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anno nono N° primavera 2010
MAGAZINE f o n d at o d a L orenzo Paolini
DI SOCIETÀ, ARTE, CULTURA D E L L I T O R A L E L AT I N O
Nerone: santo o demone? (servizi da pag. 4) Nasce l’ANTIUM FESTIVAL (servizi da pag. 24) - Inchiesta sul porto (pag. 18) - Sbarcammo ad Anzio, una notte (pag. 20) - Ma quale sesso e sesso...! (pag. 40)
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EDITORIALE
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Nasce un evento, e con lui un magazine...
FORUM ed ANTIUM FESTIVAL vi augurano... buona cultura!
L’esperimento di varare un mensile culturale, centrato sulla storia, l’ambiente ed il sociale, con ambizioni di un certo livello qualitativo, che insista su un territorio localizzato, non ha molti precedenti. Figuriamoci poi se si tratta di un web magazine da sfogliare on-line o da scaricare sul PC e sul palmare come podcast: una scommessa audace che marcia verso il futuro. Tuttavia, se è vero che negli States le statistiche dimostrano che ormai la quantità di persone che leggono il giornale on line è quasi pari a quella dei lettori tradizionali, che gli e-book si stanno sempre di più affermando, che colossi come Amazon stanno puntando sul podcast per una diffusione dei libri sempre più capillarizzata, forse non siamo tanto folli! Ci auguriamo dunque che i lettori che tenteremo di coinvolgere attraverso un nutrito webmarketing sui social networks e verso le aziende ed i professionisti del litorale pontino e delle città dell’entroterra, rispondano entusiasti a questa nostra iniziativa, seguendoci ed interagendo con noi. Noi promettiamo loro di occuparci della cultura e dei problemi del tessuto sociale dell’area pontina e del suo litorale, coerenti con la nostra filosofia, che sarà quella dell’approfondimento obiettivo e della
riflessione insieme ai lettori, tentando l’affrancamento da qualsiasi appartenenza. Enunciare la La gente comune, indaffarata e preoccupa- filosofia di una ta dal quotidiano, non riflette purtroppo a nuova rivista, sufficienza sulle proprie idee e sulle proprie specie se essa si convinzioni. Mentre è disposta ad esamina- presenta in un re per ore i pro ed i contro sull’acquisto di un panorama afcerto tipo di automobile o sull’opportunità follato di pubdi effettuare un certo investimento, quando blicazioni di si tratta dei massimi sistemi... si limita ad ogni genere, è appartenere, senza ragionare. Poiché è facile impresa ardua. far lavorare il cervello su questioni pratiche, Ancor più arma è più difficile mettere ordine fra concet- dua se si tratti sui quali, fin dalla più tenera età abbiamo ta di annunciasubito condizionamenti: i lettini degli ana- re un prodotto listi sono affollati di individui infelici, tarati che si rivolge ad un mercato dai sensi di colpa conseguenti. che forse non Che fare? esiste. ..
EDITORIALE
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Subire e adagiarsi nelle misere sicurezze offerte dall’appartenenza e dall’omologazione, o intraprendere un percorso di conoscenza che, attraverso l’esercizio del dubbio, arricchisca la nostra mente e ci permetta una visione del mondo più complessa ed appagante? Come?!
obiettività, indipendenza dal pregiudizio, comprensione dei diritti altrui e, soprattutto, liberazione dalle catene dell’appartenenza. Come difendere i diritti di minoranze etniche o religiose dalle arroganze delle maggioranze dominanti in un certo luogo?
che atrofizza la ragione e offusca il discernimento attraverso l’ottusa droga della passione indiscussa e indiscutibile.
Questo promettiamo ai nostri lettori iniziando a ripubblicare questo magazine e riprendendo la sua tradizione iniziata a Roma quasi Come spiegare a tutti costoro, a dieci anni fa. Ecco come intendiamo fare noi: qualsiasi razza o fede apparten- Ed ora, buona lettura! - Ribaltando il nostro punto di gano, che la laicità o addirittura vista e mettendoci nei panni l’ateismo meritano lo stesso rispetto di una qualsiasi religione? dell’eventuale antagonista. - Dubitando dei dati di cui di- Come mettere d’accordo la giustisponiamo, confrontandoli, zia e la politica? E come spiegare analizzandoli e verificandone le a chi “è di sinistra” (o viceversa) che le scelte della propria parte fonti. non sono necessariamente sempre - Rivedendoli alla luce della logi- giuste e che talvolta si può essere ca: nulla è mai come appare e la d’accordo anche con le scelte della realtà è sempre più complessa parte avversa, se le si sente corrette? di quanto non sembri. - Spogliandoci dai pregiudizi es- Come conciliare le esigenze dell’etica della vita con quelle della sendo sempre obiettivi. scienza? Intendimenti che dovrebbero essere ovvi ai limiti del qualunquismo Come interagire con i diversi e e che invece riteniamo doverosi, le minoranze trattandoli come introducendo una rivista che vuole avremmo voluto che fossero trattrattare, rimanendo rigorosamente tati i nostri emigranti? super partes, problemi ed appro- Semplicemente spogliandoci da fondimenti, sia locali che generali, colori dell’appartenenza a qualsiala cui comprensione necessita di si costo, questo orribile Moloch
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Un piccolo omaggio ai nostri lettori: Sentinella, un classico “cult” della fantascienza d’Autore, scritto negli anni ‘50 da Frederic Brown. Per riflettere, oggi, sul pensiero non convenzionale. Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anni-luce da casa. Un sole straniero emanava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato, faceva d’ogni movimento un’agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d’anni, quest’angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c’era arrivato anche il nemico. Il nemico, l’unica altra razza intelligente dell’universo... crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all’erta, il fucile pronto. Lontano 50mila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle. E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più. Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante e senza squame...
da ‘Tutti i racconti (1950-1972), Fredrick Brown, 1992, Mondadori )
magazine
Fondato da Lorenzo Paolini lp@lorenzopaolini.it
Edito da “FORUM della SOCIETÀ CIVILE ONLUS” Associazione di Volontariato culturale ed intellettuale, apolitica, senza scopo di lucro e con fini di utilità sociale.
Presidente: Lucio Macchia - Direttore Responsabile: Giovanni Gregori - Direttore Editoriale: Lorenzo Paolini Aut. Tribunale di Roma N° 332/2002 - Corso Vittorio Emanuele 220, Roma - lp@lorenzopaolini.it
STORIA
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Poche figure nella storia hanno avuto la cattiva stampa che ha afflitto Nerone, in vita e post mortem. Ma fu tutto così vero?
Nerone, di Lorenzo Paolini
Al di là di icone hollywoodiane basate su una visione bigotta e ottocentesca, cerchiamo di analizzare criticamente la figura del Portodanzese più celebre...
santo o demone? Ultimo dei Giulio Claudi ad indossare la porpora, anzi, ultimo dei Giulio Claudi tout court1, lo sfortunato imperatore dopo soli 13 anni di principato ha subito due damnatio memoriae che ne hanno cancellato quasi ogni traccia: la prima, ufficiale, decretatagli dal Senato immediatamente dopo il suicidio, la seconda – de facto – inflittagli dall’apologetica e dalla letteratura cristiana che ce lo ha fatto identificare come l’archetipo del mostro, il male assoluto. Due condanne che, paradossalmente, pesano sulla sua immagine per due addebiti che probabilmente non furono del tutto giusti, mentre ben altri furono i suoi peccati imperdonabili. Il senato, infatti, lo “cancellò” per vendicarsi di provvedimenti fiscali sostan1 Le due dinastie si estinsero soprattutto a causa degli omicidi incrociati che da Livia in poi furono un vezzo di famiglia
zialmente equi e successivamente mai più tentati che, se realizzati, avrebbero favorito l’evoluzione delle classi medie: una svolta “a sinistra” che avrebbe potuto mutare la sostanziale passività dei proletari dell’Urbe, poco inclini alla produttività ed abituati a ricevere gratis (termine, non a caso, latino) panem et circenses. I cristiani lo dannarono perché, in seguito all’incendio a cui fu molto probabilmente estraneo, vennero accusati di averlo appiccato e successivamente condannati a morte. Anche di tale fatto Nerone fu probabilmente innocente: fu la folla inferocita a chiedere la testa di poche centinaia di cristiani, invisi alle masse fin da allora, testa che le venne volentieri concessa dal prefetto del pretorio e dalle magistrature. Nerone ebbe, semmai, il torto di non opporsi, ma l’entità della rappresaglia va commisurata alla durezza dei tempi ed alla gravità del fatto2. 2 Per poter stabilire dei giusti parametri di paragone basti citare un episodio ben più orrendo, accaduto oltre tre secoli dopo, in un impero ormai cristianizzato, perpetrato personalmente da Teodosio, l’imperatore che aveva emesso da pochi mesi il decreto in cui si rendeva il Cristianesimo religione di stato in tutto.
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Di una strage di tal fatta la storia quasi non si è accorta, mentre del crimine di Nerone il cristianesimo vincente ha fatto un’icona del mostruoso e dell’orrendo. Ciò premesso, non si può non riconoscere che – ad un certo punto della sua vita – Nerone si macchiò di crimini odiosi, che non possono essere assolti dalla storia. Non sto parlando di pretese “depravazioni” sessuali che scandalizzavano poco a quei tempi ed ancor meno oggi. Né mi riferisco all’omicidio di Agrippina, il cui comportamento fu tale da costringere Nerone ad una scelta fra la sua vita e quella della madre e che non fu certo una novità in una famiglia – la Giulio Claudia – in cui fin dai tempi di Livia ci si scannava l’un l’altro in quantità industriale3. Saranno gli omicidi di Britannico, di Ottavia e di Poppea incinta, e degli amici cui avrebbe dovuto riconoscenza, come Seneca, Burro, Petronio, Trasea Peto che infangheranno in eterno la sua memoria. Nel giugno del 390 la popolazione di Tessalonica (l’odierna Salonicco) si ribellò e linciò il magister militum dell’Illirico e governatore della città Buterico, colpevole di aver arrestato un famoso auriga che praticava apertamente la pederastia e di non aver permesso lo svolgimento dei Giochi Olimpici. Teodosio ordinò per rappresaglia un barbaro e cinico agguato: dopo pochi giorni venne organizzata una gara di bighe nel grande circo della città e, chiusi gli accessi, irruppero coorti di legionari a gladi sguainati che sgozzarono, fra scene di panico, circa 7000 persone inermi. In seguito l’imperatore Teodosio I (che dovette fare pubblica penitenza ai piedi del vescovo di Milano Ambrogio, inorridito per la strage) vietò definitivamente i Giochi Olimpici, ponendo fine a una storia durata 1000 anni. 3 Augusto ebbe una sola figlia, Giulia che sposò il suo amico e commilitone Agrippa, avendone tre maschi (morti, probabilmente fatti avvelenare da Livia), Giulia (poi esiliata) e Agrippina senior, che sposò Britannico. Ebbero tre maschi (due fatti eliminare da Tiberio - che fece eliminare anche Germanico marito di Agrippina - e uno, Caligola, che probabilmente eliminò Tiberio) e due femmine: Drusilla (amante di Caligola, suo fratello) e la nostra Agrippina che, come vedremo di omicidi se ne intendeva! Della discendenza di Tiberio, Druso venne fatto avvelenare dalla moglie Livilla, mentre ad eliminare il loro figlio Tiberio Gemello ci pensò Caligola.
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attesa del corteo imperiale in arrivo, preceduto da una coorte di pretoriani in alta uniforme, perché nella villa dei Giulio Claudi c’è festa grande. La sorella del nuovo imperatore Gaio Giulio Cesare Caligola (è in carica da meno di 9 mesi), Agrippina, ha appena partorito un maschietto e gli augusti parenti stanno venendo a festeggiarla.
Festa grande ad Anzio
È il 24 dicembre del 37 d.C. e, appena archiviati i Saturnali, i cittadini di Anzio hanno una nuova occasione di divertimento. Sono assiepati lungo la strada che viene da Roma, in In alto: le rovine della villa di Anzio In basso: “proclamazione di Claudio”. (Sir Lawrence Alma Tadema) pagina a lato: teste di Agrippina e Claudio pag. seguente: a destra: una quadriga, in basso: Messalina incorona Nerone (Museo di Afrodisia)
Gaio si è appena ripreso da una strana malattia che l’ha ridotto quasi in fin di vita: le occasioni di festa sono dunque molte per questa riunione di famiglia: nel corteo c’è il venticinquenne imperatore, sempre accompagnato dall’augusta sorella Drusilla (un po’ troppo accompagnato... comincia a mormorare la plebe), e c’è anche lo zio Claudio, quasi cinquantenne, a cui non dà retta nessuno, perché balbetta ed è anche un po’ zoppo. Il papà felice, Gneo Do-
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mizio Enobarbo, che ha al suo fianco la sorella Domizia Lepida con la di lei figlia dodicenne Messalina, è un personaggio che nulla ha di eroico, neppure la prestanza. Arrogante, rosso di pelo e crudele come suo padre, finora ha combinato solo guai (a parte la sine cura di un consolato due anni prima), ma è il figlio di una gran donna, Antonia figlia maggiore di Marco Antonio ed è riuscito a sposare la bella Agrippina, di 30 anni più giovane, oggi sorella dell’imperatore e nipote nientedimeno che di Augusto. Immaginiamo, dunque, questa festa nella villa sul mare che fu donata da Augusto alla madre di Agrippina: si mangia, si ascoltano musiche, si inneggia a Bacco. Certo, senza eccedere perché il giovane Gaio ha già cominciato a dare i numeri e dopo la malattia è soggetto a frequenti accessi d’ira, anche se poi ha le mani bucate ed elargisce premi e monete a chi gli sta simpatico. Chi si aspetterebbe che questo clima di festa sia destinato a naufragare in meno di tre anni nel dramma e nella follia? E come potrebbe lo zio Claudio, mentre tiene in braccio il piccolo Lucio e si complimenta con la nipotina Agrippina, immaginare che costei diverrà sua moglie e lo avvelenerà poco più di tre lustri dopo? E potrebbe mai pensare che quella ragazzina dodicenne così carina, ma che sta guardando con sospetto il cuginetto appena nato, fra tre anni sarà sua moglie per capriccio di Caligola, lo riempirà di corna,
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tramerà contro di lui e da lui verrà fatta uccidere? E, soprattutto, ci crederebbe lo zio Claudio, che già sta dando segni di impazienza per tornare a Roma tra i suoi libri e la sua monumentale opera sugli etruschi, se qualcuno gli dicesse che fra quattro anni sarà lui a succedere al giovane nipote sul trono di Augusto?
I dolori del giovane Lucio
L’infanzia dorata nella villa di Anzio, luogo sempre amato in cui sia da ragazzo che da imperatore avrebbe fatto ritorno per ritrovarvi pace e serenità, durò tre anni, poi gli eventi precipitarono: morì l’odiato ed anziano Enobarbo, morì Drusilla, forse per aborto e Caligola decise una campagna contro i britanni ed i germani, forse perché l’aria di Roma gli stava diventando irrespirabile: oltre allo sfacelo cui stava conducendo l’erario e alle follie con cui vessava senatori e magistrati, gli era venuta l’ossessione di essere adorato come un dio vivente. 4 Il piccolo Lucio viene affidato alle cure della zia Domizia. Partì con dieci legioni, al comando di Getulico e Marco Emilio Lepido (vedovo “chaperon” di Drusilla e grande amore di Agrippina) portando con sé entrambe le sorelle. 4 In particolare un episodio gli aveva alienato le ultime simpatie: riunito il Senato aveva sollecitato l’adulazione di quanti avevano fatto solenni voti nei templi per la sua guarigione. Con la scusa di ringraziarli aveva fatto sì che si facessero avanti: chi aveva offerto all’erario ogni sua ricchezza, chi addirittura la vita. Dopo averli ancora ringraziati li consegnò ai pretoriani perché, visto che la guarigione c’era stata, adempissero al voto: vennero così spogliati delle sostanze e messi a morte i più bei nomi dell’aristocrazia romana fra cui Marco Silano, suo ex suocero e discendente di Augusto.
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Le corse a Roma
Roma ha tre circhi, adibiti principalmente alle corse dei cavalli e dei carri: il più importante è il Circo Massimo che arriva a contenere fino a 385.000 spettatori; ci sono poi il repubblicano Circo Flaminio e il circo privato di Caligola, dove Nerone si esercita prima delle esibizioni.
Alla vista degli avamposti germanici, Svetonio ci racconta che la follia di Caligola divenne terrore: fuggì al galoppo per riattraversare il ponte sul Reno, intasato dai carriaggi e dalle salmerie: urlando si fece trasportare a braccia, sopra alle teste, fino alla riva opposta. Fu la classica goccia: se si era tollerata la follia, non si poteva sopportare la viltà. Nacque una congiura per sopprimerlo e innalzare alla porpora Lepido, da legittimarsi con un matrimonio con Agrippina, ma la trama venne scoperta grazie alla delazione di una prostituta. I congiurati vennero giustiziati e le due sorelle si ritrovarono esiliate a Ponza, mentre il giovane Lucio, in casa della zia cresceva sempre più come un Domizio Enobarbo: rozzo e poco educato, giacché in quei primi anni i suoi precettori furono un barbiere ed un ballerino, dal quale avrebbe imparato l’amore per la danza e per lo spettacolo.
L’imperium passa a Claudio
Caligola non arrivò mai in Britannia. Arrivato sulle rive della Manica tornò indietro, con una decisione che gli storici antichi giudicano frutto della sua follia, ma che oggi si tende ad interpretare in modo più articolato: a questa discussa figura dedicheremo una monografia in uno dei
Bighe e quadrighe, di legno molto leggero, sono condotte in piedi da un auriga in equilibrio molto precario e corrono tutte insieme girando in senso antiorario intorno alla spina, un alto zoccolo posto lungo la linea mediana del circo. Si tratta di personaggi di bassa estrazione, che guadagnano però fortune rischiando la vita e sono idolatrati dalle matrone quanto i gladiatori. A causa delle scommesse nel circo gravitano borseggiatori, truffatori, ladri e a individui di dubbia onestà, che gestiscono le quote, commerciano in oggetti vari, lucrano sulla prostituzione. Come per il calcio odierno, a Roma esistono quattro squadre, dette factiones: l’Albata (casacche bianche), la Russata (rosse), la Veneta (azzurre), la Prasina (verdi) che scatenano lo stesso tifo di oggi1. Sono vere corporazioni e forniscono gli equipaggi ai magistrati incaricati di organizzare i giochi, e prosperano grazie ai premi in denaro2. Ogni fazione dispone di aurighi, cavalli, carri, fabbri, falegnami, pellai, medici, veterinari, tecnici, allenatori ed edifici di rappresentanza e di ricovero per gli uomini, gli animali, e i mezzi. Nel Campo Marzio c’erano sei scuderie appartenenti alle quattro fazioni. I resti di quelli della Prasina sono venuti alla luce nello scantinato del Museo Barracco e del Palazzo della Cancelleria. L’antico nome dell’adiacente chiesa di San Lorenzo in Damaso, era infatti San Lorenzo in Prasina. 1 “Oggi il circo, contiene tutta Roma e dal fragore che mi percuote le orecchie, deduco che stanno vincendo i Verdi. Se perdessero, vedresti questa città mesta e sbigottita come quando i Consoli subirono la polvere di Canne” (Giovenale). Gli spettacoli sono l’argomento preferito di conversazione in città, prima e dopo ogni gara. I protagonisti del circo, aurighi e cavalli, acclamati dal pubblico in delirio, sono idolatrati e ben pagati. “I tifosi combattono contro i loro avversari senza sapere per che cosa si battono... L’inimicizia che sentono per chi è vicino è irrazionale... superano i vincoli di parentela o amicizia... possono anche essere privi del necessario e la Terra dei loro padri può versare nelle peggiori difficoltà ma non se ne curano se la loro fazione sta vincendo... Addirittura sono contagiate anche le donne, non solo sostenendo i loro mariti ma anche in contrasto con loro... In breve posso definire tutto ciò solo come una follia collettiva”.(Procopio) 2 “Scorpio, se vince, in una sola ora, si porta via quindici sacchi pesanti d’oro ancor caldi di conio” (Marziale).
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prossimi numeri.5 La breve vita di Caligola durò ancora per un anno. Poi il giovane imperatore venne assassinato in una congiura di Pretoriani che, non avendo di meglio, lo sostituirono con lo zio Claudio che avevano scovato nel palazzo sul Palatino, nascosto tremante dietro una tenda.
Nel frattempo Agrippina era di nuovo una vedova molto ricca e molto consolabile. Chi provvedette alla bisogna fu il potente liberto Pallante, ministro delle finanze di Claudio, che nel contempo la tenne informata degli intrighi che Messalina intesseva a palazzo. Ignaro della tresca Nerone cresceva ed i suoi compagni di Uno dei primi atti del nuovo imperatore fu quelgiochi erano i suoi cugini: Ottavia e Brilo di chiamare a vivere nella domus imperiale la tannico, figli di Claudio e Messalina. Le suocera Domizia Lepida, madre di Valeria Messavicende fra i loro genitori sono troppo note lina6, e con lei il giovane Lucio Domizio. Poi nel 41 per ripeterle qui: basterà dire che Claudio, richiamò a Roma dall’esilio la di lui madre. nel 48 dovrà rimanere passivo nel lasciare che Non passarono due anni che Agrippina sposò il Messalina venga uccisa su ordine del suo minobile e ricco Passieno Crispo, ottenendo che finalnistro “degli interni”, il liberto Narcisso, per evimente Lucio potesse vivere con lei, coltivando la sua tare un colpo di stato da lei progettato insieme al suo grande passione: quella per i cavalli che sarà una co- ultimo amante. stante per tutta la breve vita del futuro Nerone, tifoso “sfegatato” della factio Prasina, tanto da riempire di verde ogni cosa che si possa colorare (vedi riquadro nella pagina precedente). Nel 47 Claudio aveva celebrò i Ludi Saeculares dell’ottavo centenario dalla fondazione di Roma e Nerone a dieci anni si distinse per la sua abilità equestre riscuotendo la simpatia della folla che lo acclamava: “Quello è il nipote di Germanico!” Anche Britannico partecipò, restando tuttavia in secondo piano. 5 “Alla fine, come se si accingesse a por termine alla guerra, fece schierare le truppe, disporre le baliste e le macchine sulla riva dell’Oceano, senza che nessuno sapesse o intuisse le sue intenzioni, poi tutto ad un tratto ordinò di raccogliere le conchiglie e di riempirne gli elmi e le vesti, dicendo che quelle erano le spoglie dell’Oceano dovute al Campidoglio e al Palatino. In ricordo della sua vittoria fece costruire una torre molto alta, dove i fuochi dovevano brillare tutte le notti .”(Svetonio - Caligula vitae XLVI) 6 Che Claudio aveva sposato, quindicenne, quando ancora non era imperatore.
La ragion di stato e la necessità di dare una madre a Ottavia e Britannico imponevano il quarto matrimonio al cinquantottenne Claudio e, fra le candidate proposte da Narciso e Agrippina, raccomandata dal solito Pallante, prevalse quest’ultima, malgrado Claudio non facesse altro che lamentarsi dell’arroganza e della maleducazione di suo figlio Lucio Domizio,
STORIA
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ormai undicenne. Con la sua bellezza intrigante e perversa, il fascino dei suoi trentatré anni, il suo pedigree, il suo magnetismo, riuscì a sedurre il debole Claudio, nonostante lo scandalo costituito dall’esserne la nipote7. Il povero Claudio, che tanto amava le belle donne, non fu fortunato con loro. Quanto Urgulanilla e Messalina furono infedeli, tanto più lo sarà Agrippina, che si spingerà a macchiarsi di ogni delitto mentre sarà Augusta, fino ad arrivare all’uxoricidio finale.
Agrippina imperatrice
Il primo atto di Agrippina, appena mise piede nella domus imperiale sul Palatino, fu quello di far revocare l’esilio di Seneca8, che voleva come nuovo precettore per Lucio. Poi iniziò a tessere le sue trame di potere. Si narra che Agrippina chiedesse a una sua dama: “Dimmi, cosa dicono di me a Roma?” e che questa rispondesse: “Che sei l’imperatore”. Il suo ascendente su Claudio aumentava di giorno in giorno, attirando nel contempo su di lei l’ostilità di liberti, corte e senatori, finché si arrivò all’inevitabile: Claudio, irretito dalle arti amatorie della sua giovane moglie, accettò di adottare Lucio che, essendo più grande di Britannico di cinque anni divenne il primogenito con il nome di Tiberio Claudio Nerone e fu nominato suo tutore.
A parziale discapito del debole imperatore (debole con le donne, perché nel governo e a capo delle legioni debole non lo fu affatto, ma, si sa, gli uomini non più giovani e poco avvenenti hanno spesso di queste debolezze) è la poca convinzione che ebbe sul fatto che Britannico, figlio di Messalina, fosse anche figlio suo, oltre alla consapevolezza che i frequenti attacchi di epilessia non ne avrebbero fatto un buon principe.
Nerone, princeps iuventutis
Per la sua sicurezza Agrippina aveva nominato a capo della sua guardia un centurione di suo padre Germanico: Afranio Burro, che insieme a Seneca, avrà un ruolo importante presso il giovane Nerone, il quale continuava a crescere fra gli intrighi di sua madre, il libertinaggio9 e le braccia di una bellissima liberta asiatica, ex schiava di Narciso e poi di Messalina: Atte10, che lo amerà in silenzio per tutta la vita. Gli inevitabili dissapori che dividevano l’offeso Britannico ed il violento Nerone non potevano che esplodere: il primo continuava a chiamare l’altro col nome di “Domizio Enobarbo” il secondo non perdeva occasione di screditare il figlio presso il padre.
7 Ma vi si pose prontamente rimedio, estorcendo al Senato una legge che regolarizzava le nozze fra consanguinei.
9 “Non solo faceva sesso con ragazzi liberi e donne sposate, ma violentò anche Rubria, una vergine Vestale e fu quasi sul punto di sposare Atte; una liberta, aveva persino corrotto alcuni consolari perché giurassero che era di famiglia regale” (Svetonio)
8 Nel 41 Claudio lo aveva condannato all’esilio in Corsica con l’accusa di adulterio con la giovane Giulia Livilla, sorella di Caligola.
10 “S’era insinuata profondamente nell’animo di Nerone, eccitandone la lussuria con equivoche e segrete dissolutezze” (Tacito)
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Nel 51 i motivi di invidia di Britannico verso Nerone aumentarono quando questi, insieme alla toga virilis, ottenne il titolo di Princeps Iuventutis e l’imperium proconsolare fuori Roma: nel circo Nerone sfilò con la veste trionfale, Britannico con quella puerile. È di questo periodo la vendetta di Agrippina contro la madre della sua nemica Messalina, oltretutto sua rivale nell’affetto (e nel condizionamento) di Nerone, che aveva contribuito a crescere e per il quale era sempre la “zia Domizia”, che lo ricopriva di regali ed attenzioni: la fece quindi accusare di aver complottato contro l’imperatore, e ne ottenne da Claudio la condanna a morte.
Nell’occasione, l’undicenne Nerone fu minacciato e costretto dalla madre a testimoniare contro la zia . Poco dopo, ottenuto con grande fatica il consenso del marito venne obbligato a fidanzarsi con Ottavia, nipote di Domizia e figlia di Claudio e Messalina, che aveva appena otto anni e giocava con lui dall’infanzia. Era un successo importante: un matrimonio fra i due avrebbe messo Lucio in pole position per la definitiva assegnazione della successione. Agrippina riuscì anche a far nominare Burro Prefetto del Pretorio, un ruolo chiave per l’acclamazione di un nuovo imperatore. Intanto Nerone, a soli 12 anni mieteva successi al Senato con le sue orazioni, dovute agli
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Henryk Siemiradzki “Le torce di Nerone” - 1876. (Cracovia, Polonia, Museo Nazionale) pagina seguente: una seduta del senato, dal film “Annibale”
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insegnamenti di retorica di Seneca e addirittura amministrava la giustizia come prefetto dell’Urbe durante le feste latine. Nel 53, a 16 anni, al culmine della sua popolarità Nerone sposava Claudia Ottavia, figlia di Claudio che a quell’epoca stava per compierne 13. Ora a Nerone venivano affidati compiti sempre più strumentali alla sua popolarità, mentre Britannico veniva costantemente messo in cattiva luce ed emarginato, malgrado il ragazzo iniziasse a difendersi nell’agone politico col rischio di oscurare il prestigio faticosamente costruito per Nerone. Agrippina mordeva il freno: nel 54, approfittando dell’assenza per malattia di Narcisso, decise di ricorrere al veleno11 e lo fece somministrare a Claudio in un banchetto: forse con i funghi o con una punta cosparsa di una sostanza tossica. Aveva 64 anni. Nerone, all’oscuro del complotto, recitò 11 “Fu scelta una abilissima avvelenatrice di nome Locusta [...] In virtù dell’abilità di quella donna fu confezionato il veleno che fu somministrato da un eunuco di nome Aloto” (Tacito)
l’elogio funebre di Claudio davanti al popolo, che tacque annuendo fintanto che egli elogiava l’antichità della stirpe del defunto, la sua cultura e ai suoi studi e la pace e la tranquillità delle frontiere. Ma quando Nerone prese a parlare della prudenza e della saggezza del morto, di cui tutti conoscevano la dabbenaggine, Tacito scrive che “nessuno poté trattenersi dal riso, sebbene l’orazione funebre scritta da Seneca mostrasse notevoli pregi” .
Nerone, imperator
All’età di 17 anni Nerone indossava la porpora imperiale, con la benedizione di Burro e dei pretoriani. I primi atti del nuovo principato furono la promozione di Seneca a consigliere e tutore di Nerone, nel campo dell’oratoria e della morale politica, mentre, Afranio Burro venne invece nominato tutore del nuovo princeps per quanto riguardava le discipline militari. Forte di tali protezione Nerone iniziò ad affrancarsi sempre di più dall’invadenza madre che, preoccupata per la propria posizione tentò un’operazione di riavvicinamento a Britannico. Un episodio è indicativo del clima che si sta-
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va creando fra un figlio sempre più geloso sia della sua carica che del suo amore per Atte, con relativi vizietti privati, ed una madre assetata di potere che riteneva che Nerone le dovesse tutto: nascosta dietro una tenda durante una riunione del Senato a palazzo in cui si dava udienza a degli ambasciatori asiatici, ad un certo punto dissentendo da ciò che stava udendo, uscì decisa e tentò di andarsi a sedere a destra del figlio. Solo per la presenza di spirito di Nerone che, a un cenno di Seneca, le andò incontro come a renderle omaggio e, senza parere, la condusse con sé fuori, si evitò lo scandalo. Appena Agrippina comprese che il figlio non sarebbe stato gestibile, iniziò a diffondere voci sul testamento di Claudio, che ancora non era stato reso noto, insinuando dubbi sulla successione e servendosi di Britannico per insinuare dubbi sulla saldezza del trono del figlio. Furibondo per quello che considerava un tradimento Nerone iniziò a progettare l’eliminazione di Britannico, che nel 55 morì, avvelenato durante un banchetto.12 Agrippina, furente si rivoltò per cercare di riappropriarsi del potere che le sfuggiva: teneva incontri segreti con amici e sostenitori e perfino con 12 “In Agrippina il terrore e la costernazione si dipinsero con tale violenza sul volto che fu chiaro che ella ignorava ogni cosa [...], si vedeva strappare l’ultima carta nel gioco. [...] Anche Ottavia, per quanto ancora inesperta per l’età aveva imparato a dissimulare il dolore, l’affettuosa pietà, ogni sentimento dell’animo” (Tacito)
Ottavia, scatenando la reazione del giovane imperatore che estromise del tutto la madre dal Palazzo. Sarà una lotta sorda e senza esclusione di colpi: nel marzo 59, approfittando di un soggiorno a Baia per le feste in onore di Minerva, Nerone realizzò il suo complicato progetto per eliminare la madre simulando una disgrazia. Agrippina venne da Anzio con una lussuosa nave da diporto, con il soffitto della cabina principale rivestito in piombo e modificato in modo che precipitasse a comando. Qualcosa non funzionò, il soffitto invece di uccidere l’Augusta provocò il rovesciamento della nave e Agrippina finì in mare. Anche la sua anziana domestica si dibatteva fra i flutti e, per ricevere aiuto, urlava di essere l’imperatrice. Quando Agrippina vide che i soccorritori sulle barche, anziché tirarla a bordo la finivano a colpi di remo, comprese che di essere vittima di un attentato. Da provetta nuotatrice guadagnò la riva e andò a rifugiarsi nella villa, con solo pochi graffi. Cosa fare? Agrippina, ancora incerta sul regista dell’attentato optò per il bluff e mandò un servo a Nerone per informarlo che c’era stato un incidente. Nerone vistosi scoperto, e già pensando alle rappresaglie della madre e alla sua denuncia in Senato, gettò un pugnale ai piedi del messaggero e chiamò le guardie dichiarandosi oggetto di un attentato da parte di Agrippina. Poi, compreso che i Pretoriani non avrebbero mai alzato un gladio sulla figlia
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di Germanico, ordinò ai marinai di recarsi alla villa e di giustiziarla sul posto. Moriva a 44 anni, sotto i colpi di bastoni e pugnali. A tutti venne riferito che si era uccisa perché il suo attentato alla vita del figlio non era riuscito. Ma la folla riunitasi sulla spiaggia, che prima aveva assistito ai banchetti, poi al naufragio ed infine ai movimenti dei marinai armati che circondavano la villa, comprese benissimo come erano andate le cose.
Un quinquennio di governo felice
“di sinistra” che danneggiava i grandi proprietari terrieri italiani, quasi tutti appartenenti al Senato13, che si sarebbero trovati a fronteggiare una maggiore concorrenza dei produttori provinciali e che falcidiava i guadagni degli appaltatori delle tasse, ossia i cavalieri, che avrebbero visto scomparire una delle fonti principali del loro reddito. Ne sarebbe stato avvantaggiato, invece, tutto il resto della popolazione che avrebbe goduto della diminuzione del costo della vita. Il senato, ovviamente, bocciò la riforma e Nerone dovette ingoiare a denti stretti, pur ottenendo che le riscossioni di ogni tassa, fino ad allora oggetto di segreto, divenissero di dominio pubblico. Ottenne inoltre, per il popolo, il condono dei tributi morosi da più di un anno.
A parte l’omicidio di Britannico, Nerone aveva iniziato bene il suo governo, varando provvedimenti equilibrati sia per l’economia che per l’ordine pubblico. Nei primi cinque anni del suo regno (il cosiddetto quinquennium felix, dal 54 al 59) la politica del principe, anche grazie Il contrasto tra Nerone ed il senato divenne palese e alla saggezza di Seneca e Burro fu moderata e, in qual- la vena artistica di Nerone, che non doveva essere il “cane” che ci è stato dipinto dalla tradizione successiche modo, illuminata. Il rapporto con il Senato, abbastanza equilibrato nei va, oltre alle sue discutibili abitudini sessuali, furono primi anni, divenne conflittuale dopo il braccio di fer- i successivi terreni di scontro: cosa che ci fa riflettere ro seguito alla presentazione da parte di Nerone della sull’antichità dell’abitudine di colpire gli avversari polegge sulla riforma fiscale che prevedeva l’abolizione litici nella propria privacy, anziché attraverso la critica delle imposte indirette, le portoria, che si pagavano dell’azione politica. principalmente nei porti, attraverso l’eliminazione dei dazi di entrata e uscita delle merci che passavano da una provincia all’altra dell’impero. La conseguente libera circolazione delle merci avrebbe abbassato i prezzi, dato impulso all’economia e favorito le classi meno abbienti, allargando così quel consenso fra le masse cui Nerone teneva moltissimo. Ma da qualche parte le minori entrate avrebbero dovuto essere ripianate: Nerone pensò di risolvere il problema tassando la proprietà e le compravendite immobiliari, ed aumentando le imposte dirette. Si trattava di una politica che oggi chiameremmo
Ma degli anni successivi del principato di Nerone ci occuperemo nei prossimi numeri, mentre la nostra analisi prosegue in questo con un originale ed interessantissimo studio psicologico sulla personalità patologica di questo discusso principe.
13 Come è noto uno dei requisiti per sedere in Senato era la proprietà terriera, ed ai senatori era vietato svolgere attività commerciali, industriali e finanziarie: la riforma avrebbe colpito il Senato al cuore dei suoi interessi
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L’imperatore che temeva l’abbandono
di Marina Bartella
Per secoli la storiografia su Nerone lo ha letto in modo ferocemente ostile, dipingendolo via via come pazzo, incendiario, dissoluto, assassino, esibizionista. Ma quanto può essere concepibile dal punto di vista psicologico la teoria di Nerone “imperatore folle”? Secondo lo psicologo Borwin Bandelow, molti imperatori, come Caligola o Nerone appunto furono affetti dalla sindrome borderline, un disturbo della personalità caratterizzata da un’instabilità pervasiva dello stato d’animo, delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e del comportamento. Proprio questa patologia spiegherebbe il
comportamento stravagante e a tratti anche folle di molti Cesari. Secondo lo studioso i dittatori romani erano emozionalmente instabili e, proprio per questo motivo riuscivano a raggiungere e a gestire il potere. C’è però da domandarsi se non fosse invece il potere a corrompere successivamente e gravemente una personalità già rosa dall’ambizione e dal fascino del potere assaoluto, e dunque moderatamente patologica. Nerone, per Bandelow, farebbe quindi parte di questa schiera di imperatori psicopatici o fortemente disturbati che hanno fatto della follia la forza del loro potere.
La figura materna, così dominante ed incombente è il primo elemento del quadro clinico di Lucio Domizio Enobarbo, proiettato da Agrippina in un gioco dapprima seducente, poi massacrante. Il secondo elemento è certamente il sangue degli Enobarbi: una famiglia mai distintasi per gloria, ma i cui membri passarono alla storia come intriganti, irascibili, talvolta vili ed opportunisti. Mai come illustri ed onorevoli. Completa il quadro una situazione familiare critica quanto mai altre: un clima di intrighi e di rivalità, perdurante da oltre un secolo, in cui nessun membro del-
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ta con precisione da Tacito, ed è lo storico stesso che lascia intravedere la presenza di Seneca dietro la vicenda nel bene e nel male:
a fianco al titolo: “Il rimorso di Nerone” di L. Alma Tadema, qui sopra: “Morte di Seneca” di Luca Giordano a destra: elaborazione grafica da un busto di Agrippina
la famiglia imperiale o della corte era sicuro del proprio futuro, giacché la morte, sia sul campo che per mano del boia, quando non di un sicario, incombeva su tutti. Ho voluto approfondire questo quadro sottoponendolo ad una nota psicoterapeuta (e profonda conoscitrice del mondo classico), la professoressa Adele Lamonica alla quale ho domandato se gli elementi di cui sopra hanno talmente condizionato il giovane Nerone da rendere quasi inevitabile il matricidio.
“Seppur affascinanti, le teorie di Bandelow che lei ha citato non ci danno una esaustiva spiegazione della complessa personalità di Nerone - mi ha risposto - Luoghi comuni a parte, egli fu fortemente influenzato presagisticamente da due motivi di fondo: l’abbandono e la ricerca della propria identità. In un interessante saggio dal titolo “Seneca o Nerone? Philosophe, cura te ipsum” Romolo Rossi del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Genova scrive: “La via di Nerone al matricidio è traccia-
“E gli assassini si sarebbero moltiplicati, se non vi avessero posto argine Afranio Burro e Anneo Seneca. Precettori del giovane principe, in concordia d’intenti rara tra persone di pari autorità, questa essi esercitavano su di lui in egual misura sebbene per vie diverse (…). A entrambi era comune ostacolo la sfrenata intemperanza di Agrippina, che invasata da tutte le passioni di una perversa strapotenza, aveva legato a sé Pallante, per iniziativa del quale Claudio s’era degradato a nozze incestuose e ad una funesta adozione. Non aveva però Nerone indole tale da subir dominio di servi; e Pallante gli si era reso odioso per l’arroganza sconveniente alla condizione di liberto. Pubblicamente, per altro, Agrippina veniva colmata di ogni onore; e ad un tribuno della corte pretoria che secondo l’uso militare chiedeva a Nero-
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ne la parola d’ordine, questa esso gli aveva dato: “l’ottima fra le madri” 1 “L’evoluzione della figura della madre è assai bene evidenziata da Tacito, ed è perfino anticipato il primo incontro di Nerone con Agrippina, preludio alla scoperta della propria identità, che determinerà l’intolleranza di una vita in comune, l’estrema necessità del secondo definitivo incontro, senza più esitazioni e ripensamenti. Le adunanze dei senatori “venivano convocate in Palazzo, perché non veduta ma ascoltante, essa (Agrippina) potesse assistervi da una porta alle spalle di Nerone separata dalla sala da una cortina. Ed anzi accadde un giorno che (…) era sul punto di salire sul palco dell’imperatore e sederglisi accanto, quando, nel generale smarrimento, Seneca sollecitò Nerone a farsi esso stesso incontro alla madre2”
drona e minacciosa, dietro le spalle del padrone del mondo, talmente intrusiva che Nerone cercava di frenarla in un disperato tentativo di ribellione e di autonomia: la relazione con la liberta Atte, esasperato tentativo di Nerone di ribellarsi assumendosi una responsabilità decisionale, che si rivelerà tuttavia inutile e che si trasformerà addirittura in una intrusività sessuale che segnerà il tramonto dell’astro materno:
“Femminilmente fremeva Agrippina per aver rivale una liberta, nuora una domestica, ogni altra cosa analogamente; (…) quanto più aspramente lo tormentava tanto più accendeva la sua fiamma; sino a che, schiavo del suo violento amore, ogni deferenza verso la madre perdette, interamente abbandonandosi a Seneca: (…) Agrippina allora, cambiando tattica, si diè a circuire il giovane con le moine, sino ad offrirgli l’asilo della sua stessa camera Madre, dunque, simbiotica, invasi- per celarvi quei piaceri a cui lo trava, ombra colossale che gravava, pa- evano la giovane età e l’eccelsa posizione; ma il mutato atteggiamento non ingannò Nerone che le regalò 1 Tacito, Annali, XIII, 2 prima d’esserne richiesto splendidi 2 Tacito, Annali, XIII, 5
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ornamenti. Ma Agrippina proruppe in proteste, che non già con codesti presenti la si poteva arricchire, quando ben altro le si toglieva; d’altronde, diceva, il figlio non faceva parte a lei se non di ciò che da lei aveva per intero ricevuto” 3 E ancora Tacito con lungimiranza quasi psicoanalitica scrive: “Erano consoli Gaio Vistano e C. Fonteio, quando Nerone ruppe ogni indugio a compiere il delitto lungamente meditato (…); e di giorno in giorno più lo infiammava la passione per Poppea, che disperando, viva Agrippina, di strappare per sé il matrimonio e contro Ottavia il divorzio, lo assillava d’insistenti recriminazioni, e lo motteggiava talvolta col nomignolo di pupillo, come colui che, prono all’altrui volere, s’era spogliato del comando non solo ma della stessa libertà (…). A cotali discorsi, che con le lacrime e la blandizia dell’amante penetravano a fondo nell’animo di Nerone, non v’era chi contrastasse; ché tutti agognavano il crollo della potenza materna, nessuno immaginando così tenace l’odio del figlio da giungere sino al matricidio”4 3 Tacito, Annali, XIII, 13 4 Tacito, Annali, XIV,1
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Una tipica rappresentazione del nostro immaginario nel pensare agli “svaghi” sessuali dei romani (dal film “Caligola” di Tinto Brass).
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Una repressione che covava sotto le ceneri, un senso di colpa quasi permanente che acuiva la voglia di trasgressione, unito alla crescente consapevolezza che, una volta liberatosi della madre avrebbe potuto finalmente dar sfogo alla sua vera indole: potere, esibizionismo artistico (molto disdicevole per un aristocratico, figuriamoci per l’imperatore!) e libertinaggio (meno disdicevole, ma pur sempre un affronto alle virtù romane). Continua Romolo Rossi: “La “potenza materna” (ecco la moderna e quasi psico-analitica, esattezza terminologica di Tacito), non può piegarsi, senza il matricidio. In Nerone, il suo adattamento alle situazioni di spazio e tempo, la disperata ricerca della propria identità, sempre allontanata da motivazioni consce ed inconsce che richiamano la paura
dell’immagine materna distruttiva e ripulsiva, non hanno altro sbocco che il matricidio di una madre vissuta come terrifica, minacciosa e divoratrice. Acoltiamo ciò che ci racconta Svetonio: “Ci sono testimonianze precise che completano il racconto con particolari più raccapriccianti: che egli accorse, appena fu uccisa, a vederne il cadavere, e ne palpò le membra, parte vituperandola parte lodandola, e che, frattanto, venutagli sete, bevve. Eppure, tuttavia, non poté mai, né subito né appresso, far tacere il rimorso, nonostante gli facessero animo ed i soldati ed il popolo ed il senato con le loro congratulazioni: spesso confessava che il fantasma della madre lo perseguitava insieme ai flagelli e alle fiaccole ardenti delle Furie. Arrivò al punto di far evocare dai Magi, mediante incantesimi, i Mani, tentando di placarli. Nel viaggio in Grecia, poi,
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non osò prendere parte ai misteri di Eleusi, perché, per bocca del banditore, gli empi e gli scellerati sono esclusi dalla iniziazione ad essi”5
gnito nei peggiori quartieri) che negli accessi di ira, fino al punto di uccidere a calci Poppea incinta, che pure amava perdutamente. Il rimorso: ecco la chiave terribile Ho voluto girare questo quesito a per interpretare gli eventi succes- Giuseppe Devita (nella foto), professivi di un uomo follemente in- sore di Psicologia Dinamica C.A. dell’Università degli quieto, di un ingenuo Studi Roma Tre, che sognatore di una pace così mi ha risposto: 6 universale e di una giustizia sociale, di un cre“Nerone nacque il 15 ativo il cui talento prodicembre del 37 d.c ad babilmente fu offuscato Anzio, al sorgere del sole, dalla sua voglia di esibida parto podalico, consizionismo e di consenso. derato, in quel periodo, Ecco il contrasto che ci viatico di sventure. All’età rende perplessi di fronte alla sua di tre anni subì un primo, gravissifigura, inducendo oggi gli storici mo, trauma psicologico, quando fu a rivederne un’immagine tradizio- strappato alla madre Agrippina, nale così negativa. La domanda confinata a Ponza per alto tradiche ci poniamo è perché Nerone, mento, ed affidato al padre Gneo che politicamente fu un innova- Domizio Enobardo, malato e viotore proiettato verso una miglior lento, che morì quando il figlio avegiustizia sociale, nel privato fu va solo 4 anni. Visse dunque i primi così intemperante sia nella sessua- anni della vita (così significativi per lità (alla maniera greca amava uo- la formazione della personalità) mini e donne e prediligeva, oltre solo, maltrattato e povero giacché lo alle orge, le scorribande in inco- zio Caligola aveva confiscato tutti i beni della sua famiglia. 5 Svetonio, 34, 4 6 “Pace populi romani ubique parta, Ianum clusit” sta scritto nelle sue monete ove si attesta la sua aspirazione a chiudere le porte del tempio di Giano, che - se aperte - erano simbolo di guerra.
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forza il suo ruolo dominante confinando il figlio in una situazione passiva, succube, che trovò il suo epilogo con la sua ascesa al trono a soli 19 anni. Come infranse il giovane Nerone la sua dipendenza dalla madre? Nella maniera più psicoanaliticamente significativa di un Edipo non risolto: preferì, per tutta la vita, confidenti e amanti più grandi di lui, dalla personalità forte rifiutando la moglie bambina (Ottavia) che non gli diede figli nei 10 anni di matrimonio. L’imperatore, belloccio, abile nell’arte della retorica, giovane, conquistò i senatori, grazie anche a Seneca suo tutore. Dal 54 al 59 governò in modo esemplare al punto tale che Traiano scrisse che “i primi anni valsero più di qualsiasi altro imperatore che lo aveva preceduto”.
Trasferì 40 milioni di sesterzi dai suoi fondi personali all’erario e ne donò 400 ad ogni cittadino romano. Alleggerì le imposte doganali e cercò di evitare gli abusi degli esatQuando suo zio morì Agrippina tori trasformando molte imposte da tornò a Roma e sposò l’imperatore indirette a dirette per farle controlClaudio che lo adottò. Da que- lare. sto momento la madre esercitò con Ma la madre Agrippina, contrastò
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le sue riforme e le sue idee, così, dopo i primi anni di fasto e benessere cominciò il declino del giovane imperatore che per 10 anni fece condurre una vita piena di felicità ai suoi sudditi senza interferenze e senza guerre. Ma Nerone era ancora giovane con poca esperienza della vita che svolgeva fuori dal suo palazzo. Così cominciò ad uscire di sera in incognito –ce lo documenta Tacito- per sfuggire alle responsabilità e alla pressione. Un passatempo solo se si è un po’ masochisti. Le baldorie notturne con scherzi e divertimenti semplici lo vedevano sempre al centro dell’attenzione finché una sera non venne picchiato da un senatore che difese la moglie dalle frasi ingiuriose rivoltele. L’incidente divenne pubblico e questo lo rese più triste e solo perché dovette, controvoglia, abbandonare le querula compagnia e le uscite in incognito. Quale fu il ruolo di Poppea, bellissima e calcolatrice, in questa vita in qualche modo irresponsabile? L’entrata in scena di Poppea “donna dotata di ogni pregio femminile, tranne l’onestà” e i conflitti di potere a palazzo spinsero Nerone a decidere di porre fine al suo rapporto “ince-
stuoso” con la madre, determinando al contempo l’inizio del suo declino e l’inarrestabile fine di tutto quello che aveva faticosamente voluto per il bene di Roma, dell’impero e dei suoi cittadini.
re alle sue gare. I suoi problemi sono legati solo all’ostilità della vecchia guardia dirigente. Essi volevano un capo militare con un codice morale e non una “pop star” dai modi colti ed ellenizzanti. Inoltre, alla sua morDunque, una vita dominata dal te, una politica di “damnatio memoriae” avrebbe garantito che non complesso materno... sopravvivessero testimonianze a lui Nerone, di cui molto sappiamo ed favorevoli. è documentato, venne descritto da Tacito, Svetonio, Dione Cassio, Infatti la sua fama è legata solo alle come tiranno, istrione, arrogante e, sue intemperanze, specie sessuali, dai suoi nemici ed oppositori come ed alla prima persecuzione dei crimostro, la bestia 666 dell’apocalisse. stiani. Ma i fatti storici superano questa re- Quella della cosiddetta “persecuziotorica confinata nei pregiudizi. Ne- ne” neroniana è una questione che rone, di cui non vogliamo venerare merita un articolo a parte: certala memoria ma nemmeno seppellir- mente Nerone punì qualche centila sotto idee ostili e profili negativi, naio di cristiani per gli incendi di era soprattutto un masochista con Roma, ma le prove a suo carico sono difficoltà esistenziali. confuse, ed è fuori discussione che Nerone, come ho cercato di sottoli- la religione in queste condanne non neare, era un liberatore più che un ci entrasse affatto. In 13 anni di oppressore: non guidò mai un eser- governo giustiziò e costrinse al suicito, amava scrivere poesie, cantare, cidio una trentina di persone fra cui recitare, cenare con filosofi, parteci- la madre Agrippina. Non si tratta pare alle corse dei cavalli e ai giochi di un bel curriculum, ma è nulla se olimpici, dove vinse quella che oggi confrontato con altri imperatori: era sarebbe la medaglia d’oro nel torneo l’unico modo per costoro di difendere la propria incolumità e la propria di pugilato. politica. Le prove che le folle lo adorassero sono schiaccianti: tutti correvano ai Quindi tutt’altro che il mostro sasuoi concerti, alle sue feste, ad assiste- dico che la storia ci dipinge...
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Tutto il contrario! Relativamente al suo profilo psicologico condivido l’idea di Richard Holland sul suo essere stato fondamentalmente un masochista. Altro che sadico! Vediamone le prove:
vissuto di abbandono: quella sera si lasciò andare e seguì i consigli dei suoi ex schiavi. Invece di fuggire strisciò sui rovi, bevve acqua da una pozzanghera e attese che gli scavassero la fossa. Si tagliò la gola. Solo, - fu dominato da una madre molto disperato, spaventato in un mondo forte che lo ha abbandonato nei pri- e un’epoca che non gli apparteneva. mi quattro anni di vita; Nerone non era un mostro, un - il padre violento, il generale Burro, lo anticristo, un giullare, un esteta spagnolo Seneca erano molto bruschi perverso, ma un uomo che spinse e diretti con lui; all’estremo la sua voglia di libertà - usciva di sera vestito da schiavo e spes- personale da uomo più potente della sua epoca. so tornava pieno di ecchimosi; - dominato da Poppea fu convinto ad Gli uomini, anche più potenti, sono uccidere la madre e forse la moglie fragili, insicuri, malati. Il suo “probabile masochismo autolesivo” era Ottavia;
un tentativo di non sentire la disperazione, la solitudine abbandonica, il terrore. La dignità gli è stata - recitò ruoli di sottomesso a teatro, sino “strappata” dai suoi stessi senatori
- tutte le donne che amò, dalla fedele Atte a Poppea, furono più anziane; a fare la sposa abusata sessualmente da un suo liberto;
- prima dei concerti e delle feste si sottoponeva a regimi alimentari rigidi e si metteva pesi di piombo sul petto; - tentò di bloccare i combattenti all’ultimo sangue; - protestava e spesso rifiutava di firmare condanne a morte;
Ma è ultima sua notte in vita che sottolinea il suo masochismo autolesivo alimentato da un profondo
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vetusti e ostili. La “ calunnia” ha centrato l’obiettivo. Ora è importante svelare la verità: Nerone fu un uomo mitizzato e bistrattato. La verità è sfaccettata ed è semplice: si basa sui fatti realmente accaduti e sui contesti ambientali. Anche questo è Nerone. Un personaggio talmente complesso e misterioso che non finirà mai di stupirci.
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Sbarcammo ad Anzio, una notte... Non erano, di certo, partiti con animo sereno. Il generale Clark aveva salutato Lucas, che si accingeva a comandare lo sbarco segreto ad Anzio (in gergo “Operation Shingle” - ghiaia, elemento precario e sdrucciolevole), con la raccomandazione “non farti incastrare come me a Salerno”, e Patton, notoriamente più rude, con un “non ne uscirai vivo! Ovviamente potresti anche essere gravemente ferito: nessuno addossa colpe a un generale ferito!”. Ma la truppa, imbarcandosi nella tarda mattinata di venerdì 22 gennaio 1944, pensava con preoccupazione alle cartoline vendute loro sulle banchine dagli ineffabili ambulanti napoletani che auguravano “Good trip to Anzio” alla faccia della segretezza dell’operazione! Il convoglio, una flotta di navi da guerra costituita da 9
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incrociatori, 24 cacciatorpediniere e numeroso naviglio armato minore, volse la prua verso Capri, che poi aggirò doppiandola dal lato dei faraglioni e virando poi verso Ponza. La notte, sopraggiunta presto, data la stagione, era molto buia, il mare calmo, e non si era sentito il rombo di nessun aereo tedesco: “Nessun soldato soffrì di mal di mare” fu annotato nel suo diario, alla data del 22 gennaio 1944, dal 23enne George Dormer a bordo dell’ Hornpipe, uno dei tre pescherecci armati al seguito del convoglio. “Nessuno naviga di venerdì... tranne noi, in mezzo ad un enorme convoglio di navi da sbarco, in grande segretezza. Dunque, sono le 2 e tutto procede bene... Si vedono lampi di cannonate e traccianti di aerei verso Minturno. Io sto andando in battaglia, come al solito, in pigiama. Abbastanza appropriatamente leggendo l’ “Enrico V”... “Questa storia verrà raccontata dai bravi uomini ai loro figli...” Beh, lo spero!” Verso le 2, dopo un pesantissimo cannoneggiamento (veramente necessario? “Abbiamo lanciato talmente tanti razzi da non lasciare un granchio vivo” fu scritto nel rapporto) le prime truppe da sbarco, immerse nell’acqua fino alla vita, misero piede sulla spiaggia fra Nettuno e Torre Astura. Pochi minuti dopo presero terra quelle che avevano per destinazione il Porto di Anzio e la riviera di Levante: “Just ten yards off a rambling, white, Casino” scriverà nel suo diario il colonnello Darby che guidava le truppe a bordo dell’
LCVP poi incagliatosi proprio a destra del Tirrena, accanto al relitto del quale i ragazzi degli anni’50 e ‘60 continuavano a fare il bagno, fra le raccomandazioni delle mamme: “Non avvicinatevi è arrugginito e tagliente! E lì intorno è pieno di tracine!”. Darby si impadronì subito della riviera verso Nettuno, vincendo la breve resistenza da parte dei pochi tedeschi che sparavano dalla zona dei “Marinaretti”, dove ancor oggi c’è una loro garitta. Anzio risultò un successo come sbarco, soprattutto perché incontrastato, ma è noto che, strategicamente, fu un fallimento personale del pavido generale Lucas (in seguito rimosso) che, testardamente, non volle avanzare sfruttando la sorpresa, pur disponendo di mezzi motorizzati e della superiorità tattica. Ma un’altra storia - meno nota - contribuì quella notte alle preoccupazioni di Lucas (nella foto), anche se non fu così significativa
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samente nel convoglio sin quasi sotto la riva di Anzio, mimetizzandosi dove il mare era gremito di motozattere e naviglio leggero di vario tipo . da influire sulla dinamica delle to eroismo. operazioni di sbarco. Ma ancor di più ci piace ricorDella battaglia di Anzio si è dare un altro episodio di eroimolto scritto e molto taciuto, smo italiano, ai più sconosciuto: giacché la memoria storica con- quello che valse una medaglia solidata la descrive come un fat- d’oro ad Elio Scardamaglia, to privato fra inglesi, americani e giovanissimo guardiamarina 1 tedeschi. Gli italiani hanno sem- della X MAS in forza alla base pre rappresentato la sola parte mobile di Terracina, comandata delle vittime (solo ad Anzio i ca- da un altro “assaltatore” - e altra medaglia d’oro - il Capitano di duti civili furono più di xxx). In altra parte di questo numero corvetta Mario Arillo. un articolo si richiama alla necessità dell’obbiettività e della non appartenenza. In nome di questa, senza dunque schierarci in alcun campo (rispettando peraltro profondamente quello in cui vennero sepolti tutti i coinvolti in questo dramma) va detto che alla battaglia di Anzio accorsero anche reparti italiani della Repubblica Sociale come il battaglione Paracadutisti “Nembo” e quello della Decima “Barbarigo”, che si batterono contro le truppe alleate con riconosciu-
Scardamaglia pattugliava a velocità sostenuta al largo al comando di tre mezzi d’assalto2 quando, del tutto casualmente, dopo circa un’ora di navigazione avvistò numerose unità nemiche in navigazione verso NW. Diminuì progressivamente l’andatura e, approfittando della notte fonda e senza luna, entrò silenzio-
1 Morto nel 2001 è stato poi uno dei più noti produttori cinematografici italiani
“Eravamo tanto vicini alle imbarcazioni” raccontò in seguito Scardamaglia a Folco Quilici3, “da poter vedere distintamente marinai e soldati mentre scaricavano taniche di benzina a terra. Pronti ad agire, cambiavamo frequentemente rotta in cerca del bersaglio da attaccare; e lo avevo individuato quando il motore di dritta del mio mezzo si arrestò di colpo. E io cercai invano più volte di rimetterlo in moto”. Scardamaglia decise di tentare la riparazione. “Faccio affiancare i due altri mezzi e salire sul mio i motoristi, con gli attrezzi necessari. Cominciano a lavorare e per necessità di luce accendono le piccole lampadine stagne in dotazione, ma così diventiamo chiaramente visibili. Per questo impartisco l’ordine di parlare a voce alta, ma non distinguibile e di ridere rumorosamente, di muoversi senza dar segno di preoccupazione.
2 Motoscafi leggeri e veloci mossi da potenti motori Alfa Romeo e armati di siluri e bombe 3 articolo apparso su il Giornale” nel novemdi profondità bre del 2000
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Insomma, fingiamo d’essere dei loro: accendo e faccio anche accendere sigarette - mi sembra che anche questo simuli bene la normalità - così che marinai e soldati dei mezzi nemici che continuino a passarci a pochi metri continuano a crederci “dei loro”. Non possono immaginare che siamo invece equipaggi di mezzi armati, decisi a tutto, pronti a entrare tativi Scardamaglia decise di duecento metri da un cacciatorin azione”. attaccare ugualmente e, avvi- pediniere lanciò tre siluri, che Dopo mezz’ora di inutili ten- cinatosi al minimo a meno di non esplosero ma scatenarono Fummo imbarcati il 21 gennaio. Io, come guida, ero insieme al Capitano Stanley, comandante della mia compagnia e sempre a disposizione del Colonnello Lyle Bernard comandante il nostro reggimento (30th Infantry). Era di giorno quando ci imbarcammo e dopo un viaggio di dodici ore, verso mezzanotte, arrivammo nelle acque di Nettuno. I convogli furono dirottati oltre Capri per ingannare il nemico, per far credere loro che eravamo diretti verso altre destinazioni. Durante la ricognizione nessun aereo tedesco apparve sopra di noi. In quel momento un messaggio cifrato lanciato da radio Londra annunciava: “Your aunt is ill and about to die!” Con questo messaggio si annunciava lo sbarco. A mezzanotte iniziarono i bombardamenti dalle navi su Anzio e Nettuno. Razzi e bordate di cannone illuminarono la baia. Per un’ora e cinquanta minuti fu un fuoco martellante sulla spiaggia e sulle due cittadine. Alle due di notte
iniziò lo sbarco. Noi della 3rd Division fummo i primi a toccare la spiaggia di Torre Astura; l’acqua fredda ci arrivava fino alla cintola. Arrivati sulla spiaggia non incontrammo nessun tedesco.
guerli per i danni arrecati dai bombardamenti. Finalmente arrivammo sulla strada che alla destra portava a Littoria (164). Arrivarono le prime scariche dei tedeschi ma furono di scarso effetto. Erano piccole pattuglie che tentavano di ritardare la nostra lenta avanzata nel buio. Più che altro erano coperti dal fuoco degli altri, asserragliati nei piccoli bunker, costruiti nelle case coloniche dell’Opera Nazionale Combattenti e la loro difesa era appoggiata su armi leggere.
Guardando la costa mi ricordai di quando, da grandicello, ci andavo per fare il bagno ospite di una colonia marina dell’Opera Nazionale Balilla. Pensavo che allora avevo solo una canna da pesca rudimentale, con l’amo fatto con una spilla da balia, mentre ora possedevo un moderno Winchester M-I per fare All’alba avevamo conquistato più di la guerra. cinque chilometri di terreno, ma non arrivò nessun contrattacco tedesco. DiLa spiaggia era ridotta ad un ammasso struggemmo i quattro ponti sul canale di pini abbattuti e, prima di raggiungere Mussolini per proteggere il fianco dela strada provinciale, dovemmo cammistro. nare su grosse buche profonde. Avanzavamo nella notte profonda e cercavo di Non notando nessuna reazione del nedare informazioni al capitano Stanley mico dissi al capitano Stanley: “Se ansul cammino da seguire per arrivare sul- diamo avanti così per le tre del pomela strada provinciale Nettuno -Littoria. riggio libereremo Roma e berremo un caffè a Piazza Venezia”. Ricordavo abbastanza bene quei luoghi ma nell’oscurità mi era difficile distin- da “Fighting paisano” di Alfonso Felici
COSTUME
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l’allarme a bordo della nave, che reagì sparando all’impazzata. Incendiato il mezzo in avaria, zigzagando con gli altri due in mezzo all’inferno ormai scatenatosi su tutte le navi Scardamaglia fuggì in mare aperto, mentre dalla contraerea della flotta, nel timore che fosse in atto un attacco dall’aria, partiva un fuoco di sbarramento, con migliaia di traccianti ad illuminare la notte4.
e dall’altra unità che sopraggiunge veniamo illuminati dalla fotoelettrica di bordo e investiti da raffiche di mitragliere da 20mm. Molti colpi ci raggiungono”.
La salvezza, rocambolesca, fu un capolavoro di audacia: mollati i nebbiogeni, i mezzi, sfilando per sganciarsi, si accostarono talmente tanto alle murate della nave avversaria da non poter essere colpiti. Prima che la In quei bagliori Scardamaglia vide a mezzo corvetta superstite potesse virare i due MAS, miglio due corvette americane in avvici- benché crivellati e con feriti a bordo, erano namento: “Noi disponevamo ancora di due già lontani, in rotta per l’Argentario. bombe di profondità ognuna d’esse regolate per Scardamaglia parlò poco di questa temeraria esplodere a dieci metri sotto il pelo delle onde. azione e poco se ne seppe perché chi la fece Ritengo la nostra posizione molto favorevole per combatteva dalla parte cosiddetta sbagliata. attaccare con quanto ho a disposizione. Quel- Tuttavia le mie ricerche nelle fonti amerile bombe erano armi da lanciare in mare per cane confermano che un dragamine amesfuggire da possibili inseguimenti e per utiliz- ricano, lo USS Portent, stava incrociando zare questa caratteristica, decido di agire. Non al largo di Torre Astura nella notte del 22 con una manovra di disimpegno ma andando gennaio, in azione di copertura del cacciaincontro alla Corvetta più avanzata. Sta pun- torpediniere USS Mayo, quando, urtando tando dritto su di noi e noi, per tagliare la sua una mina, affondò. Ora giace sul fondo a rotta, puntiamo dritti su di lei. In pochi secon- meno di un miglio e mezzo al largo di Torre di ci troviamo a meno di cento metri dalla sua Astura a 41°24N-12°44E. prua. Ordino lo sgancio della prima bomba e una seconda subito dopo. Questione di attimi In tutte le fonti si parla sempre di affondae una forte esplosione ci dice che abbiamo fatto mento della Portent causato da una mina, ma 5 centro. Vediamo la Corvetta sollevarsi sull’ac- in un libro molto circostanziato , che descriqua e poi appruarsi. Ancora altri pochi attimi ve le operazioni navali della II guerra mondiale nel Mediterraneo giorno per giorno e 4 Alla fine della guerra, un pilota operatore di mezzi d’assalto nave per nave, si riporta la dichiarazione del della X Mas confidò a Scardamaglia, secondo quanto riportato da Folco Quilici, di aver avuto notizia certa che un sott’ufficiale “non pilota” della base di Terracina, quando nel dopoguerra 5 Barbara Tomblin : “With utmost spirit: Allied naval operavenne riassunto in servizio dalla Marina Militare, dichiarò per tions in the Mediterranean” Lexington : The University Press of iscritto di aver sabotato i siluri dei barchini della Squadriglia. Kentucky , 2004
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suo comandante Howard C. Plummer che afferma “La nave non ha avuto alcun contatto sonoro sottomarino, prima dell’esplosione. La nave era girata verso la spiaggia con la prua volta a 36°. La USS Mayo, un cacciatorpediniere veloce che aveva appena terminato il fuoco di sbarramento verso la spiaggia, stava rientrando verso il porto con rotta 216°. C’era un altro dragamine alla nostra dritta. Dalla parte del porto c’era una gran quantità di mezzi da sbarco... Insisto che non c’erano mine nell’area prima dell’esplosione, avvenuta verso l’1 di notte, ma che tale esplosione è avvenuta appena La Mayo ha virato di 180° verso il porto, con rotta 216°, e a quel punto si è sentita l’esplosione presso la fiancata di dritta, mentre eravamo proprio nella sua scia”. Da quanto si desume da questa testimonianza sembrerebbe che il comandante della nave affondata non si sia accorto dell’azione del MAS e abbia scambiato l’esplosione per quella di una mina, che peraltro si ostinò a dichiarare come inesistente. Non ho trovato testimonianze sulla reazione dell’altra nave, che potrebbe essere stata sia la Mayo che l’SC-693 che si trovava a tiro di voce. Del resto non sarebbe stato facile per un comandante scrivere sul diario di bordo che si era lasciato sfuggire un piccolo motoscafo ormai disarmato. Purtroppo a sessantacinque anni di distanza è quasi impossibile accertare come siano andate veramente le cose, tuttavia a me piace
continuare a pensare come vera la versione romantica dell’eroe, per di più menomato, che attacca il gigante, lo vince e ne esce vivo. La Portent è comunque ancora lì, in acque basse appena fuori Torre Astura. Talmente basse che per mesi la sua prua continuò ad emergere dalle onde, a severo monito per le eventuali altre navi alleate portate a sottovalutare il pericolo delle mine. Chissà se il suo relitto potrebbe raccontarci se ad affondarla sia stata una mina o una bomba di profondità?
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Un porto quasi insabbiato. Un movimento mercantile inadeguato per una città in espansione e alle porte di Roma. Cantieri ammassati in spazi che assomigliano più ad una baraccopoli che a delle industrie di un paese europeo. Circoli velici illustri accatastati in spazi angusti. Eppure ci sono forze all’interno della città che osteggiano con energia, e non solo per motivi politici, quella che ai più appare come una necessaria modernizzazione.
Cerchiamo di riordinare le idee su questa annosa diatriba ascoltando i pareri delle più significative voci di una guerra che da lunghi anni sconvolge e paralizza Anzio.
Chi ha torto sul porto? «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», diceva Tancredi1 preparandosi a partire per fare la rivoluzione, nel convincere l’aristocratico zio che, se i tempi stavano correndo, occorreva adattarsi al loro divenire per continuare a condurre un’esistenza adeguata al livello cui erano abituati. E il principe di Salina ribatteva: «...e dopo sarà diverso, ma peggiore».
contrapposte delle varie forze cittadine di fronte alla incombente rivoluzione rappresentata dal progetto del nuovo Porto di Anzio.
Un progetto che, se prevede qualche anno di scomodità e sacrifici, promette alla città un grande rilancio, un rinnovato benessere e preziose infrastrutture che ne miglioreranno aspetto, viabilità e vivibilità. Un progetto voluto dalla Questo incipit, forse un po’ troppo... letterario, maggioranza dei cittadini, soprattutto dai giomi è sembrato ideale per introdurre le posizioni vani, al punto che il gruppo che lo sostiene su Facebook (“NOI SIAMO PER IL NUOVO PORTO 1 Giuseppe Tomasi di Lampedusa “Il Gattopardo” (Feltrinel- DI ANZIO”) conta ad oggi oltre 1.800 iscritti. li-1957)
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I NUMERI * Posti barca totali: 1.282 con un incremento di circa 700 posti barca rispetto al bacino attuale; * Dei 1.282 posti barca oltre 90 sono per imbarcazioni superiori a 20 metri: investimento complessivo previsto 130 milioni di euro;
“Il porto? Una utopia che durerà ancora a lungo? - scrive Giovanni su Facebook - Sporcizia, inquinamento, servizi inesistenti, angherie e costrizioni subdole... Il nostro paese sta chiudendo definitivamente le porte a ciò che lo ha reso “Anzio”. Facciamo qualcosa!!”
porto, dalla crocieristica, che il lungomare di levante sia una baraccopoli di lamiere, venuta su a casaccio negli anni ‘50, che su tale strada il traffico sia affidato all’estro dei conducenti... tutto questo non conta. L’importante è impedire all’avversario di realizzare alcunché, facendo leva sulle idee di qualche nostalgico che vede “nei buoni vecchi tempi” (quelli in cui la gente invecchiava e moriva vent’anni prima di ora, faticando come bestie) la panacea di ogni male moderno. Il parere di costoro è stato recentemente condensato in un sito sul web con il quale ho invano tentato di stabilire un contatto, inviando varie email, tutte rimaste senza risposta.
Ovviamente il primo terreno di scontro è quello politico: se il vecchio adagio recita “non far sapere alla destra cosa fa la sinistra” in politica ogni mano sa benissimo cosa fa l’altra ed entrambe si impegnano allo spasimo per ostacolarsi, alla faccia del bene della città. Il problema del porto sta infatti totalmente nei diversi colori delle amministrazioni regionale e comunale: che Anzio sia di fatto tagliata fuori dalla grande attività del trasporto marit- Un sito gradevole, ma anacronistico, che timo, dai percorsi turistici della nautica da di- espone frasi e concetti come questi:
* È uno dei tre interventi portuali (commerciale+ turistico) più rilevanti in Italia: tipicità del nuovo Porto di Anzio è di essere inserito ed integrato nel centro cittadino, con l’area commerciale che prevede attracco pescherecci, traghetti e navi da crociera; * Per l’indotto: recupero delle tradizioni e dell’area cantieristica che oggi è ridotta solo a rimessaggio. Indotto commerciale legato alle barche ed agli equipaggi. Navi da crociera, sotto i 100 metri, che potranno attraccare ad Anzio (a Civitavecchia questo sarà impossibile in quanto, nel 2009, è prevista una “crisi d’attracco”; * Per un approdo di questo tipo è previsto un indotto diretto di circa 600 nuovi occupati.
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perfetta e le correnti marine sotto controllo! L’insabbiamento del porto costa una fortuna in dragaggi periodici e non operare delle scelte definitive è un atto irresponsabile. Che il Porto Innocenziano sia il frutto di un’errore progettuale degli ingegneri papali, del resto, lo si ammette nelle stesso sito: Porto d’Anzio è una realtà viva, anche se assopita per l’incuria e la retrostante cementificazione speculativa del territorio e sarebbe delittuoso asservirla ai “cantieri di terra” perchè lei è “il cantiere” dove si deve poter accedere per perpetrare nei tempi la magia di un luogo operoso ed autosufficiente, sempre aperto a tutto ciò che viene dalla terra e dal mare. (...) Un nuovo porto fatto solo di cubature commerciali e posti barca, emarginerebbe e renderebbe meno fruibile tutto il resto, vincolando per sempre alla stagionalità e facendoci perdere oltre l’identità anche future possibilità (...) Un “ marina “ turistico ha la funzione di assolvere alla richiesta di posti barca di un mondo nautico fatto di cantieri di terra e dei suoi clienti; senz’altro una richiesta legittima ma che deve essere soddisfatta in contesti creati ad “hoc” in realtà appropriate dal minor impatto ambientale possibile e con soluzioni da verificare attentamente, perchè il territorio ed il mare stesso sono realtà vive in continuo mutamento ed i danni derivanti da una errata valutazione delle correnti marine o delle viabilità cittadine possono essere inimmaginabili”.
“L’operazione insensata di costruire un porto nel posto e nel modo sbagliato rimaneva. Sarebbe lungo citare i numerosissimi tentativi di rendere il porto Innocenziano compatibile con le leggi dell’idraulica. A più riprese si aprirono e chiusero passaggi d’acqua, si prolungò sulla destra il braccio del molo nel tentativo di costituire ridosso alle devastanti mareggiate di libeccio senza risolvere il problema dell’insabbiamento e proteggerlo dallo scirocco. Il porto andava costantemente dragato, esattamente come adesso, non offriva riparo adeguato ai venti del II e III quadrante, esattamente come adesso, ma iniziò ad essere amato dai portodanzesi che con esso si identificarono. Esattamente come adesso”. Purtroppo razionalità e convenienza sono fattori spesso trascurati da chi continuamente rimpiange, insieme alla gioventù perduta, i “vecchi tempi”:
“Nel porto dell’Anzio Moderna costruito da Papa Innocenzo XII, hanno sempre coesistito le attività del commercio e della pesca così come ce le descrive “Angelo Costaguti” nel suo “portolano” scritto alla fine del settecento, in cui ci parla di un luogo dove ormeggiano feluche e grandi bastimenti da carico insieme alle galere del Papa, e dove dietro le fabbriche del porto fra Come se a Nettuno il “marina” avesse stravolto la le quali l’Arsenale, “cantiere navale grande da fabbrivita della città e non avesse portato sviluppo e becarci una polacca”, esistevano un osteria, l’ospedale, le nessere, come se invece ad Anzio la viabilità fosse abitazioni dei condannati, una dogana e le capanne
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dei pescatori (...) E il porto? Sta sempre li con i suoi insabbiamenti, con la sua traversia a scirocco, con le sue banchine un po’ malandate che richiedono interventi urgenti di manutenzione. Ancor oggi nel suo bacino trova ormeggio una discreta flotta di pescherecci e numerosissime imbarcazioni da diporto, nonchè centinaia di derive a vela che testimoniano l’affezione per questo luogo magico e prezioso. Non distruggiamo il nostro sogno con la costruzione di un nuovo porto che riproporrebbe amplificati i problemi di insabbiamento ed esposizione ai venti del II e III quadrante, paralizzerebbe la vita della nostra città per almeno cinque anni stravolgendo le nostre abitudini. Sopratutto trasformerebbe il nostro porto, quello che amiamo, con tutti i difetti suscettibili ma potenzialmente correggibili con piccoli interventi2, 2
Piccoli difetti che non vennero risolti neppure con la dinamite! Letizia Ceccarelli, della Soprintendenza dei Beni Archeologici del Lazio, così scrive nell’Atlante storico-ambientale Anzio-Nettuno: “Il grave problema dell’insabbiamento del porto costrinse gli ingegneri ad adottare soluzioni più radicali come
in un marina privato, triste parcheggio di barche destinato ad alimentare i consueti interessi speculativi. Basterebbe prolungare il porticciolo Panphili, ristabilire il flusso delle correnti con delle apposite aperture, realizzare un antimurale all’ingresso, provvedere ad una elementare manutenzione, per rendere di nuovo agibile il nostro paradiso e ritrovare il sogno di millenni di storia. Ma tralasciamo il romanticismo ed occupiamoci della realtà, ascoltando il punto di vista di colui che del progetto del nuovo porto può essere definito il “papà”, Luigi D’Arpino, (nella foto a fianco) Presidente della Capo d’Anzio S.p.A. l’azienda appaltatrice che da anni è in attesa del semaforo verde da parte della Regione Lazio. Presidente, a che punto siamo col nuovo Porto? Siamo alla cappa, termine marinaresco che indica l’uso dell’esplosivo per l’apertura di varchi nel molo romano per il deflusso delle acque”.
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L’insensato rifiuto di prendere atto della realtà, considerando solo l’aspetto romantico del porto peschereccio (anch’esso inadeguato) si scontra con il caotico “floating village” delle barche accatastate ed ormeggiate senza una banchina al centro dello specchio di mare al di là del porticciolo Pamphily, (foto in basso) che tiene lontano da Anzio il diportismo nautico di élite e le grandi regate. La baraccopoli sulla riviera (foto in alto) rimanda più ad una favela che ad una città degna di appartenere all’Europa.
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una particolare andatura di sicurezza che si usa quando il tempo è cattivo e bisogna rallentare la navigazione per evitare pericoli e per arrivare, anche se con un poco di ritardo, dove ci siamo prefissati. Cioè ? Beh, direi che giunti a questo punto bisognerà soltanto aspettare tempi migliori, cioè le prossime elezioni regionali nella speranza che il risul-
tato sia per noi positivo e ritornino al governo le parti politiche che per prime hanno approvato il nostro progetto. Ciò non significa che stiamo fermi, continuiamo sempre a lavorare per la fase preparatoria di tutto quello che servirà, ma non vedo negli attuali governanti volontà intorno a qualsiasi ragionamento. Si percepisce solo ostilità e contrapposizione nei nostri confronti e nei confronti di ciò che proponia-
mo. Peraltro le motivazioni contrarie che adducono appaiono debolissime quando le illustrano, ma per la maggior parte delle volte che ho provato a riflettere con qualcuno di loro non sono riuscito a capire il perché del loro no se non quello del No squisitamente politico. Lei ritiene che i cittadini di Anzio siano favorevoli o contrari al nuovo Porto da Voi proposto ?
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Se dovessi basarmi su gli attestati di NON MOLLARE che ricevo posso affermare senza ombra di dubbio che la stragrande maggioranza dei cittadini di Anzio è favorevole al nostro progetto. Ovviamente ognuno vedrebbe delle modifiche personalissime, ma d’altronde se in Italia ci sono 55 milioni di commissari tecnici per la nazionale è anche giusto che qualche migliaio si improvvisi ingegnere di Porti. Il bello, e se volete anche il brutto della cosa, è che mentre con chi è in buona fede (e sono i più) è facile discutere di una scelta piuttosto che di un’altra, con i detrattori ad oltranza, spesso non di Anzio, ma stranamente sempre e solo di una precisa parte politica, non c’è dialogo. Al punto che, pur di
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mettere bastoni fra le ruote, si affidano a qualche novello ingegnere che propone disegni fatti sulla carta del pane, con la presunzione di esporli in pubblico e pubblicarli su Internet. Pur se ciò è legittimo, giacché ognuno è libero delle proprie opinioni, lascia sbigottiti il constatare che sono sempre le solite 6 o 7 persone a parlare di qualcosa che sicuramente poco conoscono. Interrogherei queste persone cercando di avere delle risposte tecniche, ma presumo che molto difficilmente siano in grado di illustrare, ad esempio, i pro ed i contro economici di un porto turistico.
L’approfondimento
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Bene, provi a farlo Lei! Non è che poi sia così difficile. Le faccio un banalissimo esempio tecnico. Lei sa bene che le imbarcazioni devono essere protette nella parte immersa da una vernice particolare che si chiama antivegetativa, che dovrebbe essere data almeno una volta all’anno con costi di almeno 1.000 € per una barca di 8 metri. Immagini brevemente cosa possa significare per i cantieri navali di Anzio che attualmente fanno circa 300 carene, farne invece 1250. Fare due conti non è poi così difficile. Sia in termini di profitti, sia in termini di personale del quale dovranno necessariamente premunirsi. Ma non solo questo. Provi a pensare la creazione di qualche cooperativa di ragazzi che magari provveda al lavaggio delle barche, ai lavori di piccola e quotidiana manutenzione, all’apertura di aziende per aggiusta-
re e migliorare le vele o all’apertura di centri specializzati nella vendita e nella revisione dei motori marini o di tutto ciò che c’è su una barca. Per non parlare del sistema che girerebbe intorno alle compravendite delle barche, alla loro gestione, ai marinai necessari per le barche di media e grande lunghezza. E non voglio prendere in considerazione tutta la parte relativa alla costruzione del nuovo bacino ed all’allestimento dell’attuale. Credo che ci sarebbe di che essere ottimisti. E senza sbagliare di molto tra diretto ed indotto il nuovo Porto della Capo d’Anzio diventerebbe di gran lunga l’azienda più grande in termini di personale presente ad Anzio. Ma il nuovo Porto stravolgerebbe la città ? Sicuramente, ma in meglio. Consideri, ad esempio, quanto ne guadagnerebbe Anzio avendo la Riviera
Zanardelli raddoppiata e non avendo più i cantieri a fare da muro a chi ci passeggia. Le navi e gli aliscafi per Ponza e per le Isole avrebbero un loro imbarcadero distante dall’attuale ed in una nuova zona dove non arrecherebbero fastidio alla circolazione come invece avviene adesso. Essendo obbligatorio costruire posti macchina di servizio ai posti barca si guadagnerebbero una infinità di nuovi parcheggi perché non bisogna dimenticare che in questo momento nel bacino attuale stazionano circa 400 piccole barche ed una cinquantina fino a 12 metri, e quando escono in mare i diportisti lasciano le loro macchine sul pubblico suolo, mica le imbarcano con loro! Questo dovrebbe bastare a calmare anche le polemiche di chi vedrebbe crescere il traffico in maniera pazzesca. D’altronde non bisogna andare lontano per vedere come funziona la mobilità intorno ad un porto turistico, basta spostarsi nella vicina Nettuno, mettersi davanti alla sbarra del Porto, verificare la coda che c’è tutto il giorno sul lungomare e contare le macchine che poi entrano in Porto. Si capirebbe così che la viabilità cittadina di Anzio non si aggraverebbe di traffico per il Porto ma ne sarebbe - al contrario - avvantaggiata.
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E il caratteristico Borgo Marinaro? Non mi pare che nel nuovo Porto ci sia un progetto di “caratteristico borgo marinaro”. No, scusi, Le domandavo che fine farà l’attuale caratteristico Borgo Marinaro che tanti vogliono salvaguardare. Guardi innanzitutto modificherei l’aggettivo “tanti” e lo sostituirei con “i soliti noti”, perchè questo è un altro dei loro cavalli di battaglia e poi, scherzi a parte, vorrei capire di quale borgo marinaro si stia parlando. Le caratteristiche del Porto di Anzio sono mutate con gli anni. Sin dalla costruzione del primo Porto Innocenziano si sono aggiunti pezzi su pezzi tanto che è difficile trovare due carte nautiche emesse ad un ventennio l’una dall’altra che riportino gli stessi disegni. Purtroppo ogni nuovo lavoro pensato e realizzato non è riuscito a risolvere il grave problema dell’insabbiamento tanto che gli ultimi lavori hanno addirittura peggiorato questo problema. D’altronde voglio solo ricordare che i Romani scelsero di fare il porto dove lo fecero e con un particolare sistema proprio perché erano profondi conoscitori dei sistemi di dinamica dei fluidi. Ad ogni modo ora c’è questo e nel progettarlo, sia nella parte nuova che nell’attuale bacino abbiamo posto
molta attenzione a chiuderlo a qualsiasi “traversia” rimanendo però con i piedi per terra e considerando l’uso costante di una draga, a totale spese della Capo d’Anzio, per togliere circa 30.000 mc di sabbia che ogni anno si potrebbero formare. E per tornare al Borgo Marinaro, mi creda, mi rimane difficile immaginare che oggi ci sia un qualcosa che possa assomigliare ad un Borgo Marinaro. Non vedo nulla che possa ricordarlo lontanamente. Vedo un Porto quasi vuoto, alloggio di circa 30 Motopesca, male ormeggiati e sempre in pericolo con i tempi cattivi, e qualche decina di piccoli gozzi, con un disordine evidentissimo sulle banchine, ed una trascuratezza dovuta non alle colpe di qualcuno ma al semplice fatto che non si può rimanere nel 2009 con una struttura che già era insufficiente negli anni ’60, e non solo per il turismo, ma anche per qualsiasi altro genere di attività Portuale. Le rammento che abbiamo previsto, con il loro consenso, di spostare sia i grandi motopesca che le unità più piccole in una zona completamente nuova, assolutamente sicura tanto da consentire ai pescatori di dormire nelle proprie case anche in presenza di cattivo tempo, con nelle vicinanze il nuovo mercato Ittico, le attività legate alla meccanica ed uno scalo dedicato esclusivamente
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alle esigenze dei Motopesca e di coloro che traggono economia dall’attività Peschereccia. Si faccia una passeggiata la sera sul Porto di Anzio e poi riparliamo del Borgo Marinaro da preservare. A meno che non si voglia, ognuno può avere i suoi gusti, rifare del porto di Anzio quello che si vede nelle cartoline di fine ‘800, con la partenza del vapore per Napoli, le barche da pesca a vela e le manaidi che si lasciavano cullare prima di prendere il mare con gli equipaggi che a forza di remi andavano a pescare alici a 6 miglia dalla costa. Bello a vedersi in cartolina, bello ricordarlo come momento culturale per preservare la memoria dei nostri antenati, ma ritengo di difficile attuazione e soprattutto di difficile convenienza in termini economici per la città. A meno che non si riesca ad immaginare di far diventare questo immaginario borgo come meta di visite mondiali ed allora io consiglierei anche di rifare il vecchio porto di Nerone in vetroresina con le simulazioni di momenti di vita romana con buona pace del fatto che, ripeto, ci troviamo nel 2009. Ecco, a proposito di vetroresina, come stiamo ed impatto ambientale ? Meglio non potremmo. Con un progetto licenziato con parere favorevole
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dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e la Valutazione di Impatto Ambientale positiva emessa del Ministero dell’ambiente, direi abbastanza bene. Anzi, direi ottimamente.
probabilmente non basteranno neanche per le ovvie attività legate direttamente al Porto, e penso ad Agenzie di Brokeraggio, Agenzie di servizi per la nautica, Sedi per patenti nautiche I Cantieri troppo alti, il centro com- o Diving, Noleggio e vendita imbarcazioni; rappresentanze di sistemi merciale, le colate di cemento…? ed equipaggiamenti per la nautica e Vedo che è bene informato e non vor- Show Room di grandi case costruttrici rei che anche Lei appartenesse alla di barche. schiera, mi correggo... a quelle poche decine, di ossessionati dell’ambiente E la Nettunense? e della natura che riescono a ferma- Si tratta di una strada con molti prore opere necessarie all’economia ed al blemi ma l’adeguamento della stessa lavoro. non può diventare, come qualcuno Le altezze dei Cantieri navali che vorrebbe o meglio come qualcuno tanto preoccupano sono, nel proget- finora ha voluto, una prescrizione to definitivo, addirittura inferiori a che non consente la costruzione del quelle che V.I.A. e LL.PP: e Regione Porto. Se qualcuno deve sistemarla e Lazio hanno approvato nel Piano Re- metterla in Sicurezza è la Regione e golatore Portuale. Colate di cemento per quanto mi riguarda la Giunta neanche a parlarne anche se capisco la Storace aveva localizzato i fondi e reso frase ad effetto che non guasta mai.. quasi cantierabile l’opera; la Giunta e per quello che riguarda il Centro Marrazzo ha provveduto a cancellare Commerciale mi vedo costretto a de- tutto e la situazione è quella attuale. ludere queste “vestali dell’ambiente” Io ritengo la Nettunense comunque ma evidentemente confondono la importante al di là del Porto e vedestruttura che ospiterà un museo arche- re all’opera una Regione che annulla ologico del mare con appunto il centro l’adeguamento di una importante commerciale che non è assolutamente infrastruttura, utile anche a chi li ha votati, mi lascia pensare che poco coprevisto. noscano il rispetto per i propri “amici” Sono previsti, sia nel nuovo bacino figuriamoci per gli oppositori. che nel vecchio, un limitatissimo numero di locali commerciali che molto Qualcosa a ruota libera?
Che dire, il mio lavoro si svolge nel mare e nei Porti dell’Italia Centrale, con frequenti visite nei maggiori porti turistici italiani e francesi, e quindi mi consenta di considerarmi sufficientemente preparato ai meccanismi che si attivano intorno ad un Porto Turistico ed alla sua costruzione. Consideri l’economia che si muove, le opportunità di lavoro che si creano, le sempre nuove attività che una risorsa come il mare consente di inventare. Non fare questo Porto lascerebbe Anzio nei posti bassi della classifica della portualità italiana posizione dove è decaduta dopo essere stata fino agli anni ’70 ricovero dei “panfili” dei migliori nomi nazionali ed internazionali. Ma non solo, lasciare le cose così o abbozzare una sistemazione che accontenti poco a dispetto di molti minerebbe fortemente il futuro delle giovani generazioni della nostra città. Ed ovviamente con lo spirito che contraddistingue tutti noi che crediamo in questo nuovo porto mi sia consentito chiudere con l’incitazione che, come narra Plutarco, Pompeo diede ai suoi marinai i quali opponevano resistenza ad imbarcarsi alla volta di Roma a causa del cattivo tempo….” navigare necesse est, vivere non necesse!” La posizione del Comune di Anzio
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(nella foto il Sindaco, Luciano Bruschini),
saldo nel difendere la realizzazione del nuovo porto nel quadro di un rilancio dell’economia della città, è espressa nel sito ufficiale dove, a proposito della sua indifferibilità, si afferma: “Dall’epoca dell’Unità d’Italia le modifiche ed i miglioramenti introdotti rispetto al Porto Innocenziano non sono stati sostanziali. Nel secolo passato il porto ha mantenuto una vocazione commerciale e peschereccia e fu dotato perfino di un binario ferroviario per facilitare i collegamenti con l’entroterra.
una razionale compenetrazione con l’adiacente centro abitato. Ciò ha reso indispensabile l’approntamento di un nuovo piano regolatore, basato su un’analisi accurata degli inconvenienti del porto attuale, delle necessità sia portuali che cittadine, delle potenzialità di sviluppo. Per una lungimirante decisione dell’Amministrazione cittadina, la pianificazione del nuovo porto ha potuto procedere di pari passo con quella del centro abitato, affidata al Prof. Arch. P.L. Cervellati. Ciò ha consentito di sviluppare il progetto in piena unità di intenti fra specialisti dei due tipi di pianificazione territoriale, contemperando esigenze che talvolta non vengono prese in considerazione muovendosi all’interno di una prospettiva monotematica”.
Gradualmente però la città di Anzio ha sviluppato una vocazione prettamente turistica, soprattutto dopo l’avvenuta bonifica delle paludi pontine, ed il porto ha spostato il proprio settore di interesse verso le imbarcazioni da diporto Il Comune paventa, inoltre, un oggettivo ed il traffico di passeggeri, prevalentemente in pericolo di recessione derivante dalla migradirezione dell’arcipelago ponziano, mentre l’at- zione della clientela diportistica nei numerosi porti di recente costruiti tività peschereccia restava sulle coste adiacenti, molto stabile o subiva addirittupiù efficienti dell’attuale, ra una contrazione. caotica, situazione esistenDa numerosi anni è evite ad Anzio. Con il rischio dente che il porto nella sua sempre incombente di abconfigurazione attuale non bandono del porto da parè sufficiente a soddisfare le te di linee di navigazione nuove esigenze e per di più esistenti, con conseguente non offre il vantaggio di riduzione dell’occupazione
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Investimento complessivo autofinanziato: 130 milioni di euro; • Posti barca turistici Darsena Nord porto vecchio n. 1256 • Ormeggi per pescherecci n. 34 • Pontile attracco per n. 2 aliscafi/mezzi veloci; • N. 1 attracco traghetti tradizionali 70mt • N. 1 attracco traghetti Ro-Pax 150mt • N. 1 attracco traghetti Ropax Crociere 220mt • Banchina attracco polifunzionale con pescaggio di 5.00 mt.; • Darsena dedicata per mezzi di servizio di polizia ed Esercito; • Molo bunkeraggio con 150 mt di banchina; • N. 5 cantieri navali costruzione- rimessaggio e manutenzione; • Stazione marittima con torre di controllo ed area security per traghetti e crociere; • Fabbricato officine meccaniche; • N. 2 strutture per la pesca (magazzini – frigoriferi – zona aste); • N. 4 circoli velici; • Sezione velica della Marina Militare; • N.1 yacht club; • N. 2 scivoli – scali di alaggio pubblici; • N. 4 scasse travel lift; • N. 1 parcheggio multipiano; • N. 1 parcheggio a raso per manifestazioni sportive; • totale posti auto n. 2350; • N. 2 aree commerciali e servizi; • Sala espositiva museale.
COSTUME
40 IL PORTO, LA POLITICA, I FATTI
La telenovela del nuovo porto di Anzio nasce nel ‘97, quando l’allora Sindaco di centrosinistra, Mastracci, presenta il progetto che oggi il PD vuole affossare alla Regione Lazio, presieduta da Badaloni, anche lui del centrosinistra.
Alla fine del 2005 la Conferenza dei Servizi, convocata dal Sindaco di Anzio, Candido De Angelis, valuta positivamente il progetto preliminare presentato dalla Capo D’Anzio Spa, dopo aver comparato i progetti presentati dalla Capo D’Anzio Spa e dalla Sofim Srl, Nel 1998 viene eletto il Sindaco Candiil cui progetto non ha superato l’esame do De Angelis (PdL), che nel ‘99 sposa degli Enti preposti1. il progetto, benché varato dall’amministrazione avversaria, e mette in cantiere Poi all’improvviso, nel 2005, il voltafacla realizzazione del Piano Regolatore cia della Regione Lazio che, durante la Portuale, affidandone la realizzazione, seconda Conferenza dei Servizi esprime dopo attento esame dei curricula di parere contrario. numerose candidature, all’ing. Noli (auNel febbraio 2009 si è tenuta la Contore, fra l’altro, del piano regionale di ferenza dei Servizi conclusiva per l’apcoordinamento dei porti) affiancato da provazione del progetto definitivo per la altri noti professionisti. realizzazione del nuovo porto di Anzio Nel 2001 viene costituita la Capo d’An- che vedeva espresso il parere favorevole zio spa, i cui azionisti sono il Comune di di tutti gli enti preposti ad eccezione Anzio (61%) e Italia Navigando (39%) della sola Regione Lazio che motivava il una società pubblica del Gruppo Svi- mancato nulla osta con pretestuose raluppo Italia. In questo modo il coordi- gioni di viabilità sulla Nettunense. namento della realizzazione dell’iter che Non c’è alcun motivo politico a giuporterà alla costruzione del porto resta in mano alla cittadinanza di Anzio, senza divenire un appetibile boccone per i 1 Enti partecipanti alla Conferenza dei grandi costruttori, come è avvenuto per Servizi: le speculazioni che hanno penalizzato 1) Comune di Anzio molti altri porti. 2) Ministero Infrastrutture e Trasporti NaviNegli anni successivi la capo d’Anzio provvede a siglare gli accordi con tutte le realtà che oggi insistono sulle aree demaniali (cantieri, circoli, officine, pescatori ecc.). Nel 2004 la Regione, ancora sotto la giunta Storace, approva il PRP e vengono ottenute tutte le autorizzazioni, fra cui quelle relative all’impatto ambientale e quella del Ministero dei Trasporti, che chiede la pubblicazione del progetto sulla Gazzetta Ufficiale Europea al fine di dare il via alle proposte di realizzazione.
gazione Marittima ed Interna 3) Regione Lazio 4) Provincia di Roma 5) Capitaneria di Porto di Roma 6) Ministero per i Beni ed Attività Culturali Soprintendenza Archeologica del Lazio 7) Servizio Integrato Infrastr. e Trasporti Abruzzo, Lazio, Sardegna 8) Ministero Finanze Agenzia del Demanio 9) Agenzia Dogane Circoscrizione Doganale 10) Comando Prov. dei Vigili del Fuoco 11) Comando Zona Fari del Basso Tirreno 12) Comando Militare Marittimo Autonomo della Capitale e Maridipart (Ta) 13) Marina Militare Sezione Velica Anzio 14) Marina Militare Sezione Velica
stificazione del comportamento della Regione Lazio, se non quello legato a discutibili ragioni clientelari: la Regione fino alla metà di ottobre aveva adottato la politica dello struzzo, chiudendosi in un ostinato mutismo, malgrado più volte il Sindaco Bruschini avesse chiesto un incontro col Governatore Marrazzo. Anche su pressione di questa testata, nell’ultima settimana di ottobre c’era finalmente stata una telefonata di quest’ultimo a Bruschini e qualcosa sembrava dovesse smuoversi, poi la sciagura piombata su Marrazzo ha di nuovo seppellito la questione. Prima che ciò accadesse, tuttavia, la Regione ci ha fatto pervenire in redazione una nota scritta che riportiamo integralmente:
“Chi ha, dunque, ragione e chi a torto in questa annosa vicenda tutta italiana che, in una direzione o nell’altra, sta frenando lo sviluppo di un’intera area? Sia i residenti che gli oltre 200.000 cittadini del Lazio che frequentano Anzio durante la stagione estiva non potranno che rifletterci quando si recheranno alle urne per votare il nuovo assetto regionale.
FORUM - marzo/10
in un comune che risente di una flessione nell’attività industriale e la cui vocazione è tipicamente turistica.
progetti alternativi a quello fatto inserire nel piano regionale dei porti da una persona perbene e competente come l’ex Sindaco PD Mastracci”
Malgrado ciò la Regione si mostra granitica nel negare ad Anzio quello che ha concesso con facilità ad altre città come Civitavecchia, Gaeta, Fiumicino e Latina ed in febbraio ha espresso parere negativo in Conferenza dei Servizi malgrado questa abbia approvato il progetto definitivo per la realizzazione del nuovo Porto di Anzio.
Continua Bruschini: “Oggi, dopo 11 anni di lavoro, chiedono di ricominciare tutto da capo, calpestano un progetto partito da chi vive e lavora sul porto e da un Sindaco del loro partito che ha avviato l’iter, ignorano la correttezza delle procedure seguite e l’approvazione del progetto definitivo da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, del Ministero dell’Ambiente, del Ministero della Cultura e della Regione Lazio. Oggi la Regione, di fatto, dice si ai Porti di Formia, Fiumicino e Civitavecchia mentre, allo stesso tempo, esprime un parere non positivo al porto pubblico di Anzio umiliando una Città intera, con una storia di 2500 anni, che fin dai tempi dell’antica Roma ha tratto dal Porto, dal mare e dall’indotto una preziosa fonte di ricchezza”.
Ecco come il Sindaco Bruschini ha reagito a questo sgambetto: “Le motivazioni con le quali la Regione Lazio ha espresso un parere non positivo rispetto all’iter che abbiamo seguito per la realizzazione del nuovo Porto di Anzio non hanno nulla di tecnico, sono strumentali, non vere e sono il frutto di una riunione politica, all’interno di una sezione del PD romano, dove si è deciso di affossare il progetto definitivo del nuovo Porto di Anzio. Non ci sono vizi procedurali nell’iter che abbiamo seguito e dieci Enti, ad eccezione della Regione, hanno approvato il progetto che resta l’unico cantierabile. Gli ascari locali del PD, che dicono di essere a favore del porto, non hanno mai presentato
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“Il progetto della Capo d’Anzio presenta criticità sulle quali Pallone e il senatore De Angelis continuano a sorvolare, come la mancata tutela dell’area archeologica e dell’assetto urbanistico. Per 10 anni l’ex sindaco si è ostinato a procedere su una linea in contrasto con le leggi del settore”. Affermazioni false e capziose, che dimostrano come, presi dallo scontro politico, alla Regione non si siano neppure dati la pena di leggere gli atti. Così ha prontamente ribattuto il senatore De Angelis (nella foto): “Moscardelli non sa di cosa parla e lo fa affermando una serie di falsità. Andasse a leggere gli atti anziché sostenere le tesi di Pasetto e dei suoi amici, uscirebbe dall’ignoranza con la quale tratta la materia e si accorgerebbe del fatto che il progetto è conforme dal punto di vista urbanistico, ha rispettato la procedura come riconosce il ministero delle infrastrutture, ha il parere favorevole della soprintendenza archeologica e di tutti gli enti che lui cita a sproposito. Andasse a leggere gli atti - ha aggiunto De Angelis - e si accorgerebbe che quei pareri, per i porti dei suoi amici a Fiumicino e Formia, non ci sono o sollevano importanti questioni, a cominciare dal rischio idrogeologico alla foce del Tevere”.
La scusa ufficiale l’ha ribadita Claudio Moscardelli, vice capogruppo del Pd alla Regione Lazio e portavoce ufficiale dell’ex senatore Giorgio Pasetto, principale artefice insieme a Esterino Montino della bocciatura del progetto da parte della Regione La posizione dell’opposizione ad su basi prestuose: