RIFIUTI
novembre 2011 mensile
n. 189 (11/11) Euro 14,00
Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano
bollettino di informazione normativa L’intervento “One to one” Raee professionali: i dubbi sulla tracciabilità fra Sistri, carta e procedure semplificate
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di Valerio Angelelli
Ripristino ambientale: responsabilità, obblighi ed ordinanza sindacale di sgombero
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di Luisa Capicotto
Rottami ferrosi e regolamento (Ue) 333/2011: la disapplicazione normativa non va confusa con quella amministrativa
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di Paola Ficco
Ecoreati e “231”: elementi di similitudine tra Iso 14001 e il modello organizzativo esimente
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di Andrea Sillani
Servizi pubblici locali: si torna al pre‑referendum (a parte l’acqua)
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di Gabriele Taddia
Legislazione norme nazionali Sanzioni amministrative ambientali: ora l’opposizione all’ordinanza‑ingiunzione segue il rito processuale del lavoro
Decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 il commento di Leonardo Filippucci
Intermediari senza detenzione: i nuovi importi sulle fideiussioni sono scattati dal 22 settembre 2011
Decreto 20 giugno 2011
il commento di Alessandro Geremei
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Giurisprudenza End of waste: in attesa dei decreti, il valore economico non è più richiesto
Corte di Cassazione, III Sezione penale – Sentenza 17 giugno 2011, n. 24427
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Corte di Cassazione, III Sezione penale – Sentenza 23 settembre 2011, n. 34608
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il commento di Pasquale Fimiani Reflui sversati da automezzi: sono rifiuti allo stato liquido e non acque di scarico
Prassi I chiarimenti del Comitato nazionale sulla Categoria 8
Albo nazionale gestori ambientali – Circolare 30 settembre 2011, n. 1151
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Rubriche Quesiti a cura di Paola Ficco e Leonardo Filippucci Pneumatici fuori uso a cura di Giovanni Corbetta Focus 231 Ambiente a cura di Pasquale Fimiani Osservatorio Raee a cura di Maria Letizia Nepi “Focus” giurisprudenza a cura di Maurizio De Paolis
Edizioni Ambiente
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M entre
il Paese “annaspa” e si arriva addi‑ rittura a mettere in discussione la libertà di manifestare in pubblico, il Ministero dell’ambiente viene privato di ogni ri‑ sorsa ed è praticamente azzerato (−90% di risorse in quat‑ tro anni). Se ancora si parlasse latino, si direbbe “homo si‑ ne pecunia imago mortis”. Parafrasando sui recenti disa‑ stri di Roma, potremmo sostituire la “pecunia” con la “li‑ bertas”; risultato: la povertà autentica, quella che viene dal‑ la mancanza di diritti. Il terribile “sacco di Roma” del 15 ottobre rischia di rie‑ sumare leggi speciali (come la Reale), facendo leva sulla emotività del primo momento, che impedisce di essere ra‑ zionali e di usare, con sicura efficacia, le forme di azione e reazione “ordinarie”. Per farlo, però, bisogna essere lucidi, freddi e distaccati. Ma soprattutto bisogna essere forti, auto‑ revoli e non autoritari. Due termini che spesso si confondo‑ no e i “sudditi” ne smarriscono il significato. Ma l’autorita‑ rismo è solo la via di fuga che copre le inefficienze. Mostra‑ re i pugni non serve, occorre ascoltare, capire, organizza‑ re ed essere capaci di sopportare le critiche. Il “ciclo di De‑ ming” è un modello creato per il miglioramento continuo della qualità nel lungo periodo: pianifica, esegui, controlla, agisci. Il segreto del trionfo della industria giapponese negli anni ’50 e il fondamento dei sistemi di qualità Iso dovrebbe essere applicato a tutto. E, invece, non è così. Mai. Non è stato così neanche con il Sistri che, invece e nono‑ stante la sua importanza, appare impantanato nella ricerca dei criteri di “criticità ambientale”, l’imbarazzante parame‑ tro voluto dalla legge 148/2011 (manovra economica) per alleggerire il carico dei produttori di rifiuti pericolosi. Certamente registri e formulari non hanno impedito ai si‑ stemi malavitosi di prosperare con i rifiuti. Ma non ce la fa‑ rà neanche il Sistri. Non per portargli sfortuna, per carità. Ma solo perché l’unico strumento contro la criminalità (più o meno) organizzata (e non solo in materia di rifiuti) non
passa per l’autoritarismo di un sistema rabberciato, ma at‑ traverso il rispetto e la considerazione della fatica, del lavo‑ ro e dell’intelligenza delle persone comuni. Passa attraverso le opportunità che un sistema maturo deve offrire e non la furberia consacrata sulla Gazzetta ufficiale. Passa attraver‑ so l’onestà quotidiana di chi impartisce gli ordini e di chi li esegue. Nel mondo dei rifiuti passa dai carichi non confor‑ mi (finalmente) respinti, dal non accettare più scorciato‑ ie e furberie, dalle analisi vere, dal farsi carico del peso del‑ le proprie responsabilità, dall’indignarsi se qualcuno propo‑ ne “affari”. Una nuova “etica”, un nuovo patto, un nuovo corso che deve investire anche la gestione dei rifiuti. È questa l’unica strada che può stroncare la criminalità, a prescindere dal piccolo risparmio (salvo poi ripagarlo con interessi altissimi sul tes‑ suto sociale), miope e contingente, che si può realizzare af‑ fidando i propri rifiuti a chi non può prenderli. È necessario tornare ad essere “felici” (come dicono gli Indignados spa‑ gnoli). Felicità è una parola grossa, basterebbe “sereni” per poter lavorare, pianificare, investire. In una parola, crescere. Sono le persone che muovono il mondo e le persone vanno ascoltate, senza agitare il marchio statale o cadere in furori collaudati e mossi ad arte. Il gioco è stato scoperto e non fa più impressione. Mai come ora c’è bisogno di futuro. Paola Ficco
L’intervento
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“One to one” Raee professionali: i dubbi sulla tracciabilità fra Sistri, carta e procedure semplificate di Valerio Angelelli Esperto in sviluppo e monitoraggio della normativa ambientale ed energetica. Past Presidente del Comitato di Vigilanza e Controllo Raee
Con il presente contributo si intende fornire illustrazione di quanto previsto dalla vigente normativa in merito alla gestione dei Raee professionali. L’intento nasce dall’esigenza da più par‑ ti segnalata di dare indicazioni tramite una lettura coordinata dell’attuale disposto normativo che, in materia di rifiuti in gene‑ rale (Sistri) e di Raee in particolare (Dm 65/2010), ha visto con‑ tinue proroghe e importanti modifiche normative che si sono succedute in tempi rapidi arrivando in alcuni casi a sovrapporsi, in altri casi a confondersi, e di certo a confondere i diversi opera‑ tori del settore che sono costretti ad operare secondo regole spesso confuse e troppo spesso non dialoganti tra loro. Per quanto riguarda i Raee professionali il cumularsi delle diver‑ se previsioni normative ha determinato una insicurezza del setto‑ re in merito alle modalità operative da seguire per una loro cor‑ retta gestione. Per fornire adeguate indicazioni si deve partire dall’analisi dell’attuale impianto normativo per arrivare poi a fornire una let‑ tura coordinata e, il più possibile, comprensibile, partendo dalla considerazione evidente (quasi banale) ma necessaria, che i Ra‑ ee professionali sono a tutti gli effetti rifiuti speciali; da ciò deri‑ va un legittimo dubbio interpretativo che si è affacciato nei pen‑ sieri di numerosi operatori di settore, anche dei più esperti, e che si esprime di seguito. I soggetti che devono gestire i Raee professionali, sia che questi siano distributori (su incarico formale dei produttori) o terzi che agiscono in loro nome oppure siano installatori e Centri di assistenza tecnici, dovranno operare in base alla nuova normativa sulla tracciabilità dei rifiuti speciali, il Sistri (quando – e se – sarà in vigore), o il regime semplificato previsto dal Dm 65/2010 è da considerare come “sostitutivo” anche degli obblighi previsti dal Sistri? Come detto il dubbio deriva dall’assenza di “dialogo” tra le due normative di settore: infatti il Sistri, ancora oggi in fase di perfe‑ zionamento, non sembra aver tenuto conto di quanto previsto nella Sezione II del Dm 65/2010 dedicata proprio ai Raee professionali. Questo quesito non ha ad oggi avuto alcuna risposta ufficiale dal Ministero dell’ambiente che, seppur fortemente concentrato sulla prossima entrata in vigore del Sistri, non ha ritenuto di dover for‑ nire al riguardo, anche tramite una semplice circolare, le neces‑ sarie indicazioni. In modo indiretto l’unica forma di risposta per chi segue il com‑ plesso iter normativo sui rifiuti sono le modifiche apportate al Codice ambientale dal Dlgs 205/2010, le quali, dimostrando im‑ plicitamente la reale difficoltà interpretativa, riconosciuta anche dal Governo, forniscono, con il nuovo articolo 188‑ter, comma 5, indicazioni di un percorso per disciplinare tale situazione stabi‑ lendo che “Con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Mini‑ stro delle infrastrutture e dei trasporti, può essere esteso l’ob‑ bligo di iscrizione al sistema di controllo della tracciabili‑ tà dei rifiuti (Sistri) di cui all’articolo 188‑bis, comma 2, let‑ tera a), alle categorie di soggetti di cui al comma 2 ai pro‑ duttori di rifiuti speciali pericolosi che non sono inquadra‑ ti in un’organizzazione di ente o di impresa, nonché ai sog‑ getti di cui al decreto previsto dall’articolo 6, comma 1‑bis, del decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, recante modali‑ tà semplificate di gestione dei rifiuti di apparecchiature elet‑ triche ed elettroniche (Raee) da Parte dei distributori e degli installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee), nonché dei gestori dei centri di assistenza tecnica di tali ap‑ parecchiature.”.
Definizione Rifiuti speciali
Definizione Raee professionali
Dlgs 152/2006, articolo 184 “Classificazione dei rifiuti 1. Ai fini dell’attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e ri‑ fiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiu‑ ti pericolosi e rifiuti non pericolosi. (omissis) 3. Sono rifiuti speciali: a) i rifiuti da attività agricole e agro‑industriali, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2135 C.c.; b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo re‑ stando quanto disposto dall’articolo 184‑bis; c) i rifiuti da lavorazioni industriali, ; d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attività commerciali; f) i rifiuti da attività di servizio; g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri tratta‑ menti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie; (…)
Dlgs 152/2006, articolo 3, comma 1, lettera p): “Raee professionali”: i Raee prodotti dalle attività amministra‑ tive ed economiche, diversi da quelli di cui alla lettera o)” (Ra‑ ee domestici).
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Questo perché, come indicato nel sopra riportato articolo, il Dm 65/2010 disciplina in deroga alle disposizioni della Parte quarta del Codice ambientale, sia che questa preveda il ricorso alla procedure “storiche” (Mud, registro di carico e scarico, Fir) sia che questa individui, pur rinviando a decreti attuativi, nuovi sistemi di gestione quali il Sistri.
Beninteso: resta comunque la possibilità di scelta per cui, qua‑ lora un soggetto, distributore, installatore o Cat, intenda adotta‑ re le procedure ordinarie, e quindi anche il sistema di tracciabi‑ lità elettronico, questi è libero di aderire non sottostando a quan‑ to stabilito Dm 65/2010 e non usufruendo in tal caso dei vantag‑ gi derivanti dal regime semplificato. Da ultimo, una domanda la cui risposta resta nella testa di colo‑ ro che hanno prodotto le disposizioni normative in materia di ri‑ fiuti di questi ultimi anni. Perché una simile situazione? Il Dm 65/2010 era stato predisposto in una prima stesura nel pri‑ mo semestre del 2008 quando il Sistri era solo una previsione nor‑ mativa futura di cui alla legge Finanziaria 2007 (legge 27 dicem‑ bre 2006, n. 296, articolo 1, comma 1116) ancora tutta da svilup‑ pare; nel frattempo sono stati necessari oltre due anni perché il Dm 65/2010 venisse firmato e pubblicato e nessuno ha pensato di doverlo coordinare con l’innovativo ed imminente sistema Sistri. Come detto la risposta va chiesta a chi, avendo assunto ruoli di prestigio all’interno del Ministero, in questi anni ha avuto l’ono‑ re e l’onere di condurre il complicato walzer della normativa sui rifiuti. L’unica supposizione che viene in mente a chi scrive è che non vi sia alcuna volontà o disegno dalle oscure trame ma, ancor peggio, l’incuranza e l’incapacità di chi ha pensato di poter bal‑ lare senza conoscere il ritmo della musica né tantomeno i passi necessari per evitare brutte figure. Sperando di non ricevere una risposta (se mai risposta ci sarà) che ricalchi il famoso proverbio “La ragazza che non sa balla‑ re, dice che l’orchestra non sa suonare”.
L’intervento Raee professionali
In attesa della possibile, ma non certa, pubblicazione del sopra ci‑ tato decreto resta il dubbio di quale sia – o quali siano – le pro‑ cedure corrette. Infatti il Sistri, in attesa del definitivo avvio, non prevede la pos‑ sibilità di compilare le schede indicate dal Dm 65/2010. L’auspi‑ cio è che tale situazione venga sanata e che comunque vengano fornite indicazioni certe al riguardo. Nell’attesa, chi scrive ritiene che, discendendo il Dm 65/2010 dall’articolo 195, comma 2, let‑ tera r), Dlgs 152/2006, il quale prevede “l’individuazione e la disciplina, nel rispetto delle norme comunitarie ed anche in deroga alle disposizioni della parte quarta del presente de‑ creto, di forme di semplificazione degli adempimenti am‑ ministrativi per la raccolta e il trasporto di specifiche tipolo‑ gie di rifiuti destinati al recupero e conferiti direttamente da‑ gli utenti finali dei beni che originano i rifiuti ai produttori, ai distributori, a coloro che svolgono attività di istallazione e manutenzione …”, i distributori (che gestiscono i Raee profes‑ sionali dietro formale incarico dei produttori o i terzi che traspor‑ tano per conto dei distributori), gli installatori e i Cat, che svolgo‑ no attività di raccolta e trasporto esclusivamente dei Raee, anche professionali, non siano obbligati ad aderire al Sistri.
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Premessa
L’intervento
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Ripristino ambientale: responsabilità, obblighi ed ordinanza sindacale di sgombero di Luisa Capicotto Avvocato in Roma
L’articolo 192 del Dlgs 152/2006 vieta l’abbandono e il deposito in‑ controllati di rifiuti sul e nel suolo, nelle acque superficiali e sotter‑ ranee. La disposizione in commento prevede un obbligazione soli‑ dale a carico di chiunque sia responsabile dell’inquinamento per abbandono o deposito illecito e del proprietario dell’area inquina‑ ta e/o del titolare di diritti reali o personali di godimento, che con‑ siste nel dovere‑obbligo di procedere alla rimozione dei rifiuti e all’avvio a recupero o smaltimento degli stessi, ed al ripristino del‑ lo stato dei luoghi. L’obbligo suddetto sorge in capo al proprietario e al titolare dei di‑ ritti reali o personali di godimento ma a condizione che vi sia una corresponsabilità a titolo di dolo o colpa con gli autori dell’illecito. Il testo normativo citato ha avuto interpretazioni di segno opposto; tuttavia, la giurisprudenza amministrativa consolidatasi nell’ulti‑ mo triennio ha specificato la natura della responsabilità del pro‑ prietario dell’area o meglio della corresponsabilità con il sogget‑ to che ha cagionato l’inquinamento, inquadrandola come respon‑ sabilità soggettiva (extracontrattuale), fondata sulla imputabili‑ tà soggettiva della condotta dolosa o colposa sulla base di una ade‑ guata e completa istruttoria effettuata dai soggetti preposti al con‑ trollo, in contraddittorio con i soggetti interessati e corredata di una esauriente motivazione. Al fine di garantire e assicurare il ripristino ambientale, la norma in commento (al comma 3) prevede che in caso di inadempienza, il Sindaco è obbligato a provvedere con un’ordinanza di sgombero che intimi ed ingiunga ai soggetti obbligati di compiere le operazio‑ ni necessarie al ripristino ambientale entro un preciso termine, de‑ corso il quale il Sindaco procederà all’esecuzione in danno dei sog‑ getti obbligati ed al conseguente recupero delle somme anticipate.
Analisi della norma:responsabilità, adempimenti e obbligo di provvedere delle parti e del Sindaco
Il Legislatore già nell’articolo 14 del Dlgs 22/1997 aveva disciplina‑ to la fattispecie che è stata poi ripresa dall’articolo 192 commi 1, 2, e 3 del Dlgs 152/2006 laddove non sussistono dubbi interpretati‑ vi circa l’assunto che l’illecito consistente nell’inosservanza dell’or‑ dine sindacale richiede la necessaria coincidenza soggettiva tra ob‑ bligato al ripristino ed autore dell’illecito abbandono dei rifiuti. Più controversa è la norma nella parte in cui richiede la condotta dolosa o colposa del proprietario e/o del titolare dei diritti reali di godimento sull’area inquinata, e rinvia nel proseguio ad un obbli‑ go solidale del proprietario, rinvio che per alcuni versi ha lasciato margini ad una interpretazione estensiva della responsabilità del proprietario come forma di responsabilità per fatto altrui. L’ordinanza sindacale di sgombero è stata configurata come ordi‑ nanza ripristinatoria in quanto provvedimento volto a rimuovere uno stato di pericolo dovuto alla presenza su un’area di rifiuti e so‑ stanze inquinanti (1). Questa lettura ha portato a ritenere destinatari dell’ordinanza i soggetti che si trovavano nella disponibilità giuridica del bene in‑ quinato con la conseguenza che l’ordinanza poteva essere emes‑ sa nei confronti del proprietario in quanto tale, indipendentemen‑ te dalla sua colpevolezza. La disposizione contenuta nel Dlgs 22/1997 e ripresa nel Dlgs 152/2006, richiedendo espressamente l’imputabilità del fatto a titolo di dolo o colpa, non dà adito ad una interpretazione co‑ me quella appena menzionata, e si deve dedurre che il proprie‑ tario dell’area sarà destinatario dell’ordinanza sindacale e quindi (1) V. Paone “Ordine di rimozione e di rifiuti abbandonati da terzi e re‑ sponsabilità penale del proprieta‑
rio dell’area” in Ambiente e Sviluppo 10/2008 p. 891.
L’ordinanza sindacale ha dunque natura meramente sanzionato‑ ria; ne consegue che è illegittimo un ordine di rimozione dei ri‑ fiuti rivolto al proprietario in quanto tale, in assenza di adegua‑ ta istruttoria e idonea motivazione circa l’imputabilità soggettiva di una condotta attiva od omissiva che abbia concorso, o anche solo agevolato, la violazione del divieto di abbandono dei rifiuti o di im‑ missione nelle acque.
Aggiunge la giurisprudenza che si tratta di sanzione amministrativa di tipo reintegratorio che può essere adottata anche se non sussiste urgente necessità di provvedere con immediatezza, che deve essere rivolta al soggetto responsabile ovvero a chiunque violi i divieti di abbandono e deposito incontrollato dei rifiuti sul suolo in solido con i proprietari e/o titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa (3).
Responsabilità del proprietario e del titolare di diritti reali di godimento
Sorge a questo punto il quesito: quali sono le condizioni per poter configurare una responsabilità concorsuale del proprietario e/o del titolare di diritti reali o personali di godimento? Se l’area risulta inquinata dalla condotta di terzi occorre dimostra‑ re a carico del proprietario o del titolare di diritti reali o personali che questi abbia posto un comportamento materiale causativo del‑ la commissione del fatto e abbia avuto un atteggiamento antidove‑ roso (i.e. in violazione di un dovere specifico imposto da una nor‑ ma) a titolo doloso o colposo. Non sarà sufficiente la violazione di una mera posizione di garan‑ zia. Non manca, tuttavia, un orientamento giurisprudenziale, che appare superato dalle recenti pronunce amministrative, che inve‑ ce fa sorgere la responsabilità del proprietario dalla mera inerzia, (2) Tar Campania, Napoli, Sezione V, 14 luglio 2011, n. 3835. (3) Tar Campania, Napoli, Sezione V, 14 luglio 2011, n. 3835; ex multis, Tar
Calabria, Catanzaro, Sezione I, 20 ot‑ tobre 2009, n.1118; Cons. Stato, Sezio‑ ne V, 19 marzo 2009, n. 1612; Tar Sar‑ degna, 18 maggio 2007, n.975; 19 set‑
In termini semplicissimi, per configurare la responsabilità concorsuale del proprietario occorre che questi sia obbligato da una norma a tenere una condotta di garanzia che consista specificamente nell’impedimento dell’altrui condotta antigiuridica e che vi sia una omissione (violazione) della suddetta posizione di garanzia. Occorre precisare che sarà essenziale ricostruire nella singola fat‑ tispecie il quadro normativo che impone doveri e obblighi al pro‑ prietario, non potendosi invocare genericamente un dovere di cu‑ stodia o di vigilanza.
La giurisprudenza sulla responsabilità del proprietario e sull’ordinanza sindacale di ripristino
L’orientamento giurisprudenziale amministrativo e penale non è univoco, ma si incontrano numerose recenti pronunce che confi‑ gurano i presupposti della responsabilità del proprietario con gran‑ de chiarezza. Una recentissima sentenza del Giudice amministra‑ tivo (4) in tema di abbandono illecito dei rifiuti, conferma la te‑ si che la responsabilità del proprietario del fondo non rientra nel‑ la responsabilità oggettiva e che sussiste obbligo di provvedere al‑ lo smaltimento solo a condizione che sia dimostrata una corre‑ sponsabilità a titolo di dolo o colpa con l’autore dell’illecita condot‑ ta inquinante. Ne consegue che “la previsione di cui all’artico‑ lo 192 del Dlgs n. 152/2006, non soltanto riproduce il tenore dell’articolo 14 del Dlgs 22/1997 circa la necessaria imputabi‑ lità dell’abbandono a titolo di dolo o colpa, ma integra il pre‑ cedente precetto, precisando che l’ordine di rimozione può es‑ sere adottato esclusivamente in base agli accertamenti effet‑ tuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai sogget‑ ti preposti al controllo” (Cons. Stato, Sezione V, 19 marzo 2009, n. 1612). Viene affermato come corollario che “anche se si ritenga sufficiente, ad integrare la corresponsabilità del proprietario per lo smaltimento di rifiuti abbandonati su un fondo di sua proprietà, la semplice omissione di cautele suggerite dall’ordi‑ naria diligenza, sono pur sempre necessari indizi concreti che permettano di addebitare una omissione colpevole, non es‑ sendo a tal fine sufficiente la mera assenza di comportamenti volti a rimuovere i rifiuti” (Cons. Stato, Sezione V, 16 luglio 2010, n. 4614). In particolare, l’amministratore della società che aveva la proprietà del terreno inquinato e la disponibilità materiale di esso è stato ritenuto responsabile e quindi è stata ritenuta legittima l’or‑ dinanza sindacale di sgombero emessa nei suoi confronti perché dall’istruttoria amministrativa erano emersi indizi a sostegno della fondatezza del provvedimento emesso dal Comune. Ritiene il Collegio che “le stesse dimensioni del fenomeno ren‑ dono inverosimile che i ricorrenti, operatori professionali del tembre 2004, n. 1076; Tar Puglia, Ba‑ ri, 27 febbraio 2003, n. 872; Tar Lom‑ bardia, Milano, Sezione I, 26 gennaio 2000, n. 292.
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 189 (11/11)
In base al più recente orientamento giurisprudenziale (Tar Molise, 28 maggio 2010, n. 227; Tar Sicilia, Palermo, Sezione I, 20 gennaio 2010, n. 584), autorevolmente avallato anche dal Giudice d’Appello (Cons. Stato, Sezione V, 25 gennaio 2005, n. 136), “l’ordine di ri‑ mozione dei rifiuti presenti sul fondo può essere rivolto al pro‑ prietario solo quando ne sia dimostrata almeno la correspon‑ sabilità con gli autori dell’illecito, per avere cioè posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo, dovendosi escludere che la norma configuri un’ipote‑ si legale di responsabilità oggettiva; ne discende la illegittimi‑ tà degli ordini di smaltimento dei rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua mera qualità ed in mancanza di adeguata dimostrazione da par‑ te dell’Amministrazione procedente, sulla base di un’istrutto‑ ria completa e di un’esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta; tale orientamento è stato di recen‑ te confermato anche con riferimento al disposto di cui all’ar‑ ticolo 192 del Dlgs 152/2006” (Cons. Stato, Sezione V, 19 marzo 2009, n. 1612; 25 agosto 2008, n. 4061) (2).
ovvero dell’omessa vigilanza sul fondo e/o dell’omessa segnalazio‑ ne alle autorità competenti della presenza di rifiuti sul fondo. Viene in soccorso la disposizione dell’articolo 40 del codice penale ai sen‑ si del quale la condotta omissiva da luogo a responsabilità solo nel caso in cui in cui il soggetto agente abbia l’obbligo giuridico di im‑ pedire l’evento. Quindi perché via sia concorso del proprietario con l’autore materiale dell’illecito abbandono o deposito dei rifiuti, do‑ vrà esserci una norma che attribuisca espressamente al proprieta‑ rio l’obbligo di impedire l’altrui condotta antigiuridica.
L’intervento Rispristino ambientale
dell’obbligo di sgombero e ripristino soltanto se vi sia concorso con l’autore materiale dell’abbandono illecito dei rifiuti sul o nel suolo di sua proprietà o dell’immissione di sostanze inquinanti nelle ac‑ que superficiali e sotterranee.
(4) Tar Toscana, Sezione II – 19 luglio 2011, n. 1245.
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Corte di Cassazione – III Sezione penale Sentenza 17 giugno 2011, n. 24427 La massima
Giurisprudenza
Recupero dei rifiuti – Dlgs 205/2010 – Criteri “end of waste” – Natura innovativa – Sussistenza – Fondamento In tema di recupero dei rifiuti, il Dlgs 205/2010 ha innovato la di‑ sciplina prevista dal codice ambientale del 2006, in quanto ha abrogato l’articolo 181‑bis che conteneva la definizione di materia prima secondaria (Mps), indicando i requisiti richiesti dalla norma per tale classificazione ed ha introdotto, in sostituzione, con l’ar‑ ticolo 184‑ter, nuovi criteri concernenti la perdita della qualifica di rifiuto, tra i quali non è più presente il requisito del valore econo‑ mico, essendo richiesto solo che vi sia “un mercato o una domanda per tale sostanza o oggetto”. (P. Fi.)
End of waste: in attesa dei decreti, il valore economico non è più richiesto
La Corte Suprema di Cassazione Sezione terza penale Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Ma‑ gistrati:
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(omissis) ha pronunciato la seguente: Pres. Petti Est. Lombardi
Sentenza sul ricorso proposto da: (omis‑ sis) avverso l’ordinanza in data 15.6.2010 del Tribunale di Taran‑ to, con la quale è stato conferma‑ to il decreto di sequestro preventi‑ vo di 6 containers emesso dal Gip del medesimo Tribunale in data 25.5.2010; Udita la relazione fatta dal Consi‑ gliere Dott. (omissis); Visti gli atti, la ordinanza denun‑ ciata ed il ricorso; Udito il Pm, in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. (omis‑ sis), che ha concluso per il rigetto del ricorso; Udito il difensore dell’indagato Avv. (omissis), che ha concluso per l’ac‑ coglimento del ricorso.
Considerato in fatto e in diritto
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Con la impugnata ordinanza il Tri‑ bunale di Taranto, in funzione di Giudice del riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro pre‑ ventivo di 6 containers, contenen‑ ti kg 160.829 di ritagli di materia‑ li tessili, emesso dal Glp del mede‑ simo Tribunale in data 25.5.2010 nei confronti di (omissis), indaga‑ to dei reati: 1) di cui al Dlgs n. 152 del 2006, articolo 259, comma 1;
2) di cui al Dlgs n. 152 del 2006, articolo 260, comma 1; 3) di cui all’articolo 483 C.p., a lui ascritti per avere, quale titolare del‑ la ditta (omissis), effettuato una spedizione di rifiuti verso paesi ter‑ zi, in specie il Vietnam, costituen‑ te traffico illecito ai sensi dell’arti‑ colo 2, comma 1, punto 35 lettera e) del regolamento Cee 1.2.1993 n. 259; avere, al fine di trame un in‑ giusto profitto, effettuato un traffi‑ co illecito di un ingente quantitati‑ vo di rifiuti mediante l’allestimento di attività continuative ed organiz‑ zate, nonchè avere falsamente atte‑ stato nelle bollette doganali che il contenuto dei container era costitu‑ ito da ritagli di tessuti, materia pri‑ ma secondaria. In sintesi, il tribunale del riesame ha affermato la sussistenza del fu‑ mus dei reati oggetto di indagine, oltre che delle esigenze cautelari che hanno giustificato l’emissione della misura, emergendo dalle in‑ dagini della GG.FF. sufficienti ele‑ menti per ritenere che il contenu‑ to dei containers era costituito da rifiuti speciali non pericolosi e non da materie prime secondarie come sostenuto dall’indagato. In particolare, l’ordinanza ha af‑ fermato che nel caso in esame non erano state rispettate le procedure di recupero, cui avrebbero dovuto essere sottoposti i materiali seque‑ strati, nonchè la sussistenza di ulte‑ riori elementi indiziari che si trat‑ tasse di rifiuti, quale il valore nullo o irrisorio della merce da esportare, e che la consulenza fatta espletare dall’indagato sui materiali non era idonea a confutare i citati elementi indicati dalla pubblica accusa. L’ordinanza ha anche precisato in punto di diritto che il riferimen‑
il commento L’End of waste e le due tipologie di “criteri” di Pasquale Fimiani Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione
li contenuti nei container ovvero il loro valore irrisorio. Si chiede inoltre a questa Corte di rimettere eventualmente alla Cor‑ te di Giustizia della Ce la questio‑ ne relativa alla corretta interpreta‑ zione della nozione di materia pri‑ ma secondaria. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni che di seguito vengono precisate. Con Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205 lo Stato italiano ha dato attuazione alla direttiva 19 novembre 2008 n. 2008/98/Ce del Parlamento euro‑ peo e del Consiglio. L’articolo 39, comma 3, del citato decreto legislativo ha abrogato, tra l’altro, il Dlgs n. 152 del 2006, ar‑ ticolo 181‑bis, che conteneva la de‑ finizione di materia prima secon‑ daria e indicava i requisiti richiesti dalla norma per tale classificazione, escludendo le materie prime secon‑ darie dalla categoria dei rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, let‑ tera a), del medesimo Testo unico. L’articolo 12 del citato decreto legi‑ slativo inoltre ha introdotto il Dlgs n. 152 del 2006, articolo 184‑bis, che ridefinisce, ampliandone la sfe‑ ra di applicabilità, le caratteristiche del sottoprodotto, la cui nozione è stata espunta dall’articolo 183 del medesimo testo unico in sede di ri‑ definizione della norma contenuta nel Dlgs n. 205 del 2010, articolo 10 che ha sostituito il testo del medesi‑ mo articolo 183. L’articolo 13, infine, ha introdot‑ to il Dlgs n. 152 del 2006, artico‑ lo 184‑ter, che definisce i criteri in base ai quali un materiale perde la qualifica di rifiuto. Si tratta, pertanto, di un criterio di classificazione innovativo, che, nella sostanza, ove rapportato alla previgente nozione di materia pri‑ ma secondaria ne amplia la sfera di applicabilità. Orbene, tali modificazioni legislati‑ ve hanno indubbia influenza sulla valutazione relativa alla sussistenza
Premessa Com’è noto il Dlgs 4/2008 introdusse nel Co‑ dice ambientale l’articolo 181‑bis, poi abro‑ gato dal Dlgs 205/2010, ed avente il seguen‑ te tenore: “1. Non rientrano nella definizione di cui all’articolo 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti seconda‑ ri definiti dal decreto ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e condizioni: a) siano prodotti da un’operazione di ri‑ utilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti; b) siano individuate la provenienza, la ti‑
del fumus commissi delicti nel ca‑ so in esame. Sul punto è opportuno precisare che, in ogni caso, i materiali ogget‑ to di sequestro non possono rien‑ trare nella nozione di sottoprodot‑ to, sia pure come novata dal Dlgs n. 152 del 2006, articolo 184 bis, trat‑ tandosi di materiali già sottoposti ad un ulteriore trattamento diver‑ so dalla normale pratica industria‑ le (articolo 184‑bis, comma 1, let‑ tera c)). Deve essere, invece, valutata la at‑ tuale sussistenza del fumus dei re‑ ati con riferimento ai criteri speci‑ ficati nel Dlgs n. 152 del 2006, arti‑ colo 184‑ter, concernenti la perdita della qualifica di rifiuto. Sulla ne‑ cessità di una vantazione di merito sul punto, ovviamente nell’ambito del giudizio sommario proprio del riesame, si deve rilevare che l’or‑ dinanza impugnata ha, tra l’altro, valorizzato, per escludere che i ma‑ teriali sequestrati fossero qualifi‑ cabili quali materia prima secon‑ daria, la assenza di valore econo‑ mico o il suo carattere irrisorio, re‑ quisito del valore economico, che era richiesto dall’abrogato articolo 181‑bis, comma 1 lettera e), men‑ tre il vigente articolo 184 ter, com‑ ma 1, lettera b), richiede solo che vi sia “un mercato o una domanda per tale sostanza o oggetto”. L’ordinanza impugnata, pertan‑ to, deve essere annullata con rin‑ vio per un nuovo esame che tenga conto delle innovazioni normative introdotte dal citato decreto legisla‑ tivo in materia ambientale.
P.Q.M. La Corte annulla l’ordinanza im‑ pugnata con rinvio al Tribunale di Taranto.
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 189 (11/11)
previsto dalla autorizzazione me‑ desima. Nella sostanza si deduce, poi, che gli ufficiali di polizia giudiziaria, che hanno proceduto agli accerta‑ menti, hanno erroneamente fatto esclusivo riferimento al Dm 5 feb‑ braio 1998 per valutare la legitti‑ mità dell’attività di recupero svolta dalla (omissis), senza tener conto delle specifiche previsioni dell’au‑ torizzazione ottenuta dalla socie‑ tà, cui detta attività risultava con‑ forme. Nel prosieguo, previa analitica de‑ scrizione delle caratteristiche delle materie prime secondarie costitu‑ ite da ritagli tessili, si sostiene che i tessuti cosiddetti millefiori conte‑ nuti nei container, in quanto desti‑ nati ad essere utilizzati per la pro‑ duzione di filato di poco pregio o la produzione di feltri o “tessuti non tessuti”, corrispondono alle carat‑ teristiche merceologiche richie‑ ste per detta produzione. Sul punto vengono estesamente riportati i ri‑ sultati delle analisi e le osservazio‑ ni contenute nella consulenza fat‑ ta espletare dalla difesa dell’inda‑ gato e si lamenta che il Tribunale del riesame nè ha svalutato la rile‑ vanza sulla base di osservazioni in‑ congrue. Si deduce, infine, che la diretti‑ va comunitaria 19 novembre 2008 n. 2008/98/Ce, che, con effetto dal 12 dicembre 2010 abrogherà le di‑ rettive 75/439/Cee, 91/689/Ce e 2006/12/Ce, ha escluso che la ma‑ teria derivante dall’attività di recu‑ pero debba avere, ai fini della per‑ dita della qualifica di rifiuto, anche un valore economico intrinseco, es‑ sendo sufficiente che esista un mer‑ cato o una domanda di tale sostan‑ za o oggetto. Sulla base del citato riferimento normativo si sostiene che, nel ca‑ so in esame, doveva ritenersi irri‑ levante, al fine di escludere la na‑ tura di materia prima secondaria, la mancanza di valore dei materia‑
Giurisprudenza Corte di Cassazione - Sentenza 17 giugno 2011, n. 24427
to contenuto nel Dlgs n. 152 del 2006, articolo 259 al regolamento Cee 259/1993 deve intendersi rife‑ rito al successivo regolamento Ce 1013/2006, che ha sostituito il pri‑ mo e che in tale ultimo regolamen‑ to Ce la nozione di “traffico illeci‑ to di rifiuti” è stata sostituita con quella più ampia di “spedizione il‑ lecita di rifiuti” secondo le indica‑ zioni di cui all’articolo 2, comma 35, del regolamento medesimo. Avverso l’ordinanza ha proposto ri‑ corso l’indagato, che la denuncia per violazione del Dlgs n. 152 del 2006, articolo 183, comma 1, lette‑ ra q) e articolo 181‑bis, del Dl 6 no‑ vembre 2008, n. 172, articolo 9‑bis, comma 1, lettera a), convertito con modificazioni nella legge n. 210 del 2008. Si deduce, in estrema sintesi, che, mentre nell’ipotesi di svolgimento dell’attività di recupero dei rifiuti in regime semplificato, ai sensi del Dlgs n. 152 del 2006, articolo 214 e ss. sino all’emanazione dei decreti di cui al comma 2 del predetto ar‑ ticolo, continuano ad applicarsi al‑ le attività di smaltimento o recupe‑ ro dei rifiuti le disposizioni di cui al Dm 5 febbraio 1998 e Dm 12 giu‑ gno 2002, n. 161, nell’ipotesi di at‑ tività autorizzata ai sensi dell’arti‑ colo 208 e ss. del medesimo testo unico le operazioni possono svol‑ gersi in conformità di quanto previ‑ sto dall’autorizzazione medesima. Tale principio è stato in particolare precisato dal Dl 6 novembre 2008, n. 172, articolo 9 bis, comma 1, let‑ tera a), convertito con modificazio‑ ni nella legge n. 210 del 2008. Pertanto, la qualifica di materia prima secondaria deve essere rico‑ nosciuta non solo ai materiali de‑ rivanti da attività di recupero svol‑ te in conformità di quanto previ‑ sto dal Dm 5 febbraio 1998 e Dm 2 giugno 2002, n. 161, ma anche ai materiali derivanti da attività di recupero svolte in base ad autoriz‑ zazione conformemente a quanto
Così deciso in Roma, nella came‑ ra di consiglio, il 25 maggio 2011. Depositato in Cancelleria il 17 giu‑ gno 2011
pologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre; c) siano individuate le operazioni di riuti‑ lizzo, di riciclo o di recupero che le produ‑ cono, con particolare riferimento alle mo‑ dalità ed alle condizioni di esercizio del‑ le stesse; d) siano precisati i criteri di qualità am‑ bientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l’immissione in commercio, quali norme e standard tec‑ nici richiesti per l’utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all’ambien‑ te e alla salute derivanti dall’utilizzo o dal
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Corte di Cassazione – III Sezione penale Sentenza 23 settembre 2011, n. 34608
La massima
Giurisprudenza
Reflui sversati da automezzi: sono rifiuti
Betoniere – Scarico di residui di calcestruzzo e acque limacciose – Assenza di condotta – Rifiuti allo stato liquido – Rientrano Il calcestruzzo e gli altri materiali da costruzione residuati all’inter‑ no dei mezzi meccanici utilizzati nel ciclo produttivo ed elimina‑ ti tramite lavaggio e immissione in acqua rappresentano rifiuti al‑ lo stato liquido. Pertanto, è legittimo il sequestro preventivo di alcuni mezzi sor‑ presi a scaricare residui di calcestruzzo e acque limacciose nelle acque di in un torrente. Tale condotta configura una gestione ille‑ cita di rifiuti (articolo 256, comma 2, Dlgs 152/2006), e non uno scarico di acque reflue, in virtù dell’assenza della “condotta o sistema stabile di collettamento” presente nella definizione di scari‑ co contenuta nello stesso Dlgs 152/2006. Il sequestro preventi‑ vo dei mezzi va mantenuto perché gli automezzi utilizzati per il tra‑ sporto illecito di rifiuti sono soggetti a confisca obbligatoria. (A.G.)
allo stato liquido e RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 189 (11/11)
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non acque di scarico
Repubblica italiana in nome del popolo italiano La Corte Suprema di Cassazione Terza Sezione penale Composta dagli lll.mi Sigg.ri Magi‑ strati: (omissis) ha pronunciato la seguente
Sentenza sul ricorso proposto da: 1) (omissis) avverso l’ordinanza n. 168/2010 Tribunale Libertà di Messina, del 20 settembre 2010 sentita la relazione fatta dal Consi‑ gliere (omissis) sentite le conclusio‑ ni del Pg dott. (omissis) Uditi difensori Avv. (omissis); Rilevato che (omissis), nella quali‑ tà, ricorre avanti a questa Corte av‑ verso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Messina – sezione del riesame, a seguito di decreto di se‑ questro preventivo, adottato in da‑ ta 31 luglio 2010 dal Gip di quello stesso Tribunale, riguardo ad alcu‑ ni veicoli e mezzi meccanici, in di‑ sponibilità della (omissis) Srl, per violazione dell’articolo 256, comma 1 e 2, Dlgs n. 152 del 2006; che, il Tribunale del riesame, nel‑ la specie, ha premesso in fatto che i conducenti dei veicoli e mezzi mec‑ canici in disponibilità della (omis‑ sis) Srl, erano soliti scaricare nel greto del torrente Librizzi o sulle re‑
lative sponde, residui di calcestruz‑ zo ed acque limacciose, disperse nel o in prossimità del corso d’acqua; che ricorrerebbero le condotte ille‑ cite di abbandono incontrollato di rifiuti (conglomerato cementizio) e di trasporto di rifiuti alla luce del‑ la nozione di scarico introdotta nel Dlgs n. 152 del 2006; che a nulla rileverebbe il conte‑ nuto delle investigazioni difensive secondo le quali i conducenti dei mezzi avrebbero operato – pur di‑ sponendo la società di idonei im‑ pianti di abbattimento delle polveri e di lavaggio delle betoniere – sen‑ za ricevere direttive e in piena au‑ tonomia, atteso che – in disparte la irrilevanza di tale eccezione in sede di sequestro preventivo – a ca‑ rico del responsabile della società si profilerebbe, quanto meno, una forma di responsabilità per omes‑ so controllo; che, inoltre, il sequestro doveva es‑ sere mantenuto perché, ai sensi dell’articolo 324, comma 7, C.p.p. gli automezzi utilizzati per il tra‑ sporto illecito di rifiuti sono sog‑ getti a confisca obbligatoria, anche se appartenenti a soggetti estranei al reato, ai sensi dell’articolo 259, comma 2, Dlgs n. 152 del 2006; che l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, facendo valere quat‑ tro motivi di doglianza; che, con il primo, lamenta la viola‑ zione dell’articolo 606, lett. e) in ri‑ ferimento all’articolo 321 C.p.p., per carenza di motivazione in ordine ai presupposti del sequestro, difettando
alla loro chiara relazione con le at‑ tività produttive dell’impresa stessa; che tanto si riscontra anche nel ca‑ so di specie; che, inoltre, anche in ordine al pre‑ sunto difetto di periculum in mora, considerato il possesso di impianti anti inquinamento, il Tribunale ha espressamente affermato che il se‑ questro deve essere mantenuto per‑ ché, ai sensi dell’articolo 324, com‑ ma 7, C.p.p., gli automezzi utilizza‑ ti per il trasporto illecito di rifiuti sono soggetti a confisca obbligato‑ ria, anche se appartenenti a sogget‑ ti estranei al reato (in riferimento alla condotta di cui all’articolo 259, comma 2, Dlgs n. 152 del 2006); che, peraltro, tale ulteriore ratio de‑ cidendi è stata aggredita con il se‑ condo, il terzo ed il quarto motivo ricorso, ma vanamente in quanto, nella specie, è accertato – sia pu‑ re incidentalmente e nei limiti della fase processuale attuale – che: a) lo scarico ha riguardato rifiuti allo stato liquido e non già acque reflue, come il ricorrente intende far credere, proponendo tutta una diversa (ed inammissibile) ricostru‑ zione del fatti in corso di accerta‑ mento giudiziale; b) in disparte l’applicabilità della confisca obbligatoria anche al ter‑ zo estraneo al fatto, è evidente il profitto del reato di cui ha benefi‑ ciato l’impresa la quale, in tal mo‑ do, non ha subito i costi di smalti‑ mento dei liquami, economizzan‑ do un vantaggio industriale a spese dell’ambiente;
che, infatti, qui vale la medesima ratio decidendi già espressa da que‑ sta stessa sezione in una pluralità di arresti (per tutti, Sez. 3, Sentenza n. 22036 del 13 aprile 2010, Chianura) secondo cui “integra il reato previ‑ sto dall’articolo 256, comma secon‑ do, Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, l’ab‑ bandono incontrollato di liquami trasportati su autospurgo, in quanto sono da considerarsi rifiuti allo sta‑ to liquido i reflui stoccati in attesa di un successivo smaltimento, fuori del caso delle acque di scarico, ossia quelle oggetto di diretta immissione nel suolo, nel sottosuolo o nella re‑ te fognaria mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento”; che, infatti, va stabilito, in sintesi ed in definitiva, che il calcestruzzo e gli altri materiali da costruzione, resi‑ duati all’interno dei mezzi mecca‑ nici utilizzati nel ciclo produttivo ed eliminati con il mezzo della lavatu‑ ra e dell’immissione di acqua, di per se stessa detergente, rientrano nella nozione di rifiuti allo stato liquido; che, pertanto, essendo infondato, il ricorso va respinto e l’indagato con‑ dannato, ex articolo 616 C.p.p., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ri‑ corrente al pagamento delle spese processuali. Cosi deciso in Roma, il 25 maggio 2011. Depositata in Cancelleria il 23 set‑ tembre 2011.
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 189 (11/11)
(conglomerato cementizio) e di tra‑ sporto di rifiuti, svolto alla luce del‑ la nozione di scarico introdotta nel Dlgs n. 152 del 2006, ciò in quanto il Tribunale del riesame, nella spe‑ cie, ha premesso in fatto che i con‑ ducenti dei veicoli e dei mezzi mec‑ canici in disponibilità della (omis‑ sis) Srl, della quale società il ricor‑ rente e il legale rappresentante, era‑ no soliti scaricare nel greto del tor‑ rente Librizzi o sulle relative sponde, residui di calcestruzzo ed acque li‑ macciose, disperse nelle od in pros‑ simità del corso d’acqua; che, infatti, nella specie si versa in un caso di ricostruzione fattuale ottenuta dalle indagini di Pg, ciò che basta, in questa sede, alla lu‑ ce di quanto già affermato da que‑ sta stessa sezione (Sez. 3, Sentenza n. 37575 del 18 ottobre 2006, Marel‑ li), poiché “in caso di scarico di‑ retto di reflui aziendali e di ab‑ bandono in corso d’acqua di li‑ quidi speciali non pericolosi, la natura di questi può essere accer‑ tata dal giudice anche in assen‑ za di prelevamento e analisi di campioni quando fornisca moti‑ vazione congrua, giuridicamente corretta e logica circa il significa‑ to concludente degli altri elemen‑ ti probatori acquisiti”, caso in cui, la Corte ha ritenuto non censurabi‑ le la motivazione del giudice di me‑ rito nel ritenere sufficienti e univo‑ camente significanti le dichiarazio‑ ni dei verbalizzanti in ordine alla provenienza dei reflui e dei liquidi, in ordine alle loro caratteristiche ed
Giurisprudenza Corte di Cassazione – Sentenza 23 settembre 2011, n. 34608
un accertamento incidentale del re‑ ati ipotizzati; che, con il secondo, si duole dell’inosservanza dell’articolo 606, lett. b) ed e) C.p.p. in riferimen‑ to agli articoli 256 e 259, comma 2, Dlgs n. 152 del 2006 e articolo 321 C.p.p., poiché essendo ravvisa‑ bile, nella condotta di reato l’ipote‑ si di cui all’articolo 256, comma 2, Dlgs n. 152 del 2006, e non quella di cui all’articolo 259, comma 2, dello stesso Dlgs; che, con il terzo, si lamenta dell’inosservanza dell’articolo 606, lett. e) C.p.p. in riferimento all’ar‑ ticolo 137, comma 1, Dlgs n. 152 del 2006 poiché sarebbe ravvisabile l’ipotesi di scarico di scarico liqui‑ do, non di rifiuto; che, con il quarto, si duole del‑ la violazione dell’articolo 606, lett. e) C.p.p. in riferimento all’artico‑ lo 19 Dlgs n. 231 del 2001 poiché i beni confiscabili apparterrebbero a persona giuridica che non avrebbe tratto alcun profitto dalle condotte contestate. Considerato che il ricorso è infon‑ dato, e deve – pertanto – essere re‑ spinto; che, in ordine al primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta la ca‑ renza di motivazione sui presupposti della misura cautelare, va – di con‑ tro – osservato che l’accertamento incidentale dei delitti ipotizzati ( fu‑ mus delicti) è stato pienamente, anche se sinteticamente, motivato in relazione alle due condotte illecite di abbandono incontrollato di rifiuti
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a cura di Pasquale Fimiani Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione
Rubriche
Focus 231 Ambiente
Con l’estensione ai reati ambientali della responsabilità degli enti prevista dal Dlgs 231/2001, a decorrere questo numero della Rivista viene istituito uno spazio, curato da Pasquale Fimiani, dedicato all’approfondimento delle varie questioni interpretative, operative e gestionali che si pongono nella materia.
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 189 (11/11)
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Focus 231 Ambiente ha una duplice finalità: 1) approfondire le tematiche ricorrenti in tema di applicazione del Dlgs 8 giugno 2001, n. 231 cioè quelle questioni di carattere generale estensibili, di riflesso, anche alla materia ambientale; 2) riflettere sui profili di specifica applicazione in materia ambientale, con riferimento a quelli di particolare interesse per le dinamiche aziendali.
Una prima sintesi Volendo fare una sintesi dell’impostazione del “231” possiamo dire che il sistema ivi deli‑ neato: • prevede espressamente sanzioni pecuniarie ed interdittive, nonché la possibilità di con‑ fisca; • si applica agli enti forniti di personalità giu‑ ridica, alle società (anche unipersonali e par‑ tecipate da enti pubblici), alle associazioni (anche prive di personalità giuridica), nonché alle imprese individuali; • quali principi di imputazione della respon‑ sabilità da reato degli enti prevede: – la necessaria previsione del reato presup‑ posto e della relativa sanzione (principio di le‑ galità); – la commissione del reato presupposto da parte di soggetto in posizione qualificata nell’interesse o vantaggio dell’ente (la cui re‑ sponsabilità si aggiunge a quello della perso‑ na fisica); • in tali casi la responsabilità dell’ente consi‑ ste nella c.d. colpa di organizzazione dell’en‑ te, ravvisabile nel non avere predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato; • il riscontro di un tale deficit organizzativo consente una piana e agevole imputazione
all’ente dell’illecito penale realizzato nel suo ambito operativo (colpevolezza per omissione organizzativa e gestionale); • grava sull’accusa l’onere di dimostrare l’esi‑ stenza e l’accertamento dell’illecito penale in capo alla persona fisica inserita nella com‑ pagine organizzativa della “societas” e che abbia agito nell’interesse di questa; tale ac‑ certata responsabilità si estende di rimbalzo dall’individuo all’ente collettivo; • la prova della sussistenza dell’interesse (considerato dal punto di vista soggettivo) o del vantaggio (considerato dal punto di vista oggettivo) è sufficiente all’integrazione del‑ la responsabilità fino a quando sussiste l’im‑ medesimazione organica tra dirigente apica‑ le ed ente; • l’ente non risponde allorquando provi che il fatto è commesso dal singolo nell’interes‑ se esclusivo proprio o di terzi, ovvero fornisca la prova di aver adottato ed efficacemente at‑ tuato un modello organizzativo, diversamente modulato dagli articoli 6 e 7 del “231” a se‑ conda che il reato sia commesso da soggetti in posizione apicale, ovvero da soggetti sotto‑ posti all’altrui direzione o vigilanza.
I criteri di imputazione della responsabilità dell’ente Un corretto assetto organizzativo, quindi, non può che partire dalle previsioni in tema di
modello organizzativo e, quindi, dall’esame degli articoli 6 e 7 del Dlgs 231/2001. La prima norma delinea i criteri di imputa‑ zione della responsabilità dell’ente nel caso di reato commesso da soggetti in posizione apicale: “1. Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente non risponde se prova che: a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b). 2. In relazione all’estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati, i modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze: a) individuare le attività nel cui àmbito possono essere commessi reati;
L’azienda che, sulla base di tali previsioni, in‑ tenda adottare un modello organizzativo effi‑ cace si trova davanti una prima difficoltà.
Manca, in particolare, qualsiasi riferi‑ mento alle certificazioni volontarie am‑ bientali (Iso 14001 – Emas), nonostante la diffusa adozione e la rilevanza, anche normativa, di tali strumenti. Una rilevanza, questa, confermata dalle pre‑ visioni del regolamento (Ce) del Consiglio 31 marzo 2011, n. 333/2011, recante i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/Ce del Parla‑ mento europeo e del Consiglio (applicabile, ai sensi dell’articolo 7, dal 9 ottobre 2011) che, all’articolo 6 (Gestione della qualità) recita: “1. Il produttore applica un sistema di gestione della qualità atto a dimostrare la conformità ai criteri di cui agli articoli 3 e 4, rispettivamente. 2. Tale sistema prevede una serie di procedimenti documentati riguardanti ciascuno dei seguenti aspetti: a) controllo di accettazione dei rifiuti utilizzati come materiale dell’operazione di recupero di cui al punto 2 degli allegati I e II; b) monitoraggio dei processi e delle tecniche di trattamento di cui al punto 3.3 degli allegati I e II; c) monitoraggio della qualità dei rottami metallici ottenuti dall’operazione di recupero di cui al punto 1 degli allegati I e II (che comprenda anche campionamento e analisi); d) efficacia del monitoraggio delle radiazioni di cui al punto 1.5 degli allegati I e II, rispettivamente; e) osservazioni dei clienti sulla qualità dei rottami metallici; f) registrazione dei risultati dei controlli effettuati a norma delle lettere da a) a d); g) revisione e miglioramento del sistema di gestione della qualità; h) formazione del personale. 3. Il sistema di gestione della qualità prevede inoltre gli obblighi specifici di monitoraggio indicati, per ciascun criterio, negli allegati I e II. 4. Qualora uno dei trattamenti di cui al punto 3.3 dell’allegato I o al punto 3.3 dell’allegato II sia effettuato da un detentore precedente, il produttore si assicura che il fornitore applichi
un sistema di gestione della qualità conforme alle disposizioni del presente articolo. 5. Un organismo preposto alla valutazione della conformità di cui al regolamento (Ce) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti, che sia stato riconosciuto a norma di detto regolamento, o qualsiasi altro verificatore ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 20, lettera b), del regolamento (Ce) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (Emas) si accerta che il sistema di gestione della qualità soddisfi le disposizioni del presente articolo. Tale accertamento è effettuato ogni tre anni. 6. L’importatore esige che i suoi fornitori applichino un sistema di gestione della qualità che soddisfi il disposto dei paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo e sia stato controllato da un verificatore esterno indipendente. 7. Il produttore consente l’accesso al sistema di gestione della qualità alle autorità competenti che lo richiedano”. La conferma, anche in tema di recupe‑ ro dei rottami ferrosi, della rilevanza di un sistema di qualità, supporta quanto già affermato circa la linea da seguire in questa fase iniziale.
I sistemi di gestione ambientale come base di partenza I predetti sistemi di gestione ambientale, in‑ fatti, possono rappresentare la base di par‑ tenza per la realizzazione del modello “231”, potendosi fare ricorso alle loro previsioni in tema di analisi dei rischi connessi ai cicli pro‑ duttivi e di smaltimento, di organizzazione dell’impresa in chiave preventiva, di istituzio‑ ne dell’intero sistema di verifica e controllo, di acquisizione e circolazione delle comunicazio‑ ni interne ed esterne e di (necessaria) docu‑ mentazione dei vari passaggi.
RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 189 (11/11)
Una prima difficoltà
Mentre, infatti, in materia di salute e sicurez‑ za sul lavoro l’articolo 30 del Dlgs 81/2008 ha individuato un contenuto minimo dei mo‑ delli organizzativi ritenuti idonei a prevenire i reati rilevanti ai fini del Dlgs 231/2001 e stabilito una presunzione di conformità lega‑ le (peraltro relativa e non assoluta) per i mo‑ delli di organizzazione aziendale definiti con‑ formemente alle Linee guida Uni – Inail per un sistema di gestione della salute e sicurez‑ za sul lavoro (Sgls) del 28 settembre 2001 o al British Standard Ohsas 18001:2007, il Dlgs 121/2011 non reca analoghe previsioni.
Rubriche Focus 231 Ambiente
b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli; e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. 3. I modelli di organizzazione e di gestione possono essere adottati, garantendo le esigenze di cui al comma 2, sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli enti, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare, entro trenta giorni, osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati. 4. Negli enti di piccole dimensioni i compiti indicati nella lettera b), del comma 1, possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente. 5. È comunque disposta la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente”. I criteri di imputazione della responsabilità dell’ente nel caso di reato commesso da sog‑ getti sottoposti all’altrui direzione o vigilanza sono delineati dall’articolo 7: “1. Nel caso previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera b), l’ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza. 2. In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. 3. Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. 4. L’efficace attuazione del modello richiede: a) una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività; b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”.
Tali sistemi, quindi, se non costituiscono, in modo immediato ed automatico, un idoneo e completo modello organizzativo ex Dlgs 231/2001, con funzione preventiva dei rischi di commissione dei reati ambientali indica‑ ti nell’articolo 25‑undecies cit., possono util‑ mente essere presi a riferimento, con le op‑ portune implementazioni. È bene ribadire che il modello organizzativo previsto dal Dlgs 231/2001 è specifico ri‑ spetto a quello realizzato in applicazione dei principi di cui alle norme Iso 14001 ed al re‑ golamento Emas.
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