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DUE Verso l’arrampicata moderna
from SPIT in Dolomiti
Scacciadiavoli, Marmolada
Affermare che oggi come oggi non si verifichino queste azioni sarebbe ridicolo, però la strada va nella direzione di una maggiore chiarezza.
Trovare oggi relazioni che indicano solamente il grado massimo della salita senza l’indicazione del grado obbligatorio e senza un preciso riferimento sulla proteggibilità, o prive della distinzione fra gli spit e i chiodi, fanno decisamente storcere il naso e richiamano spesso ad una volontà sottintesa di gonfiare la prestazione. Rimane chiaramente plausibile l’utilizzo del grado UIAA riferito alle vie trad.
Larcher è stato oggetto di critiche e a sua volta non si è certo risparmiato nel criticare altri stili di apertura, ma certamente ha difeso a spada tratta il suo operato perfezionandolo dal punto di vista tecnico ma anche da quello teorico.
Le ultime aperture in Marmolada oltretutto dimostrano un ritorno verso l’alpinismo propriamente detto e il by fair means, nel senso di affrontare la parete lealmente con il minor uso possibile di spit e secondo precise regole di ingaggio.
A mio parere la presenza di spit alle soste non deve essere neanche messa in discussione, perché mi pare un dato assodato che il 90% degli scalatori siano d’accordo nel dover salvaguardare la cordata da una caduta mortale.
Detto questo, non sono certo dieci o venti spit su 500 metri di parete a trasformare una salita da alpinistica a sportiva: in sostanza Larcher ha compiuto uno sviluppo circolare tornando alle origini, con tutte le trasformazioni che ci sono state in 40 anni e che non possono semplicemente essere dimenticate.
Due spit alla fine alla Cima d’Auta
30m
5c
40m
7b/c
30m
6b/c
6b
30m
35m
6c/7a
30m
7b
6b/c
30m
30m
7a/b
30m
8a+
Guida alpina e maestro di sci, istruttore ai corsi guida con quarant’anni di attività in montagna a 360°: ripetizioni, aperture, spedizioni e chiodature. Membro di Fassa Guides, Casa delle Guide, Campitello di Fassa.
RENATO BERNARD
Sei stato vittima di una richiodatura, qualcuno ha messo gli spit su Mescalito alla Rupe Secca, una via storica della Valle del Sarca, senza chiedervi una opinione in merito. Te la sei presa ?
Ho un bellissimo ricordo dell’apertura con Renzo Vettori sulla Rupe Secca, una via difficile realizzata in più riprese con vari voli, una vera avventura anche perché non abbiamo usato i chiodi a pressione (Renzo era contrario).
Dopo l’apertura non l’avevo più ripetuta, poi però avevo letto qualche recensione dove parlavano di una bella arrampicata libera e di una delle più belle vie della Valle del Sarca.
Allora ho pensato: “Forse c’è qualcosa che mi sfugge...” e sono andato a ripeterla, riscontrando la via più plaisir di come l’avevamo lasciata noi, con spit sui tiri e alle soste, anche se c’era ancora ingaggio e qualche chiodo normale, ma in linea di massima era diventata una via bella e sicura come sono altre nella valle.
Lì per lì l’ho percorsa con piacere, quasi in un’altra ottica, come se stessi ripetendo una via nuova, una via diversa da quella aperta.
Ma la via, oggi, si sta ancora ripetendo e si può capire la storia che c’è sotto, e questo fa piacere. Tutto sommato, fa piacere anche che l’abbiano riattrezzata.
Certo, diciamo che nessuno ci ha chiesto niente e questo sicuramente non è il modo di fare: non si può attrezzare a spit o riattrezzare una via aperta con un’altra ottica.
Nel caso di Mescalito va bene così, sennò probabilmente sarebbe rimasta una cattedrale nel deserto senza ripetizioni, comunque è opportuno un appello ad informarsi bene sulle classiche dei vecchi tempi e di parlare con gli apritori prima di programmare interventi.
Molti criticano le nuove aperture: troppi spit, troppi incroci, ci vuole più rispetto, ma non è sempre stato così? Mi pare che le pareti più famose siano delle vere ragnatele di vie, dove districarsi diventa impossibile.
Per quanto riguarda gli spit in montagna, diciamo sulle grandi pareti in apertura (non quindi nella riattrezzatura di vecchi itinerari), ovviamente sono molto favorevole perché fa un po’ parte della storia.
L’alpinismo è nato sicuramente senza i chiodi, poi è uscito il chiodo normale che ha fatto la storia, ma sempre con critiche perché c’era chi era contro e chi era favorevole, e i chiodi sono stati usati non solo per la sicurezza ma anche per la progressione, per l’artificiale, e anche qui gran discussione e critiche, con chiodature e schiodature in Civetta e in altre parti delle Dolomiti, per poi passare ai chiodi a pressione e poi agli spit a mano e poi al trapano e ai resinati... c’è tutta un’evoluzione dei materiali che non si può tentare di fermare.
L’evoluzione dei materiali, la tecnologia, andrà avanti e chissà dove arriverà e quindi, ora come ora, abbiamo gli spit, da 8 mm, da 10, da 12, piazzati col trapano elettrico, quindi con molto meno lavoro delle prime aperture con il martello a mano appesi ai cliffhanger.
Dico che ognuno ha la libertà di fare come vuole: quando tu prendi e parti e apri una via su una montagna, decidi tu che materiale usare, che stile usare e quindi bisogna rispettare le scelte dell’apritore, anche se la sua libertà finisce quando comincia a ledere la libertà degli altri.
Allora, se cominci a chiodare delle vie troppo vicine ad altre, o incroci ripetutamente delle classiche con i tuoi spit, eccetera, quindi magari anche a tua insaputa senza sapere quello che stai facendo, non va più bene ovviamente.
Prima di aprire una via su una grande parete ti devi informare se c’è spazio, se incroci qualche via, che storia c’è sotto e sentire anche un po’ il pensiero dei locali: vedi ad esempio le Mesules, dove i gardenesi hanno deciso di non fare aprire vie a spit perché vogliono mantenere questo stile trad.
Devi rispettare anche un po’ queste cose: se rispetti tutto, poi vai e apri come ti pare; decidi tu lo stile e la distanza, così lasci la tua firma e va bene così.
Mi lasciano perplesso le aperture miste, quelle a spit ma da integrare parecchio, con tratti alpinistici, quelle che sulle guide vengono date RS: ho visto diverse porcherie in giro. Un po’ non vedi gli spit a grande distanza e rischi di