verdenero 12
noir di ecomafia
Girolamo De Michele Con la faccia di cera © 2008 by Girolamo De Michele published by arrangement with Agenzia Letteraria Roberto Santachiara © 2008, Edizioni Ambiente S.r.l., via Natale Battaglia 10, 20127 Milano www.edizioniambiente.it; tel. 02 45487277
Immagine di copertina: © Thom Lang/CORBIS Tutte le edizioni e ristampe di questo libro sono su carta riciclata 100% Finito di stampare nel mese di settembre 2008 presso Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (Pg)
Gli autori devolvono una parte delle proprie royalties al progetto SalvaItalia di Legambiente. VerdeNero è una campagna di mobilitazione contro l’ecomafia e il silenzio che l’avvolge, un’occasione concreta per affermare nel paese una nuova cultura della legalità a difesa dell’ambiente. Per saperne di più: www.verdenero.it; blog.verdenero.it
Questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti accaduti o persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
girolamo de michele con la faccia di cera
a Sbancor, amico e cattivo maestro a Picinin, indimenticabile commediante in memoriam a tutti quelli che antepongono la dignitĂ e la vita al profitto e al benessere a tutti quelli per i quali una festa in costume non vale la vita di un cavallo
demichele DEF:verdenero
12-09-2008
17:24
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“Ante esta realidad sobrecogedora que a través de todo el tiempo humano debió de parecer una utopía, los inventores de fábulas que todo lo creemos nos sentimos con el derecho de creer que todavía no es demasiado tarde para emprender la creación de la utopía contraria. Una nueva y arrasadora utopía de la vida, donde nadie pueda decidir por otros hasta la forma de morir, donde de veras sea cierto el amor y sea posible la felicidad, y donde las estirpes condenadas a cien años de soledad tengan por fin y para siempre una segunda oportunidad sobre la tierra.” [“Dinanzi a questa realtà impressionante che dovette sembrare un’utopia durante tutto il tempo umano, noi inventori di favole, che crediamo a tutto, ci sentiamo in diritto di credere che non è ancora troppo tardi per intraprendere la creazione dell’utopia contraria. Una nuova e devastante utopia della vita, dove nessuno possa decidere per gli altri addirittura il modo in cui morire, dove davvero sia certo l’amore e sia possibile la felicità, e dove le stirpi condannate a cent’anni di solitudine abbiano finalmente e per sempre una seconda opportunità sulla terra.”] Gabriel García Márquez, Nobel Lecture, 8 dicembre 1982
Nota dell’Autore I fatti qui narrati sono una finzione letteraria. Fittizi sono anche i personaggi di questo racconto. Reali sono invece i personaggi altri (capirà il lettore quali), e le vicende accadute nei loro tempi. Realissime sono le vicende della Solvay di Ferrara. L’Autore fa presente che in realtà il Palio del 2008 è stato rinviato dal 25 maggio al 1º giugno a causa di un’improvvisa bufera che si è abbattuta sulla città di Ferrara.
dramatis personae (1)
Nella città di Ferrara, e altrove: David Belli, fotografo. Crede di avere due lavori da fare, scoprirà che c’è ben altro nel suo destino. Lucia Tagliaferri, una ragazza. Bella e terribile, e soprattutto sfuggente. Forse troppo. Ruben Tagliaferri, zio di Lucia. Operaio in pensione e gonfaloniere della contrada della Vergine Misericordiosa, ha un sogno da realizzare e una seconda opportunità da non perdere. Bao Nero, purosangue da corsa. Azzoppato e abbattuto al Palio di Ferrara nel 2006. Anche lui ha una seconda opportunità. Gary Troup, scrittore. Scomparso assieme agli altri 7
passeggeri del volo 815 della Oceanic Airlines. Il suo romanzo Bad Twins, invece, non riesce a scomparire.
Nel condominio: Agnese Tagliaferri, una zia di Lucia. Ha memoria compromessa dall’età: non è detto che sia un male. Edvige Stefanelli, sarta. Perseguitata dai rumori e dai cinesi. Gelindo Stefanelli, marito. Ha commesso un errore: sposare Edvige Stefanelli. Clarissa Pénola, la vedetta del condominio. Capeggia il partito dell’è-ora-di-finirla-adesso-basta! di Spettegolandia. Luisa Zellera, telespettatrice. Vorrebbe solo starsene in casa a guardarsi le sue soap. Sauro Detrito, geometra. Per lui ci sono molte cose che devono cambiare. Massimo Batacchio, Dirigente Condominiale. Ha una frase per tutte le stagioni: “chi mi conosce lo sa!”. Romeo Pocaterra, sindacalista. Ha una certezza: i 8
tempi e i modi del confronto sono altri. Sempre. Angiolina Lucente, nubile all’anagrafe e zitella nell’anima. Sempre pronta a infilarsi in una lite. Ada Piangipane, un raro essere umano. Forse un angelo. Conosce a memoria tutti i santi, e ha un debole per David. Enzo Valenzetti, anziano matematico. Ha calcolato una combinazione vincente al lotto ed è partito per lidi migliori.
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ferrara
Belli come noi / ben pochi sai / ce n’erano /e dicevano / quelli vengono dalla campagna. / Ma ridevano / si spanciavano / già sapevano / che saremmo ben presto anche noi diventati / come loro. / Tutti grigi / come grattacieli con la faccia di cera. Adriano Celentano, Un albero di trenta piani
Ferrara, mercoledì 21 maggio 2008 «FERRARA, stazione di Ferrara. Treno regionale delle ore 8 e 15 minuti in arrivo finecorsa alla stazione di Ferrara. I passeggeri sono pregati di controllare i propri bagagli...» Alzarsi dal sedile essudato. Afferrare i propri 11
bagagli, borse, sporte di plastica piene di oggetti. Accodarsi al viaggiatore già in fila. Sbuffare. Uscire sul binario. Le luci della stazione baluginano, lattiginose. La nebbia avvolge il corpo principale della stazione. Sembra sera. (Hei... Scusa... Scusaaa!) Dov’è finita la stazione? E gli autobus fermi davanti al piazzale? Quelle ombre sembrano... Sembrano... Vetture a cavalli? (Scusaaa!... Ma stai male?) «... Ma quale nebbia, dai: l’ultima di maggio alle otto del mattino?» È un attimo: la nebbia svanisce, la penombra s’illumina, dal finestrino scivola via in direzione contraria il treno per Bologna. «Dormivi di brutto» dice la ragazza sorridente, continuando a scuoterlo con gentilezza. «E sì, mi ero proprio... Pensa che mi sembrava di essere... Sai quelle foto d’epoca, quelle della Ferrara d’una volta...» «Beh, meglio che ti alzi: sono già su quelli delle pulizie» dice alludendo a una coppia di asiatici con la pettorina colorata, secchi e scope in mano. 12
«Grazie» dico alzandomi. «Scusa, non mi sono neanche presentato...» «Difficile presentarsi se si dorme» ammicca. «A meno che non parli nel sonno». «No, non credo proprio. Comunque: David Belli, fotografo. E tu?» «Ah, fotografo... Ecco perché ti vengono in mente le foto d’epoca... Stai dimenticando il libro?» Libro? Quale libro? Mi volto. Lo raccolgo dal sedile. Bad Twins, dice il titolo: un disegno tracciato sulla sabbia. Di... «Gary Troup» dice lei. «Lo conosco. E già che ha anche scritto un giallo, prima di scomparire...» «Ah... È morto?» «No, non proprio: è scomparso. Più che altro è scomparso l’aereo su cui viaggiava. Dev’essere finito nell’oceano, da qualche parte tra l’Australia e le Hawaii... Il mistero del volo 815, quattro anni fa o giù di lì: non l’hai sentito? Ma tu leggi l’inglese?» E già, il libro è scritto in inglese: Sometimes evil has a familiar face, dice la fascetta stampata sulla copertina. «Sì, leggo l’inglese. Insomma, me la cavo... Piuttosto: posso offrirti qualcosa, in cambio?» 13
E infilo il libro in tasca: metti mai che valga la pena... «In cambio di che?» risponde sorridente. «Beh, se restavo a dormire il treno ripartiva, perdevo un appuntamento di lavoro, e chissà dove mi svegliavo. A proposito, non mi hai mica detto come ti chiami...» Lucia. Si chiama Lucia, questa ragazza sorridente. Ha gli occhi che brillano, come se luccicassero. Un bagliore che si coglie quando ti guarda negli occhi: ma il più delle volte il suo sguardo sfugge. «Devo andare a trovare una vecchia zia, niente di che. Ogni tanto non risponde più al telefono: si dimentica di mettere la cornetta al posto giusto, di solito. Vado, verifico che sia tutto a posto, faccio due chiacchiere, riempio il frigo e faccio la scorta per il micio. Poi ritorno a casa. Brava ragazza, no?» conclude. Ora sorride, facendo luccicare gli occhi. «E tu? Fotografo di che?» «Mi arrangio. Posso mangiare e dormire in una sola stanza, così nell’altra ho messo su la camera oscura. Se va bene... Per ora ho un paio di lavori in gioco: illustrare un libro della Camera di Commer14
cio sul polo industriale ferrarese, e un book fotografico sul Palio. Il Palio, no? Lo sai che è il più antico d’Italia? Domenica prossima c’è la gara dei cavalli, fotografo la gara, e completo il book. Pagano bene. Io però preferisco quell’altro... Le fabbriche sono un soggetto bellissimo: acciaio, masse scure... A volte le fotografo in bianco e nero, mi sembra persino più realistico... È una città da bianco e nero, da colori d’epoca, Ferrara...» Peccato che la vecchia carta della città tanto romantica da meritare una visita, l’osteria più antica del mondo, il ghetto, o magari il giro notturno delle mura, con Lucia non attacchi: grazie, sei molto carino, vedrai che prima o poi ci rincontriamo, ma adesso devo proprio andare, sennò la zia chissà cos’è capace di fare... Non resta che guardarla allontanarsi canticchiando. Poco a poco la sua voce s’affievolisce, lasciando monca la canzone intonata. Ora invece qui, nella città, i motori delle macchine già ci cantano la marcia funebre... Lampo d’ispirazione: sfoderare la macchina portatile, chiamarla – LUCIA! – e fotografarla al volo 15
mentre si volta, col seno che accenna dolce sotto la camicetta da zingara, da hippy forse, e le dita della mano che si agitano per un altro saluto. Sembra luccichino anche loro. Non sono tanto bravo con i soggetti in movimento, speriamo di averci preso, mi dico ricoprendo l’obiettivo. Lucia si rigira e da lontano fa un gesto, come a dire di no. «Dunque» esordisco aprendo la cartellina, «la didascalia dovrebbe più o meno essere questa: “Nel 1936, in pieno regime fascista, con regio decreto veniva decisa la costituzione di un polo chimico che, in pieno periodo di autarchia, potesse far fronte all’occupazione di numerosa manodopera resa inattiva dalla conclusione delle grandi opere di bonifica, e dall’avvento della meccanizzazione di alcuni lavori agricoli”». «E sotto» aggiungo mentre apro il primo catalogo di foto, «una tra queste: cosa le sembra?» Il dirigente della Camera di Commercio valuta le vecchie stampe in bianco e nero. «Foto d’epoca?» chiede. «Foto d’epoca» rispondo, «ma ritoccate. 16
Con qualche limatura e una leggera correzione del contrasto». «Molto bene», commenta il dirigente indicando una delle foto. «Questa andrà benissimo. Vediamo la seconda pagina di prova?» «“Nel 1942 l’insediamento poteva contare al suo interno già cinque industrie del settore chimico. Nel 1939 era stato stabilito che all’interno del polo dovesse nascere una nuova società, la S.A.I.G.S. (Società Anonima Industriale Gomma Sintetica) e a essa vennero adibiti 50 ettari per la costruzione di impianti. La gomma sintetica crebbe d’importanza grazie al suo impiego in fatti bellici, e nel 1942 l’industria poté contare sulle ricerche e le scoperte di Giulio Natta. Questo stabilimento ebbe un’importanza strategica senza eguali dato il suo ruolo di unico produttore di gomma durante la seconda guerra mondiale. Gli impianti avevano una capacità annua di 8.000 tonnellate di gomma e utilizzavano le tecnologie Pirelli e le conoscenze sviluppate nell’impianto pilota di Milano Bicocca”. Ed ecco l’immagine: in questo caso mi sono permesso di scegliere questa. Il biplano sullo sfondo è un fotomontaggio, aiuta a dare profondità. Ho appena scurito la massa dell’impianto per aggiungere dramma17
ticità: siamo in piena guerra, i bombardamenti sono un pericolo concreto, e...» «Benissimo» sorride compiaciuto il dirigente. «Direi che lei ha compreso alla perfezione lo spirito del lavoro che le abbiamo assegnato. E credo che a questo punto si possa prendere un appuntamento in amministrazione per la stipula del contratto.» «Allora, se permette» sussurro con deferenza estraendo dalla borsa un catalogo anni Sessanta, «le lascerei questa rassegna di oggetti di design in Moplen, tra i quali selezionare quelli da inserire nel capitolo sugli anni del miracolo italiano a Ferrara. Ho segnato con un post-it quelli che ritengo più significativi». «Bene, bene... Ma già che siamo in argomento, Belli: come vedrà alla stipula dell’accordo, su questo periodo non stia a perdere tempo per i testi delle didascalie. Assieme al contratto riceverà un allegato con alcuni testi già redatti, si limiti ai periodi che lasciamo scoperti.» Sorrido: meno lavoro del previsto, e la certezza di un contratto. Saluto con una stretta di mano, passo in amministrazione a concordare l’appuntamento e mi avvio verso casa. 18
Scatto per strada qualche foto, tanto per completare il rullino che ho fretta di sviluppare. Il rullino invece deve aspettare. Prima di poter salire le scale di casa, c’è la consueta bega condominiale da risolvere. Altro che bega, poi: l’alta sartoria sull’orlo della crisi nel bel mezzo della globalizzazione, mica roba da poco. «I LABORATORI CINESI!», mi urla in faccia la signora Edvige Stefanelli con i capelli scompigliati, il golfino di lana e le calze 80 denari nonostante la primavera avanzata, «I LABORATORI CINESI! Lei non ha idea della concorrenza, ormai le grandi aziende si rivolgono solo a loro, che non si sa neanche dove stiano, nascosti come topi, rintanati negli appartamenti a decine, A DECINE LE DICO!, e cuciono, cuciono, lo vuol capire che cuciono? Ma lei, a quanto pare, se ne frega! Ma vedrà, vedrà se non le mando l’avvocato: l’avvocato, ha capito? Le chiedo i danni, prima a lei e poi ai cinesi. Ha capito o no, Belli?». In tutta sincerità: no, non ho capito. Va bene la maledetta farfalla di Hong Kong, quella che invece di ridiventare bruco non trova di meglio da fare che 19
scatenare temporali a Londra e finire sulle magliette new age di mezzo mondo, ma cosa c’entro io con i cinesi e la crisi del mercato della moda? Mi chiedo cercando di infilare la chiave nella serratura, mentre ancora i passi pesanti dell’Edvige risuonano per le scale. «E non creda di darsi tutte quelle arie solo perché fa il fotografo, che anch’io ho un cugino che porta sempre a sviluppare i rullini all’Ipercoop!» Finita? Macchè: dalla porta prospiciente s’affaccia Clarissa Pénola, due fulmini al posto degli occhi. «Giusto lei, Belli! Lei che crede di essere il migliore qua dentro, vero? Lei che fa e disfa come le pare, tanto per lei siamo tutti scartine, non è vero?» «Se solo sapessi...» «Non faccia lo gnorri, signorino! È lei che ieri ha tagliato il prato nell’area comune – sottolineo: COMU-NE! – proprio sotto la sua finestra, vero?» «Non dovevo?» «No che non doveva! Ma non si preoccupi, ho già avvertito l’amministratore condominiale e...» «E, caro signor Belli» soggiunge la voce del geometra Sauro Detrito dal piano di sopra, «di questo 20
e altro prima o poi bisognerà parlare con molta chiarezza. Ci sono molte, troppe cose che in questo condominio non vanno, sa?». E mentre i due condomini si guardano dal basso all’alto e viceversa, solidali e ammiccanti, riesco a infilare la chiave giusta nella serratura, scivolo all’interno e per buona misura uso tutte le quattro mandate per chiudermi dietro la porta: giusto in tempo per essere raggiunto dalla telefonata del dottor Massimo Batacchio, l’amministratore condominiale. «Prego, Belli: Dirigente Condominiale.» «Dirigente, mi scusi.» «Ecco, cominciamo a mettere i puntini sulle i. Lei lo sa, Belli, che la sfalciatura delle aiuole comuni è suddivisa tra i condomini in misura proporzionale ai millesimi degli appartamenti? C’è una precisa norma contenuta nel Regio Decreto 1938 numero...» «In tutta franchezza, mi sembra una norma un po’ vecchiotta, amministratore...» «Dirigente, prego! E guardi, Belli, che le leggi non deve certo insegnarmele lei: non ho mai sbagliato l’interpretazione di una norma, io, e chi mi conosce lo sa!» 21
Dalla finestra, intanto, irrompono le urla di altri due condomini dall’identità indefinibile: il partito dell’è-ora-di-finirla-adesso-basta! cresce di giorno in giorno. Non tanto da sovrastare gli Einstürzende Neubauten sparati a palla: à la guerre comme à la guerre! Messe le stampe ad asciugare, nell’attesa mi concentro sul giallo che ho in tasca. Niente male come attacco, e neanche difficile come linguaggio. Si va sul classico, comunque: famiglia potente, padrepatriarca, due figli gemelli uguali e diversi al tempo stesso. Il primo sembra buono e l’altro è descritto come cattivo, il cattivo è scomparso, e Paul Artisan, l’investigatore privato, deve ritrovarlo per una storia di eredità. All’improvviso il CD termina: silenzio. I condomini sono sistemi complessi, ma prevedibili. Dopo un po’ ne capisci le dinamiche. Quello in cui vivo, ad esempio, non è del genere “lite continua”, ma di quelli a equilibri punteggiati. Le tempeste, come all’improvviso scoppiano, altrettanto all’improvviso si placano. Anche se il lasso di tempo tra l’una e l’altra sembra accorciarsi: così, 22
almeno, dice l’isterigramma che ho creato, nel quale traduco i tempi delle liti e della quiete in una sinusoide dalle curve sempre più strette e dagli apici via via sempre più alti. Il tempo si misurare la durata, annotare le ultime due diverse curve isteriche che si sono sovrapposte, e un flebile tic-toc riesce a farsi udire dalla porta. Dallo spioncino buone notizie: la signora Ada Piangipane, un raro essere umano, o forse un angelo, che dedica il suo molto tempo libero a preoccuparsi dell’intero condominio. Oggi, nello specifico, della vedova Tagliaferri. «Ha presente, la moglie del pittore, lo conosceva il pittore Tagliaferri.» «No signora, ogni volta me lo nomina, ma io sono qui da un solo anno.» «Ecco, appunto, era già morto il pittore Tagliaferri, le dicevo bene che la signora Agnese è vedova.» «Sì, signora, la vedova Tagliaferri.» «Ecco, appunto, l’ha mica vista? Mi sembra che manchi da due giorni, al negozio di fronte l’hanno vista l’altro ieri che comprava la ciupéta, i quadrucci all’uovo, i dadi e lo stracchino...» Morale della favola: sembra che da due giorni la signora Tagliaferri non si faccia vedere, avrà mica lasciato il gas aperto che andiamo tutti al Creatore? 23
«No che non andiamo al Creatore, signora, la vedova Tagliaferri ha l’impianto di sicurezza, glielo abbiamo fatto installare proprio dopo quella volta che aveva lasciato il gas aperto, e quindi...» «Ecco, lo vede che già un’altra volta aveva lasciato il gas aperto, Beata Vergine dell’Assunzione, finiamo tutti al Creatore in un batter d’occhio!» Mezz’ora dopo, constatato che nessuno risponde dall’appartamento al piano terra, che non filtra odore di gas e che in ogni caso proprio sotto la finestra ci sono anche gli appositi fori di sicurezza per lo sfiato delle fughe, e che quindi almeno per oggi nessuno salterà in aria. Intercettato un supplemento di occhiate omicide da parte della signora Stefanelli e della coppia Pénola-Detrito (vuoi mai che non si affaccino tutti a guardare, alla ricerca di nuovi motivi per l’è-ora-di-finirla-adesso-basta! del pomeriggio?), posso tornare al laboratorio. Raccogliendo le foto, mi accorgo solo allora che non c’è traccia di Lucia nei soggetti delle mie foto. Non c’è dubbio che ho ancora molto da migliorare in materia di riprese in movimento: lo scatto è buono, la mano era ferma, ma l’obiettivo non era puntato sul 24
bersaglio. Nella foto si vede il Castello Estense, ma di Lucia neanche l’ombra. Neanche l’ombra di un sorriso, commento. Però, riguardando meglio la foto: vedi che un filino di nebbia stamattina c’era? In effetti, alla faccia dell’ultima settimana di maggio che è appena cominciata, il filino di nebbia ha tutta l’intenzione d’ispessirsi in questo pomeriggio. Esco di casa per andare a ritirare del materiale sul Palio nella sede di una delle contrade intra moenia. Materiale che verrà buono per studiare le possibili angolazioni, la disposizione delle macchine per le riprese, i soggetti. E quasi quasi, anche se le condizioni di luce non sono delle migliori, varrebbe la pena di passare in piazza Ariostea... Ritornare a casa per deporre la documentazione e prendere una piccola cinepresa ha lo svantaggio di dover ancora una volta sfidare l’occhiuta sorveglianza della vedetta condominiale, l’arcigna Clarissa Pénola affacciata alla finestra. Affacciata? Più che altro, soggiornante. Capace di appoggiare sul davanzale il piatto di minestra per non interrompere l’osservazione durante i pasti, la Pénola. «Per25
ché qui, a Spettegolandia, bisogna guardarsi le spalle da tutti» sta urlando alla dirimpettaia, «fanno tutti a gara a credersi dei fenomeni, e intanto tagliano e cuciono alle spalle». «Tutti chi?», prova a intercalare la povera Luisa Zellera che vorrebbe solo sciogliersi dalla loquela della furibonda vicina e tornare in casa a guardare la sua serie televisiva preferita. «Tutti, tutti!» ribadisce acre Clarissa. «Ad esempio quel signorino lì che sta rincasando come niente fosse, quello che si è fatto il giardino privato impossessandosi dell’aiuola condominiale col suo tagliaerba.» «Ma in fondo fa un favore a tutti» sussurra incauta la Zellera, «ci fa risparmiare il costo del giardiniere». «E no che non fa un favore!» strepita la Pénola, «perché se lo facesse per noi userebbe il tagliaerba condominiale, invece di comprarsene uno tutto suo!». «Ma il tagliaerba comune è sparito da anni», insiste la Zellera che proprio non la vuol capire. «Infatti! Perché qui ciascuno si fa i comodi propri, me lo diceva anche il geometra Detrito al telefono poco fa. Ma se davvero voleva fare un favore al 26
condominio, l’avrebbe addebitato agli inquilini per farsi rimborsare la spesa, il tagliaerba. E invece sa cosa m’ha detto l’amministratore? Che quando gli ha chiesto lo scontrino per rimborsarlo della spesa, lui ha risposto che non gl’importava di quei pochi soldi. Lo vede? Vuole avere un tagliaerba tutto per sé, dunque è evidente che considera l’aiuola che ha rasato di sua proprietà. Si è fatto il cortile privato, glielo dico io, altro che favore al condominio: ma non finisce qui, glielo assicuro io, urla la Pénola perché il sottoscritto, che cerca invano di passare inosservato strisciando verso l’ingresso della palazzina mimetizzato da intonaco senta bene, NON FINISCE QUI!» Eppure, al di là del muro dell’improperio, sembra proprio che qualcuno stia canticchiando... Per la tua mania di vivere in città, guarda bene come c’ha conciati la metropoli... Lucia! Possibile? Dalla finestra non è che si veda bene, con questa foschia... Possibile, si! Eccola lì comparire in fondo al cortile, non appena un ciuffo di nebbia si sposta, scostato da un filo di vento. 27