focali di questo intervento – spiega Gottarelli – è la Mit (Modified Inferior Turbinoplasty), ovvero “sette mosse in sette minuti”, per ripristinare il volume dei turbinati: l’operazione è molto meno invasiva delle precedenti, perché evita le emorragie e l’uso di fastidiosi tamponi; di conseguenza – assicura – la convalescenza è più breve”. La Mit permette infatti una più ampia visualizzazione del cornetto inferiore osseo ed evita le emorragie suturando, con un filo riassorbibile, il turbinato rimpicciolito. “A seguito di incidenti sportivi – spiega il chirurgo ho provato personalmente la ‘gioia’ dei tamponi interni: l’ho trovata tremenda”. Questa esperienza personale ha spinto Gottarelli a elaborare un intervento “efficace, duraturo e ben sopportabile”. La durata dell’intervento oscilla fra i 60 ed i 90 minuti, e la frontiera del “non dolore senza tamponi” è stata raggiunta. Il ricovero non raggiunge le ventiquattro

ore. A tre giorni dall’intervento il paziente può tornare al lavoro, mentre porterà dei cerottini ed uno splint di plastica per sette giorni, tanti quanti sono necessari per riprendere l’attività sportiva. Il naso sarà stabile, come prima, dopo circa un mese. Gottarelli cura il naso nella sua interezza, nel pieno rispetto della funzione respiratoria - olfattoria e fonatoria - e della forma: “due aspetti legati in modo indissolubile”, spiega il chirurgo. Non si tratta di interventi funzionali o estetici, ma di “una vera e propria rinoplastica globale”. “Quando un paziente – racconta il medico – mi dice che sarebbe sufficiente una limatina del dorso troppo alto, inorridisco. Una struttura solida, infatti, se viene abbassata, mostra un suo allungamento, e quindi perde di naturalezza. Il naso è come un grande ‘puzzle’ - continua il professore - i rimodellamenti devono avvenire sempre nel rispetto di una visione globale del naso e del viso”. Il metodo Gottarelli segue i tradizionali passaggi di un intervento chirurgico: innanzitutto la diagnosi, funzionale ed estetica. Si procede con la tomografia assiale computerizzata dei seni paranasali: è l’unico esame strumentale, e non invasivo, che offre tutte le informazioni sulle eventuali alterazioni anatomiche. Il secondo passaggio diagnostico riguarda l’analisi morfologica della piramide nasale, sotto il duplice profilo delle alterazioni fisiche e degli eventuali desideri del paziente. “Il metodo – spiega il professore - che creai nel 1991, e che presentai al Congresso italiano della Società di chirurgia plastica del ‘96, consiste nel rapportarmi con il paziente davanti al monitor del computer, per visualizzare le modifiche richieste, e saggiare immediatamente le risposte emotive dell’interessato. Utilizzando questa metodica virtuale – continua il chirurgo -, ho un 90% di persone che si dichiarano più soddisfatte del risultato reale postoperatorio, rispet-

La modella: “l’ecologia del proprio corpo parte dal respiro”

to a quello virtuale. Questo apparente miracolo – evidenzia Gottarelli - avviene per due motivi: il primo è che utilizzo il programma di fotoritocco non al 100% delle sue possibilità, per mantenere un margine operativo; la seconda ragione di questo successo è dato dalla rinoplastica globale”. Dopo la fase di diagnosi, l’obbiettivo è quello di creare un naso che abbia un setto in asse, la valvola nasale che funzioni al meglio e i turbinati inferiori che abbiano le giuste dimensioni: ciò per garantire una buona funzionalità nasale. A questo punto, ci si occupa della parte estetica. “È importante – sottolinea Gottarelli - ricordare a coloro che desiderano un intervento correttivo estetico - in genere si tratta di una rinoplastica riduttiva - che a una riduzione delle dimensioni del naso, può corrispondere una minore funzionalità. Perciò – avverte il medico - è indispensabile che il chirurgo sappia trattare il naso sotto ogni aspetto, non ultimo anche sotto il profilo della chirurgia dei seni paranasali”. Senza dimenticare il requisito della naturalezza: “Un naso è naturale – spiega il chirurgo plastico - quando il rapporto dimensionale fra punta e dorso risulta ottimale e rispetta i valori normali degli angoli che il naso forma con la fronte e con il labbro superiore. Ciò – continua - deriverà anche dal nuovo equilibrio creatosi fra le tre parti del naso, ossia la parte ossea superiore, la parte intermedia cartilaginea e la punta nasale con le sue cartilagini alari”. La buona riuscita di un intervento deriva dalla scrupolosità del metodo adottato, che cancella la possibilità di dolore, recidive ed insoddisfazione del paziente. “La forza della rinoplastica globale – evidenzia il professore – consiste proprio nell’attenzione meticolosa dedicata ad ognuna delle quaranta fasi intraoperatorie”. Il successo del metodo Gottarelli lo si vede nei numeri: dal 1997 ad oggi il professore ha eseguito con esito positivo oltre 1590 rinoplastiche globali e 3182 turbinoplastiche, contando tra i propri pazienti anche star come Paris Hilton.

Gottarelli: “7 mosse in 7 minuti rispettando forma e olfatto”


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Indennità da inceneritore

Se inquini, paghi. Il pugno di ferro ecosostenibile di Forlì

Si tratterebbe, in sostanza, di una sorta di “indennità di disagio”, per la quale si potrebbe coniare il motto “se inquini, poni rimedio”. L’impianto

Sconti sulle bollette, giardinetti di quartiere, sei o sette nuovi parchi pubblici sparsi per la città. Il Comune di Forlì mostra il pugno di ferro “ecosostenibile” e avanza queste ed altre richieste a beneficio dei suoi cittadini a Hera, la multiutility che ha in gestione i servizi gas, acqua e smaltimento rifiuti. E anche il nuovo inceneritore, eufemisticamente chiamato dagli addetti ai lavori “termovalorizzatore”.

Nello specifico, il sindaco, Roberto Balzani, intende richiedere ad Hera di estendere le aree verdi che ha attualmente in cantiere: l’autorizzazione prevedeva otto ettari in cui piantare alberi, ma l’obiettivo ora sono anche le aree verdi attrezzate. Lo conferma l’assessore all’Ambiente, Alberto Bellini, che spiega come l’amministrazione chieda a Hera di “arrivare a 9 o 9,5 ettari, ma realizzando anche aree attrezzate, giardini pubblici nella zona di Coriano, vicina all’inceneritore, ma anche in altre zone della città”.

di smaltimento rifiuti, già denominato “terza Linea” (poiché sostituisce i due forni dismessi a gennaio dell’anno scorso), provoca un disagio che va indennizzato, sostiene infatti il sindaco. Se su questo punto le trattative sono in corso, altrettanto non si può dire per il versante reti gas, per il quale la parola “no” dell’am-

ministrazione sembra essere ormai definitiva. Dal 2007 Hera, contestando il contratto di servizio per le reti gas, ha deciso unilateralmente di pagare 800mila euro di canone annuo in meno rispetto alla cifra concordata (pari a 6 milioni e 800mila euro). Un contenzioso che rischia, a detta del primo cittadino romagnolo di diventare “pericoloso” per i rapporti “non facili” con la multiutility. Sembra quindi proprio non esserci scampo per Hera sul fronte della rete del gas: Balzani è fermo nel sostenere che rimarrà di proprietà comunale. Una scelta alternativa a quella fatta dai Comuni di Ravenna, Ferrara, Imola e Faenza. Il Comune di Forlì, insomma, non parteciperà all’aumento di capitale del 1% di Hera holding, passando dal 2,02% all’1,96% di proprietà. I rapporti conflittuali con Hera continuano anche su un altro versante, quello che riguarda l’eliminazione delle Sot, le sette società territoriali in cui è divisa Hera holding nelle diverse realtà comunali. Infatti, nonostante la soppressione delle Sot comporterà un taglio delle spe-

se (90mila euro solo per la Sot di Forlì-Cesena), “questa scelta non favorisce – ha spiegato Balzani - i territori, mentre rafforza l’identità aziendale di Hera come soggetto capitalistico”. Ma l’anima “verde” del Comune non si esplica solo alzando la voce nei confronti della multi servizi bolognese. La parola d’ordine della nuova giunta è chiara e concreta: eco sostenibilità a 360 gradi. Ecco allora che anche la raccolta differenziata porta a porta emerge tra le sue priorità. Poiché c’è “una abnorme produzione pro capite di rifiuti” ha dichiarato il sindaco. Una scelta di politica ambientale che è stata anche sostenuta dall’autorevole parere del professor Paul Connett, docente di Chimica Generale, Chimica Ambientale e Tossicologia presso l’Università St. Lawrence, Canton, New York, giunto a Forlì martedì 19 gennaio. Che ha previsto: “Concentrandosi sulla raccolta porta a porta in pochi anni la città potrebbe chiudere l’inceneritore per i rifiuti urbani”. Contestualizzando la realtà forlivese, l’esperto ha sottolineato come la Pianura Padana sia già una delle zone più inquinate: “I rischi degli inceneritori li vedremo tra 20 anni – ha sottolineato -, ma che il rischio sia grande o piccolo, non bisogna correrlo. Le due preoccupazioni principali sono la produzione di diossine, che si accumulano nei grassi animali, e quella di nano particelle, il pericolo più grave per i nostri tessuti”.


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La rivoluzione dei pavimenti di riso Dieci anni di ricerca hanno prodotto un materiale inalterabile, ecologico e a prova di futuro La formula: lolla di riso (la parte esterna del chicco) al 60%, sale comune al 22%, olio minerale per il restante 18%. Il risultato: Resysta. Un materiale ibrido che risulta quasi identico al legno tropicale e permette decisivi vantaggi di impiego. Dopo una intensa attività di ricerca di oltre dieci anni, l’azienda Münchener Boulevard Möbel GmbH annuncia così la nascita del marchio Resysta. Un marchio che contraddistingue un prodotto estremamente resistente alle intemperie e all’acqua salata, inattaccabile da insetti e funghi e, soprattutto, rispettoso dell’ambiente. Con Resysta si possono realizzare pavimentazioni per esterni e per interni,

mobili da giardino e molto altro ancora. Il prodotto finale, infatti, viene lavorato come il legno con macchine utensili normali: tagliato, levigato, verniciato, oliato e incollato. Inoltre grazie alla sua particolare composizione, la superficie rimane priva di fessure e anche le lesioni che provocano schegge di legno saranno solo un ricordo del passato. Anche dopo anni, Resysta garantisce sempre una piacevole sensazione. Inoltre con Resysta ognuno può contribuire alla tutela delle foreste pluviali tropicali dal momento che non un solo albero ha bisogno di essere abbattuto. A differenza di tutti i rivestimenti finora disponibili, i prodotti Resysta - grazie alla componente di lolla di riso, imputrescibile, impermeabile e inattaccabile da parassiti e funghi - sono particolarmente adatti ad essere utilizzati per pavimentazioni di piscine, centri benessere, moli e barche.

E’ del tutto simile al legno ma non si gonfia e non si scheggia

È proprio nelle zone umide, infatti, che Resysta può dimostrare le sue caratteristiche altamente tecnologiche. Resysta ha l’aspetto del legno ma col vantaggio di non temere il sole, la pioggia o la neve; non si gonfia, non si spezza e non si scheggia; è garantito dal produttore per 15 anni ed è un prodotto riciclabile. Le possibilità di utilizzare i pavimenti Resysta sono versatili. Non sono fissati limiti all’immaginazione: Münchener Boulevard Möbel è aperto a tutti i suggerimenti e idee creative da parte di architetti e utenti. Le colorazioni che meglio sottolineano l’eleganza dei prodotti Resysta sono: “Birmania Teak” che conferisce ai materiale la tonalità calda del teak e “Siam Teak” con sfumature

armoniche di marrone. Sono comunque applicabili anche tutte le altre sfumature di colore. Resysta, inoltre,offre la possibilità di scegliere tra due configurazioni: liscia o ondulata. Ma non importa quale faccia si scelga perché in entrambi i casi le pavimentazioni Resysta restano la soluzione perfetta per chi ama il legno e la manutenzione minima. Il marchio Resysta, particolarmente vantaggioso e dalle notevoli proprietà igieniche, è una rivoluzione anche nel settore del mobile. Infatti, dopo il successo del lancio della prima collezione di Resysta dello scorso anno, la Münchener Boulevard Möbel GmbH ha da poco presentato la “Resysta Furniture Collection 2010”, la nuova era per tutti gli utenti di mobili da giardino che soddisferà finalmente tutte le esigenze di uno stile di vita all’aria aperta, dai tavoli da pranzo alle sedie ai lettini relax. Linee semplici e design raffinato, ma soprattutto un materiale che offre una ineguagliata garanzia di comfort e durevolezza affiancata ad un look versatile.


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Un po’ di senape per alzarsi in volo Esempi di vita oltre il petrolio: un Boeing 747 ha viaggiato grazie a un mix di cherosene e camelina Energie rinnovabili, fonti rinnovabili, agroenergie, biomasse, fotovoltaico, energia eolica. Sono molteplici i neologismi che da qualche anno a questa parte sono entrati a fare parte – e lo faranno sempre con frequenza maggiore – del nostro quotidiano. Vuoi per la dipendenza che crea l’importazione del petrolio come fonte primaria da cui ricavare combustibili, vuoi perché le riserve dell’oro nero non sono inesauribili, vuoi per la riduzione dell’impatto ambientale, imperativo mondiale per contrastare in primis l’inquinamento atmosferico, acquatico e per contribuire alla riduzione del surriscaldamento del pianeta. Ma cosa sono le energie rinnovabili? Sono q u e l l e

forme di energia che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono "esauribili" nella scala dei tempi "umani" e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future. Alla luce di ciò, per energie rinnovabili si intendono elementi quale il sole, il mare, il vento, il calore proveniente dal sottosuolo che vanno a contrapporsi con quelle non rinnovabili quali petrolio, carbone, gas naturale etc. Tra le più recenti tematiche legate alle energie che vanno in direzione “green” ci sono le agroenergie, il cui studio ha dato origine ad esperimenti

– che tra non molto potrebbero diventare una routine impensabile qualche decennio fa – quantomeno originali, ma che fanno riflettere parecchio su quali sono state le basi su cui ha poggiato il pianeta fino ad oggi. E se pensiamo che nel 2009 l’Italia ha importato oltre i tre quarti del fabbisogno di energia, nell’Unione Europea la cifra si attesta sul 50%: tutto ciò che può arrivare per diminuire tale spesa e che si dimostri a basso impatto ambientale viene ovviamente valutato con attenzione. Partiamo da che cosa sono le agroenergie, ovvero la potenzialità energetica che si può ricavare dai processi agricoli come produzione di biocarburante (biodiesel, bioetanolo), ma anche dalle biomasse come per esempio il legno. Ed a proposito di legno, un esempio concreto che dimostra che a piccoli passi le

energie “green” possano far diminuire la dipendenza dal petrolio è quello già attivo in Alto Adige, dove il teleriscaldamento è basato sulla fonte rinnovabile legno. Gli elementi che hanno spinto nella direzione del riscaldamento agro energetico: quasi la metà del territorio è infatti ricoperto da boschi; il legno ha un valore neutro di anidride carbonica ed è fonte rinnovabile, non andando in esaurimento. E ad implementare la quantità di legname, gli

scarti delle numerose segherie dell’Alto Adige. Ma fin che si parla di legna l’innovazione nella produzione di energie magari fa poco riflettere sulle opportunità fornite dalla natura. Passiamo quindi ad una pianta, chiamata in gergo falso lino, nome comune della Camelina Sativa (stessa famiglia della senape), nell’antichità usato per l’alimentazione perché di facile coltivazione, che si trova nell'Europa del Nord, Finlandia e Romania. Bene: una miscela paritaria di cherosene e di Camelina (dalla pianta e dai semi si estrae l’olio) ha permesso… il volo di un Boeing 747, della compagnia che batte bandiera olandese Klm. Un biodiesel sostenibile – ridotta dell’80% l’emissione di CO2 - ricavabile da una pianta che offre opportunità ad ampio raggio: la pianta porta bassi costi di piantagione e manutenzione, si adatta a condizioni meteorologiche difficili, aggiunge sostanze preziose ai terreni aiutando la crescita di altre coltivazioni ed è stato scientificamente appurato che aiuta a ridurre le malattie delle piante successivamente ruotate; infine, gli scarti della sua lavorazione forniscono un mangime di ottima fattura. La Camelina non è stata però l’unico vegetale sperimentato in tal senso: altri esperimenti sono stati effettuati con miscele contenenti noci di cocco, Jatropha Curcas (piante della famiglia delle Euforbiacee) e persino alghe. Addirittura nel 2008 è stata costituito un organismo internazionale atto alla diffusione dei biocarburanti nel

settore aeronautico, fondato da costruttori e compagnie aeree. Altri esempi di biocombustione sono offerti dal sorgo dolce – una delle prime grandi piante addomesticate dall’uomo e simile alla canna da zucchero- per arrivare al bioetanolo, e sempre all’etanolo si arriva dalla più conosciuta manioca; e biodiesel si ottiene dal Millefoglio d’acqua, pianta infestante acquatica perenne diffusa negli Usa. Ma non finisce qui. Energia si ricava dalle biomasse, ovvero tutte le sostanze organiche, vegetali o animali che siano, da cui è possibile ricavare energia; e addirittura è stata testata la produzione di energia elettrica dal girasole altoleico (ed anche dagli oli di colza e soia). Sempre in tema di energia verde, un argomento che da sempre ha connotato il territorio emiliano romagnolo: lo zuccherificio. All’inizio del 2006 l’Italia sposò la linea europea in merito alla riconversione degli impianti saccariferi per destinarli alla produzione di agroenergie da bio-masse a bio-diesel a bio-etanolo. Gli stabilimenti rimasti attivi da 19 passarono a 15 per un investimento di 1,3 miliardi di euro. A distanza di tre anni, larga parte di questi nuovi impianti sono fermi dopo la riforma del mercato Ocm: fra i 5 già avviati sulla nuova strada anche quello di Pontelagoscuro (la cui produzione è stata spostata ad Argenta), al pari di quello di San Pietro in Casale (Bo) destinato alla trasformazione dei prodotti ortofrutticoli e di contenitori in cellulosa. Il 2010 sarà l’anno di partenza per gli stabilimenti di Porto Viro (Ro), Russi (Ra) e Finale Emilia (Mo): la produzione del primo Kilowatt/ora è in agenda per il 2011.

Nel 2009 l’Italia ha importato oltre i 3/4 del fabbisogno di energia


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Aloe Vera, dalla natura un dono alla vita Storia e proprietà curative della pianta denominata la “guaritrice silenziosa” Medicina alternativa significa "medicina che non segue i concetti medici vigenti". Si capisce bene che il campo della medicina alternativa non solo non ha limiti ben definiti, ma è aperto a numerose forme e soluzioni in continua evoluzione. Non meraviglia quindi che nell’arco di un ventennio si sia passati dal rimedio della nonna e l’omeopatia ed i suoi famosi Fiori di Bach alle innumerevoli forme odierne di medicina non convenzionale, una scelta per ogni esigenza: dalla cromoterapia alla cristalloterapia, dalla medicina ayurvedica alla medicina naturopatica fino alla musicoterapia.

immergesse anche in un preparato contenente polpa di aloe. Forse il segreto della sua bellezza? Dagli egizi ai Sumeri (e alla l o r o pianta dalle magic h e virtù), agli arabi (che la chiamavano giglio del deserto), alla pianta veniva addirittura attribuita l’invulnerabilità, tanto che Alessandro Magno ne fece coltivare intere piantagioni in maniera da averne sempre a disposizione durante qualsiasi battaglia.

Cicatrizzante, antinfiammatoria e rallenta l’invecchiamento

In tutto questo eterogeneo panorama, c’è un elemento che ha attraversato i secoli e che accompagna l’evoluzione del concetto di rimedio sanitario naturale: l’aloe. C’è chi la chiama “pianta naturale per il pronto soccorso”, chi “guaritrice silenziosa”: da sempre sono state apprezzate le virtù dell’Aloe Barbadensis Miller o più comunemente chiamata Aloe Vera, che vanta oltre 300 varietà nella stessa famiglia, quella delle Liliacee. Il suo spettro d’azione? Dalle proprietà curative a quelle cosmetiche e depurative, non sono ancora tutte note le sue peculiarità. Forse perché sono centinaia i composti contenuti in quella che comunemente definiamo pianta grassa e che spesso è utilizzata come pianta ornamentale. La sua presenza è fatta risalire addirittura al tempo degli Egizi: il Papiro di Ebers, la cui presenza è databile al 1500 a.C., è straordinaria testimonianza di quanto l’austera aloe passi trasversalmente i secoli restando punto di riferimento per medicamenti e preparazioni galeniche. Non basta. L’aloe, ribattezzata “pianta dell'immortalità”, veniva utilizzata anche per preparare un composto atto all’imbalsamazione; ed oltre al bagno nel latte Cleopatra pare si

Addirittura la Bibbia cita il vegetale nella cura delle ferite di Cristo, possibili grazie al suo potere cicatrizzante ed antidolorifico. Alla fine dell’Ottocento anche l’archeologia rende onore all’aloe: nei pressi di Baghdad, dove nel 2000 a.C. sorgeva l’antica Mesopotamia, alcune scritte cuneiformi su tavolette riportavano le doti di piante le cui “foglie assomigliavano a foderi di coltelli". E in queste foglie a forma di lancia è contenuto un gel trasparente e denso, unione di succo e polpa, che contiene oltre settanta composti sfruttabili dall’uomo. L’aloe infatti è a detta di molti il vegetale che in natura offre più sostanze chimiche (dalle vitamine agli aminoacidi, dai fosfolipidi ai sali minerali, poi enzimi, saponine, lignine) e proprietà medicamentose intrinseche: dalla capacità antinfiammatoria a quella antimicotica a quella analgesica, per non parlare dell’alto valore nutritivo. Alla luce di tale poliedricità curativa, nel 1959 la Food and Drug Administration, l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, sancì ufficialmente le proprietà terapeutiche di questo simil arbusto.

c o n un eviacquispine da poco del Sud, ropa la la proabbonfacilmenin luoghi quali AfriLatina, GreIsraele e

tenenti al loro interno dente parenchima fero, e che conta le solamente sui lati, è coltivata nell’Italia anche se in EuSpagna detiene duzione più dante. L’aloe è te reperibile caldi e asciutti ca, America cia, Brasile, Australia.

L’aloe può già di primo suo succo asregolarità e a rendendo l’asto dei suoi prinmassimaregola molte funzioni dell'organismo producend o u n b e nessere diffuso immediato. Il tutto perché vengono favoriti sia la digestione che il

Gli Egizi la chiamavano la pianta dell’immortalità

Questa pianta succulenta perenne, che arriva anche al metro di altezza, che presenta foglie a forma lanceolata disposte a ciuffo, con apice acuto

transito intestinale, aumentata l’attività della flora batterica – tre attitudini che fanno della pianta un naturale supporto in casi di gastrite, bruciori di stomaco, colite, sindrome del colon irritabile e reumatismi - aumentata l’attività

essere utile mattino: il sunto con digiuno, sorbimencipi attivi le,

del sistema immunitario e diminuita la velocità del processo di invecchiamento. E la sua capacità di ridurre l’impatto dello stress su pelle, denti, ossa e capelli spiegano i molteplici prodotti presenti in commercio che pubblicizzano il contenuto in aloe (dentifrici, shampoo, creme cosmetiche etc.). Passando chimiche l’aloe è debelcutap e s e

alle proprietà antisettiche, utilizzato per lare infezioni nee ed interne: dall’acne all’heralle scottature addirittura per le ustioni, dall’artrite reumatoide agli streptococchi ed un’ampia gamma di funghi, virus e batteri. Senza dimenticare l’effetto lassativo degli antrachinoni contenuti dalle foglie; oltre ad essere rimedio per le fastidiose sindromi premestruali. Ma quali sono le forme farmaceutiche sotto cui possiamo trovare i composti a base di aloe?

Naturalmente, in base all’uso (interno, topico, cosmetico etc.), possiamo utilizzare il succo condensato ottenuto per incisione degli strati superficiali delle foglie ad alto contenuto acquoso e concentrato tramite ebollizione - e il gel che cola dopo aver inciso profondamente le foglie; ancora, aloe in polvere (per essicazione del succo), pastiglie e pomate. L’industria farmaceutica esporta i benefici dell’aloe sottoforma di creme, tinture, lozioni, latte per il corpo ed altri prodotti ancora. E nei casi di scottatura può addirittura essere utilizzata direttamente la foglia aperta sulla parte lesa. Le controindicazioni sono davvero ridotte all’osso: da chi soffre di allergie alle Liliacee (che sfociano in dermatiti e orticarie), alle normali precauzioni in stato di gravidanza.


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Pantaloni corti e fazzoletto al Gli esploratori non sono solo avventurosi scienziati che scoprono le zone più remote del mondo. Qualche piccolo Indiana Jones si può trovare anche sotto casa: sono gli scout, che, solo in Italia, sono organizzati in oltre venti associazioni. La più numerosa è l’Agesci, associazione guide e scout cattolici italiani, che conta oltre 177 mila associati: sono 743 nella zona di Ferrara. Elias Becciu è il coordinatore dei capi dei clan (i gruppi degli scout over 16) della zona di Ferrara, Porto Garibaldi, Mesola, Casumaro, Argenta e Ro ferrarese. A 8 anni è diventato lupetto, a 21 capo e, oggi, trentenne, ricorda i suoi 22 anni da scout. È appena tornato da tre giorni in Garfagnana: trascorsi sotto una pioggia ininterrotta, in piena emergenza piena del Serchio. Accompagnava, da maestro, trenta ragazzi tra i sedici e i ventuno anni: zaino in spalla, uniforme blu, fazzolettone al collo, scarponi, gavetta e l’immancabile chitarra. Questo l’occorrente per trascorrere la loro prima “route”, l’esperienza scout dei più grandi. “Si cresce in un gruppo di pari - spie-

ga Becciu -, in cui gli scout più cresciuti si occupano dei più giovani – come ricorda il saluto scout: il pollice protegge il mignolo -: si stringono legami, si condividono esperienze in un’ottica solidale, ci si confronta in prospettiva di una responsabilizzazione”. Responsabilità verso di sé, verso gli altri, ma anche verso l’ambiente. “Soprattutto – sottolinea Becciu -, negli scout si vive l’ambiente circostante, poiché la natura è lo spazio della nostra attività quotidiana: diventiamo così consapevoli dei limiti delle sue risorse. Allo stesso tempo – aggiunge il capo scout -, però, possiamo apprezzare la bellezza di certi fenomeni, come un’alba in montagna: nelle nostre città non abbiamo modo di goderne. La ricerca di spazi verdi cittadini – continua Becciu - si fa sempre più difficoltosa, soprattutto d’inverno: perciò nella stagione fredda si avvia la fase di progettazione: è il momento in cui sviluppare competenze, anche e soprattutto attraverso il volontariato, che svolgiamo in varie associazioni, in vista dell’attività estiva, all’aperto, nel verde”. Fin da lupetti, gli scout hanno tutto l’occorrente per sopravvivere nel bosco: accette, seghe, cordini. Becciu spiega: “La tentazione di smontare tutto, soprattutto da bambini e adolescenti, é forte: preservare invece é la meta. Abbiamo un motto – aggiunge

il maestro -: lasciare il posto migliore di come l'abbiamo trovato”. La gestione dei rifiuti, delle risorse, dello spazio é quindi costante. E a ciò, si aggiungono attività mirate all’ecosostenibilità: “Il mese scorso – racconta lo scout – abbiamo fatto il sapone a mano, come risposta all’inquinamento dei prodotti chimici. E abbiamo partecipato ai gruppi di acquisto solidale, per ragionare sull’importanza della filiera corta e dell’altro-consumo”. Un altro tema importante é quindi, aggiunge Becciu “L’essenzialità e la qualità del consumo alimentare”. Si impara facendo non è quindi solo uno slogan, ma riassume la condotta scout: è un percorso di crescita che rende davvero protagonisti: “Dall’osservazione del mondo – dice il coordinatore -,

si decide insieme cosa cambiare, sviluppando le capacità individuali e di gruppo, e traendo infine un bilancio di ciò che si è fatto”. L’organizzazione degli scout è piramidale: è gestita da una comunità di capi, ovvero da educatori, suddivisi in diarchie, coppie formate da un maschio e una femmina: ciascuna diarchia coordina un singolo gruppo. Tre sono i momenti principali del percorso: dagli 8 ai 11 anni, bambini e bambine svolgono attività basate su Il libro della giungla, che, come spiega Becciu, “offre un ambiente fantastico per giocare alla scoperta del mondo, per mettersi alla prova, insieme ad altri”: ecco che il gruppo prende il nome di “branco”, la sede si chiama “tana”, i bambini sono “lupetti”, i capi sono “vecchi lupi”, e ciascuno di loro ha il nome di uno dei personaggi del libro di Kipling. Durante la vacanza estiva del branco – la più lunga, che dura una settimana - si usano diversi libri per educare ai diversi valori dello

Fin da lupetti, sanno come sopravvivere nel bosco

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Gli scout, esempio di responsabilità verso di sé e verso l’ambiente


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collo per girare il mondo scoutismo, da quello dell’accoglienza a quello della solidarietà. Dai 12 ai 15 anni si fa parte del “reparto”, basato su varie “squadriglie”, gruppi di cinque, sei persone, o ragazzi o ragazze, in cui c’è un quindicenne che coordina tutte le attività, con l’aiuto di un quattordicenne. “Negli ultimi anni – commenta in proposito Becciu - si

sta verificando una crisi del ruolo del capo squadriglia: non si assume più la responsabilità dei più piccoli, che non lo riconoscono di conseguenza come capo autorevole; emerge inoltre – evidenzia il maestro - la crescente incapacità di progettare: i giovani scout non riescono a tradurre le conoscenze in azioni”.

Dai 16 ai 21 anni, si entra nel “clan” - un gruppo meno strutturato del reparto -, in cui i ragazzi sono liberi di organizzarsi in “pattuglia”, a seconda delle attività. Tutte le decisioni sono prese insieme, democraticamente. Spiega il capo scout: “Sono i ragazzi stessi a decidere dove andare, e che tipo di route fare. Tre sono le alternative: la route può essere “di servizio” – quest’estate un gruppo è andato in Albania, per fare animazione in due villaggi; altri due clan sono andati in Abruzzo -; può essere una route “di

Sono i ragazzi a decidere dove andare e che tipo di route fare

fede” – a contenuto religioso, come il Cammino di Santiago -; oppure “di strada” - da pellegrino, più che da trekker-”. Becciu spiega come nello scoutismo si intreccino due tipi di percorsi:“Esperienza sociale e esperienza religiosa – spiega - contribuiscono a fornire una chiave di lettura degli eventi della vita, soprattutto i più drammatici. Inoltre – conclude l’educatore -, la crescita negli scout permette indubbiamente a tanti giovani di sentirsi meno soli ed inutili”.

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