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AL TERZO

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DI FELLINI

DI FELLINI

A Rimini esiste da vent’anni un’associazione culturale e di volontariato che recupera e mette in acqua vecchie barche da pesca a vela della marineria riminese. In pratica, aiuta tutti quanti noi a riscoprire le radici della città che, prima che turistiche, sono marinaresche. Una realtà che ad oggi non è molto conosciuta, nonostante abbia recuperato ormai diverse imbarcazioni a vela risalenti, quantomeno, agli anni Cinquanta. Si chiama Vele al Terzo Rimini Aps (Associazione di Promozione Sociale). A Gianmaria Mondaini e ad Andrea Ambrosani, che di quest’as- sociazione fanno parte, abbiamo chiesto di saperne di più. Quando e perché nasce l’associazione Vele al Terzo?

“Nasce nel 2003 da un gruppo di amici desiderosi di ricordare la vecchia marineria del porto di Rimini. Come recita lo statuto, i nostri scopi sono il restauro e il recupero delle barche da lavoro dei nostri marinai, la riscoperta di vecchi modi di dire legati all’andar per mare che si sono persi con l’avvento del motore, e la preservazione dell’arte del navigare a vela. Circa un mese fa, il ministero dei Beni Culturali e le Soprintendenze hanno riconosciuto come un bene immateriale culturale l’arte del navigare con la vela al terzo: ciò significa che possiamo essere riconosciuti come operatori culturali e questi ci rende particolarmente orgogliosi del nostro lavoro di volontariato.”

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Voi stessi restaurate le barche che decidete di salvare?

“Fin dove riusciamo, sì. Il lavoro relativo all’armo velico è tutto nelle nostre mani anche perché la maggior parte dei cantieri non lo sa più fare. Ma da un certo livello d’intervento in poi dobbiamo affidarci a cantieri velici di grande esperienza e tecnica come Gori e Carlini, che ringraziamo. Carlini ci vara una barca o due all’anno a titolo gratuito e Gori ha per noi sempre un occhio di riguardo. Una mano ce l’hanno data anche il cantiere La Darsena e il Club Nautico. I privati sono molto sensibili sul tema del ripristino delle barche

“I NOSTRI SCOPI SONO IL RESTAURO E IL RECUPERO DELLE BARCHE DA LAVORO DEI NOSTRI MARINAI, LA RISCOPERTA DI VECCHI MODI DI DIRE LEGATI ALL’ANDAR PER MARE CHE SONO ANDATI PERSI, E LA PRESERVAZIONE DELL’ARTE DEL NAVIGARE A VELA.” da pesca a vela e sul recupero culturale di questa tradizione. Un piccolo aiuto ci arriva anche dall’amministrazione comunale ma basta solo per la manutenzione più spicciola. Pensiamo che il Comune dovrebbe fare uno sforzo in più, magari dedicandoci dei posti barca. Se poi si vuole promuovere Rimini come Capitale della cultura, noi pensiamo di poter essere un punto di attrazione.”

Quante barche avete salvato?

“Sette od otto. Di queste, quattro sono in uso alla nostra Asso- ciazione. In pratica, stiamo parlando di un museo attivo perché sono imbarcazioni storiche ma naviganti.” Cosa fate con le barche che rimettete in acqua?

“Pratichiamo la velaterapia collaborando con associazioni quali RiminiAil o Riminiautismo. Organizziamo anche uscite con le scuole o con privati ma mai a scopo economico. Al massimo accettiamo qualche piccolo contributo liberale nonostante per uscire in mare occorra la presenza di almeno un paio di nostri soci. Naturalmente siamo tutti volontari e non percepiamo nessun tipo di stipendio. Anzi, ci mettiamo del nostro.”

La vostra ‘nave ammiraglia’ è l’Amarcord, un ‘lancione’ bialbero di 12 metri e 70 che state restaurando…

“Ci spenderemo circa 25.000 euro che, francamente, non abbiamo tutti a disposizione. Durante il restauro sono saltate fuori criticità inaspettate e per rimetterla in sesto avremmo davvero bisogno di una mano. Per questo abbiamo avviato un’attività di crowfounding e chiesto uno sforzo ai soci più attivi. La barca è davvero ammalorata, con tante parti strutturali da sostituire.”

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