BUILDING
a cura di Marco Caffi
Neomateriali nell’economia circolare Building
a cura di Marco Caffi
Realizzazione editoriale: Edizioni Ambiente www.edizioniambiente.it
con i contributi di Silvia Avanzi, Giorgia Bollati, Rudi Bressa, Andrea Brugnera, Alberto Carollo, Diego Carrara, Francesco Cavicchioli, Marco Cenacchi, Carlo Ciotti, Stefano Corbella, Mikaela Decio, Alfonsina Di Fusco, Luana Felappi, Cristiano Ferrari, Margherita Galli, Salvatore Giordano, Giorgio Kaldor, Lorenzo Lipparini, Andrea Maffezzoni, Diego Mingarelli, Marco Marcatili, Paolo Pirotto, Filippo Giovanni Saba, Marco Taesi, Livia Tenani, Antonella Ilaria Totaro, Chiara Villani, Maria Chiara Voci
© 2024, ReteAmbiente Srl via privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333
Coordinamento: Anna Re
Coordinamento editoriale: Marco Moro
Redazione: Alessio Scordamaglia
Progetto grafico: Mauro Panzeri
Impaginazione: Roberto Gurdo
Infografiche: Michela Lazzaroni
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’editore
ISBN 978-88-6627-384-4
Questo volume è composto in Sánchez, un carattere disegnato da Daniel Hernández nel 2011
Finito di stampare nel mese di ottobre 2024 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi)
Stampato su carte Favini: copertina Biancoflash Premium 350 g/m2, interno Biancoflash Premium 120 g/m2
Stampato in Italia – Printed in Italy
NEOMATERIALI NELL’ECONOMIA CIRCOLARE
BUILDING
a cura di Marco Caffi
Progettare la circolarità
Gli elementi di un nuovo paradigma progettuale
Circolarità e decarbonizzazione: obiettivi sinergici
Nuovi scenari e strumenti per la circolarità
BAMB (Buildings As Material Banks)
Progettare partendo dalla valutazione del ciclo di vita
L’edificio
Riutilizzo di materiali e componenti: The Circl
Materiali in prestito: People’s Pavilion
Sostenibile e decostruibile: Triodos Bank
Circolarità negli edifici storici: Palazzo Gulinelli
Durabilità bio-based con le costruzioni in paglia
Adattabilità: Corso Como Place
Il quartiere
Rigenerazione urbana e circolare: Le Corti di Medoro
Quartiere circular e carbon neutral: L’Innesto
Il cantiere come circular hub
La gestione dei flussi di materiale e la digitalizzazione del cantiere
L’industrializzazione del processo costruttivo
Una rete per il recupero di materia in edilizia
Retrofit off-site e sostenibile. Il modello Energiesprong
Case stampate in 3D a base cementizia
La costruzione off-site in framework metallico
Strutture in legno industrializzate off-site
Demolizione selettiva e ricostruzione: Torre Tintoretto
Rigenerazione circolare a scala di quartiere: Mind District
I neomateriali nell’edilizia
Misura e certificazione della circolarità dei materiali
Le certificazioni di prodotto
La tracciabilità e il passaporto dei materiali
Recupero e riuso dei materiali dopo evento critico
Materiali di origine naturale e bio-based
Legno certificato in edilizia
Il riso, da scarto a risorsa
Il riutilizzo degli scarti del sughero
Bio-intonaci da materiali riciclati
Materiali riciclabili o da riciclo
Futuro circolare e sostenibile per il calcestruzzo
Dal materiale ai sottoprodotti, la circolarità per l’acciaio
Leghe in alluminio low carbon
Isolanti da riciclo del vetro
Trattamenti per la durabilità del calcestruzzo
Additivi per il riciclo negli asfalti
Recupero e riciclo di componenti in gesso
Il vetro, tra riciclo e decarbonizzazione
I prodotti ceramici per l’edilizia
La circolarità per le pavimentazioni tessili
Plastica riciclata in edilizia
Il PVC per la circolarità dell’edificio
Innovazione circolare
214 Nuovi materiali e applicazioni innovative
Le mille vite del legno
Tra bambù, canapa e paglia
Tra batteri e funghi: gli edifici coltivati
Mattoni e facciate tra latte e alghe
Nuovi isolanti e materiali edili dai rifiuti
Tra finestre e pannelli
Tra elementi modulari e pre-fab
Innovazione di uso
Il ruolo delle piattaforme
L’utopia: la casa sovraciclata
Nella pagina accanto:
Tavole del brevetto del mattoncino Lego inventato da Godtfred Kirk Christiansen. Il brevetto è stato rilasciato da parte dell’Ufficio Brevetti degli Stati Uniti il 24 ottobre 1961. Elaborazione grafica di Bob Kudowis.
Progettare la circolarità
Gli elementi di un nuovo paradigma progettuale
di Marco Caffi
Quando si parla di circolarità in edilizia, il pensiero va subito alle diverse strategie di implementazione: il riciclo, riuso e riutilizzo di materiali e componenti, la condivisione degli spazi, il concetto di prodotto come servizio e così via. Meno istintiva è la correlazione tra la circolarità e la decarbonizzazione del costruito. La loro lettura integrata permette di comprendere meglio l’effetto sinergico, in entrambe le direzioni, delle strategie progettuali ipotizzate. Altrettanto importante è poi misurare le prestazioni raggiunte mediante indici e indicatori rappresentativi, calcolati con processi ripetibili e condivisi.
Circolarità e decarbonizzazione: obiettivi sinergici
Il Circularity Gap Report, pubblicato dalla Platform for Accelerating the Circular Economy, già nel 2021 stimava gli attuali consumi globali di materiali in circa 100 Gt (gigatonnellate), a cui corrispondono circa 59 GtCO2eq. Il consumo di ma-
Approvvigionamento
Petrolio
Consumo energetico nei trasporti
Gas naturale
Consumo energetico negli edifici
Carbone
Produzione di carburanti per il trasporto
Carburanti per i trasporti
Estrazione di minerali
Estrazione di gres
Silvicoltura
Agricoltura Rifiuti
Uso del suolo e cambiamento d’uso del suolo
Pietre
Cemento
Energia per uso residenziale
Sabbia e argilla
Minerali metallici
Legname
Animali
Colture
Uso del suolo e cambiamento d’uso del suolo
Smaltimento rifiuti
Consumo energetico nell’industria e nell’alimentazione
Ferro, acciaio e metalli non ferrosi
Uso di materiale per gli edifici
Minerali metallici
Uso di materiali nell’industria e nell’alimentazione
Prodotti chimici, plastica e gomma
Materiali usati negli edifici
Prodotti legnosi
Altri materiali
Prodotti alimentari
Trasporto di energia in zone non residenziali
Produzione di materiali edili
Materiali edili
Elettronica
Manifattura
Prodotti alimentari
Uso del suolo e cambiamento d’uso del suolo
Smaltimento rifiuti
Macchinari e attrezzature
Altri prodotti
teria nel settore delle costruzioni viene valutato in circa 39 Gt, per una quantità di emissioni di gas serra di circa 13,5 GtCO2eq
Economia circolare e neutralità climatica sono quindi strettamente correlate, e la lotta al cambiamento climatico passa anche dall’evoluzione circolare del modello economico. Per il settore delle costruzioni, il Rapporto indica una riduzione potenziale del consumo di materiali pari a circa 12,7 Gt, con una correlata riduzione delle emissioni di circa 11 GtCO2eq, nel caso si attivino adeguate misure di circolarità legate ai bisogni sociali dell’abitare. Ma quanto pesano le emissioni associate ai materiali nel ciclo di vita dell’edificio rispetto a quelle complessive? Se è ormai chiaro che per mitigare il cambiamento climatico è necessario ridurre il fabbisogno energetico degli edifici in fase operativa, non sempre si è consapevoli dell’impatto che la scelta di un materiale o di una metodologia costruttiva comporta in termini energetici e di emissioni. Il progressivo miglioramento delle performance energetiche del si-
Fornitura
Trasporto passeggeri
Trasporto merci
Energia per uso residenziale
Trasporto di energia in zone non residenziali
Uso di materiali in zone residenziali
Uso di materiali in zone non residenziali
Edifici residenziali
Fine uso Fabbisogni della società
MOBILITÀ ABITAZIONI
COMUNICAZIONI
Edifici non residenziali
Altri prodotti
Servizi pubblici e privati
Altri prodotti
Servizi pubblici e privati
Prodotti alimentari
Uso del suolo e cambiamento d’uso del suolo Smaltimento rifiuti
Radiografia delle emissioni globali di gas serra per soddisfare i principali bisogni e desideri della società.
Miliardi di tonnellate (Gt)
ALIMENTAZIONE
SCALA DELL’EDIFICIO E DEI COMPONENTI
quindi necessari standard formali globali per consentire una maggiore sicurezza e collaborazione. Per accelerare veramente la transizione verso un’economia circolare è quindi necessario lavorare per sviluppare un’architettura IoT standardizzata che consenta la massima interoperabilità. La fruibilità dei dati messi a disposizione dalla digitalizzazione è anche correlata, oltre che all’interoperabilità, alla loro aggregazione in banche dati omogenee per tipologia di informazione contenuta. Per abilitare strategie evolute di circolarità, come il concetto di Building As Material Bank (BAMB), è poi necessario garantire che i materiali e i componenti delle costruzioni mantengano nel tempo una loro identità. Da qui è nata l’idea del passaporto dei materiali, nel quale sono inseriti i dati che descrivono le caratteristiche dei prodotti per conservare il loro valore ai fini del recupero e del riutilizzo.
PASSAPORTO DELL’EDIFICIO /
Passaporto dei materiali
Passaporto dell’energia
Recentemente sono nate piattaforme dedicate come Madaster, che consentono di registrare tutti i materiali e i prodotti incorporati in un edificio o un’infrastruttura. Per ciascun oggetto presente in un edificio viene creato un passaporto univoco che mostra esattamente quali materiali e prodotti sono inclusi, nonché il loro impatto sulla circolarità e sull’ambiente e il potenziale valore residuo che rappresentano.
Per il singolo edificio il passaporto dei materiali può concorrere, unitamente a quello energetico e ad altre informazioni, a creare il passaporto dell’edificio, andando così ad alimentare il catasto generale dei fabbricati con le informazioni necessarie per sostenere politiche e strategie circolari nella gestione dell’ambiente costruito (si veda parte 3).
Materiali in prestito
People’s Pavilion
di Giorgia Bollati
Un edificio temporaneo, che utilizza parti costruttive reperite da società disposte a lasciarle in dotazione per un periodo limitato per poi ritirarle e reimpiegarle nuovamente. Il caso virtuoso del People’s Pavilion.
«Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma». Il postulato di Lavoisier è fondamentale nella meccanica classica. Ed è il pilastro che sorregge il progetto del People’s Pavilion di Eindhoven del 2017. Pensato come installazione centrale per la Dutch Design Week di Eindhoven, l’edificio è stato realizzato da Arup in collaborazione con Dutch architects Overtreders W e Bureau Sla con materiali “presi in prestito”. «Abbiamo richiesto le parti che ci servivano alle aziende che abbiamo individuato e poi le abbiamo restituite dopo dieci giorni» spiega Edwin Thie, design manager della società. «Possiamo dire che la struttura non ha creato alcun rifiuto». Obiettivo del progetto era sperimentare una nuova forma di progettazione, che potesse garantire uno sviluppo futuro dell’industria del design con una maggiore attenzione per i materiali e per la riduzione degli sprechi. «All’epoca si parlava poco, ancora, di economia circolare» prosegue Thie, «e raggiungere quella che successivamente sarebbe stata definita “impronta zero” è stato molto soddisfacente per tutto il team. Per una struttura temporanea come quella richiesta in questo caso, poi, credevamo che un impatto il più ridotto possibile fosse importante, così che alla fine dell’evento tutto potesse tornare come prima».
In mancanza di un marketplace di scambio, progettisti e costruttori hanno dovuto compiere ricerche diffuse per rintracciare materiali adeguati e trovare aziende e altre figure che potessero fare da fornitori con un accordo di prestito. «Sapevamo che gran parte del progetto doveva essere realizzato in legno» aggiunge Thie. «La ricerca è partita da lì: avevamo bisogno di società che volessero partecipare per poi ritirare il legname in un secondo tempo. Poi, ci servivano tutte le altre parti, dal tetto alle coperture in vetro, che abbiamo trovato presso un’azienda che costruiva serre. Gran parte dello sviluppo di questo progetto è stata investita nello studio dei fornitori». Una reale svolta c’è stata quando il team è entrato in contatto con alcuni elementi ricavati dalla dismissione e demolizione di altri edifici.
Una volta usati, tuttavia, i materiali avrebbero dovuto essere restituiti integri e non alterati. Con una superficie di 250 m2, l’edificio poteva ospitare tra le 200 persone con posti seduti e le 600 persone in piedi: poter accogliere un pubblico di questo livello senza danneggiare i materiali impiegati era la reale sfida. Per questo il team progettuale ha dovuto ripensare le tecniche di assemblaggio e i giunti tradizionali, eliminando colle, viti, bulloni e chiodi. La soluzione proposta da Arup comprendeva una struttura principale costituita da un tela-
io in legno legato a colonne con connessioni a secco. Cinghie di acciaio hanno consentito di rendere più lunghe le travi standard impiegate, che avevano una lunghezza variabile tra i 240 e i 480 cm. Dodici pali da fondazione prefabbricati alti 7 m sono stati usati come colonne e una serie di tiranti in acciaio sono stati prelevati da un edificio demolito per realizzare i controventi trasversali. L’intera struttura è stata legata con cinghie abbastanza forti da resistere anche in condizioni di forte vento. Nel corso del processo, sono state testate diverse configurazioni per determinare quale fosse l’asset più stabile e tutti i materiali sono stati
valutati nelle loro performance con esperimenti condotti in collaborazione con la Eindhoven University of Technology.
Unica parte realizzata ad hoc: il rivestimento esterno, costruito con scandole di plastica colorata recuperata attraverso un riciclo di rifiuti, da parte degli abitanti della città, ordinati per colore. In questa maniera è stato possibile creare le componenti che, accostate le une alle altre, hanno dato forma a una pelle geometrica e policromatica. Al termine della settimana del design, poi, quando la struttura è stata disassemblata, queste scandole sono state donate ai cittadini, come souvenir di un esperimento riuscito e come “attestato di partecipazione” al progetto. Se inizialmente i progettisti avrebbero voluto trovare un nuovo impiego anche per queste componenti, in realtà, da qui è nato un nuovo processo di riciclo dei rifiuti in plastica per ottenere scandole adeguate alla vendita e all’uso professionale. Dove il reimpiego non è stato possibile, tuttavia, il progetto ha rappresentato il punto di inizio di un circolo virtuoso.
Particolare del rivestimento realizzato con scandole in plastica riciclata © Filip Dujardin
Il calcestruzzo assicura ottime prestazioni anche in presenza di condizioni ambientali estreme. Inoltre, grazie a specifici trattamenti, può essere impermeabilizzato o reso indeformabile © Filip Dujardin
Circolarità negli edifici storici
Palazzo Gulinelli
Palazzo Gulinelli è un importante edificio storico situato in Corso Ercole I d’Este, in pieno centro a Ferrara, tra Palazzo dei Diamanti e il Castello Estense. L’edificio è stato seriamente danneggiato dagli eventi sismici del 2012 che hanno colpito l’Emilia-Romagna. L’evento calamitoso è stato motivo per la proprietà per affrontare il restauro sostenibile del palazzo.
In un edificio storico come Palazzo Gulinelli la circolarità trova principale applicazione nel cercare di recuperare la maggior parte di materiali e strutture ottenendo così un doppio risultato: il riutilizzo dello spazio e la riduzione dei materiali utilizzati, restituendo allo stesso tempo un valore culturale alla comunità
I principali interventi del progetto di restauro sostenibile hanno riguardato la messa in sicurezza della struttura e il miglioramento della resistenza agli eventi sismici: rinforzando le fondazioni esistenti, consolidando le volte storiche e i solai di suddivisione dei piani dell’edificio, operando con “cuci-scuci” sulle murature ove erano presenti fessurazioni. Sono stati ripristinati tutti gli architravi lesionati, privilegiando tecniche conservative o leggermente invasive, nel rispetto del valore storico-architettonico della costruzione.
L’approccio progettuale è stato quello del recupero, ove possibile, di tutti i materiali esistenti, tramite lo smontaggio e la catalogazione di tutti gli elementi storici riutilizzabili.
Sezioni longitudinali con evidenziate le diverse caratteristiche di finitura dei locali
Mappatura dei materiali e finiture delle superfici orizzontali
La copertura è stata completamente smontata, sono state sostituite le parti ammalorate ed è stata rimontata. Anche tutte le capriate sono state smontate e quelle che presentavano rotture o evidenti stati di degrado sono state recuperate.
La copertura è stata soggetta anche a un miglioramento energetico, con l’inserimento di uno strato isolante in fibra di legno. Più in generale, tutti i materiali isolanti, inseriti nell’edificio, sono stati scelti con criteri di tipo naturale – di origine riciclata e con proprietà riciclabile –, così da favorire la decostruibilità delle opere e la riciclabilità futura dei materiali.
Sono state restaurate le facciate esterne tramite il consolidamento degli apparati decorativi e degli intonaci e la tinteggiatura, che è stata realizzata con un prodotto a base di calce con pigmenti naturali.
Per quanto riguarda l’inserimento di nuove pavimentazioni, sia al piano terra sia al piano nobile, è avvenuta con materiali recuperati dal secondo piano. Tutti i pavimenti lignei, in cotto e marmo, tutti gli infissi originali e le decorazioni lignee sono stati smontati, trattati e rimessi nella loro posizione originale. In alcuni casi, si è provveduto a ricollocare alcuni materiali in altre stanze rispetto a quelle dalle quali sono stati prelevati per garantire la congruità storica di alcuni luoghi al piano terra. I soffitti affrescati del piano nobile sono stati recuperati, mentre per quanto riguarda i tinteggi delle pareti sono stati
Mappatura delle finiture dei soffitti
Il cantiere come circular hub
I sistemi di costruzione a secco offrono metodi affidabili per la realizzazione di edifici sicuri e performanti, con tempi e costi stimabili in modo affidabile. In Italia negli ultimi tempi abbiamo assistito a un’importante crescita di questo settore, all’interno del quale Manni Group occupa dal 1945 un ruolo rilevante grazie all’utilizzo dell’acciaio, materiale ideale per questa tipologia costruttiva, che prevede la realizzazione delle componenti dell’edificio all’interno della fabbrica e il loro successivo trasporto in cantiere per essere pronte all’assemblaggio.
L’utilizzo di questi Moderni Metodi di Costruzione (MMC) è l’ideale per i più svariati tipi di intervento, dalla riqualificazione alla nuova costruzione. I sistemi costruttivi a secco off-site affrontano importanti sfide nel mercato dell’edilizia:
• riduzione degli scarti in cantiere: l’accurata progettazione e l’ingegnerizzazione del cantiere consentono di ridurre al minimo i rifiuti e le macerie, sia durante la costruzione sia durante lo smontaggio;
• risparmio idrico: non viene utilizzata una risorsa fondamentale come l’acqua o leganti; l’intero sistema è tenuto insieme da singoli elementi imbullonati o avvitati, per rendere il sistema rigido e flessibile al tempo stesso;
• possibilità di riciclo del materiale secondo approcci lean e circular: dismissione degli edifici semplificata grazie a parti costruttive dell’opera facilmente individuabili e ad altissima riciclabilità, come appunto le componenti in acciaio, minimizzando gli sprechi e il consumo di materie prime per un’ottimizzazione del ciclo produttivo.
Con l’85% l’Italia fa registrare il più alto tasso di riciclo dell’acciaio all’interno dell’Unione europea, grazie alla preponderante diffusione del forno elettrico e agli importanti investimenti che i produttori siderurgici hanno compiuto nell’adozione delle migliori tecniche disponibili (BAT) e dei sistemi di gestione ambientale certificati ISO 14001, oltre che nella certificazione ambientale dei loro prodotti, una fra tutte, l’EPD. (Fonte: https://www.promozioneacciaio.it/wp-content/uploads/2022/02/acciaio_prosp_infinite.pdf, pg. 14)
Manni Group promuove un’industrializzazione inclusiva, che aumenta l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e riduce gli impatti ambientali propri e di filiera, riconfigurandone i processi; investe quindi in ricerca scientifica e innovazione come strumenti per realizzare questo cambiamento.
Le attività del Gruppo sono caratterizzate dalla circolarità dei prodotti utilizzati.
L’azienda acquista materiali che rispettano precisi standard legati alla percentuale di riciclato contenuta. Nel 2022 la percentuale minima di riciclato nell’acciaio acquistato dal Gruppo è stata del 58%.
Tale attenzione permette inoltre di soddisfare le richieste prestazionali delle certificazioni nazionali e internazionali di sostenibilità degli edifici. Queste ultime impongono che sia tracciata e comu-
La costruzione off-site in framework metallico
Nell’immagine a fianco, i mezzi utilizzati per le fasi di decostruzione selettiva
Le strutture degli edifici in legno che durante Expo 2015 ospitavano le cucine regionali sono state conservate e riutilizzate per una nuova sede aziendale
Il montaggio dei moduli di facciata prefabbricati off-site
In particolare, per trasformare i desiderata in realtà, si è partiti dalla definizione di strumenti normativi che assicurassero il raggiungimento di obiettivi elevati. Per lo sviluppo del distretto è stato sottoscritto un regolamento (stipulato fra Arexpo, Comune di Milano e Regione Lombardia), che affianca alla procedura urbanistica non una semplice Vas, ma una procedura per il Provvedimento autorizzativo unico regionale (PAUR), con un modello peculiare (studiato ad hoc per MIND) finalizzato ad affrontare il tema della circular economy in modo olistico. «Attraverso la definizione di una serie di indicatori e dei relativi impegni formali da raggiungere» prosegue Nadia Boschi, «la progettazione si è orientata fin dall’inizio sul recupero non solo delle strutture esistenti o degli inerti, con stime di riutilizzo del 98% degli scarti che derivano dalle demolizioni, ma anche sul recupero di infrastrutture e sottoservizi, del verde urbano presente in sito e di tutto ciò che era possibile non sostituire».
Primo diktat del quartiere è il verbo “recuperare” più strutture possibili, non solo quelle iconiche dell’esposizione universale quali il Padiglione Italia, l’albero della vita e il decumano. A partire dai sottoservizi esistenti, dai padiglioni delle nazioni che, per ragioni di diversa natura, non sono stati smontati nella loro totalità terminata l’Expo. «Queste strutture» prosegue Nadia Boschi, «sono state smantellate con un approccio selettivo volto alla separazione e trasformazione di legno, metallo, vetro, cemento in materia prima-seconda. In discarica, insomma, è stato conferito solo ciò che era davvero inservibile, perché compromesso dall’incollaggio di isolanti o rivestimenti. Siamo riusciti a frantumare anche il calcestruzzo armato delle fondazioni, grazie all’impiego di tecnologie avanzate per la trasformazione dello scarto in materia prima seconda da riusare in sito». Ma non basta. Il passo in più è arrivato con la decisione di
Gli edifici delle cucine regionali realizzati per Expo 2015
Le fasi di montaggio dei tunnel, prefabbricati off-site, per il collegamento fra gli edifici
I neomateriali nell’edilizia
I principali “ingredienti” del Calcedicampo Bio-Intonaco: calce spenta naturale derivata dalla calcinazione di gusci d’uovo; sabbia da gusci d’uovo; ceneri amorfe di lolla di riso; cocciopesto selezionato
Bio-intonaci da materiali riciclati
di Gianni Nerobutto
Azienda trentina all’avanguardia nell’ideazione e produzione di biomateriali, la Calchèra San Giorgio si è distinta negli ultimi anni per l’impiego di materie prime seconde.
Tra i fiori all’occhiello dell’azienda figura Calcedicampo® BioIntonaco, prodotto innovativo brevettato e formulato con materiali da riciclo dell’industria agroalimentare e del laterizio, quali calce spenta naturale (costituita da sabbia di gusci d’uovo calcinata a bassa temperatura), sabbia da gusci d’uovo, ceneri amorfe di lolla di riso e cocciopesto selezionato. L’intonaco presenta le stesse caratteristiche chimico-fisiche delle malte antiche del periodo fenicio e romano, ed è adatto per la riqualificazione di vecchi edifici e nuove strutture architettoniche. Al di là della tutela ambientale, Calcedicampo offre vantaggi anche per quanto riguarda il benessere abitativo: l’intonaco è, infatti, altamente traspirante e rende gli ambienti interni salubri per il massimo confort. L’impiego esclusivo di materiali inorganici garantisce che, né durante, né dopo il loro utilizzo, vi siano emissioni di componenti organici volatili nell’ambiente.
Non solo Calcedicampo. L’utilizzo di materie prime seconde è esteso alla maggior parte dei materiali prodotti dall’azienda. Il contenuto di materiali da riciclo varia dal 10% al 70% a seconda della tipologia di prodotto. Il legante di partenza è sem-
Dal materiale ai sottoprodotti, la circolarità per l’acciaio
L’acciaio è il materiale più riciclato al mondo e può essere riutilizzato innumerevoli volte, senza perdere nessuna delle sue intrinseche proprietà. Un’importante distinzione all’interno del mondo dell’acciaio è quella relativa al suo processo produttivo, che può avvenire in altoforno, detto anche “a ciclo integrale”, mediante l’utilizzo di minerale ferroso, oppure in forni EAF (Electric Arc Furnace), dove i rottami ferrosi derivanti dai prodotti giunti ormai a fine vita vengono rifusi, trovando nuovo impiego come materia prima. Si intuisce quindi facilmente la potenzialità di applicazione del concetto di “economia circolare” nel settore delle imprese operanti nel mondo dell’elettrosiderurgia, di cui l’Italia è leader assoluta.
In questo contesto opera Feralpi, società fondata nel 1968, che, nei suoi più di cinquant’anni di storia, si è fatta conoscere come realtà diversificata, presente in sette Paesi con una produzione nel 2022 di circa 2.5 milioni di t. Muovendo i primi passi nel mondo degli acciai per l’edilizia, che ancora oggi rappresenta il suo core business, l’azienda si è nel tempo verticalizzata lungo la filiera, diversificando i propri prodotti e creando una business unit sugli acciai speciali. Non sono nemmeno mancate le esplorazioni in mercati complementari a quello siderurgico: attraverso una serie di partecipazioni, sono stati infatti presidiati settori quali la carpenteria metallica, la progettazione impiantistica e la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. Inoltre, recuperando il calore ottenuto dal raffreddamento degli impianti di uno dei siti produttivi del Gruppo, ha creato Agroittica Lombarda, un esempio di economia circolare ante litteram, operante nel mondo dell’itticoltura e dedita all’allevamento di storioni per la produzione di caviale.
L’economia circolare in Feralpi, oltre il rottame ferroso
Facendo fede al motto del fondatore, ossia «Produrre e crescere nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente», Feralpi non poteva fermarsi qui e ha concretizzato il proprio impegno attraverso una lunga serie di progetti. Destinato a fare scuola è stato il progetto – prima sperimentale e poi industrializzato – di sostituzione del carbone insufflato nel forno con polimeri ottenuti da plastiche non riciclabili, cosa che, congiuntamente al fatto che la principale materia prima impiegata è costituita da rottami, porta i prodotti del Gruppo ad avere un contenuto minimo di riciclato certificato del 98,6% (dato 2023) con un recupero degli aggregati, come le scorie, che arrivano anche al 100%. Molti altri sono stati i progetti tecnici dedicati a individuare nuovi impieghi per una porzione sempre maggiore di quelli che altrimenti sarebbero rifiuti: dal riutilizzo dei refrattari esausti in sostituzione della calce, al recupero dello zinco dalle polveri di abbattimento fumi; dal recupero dei fanghi, al trattamento del rottame in grado riutilizzare materiali ferrosi e non.
Altro tema caro a Feralpi è quello relativo al recupero del calore: il riutilizzo dell’energia termica ottenuta dal raffreddamento degli impianti trova spazio non solo nella già citata Agroittica, ma anche nel teleriscaldamento del comune di Lonato del Garda e, in fase di realizzazione, nella rete per il comune di Lecco.
di Marco Taesi
La produzione dell’acciaio richiede molta energia. La circolarità passa anche dal recupero e dalla ridistribuzione del calore
Dal materiale ai sottoprodotti, la circolarità per l’acciaio
Innovazione circolare
lancerà una rivoluzione urbana rigenerativa e permetterà di creare città costruite con materiali positivi per il clima. Basando la propria filiera su contadini e gruppi indigeni, RIZOME combina la produzione di bambù per l’edilizia con grandi progetti di riforestazione e sequestro di anidride carbonica. Moso® (https://www. moso-bamboo.com) è un’altra azienda che ha scommesso sulla sostenibilità e sul potenziale del bambù per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e soddisfare la richiesta crescente del materiale nelle sue diverse applicazioni.
Altro materiale molto promettente è l’hempcrete, dalla crasi di hemp (“canapa”) e concrete (“cemento”). Come emerge dal nome stesso, partendo dalle fibre della cannabis sativa miscelate a malta e acqua, l’hempcrete si propone di essere il nuovo cemento green: leggero, naturale, isolante e inattaccabile da fuoco e parassiti. Il cemento di canapa è alla base di alcuni interessanti esperimenti e si sta diffondendo come materiale per la costruzione e l’isolamento anche via via che le legislazioni dei diversi Paesi riguardo alla coltivazione della sua materia prima si vanno alleggerendo. Oltre a utilizzare materiali a basso impatto ambientale, le case e le strutture costruite con questo materiale organico hanno un basso consumo energetico e un costo di realizzazione ridotto. La caratteristica principale del calcestruzzo di canapa è che è un materiale a CO2 positiva, vale a dire che nelle fasi di produzione, applicazione e utilizzo, “imprigiona” più anidride carbonica di quanta ne sia necessaria per la sua produzione. Ciò accade perché il fusto della canapa, durante le diverse fasi di crescita, attrae una quantità di anidride carbonica pari al doppio del proprio peso. Inoltre, una volta implementato negli edifici, il cemento di canapa continuerebbe a sequestrare piccole quantità di CO2 dall’ambiente circostante. All’avanguardia nel settore del cemento di canapa è la canadese Hempcrete Natural Building (http://www.hempcrete.ca), nata come
un progetto familiare per avere uno stile di vita più sostenibile e trasformatasi poi in un’azienda che oggi offre, tra gli altri prodotti e servizi, anche la prima casa modulare al mondo in cemento di canapa.
Anche la paglia è una materia prima circolare e rinnovabile su cui aziende piccole e grandi stanno puntando. Tra le iniziative in questa direzione ci sono gli innovativi biomateriali per l’edilizia di Luisa Cabiddu. Con la sua azienda, Cabiddu costruisce case “biologiche”, utilizzando al 90% circa materiali quali la paglia dal grano biologico Senatore Capelli e l’argilla prodotte direttamente dalla sua azienda, mentre il legno e la calce provengono da una filiera corta e controllata. I materiali sono utilizzati in modo da ridurre al minimo la produzione di scarti, abbattendo al contempo i costi energetici necessari. Cabiddu produce case in paglia curandone l’intero processo, dalla progettazione alla costruzione, ma realizza anche mattoni di paglia e argilla per la vendita a terzi.
La filosofia delle case in paglia è una scelta di vita all’insegna dell’ambiente che trova sempre più mercato. Certificati Cradle to Cradle, sono, per esempio, i pannelli dell’azienda svizzera ecococon (https://ecococon.eu), costituiti da 89% di paglia e 10% di legno certificato FSC. È possibile ordinare la propria casa sul sito web di ecococon e riceverne tramite corriere la struttura (pareti e tetto).
La crescita di interesse verso questo tipo di soluzione abitativa è confermata dalla NovelloCase (https://www.novellocaseinlegno.it), azienda di Oggiona Santo Stefano, in provincia di Varese, impegnata nella costruzione di
edifici in legno e paglia. I costi per la realizzazione variano dai 1.200 ai 1.500 euro al m2
Tra batteri e funghi: gli edifici coltivati
L’architetto statunitense Ginger Krieg Dosier ha fondato nel 2012 bioMASON (www.biomason.com), startup del North Carolina focalizzata sulla crescita di materiali di origine organica utilizzabili nel settore edilizio. L’idea è venuta alla fondatrice studiando la struttura della barriera corallina, un materiale cementizio molto duro, creato dalla natura alla temperatura ambiente del mare e con pochissima energia. Esattamente come accade per i coralli, bioMASON impiega oggi microrganismi naturali per “far crescere” un cemento duraturo a temperatura ambiente. La presenza dei batteri nei mattoni permette l’indurimento e la formazione di cemento biologicamente controllato, eliminando la necessità di cottura. In tal modo si riducono le emissioni di CO2 e la dipendenza dai combustibili fossili, con la possibilità di produrre i materiali in loco. Nel processo creato da bioMASON, la sabbia è messa in stampi rettangolari e iniettata di batteri che avvolgono i granelli. I batteri, a loro volta, sono alimentati con una soluzione acquosa, ricca di nutrienti e ioni di calcio, che permette ai mattoni di indurirsi senza pas-
sare dai forni (dove tradizionalmente i mattoni restano tra i tre e i cinque giorni). L’assenza di cottura nei forni riduce il dispendio energetico ed evita l’emissione di inquinanti atmosferici quali particolato, monossido di carbonio e biossido di zolfo, di solito prodotti durante il processo di cottura dei mattoni.
Anche i funghi sono da anni al centro di ricerche e sperimentazioni nel settore edilizio. Fondata nel 2007, Ecovative (https://ecovativedesign.com) è stata l’azienda pioniera a investire in ricerca e sviluppo e a sfruttare le potenzialità delle radici del micelio. Uno dei primi prodotti realizzati dall’azienda statunitense, infatti, è stato un materiale isolante quale sostituto delle comuni schiume plastiche o del polistirolo. Per mostrare diffusamente le potenzialità dei funghi, Ecovative ha realizzato a New York la Mushroom Tiny House, una casa che non è stata costruita, ma “coltivata”. Per la prima volta l’isolamento naturale di una casa si è “autoprodotto” dalla crescita stessa del micelio inserito come coibentazione delle pareti.
Sul solco tracciato da Ecovative anche altre aziende come l’italiana Mogu (https://mogu.bio) e l’inglese BIOHM (https://www.biohm.co.uk) stanno sperimentando e producendo, a partire da funghi e micelio, materiali edili quali pannelli acustici e isolanti – anche biodegradabili – e pavimenti. Il processo è
In questa pagina: alcune immagini della produzione di BIOHM. In alto piastrelle Orb (biocomposito organico di scarto). A sinistra immagine al microscopio del micelio che consuma la plastica, a destra crescita di miceli fungini, in basso un prodotto di micelio © BIOHM
Nella pagina accanto: una piastrella Biomason® Biolith, che può essere utilizzata in rivestimenti verticali, installata su una parete di supporto con sistemi adesivi o meccanici, oppure utilizzata su un substrato in condizioni orizzontali © Biomason
La transizione verso un’edilizia responsabile non è solo una necessità, ma un’opportunità per trasformare il modo in cui viviamo e interagiamo con l’ambiente. Immaginare un futuro sostenibile implica progettare edifici resilienti, capaci di adattarsi alle sfide climatiche e sociali che ci attendono, e riparativi, realizzati con materiali innovativi e a basso impatto sulle risorse del Pianeta.
Neomateriali nell’economia circolare – Building esplora le potenzialità di una nuova edilizia circolare, dimostrando come sia possibile dare forma a costruzioni che non siano solo belle e funzionali, ma anche rigenerative, in simbiosi con il territorio e a basso impatto ambientale. Attraverso strategie visionarie ed esempi concreti e replicabili, questo libro mostra la via per un futuro in cui le città non siano solo luoghi di vita, ma anche modelli di sostenibilità e resilienza per le generazioni a venire.
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