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TERRITORIO
IL NILO LA STORIA TORMENTATA DEL FIUME LAMONE
ROMAGNOLO
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DI ANDREA CASADIO FOTO MASSIMO FIORENTINI
“Il fiume si snoda per la valle: rotto e muggente a tratti canta e riposa in larghi specchi d’azzurro.” Così Dino Campana, nei Canti Orfici, evocava i suoni e le luci dell’Appennino nella sua Marradi. Il fiume, ovviamente, era il Lamone. Un fiume ancora giovane, che in quell’angolo quasi incorrotto di natura aveva da poco iniziato il viaggio destinato a concludersi, dopo circa 90 km, fra le paludi del ravennate.
Unico fra i fiumi maggiori a compiere quasi tutto il suo corso all’interno del territorio della
provincia di Ravenna, il Lamone (nome derivato dalla forma originaria latina Anemo) nasce appena al di là dei suoi confini, a poco meno di mille metri di altezza sulle falde dell’Alpe di Casaglia. Siamo nel comune fiorentino di Borgo San Lorenzo, ma al di qua del crinale, in quella Romagna toscana che ha appunto in Marradi la sua piccola capitale, e nella valle disegnata dal fiume stesso il collegamento privilegiato fra le due regioni. La sorgente sgorga dall’acqua di falda, che emerge in zone umide e piccoli rivoli, che a loro volta si uniscono a formare il ruscello primigenio. Da qui, fra pozze e forre, il fiume appena nato attraversa Crespino, ricca di fontane e sorgenti. Dopo Marradi la valle si amplia e il paesaggio cambia. Le colline si popolano di castagneti, mentre si susseguono le tappe del viaggio verso la pianura: San Martino in Gattara, dove vari ritrovamenti archeologici hanno testimoniato l’importanza di questi luoghi già in epoca preromana; Fognano, dominata dalla mole dello storico Collegio Emiliani; la pieve del Tho e Brisighella, che ci parla di Medioevo con le sue torri e i suoi vicoli suggestivi. I castagni sono ora sostituiti dagli ulivi, una pianta mediterranea e quindi di importazione, che però ha trovato qui un habitat ideale. Il nome del suo prodotto, l’olio “brisighello”, richiama i tempi tormentati in cui gli abitanti della valle, fregiandosi appunto di tale appellativo, fornivano alla repubblica di Venezia una delle sue milizie più agguerrite. Ora la valle si allarga ancora in uno scenario di boschi, frutteti,
QUELLA DEL LAMONE È UNA STORIA TORMENTATA, FATTA DI ROTTE, ALLUVIONI E CAMBIAMENTI DI PERCORSO CHE NEL COMPLESSO HA VISTO IL FIUME, NEL CORSO DEI SECOLI, SPOSTARSI GRADUALMENTE DA EST A OVEST, COME RISULTATO DI UN CONCORSO DI EVENTI NATURALI E ARTIFICIALI.
ville padronali e chiese di campagna. Un paesaggio ormai pedecollinare, fra i più belli della Romagna, degno preludio all’ingresso a Faenza. La storia della
città è profondamente legata al
Lamone, che grazie alla chiusa di Errano alimentava i fossati e i canali dei suoi mulini; e anche la sua caratteristica identitaria, l’arte della ceramica, ha trovato nelle argille del fiume la fonte originaria di materia prima. A questo punto, con l’ingresso in
pianura, il Lamone muta de-
cisamente carattere. Già poco dopo la città compaiono gli alti spalti delle arginature, manufatto indispensabile a regimentarne il flusso. Come per tutti gli altri fiumi romagnoli, infatti, quella del Lamone è una storia tormentata, fatta di rotte, alluvioni e cambiamenti di percorso che solo la mano dell’uomo riesce a governare con una costante opera di manutenzione. Come a rispecchiare questi mutamenti fisici, durante il Medioevo il fiume cambiò anche denominazione, assumendo ora quella di Teguriense (da cui la pieve di S. Stefano in Tegurio a Godo), ora quella di Raffanara (la località dove sorse in seguito palazzo S. Giacomo). Si tratta di una storia troppo complicata per essere riassunta in poche righe, ma che nel complesso ha visto il fiume,
nel corso dei secoli, spostarsi
gradualmente da est a ovest, come risultato di un concorso di eventi naturali e artificiali. Anticamente scorreva nella zona di Reda, per poi procedere all’incirca lungo la direttrice dell’odierna via Faentina fino a sfociare in mare a Ravenna. In seguito il suo tratto terminale fu deviato dal centro cittadino per abbracciare le mura a settentrione, fino a quando, nel XIII secolo, l’intero corso a valle di Russi si spostò prima lungo la direttrice di Piangipane (secondo le cronache, per intervento dell’imperatore Federico II durante il suo assedio del 1240) e poi in quella attuale, andando a spagliare nelle paludi che allora occupavano l’intera area a nord di Ravenna. Ricondotto al mare dai veneziani (la traccia del suo corso è oggi visibile nella via Basilica), unito al Primaro e poi di nuovo separato, si stabilizzò per due secoli lungo un tragitto corrispondente all’incirca a quello dell’odierno canale destra Reno, che mantenne fino alla grande rotta di Ammonite del 1839. Caratterizzato da acque particolarmente torbide, già nel Cinquecento il Lamone era stato utilizzato, con opportune derivazioni, per tentare di bonificare le paludi. Fu però dopo la rotta che venne realizzato il progetto più ambizioso, quello della cassa di colmata che prese il suo nome, e che rappresenta forse il maggiore esempio di ingegneria idraulica della storia ravennate. E così, per la seconda volta nella sua storia, il “Nilo romagnolo”
(la definizione è di Nullo Bal-
dini) perse la foce, e fu portato a
C’È UN PERCORSO CICLOTURISTICO ATTREZZATO, ALLESTITO DI RECENTE LUNGO GLI ARGINI DA RUSSI ALLA FOCE, CHE CONSENTE DI PERCORRERE UN TRAGITTO A VOLO D’UCCELLO LUNGO LE DIVERSE TAPPE DELLA GEOGRAFIA E DELLA STORIA DELLA PIANURA RAVENNATE.
IN ALTO, L’IMPONENTE PALAZZO SAN GIACOMO NEL COMUNE DI RUSSI. SOTTO, IL PERCORSO CICLOPEDONALE SULL’ARGINE DEL FIUME. scaricare le sue acque limacciose nel grande bacino limitato da arginature e destinato alla bonifica. Solo al termine di quest’ultima, nel 1962, fu ricondotto al mare, trovando finalmente requie (almeno per ora) dopo secoli di una storia così tormentata. Oggi, seguirne il corso dall’alto dell’argine – un percorso cicloturistico attrezzato è stato allestito di recente da Russi alla foce – significa percorrere un tragitto a volo d’uccello lungo le diverse tappe della geografia e della storia della pianura ravennate: la ricca campagna faentina, dove lontani campanili svettano oltre le linee verdeggianti dei frutteti; le memorie del passatore a Boncellino; la spettacolare visione di palazzo San Giacomo, che un tempo aveva la sua facciata principale proprio verso il fiume, perché da qui i Rasponi vi si recavano navigando con il loro “bucintoro”; la torre trecentesca di Traversara. A questo punto il paesaggio cambia, e inizia ad assumere gli orizzonti larghi e spogli della bassa. È questa la cifra prevalente a Villanova, con la sua tradizione delle erbe palustri, e a Mezzano, “il paese nato dal fiume”, dove la grande mole dello zuccherificio racconta la storia dell’agricoltura ravennate del Novecento, mentre quella dell’arcigna nobiltà cinquecentesca è testimoniata verso Savarna da ciò che resta dei palazzi dei Rasponi (ancora loro) che si susseguivano lungo il suo antico percorso. Fino ai padelloni che ne popolano le sponde nell’ultimo tratto, fra valli e pinete, appena prima dell’abbraccio con l’azzurro dell’Adriatico.
SE.T.AM.
SERVIZI CHE CONTANO
LO STUDIO DI
CONSULENZA
RAVENNATE FONDATO DA FLAVIA VALMORRA E ROBERTO GARAVINI FESTEGGIA NEL 2022 I QUARANT’ANNI DI ATTIVITÀ.
Festeggia l’ambizioso traguardo dei quarant’anni d’attività lo studio Se.t.am di Ravenna, che si rivolge ai privati e a tutte le attività imprenditoriali e commerciali con una nutrita serie di servizi ad alto livello rivolto alle esigenze di ciascuno. Ad aprire lo studio il 21 settembre 1982 sono stati Flavia Valmorra e Roberto Garavini che, dopo essersi conosciuti da colleghi all’interno di un’associazione di categoria, hanno deciso di mettersi in proprio puntando a diventare una società di elaborazione dati fiscali, ossia nella registrazione di fatture. “Un’impronta che abbiamo mantenuto nel tempo,” spiegano, “restando sempre aggiornati sui numerosi e continui cambiamenti legislativi. Il nostro punto di forza è quello di offrire un servizio completo al cliente che così è libero da qualsiasi incombenza. Se un cliente per esempio vuole aprire un negozio, il nostro studio segue dal contratto d’affitto alla richiesta di licenze, al fare l’iscrizione alla Camera di Commercio e all’Inps e Inail, aprendo poi la partita Iva e occupandosi di tutta la registrazione della contabilità. Grazie all’abbonamento a ben tre scuole fiscali, siamo poi in grado di tenere sempre aggiornati i nostri clienti con circolari periodiche sulle ultime novità fiscali.” Se.t.am, in questi anni, ha fatto un passo alla volta, ingrandendosi nel corso degli anni. La sede, che all’inizio era in via Girolamo Rossi, è stata spostata prima in via Cura e, dal 1986, in via definitiva in via Amalasunta 6, dove gradualmente è stato rilevato l’intero stabile e un archivio, in cui lavorano dieci dipendenti.
“Il consolidamento dell’attività,” ricordano i soci fondatori, “è avvenuto nel 2000 con la creazione della sede decentrata di un Caf imprese con il loro servizio paghe rivolto alle aziende clienti. Una tematica che abbiamo voluto introdurre quando abbiamo visto che era sempre più importante interagire per le compensazioni nei casi in cui l’azienda avesse crediti d’imposta. Se non si gestisce tutto insieme, l’azienda rischia di essere penalizzata. Una mossa vincente visto che ha consentito l’espletamento del servizio paghe alle aziende clienti”. Un altro obiettivo è stato poi quello di creare il nuovo servizio dichiarazione dei redditi per dipendenti e pensionati (modello 730). Grazie alla collaborazione con un Caf, Se.t.am costituisce oggi un’entità molto consistente per volumi e tipi di servizio. “Questi anni di pandemia sono stati molto impegnativi,” raccontano Valmorra e Garavini, “in quanto il governo emanava decreti legge settimanalmente in cui si imponevano regole da seguire dentro le aziende. Abbiamo quindi affiancato queste ultime nelle pratiche di richiesta dei fondi perduti, facendo i calcoli per categoria e volumi d’affari. Il nostro lavoro si è moltiplicato e un dato è alquanto significativo. Vengono pubblicate annualmente circa 30 circolari per i clienti, nel 2020 ne abbiamo emesse oltre 70. La clientela va tenuta costantemente aggiornata perché la tv dà informazioni sommarie, a noi spetta il compito di spiegare i dettagli.” Nel corso dei suoi quarant’anni di storia, Se.t.am è stata testimone del passaggio dal cartaceo totale alla tecnologia più sfrenata, con l’introduzione dell’ormai noto cassetto fiscale. La società funge anche da intermediaria in ambito telematico. Questa è stata la base da cui partire per le attività telematiche che ha permesso di affrontare tutti i vari passaggi anno dopo anno, affinché il cliente potesse avere i servizi completi che la legge imponeva. “Questo passaggio ha agevolato ma non semplificato, perché la burocrazia resta anche cartacea almeno per studi come il nostro,” commentano i due titolari. “Il lavoro è poi sempre più frenetico: se un tempo c’erano meno scadenze ripartite durante l’anno, oggi è tutta una scadenza e questo crea una mole di lavoro non indifferente per tutto il personale.” Ieri come oggi, Se.t.am è in grado di seguire fiscalmente chiunque ne abbia necessità, dalle aziende ai professionisti e ditte individuali, fino a dipendenti e pensionati.