RIFIUTI
giugno 2013 mensile
n. 207 (06/13) Euro 14,00
Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano
bollettino di informazione normativa
L’intervento Il riparto degli obblighi di smaltimento dei rifiuti e di bonifica nella vendita di un sito inquinato
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di Pasquale Fimiani
ADR: le novità in vigore dal 1° luglio 2013
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di Roberto Montali
Legislazione norme nazionali Da Piombino a Expo 2015, passando per l’Abruzzo. Gli affanni dei territori
Decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43
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Giurisprudenza “In house”: sì della Consulta purché il socio pubblico decida a maggioranza assoluta rispetto a quello privato
Corte Costituzionale – Sentenza 28 marzo 2013, n. 50
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Corte di Cassazione, Sezione III penale – Sentenza 12 aprile 2013, n. 16754
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il commento di Gabriele Taddia Frantoi: se il refluo non rispetta le regole della fertirrigazione è rifiuto liquido Omessa bonifica: è reato solo se il progetto c’è
Corte di Cassazione, Sezione III penale – Sentenza 26 febbraio 2013, n. 9214 il commento di Fabio Anile
Rifiuti, Cassazione e Consiglio di Stato: rassegna delle principali pronunce del 2012 a cura di Lavinia Basso
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Rubriche Quesiti a cura di Paola Ficco Focus 231 Ambiente a cura di Pasquale Fimiani Focus Rifiuti e sanzioni amministrative a cura di Italia Pepe
Edizioni Ambiente
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Ludopatia :
il sito web del Ministero della Salute la definisce come l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze. Per continuare a dedicarsi al gioco d’azzardo e alle scommesse, chi è affetto da ludopatia trascura lo studio o il lavoro e può arrivare a commettere furti o frodi. È una condizione molto seria che può arrivare a distruggere la vita. Durante i periodi di stress o depressione, l’urgenza di dedicarsi al gioco d’azzardo per le persone che ne sono affette può diventare completamente incontrollabile, esponendole a gravi conseguenze, personali e sociali. Come dire, uno dei tanti figli legittimi della crisi che ha tutti i numeri per poter distruggere un intero tessuto sociale. La ludopatia, un dramma che con tre milioni di persone a rischio e un autentico boom tra gli adolescenti ci vede, ovviamente, tra i primi in Europa. I dati allarmanti vengono dall’Istituto di Fisiologia del Cnr di Pisa. L’allarme riguarda soprattutto maschi, disoccupati e persone con un basso livello di istruzione. Quindi, visti i tempi che corrono, quanto a disoccupati e persone poco istruite, le fila dei ludopati non potranno che ingrossarsi. C’è da chiedersi (tra le tante) perché sulle cose peggiori abbiamo sempre il primato e sul resto, invece, siamo sistematicamente il fanalino di coda? Il gioco d’azzardo è una specie di termometro e funziona in modo inversamente proporzionale alla crescita economica: meno cresciamo più giochiamo. I consumi precipitano vorticosamente ma aumenta il denaro speso per giocare perché ci si illude che vincere, in fondo, sia facile. Un solo bacio della Fortuna può cambiare la vita. Indisturbato e triste è l’esercito dei games addicted che cerca un’opportunità, un modo per farcela, un’occasione. Quella che la crisi gli ha rubato. Lo Stato si mette la coscienza a posto con lo spot “gioca senza esagerare”, ma di limitare e mettere ordine neanche l’ombra. An-
zi. La proliferazione delle sale giochi sta cambiando la geografia dei nostri quartieri e i punti di riferimento che avevamo da sempre. La presenza capillare delle slot machines in bar, ristoranti, autogrill sta cambiando la percezione del rapporto con gli altri. È l’aumento di una solitudine senza fine che moltissimi giovani spartiscono tra il Pc, la presunta compagnia dei social network e le slot. Hobby diventa così solo una parola esotica e le occasioni per impegnarsi in attività che comportino l’impegno verso gli altri si riducono, fino ad annullarsi. La legge Balduzzi ha istituito l’Osservatorio sulla dipendenza da gioco d’ azzardo, ma non se ne parla mai. In Italia il gioco d’azzardo è vietato in luoghi pubblici e privati, però se è lo Stato a controllarlo tutto diventa lecito. Mi piacerebbe se fosse vietato giocare on line; se al posto delle sale bingo (la “b” va minuscola) sorgessero palestre o biblioteche comunali; se i “gratta e vinci” si trasformassero in banche del tempo; se l’opportunità non fosse un win for life ma un’Università; se nessuno mettesse più piede in un bar dove ci sono le slot machines. Almeno questo potremmo farlo, tutti insieme. E sarebbe facile, perché è il consumatore che fa il mercato. Chi sostiene il costo di questa degenerazione? Le imprese e i cittadini (che provano a sopravvivere). È la solita socializzazione delle perdite e privatizzazione degli utili. Cosa c’entra tutto questo con i rifiuti? C’entra perché lo smarrimento della intelligenza collettiva e uno Stato incapace di prendersi cura del suo futuro negano in radice le opportunità, cancellano i diritti e producono solo profitti per pochi. Anche nel settore della gestione dei rifiuti. Una brutalizzazione economica e sociale che crea tutte le condizioni per il saccheggio delle attività economiche legali. Le uniche che, invece, generano ricchezza. Per tutti. Paola Ficco
L’intervento
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 207 (06/13)
Il riparto degli obblighi di smaltimento dei rifiuti e di bonifica nella vendita di un sito inquinato di Pasquale Fimiani Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione
Link di approfondimento Formazione di Reteambiente sui rifiuti “Bonifiche e danno ambientale: dalla gestione delle acque di falda ai punti vendita carburante. Il punto tecnico-giuridico sullo stato dell’arte”. Milano, lunedì 10 giugno 2013
Nell’ambito della circolazione dei siti industriali, una situazione problematica è costituita dalla presenza di rifiuti al momento del trasferimento. In tal caso, si pone la questione di verificare chi, tra venditore ed acquirente, sia tenuto ad adempiere all’obbligo di rimozione ed avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti imposto al produttore. Qualora, poi, l’accumulo di rifiuti abbia comportato il superamento dei limiti legali di contaminazione, si pone l’ulteriore questione della operatività degli obblighi di bonifica. Per quanto riguarda il primo profilo, il Codice ambientale (Dlgs 152/2006), all’articolo 188, impone l’obbligo di smaltimento dei rifiuti al produttore, mentre nulla dice sulla posizione del proprietario del fondo. A quest’ultimo fa riferimento l’articolo 192 Codice ambientale nel disciplinare la violazione del divieto di abbandono e di deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo, imponendo, al pari dell’omologo articolo 14 del Dlgs 22/1997, l’obbligo di rimozione, avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti abbandonati ed al ripristino dello stato dei luoghi al responsabile del fatto, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, cui tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa (1). Pur riferendosi la norma all’abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte di terzi e non alla successione nella titolarità del sito, in cui l’accumulo dei rifiuti dipende dall’attività del precedente proprietario/produttore, la soluzione di limitare la responsabilità del proprietario per la rimozione dei rifiuti abbandonati da terzi alla sola ipotesi di condotta dolosa o colposa, letta in combinazione con la espressa individuazione del solo produttore quale soggetto destinatario dell’obbligo di smaltimento, conferma che quest’ultimo non è affatto collegato, in via diretta, alla proprietà del fondo. Di conseguenza, il trasferimento del sito non comporta ipso iure anche il trasferimento dell’obbligo di smaltimento al nuovo proprietario e la liberazione del precedente. Si tratta, piuttosto, di “una obbligazione propter rem, in quanto l’obbligo non grava sulla cosa in sè – il complesso aziendale – bensì sul soggetto individuato in relazione all’esercizio di una determinata attività dalla quale deriva la produzione dei rifiuti; ciò comporta che, nel caso di cessione dell’azienda, l’acquirente della medesima è tenuto ad adempiere l’obbligo di smaltire i rifiuti prodotti anteriormente all’acquisto della medesima, che si trovino al suo interno alla data dell’acquisto, tuttavia, trattandosi di un’obbligazione vicaria e solidale, egli può agire nei confronti dell’alienante, allo scopo di ottenerne la condanna al pagamento dei costi sopportati per lo smaltimento dei rifiuti prodotti anteriormente all’acquisto dell’azienda” (2). Tale principio di diritto è stato affermato dalla S.C. in una fattispecie in cui, dopo la cessione di un complesso aziendale, era stata accertata all’interno dello stabilimento la presenza di rifiuti (fanghi di aspirazione dei fumi dal forno fusorio) prodotti e stoccati dal-
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(1) Articolo 192, comma 2, che prosegue: “il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”. Per la ricognizione
delle fattispecie in cui è configurabile la responsabilità per colpa del proprietario del sito per l’abbandono di rifiuti da parte di terzi, sia consentito rinviare a Fimiani, La tutela penale dell’ambiente, Milano, 2011, 224, ed ivi rif. (2) Cass. civ., Sez. I, 11 novembre 2003, n. 16913.
Pertanto, l’acquirente di un complesso industriale non diviene anche proprietario della massa dei rifiuti presenti sul sito aziendale, in mancanza di una espressa pattuizione negoziale che includa i rifiuti nell’ambito dei beni oggetto di vendita e, non essendo stata acquistata la proprietà dei rifiuti, non nasce un obbligo di loro smaltimento a carico dell’acquirente dell’azienda connesso a tale profilo.
Tale trasferimento, peraltro, opera solo nei confronti della pubblica Amministrazione, che, quale terzo abilitato ad esigere l’adempimento dell’obbligo di smaltimento può ordinare all’avente causa la rimozione dei rifiuti (stante appunto il carattere “ambulatorio” dell’obbligo pubblicistico di smaltimento), salva la rivalsa di quest’ultimo nei confronti del produttore dante causa. Di conseguenza, in capo all’acquirente del complesso aziendale, si configura, nei confronti e degli enti pubblici competenti, un obbligo “vicario e solidale” di adempimento, anche in relazione alla produzione di rifiuti precedente il trasferimento, con riferimento alla regula juris di cui al comma terzo dell’articolo 1104 C.c. applicata estensivamente alla stregua di un principio generale in tema di obbligazione ambulatoria propter rem. Ciò non toglie che, proprio in forza del carattere vicario e solidale dell’obbligo di adempimento che grava sull’acquirente in relazione alla prestazione esigibile già in epoca precedente al trasferimento e non adempiuta dall’alienante, le conseguenze dell’inadempimento debbano ricadere pur sempre in capo a quest’ultimo in virtù del carattere personale dell’obbligazione (che grava sul soggetto in quanto esercita l’attività che produce i rifiuti). E, dunque, allorché l’acquirente abbia provveduto allo smaltimento dei rifiuti già prodotti e per i quali l’obbligazione era già sorta e divenuta esigibile, sostituendosi all’alienante nell’adempimento e sopportandone i relativi costi, tornerà applicabile tra le parti la regola dell’arti(3) Questa impostazione si riflette anche sul regime sanzionatorio, atteso che
l’articolo 257 Tu punisce chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sot-
Per quanto attiene alla misura della rivalsa è da ritenere che il nuovo proprietario possa agire per l’intero. L’articolo 1298 C.c. che, di regola, prevede la divisione dell’obbligazione tra i diversi condebitori, fa infatti salva l’ipotesi in cui l’obbligazione sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi e tanto si verifica nella fattispecie, in quanto l’obbligazione originaria sorge per effetto della produzione dei rifiuti (trasferendosi in capo al terzo acquirente esclusivamente l’obbligo pubblicistico di smaltimento nei confronti della Pa) e, quindi, è stata contratta e soddisfatta nell’esclusivo interesse del dante causa produttore dei rifiuti. La qualifica data dalla Corte all’obbligo di smaltimento dei rifiuti ed il profilo “pubblicistico” di tale obbligo, oltre a comportare la sua permanenza in capo al produttore anche in caso di trasferimento della proprietà dell’azienda, salva la responsabilità immediata e diretta nei confronti della Pa (e cioè del soggetto titolare del diritto di veder operato lo smaltimento) dell’acquirente del bene, determina l’irrilevanza nei confronti della Pa delle pattuizioni eventualmente intervenute tra le parti aventi ad oggetto il trasferimento dell’obbligo di smaltimento dal produttore all’avente causa del sito inquinato, le quali riguardano soli i loro rapporti interni venditore - acquirente. Occorre ora esaminare la seconda ipotesi formulata inizialmente e cioè quella dell’accumulo di rifiuti che abbia comportato il superamento dei limiti legali di contaminazione, con conseguente operatività degli obblighi di bonifica. Va ricordato che l’articolo 242 Codice ambientale delinea le seguenti fasi: 1) verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito ed obbligo di comunicazione da parte del responsabile dell’inquinamento (o del soggetto interessato non responsabile così come consentito dall’articolo 245 Codice ambientale); 2) indagine preliminare e mancato superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (Csc); 3) superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (Csc): comunicazioni, piano di caratterizzazione ed analisi del rischio sito specifica (commi 3 e 4); 4) mancato superamento delle concentrazioni soglia di rischio (Csr): fine del procedimento e monitoraggio (commi 5 e 6); 5) superamento delle concentrazioni soglia di rischio (Csr): obbligo degli interventi di bonifica (commi 7 ed 8).
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 207 (06/13)
Ciò in quanto, a carico del produttore dei rifiuti, venditore del complesso aziendale, nasce ex lege, per il solo fatto di aver prodotto il rifiuto, un obbligo pubblicistico di smaltimento che deve qualificarsi come obligatio propter rem, essendo inerente alla posizione soggettiva di titolare dell’attività produttiva dalla quale scaturiscono i rifiuti e che, pertanto, ha natura “ambulatoria”, in quanto segue le vicende traslative dell’azienda e dei beni inerenti all’attività stessa. In altre parole tale obbligazione sorge ex lege in capo al produttore nel momento in cui si produce il rifiuto e si trasferisce in capo al soggetto che succede nella proprietà del bene (complesso aziendale) da cui sono derivati i rifiuti.
colo 1298 C.c., secondo cui “nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente”.
L’intervento Obblighi di smaltimento e bonifica
la precedente gestione. L’acquirente, dopo aver sostenuto i costi di smaltimento, aveva chiesto la restituzione delle spese sostenute al dante causa produttore dei rifiuti. La soluzione della Corte, secondo cui il venditore, quale produttore dei rifiuti, è obbligato a tenere indenne l’acquirente da qualsiasi spesa, danno o pregiudizio derivante dall’omesso smaltimento dei rifiuti, parte dalla considerazione che il rifiuto presente all’interno dello stabilimento e derivante dalla pregressa attività produttiva non fa parte del bene compravenduto (e cioè del complesso dei beni produttivi costituenti il complesso aziendale), in quanto trattasi, da un lato, di bene dotato di una propria individualità economico-giuridica (chiaramente desumibile dall’essere i rifiuti oggetto di specifica disciplina) e, dall’altro, di oggetti estranei ai beni produttivi costituenti il complesso aziendale oggetto del contratto stipulato tra le parti.
Rispetto all’articolo 17 del Dlgs 22/1997, sono cambiati i presupposti per la doverosità della bonifica, in quanto la stessa non è più collegata alla sussistenza del pericolo concreto ed attuale di contaminazione. Con il sistema introdotto nel 2006, il pericolo viene in evidenza nel senso che, se si verifica un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 304, comma 2 (3). tosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento
delle concentrazioni soglia di rischio, se non provvede alla comunicazione di cui
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Premessa
Attraverso l’emanazione del Dm 21 gennaio 2013 (pubblicato sulla Gu n. 61 del 13 marzo 2013) è stata recepita la direttiva 2012/45/ Ue della Commissione del 3 dicembre 2012 che adegua per la seconda volta al progresso tecnico e scientifico gli allegati alla direttiva 2008/68/Ce, relativa al trasporto di merci pericolose rendendo così l’edizione 2013 dell’Accordo ADR applicabile, in campo nazionale, a partire dal 1° luglio 2013.
L’intervento
ADR: le novità in vigore dal 1° luglio 2013 RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 207 (06/13)
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di Roberto Montali Chimico
Scopo di questo intervento è riassumere le principali novità introdotte e ritenute di maggior interesse per i rifiuti più comunemente trasportati, tralasciando quindi le novità relative ai rifiuti esplosivi e a quelli radioattivi o ai rifiuti allo stato di gas. Stante le dimensioni dell’articolo, la trattazione è stato suddivisa in due parti: la prima illustra le novità delle parti da 1 a 3 dell’ADR 2013 la seconda tratterà le novità relative alle parti da 4 a 9 e sarà pubblicata sul prossimo numero della Rivista. Premettendo che le figure dei Consulenti per la sicurezza dei trasporti di merci pericolose (Dgsa) sono giocoforza coinvolti praticamente in tutto il testo dell’ADR, allo scopo di riassumere in breve ed in maniera puntuale le novità 2013 di interesse per il trasporto dei rifiuti soggetti all’ADR, vengono di seguito ricordate in sintesi le parti in cui questo è suddiviso assieme ad una descrizione degli operatori potenzialmente coinvolti o direttamente interessati. (si veda Tabella 1) Viene inoltre fornita a scopo informativo una descrizione sommaria delle definizioni, ai sensi dell’ADR, delle figure ritenute maggiormente coinvolte nelle fasi più comuni del trasporto dei rifiuti (trasporto, carico, scarico, riempimento). Di tali definizioni vengono illustrate, in linea con quanto detto sopra, solo le parti a cui si ritiene sia interessata la maggior parte di coloro che operano nel trasporto dei rifiuti rimandando, per le definizioni complete, al testo dell’ADR.
Le definizioni
Rifiuti: materie, soluzioni, miscele o oggetti che non possono essere utilizzati come tali, ma che vengono trasportati per essere ritrattati, smaltiti in una discarica o eliminati per incenerimento o con un altro metodo. Trasporto: il cambiamento di luogo dei rifiuti pericolosi, comprese le eventuali soste che si rendano necessarie in virtù delle condizioni di trasporto nonché la permanenza dei rifiuti pericolosi nei veicoli, (omissis) causata dalle condizioni del traffico prima, durante e dopo il cambiamento di luogo. Tale definizione comprende altresì la sosta temporanea intermedia dei rifiuti in vista del mutamento del modo o del mezzo di trasporto (trasbordo) purché i documenti di trasporto, dai quali risultino luogo di spedizione e di ricezione, siano presentati su richiesta e purché i colli (omissis) non vengano mai aperti durante dette soste a meno di operazioni di controllo effettuate dalle autorità competenti. Speditore: l’impresa che spedisce merci pericolose per conto proprio o per conto terzi. Se il trasporto è eseguito in base ad un contratto di trasporto, è identificato come speditore lo speditore secondo detto contratto. Trasportatore: l’impresa che effettui un trasporto (come di seguito definito) attraverso o anche senza un contratto di trasporto. Caricatore: l’impresa che: carica rifiuti pericolosi imballati, carica piccoli container o (omissis) in o su un veicolo (omissis); o carica un container, un container per il trasporto alla rinfusa, (omissis). Riempitore: l’impresa che riempie con merci pericolose una cisterna (omissis) un container-cisterna o (omissis) o un veicolo, un grande o piccolo container per il trasporto alla rinfusa.
Parte Adr N°
Operatori coinvolti
1. Disposizioni generali (Definizioni, esenzioni, eccetera)
Tutti
2. Classificazione delle materie
Speditore
3. Elenco delle materie pericolose; disposizioni speciali, esenzioni
Tutti
4. Utilizzo imballaggi e cisterne
Speditore; trasportatore; imballatore; riempitore; gestore di cisterne
5. Procedure di spedizione
Speditore; trasportatore; caricatore; imballatore; riempitore; gestore di cisterne
6. Prescrizioni per la costruzione e le prove di imballaggi, contenitori in‑ termedi (ibc), cisterne e container cisterna per trasporto alla rinfusa
Costruttore ed autorità competenti per le verifiche e le omologazioni
7. Condizioni per il trasporto, il carico/scarico e la movimentazione
Speditore; caricatore; scaricatore; riempitore
8. Prescrizioni relative all’equipaggio, all’equipaggiamento di trasporto e al trasporto
Trasportatore
9. Prescrizioni relative alla costruzione e approvazione dei veicoli
Costruttore
Le novità
Di seguito vengono riassunte le principali novità introdotte dall’ADR 2013 di maggior interesse per i rifiuti, tralasciando quelle relative agli esplosivi e alle materie radioattive o ai gas non essendo queste a nostro modesto avviso di interesse per il trasporto della maggior parte dei comuni rifiuti. Parte 1 – Disposizioni generali È stato ampliato il campo del regime di esenzione parziale contemplato che, nello specifico, prevede ora nove casi indicati nelle sottosezioni da 1.1.3.1 a 1.1.3.9. È stata in particolare modificata la tabella 1.1.3.6.3 relativa al regime di esenzione parziale per unità di trasporto, essenzialmente in relazione alla introduzione delle nuove rubriche relative ai “prodotti chimici sotto pressione della classe 2”. Sono state semplificate le condizioni alle quali possono essere utilizzate le cisterne mobili approvate per i trasporti marittimi prevedendo che queste possano continuare ad essere utilizzate fino al 31 dicembre 2013 a condizione che rispettino le disposizioni in materia di prove e controlli periodici previsti dal Codice Imo (emendamento 35/10) e le disposizioni di cui alle istruzioni delle colonne (10) e (11) della tabella A del capitolo 3.2 e di cui alle istruzioni del capitolo 4.2 dell’ADR. È stata introdotta una nuova sezione 1.1.5 che prevede espressamente che “Quando è richiesta l’applicazione di una norma e vi è un qualsiasi tipo di conflitto tra questa e le disposizioni dell’ADR, queste ultime prevalgono”. In tal modo sembrerebbe essere avallato, anche per il trasporto di materie pericolose, il pensiero espresso nella storica sentenza n. 1368 del 14 ottobre 2004, depositata il 5 novembre 2004 dal Tribunale di Ravenna (disponibile su reteambiente.it, Osservatorio di normativa ambientale), in materia
di sicurezza durante il trasporto di merci pericolose, e relativa al caso di un incidente avvenuto durante la fase di carico di una cisterna e con la quale fu condannato penalmente lo speditore/caricatore per lesioni aggravate colpose in danno di un addetto che non aveva ricevuto la debita formazione (espressamente prevista dall’ADR) e che si era infortunato gravemente durante la fase di carico. Sanzione penale venne applicata anche al datore di lavoro e al Rspp dell’azienda in cui era avvenuto l’infortunio sul lavoro, nonché al datore di lavoro dell’azienda a cui erano state date in appalto le operazioni di carico e trasporto. In particolare fu affermato che le norme sull’ADR e sul “Consulente-Dgsa” devono essere considerate come “norme speciali” complementari alle disposizioni generali vigenti in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro (Dlgs 81/2008). A tale sentenza ne erano peraltro seguite altre simili, tra le quali: • sentenza 330/2006 del 14 luglio 2006 depositata presso il Tribunale di Gallarate con la quale venne condannato lo speditore al risarcimento dei danni arrecati alle parti coinvolte per aver spedito una soluzione di acido peracetico, sottoposta al regime ADR, come merce non pericolosa e, durante la fase di consegna, la rottura dell’imballaggio non conforme aveva provocato danni a terzi; • sentenza del 5 maggio 2005 con cui il Tribunale di Roma ha condannato alla ammenda di 2.000 euro l’imputato giudicato colpevole dei reati previsti e puniti dagli articoli 21, 22 e 89 Dlgs 626/1994 (oggi Dlgs 81/2008) in quanto: “quale Amministratore unico della (omissis) S.p.a – aveva omesso di informare adeguatamente il lavoratore, dipendente ADR, sui rischi per la sicurezza e la salute, e di fornire al medesimo una adeguata formazione in materia di sicurezza e igiene del lavoro, relativamente alle sue mansioni e al suo posto di lavoro, in particolare sull’uso delle scale”; In merito agli obblighi dello speditore è stato sottolineato che questi deve fornire al trasportatore informazioni e dati in una maniera tracciabile, e, se necessario, i ddt e i documenti di accompagnamento richiesti con particolare riguardo alle disposizioni del capitolo 5.4 e delle tabelle della parte 3. In merito agli obblighi del Dgsa nella sottosezione 1.8.5.1 viene specificato che la trasmissione all’autorità competente della “Re-
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 207 (06/13)
Scaricatore: l’impresa che toglie un container, o un container per trasporto alla rinfusa, (omissis) un container-cisterna o una cisterna mobile da un veicolo, o scarica merci pericolose imballate, piccoli container o cisterne mobili da un veicolo o da un container, o scarica merci pericolose da (omissis) o da un veicolo, da un grande container o da un piccolo container per il trasporto alla rinfusa o da un container per il trasporto alla rinfusa.
L’intervento ADR 2013
Tabella 1: parti in cui è suddiviso l’ADR e descrizione degli operatori coinvolti
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Corte di Cassazione – Sezione III penale Sentenza 26 febbraio 2013, n. 9214
La massima
Giurisprudenza
Omessa bonifica: è reato solo se il progetto c’è RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 207 (06/13)
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Pres. Lombardi Est. Graziosi
Bonifica di sito contaminato – Reato di omessa bonifica – Presupposti – Estinzione del reato – Requisiti Il reato di omessa bonifica previsto dall’articolo 257, Dlgs 152/2006 può configurarsi solo quando il soggetto responsabi‑ le dell’inquinamento inizia la bonifica dei luoghi sulla base di un progetto approvato dall’autorità competente. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui vi sia stato il superamento della soglia di rischio (e quindi sia necessario bonificare) e sia stato approvato un progetto di bonifica, il reato sussiste e con‑ tinua a sussistere, trattandosi di reato permanente, fintantochè la bonifica non sia portata a compimento. Se invece il progetto di bonifica non è stato approvato dall’autorità competente, il re‑ ato non è configurabile. In Italia circa il 3% del territorio nazionale è contaminato e in at‑ tesa di bonifica e secondo la Relazione della Commissione parla‑ mentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei ri‑ fiuti si ha un sostanziale congelamento di ampie porzioni del ter‑ ritorio sottratte così da anni allo sfruttamento economico e/o in‑ dustriale (L.B.).
Repubblica italiana In nome del Popolo italiano La Corte Suprema di Cassazione Terza Sezione penale Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: (omissis) ha pronunciato la seguente
Sentenza (omissis)
Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 27 aprile 2012 il Tribunale di Napoli respingeva l’istanza di riesame presentata nell’interesse di (omissis) avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal gip collegiale presso il Tribunale di Napoli in data 26 marzo 2012 in procedimento relativo al reato di cui all’articolo 257, comma terzo, Dlgs 152/2006. L’unico motivo prospetta in primo luogo violazione di legge dell’articolo 321 C.p.p. in relazione all’articolo 257, terzo comma, Dlgs 152/2006 quanto alla sussistenza del fumus commissi delicti; in secondo luogo denuncia violazione dell’articolo 125 C.p.p. in quanto la motivazione è apparente, anche per non aver risposto alle puntuali os-
servazioni difensive sulla configurabilità del reato di omessa bonifica che rappresenta il presupposto di ammissibilità del sequestro. Il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus del reato, la cui contestazione si inserisce in indagini sull’attività di (omissis) Srl, da cui era risultato (a seguito di sopralluoghi negli anni 2005 e 2006) che sul terreno su cui insisteva l’azienda erano stati sversati rifiuti di varie categorie, comunque qualificabili rifiuti pericolosi, mentre la Srl aveva autorizzazione per l’attività di recupero e trattamento di rifiuti non pericolosi. Dopo vari accertamenti esposti nella consulenza dell’ingegner (omissis) osservava il Tribunale, la provincia di Avellino aveva revocato l’autorizzazione all’opificio industriale che fu quindi spostato in altra località, lasciando sul posto solo la sede legale della società. Dal rapporto di prova n. 1812 del 16 ottobre 2006 della Arpac risultavano superare la soglia di contaminazione i parametri di berillio e stagno; un ulteriore rapporto della dottoressa (omissis) del gennaio 2007 segnalava il superamento della soglia di contaminazione per il cadmio e lo stagno. Non risultando ancora effettuate le operazioni di bonifica, il Tribunale ha pertanto riconosciuto il fumus
il commento In assenza del progetto di bonifica approvato ex articolo 242 non è configurabile il reato di omessa bonifica di Fabio Anile Avvocato in Roma
Link di approfondimento Formazione di Reteambiente sui rifiuti “Bonifiche e danno ambientale: dalla gestione delle acque di falda ai punti vendita carburante. Il punto tecnico-giuridico sullo stato dell’arte”. Milano, lunedì 10 giugno 2013
vincia, Regione o Arpac abbiano mai diffidato la (omissis) a effettuare nuovi accertamenti, per cui non è imputabile alcuna omessa bonifica, poiché l’onere di attivazione si collega a un dovere conoscibile in forza del combinato disposto degli articoli 257 e 242 del Dlgs 152/2006: ne deriva la mancanza del fumus del reato di omessa bonifica, perché questo, per consumarsi, non può prescindere dall’adozione di un progetto di bonifica ex articolo 242 recante il cosiddetto piano di caratterizzazione e in assenza di un progetto definitivamente approvato il reato non si configura, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass., sez.III, 6 ottobre 2010 n. 35774 e Cass., sez. III, 9 giugno 2010 n. 22006).
Considerato in diritto 3. Il ricorso è parzialmente fondato. L’ampia illustrazione del motivo sopra svolta evidenzia come nella massima parte sia costituito di elementi fattuali, la cui cognizione diretta in questa sede è inammissibile, potendosi censurare esclusivamente la relativa costruzione motivazionale. Risulta invece questione di diritto il rilievo sulla mancanza di un progetto di bonifica, poiché effettivamente la giurisprudenza ha affermato che il reato di cui all’articolo 257 Dlgs 152/2006 si estingue operando il soggetto che ha causato l’inquinamento la bonifica secondo le disposizioni del progetto approvato dall’autorità competente ai sensi degli articoli 242 ss. dello stesso decreto (Cass. sez. III, 13 aprile 2010 n. 22006; la bonifica effettuata secondo ta-
Il caso Oltre al superamento delle concentrazioni soglia di rischio (Csr) occorre l’adozione di un progetto di bonifica, approvato ex articolo 242, ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 257 Dlgs 152/2006. Lo ha stabilito la III Sezione penale della Corte di Cassazione nella recente sentenza del 26 febbraio 2013 (Ud 19 dic. 2012) n. 9214, aderendo a quella giurisprudenza maggioritaria secondo la quale il reato di cui all’articolo 257 non punisce l’inquinamento in sé, ma la mancata bonifica, da eseguirsi in conformità al progetto approvato ex articolo 242, Dlgs 152/2006. Nel caso di specie, l’Autorità giudiziaria procedeva per il reato di omessa bonifica, di cui all’articolo 257, comma 3 Dlgs 152/2006, di un sito sottoposto a sequestro preventivo, che, per alcuni parametri, presentava valori superiori alle Csc.
le progetto è pertanto condizione di non punibilità dei reato: Cass. sez. III, 16 marzo 2011 n. 18502) per cui a contrario, affinché il reato sussista occorre, oltre al superamento della soglia di rischio, l’adozione del suddetto progetto di bonifica (Cass. sez. III, 29 gennaio 2009 n. 9492). Nel caso di specie, il ricorrente adduce che il progetto di bonifica non è stato approvato dall’autorità competente; e l’ordinanza, affermando solo che il reato “ha natura permanente e si consuma con l’effettuazione della bonifica” e non menzionando l’approvazione di alcun progetto di bonifica, prescinde dal combinato disposto degli articoli 257 e 242 ss. Dlgs 152/2006, e cioè dalla necessità che la bonifica incidente sulla fattispecie criminosa non sia effettuata con modalità scelte autonomamente da chi ha inquinato, bensì eseguendo uno specifico progetto stabilito dall’autorità. Da ciò consegue che l’ordinanza deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Napoli in diversa composizione, affinché sia considerato l’aspetto pretermesso della fattispecie criminosa, cioè l’accertamento della sussistenza o meno del processo di bonifica approvato dall’autorità competente.
P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli. Così deciso in Roma il 19 dicembre 2012 Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2013
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 207 (06/13)
quaii non è emersa la necessità di alcuna bonifica. Comunque, a prescindere dalla affidabilità dell’uno piuttosto che dell’altro accertamento, il ricorrente non ha mai avuto l’onere di provvedere alla bonifica, non avendo alcun obbligo di attivazione ulteriore, dopo le indagini commissionate alla suddetta società (omissis). Inoltre la difesa aveva segnalato che nella richiesta di misura si esponeva che, dopo alcuni sopralluoghi del 2005 e del 2006 evidenzianti la presenza di rifiuti non correttamente gestiti, il Comune aveva emanato una ordinanza sindacale con cui obbligava (omissis) Srl a svolgere indagini preliminari ed eventuali analisi di rischio, a seguito delle quali la Srl aveva inviato la relazione dei propri tecnici della (omissis) che concludeva per la non necessità di ulteriori accertamenti per il mancato superamento dei limiti tabellari; il Comune aveva chiesto all’Arpac di valutare ciò ma questa aveva fornito due diverse valutazioni: nella prima si confermava l’analisi del tecnico di parte, nella seconda del gennaio 2007 invece si riteneva che i valori riscontrati superavano le soglie di contaminazione. Dunque il consulente del Pm e quindi il Pm nella richiesta di misura cautelare si esprimevano nel senso che “non vi è contezza del reale livello di contaminazione”, per cui sarebbero stati necessari approfondimenti degli organi preposti. Invece il Tribunale nel provvedimento impugnato aderisce acriticamente alla tesi della sussistenza di inquinamento del sito. Non risulta poi che Comune, Pro-
Giurisprudenza Corte di Cassazione – Sentenza 26 febbraio 2013, n. 9214
del reato che ha natura permanente e si consuma con la effettuazione della bonifica; il periculum in mora deriva dal protrarsi evidente delle conseguenze del reato, tanto più che l’area è caratterizzata dal vincolo idrogeologico e dal vincolo paesaggisticoambientale. Inoltre l’area è suscettibile di confisca, giacché in essa in vari anni sono stati smaltiti rifiuti anche pericolosi, sotterrandoli, e così gestendo una discarica abusiva ex articolo 256, terzo comma, Dlgs 152/2006. 2. Contro l’ordinanza il difensore di (omissis) ha presentato ricorso. L’unico motivo prospetta in primo luogo violazione di legge dell’articolo 321 C.p.p. in relazione all’articolo 257, terzo comma, Dlgs 152/2006 quanto alla sussistenza del fumus commissi delicti; in secondo luogo denuncia violazione dell’articolo 125 C.p.p. in quanto la motivazione è apparente, anche per non aver risposto alle puntuali osservazioni difensive sulla configurabilità del reato di omessa bonifica che rappresenta il presupposto di ammissibilità del sequestro. La difesa in particolare aveva evidenziato che lo stesso giudice collegiale della misura aveva rilevato la mancata attivazione delle autorità competenti alla verifica, segnalando così come i l titolari della Srl non avevano concreto interesse a sostenere i costosissimi oneri economici di una bonifica; nonostante ciò aveva ritenuto che avessero un onere di attivazione per la bonifica. A seguito di sollecitazione degli organi preposti la Srl aveva conferito l’incarico alla società (omissis) di svolgere accertamenti sull’inquinamento del suolo, dei
A seguito del rigetto dell’istanza di riesame del provvedimento di sequestro, l’indagato ricorreva in Cassazione contestando la motivazione del Tribunale del Riesame sotto diversi aspetti ed, in particolare, in relazione alla configurabilità del fumus del reato di omessa bonifica, atteso che nel caso concreto non era mai stato approvato alcun progetto di bonifica del sito. Rilevando come il reato di omessa bonifica non possa prescindere dall’adozione del relativo progetto approvato dalle autorità competenti, la Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza adottata dal Tribunale del Riesame. L’omessa bonifica quale condizione obiettiva di punibilità Come anticipato, con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione ha ribadito la tesi so-
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