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Introduzione storica

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Punti di appoggio

Punti di appoggio

I monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi. (Johan Wolfgang Von Goethe)

Quale frase potrebbe rendere meglio l’atmosfera che si respira lungo i pendii angusti che tanto amiamo? Da un lato loro, i monti, nostri imperscrutabili maestri. Siano essi impervi o dal dolce declivio, coperti di fitto bosco o da sparuti arbusti, non smetteranno mai di insegnarci qualcosa, anche dopo mille ascese, anche quando crederemo di saperli domare. E in questo quadro si collocano di diritto le Alpi Apuane la cui indiscutibile unicità gli conferisce da sempre un profondo romanticismo. Quel loro profilo, così insolito per una cresta appenninica, ricorda infatti il sussulto di un elettrocardiogramma rimasto a lungo regolare. La ribellione di una natura che, stanca di tracciare linee dolci, si è destata, per un attimo solo, regalandoci aspre vette dalle forme affascinanti. Come le gobbe del Cavallo, gli imponenti torrioni del Corchia e la finestra del Forato. O come il Procinto, il “panettone”, dove l’ispirazione della natura sembra aver trovato terreno molto fertile regalando alla tela uno sperone dalla forma di un quarzo incastonato nel bosco. Tutti sotto l’ègida del Re (il Pisanino) e la Regina (la Pania), maestose piramidi dai tratti che nulla hanno da invidiare alle più rinomate alture alpine. E proprio su queste cime, tra noi discepoli silenziosi, c’è chi ha osato di più lasciando una traccia nella memoria aprendo vie che ancora adesso allietano le nostre giornate. Sono le storie dei grandi alpinisti che si sono succeduti su queste montagne che data la loro peculiare morfologia e specifica geologia "roccia calcarea sdrucciolevole soggetta ad erosione carsica" hanno da sempre rappresentato delle sfide affascinanti per ognuno di loro. Inizialmente oggetto di esplorazione da parte di arditi cartografi o audaci boscaioli, le creste Apuane divengono terreno per i primi tentativi di arrampicata solamente verso la seconda metà del XIX secolo attirando sin da subito l’attenzione dei maggiori alpinisti italiani e stranieri (si pensi al grande Douglas W. Freshfield, alpinista inglese e il suo connazionale, Richard Henry Budden, conosciuto nell’ambiente come l’apostolo dell’alpinismo, innamorato al punto delle Apuane da contribuire in modo decisivo alla loro promozione turistica e alpinistica in qualità di presidente della sezione fiorentina del C.A.I.).

Fine anni '40 ↓

Arrivano così le prime imprese firmate tra i tanti da Aristide Bruni, Efisio Vangelisti e Angelo Bertozzi (prima ascesa sul Procinto) Emilio Quésta (invernale sulla Pania Secca e l’ascesa della punta omonima) e Lorenzo Bozano (prime ascese del Contrario e Cavallo) sino ai primi tentativi di “violare” la parete nord del Pizzo d’Uccello ad opera dei genovesi A. Sabbadini, A Daglio e A. Frisoni per giungere fino ai fratelli Sergio e Vinicio Ceragioli, vere e proprie leggende dell’alpinismo dell’epoca, a cui dobbiamo l’ascesa sullo spigolo Nord Est del Procinto, il primo V° grado delle Apuane e la via sulla parete ovest del panettone. Ma ai fratelli Ceragioli può ascriversi un’imponente attività alpinistica che porta, tra le altre, all’apertura di due importanti vie: l’omonima via sulla parete Ovest del Monte Contrario nonché lo spigolo Ovest del Monte Penna di Sumbra, quest’ultima una classica per molti alpinisti dei nostri giorni, ma la sua apertura (10 giugno 1935) fu all’epoca una vera e propria impresa nonché una delle primissime ascese sulla parete Nord del Pizzo d’Uccello, successive solo all’impresa dei Genovesi. Sulla base del percorso tracciato dai due fratelli, nel 1940 nacque la via Oppio-Colnaghi (dai lombardi Nino Oppio e Serafino Colnaghi) attualmente l’itinerario più utilizzato per vincere l’erta impervia della parete Nord del Pizzo. Proprio dalle prime lunghezze di questa celeberrima ascesa, gli alpinisti Nerli, Biagi e Zucconi, danno luogo all’omonima via (detta anche via dei Pisani) che in comune con la prima ha anche il tratto terminale. Angelo Nerli, oltre al merito di avere aperto molte vie classiche apuane tra le quali il Canalino Nervi, incantevole e abbordabile vie sulla parete nord est del Grondilice, la via Nerli-AmadeiScatena sull’Altissimo, la Nervi sulla parete nord del Pisanino è ricordato per la sua guida “Alpi Apuane” (Guide ai Monti d’Italia – Club Alpino Italiano e Touring Club), un vero e proprio trattato sulla storia alpinistica delle Alpi Apuane e tutt’ora uno dei testi di riferimento per chi vuole cimentarsi con le ascese chiodate apuane. Per la seconda edizione della suddetta guida, nel 1979, Nerli collabora con Attilio Sabbadini e con la leggenda dell’alpinismo di quell’epoca: Euro Montagna. Personaggio unico e alpinista indimenticabile, come nel caso del Nerli, Montagna ci lascia in eredità un’imponente e meticolosa produzione bibliografica (tra le altre) delle Apuane, la base, obbligatoria, per ogni successiva pubblicazione.

Pizzo Saette, 1969 Monte Nona, 1972

Dal punto di vista alpinistico, sua una delle classiche più affascinanti delle Apuane: il Pilastro Montagna (appunto) sulla Pania Secca, aperta nel 1963. Quinto grado, salita lunga e ritirata difficile mentre l’avvicinamento, certamente spettacolare per l’alpinista appassionato, risulta impervio e piuttosto avventuroso. Altrettanto si può dire per l’attrezzatura della via che in alcuni tratti, risulta ancora essere quella originale. Di quest’epoca Gian Carlo Dolfi, classe 1930, trai protagonista di diritto dell’alpinismo italiano degli anni ‘50 e ‘60 che annovera numerose prime ascensioni divenute adesso delle vere e proprie classiche. Su tutte la via Luisa, meglio conosciuta come Dolfi-Rulli, sulla parete est del Procinto. Un capolavoro di bellezza e logicità. Ma questa è solo una delle sue tante imprese di cui resta a noi vivido il ricordo. Possono infatti ascriversi al suo nome la Torre Francesca (detto appunto spigolo Dolfi) sul contrafforte del Pizzo delle Saette o ancora le vie del Corchia nonché la prima ascesa in solitaria della via Oppio-Colnaghi sulla parete nord del Pizzo d’Uccello. In quest’epoca di leggende dell’alpinismo l’unico baluardo a resistere inviolato è la parete sud ovest del monte Nona, per questo motivo ad un tratto ritenuta insuperabile. Gli stessi fortissimi fratelli Ceragioli dovettero capitolare davanti a questa terribile ascesa concedendole appunto quell’aura divina che resistette per anni. Fu soltanto grazie all’introduzione di un’innovazione tecnologia, il discusso chiodo a pressione, che fu possibile vincerla. Furono i fratelli E. e G.L. Vaccari (da qui il nome, via Vaccari) nel 1966 a raggiungere la vetta espugnando finalmente la terribile ascesa. A loro seguirono Agostino Bresciani e Mario Piotti che aprono nel 1969 la Via Licia e nel 1971, a sinistra della via Vaccari, passarono Giovanni Bertini, Emilio Dei, Michele Lopez e Mario Verin tracciando di fatto la via dei Fiorentini. Negli anni ‘60 proprio Mario Verin, della scuola Dolfi, compie la prima ripetizione in solitaria della via dei Pisani, e, assieme agli alpinisti G. Bertini, L. Benincasi, A.Bresciani, G. Crescimbeni e M.Piotti contribuisce all’apertura delle vie Gamma (il nome originale era G.A.M.M. dalle iniziali dei nomi degli apritori), Stefania, Gabriella e XXV Aprile sul Procinto.

Tra quest’ultimi, non si può non menzionare il genovese di nascita Mario Piotti, fregiato del riconoscimento di Accademico del Cai, e figura leggendaria dell’alpinismo di quegli anni. Si allenava e scalava sempre da solo, come se l’arrampicata per lui fosse qualcosa più di un semplice sport. Nell’ambiente è ricordato soprattutto per aver “domato” più volte l’erta dell’imponente parete nord del Pizzo d’Uccello al punto da farla sembrare semplice. Sue le vie Gran Diedro Nord, la via PiottiCalcagno, l’invernale della via dei Genovesi e la Fessura Obliqua. Se il passato è illuminato della luce di queste leggende non da meno lo sono i nostri tempi. È infatti proprio grazie al loro esempio che molti giovani si sono avvicinati all’alpinismo di alto livello, creando un giro che non ha nulla da invidiare a quello di alcune delle più rinomate località alpine. Alle nuove generazioni di scalatori si deve l’introduzione della tecnica moderna che, assieme ad un rinnovamento tecnologico (su tutti l’introduzione del chiodo a pressione) hanno acconsentito di alzare ancora di più l’asticella, rendendo di volta in volta possibili, ascese da sempre ritenute impossibili. In una ideale linea divisoria tra passato e presente, il primo nome che merita la menzione è quello di Claudio Ratti, forte alpinista e poi guida alpina, realizza molte ascensioni tra cui la Ratti-Guadagni e la Ratti-Martini alla Nord del Pizzo d'Uccello. In questo periodo (anni ‘70) G. Crescimbeni, S. Trentarossi e G. Banti salgono integralmente la via dei Genovesi in prima invernale alla Nord del Pizzo d'Uccello. Ma sono gli anni ‘80 a segnare una vera e propria rivoluzione dell’alpinismo apuano. In quegli anni si mette in evidenza il classe 1961 Roberto Vigiani, al quale dobbiamo due delle più estreme ascese del panorama apuano: il Muro delle ombre (con Federico Schlutter), sulla parete nord del Pizzo d’Uccello, una via impegnativa per via dei lunghi runout su roccia instabile, ma soprattutto Nona Sinfonia, sviluppata sulla parete sud-ovest del monte Nona, di certo ad oggi la più difficile via multipitch del complesso delle Apuane. Ma a Roberto Vigiani, si deve anche la chiodatura di numerose vie sul Procinto, che hanno reso l’ascesa più accessibile e più adatta all’arrampicata sportiva.

Torrione Figari, Scarpe al tennis, anni '70 ↓

Durante gli anni ‘80 vengono fatti notevoli passi in avanti anche per quanto riguarda l’alpinismo invernale: Massimo Boni apre le prime vie di ghiaccio moderne di alta difficoltà. La più nota è l’impegnativa Canale Elisabetta (con Giuliano Pasqui) sulla parete Nord del Pizzo delle Saette. Di pari meriti il celeberrimo Stefano Funck, figlio d’arte, che ha aperto molte vie sulle apuane (Nord del Pizzo d’Uccello, Contrario, Torri di Monzone, etc.) ma in modo particolare a lui va il merito della chiodatura delle vie Fantastica al Nona e Dimensione Montagna sulla sud del Sumbra (ancora “illibata” per quanto riguarda la salita in libera) fino a quel momento parete non molto frequentata. A cavallo tra il II e III millennio la coppia formata Mauro Franceschini e Fabrizio Recchia (che ci hanno tristemente lasciato nel 2017) realizza la chiodatura di numerose vie sulle Torri di Monzone e sulla parete sud del Pizzo d’Uccello nonché le vie Pinacolada sulla Torre Torracca (Garnerone), Scorzausei e D’angelo Custode (questa assieme ad Antonella Gallo) sul monte Campaccio. Infine è il turno della scuola Monte Forato, tra le cui fila troviamo i nomi di Alberto Benassi, Claudio Bacci, Giancarlo Polacci, Alessandro Angelini, e tanti altri, tutti molto attivi nella apertura di vie alpinistiche in Apuane. Tra le varie realizzazioni: E se fossero stati gli alieni? sul Monte Croce, Bacci e Abbracci al Procinto, le vie Amico Almo, Stella Polare, Per un pugno di spit, Indietrotutta, e Spinix al Corchia. Sempre al Corchia, tra le vie più ripetute, ci sono Padre Corchia e La Volpe e la Folaga, di Alessandro Bertagna, altro personaggio di rilievo nel panorama apuano degli anni 90. Venendo ai giorni nostri, a tramandare le gesta dei grandi del passato, sono presenti sul territorio apuano principalmente 3 gruppi di arrampicatori: la scuola Monte Forato, le Guide ProRock Outdoor e Versante Apuano che organizzano corsi di alpinismo e arrampicata e si fanno portavoce di numerose iniziative volte alla promozione del territorio.

Biagi, Nerli, Agosto 1971 ↑

Garnerone, Settembre 1973 ↓

Numerosi i nomi che non siamo riusciti ad approfondire, come Bruno Barsuglia, Paolo Bertolucci, Fabrizio Convalle, Giorgio Giannaccini, Massimo Innocenti, Giampietro Lucchetti, Albino Malerba, Cesare Maestri, Leonardo Piccini, Cristiano Virgilio, i carrarini Andrea Marchetti, Renzo Gemignani, Fedele Codega e Silvano Bonelli. Ci scusiamo per chi non è stato nominato, esigenze di forma ci impediscono di citarvi tutti, ma vi assicuriamo che ci saranno occasioni future per ricordare le vostre indimenticate gesta.

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