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LA LOGISTICA DEL FUTURO TRA SFIDE E OPPORTUNITÀ
Inchiesta logistica italiana
Prof. ROBERTO PINTO,
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO
LA LOGISTICA DEL FUTURO
TRA SFIDE E OPPORTUNITÀ
COME GIÀ ANNUNCIATO, CHIUDIAMO L’INCHIESTA 2021-2022 CON UN PUNTO DI VISTA ACCADEMICO, CHE METTE IN LUCE LE TENDENZE EMERSE DALLE OPINIONI RACCOLTE, SULLA BASE
DELL’ESPERIENZA DI STUDIO E RICERCA UNIVERSITARIA
Il periodo in cui ci troviamo attualmente rappresenta uno snodo importante, un punto di congiunzione tra un passato segnato dalla pandemia e dalle sue conseguenze dirette e indirette, e un futuro preconizzante grandi opportunità e possibilità sia tecnologiche che economiche (si legga PNRR), sebbene sempre sotto il segno di un’incertezza dominante (ma d’altra parte sappiamo bene che “l'unica costante è il cambiamento”!).
Le dinamiche di varia natura - economica, sociale, industriale, commerciale - che si sono sviluppate negli ultimi due anni hanno avuto impatti per molti aspetti difficili da anticipare, ma per i quali si prevede oggi un perdurare per tutto il 2022 (e forse, in alcuni casi, anche oltre), come la carenza di alcune materie prime e componenti, o l’innalzamento dei prezzi e l’insufficienza della capacità di trasporto. I venti di instabilità politica a livello internazionale di certo non giovano a riportare un minimo di stabilità, rischiando di sconvolgere ulteriormente le filiere di approvvigionamento ancora alle prese con gli effetti della prolungata pandemia.
In questo contesto VUCA (volatile, incerto (uncertain), complesso e ambiguo) emergono alcuni temi chiave e trasversali rispetto ai diversi ambiti di attività che è opportuno evidenziare. Senza nessuna pretesa di esaurire il discorso - che deve essere sviluppato in ragione delle diverse realtà - proviamo a sintetizzare come temi quali la visibilità nella filiera, la digitalizzazione dei processi, l’orientamento al lungo periodo, il problema dello skill shortage e l’ampia tematica della sostenibilità giocheranno un ruolo determinante nel prossimo futuro.
VISIBILITÀ NELLA FILIERA
Probabilmente uno dei termini più usati e abusati negli ultimi tempi (insieme a resilienza), la visibilità nella filiera logistica - ossia la conoscenza aggiornata e puntuale riguardo lo stato delle attività lungo la filiera - è un fattore chiave per poter governare i processi in un contesto instabile e in continuo cambiamento. È abbastanza comprensibile come la visibilità sulla filiera venga indicata in diverse survey e ricerche come una delle maggiori priorità per molte aziende1: la mancanza di visibilità, infatti, insieme ai ritardi nella manifestazione degli effetti delle proprie decisioni, può determinare scelte non ottimali, o quantomeno limitate alla (poca) conoscenza che di cui si dispone su ciò che sta avvenendo. Tanto minore e tanto meno tempestiva è l’informazione disponibile, tanto più opaco apparirà il contesto nel quale prendere decisioni, e tutti sappiamo quanto possa essere difficoltoso guidare nella nebbia. La visibilità è tanto più utile quanto più è completa (ossia riguardante la maggior estensione possibile della filiera) e tempestiva. Per garantire queste due caratteristiche è necessario chiamare in causa la tecnologia con il suo potenziale di abilitare la raccolta, analisi e distribuzione dei dati ad ampio spettro. Piattaforme di comunicazione condivise nel cloud, Internet of Things (IoT), sistemi di analisi dei dati sono tutti componenti importanti al fine di raggiungere una visibilità estesa e trasversale rispetto alla filiera. Il settore dei trasporti è tra quelli che da una parte potrebbe beneficiare maggiormente dell’applicazione del concetto di visibilità, ma che dall’altra parte è storicamente più indietro dal punto di vista
della digitalizzazione dei processi (di cui parleremo più avanti) che abilitano la visibilità sulla filiera. Mentre infatti a livello dei consumatori è abbastanza diffusa la possibilità di tracciare il proprio acquisto online sull’ultimo miglio attraverso il proprio smartphone o computer, lo stesso non si può sempre dire a livello B2B dove la frammentazione dei processi, dei sistemi e degli attori coinvolti rende il tutto più difficoltoso e lento al cambiamento. Oltre alla necessaria digitalizzazione delle informazioni attraverso l’introdu-
zione di opportuni sensori e “punti di rilevazione” dei dati (in questo senso, la diffusione degli smatphone può essere d’aiuto), servirebbero delle piattaforme di real-time transportation visibility (RTTVP)2 facilmente accessibili da sistemi diversi e un linguaggio comune di scambio delle informazioni che permettano di abbassare il più possibile la barriera all’utilizzo al fine di garantirne diffusione su larga scala e a costi ridotti. In questa senso hanno iniziato a muoversi in tempi relativamente recenti diversi provider: la direzione è quella giusta, ma servono anche i giusti tempi per percorrerla compiutamente. L’errore da evitare è quello di pensare che queste piattaforme possano portare un beneficio ai soli trasportatori. Infatti, la visibilità sull’intera filiera può portare benefici trasversali su diversi attori, soprattutto quando la visibilità contribuisce alla capacità predittiva oltre che di reazione agli eventi.
DIGITALIZZAZIONE DEI PROCESSI
Come molti, in diversi contesti, hanno osservato, la situazione degli ultimi due anni ha impresso una significativa accelerazione alla digitalizzazione dei processi e all’innovazione tecnologica. Ma in cosa si sostanzia la digitalizzazione dei processi? Possiamo sintetizzare questo concetto con la radicale trasformazione del modo di operare di un’organizzazione dematerializzando i flussi informativi facendo leva su soluzioni tecnologiche al fine ottimizzare, automatizzare, semplificare e irrobustire tutte le attività rilevanti per raggiungere gli obiettivi di business. Giocoforza, in alcuni casi è stato realizzato in poco tempo quello che normalmente si sarebbe realizzato in tempi molto più lunghi. Non mi riferisco solo al tema del cosiddetto smart working o remote working, che pure è un fattore determinante da considerare e che in alcuni casi è stato introdotto dalla sera alla mattina, letteralmente. Oltre alla pandemia, negli ultimi anni - e in particolare prima che la pandemia prendesse il sopravvento - uno dei temi più discussi e dibattuti era quello di Industria 4.0 e, più nello specifico, dell’insieme delle tecnologie digitali che costituiscono elemento fondante della quarta rivoluzione industriale. Questo tema è ancora vivo e in sviluppo poiché alla base di quella transizione digitale necessaria alla crescita e all’aumento di efficienza del sistema produttivo ed economico di un paese. Digitalizzazione e visibilità sono fortemente collegate, e la sinergia che si può ottenere dalla loro combinazione può apportare benefici importanti. La digitalizzazione dei processi alimentata dai dati che provengono dal campo può determinare un significativo aumento dell’efficienza ed efficacia dei processi, riducendo i tempi di risposta e aumentando le prestazioni. Digitalizzare però non vuol dire eliminare del tutto i processi manuali. Pur essendo vero che la natura dei processi manuali rischia di renderli lenti e inadeguati rispetto alla frenesia del contesto in cui si opera, combinare la velocità ed efficienza del supporto digitale alla creatività, flessibilità ed esperienza dei processi human based rappresenta oggi una direzione fondamentale alla base del modello Industria 5.03 che vede nell’adozione di un modello hu-
Oltre alla pandemia, negli ultimi anni uno dei temi più discussi e dibattuti era quello di Industria 4.0 e, più nello specifico, dell’insieme delle TECNOLOGIE DIGITALI CHE COSTITUISCONO ELEMENTO FONDANTE DELLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
man-centric la strada per coniugare industria, forza lavoro, tecnologie e società. Per questo, il tema della digitalizzazione dei processi è oggi fortemente collegato al tema delle competenze e dei talenti, di cui parleremo più avanti.
SKILL SHORTAGE
Per quanto l’automazione stia ampliando i propri ambiti di applicazione, la logistica e la produzione in molti settori rimangono anco-
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ra attività dove gioca un ruolo preponderante e fondamentale la componente umana. Se è quindi vero che, almeno nel breve periodo, la tecnologia non soppianterà il fattore umano nei processi di filiera, è altrettanto vero che il fattore umano è chiamato a evolvere in ragione delle mutate e mutevoli esigenze e caratteristiche dell’ambiente in cui opera. Tramite la tecnologia è oggi possibile supportare gli operatori nell’esecuzione di processi fisici (ad esempio, nelle fasi di movimentazione e stoccaggio o in produzione) e cognitivi (ossia in quei processi atti a prendere decisioni a diversi livelli). L’integrazione delle tecnologie nei processi realizzati dal fattore umano - e non necessariamente il rimpiazzo tout court di quest’ultimo - è orientata all’aumento dell’efficienza e dell’efficacia dei processi stessi coniugando robustezza, ripetibilità e predicibilità della componente tecnologica all’intuizione, flessibilità e adattabilità della componente umana. Cambiando i sistemi produttivi, i processi e i prodotti, la tecnologia ha necessariamente un impatto sulle competenze professionali dei lavoratori, che quelle tecnologie le devono usare nell’ambito delle proprie mansioni. A tale cambiamento fa eco molto spesso la necessità di modificare e ampliare le competenze degli operatori, nonché la struttura organizzativa stessa dell’azienda. Il tema della mancanza di competenze non è nuovo: ogni periodo storico caratterizzato da un forte impulso all’innovazione si scontra con la mancanza di capacità diffuse per l’utilizzo di quelle tecnologie che vorrebbero essere maggiormente adottate. È necessario legittimare e valorizzare la formazione ai vari livelli durante tutta la vita lavorativa delle persone in un’ottica di investimento sul lifelong learning: non possiamo permetterci di smettere di imparare.
VISIONE DI LUNGO PERIODO
In un mondo frenetico e in continua evoluzione siamo portati quasi istintivamente a operare sulla base di obiettivi di breve periodo: nell’incertezza di quello che verrà, cerchiamo di raggiungere gli obiettivi più prossimi. Spesso questo va a discapito di un disegno di più ampio respiro che abbracci sia gli aspetti di breve che di lungo periodo, che convivono e interagiscono. È necessario avere una visione di insieme e prospettica, anche politica, che permetta di coniugare l’esistente con il potenziale e il desiderato in modo da garantirne la crescita e la prosperità sul lungo periodo. Da questo punto di vista, il tema delle infrastrutture è tra i più importanti, come alcuni dei più recenti avvenimenti ci
hanno ulteriormente e drammaticamente confermato. Serve tempo per programmare e implementare le infrastrutture, e la pianificazione deve per definizione guardare al futuro, su un orizzonte temporale che potrebbe anche andare oltre coloro che l’hanno realizzata. Questo non significa ovviamente lavorare su pianificazioni ultradecennali statiche e invariabili: significa però avere un indirizzo e una direzione più stabili per poter orientare le decisioni dall’immediato al breve-medio periodo, soprattutto senza sottostare a logiche di mero consenso. Oltre al tema delle infrastrutture è importante sottolineare, anche se su un livello decisamente diverso, la necessità di riorganizzare le filiere. In questo senso, è sicuramente difficile invertire nell’immediato quella tendenza ormai pluridecennale all’esternalizzazione e delocalizzazione della produzione verso i paesi emergenti. Cionondimeno, è oggi necessario guardare ad attività di reingegnerizzazione delle filiere - dalla “semplice” diversificazione delle fonti di fornitura al reshoring o near-shoring della produzione - avendo sempre sullo sfondo un mondo fortemente globalizzato nel quale sostituire un fornitore critico di primo livello con un altro ritenuto più affidabile non mette al riparo nel momento in cui entrambi si riforniscono dallo stesso fornitore di secondo livello che magari presenta un profilo di rischio ancora maggiore ma non visibile (ecco ancora la visibilità sulla filiera come elemento cardine).
SOSTENIBILITÀ SOSTENIBILE
Come sappiamo, la sostenibilità è un concetto con diverse declinazioni, e non c’è sostenibilità ambientale senza benessere economico e sociale. Riprendendo il titolo e i contenuti del 1° Rapporto Edison-Censis4 presentato nel settembre 2021, la sostenibilità deve essere a sua volta sostenibile: deve essere intesa come processo ad adesione spontanea e non come imposizione dall’alto. Dal rapporto emerge come circa l’80% degli italiani si dica pronto a modificare il proprio stile di vita per ridurre l’impatto ambientale, a condizione che i cambiamenti siano distribuiti equamente e che i costi siano compensati dai vantaggi.
Per le aziende, oggi la sostenibilità è in molti casi percepita come un costo aggiuntivo o come un aggravio piuttosto che come un’opportunità. Se non debitamente compresa e contestualizzata, rischia di tradursi in un mero greenwashing per cercare di trarne un profitto immediato a discapito degli effetti sul medio-lungo termine. Ciò che è certo è che attorno al concetto di sostenibilità ruoterà lo sviluppo di molte aree produttive sia di beni che di servizi nell’ambito, sebbene non esclusivo, della transizione energetica che diventa sempre più pressante e rilevante anche alla luce dei recenti avvenimenti.
Nel campo della logistica è facile ma probabilmente semplicistico identificare nella riduzione delle emissioni derivanti dai trasporti il punto più critico. Rinnovare la flotta è un passo importante, ma deve essere supportato da un progetto di transizione anche delle infrastrutture necessarie per evitare che questo si traduca nel mettere una toppa che, nel lungo periodo, risulti peggiore dello strappo. La domanda che ci troveremo sempre di più davanti sarà: come rendere la sostenibilità un vantaggio competitivo?
IN CONCLUSIONE
Gli spunti di riflessione emersi dall’indagine sono molti e sicuramente queste brevi considerazioni non sono sufficienti a racchiuderli tutti. Ciò che però possiamo dire è che è forte la consapevolezza rispetto alla necessità di cambiare lungo molteplici direttici. Si è parlato per molto tempo di new normal o next normal, senza però riuscire mai a definirlo in modo concreto, rivestendo questo termine della stessa incertezza che si cercava di superare indicando una direzione verso la quale puntare. Di certo, alcuni aspetti della “normalità” nella quale abbiamo vissuto e lavorato negli ultimi mesi permarranno e si integreranno sempre di più nelle nostre società e attività. Forse il new normal è proprio questo: un continuo divenire di equilibri instabili, irto di ostacoli e ricco di sfide ma allo stesso foriero di opportunità che devono essere colte al momento e nei modi giusti.
NOTE
1. https://mck.co/3KfdDWK - 2. https://gtnr.it/3Khg4YU - 3. https://bit.ly/INDUSTRY5. 4. https://bit.ly/SOSTENIBILEx2
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