RIFIUTI
maggio 2013 mensile
n. 206 (05/13) Euro 14,00
Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano
bollettino di informazione normativa
L’intervento Mud senza sanzioni per i rifiuti speciali: la superficialità del Legislatore non può essere colmata dai pareri delle autorità locali
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di Gabriele Taddia
Legislazione norme nazionali L’Ambiente “taglia” i Sin
Decreto 11 gennaio 2013
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Decreto 20 marzo 2013
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il commento di Loredana Musmeci Css: le modifiche dell’allegato X al “Codice ambientale” ne rendono possibile la termovalorizzazione Sistri: si (ri)parte
Decreto 20 marzo 2013
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Decreto 25 marzo 2013
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il commento di Alessandro Geremei Roma: adeguamento d’ufficio per gli impianti di Tmb il commento di Luisa Capicotto
Giurisprudenza Pollina: la pre essiccazione con ventilazione forzata è normale pratica industriale
Consiglio di Stato, Sezione IV – Sentenza 28 febbraio 2013, n. 1230 Discariche: spetta alla Provincia la localizzazione dei siti
Consiglio di Stato, Sezione IV – Sentenza 4 marzo 2013, n. 1272 Terre e rocce: no al regime più favorevole del Dm 161/2012 ai fatti pregressi perché l’articolo 186 del “Codice” aveva natura temporanea
Corte di Cassazione, Sezione III penale – Sentenza 15 marzo 2013, n. 12295 Trasporto: va autorizzato anche se occasionale
Corte di Cassazione, Sezione III penale – Sentenza 4 aprile 2013, n. 15617
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Prassi Materiali da scavo: come la P.A. comunica all’Ispra i pareri sui piani di utilizzo
Disciplinare 5 aprile 2013
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Rubriche Quesiti a cura di Paola Ficco e Luigi Lovecchio Focus 231 Ambiente a cura di Pasquale Fimiani Focus Rifiuti e sanzioni amministrative a cura di Italia Pepe
Edizioni Ambiente
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Obblighi
e sanzioni. Sono i capisaldi della cultura del “command and control”, cioè di quella cultura che ha sostenuto e sostiene la creazione della legislazione ambientale. Del resto in un Paese pasticcione come l’Italia, se così non fosse, sarebbe il disastro. Tuttavia, sembra che anche sul punto l’Italia si sia “distratta”. Infatti, si nota (e con un certo imbarazzo) che nonostante il registro e il formulario siano (da sempre) gli unici baluardi contro il traffico illecito di rifiuti, sull’apparato sanzionatorio le voci sono dissonanti e una di queste è quella, autorevolissima, della Corte di Cassazione. Anche il Mud non pare assistito da alcuna sanzione. Le dottrine e le argomentazioni si divaricano, l’incertezza regna sovrana. Sul formulario per i rifiuti pericolosi, la Cassazione ha sostenuto (anche dopo l’entrata in vigore del Dlgs 121/2011) che la sanzione non c’è più. Altri dicono che non è vero. Certo la colpa è tutta del Sistri che ha sparigliato un sistema che aveva trovato una sua modalità di esistenza e con tutti i suoi avanti e indietro ha fatto sì che il castello di rinvii, proroghe, modifiche e false partenze viziasse in radice anche quelle poche regole di base che, nel tempo, si erano consolidate e che costituivano una piccola (ma solida) certezza. Per una serie di ragioni che qui non vale la pena riepilogare, personalmente si ritiene che le sanzioni su registri e formulari, dopo il Dlgs 121/2011, esistano e la portata della norma sia stata interpretativa e non dichiarativa. Di contro, le sanzioni per il Mud, miseramente non sono più esistenti. Si registrano opinioni contrarie. Ma non è questo il punto. Il punto è un altro ed è doloroso: la dottrina può anche divaricarsi sulle regole del gioco, ma se la divaricazione tocca anche le sanzioni, la gestione (legittima e sana) dei rifiuti ha finito di vivere ancora prima di nascere. Ed è gravissimo perché nel nostro ordinamento vige (per fortuna) il principio di legalità (in materia di sanzioni sia penali sia amministrative) che si esprime attraverso i principi di riserva di legge, di tassatività, di non retroattività, di divieto di analogia. Ma di questo sembra tutti si dimentichino e se anche due sole persone non sono d’accordo sul fatto che una sanzione sia prevista o meno, in un ordinamento democratico. questo è davvero molto grave. È un sistema che apre il passaggio dalla discrezionalità all’arbitrio. In questo momento di crisi economica e finanziaria, di inesistenza dell’economia reale l’Italia non si può permettere questo. Perché il Ministero dell’Ambiente non ha fatto nulla contro
quello che sembra davvero un colabrodo attraverso il quale passa di tutto? Risale al 24 aprile 2012 la sentenza 17823 con la quale la Corte di Cassazione penale ha ritenuto che il presidio della sanzione penale non assiste più la mancanza del formulario per i rifiuti pericolosi. È passato un anno e dopo una decisione così pesante (e che i Giudici di legittimità hanno sicuramente patito) il Ministero dell’Ambiente non ha sentito il dovere istituzionale di riguardare l’apparato sanzionatorio relativo al formulario e al registro. Anche in occasione del Mud, analoga distrazione. Tutti a pensare al Sistri che forse neanche riuscirà veramente a funzionare, e a quell’unico strumento per la tracciabilità su strada dei rifiuti (anche pericolosi) che è il formulario nessuno pensa. Del resto lo ha stabilito la Cassazione penale che le sanzioni penali non ci sono più. Lo stesso dicasi per quelle amministrative. Sarebbe servito poco per tenere nella considerazione che meritano le imprese sane; sarebbe bastato reintrodurre le sanzioni pregresse riferendole ai soggetti attuali e non a quelli dell’articolo 188-ter “Codice ambientale”, visto che questo articolo non è ancora in vigore. Non solo, sarebbe bastato poco per ridare fiato a tanti, senza scomodarsi troppo; penso alla centralizzazione regionale delle competenze autorizzatorie per acqua, aria e rifiuti per evitare la disparità di trattamento che sempre segue alla diversa interpretazione normativa tra le varie province e i vari comuni nell’ambito della stessa regione. Penso alla maggiore aderenza delle legislazioni regionali al dato normativo nazionale per evitare ricorsi alla Consulta e più che scontate condanne e costi (per esempio alle terre e rocce di scavo dei piccoli cantieri di Veneto e Friuli V. Giulia). Penso alla necessità di qualificare come scarichi e non come rifiuti le acque emunte, trattate e reimmesse in corpo idrico, negli interventi di bonifica per evitare una ulteriore autorizzazione nel corso dei già tormentati procedimenti di bonifica. Penso alla non più rinviabile necessità di armonizzare l’Aia con la Via anche per gli impianti di competenza regionale. Cosa li distingue da quelli di competenza statale dove, invece, le procedure sono “unificate”? Sono poche cose che le imprese chiedono da sempre per risparmiare tempi e costi. Non sono difficili né da capire né da fare. Il problema relativo alle sanzioni, invece, è scandaloso. Ma di cosa si è occupato il Governo tecnico? Paola Ficco
L’intervento
Nella giungla delle modifiche degli ultimi anni, il Legislatore nazionale sembra essersi dimenticato qualcosa di importante: la previsione delle sanzioni per la mancata o ritardata presentazione del Mud per quanto concerne i rifiuti speciali (1). È quanto si ricava dalla complessa analisi della normativa di riferimento, costantemente oggetto di aggiunte, abrogazioni e disposizioni transitorie che hanno finito con il creare un quadro assolutamente confuso e di ardua interpretazione, che rende difficile anche per gli imprenditori più virtuosi rimanere al passo e non incorrere in violazioni anche semplicemente formali.
Le sanzioni sul Mud – il quadro normativo esistente
Attualmente, il sistema sanzionatorio di carattere generale relativo al Mud è oggetto delle previsioni di cui all’articolo 258, commi 5-bis e 5-ter, Dlgs 152/2006. Tali commi stabiliscono che:
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 206 (05/13)
Mud senza sanzioni per i rifiuti speciali: la superficialità del Legislatore non può essere colmata dai pareri delle autorità locali Gabriele Taddia Avvocato in Ferrara
Link di approfondimento Sul numero 205, aprile 2013, della Rivista Rifiuti, “Mud 2013: analisi di casi particolari e spunti di riflessione” (Daniele Bagon) In Osservatorio di normativa ambientale, “Mud 2013: le novità sui soggetti obbligati e la modulistica per il 2013” (di L. Basso) In Osservatorio di normativa ambientale, SPECIALE Mud 2013: un’area dedicata alle comunicazioni ambientali da effettuare entro il 30 aprile 2013, che in chiave operativa guida i soggetti obbligati a comprendere l’oggetto e la modalità trasmissione dei dati da dichiarare.
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5-bis. I soggetti di cui all’articolo 220, comma 2 (2), che non effettuino la comunicazione ivi prescritta ovvero la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro (3).
(1) Oltre a quelle indicate nell’articolo 258 del Dlgs 152/0226, sono previste sanzioni anche per la mancata comunicazione dati relativi ai veicoli fuori uso: l’articolo 13, comma 7, Dlgs 209/2003: “Chiunque non effettua la comunicazione, prevista dall’articolo 11, comma 4, o la effettua in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione pecuniaria amministrativa da 3.000 euro a 18.000 euro”. Inoltre, l’articolo 16, comma 8, Dlgs 151/2005 prevede le sanzioni relative alla Comunicazione Produttori Aee: “Il produttore che non comunica al registro nazionale dei soggetti obbligati allo smaltimento dei Raee le informazioni di cui all’art. 13, comma 6 e 7, ovvero le comunica in modo incompleto e inesatto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a 20.000”. (2) L’articolo 220, comma 2, Dlgs 152/2006 prevede che “per garantire il controllo del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio e di recupero, il Consorzio nazionale degli imballaggi di cui all’articolo 224 acquisisce da tutti i soggetti che operano nel settore degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi i dati relativi al riciclaggio e al recupero degli stessi e comunica annualmente alla Sezione nazionale del Catasto dei rifiuti, utilizzando il modello unico di dichiarazione di cui all’articolo 1 della legge 25 gennaio 1994, n. 70, i dati, riferiti all’anno solare precedente, relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul merca-
to, nonché, per ciascun materiale, la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale. Le predette comunicazioni possono essere presentate dai soggetti di cui all’articolo 221, comma 3, lettere a) e c), per coloro i quali hanno aderito ai sistemi gestionali ivi previsti ed inviate contestualmente al Consorzio nazionale imballaggi. I rifiuti di imballaggio esportati dalla Comunità [ai sensi del regolamento (CEE) del 1° febbraio 1993, n. 259, del Consiglio, del regolamento (CE) 29 aprile 1999, n. 1420, del Consiglio e del regolamento (CE) 12 luglio 1999, n. 1547, della Commissione] sono presi in considerazione, ai fini dell’adempimento degli obblighi e del conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1, solo se sussiste idonea documentazione comprovante che l’operazione di recupero e/o di riciclaggio è stata effettuata con modalità equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria. L’Autorità di cui all’articolo 207, entro centoventi giorni dalla sua istituzione, redige un elenco dei Paesi extracomunitari in cui le operazioni di recupero e/o di riciclaggio sono considerate equivalenti a quelle previste al riguardo dalla legislazione comunitaria, tenendo conto anche di eventuali decisioni e orientamenti dell’Unione europea in materia”. (3) Il comma 5-bis è stato aggiunto all’articolo 258, Dlgs 152/2006, come modificato dal Dlgs 205/2010.
Altri ancora fanno discendere il regime sanzionatorio del Mud dal fatto che l’articolo 52, comma 1, Dl 22 giugno 2012, n. 83 (convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134) richiama i soggetti obbligati all’osservanza degli articoli 190 e 193 del Dlgs 152/2006 e “della relativa disciplina, anche sanzionatoria, vigente antecedentemente all’entrata in vigore del Dlgs 205/2010”. Pertanto, costoro ritengono che il richiamo effettuato dal Dl sia riferito a tutta
Anche in questo caso, ci si chiede come si possa immaginare una estensione analogica del sistema sanzionatorio previsto per il registro e il formulario alle dichiarazioni Mud attuali, anche se incentrate sul sistema dei registri e formulari. Sicché del Mud relativo ai rifiuti speciali non è più colpita neanche la ritardata comunicazione.
Il principio di legalità e l’assurdità delle sanzioni comminate in base a pareri di autorità locali
Occorre appena accennare al fatto che in base all’articolo 1, legge 689/1981, “nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione”. Si tratta, in altre parole, del principio di legalità, uno dei cardini assoluti del nostro sistema legislativo, sancito anche dalla nostra Costituzione, un principio di civiltà in base al quale un comportamento può essere puntito solamente in virtù di una norma entrata in vigore prima del fatto. Inoltre, il comma 2 del medesimo articolo 1 della legge 689/1981, prevede che “le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”, principio comunemente conosciuto appunto come divieto di interpretazione analogica: le sanzioni sono tassative rispetto a comportamenti altrettanto tassativamente previsti dalla legge e non è consentito estendere le sanzioni a fattispecie “simili” o assimilabili. Di certo c’è che anche questa volta il legislatore non ha lesinato sforzi per rendere ancora più complicata la già difficoltosa interpretazione delle disposizioni in campo ambientale, aggiungendo incertezza al sistema degli adempimenti e a quello sanzionatorio, già di per essi di non facile intelleggibilità. La verità è che il sistema è ormai “sistricentrico”, orientato interamente ad adempimenti che saranno obbligatori solamente nella piena operatività del sistema di tracciabilità informatico, che comunque sembra ancora molto lontano dall’essere concretamente e completamente attuabile: nell’attesa, gli imprenditori devono fronteggiare un sistema nel quale non è mai chiaro chi deve fare cosa e quali sono le sanzioni. Nell’Italia, culla del diritto, non è una cosa piacevole. È da segnalare infine che, in modo assolutamente inusuale e non condivisibile, nei siti internet di alcune Camere di Commercio, vengono inserite indicazioni del tipo “per quanto attiene alla Comunicazione Rifiuti Speciali, mancando un espresso richiamo al regime sanzionatorio previsto dall’art. 258, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006 antecedente all’ entrata in vigore del D.Lgs. n. 205/2010 si rimanda al parere dell’autorità di controllo competente (Provincia, Ispra, Arpa ecc.)”.
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 206 (05/13)
L’articolo 220, comma 2, Dlgs 152/2006 riguarda pacificamente solo i rifiuti da imballaggio, per cui, per l’elementare principio di divieto di estensione analogica delle sanzioni, è evidente che le sanzioni previste dall’articolo 258, comma 5-bis, Dlgs 152/2006, possono riguardare solo ed esclusivamente la mancata o omessa presentazione del Mud relativo agli imballaggi. Stesso discorso per quanto concerne il comma 5-ter, il quale prevede le sanzioni esclusivamente per la mancata o non corretta comunicazione per quanto concerne i Comuni (nella persona del Sindaco). Dunque, non vi è alcuna previsione normativa sanzionatoria che riguardi la mancata o non corretta presentazione del Mud per quanto concerne i rifiuti speciali. Possibile? Evidentemente sì, forse perché il Legislatore con uno sforzo di fantasia inimmaginabile prevedeva l’entrata in piena operatività del Sistri, nel qual caso le sanzioni sarebbero state regolate da quanto previsto nel Dlgs 205/2010 come modificato dal Dlgs 121/2011, il quale però sembra riguardare – per il futuro – solamente le dichiarazioni Sistri effettuate dai soggetti di cui all’articolo 188-ter, Dlgs 152/2006 (articolo, come noto, non ancora in vigore) e – per il passato – le dichiarazioni Sistri effettuate dai soggetti indicati dal Dm 52/2011 (cd. “Testo Unico Sistri”). Infatti, le previsioni contenute nell’articolo 4, Dlgs 121/2011, riguardano esclusivamente il Sistri, e non il sistema incentrato su registri e formulari. Alcuni fanno discendere il regime sanzionatorio del Mud dal tenore del nuovo comma 2-ter, articolo 39, Dlgs 205/2010 (come modificato dal Dlgs 121/2011, articolo 4) che è il seguente: “Anche in attuazione di quanto disposto al comma 1, le sanzioni previste dall’articolo 258 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nella formulazione previgente a quella di cui al decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, per la presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale si applicano ai soggetti tenuti alla comunicazione di cui all’articolo 28, comma 1, del citato decreto ministeriale 18 febbraio 2011, n. 52, e successive modificazioni, secondo i termini e le modalità ivi indicati.”. Come è evidente, la condotta colpita non è quella relativa al Mud, bensì quella relativa alla “dichiarazione Sistri”, operando un richiamo quoad poenam alle sanzioni in precedenza previste per il Mud. Pertanto, non si capisce come si possa immaginare una estensione analogica del sistema sanzionatorio previsto per il Sistri, alle dichiarazioni Mud attuali, incentrate unicamente sul tradizionale sistema dei registri e formulari.
la disciplina sanzionatoria e non esclusivamente a quella correlata alle norme dei registri di carico e scarico e formulario.
L’intervento Mud
5-ter. Il sindaco del comune che non effettui la comunicazione di cui all’articolo 189, comma 3, ovvero la effettui in modo incompleto o inesatto, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro; se la comunicazione è effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 70, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da ventisei euro a centosessanta euro (4).
Questa indicazione è assolutamente inaccettabile sotto ogni profilo: in primo luogo i pareri delle autorità di controllo non sono fonti normative: la costituzione, i decreti legge, le leggi, i decreti legislativi, le leggi regionali, i regolamenti comunitari e i regolamenti nazionali sono fonti normative dalle quali possono scaturire obblighi e sanzioni. Per quanto autorevoli, i pareri delle autorità competenti sono e rimangono atti di natura privata; basti pensare che nemmeno le circolari ministeriali hanno valore di legge!
(4) Il comma 5-ter è stato aggiunto all’articolo 258, Dlgs 152/2006, come modificato dal Dlgs 205/2010.
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Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
Decreto 20 marzo 2013 (Gu 2 aprile 2013 n. 77)
Legislazione
norme nazionali
Css: le modifiche dell’allegato X al “Codice ambientale” RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 206 (05/13)
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ne rendono possibile la termovalorizzazione
Modifica dell’allegato X della Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni e integrazioni, in materia di utilizzo del combustibile solido secondario (Css)
Il combustibile solido secondario (Css) uscito dalla qualifica di rifiuto entra tra i combustibili utilizzabili ai sensi del Dlgs 152/2006 (allegato X, Parte V) negli impianti che producono emissioni in atmosfera soggetti al Titolo I, Parte V, dello stesso Codice ambientale. A prevederlo è il Dm 20 marzo 2013. Se il Dm 14 febbraio 2013, n. 22 aveva stabilito l’end of waste, le modalità di produzione del Css-Combustibile e le condizioni per l’utilizzo, il Dm 20 marzo 2013 in parola modificando l’allegato X del Codice ambientale, include il Css nell’elenco dei combustibili che si possono utilizzare negli impianti di cui al Titolo I, Parte V, dello stesso Codice dell’ambiente. Ricordiamo infatti che l’articolo 293, comma 1, del Dlgs 152/2006 stabilisce che negli impianti disciplinati dal Titolo I della Parte quinta (tutela dell’aria dalle emissioni) possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall’allegato X alla Parte quinta del citato decreto. Il Css-Combustibile prodotto secondo i criteri del Dm 22/2013 potrà così essere utilizzato ai sensi del Codice ambientale come combustibile alternativo ai combustibili fossili, in modo particolare negli impianti termoelettrici e nei cementifici appositamente attrezzati allo scopo (Fr. Pe.).
Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Visto l’articolo 293, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante: “Norme in materia ambientale”, e successive modifiche ed integrazioni, che stabilisce che negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo III della Parte quinta del citato decreto legislativo possono essere utilizzati esclusivamente i combustibili previsti per tali categorie di impianti dall’allegato X alla Parte quinta del citato decreto legislativo; Visto l’allegato X (disciplina dei combustibili) alla Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante la disciplina dei combustibili consentiti negli impianti disciplinati dal titolo I e dal titolo III della Parte quinta del citato decreto legislativo; Visti gli articoli 298, comma 2, e 281, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante la disciplina per la modifica del citato allegato X; Considerato che in Italia esiste un mercato per la produzione e l’utilizzo di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (Css), definiti all’articolo 183, comma 1, lettera cc), del decreto legislativo 3 aprile 2006, a 152, che a determinate condizioni possono cessare, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 184-ter, di essere qualificati come un rifiuto e diventare un combustibile alternativo; Visto l’articolo 184-ter che stabilisce le condizioni
e le modalità affinché specifiche tipologie di rifiuti, sottoposti a operazioni di trattamento, cessano di essere qualificati come tali diventando autentici prodotti e, come tali, esclusi dalla normativa sui rifiuti; Visto il regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 14 febbraio 2013, n. 22, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 62 del 14 marzo 2013, con il quale, in applicazione dell’articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono stati stabiliti i criteri specifici da rispettare affinché determinate tipologie di combustibili solidi secondari (Css) cessano di essere qualificate come rifiuto; Visto l’articolo 281, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che recita: “Alla modifica ed integrazione degli allegati alla Parte quinta del presente decreto, al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui le stesse comportino modifiche delle modalità esecutive e delle caratteristiche di ordine tecnico stabilite dalle norme vigenti, si provvede ai sensi dell’articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11”; Vista la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento delle politiche comunitarie effettuata ai sensi del suddetto articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11; Ritenuto necessario promuovere la produzione di combustibili solidi secondari (Css), che, ai
Adotta il seguente decreto:
Articolo 1 1. Al paragrafo 1 della Parte I sezione 1 dell’allegato X della Parte Quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche e integrazioni, dopo il punto 9 è inserito il seguente punto: “10. Senza pregiudizio per quanto previsto ai paragrafi precedenti, è consentito, alle condizioni previste nella Parte II, sezione 7, l’utilizzo del combustibile solido secondario (Css) di cui all’articolo 183, comma 1, lettera cc), meglio individuato nella predetta Parte II, sezione 7, che, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 184-ter, ha cessato di essere un rifiuto (CssCombustibile).” 2. Alla Parte II dell’allegato X della Parte Quinta
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche e integrazioni, dopo la sezione 6, è inserita la seguente: “Sezione 7 Caratteristiche e condizioni di utilizzo del CssCombustibile Parte I, sezione 1, paragrafo 10 La provenienza, le caratteristiche e le condizioni di utilizzo del Css-Combustibile sono definite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 14 febbraio 2013, n. 22, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 62 del 14 marzo 2013”.
Articolo 2 1. Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 20 marzo 2013
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Legislazione norme nazionali Decreto 20 marzo 2013
sensi e per gli effetti dell’articolo 184-ter, hanno cessato di essere un rifiuto, nonché il loro utilizzo in sostituzione di combustibili convenzionali per finalità ambientali e economiche con l’obiettivo di contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti, ivi incluse le emissioni di gas climalteranti, all’incremento dell’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili mediante un utilizzo sostenibile a scopi energetici della biomassa contenuta nei rifiuti, ad un più elevato livello di recupero dei rifiuti, nel rispetto della gerarchia di trattamento dei rifiuti di cui all’articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ad una riduzione degli oneri ambientali ed economici legati allo smaltimento di rifiuti in discarica, al risparmio di risorse naturali, alla riduzione della dipendenza da combustibili convenzionali e all’aumento della certezza d’approvvigionamento energetico;
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Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
Decreto 20 marzo 2013 (Gu 19 aprile 2013 n. 92)
Termini di riavvio progressivo del Sistri
Legislazione
norme nazionali
Sistri: si (ri)parte RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 206 (05/13)
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Link di approfondimento In Osservatorio di normativa ambientale, Speciale Sistri: un’area costantemente aggiornata e corredata da normativa, approfondimenti di esperti del settore, documenti interpretativi ufficiali.
Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Visto il “Regolamento recante istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’articolo 189 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dell’articolo 14-bis del decretolegge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102” adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52, e successive modifiche e integrazioni; Visto il decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, recante “Semestre europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia”, ed in particolare l’articolo 6, comma 2, lettera f-octies), che disciplina la progressiva entrata in operatività del Sistri; Visto l’articolo 1, comma 5, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 26 maggio 2011; Considerato che ai sensi dell’articolo 13, comma 3, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante “Proroga dei termini in materia ambientale”, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, la Direzione generale della tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può avvalersi della DigitPA (ora Agenzia per l’Italia Digitale) per la verifica del funzionamento tecnico del sistema, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca; Visto il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Gab/Dec/2012/107 del 18 maggio 2012, che, in attuazione dell’articolo 13, comma 3, del citato decreto-legge n. 216 del 2011, ha stabilito le modalità con cui DigitPA (ora Agenzia per l’Italia Digitale) deve procedere alla valutazione dello stato di efficienza, efficacia ed adeguatezza del sistema Sistri e all’individuazione delle possibili linee evolutive; Visto il “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52, avente ad oggetto “Regolamento recante istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’articolo 189, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche e integrazioni, e dell’articolo 14-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102”, adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 maggio 2012, n. 141, che ha apportato modifiche e integrazioni al decreto del Ministro dell’ambiente della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, n. 52 e, in particolare, visto l’articolo 1, lettera c), che ha prorogato dal 30 apri-
le 2012 al 30 novembre 2012 il termine per il pagamento dei contributi dovuti per l’anno 2012 dai soggetti obbligati all’iscrizione al “Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” (in appresso Sistri); Visto il “Regolamento concernente modifiche al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 maggio 2012, n. 141, adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2012, n. 210; Visto il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134; Considerato che l’articolo 52, commi 1 e 2, del citato decreto-legge n. 83 del 2012 ha sospeso fino al 30 giugno 2013 il termine di operatività del Sistri “allo scopo di procedere, ai sensi degli articoli 21-bis, 21ter, 21-quater, e 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, alle ulteriori verifiche amministrative e funzionali” e prevede che il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare fissa con decreto “il nuovo termine per l’entrata in operatività del Sistema Sistri…”; Vista la relazione semestrale di “Verifica del funzionamento del sistema per la tracciabilità dei rifiuti denominato Sistri” del 13 febbraio 2013, predisposta dall’Agenzia per l’Italia Digitale ai sensi degli articoli 1 e 2 del citato decreto ministeriale n. 107 del 18 maggio 2012; Considerato che con detta relazione l’Agenzia per l’Italia Digitale ritiene “… auspicabile un sollecito riavvio del sistema anche in considerazione del fatto che il perdurare della inoperatività provoca un progressivo disallineamento delle informazioni contenute nel sistema rispetto alla realtà rappresentata che continua ad evolvere, rendendo sempre più crescente lo sforzo necessario per il ripristino dell’operatività.” e sottolinea l’opportunità “… che il riavvio del sistema avvenga in modo graduale, in modo che una prima fase di esercizio, ristretta ad una porzione ridotta di utenti, consenta di verificare il comportamento in condizioni reali di utilizzo e sia l’occasione per consolidare le procedure di erogazione dei servizi e gli strumenti di diagnostica e monitoraggio, necessari per tenere sotto controllo il sistema nella fase di piena operatività”; Ritenuto, pertanto, di dover garantire il riavvio progressivo del Sistri articolandolo in due distinte fasi, rispettivamente di riallineamento e di operatività, con riferimento a distinte categorie dei soggetti obbligati; Valutate le osservazioni e i rilievi delle associazioni di categoria delle imprese obbligate all’iscrizione al Sistri, acquisiti nel corso della riunione convocata presso il Ministero dello sviluppo economico in data 5 febbraio 2013; Considerato che, al fine di rendere più efficace l’operatività del sistema di controllo e gestione dei rifiuti, è necessario e opportuno garantire la parte-
Sistri: il riallineamento parte dal 30 aprile 2013 di Alessandro Geremei Redazione Reteambiente
Articolo 1 Operatività del Sistri 1. Per i produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi con più di dieci dipendenti e per gli enti e le imprese che gestiscono rifiuti speciali pericolosi, individuati all’articolo 3 comma 1, lettere c), d), e), f) g), h), del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 18 febbraio 2011, n. 52, e successive modifiche ed integrazioni, il termine iniziale di operatività del Sistri è fissato al 1 ottobre 2013. 2. Per gli altri enti o imprese obbligati all’iscrizione al Sistri il termine iniziale di operatività è fissato al 3 marzo 2014. 3. Gli enti e le imprese di cui al comma 2 possono comunque utilizzare il Sistri su base volontaria dal termine di operatività di cui al comma 1. Articolo 2 Allineamento del sistema e iscrizioni 1. Gli enti e le imprese già iscritti al Sistri devono procedere alla verifica dell’attualità dei dati e delle informazioni trasmesse, e all’eventuale aggiornamento e riallineamento degli stessi. 2. Per gli enti e le imprese di cui al comma 1, dell’articolo 1, le procedure di verifica e allineamento devono essere avviate dal 30 aprile 2013 e devono essere concluse entro il 30 settembre 2013.
3. Per gli enti e le imprese di cui al comma 2, dell’articolo 1, le procedure di verifica e allineamento devono essere avviate dal 30 settembre 2013 e devono essere concluse entro il 28 febbraio 2014. 4. Gli enti di cui ai commi 1 e 2, dell’articolo 1, soggetti all’obbligo di iscrizione al Sistri e non ancora iscritti, devono adempiere a tale obbligo entro il termine iniziale di operatività del Sistri rispettivamente previsto.
Articolo 3 Regime transitorio 1. Fino alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di operatività del Sistri prevista dal presente decreto per le diverse categorie di enti o imprese, continuano ad applicarsi gli adempimenti e gli obblighi di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Articolo 4 Contributo Sistri In accordo con Selex-Sema, il versamento del contributo di iscrizione al Sistri è sospeso per l’anno 2013 per gli enti e imprese già iscritti alla data del 30 aprile 2013. Articolo 5 Pubblicazione Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 20 marzo 2013.
Il 19 aprile 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il decreto del Ministero dell’ambiente 20 marzo 2013 (“Termini di riavvio progressivo del Sistri”), provvedimento che detta i tempi per la (ri)partenza ufficiale del nuovo sistema di controllo informatico dei rifiuti, ponendo così fine al periodo di “sospensione” stabilito dal Governo d’urgenza nel giugno dello scorso anno (Dl 83/2012). (1) Con il riavvio dovrebbe quindi giungere a termine la travagliata vicenda relativa all’entrata in operatività del nuovo sistema, che sarebbe dovuta scattare il 13 luglio 2010, almeno secondo le previsioni originarie del Legislatore, e invece è stata dallo stesso Legislatore (più volte) prorogata, soppressa, ripristinata, riprorogata ed infine sospesa. (2) Al fine di graduare la ripartenza del Sistri, con il Dm 20 marzo 2013 il MinAmbiente ha deciso di prevedere una prima fase di esercizio ristretta a una porzione ridotta ma allo stesso significativa di utenti (così si legge nei considerata del provvedimento), che “consenta di verificare il comportamento in condizioni reali di utilizzo e sia l’occasione per consolidare le procedure di erogazione dei servizi e gli strumenti di diagnostica e monitoraggio, necessari per tenere sotto controllo il sistema nella fase di piena operatività”. La scelta è caduta sui produttori iniziali di rifiuti pericolosi con più di dieci dipendenti e su tutti gli altri soggetti che compiono operazioni di raccolta, traspor-
to, trattamento, intermediazione e commercio di rifiuti pericolosi, in relazione ai quali l’operatività del Sistri (e l’applicazione delle sanzioni in materia previste dal Dlgs 152/2006, cd. “Codice ambientale”) scatterà il 1° ottobre 2013. Tutti gli altri soggetti obbligati all’iscrizione, salvo che decidano volontariamente di utilizzare il Sistri a partire dal 1° ottobre, hanno sei mesi di tempo in più per adeguarsi visto che nei loro confronti l’entrata in operatività del sistema è fissata per il 3 marzo 2014. In entrambi i casi viene confermato il cd. “sistema binario” (cioè il periodo transitorio di adeguamento in cui vecchi e nuovi obblighi e adempimenti coesistono) già previsto dai precedenti decreti Sistri, che durerà “30 giorni” a partire dall’entrata in operatività del nuovo sistema (non più “un mese” come previsto invece dal Dm 17 dicembre 2009). In tale finestra temporale enti e imprese dovranno quindi utilizzare i nuovi strumenti del Sistri continuando però a rispettare i (pre)vigenti obblighi in materia di registri di carico e scarico e di formulari di identificazione, previsti dagli attuali articoli 190 e 193 del Dlgs 152/2006. Al fine di riavviare in maniera graduale l’operatività del Sistri, il Dm 20 marzo 2013 prevede una precedente fase di riallineamento dei dati e delle informazioni contenute nel sistema che coinvolgerà gli enti e le imprese già iscritte, tenute a parteciparvi attivamente. Il riallineamento si è reso necessario a causa della ino-
(1) In relazione alla sospensione del Sistri si veda “Sistri soppresso fino al 30 giugno 2013”, in questa Rivista, n. 197, 7/2012,. (2) Per un approfondimento completo della tematica Sistri non si può che rimandare allo “Speciale Sistri – Le
norme, i comunicati, i commenti” pubblicato in questa Rivista, n. 185, 6/2011. Per le modifiche successive alle regole del Sistri si veda “Sistri: parte la interoperabilità e l’orizzonte della responsabilità del “delegato” si restringe” (in questa Rivista, n. 192, 2/12).
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 206 (05/13)
il commento
data con il n. 20860, con la quale detta società presta il proprio assenso alla sospensione del pagamento del contributo Sistri per l’anno 2013; Decreta:
Legislazione norme nazionali Decreto 20 marzo 2013
cipazione attiva delle imprese interessate sin dalla prima fase di riallineamento; Considerato, altresì, che sin dalla prima fase di riallineamento si rende necessario approfondire e individuare, ai predetti fini, le necessarie misure di razionalizzazione e di semplificazione del Sistri, con particolare riferimento all’anagrafica e alle modalità di trasmissione dei dati, senza alterare le esigenze e le funzioni di controllo sulla produzione e gestione dei rifiuti in conformità alla disciplina comunitaria di settore; Tenuto conto che, ai fini dell’operatività del Sistri, la fase di riallineamento deve garantire anche un congruo periodo di tempo per la formazione degli addetti; Considerato che, al fine di corrispondere a quanto indicato dall’Agenzia per l’Italia Digitale, si ritiene opportuno che la “prima fase di esercizio, ristretta ad una porzione ridotta di utenti” sia limitata ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi con più di dieci dipendenti e a tutti gli altri soggetti che compiono operazioni di raccolta, trasporto, trattamento, intermediazione e commercio di rifiuti pericolosi, in quanto rappresentano una significativa categoria di utenti del sistema Sistri; Tenuto conto che la progressiva entrata in operatività del Sistri comporta che per il medesimo periodo mantengono efficacia gli obblighi e gli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni; Vista la nota della Selex-Sema in data 14 marzo 2013, acquisita al protocollo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio nella medesima
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Corte di Cassazione – Sezione III penale Sentenza 15 marzo 2013, n. 12295
La massima
Giurisprudenza
Terre e rocce: no al regime più favorevole del Dm 161/2012 ai fatti RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 206 (05/13)
pregressi perché l’articolo 186 del “Codice” aveva natura temporanea Pres. Teresi Est. Andreazza
Terre da scavo – Articolo 186 del Dlgs 152/2006 – Dlgs 205/2010 – Abrogazione con decorrenza futura – Norma temporanea – Principio della retroattività della norma penale più favorevole – Escluso Il principio della retroattività della norma più favorevole non si applica alle sanzioni per la violazione dell’articolo 186 del Dlgs 152/2006, disciplina sulle terre da scavo previgente al regolamento 161/2012. Come già statuito con sentenza 33577/2012, poichè il Dlgs 205/2010 ha abrogato l’articolo 186 del Dlgs 152/2006 con decorrenza legata all’entrata in vigore del nuovo (e più favorevole) regolamento, il Legislatore ha trasformato l’articolo stesso in una “norma temporanea”, in quanto tale esclusa dall’applicazione del principio della retroattività della norma penale più favorevole (favor rei) sancito dall’articolo 2 C.p.. Nessun appello al Dm 161/2012 è quindi possibile per i soggetti accusati di aver gestito illegalmente terre da scavo nel periodo intercorrente tra il 25 dicembre 2010 (entrata in vigore del Dlgs 205/2010) e il 6 ottobre 2012 (entrata in vigore del Dm 161/2012), all’interno del quale la definizione “generale” di sottoprodotto ex articolo 184-bis (introdotta dal Dlgs 205/2010) e la disciplina speciale ex articolo 186 hanno “convissuto” essendo parimenti vigenti (A.G.).
Repubblica italiana In nome del Popolo italiano La Corte Suprema di Cassazione Terza Sezione penale Composta da (omissis) ha pronunciato la seguente
Sentenza sul ricorso proposto da (omissis); (omissis) avverso la sentenza del Tribunale di Milano in data 23 maggio 2011; visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere (omissis); udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale (omissis), che ha concluso per l’annullamento con rinvio; udte le conclusioni degli Avv.ti (omissis), rispettivamente difensori di (omissis) e (omissis), che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso;
Ritenuto in fatto 34
1. Con sentenza del 5 dicembre
2011 il Tribunale di Milano ha condannato (omissis) e (omissis) alla pena di euro 22.000,00 di ammenda ciascuno per il reato previsto dagli articoli 81 C.p. 256, comma 1, lett. a) del Dlgs 152/2006 per avere gestito, il primo/ cedendo ed il secondo ricevendo, in assenza di autorizzazione, iscrizione e comunicazione di legge, una quantità di circa kg. 2.474,550 di rifiuti speciali non pericolosi classificati come terre e rocce da scavo – codice Cer 170504. Il Tribunale ha in particolare disatteso la tesi difensiva volta a sostenere la natura di sottoprodotto del materiale in quanto “suolo escavato non contaminato”, non essendo ancora applicabile l’articolo 185, comma 4 (e conseguentemente, l’articolo 184 bis) del Dlgs 152/2006 come modificato dal Dlgs 205/2010, posto che l’articolo 39 di tale ultimo decreto stabilisce che solo dall’entrata in vigore del Dm previsto dall’articolo 184 bis, e non ancora emanato, venga abrogato l’articolo 186. 2. (omissis) ha interposto ricorso per cassazione. Con un primo motivo, volto a invocare violazione di legge e mancanza, contraddittorietà e manifesta il-
Considerato in diritto 4. Va anzitutto premesso che l’appello svolto da (omissis) deve essere convertito in ricorso stante l’inappellabilità della sentenza impugnata; occorre al riguardo ricordare l’insegnamento delle Sezioni unite che, con la sentenza n. 45371 del
2001, Bonaventura, hanno sostenuto che in tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, come verificatosi del resto nella specie, a norma dell’articolo 568 C.p.p., comma 5, a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente. Con la stessa decisione si è aggiunto che condizione necessaria ed insieme sufficiente perché il giudice possa compiere la operazione di qualificazione è la esistenza giuridica di un atto – cioè di una manifestazione di volontà avente i caratteri minimi necessari per essere riconoscibile come atto giuridico di un determinato tipo – e non anche la sua validità; ciò che conta è inoltre la volontà oggettiva dell’impugnante – quella cioè di sottoporre a sindacato la decisione impugnata –, senza che sia possibile attribuire alcun rilievo all’errore che potrebbe verificarsi nel momento della manifestazione di volontà o anche alla deliberata scelta di proporre un mezzo di gravame diverso da quello prescritto. 5. Ciò posto, il primo motivo del ricorso di (omissis) ed il secondo motivo del ricorso di (omissis) sono infondati. Il Dlgs 3 dicembre 2010, di “disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/Ce del parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive”, operando alcune rilevanti modifiche al Dlgs 152/2006, ha, tra l’altro: 1) introdotto, all’articolo 12, l’articolo 184 bis dello stesso decreto dedicato alla individuazione dei requisiti del “sottoprodotto”; 2) modificato, all’articolo 13, l’articolo 185 introducendo, tra l’altro, il comma 4 secondo cui “il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184 bis e 184 ter” ; 3) disposto, all’articolo 39, l’abrogazione dell’articolo 186 “a decorrere dalla entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all’articolo 184 bis, comma 2”. Ne consegue che, al momento di
svolgimento del processo di primo grado, la disciplina vigente relativa alla movimentazione delle terre e rocce da scavo era disciplinata, congiuntamente, dall’articolo 186 cit., non essendo ancora stato adottato il decreto ministeriale alla cui emanazione, come detto, era condizionata l’abrogazione di detta norma, nonché, per effetto del richiamo operato dall’articolo 185 comma 4, dall’articolo 184 bis, comma 1; in altri termini, va ritenuto che in tale momento la disciplina del sottoprodotto (di cui appunto all’articolo 184 bis) convivesse con quella delle terre e rocce da scavo (di cui appunto all’articolo 186). Se è vero dunque, che, come sostenuto dai ricorrenti, vigevano già, in linea di principio, i requisiti di individuazione del sottoprodotto, è anche vero che in tanto era possibile escludere, ai sensi dell’articolo 186, l’applicabilità della disciplina sui rifiuti in quanto sussistessero, oltre a detti requisiti, anche gli ulteriori requisiti elencati dalla lettera a) alla lettera g) dall’articolo 186, comma 1, e non ancora venuti meno (vedi articolo 186, comma 1: “le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni, e rilevati purché: a)…). Correttamente dunque il giudice dell’impugnata sentenza, nel valutare la riconducibilità delle condotte ascritte agli imputati nel novero di quelle dell’articolo 256, comma 1, lett. a), ha tenuto conto in particolare della mancata inclusione dei requisiti di cui all’articolo 186, comma 1 nel progetto in particolare di cui al comma 4 e altrettanto correttamente ha considerato la mancanza delle comunicazioni di legge e dei formulari. Né potrebbe ritenersi che oggi, entrato in vigore, in data 6 ottobre 2012, il decreto 10 agosto 2012 n. 161 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ed abrogato dunque, per effetto dell’articolo 39 cit. e fatte salve le norme transitorie di cui all’articolo15 dello stesso decreto, l’articolo 186, di tale ultima disciplina non possa tenersi conto in applicazione dell’articolo 2 C.p. sul presupposto della ritenuta natura più favorevole dell’attuale, complessiva, disciplina rispetto alla precedente; va infatti precisato che, stante la programmata abrogazione di detta norma a decorrere dalla adozione, in un momento successivo, del decreto citato dall’articolo 184 bis comma 2, l’articolo 186 ha assunto, per il periodo di sua “provvisoria” vigenza, la
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 206 (05/13)
ne risarcitoria con riguardo al danno ambientale, Regione, Provincia e Comune avrebbero dovuto dare prova di un danno concreto ed ulteriore da essi sofferto; il Tribunale ha quindi erroneamente da un lato riconosciuto un danno ambientale alla Regione e dall’altro riconosciuto un danno all’immagine alla Provincia e al Comune. 3. (omissis) ha interposto appello, trasmesso a questa Corte stante l’inappellabilità della sentenza. Con un primo motivo lamenta la nullità della sentenza per mancata indicazione delle conclusioni rassegnate dal Difensore all’udienza dell’11 novembre 2011. Con un secondo motivo, in relazione alla contestazione mossagli, rileva che l’articolo 186, comma 1, prima dell’integrazione ad opera del Dlgs 4/2008, stabiliva che le rocce e terre da scavo sono escluse dall’ambito di applicazione della parte quarta del Dlgs 152/2006 e che, comunque, una volta adottato il d.m. previsto dall’articolo 49 del Dl 1 del 2012, non sussisterebbe più alcun reato. Censura inoltre la motivazione relativa alla propria specifica responsabilità, insita nell’avere egli ricevuto terre da sbancamento prive di autorizzazione, in quanto basata su un mero procedimento deduttivo ed in assenza di riscontri materiali. Con un terzo motivo deduce in ogni caso, attraverso l’invocata illogicità, mancanza o contraddittorietà della motivazione, la mancanza di prove in ordine sempre all’affermata responsabilità non avendo egli mai gestito, raccolto, trasportato, smaltito, conferito rifiuti né adibito l’area di proprietà per ricevere gli stessi. In particolare lamenta che i sopralluoghi, controlli e rilievi svolti non abbiano in alcun modo accertato alcun innalzamento del piano del terreno che, invece, necessariamente, avrebbe dovuto essere effettuato onde potere depositare, su un terreno di superficie di soli mq. 686,00, ben 2.474.550 chili di rifiuti corrispondenti a 1.414,000 metri cubi. Con un quarto motivo chiede la riforma del capo relativo alla condanna sulle questioni civili non essendo addebitabile appunto al ricorrente alcuna responsabilità penale.
Giurisprudenza Corte di Cassazione – Sentenza 15 marzo 2013, n. 12295
logicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato ovvero dai documenti acquisiti nel dibattimento, assume che nella fattispecie in esame, caratterizzata dal trasporto di terre e rocce da scavo senza le preventive autorizzazioni dal sito di Milano area Garibaldi al sito di Comazzo, sarebbe applicabile l’articolo 185, comma 4, del Dlgs 152/2006, potendo il materiale essere classificato come “suolo escavato non contaminato”, con conseguente riconducibilità nella categoria di sottoprodotto. Contesta la ritenuta non applicabilità dell’articolo 184 bis cit., in realtà nel suo comma primo già entrato in vigore al momento del fatto, così come la ritenuta non applicabilità dell’articolo 185 in relazione al suolo escavato non contaminato, già escluso compiutamente dalla disciplina dei rifiuti, salvo che il produttore intenda disfarsene. A conferma di ciò richiama il Dl 2 del 25 gennaio 2012. Di qui, in conclusione, la non necessità di comunicare agli enti i siti di destino del materiale, viceversa richiesta dall’articolo 186. Con un secondo motivo lamenta la nullità della sentenza per erronea applicazione dell’articolo 162 bis C.p. nonché per mancanza di motivazione. Premette che l’istanza di oblazione avanzata in via preliminare era stata respinta sul presupposto della permanenza di conseguenze dannose del reato e che era stata respinta anche la reiterazione avanzata all’esito del dibattimento ritenendosi che continuassero a permanere tali conseguenze e che l’offerta reale di somma di denaro equivalente all’importo necessario per la rimozione del materiale trasportato non fosse sufficiente. Censura tale motivazione laddove da un lato ha fatto riferimento a documentazione dell’Ente parco, che in realtà ha unicamente richiamato un aspetto non ambientale ma paesaggistico inoltre riferibile al solo coimputato (omissis), e dall’altro ha trascurato le emergenze dell’istruttoria dibattimentale (dichiarazioni testimoniali ed analisi dei materiali trasportati) da cui è risultata mancare del tutto la prova di un danno per l’ambiente. Né il Tribunale ha motivato sulla eliminabilità delle conseguenze dannose o pericolose del reato da parte dell’imputato, eliminabilità, nella specie, in ogni caso non sussistente. Con un terzo motivo deduce la nullità della sentenza in ordine alle statuizioni civili per inosservanza dell’articolo 311, comrna 1, del Dlgs 152/2006, giacché, spettando solo allo Stato la legittimazio-
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