Rifiuti n. 193 marzo 2012

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RIFIUTI

marzo 2012 mensile

n. 193 (03/12) Euro 14,00

Registrazione Tribunale di Milano n. 451 del 22 agosto 1994. Poste italiane spa – Spedizione in abbonamento postale – Dl 353/2003 (conv. in legge 46/2004) articolo 1, comma 1, DCB Milano

bollettino di informazione normativa

L’intervento Gestore del servizio pubblico: una identificazione costituzionalmente orientata

pag. 4

di Paola Ficco

I concetti di detenzione e possesso nella materia dei rifiuti

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di Pasquale Fimiani

Sottoprodotti e carta: una linea guida

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di Massimo Medugno e Massimo Ramunni

Legislazione norme nazionali Pmi: al via le prime semplificazioni

Decreto Presidente della Repubblica 19 ottobre 2011, n. 227

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Decreto 20 gennaio 2012

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Decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216

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il commento di Gabriele Taddia Pfu, individuate le categorie ai fini del contributo

il commento di Daniele Fornai Sistri: con il “milleproroghe” parte il 30 giugno 2012. Proroga necessaria per le discariche il commento di Alessandro Geremei

Giurisprudenza Rifiuti, Cassazione e Consiglio di Stato: rassegna delle principali pronunce del 2011 a cura di Lavinia Basso

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Rubriche Quesiti a cura di Paola Ficco e Claudio Rispoli Osservatorio Raee a cura di Maria Letizia Nepi Focus 231 Ambiente a cura di Pasquale Fimiani

Edizioni Ambiente

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C vd.

Come volevasi dimostrare, una locuzione poli‑ rematica che usavamo a scuola per dimostrare la validità dei te‑ oremi di matematica. Ora lo usiamo con riferimento alla pro‑ roga dell’operatività del Sistri al 30 giugno 2012. Chi ne dubi‑ tava? E non credo che sarà l’ultima. Lo dico perché sono con‑ tro la tracciabilità dei rifiuti? Perché non ho a cuore la tutela dell’ambiente rispetto allo scempio dei traffici illeciti? No, lo di‑ co per l’esatto contrario e perché questo Sistri continua ad essere inadeguato. Tralascio rallentamenti, chiavette e black box che si rompono e aggiornamento dei software. Sono vicende tristi e note a tutti da sempre. Guardiamo allora, un po’ più da vicino, il software che, per il Sistri, sembra negare la logica della scien‑ za informatica: operativamente, oggi, l’iscrizione viene fatta in base alle varie operazioni D ed R; anche il registro e la Scheda Area movimentazione sono stati separati in base alle operazio‑ ni. Tale separazione è stata fatta anche in ambito informatico. Inutile, perché sono dati elettronici e le informazioni possono essere estratte, aggregandole nelle forme più svariate. In pratica, è come se si fosse voluta dare leggibilità “fisica” ai dati, dimen‑ ticando che si poteva estrarli da un archivio unico. Pensiamo alla Scheda Area movimentazione di un trasporta‑ tore in conto terzi: vanno messe almeno 4 firme, in due ope‑ razioni cronologiche (carico e scarico) a differenza delle mo‑ dalità “cartacee” dove basta barrare entrambe le caselle di ca‑ rico e scarico nell’ambito di una sola registrazione. Non solo: i dati del registro cronologico sono gli stessi della scheda Sistri. Perché duplicare? L’interoperabilità, oggi, è ancora una specie di pirandellia‑ no personaggio in cerca di autore con un apparato normati‑ vo di fondo labile e confuso (Dm 219/2011) al quale, sembra, possono accedere solo alcune software house e non tutte co‑ me, invece, dovrebbe essere. Intanto, mentre i problemi conti‑ nuano e si accumulano, il Sistri si trasforma e, quasi fosse un mutante, vuole diventare un vero e proprio sistema gestionale e non più solo di tracciabilità. È noto infatti che sarà emanato un Dm che modificherà ul‑ teriormente il Tu Sistri (Dm 52/2011) e (pare di capire) si sta discutendo intorno alla possibilità che il Sistri vada anche ad operare le movimentazioni interne degli impianti (lavorazio‑ ni, miscelazioni, ecc.). Sembrava che (finalmente) stesse per diventare quello che doveva essere: un sistema semplice di ac‑ quisizione e controllo dei dati in arrivo e in uscita dagli im‑ pianti. Invece, ora c’è il rischio che si trasformi in una sorta di biblico leviatano. Sarebbe gravissimo e si confonderebbero i piani. Lo Stato non solo controllerebbe e sanzionerebbe (come è giusto che sia) ma gestirebbe le modalità organizzative delle

aziende, quasi fino a pregiudicare la libertà d’impresa, impo‑ nendo inoltre la scelta delle attrezzature. Dopo click day fallimentari e l’acclarata impossibilità di far partire il sistema, di cosa altro ha bisogno il decisore politico (che deve obbligatoriamente prescindere dal più o meno nevro‑ tico attaccamento del singolo funzionario al progetto che gli è caro) per capire che questo Sistri non funziona? Non riesce ne‑ anche a tracciare i rifiuti, figuriamoci poi gestirli. È, invece, necessario che il Sistri faccia il suo mestiere: trac‑ ciare i rifiuti sulla base di standard operativi stabiliti dal Mi‑ nAmbiente e non di attrezzature da utilizzare. In pratica, si potrebbero usare le black box scelte sul mercato e non quel‑ le imposte dal Ministero. Il Ministero, invece, deve obbliga‑ re all’uso di uno standard di comunicazione (un po’ come i tracciati multirecord del Mud). Fino al raggiungimento di questa chimera, mi piacerebbe che oggi (per ridargli un pez‑ zo di affidabilità) il Sistri funzionasse così: iscrizione (snelli‑ ta); obbligo di black box e credenziali informatiche al poste delle chiavette Usb; i codici delle Schede Area movimentazione che si vogliono usare certificati e scaricati dal portale Sistri Ta‑ li codici si annotano sulle schede emesse dal trasportatore e/o dal produttore del rifiuto. Le attività si svolgono come adesso. Al posto del formulario si usa la Scheda opportunamente certi‑ ficata dal codice Sistri. Effettuate le operazioni, ogni obbligato, entro i termini previsti per l’annotazione sui registri di carico e scarico, inoltra i dati al Sistri, apponendo la firma elettronica. Il formulario è sostituito dalla Scheda. Il registro è sostituito dall’inoltro dei flussi dei dati. L’impresa conserva una copia dei registri in pdf e le operazioni annotate sulle stampate riporta‑ no obbligatoriamente i codici delle relative Schede Sistri. Gli spettri del Mud sarebbero eliminati e sostituiti con un invio periodico di un flusso di dati semplicissimo, contenente le lavo‑ razioni effettuate e le giacenze presso i produttori e gli impianti. Inoltre, per rendere credibile una vera tracciabilità, l’obbligo del Sistri non dovrebbe soffrire eccezioni, la procedura di iscrizione dovrebbe essere più che snella (quasi anoressica) e con costi ri‑ dottissimi. A tacere della normativa di base che va epurata e resa indenne dalla infinità di casi particolari e dalla divergenza ri‑ spetto all’informatica. “Se solo fosse vero”, rubando a Marc Le‑ vy il titolo del suo bellissimo romanzo. Invece, sembra non ci sia nulla da fare e, se il Sistri parlasse, come il fantasma del roman‑ zo di Levy, ci racconterebbe la sua pena dicendo “sono stato at‑ tratto dall’opposto dei miei sogni, agli antipodi da ciò che poteva farmi sbocciare, per troppo tempo, ecco tutto”. Paola Ficco


Spesso ci si chiede, con riferimento al trasporto effettuato dal ge‑ store del servizio pubblico di rifiuti urbani non pericolosi, se vi sia la necessità del formulario di identificazione di cui all’articolo 193, comma 1, Dlgs 3 aprile 2006, n. 152.

Formulario e Dlgs 205/2010

L’intervento

RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 193 (03/12)

Gestore del servizio pubblico: una identificazione costituzionalmente orientata di Paola Ficco

L’articolo 193, comma 4, Dlgs 152/2006 esclude dall’obbligo di tenu‑ ta del formulario di cui al comma 1, “il trasporto di rifiuti urba‑ ni effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico” (1). Il 25 dicembre 2010 è entrato in vigore il Dlgs 205/2010 che ha mo‑ dificato profondamente (ex multis) l’articolo 193, Dlgs 152/2006. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 16, comma 2, Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205, tale norma mantiene la sua vigenza fino alla data di entra‑ ta in vigore del sistema di tracciabilità elettronica dei rifiuti di cui al Sistri (Dm 17 dicembre 2009). Ad oggi, tale data, è individuata nel 30 giugno 2012 (ex legge di conversione 24 febbraio 2012, n. 14 del Dl 216/2011 cd. “Milleproroghe”). Pertanto, il punto di riferimento normativo ad oggi vigente è rap‑ presentato dal citato articolo 193, comma 4, Dlgs 152/2006, ancora non novellato dal Dlgs 205/2010 citato. È, in ogni caso, interessante notare che la disciplina non individua un soggetto obbligato in ordine al formulario, bensì una condotta (il trasporto). Tale Dlgs 205/2010, tuttavia, pur avendo modificato il Dlgs 152/2006 e differito mediante il suo articolo 16, comma 2, l’entra‑ ta in vigore della nuova disciplina sostanziale sul formulario al‑ la effettiva operatività del Sistri, non ha operato nell’identico mo‑ do con riguardo all’articolo 258, del medesimo Dlgs 152/2006 e lo ha modificato sostanzialmente, abrogando la disciplina sanziona‑ toria previgente, poi reintrodotta (a decorrere dal 15 agosto 2011) dal Dlgs 121/2011 sulla responsabilità amministrativa delle impre‑ se per reati ambientali. I rifiuti urbani sono individuati dall’articolo 184, comma 2, Dlgs 152/2006.

Considerazioni brevi sul “soggetto che gestisce il servizio pubblico”

Come si è visto, l’articolo 193, comma 4, Dlgs 152/2006 esclude dall’obbligo di tenuta del formulario di cui al comma 1, “il tra‑ sporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico”. Appare evidente che, nel momento in cui il Legislatore ha taciuto in ordine alla qualificazione giuridica e societaria di tale “soggetto che gestisce il servizio pubblico”, costui può essere non solo colui il quale è affidatario diretto in base alle disposizioni vigenti (arti‑ colo 113, Dlgs 267/2000 e in precedenza articolo 22, comma 2, let‑ tera e), legge 142/1990) per l’affidamento di servizi, ma anche co‑ lui il quale opera in nome e per conto del primo, in base alle nor‑ me di settore vigenti in materia (anche) di appalti.

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(1) La seconda parte di tale comma 4, aggiunge ai trasporti esclusi dal for‑ mulario i “trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasio‑ nale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri.”. Il successivo comma 4‑bis esclude dall’obbligo anche il “trasporto di ri‑

fiuti speciali di cui all’articolo 184, comma 3, lettera a), effettuato dal produttore dei rifiuti stessi in modo occasionale e saltuario e finalizza‑ to al conferimento al gestore del ser‑ vizio pubblico di raccolta dei rifiu‑ ti urbani con il quale sia stata sti‑ pulata una convenzione, purché ta‑ li rifiuti non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri.”.


Ciò che importa, dunque, ai fini della tutela pubblicistica che la norma persegue, è che chi opera sia il soggetto che gestisce il servi‑ zio pubblico: costui può ben essere il Comune o il suo concessiona‑ rio o chi (nei modi e nelle forme consentite dalla legge), in relazio‑ ne con tale soggetto, gestisce di fatto tale servizio. Il Legislatore, infatti, non si esprime riferendosi al soggetto che è ti‑ tolare del servizio pubblico, ma a chi lo gestisce. Le forme di gestio‑ ne dei pubblici servizi sono diverse e diversificate e chi ne è titolare ben può farli svolgere in gestione a terzi, esternalizzando il servizio. In questa dinamica, la tracciabilità è assicurata dall’impianto che riceve (se bacinizzato nel territorio comunale servito) oppure dall’atto di affidamento che, correttamente, i soggetti gestori inca‑ ricati (a vario titolo) dal gestore del servizio devono tenere sui mez‑ zi anche in osservanza di quanto ritenuto dal n. 1, punto n), Circo‑ lare Ambiente/Industria 4 agosto 1998. Correttamente, da ultimo, la legge è generale e astratta, e riferi‑ sce l’esonero dal formulario al soggetto che gestisce il servizio pub‑ blico quale che sia. A prescindere dal fatto che la gestione avvenga in modo diretto o indiretto (terzi su appalto, incarico, affidamen‑ to eccetera).

Nell’assetto legislativo nazionale è carente una definizione di “ser‑ vizio pubblico”. Cattaneo (2) afferma come il servizio pubblico possa aversi solamente in rapporto ad attività assunte nell’ambi‑ to dei compiti istituzionali del soggetto pubblico, ma precisa (in ra‑ gione della varietà delle situazioni che si possono presentare): “la definizione giuridica dell’attività costituente il servizio pubbli‑ co non esiste: ma ciò non vuol dire che non esista la figura stessa del servizio pubblico”. Il panorama dottrinale aveva creato una contrapposizione tra con‑ cezione del servizio pubblico cd. soggettiva e concezione cd. ogget‑ tiva; contrasto poi stemperato per effetto del ripudio (peraltro im‑ posto dall’evoluzione del quadro ordinamentale) delle posizioni estreme assunte dalla concezione soggettiva. • Teoria soggettiva: i fautori della teoria soggettiva, nella sua versione “temperata” (3), pur escludendo la necessità che il ser‑ vizio sia gestito in modo diretto ed esclusivo dalla P.a., identifica‑ no la pubblicità nella “imputabilità del servizio all’organizza‑ zione pubblica complessiva, nella titolarità dello stesso in ca‑ po all’apparato pubblico”, ancorché disgiunta dall’effettivo eserci‑ zio: elemento imprescindibile perché il servizio possa considerarsi a connotazione pubblica è pertanto, secondo tale lettura, la deter‑ minazione della P.a. di assumerne la titolarità. (2) S. Cattaneo, Servizi pubblici (vo‑ ce), Servizi pubblici, in Enc. dir., 1990, vol XLII, 355 ss., 371 (3) R. Villata, Pubblici Servizi, Discus‑ sioni e problemi, Milano, 2003, 22 ss. (4) M.S. Giannini, Diritto ammini‑ strativo, I, Milano, Giuffrè, 1970, p. 123‑131; 168‑173; p. 256‑257 (5) Per un’attenta analisi dell’evoluzio‑ ne storica del dibattito sulla concezio‑ ne oggettiva del servizio pubblico, e del‑

le differenti opinioni di volta in volta sostenute, v., da ultimo, L. R. Perfetti, Contributo ad una teoria dei pubbli‑ ci servizi, Padova 2001, p. 57 ss (6) Grazie allo studio di U. Pototsch‑ nig, I servizi pubblici, Padova, 1964, la cd. teoria oggettiva del servizio pubbli‑ co acquisisce forza e rilevanza, accan‑ to alla mai tramontata tesi soggettiva. L’Autore, in un accurato studio del 1964 sostenne che, al fine di delineare la no‑

Al riguardo, occorre subito evidenziare che la concezione soggetti‑ va, pur nella sua versione temperata, non è del tutto esente da ri‑ lievi critici, sia sotto il profilo normativo, sia sotto il profilo dell’evo‑ luzione complessiva del quadro ordinamentale anche con riferi‑ mento particolare al progressivo processo di privatizzazione in cor‑ so in Italia. In ordine al dato normativo, si rileva come la crisi della concezione c.d. soggettiva del servizio pubblico inizia a manifestarsi, come os‑ servato in dottrina (4), già all’indomani dell’entrata in vigore del‑ la legge 29 marzo 1903, n. 103 sulla municipalizzazione dei pub‑ blici servizi il cui articolo 1 prevedeva che i Comuni potessero as‑ sumere l’impianto e l’esercizio diretto dei servizi pubblici relativi a diciannove attività ivi indicate (peraltro non tassative). • Teoria oggettiva: la teoria oggettiva del servizio pubblico, a con‑ trario di quella soggettiva, si fonda invece, sulla natura dell’attività prestata (5). La teoria oggettiva conferisce un’autonoma rilevanza giuridica all’attività che è il nucleo centrale del servizio; ma stavolta, in mo‑ do del tutto indipendente dall’adozione di un atto di assunzione da parte di un soggetto pubblico. La dottrina che ricostruisce il concetto di servizio pubblico in ter‑ mini oggettivi (6) trae molte argomentazioni dall’analisi del det‑ tato costituzionale: la Costituzione avrebbe funzionalizzato l’attivi‑ tà economica privata espletata per fini sociali. Su tale teoria si fonda la definizione di servizio pubblico fornita dal Consiglio di Stato con sentenza 1303/2004, secondo la quale confi‑ gurano servizi pubblici le attività di interesse pubblico sottoposte a disciplina normativa che ne impone l’esercizio in modo continua‑ tivo, regolare ed imparziale. Tratto peculiare della contrastata no‑ zione di servizio pubblico è costituito dalla inabdicabile sottoposi‑ zione al canone dell’imparzialità del soggetto preposto alla gestio‑ ne dell’attività. L’area del servizio pubblico è fatta coincidere con l’attività econo‑ mica sottoposta a programmi e controlli determinati dalla legge, per indirizzarla e coordinarla a fini sociali (7). La conseguenza di tale impostazione è che il servizio pubblico può essere imputato anche ad un soggetto privato.

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Le teorie in ordine alla qualificazione giuridica del “servizio pubblico”

Del tutto marginale sarebbe, invece, la circostanza della parteci‑ pazione alla gestione del servizio (assunto come proprio dall’en‑ te pubblico) di soggetti privati: gli stessi, infatti, si limiterebbero a prendere parte ad un’attività dell’Amministrazione, sicché sarebbe sempre necessario un provvedimento di natura concessoria.

L’intervento Gestore del servizio pubblico

Il Legislatore, infatti, fin dal Dlgs 22/1997 non si è posto il proble‑ ma di chiarire chi fosse il gestore del servizio pubblico. Ha taciu‑ to e, in questo silenzio, ovviamente, ha fatto rientrare tutti coloro i quali con titolo legittimo esercitano la relativa funzione.

Per l’analisi del modello del pubblico servizio la dottrina in que‑ stione muove dall’assunzione della capacità del testo costituzionale di disciplinare l’intero profilo dell’attività economica, configurando “un vero e proprio ordinamento costituzionale di tutti i rap‑ porti economici che si svolgono nel paese” (8). La dottrina oggettivista, quindi, tende a richiamare le tesi dell’in‑ zione di servizio pubblico occorre con‑ siderare la Costituzione nella sua inte‑ rezza e, in particolare, il titolo III de‑ dicato ai rapporti economici. Pertanto, ritenne necessario ricollegare l’artico‑ lo 43 Cost. con l’articolo 41, comma 3, Cost., il quale dispone che “la legge de‑ termina i programmi ed i controlli opportuni perché l’attività economi‑ ca pubblica e privata possa essere in‑ dirizzata e coordinata a fini sociali”.

Poiché l’articolo 41 Cost. definisce l’ambito di applicazione del succes‑ sivo articolo 43, sosteneva l’Autore, si può affermare che “il servizio pubbli‑ co dipende dalle scelte del legislato‑ re. In altri termini, il servizio pub‑ blico è l’attività che il legislatore di‑ sciplina come tale per orientarla a fini sociali”. (7) U. Pototschnig, op. cit., 70 (8) U. Pototschnig, op. cit., 70

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Perché delle linee guida per l’applicazione del regime del sottoprodotto nell’industria cartaria italiana?

L’Italia è un ottimo esempio di utilizzo di risorse, di rifiuti e di ma‑ terie prime secondarie, come dimostra anche il rapporto presen‑ tato il 1° dicembre 2011 da FiseUnire. Ciò è collegato alla struttu‑ ra manifatturiera del Paese, che è la più importante in Europa do‑ po la Germania.

L’intervento

Sottoprodotti e carta: una linea guida RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 193 (03/12)

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di Massimo Medugno e Massimo Ramunni Assocarta

Per mantenere questo “primato” le politiche di ottimizzazione del‑ le risorse, dei rifiuti e delle materie prime secondarie (e/o End of waste) vanno migliorate alla luce della direttiva 98/2008/Ce e del‑ la tabella di marcia per un utilizzo efficienze delle risorse di cui al‑ la Comunicazione della Commissione europea pubblicata il 20 set‑ tembre 2011 Com 2011/571. Ciò può essere ottenuto con modifiche minime alla normativa vi‑ gente, ma soprattutto attuando sempre meglio quella già esistente. Ciò significa, da una parte, migliorare il ciclo dei rifiuti e del‑ le materie prime secondarie utilizzate nel recupero della materia, dall’altra, utilizzare di più i rifiuti per produrre energia come stru‑ mento per supportare il riciclo (nel rispetto, quindi, della gerar‑ chia comunitaria) e contribuire alla competitività del Paese in ter‑ mini di bolletta energetica e di rispetto della direttiva Ets (Emis‑ sion trading). Ma include, evidentemente, anche l’utilizzo in maniera più effi‑ ciente ed efficace della materia prima, ivi inclusa la sostanza o l’oggetto originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di ta‑ le sostanza od oggetto. In questo quadro va inserita la predisposizione delle linee guida associative di Assocarta, che hanno l’obiettivo di dare certezza ai comportamenti delle imprese. Va evidenziato, rispetto al quadro normativo previgente alla pubbli‑ cazione del Dlgs 205/2010 (che recepisce la nuova direttiva rifiuti 2008/98/Ce), che la nuova disciplina del sottoprodotto rende la de‑ finizione più aderente alla direttiva comunitaria rispetto alla nor‑ mativa previgente. Il nostro ordinamento già conosceva tale defini‑ zione, sia pure con significative differenze. Infatti, la precedente direttiva rifiuti non conteneva alcuna nor‑ ma specifica. La nozione di “sottoprodotto” viene, infatti, introdot‑ ta dalla Corte europea di Giustizia che, con diverse sentenze, ne dà un quadro definitorio ad iniziare proprio dalle modalità produtti‑ ve. All’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia eu‑ ropea seguiva un altro passo fondamentale, ovvero la Comunica‑ zione interpretativa in materia di rifiuti e di sottoprodotti (datata 21 febbraio 2007, Com 2007/59) che, benché antecedente alla di‑ rettiva del 2008, è ancora attuale ed offre ancora spunti di confron‑ to e di riflessione. Con la direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti trova stabilmente posto nella normativa comunitaria la nozione di “sottoprodotto”. L’articolo 5 della predetta direttiva stabilisce le condizioni affinché determinate sostanze suscettibili di un utilizzo economico possano essere rein‑ trodotte nel ciclo economico senza la necessità di essere sottopo‑ ste alle operazioni di trattamento previste per i rifiuti. L’articolo 5 elenca le condizioni alle quali una sostanza o un oggetto può esse‑ re considerato un sottoprodotto. Tali condizioni sono da intender‑ si esaustive e cumulative. L’articolo 5, comma 1, costituisce quindi una norma immediatamente operativa una volta recepita nell’or‑ dinamento nazionale.


Il quadro normativo

Approfondiamo di seguito le singole condizioni, analizzandone l’evoluzione e le implicazioni per il settore cartario. Condizione n. 1 – Origine della sostanza Il requisito indicato fa riferimento alla sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione, il cui obiettivo primario non ne è pe‑ rò la produzione. Come si ricorderà detto requisito presenta una dif‑ ferenza rispetto a quello previsto dalla originaria disciplina dei sotto‑ prodotti vigente in Italia (articolo 183, Dlgs 152/2006, abrogato dal Dlgs 4/2008), che si riferiva ai “prodotti dell’attività dell’impresa che, pur non costituendo l’oggetto dell’attività principale, scatu‑ riscono in via continuativa dal processo industriale dell’impre‑ sa stessa”: e cioè la soppressione delle parole “in via continuativa”. In quest’ambito ricadono molti materiali derivanti dai processi produttivi. Si pensi ai tanti sottoprodotti dei settori della chimi‑ ca, della metallurgia, dell’industria agro‑alimentare, della distil‑ lazione eccetera, come le scorie di altoforno, le vinacce, i mangi‑ mi, i gessi di desolforazione, i trucioli, la segatura, i cascami di le‑ gno, solo per citarne alcuni. Nell’ambito della filiera della carta e della stampa, tra essi possiamo sicuramente indicare i refili della cartotecnica. Ma a questi più noti e consueti, potranno aggiungersene altri a condizione che superino lo scrutinio imposto dalle quattro condi‑ zioni previste dalle norme (1). Ciò premesso, è evidente che per il sottoprodotto assume rilievo, sotto il profilo genetico, il costituire parte integrante del processo, mentre sotto quello teleologico quello di non essere lo scopo prima‑ rio della produzione (2). (1) In proposito si segnala l’artico‑ lo di P. Giampietro e A. Scialo I residui dell’industria cartaria: rifiuti o sotto‑

prodotti? (I fanghi di depurazione de‑ rivanti dalla produzione della car‑ ta riciclata, utilizzati per la fabbri‑

Condizione 2 – Certezza dell’impiego Questa condizione è particolarmente complessa e deve essere valu‑ tata nelle sue diverse componenti. “Impiego certo”: garantisce innanzitutto che il residuo produt‑ tivo, con le caratteristiche ambientali e merceologiche del sotto‑ prodotto, venga sempre ricondotto al circuito della produzione o dell’utilizzazione senza essere disperso nell’ambiente. La certez‑ za non va semplicemente “dichiarata” dagli interessati ma richie‑ de una dimostrazione, con ogni mezzo di prova (meglio con do‑ cumenti contrattuali/commerciali) poiché la norma non prescri‑ ve una forma tassativa. Ciò che rileva ai fini della certezza del riu‑ tilizzo è che tale requisito possa essere verificato nel caso di specie e che la prova della certezza di un suo riutilizzo possa essere for‑ nita dal produttore del materiale, come ha avuto occasione di af‑ fermare la Corte di Cassazione penale nella sentenza n. 41836 del 7 novembre 2008, affermando che non è prescritta una necessaria contestualità tra produzione e riutilizzo del sottoprodotto, ma vie‑ ne imposto all’interessato l’onere di fornire la prova che un deter‑ minato materiale sia destinato con certezza, e non con mera even‑ tualità, ad un utilizzo ulteriore. Non è quindi richiesto che il riuti‑ lizzo avvenga, senza soluzione di continuità, subito dopo la produ‑ zione della sostanza. La dimostrazione della certezza, secondo la Comunicazione del‑ la Commissione europea 59/2007, (punto 3.3.1) può essere forni‑ ta tramite l’esistenza di contratti tra il detentore del materiale e gli utilizzatori successivi, i quali indichino che il materiale ogget‑ to del contratto sarà riutilizzato e come. Resta inteso che qualo‑ ra manchi la prova certa che i materiali commercializzati posso‑ no legittimamente sottrarsi al regime autorizzatorio proprio del‑ la gestione rifiuti, è configurabile la contravvenzione di cui all’ar‑ ticolo 256 del Dlgs 152/2006 (Cass. pen., Sez. III, sentenza 7 apri‑ le 2008, n. 14323).

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Il decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 “Disposizioni di at‑ tuazione della direttiva 2008/98/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga al‑ cune direttive” modifica il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 introducendo un nuovo articolo 184‑bis che ora recita: “1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’artico‑ lo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: – la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produ‑ zione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo prima‑ rio non è la produzione di tale sostanza od oggetto; – è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di uti‑ lizzazione, da parte del produttore o di terzi; – la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pra‑ tica industriale; – l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto sod‑ disfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguar‑ danti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana (…)”.

Il secondo profilo che emerge attiene al rapporto in cui si pone il residuo rispetto al processo produttivo. In particolare, esso riguarda: • il rapporto con la modalità della produzione, ovvero la natura integrata della creazione del residuo rispetto al processo produttivo, laddove la norma prescrive che la creazione del residuo debba esse‑ re “parte integrante” del processo produttivo, nonché • il rapporto con la finalità del processo produttivo, laddove si ri‑ chiede che “lo scopo primario” di quest’ultimo non sia la produ‑ zione del medesimo residuo (sostanza od oggetto).

L’intervento Sottoprodotti e carta

L’auspicio è che le linee guida possano essere lette (e apprezzate) non solo dalle imprese cartarie e della filiera, ma anche dagli altri portatori d’interessi, nella convinzione che, anche in questo campo, debbano essere superate le vecchie logiche e recuperato un approccio collaborativo.

“Utilizzo nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione”: la prima considerazione è che la norma consente l’impiego del sottoprodotto sia nel medesimo pro‑ cesso che lo ha generato sia un altro processo esterno, in linea con le sentenze della Corte di Giustizia europea secondo cui “non co‑ stituisce rifiuto…” il bene che sia utilizzato anche “in altre in‑ dustrie…”, diverse cioè da quelle dalle quali è stato originato (si veda l’ordinanza Saetti‑Frediani e le sentenze Corte di Giustizia Ue 8 settembre 2005, C‑416/02 e C‑121/03, dove viene precisato che “una sostanza può non essere considerata rifiuto anche se viene utilizzata per il fabbisogno di operatori economici diver‑ si da chi l’ha prodotta”). Con riferimento all’impiego non si pre‑ scrive l’utilizzo “integrale” (come prevedeva in passato la norma‑ tiva nazionale), ma esso è aperto a tutti: al produttore come a dit‑ cazione di laterizi) su lexambiente.it. (2) Si veda F. Anile, Rifiuti, sottopro‑ dotti e Mps: commento ai nuovi ar‑

ticoli 184‑bis e 184‑ter, in Rifiuti, Bol‑ lettino di informazione normativa, 2011, n. 180/181, pagg. 38 e ss..

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Decreto Presidente della Repubblica 19 ottobre 2011, n. 227 (Gu 3 febbraio 2012 n. 28)

Legislazione

norme nazionali

Pmi: al via le prime semplificazioni RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 193 (03/12)

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Regolamento per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle imprese, a norma dell’articolo 49, comma 4‑quater, del decreto‑legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122

Il Presidente della Repubblica Visto l’articolo 87 della Costituzione; Visto l’articolo 17, comma 2, della legge 23 ago‑ sto 1988, n. 400; Vista la legge 26 ottobre 1995, n. 447; Visti i regolamenti (Ce) n. 363/2004 e n. 364/2004 recanti modifiche rispettivamente al regolamento (Ce) n. 68/2001 e al regolamento (Ce) n. 70/2001, che in allegato riportano, ai fi‑ ni della definizione delle piccole e medie imprese, l’estratto della raccomandazione 2003/361/Ce; Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152; Visti gli articoli 25 e 38 del decreto‑legge 25 giu‑ gno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.133; Visto l’articolo 49, comma 4‑quater, del decre‑ to‑legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; Visto il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160; Visto il decreto del Ministro delle attività produt‑ tive in data 18 aprile 2005, pubblicato nella Gaz‑ zetta ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005, recante adeguamento alla disciplina comunitaria dei cri‑ teri di individuazione di piccole e medie imprese ed, in particolare, l’articolo 2; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 mar‑ zo 2011; Sentite le associazioni imprenditoriali; Acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 ago‑ sto 1997, n. 281; Udito il parere del Consiglio di Stato, espres‑ so dalla sezione consultiva per gli atti normati‑ vi nell’adunanza del 19 maggio 2011; Acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Se‑ nato della Repubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 luglio 2011; Sulla proposta del Ministro per la pubblica am‑ ministrazione e l’innovazione, del Ministro per la semplificazione normativa, del Ministro dello svi‑ luppo economico e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

Emana il seguente regolamento:

Capo I

Ambito di riferimento Articolo 1 Ambito di applicazione 1. Il presente regolamento si applica alle catego‑ rie di imprese di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro delle attività produttive in data 18 apri‑ le 2005. Le imprese attestano l’appartenenza a tali categorie mediante dichiarazione sostitutiva di cer‑ tificazione ai sensi dell’articolo 46 del Testo uni‑ co delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 di‑ cembre 2000, n. 445.

Capo II Disposizioni in materia di scarichi di acque reflue Articolo 2 Criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche 1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 101 e dall’allegato 5 alla Parte terza del decreto legisla‑ tivo 3 aprile 2006, n. 152, sono assimilate alle ac‑ que reflue domestiche: a) le acque che prima di ogni trattamento depurati‑ vo presentano le caratteristiche qualitative e quanti‑ tative di cui alla tabella 1 dell’allegato A; b) le acque reflue provenienti da insediamenti in cui si svolgono attività di produzione di beni e presta‑ zione di servizi i cui scarichi terminali provengono esclusivamente da servizi igienici, cucine e mense; c) le acque reflue provenienti dalle categorie di atti‑ vità elencate nella tabella 2 dell’allegato A, con le li‑ mitazioni indicate nella stessa tabella. 2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 101, comma 7, lettera e), del decreto legislativo 3 apri‑ le 2006, n. 152, in assenza di disciplina regiona‑ le si applicano i criteri di assimilazione di cui al comma 1.


Articolo 4 Semplificazione della documentazione di impatto acustico 1. Sono escluse dall’obbligo di presentare la do‑

il commento Semplificazioni e Pmi: novità per acqua e rumore di Gabriele Taddia Avvocato in Ferrara

Capo IV Disposizioni attuative Articolo 5 Sportello unico per le attività produttive 1. Le imprese presentano le istanze di autorizza‑ zione, la documentazione, le dichiarazioni e le altre attestazioni richieste in materia ambienta‑ le esclusivamente per via telematica allo Sportel‑ lo unico per le attività produttive competente per territorio, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160. 2. Con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, per la pubbli‑ ca amministrazione e l’innovazione e per la sem‑ plificazione normativa, previa intesa con la Con‑ ferenza unificata, è adottato un modello semplifi‑ cato e unificato per la richiesta di autorizzazione. Articolo 6 Monitoraggio 1. I Ministeri dell’ambiente e della tutela del ter‑ ritorio e del mare e dello sviluppo economico e i Ministri per la pubblica amministrazione e l’in‑ novazione e per la semplificazione normativa, in collaborazione con la Conferenza unificata e con il coinvolgimento delle associazioni impren‑ ditoriali, predispongono forme di monitoraggio sull’attuazione del presente regolamento. 2. All’attuazione delle disposizioni di cui al com‑ ma 1, le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il presente decreto, munito del sigillo dello Sta‑ to, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli at‑ ti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di far‑ lo osservare. Dato a Roma, addì 19 ottobre 2011

Premessa Con l’entrata in vigore del Dpr 19 ottobre 2011, n. 277 (Gazzetta ufficiale del 3 febbraio 2012, n. 28 e, pertanto, in vigore dal 18 febbraio), di‑ ventano legge alcune norme di semplificazione di adempimenti amministrativi in campo am‑ bientale, riguardanti essenzialmente due setto‑ ri: in primo luogo, la disciplina concernente gli scarichi di acque reflue (articoli da 1 a 3); in secondo luogo, la normativa sull’impatto acu‑ stico nella quale si prevede che vengano esclu‑ se dall’obbligo di presentazione della documen‑ tazione relativa una serie di attività a bassa ru‑ morosità espressamente elencate nell’allegato B del medesimo Dpr 277/2011.

Infine, una disposizione di carattere genera‑ le impone la presentazione di tutte le istanze di autorizzazione e le richieste in campo am‑ bientale con la relativa documentazione sola‑ mente in via telematica allo Sportello unico at‑ tività produttive.

(1) La categoria delle microimprese, delle piccole im‑ prese e delle medie imprese (complessivamente defi‑ nita PMI) è costituita da imprese che: a) hanno meno di 250 occupati, e b) hanno un fatturato annuo non superiore a 50 mi‑

lioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro. 2. Nell’ambito della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa l’impresa che: a) ha meno di 50 occupati, e

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Capo III Disposizioni in materia di inquinamento acustico

cumentazione di cui all’articolo 8, commi 2, 3 e 4, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, le attività a bassa rumorosità elencate nell’allegato B, fat‑ ta eccezione per l’esercizio di ristoranti, pizzerie, trattorie, bar, mense, attività ricreative, agrotu‑ ristiche, culturali e di spettacolo, sale da gioco, palestre, stabilimenti balneari che utilizzino im‑ pianti di diffusione sonora ovvero svolgano ma‑ nifestazioni ed eventi con diffusione di musica o utilizzo di strumenti musicali. In tali casi è fat‑ to obbligo di predisporre adeguata documenta‑ zione di previsione di impatto acustico ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447. Resta ferma la facoltà di fare ricor‑ so alla dichiarazione sostitutiva dell’atto di no‑ torietà di cui all’articolo 8, comma 5, della leg‑ ge 26 ottobre 1995, n. 447, ove non vengano su‑ perati i limiti di emissione di rumore di cui al comma 2. 2. Per le attività diverse da quelle indicate nel comma 1 le cui emissioni di rumore non sia‑ no superiori ai limiti stabiliti dal documento di classificazione acustica del territorio comuna‑ le di riferimento ovvero, ove questo non sia sta‑ to adottato, ai limiti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 novembre 1997, pubblicato nella Gazzetta uffi‑ ciale n. 280 del 1° dicembre 1997, la documen‑ tazione di cui all’articolo 8, commi 2, 3 e 4, del‑ la legge 26 ottobre 1995, n. 447, può essere re‑ sa mediante dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi dell’articolo 8, comma 5, della legge 26 ottobre 1995, n. 447. 3. In tutti i casi in cui le attività comportino emissioni di rumore superiori ai limiti stabili‑ ti dal documento di classificazione acustica del territorio comunale di riferimento ovvero, ove questo non sia stato adottato, dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 novembre 1997, è fatto obbligo di presentare la documentazione di cui all’articolo 8, comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, predisposta da un tecnico competente in acustica.

Legislazione norme nazionali Semplificazioni per microimprese

Articolo 3 Rinnovo dell’autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali 1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 124 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ai fini del rinnovo dell’autorizzazione il titolare dello scarico, almeno sei mesi prima della sca‑ denza, qualora non si siano verificate modifica‑ zioni rispetto ai presupposti della autorizzazio‑ ne già concessa, presenta all’autorità competen‑ te un’istanza corredata di dichiarazione sostitu‑ tiva ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presi‑ dente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti che sono rimaste immutate: a) le caratteristiche quali‑quantitative dello sca‑ rico intese come volume annuo scaricato, mas‑ sa e tipologia di sostanze scaricate, in relazio‑ ne a quanto previsto nella precedente autorizza‑ zione o se, non esplicitato in questa ultima, nel‑ la relativa istanza; b) le caratteristiche del ciclo produttivo compre‑ sa la capacità di produzione; c) le sostanze impiegate nel ciclo produttivo e le relative quantità; d) gli impianti aziendali di trattamento delle ac‑ que reflue e le relative caratteristiche tecniche; e) la localizzazione dello scarico. 2. La modalità semplificata di rinnovo dell’au‑ torizzazione di cui al comma 1 non si applica per gli scarichi contenenti sostanze pericolose di cui all’articolo 108 del decreto legislativo 3 apri‑ le 2006, n. 152.

Il campo di applicazione del regolamento L’intero regolamento costituito dal Dpr 277/2011 si applica solamente alle categorie di imprese di cui all’articolo 2 del Dm Attivi‑ tà produttive 18 aprile 2005 (1) e cioè le mi‑ croimprese con le caratteristiche definite dalla medesima norma.

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Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare

Decreto 20 gennaio 2012 (Gu 1° febbraio 2012 n. 26)

Legislazione

norme nazionali

Pfu, individuate le categorie ai fini del contributo

Parametri tecnici relativi alla gestione degli pneumatici fuori uso

Il Ministro dell’ambiente e della tutela del terri‑ torio e del mare

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Visto l’articolo 35 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 sulla “Riforma dell’organizzazione del Governo a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1977, n. 59”; Visto l’articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche e integrazioni, relativo alla gestione degli pneumatici fuori uso; Visto il decreto del Ministero dell’ambiente e del‑ la tutela del territorio e del mare in data 11 aprile 2011 n. 82, recante il regolamento per la gestione degli pneumatici fuori uso, previsto dal secondo comma del citato articolo 228; Visto l’articolo 7 del predetto regolamento, rela‑ tivo agli pneumatici fuori uso derivanti da de‑ molizione dei veicoli a fine vita, ed in particola‑ re il comma 10, che prevede che i parametri tec‑ nici per l’individuazione delle diverse categorie di contributo da parte del comitato di cui al comma 2 siano definiti con decreto del Ministro dell’am‑ biente e della tutela del territorio e del mare; Rilevato che, ai sensi del medesimo comma 10 dell’articolo 7, il contributo è commisurato alla tipologia di pneumatici a cui si riferisce; Ritenuto opportuno, ai fini della definizione dei predetti parametri tecnici e anche per agevolare il controllo circa l’entità dei contributi che saranno versati dai rivenditori di veicoli, mettere in rela‑ zione le diverse tipologie di pneumatici da assog‑ gettare al contributo, di cui all’allegato E del ci‑ tato decreto n. 82 del 2011, con la classificazione dei veicoli di cui all’articolo 47 del decreto legisla‑ tivo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada); Decreta:

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Articolo 1 I parametri tecnici per l’individuazione, da par‑ te del Comitato di gestione degli pneumatici fuo‑ ri uso (Pfu) provenienti dai veicoli fuori uso, del contributo per la copertura e gestione degli pneu‑ matici dei veicoli a fine vita, sono i seguenti: a) Valore medio tra il numero di veicoli imma‑ tricolati o, per i veicoli non soggetti ad immatri‑ colazione, venduti nell’anno solare precedente a quello in cui si determina il contributo e la stima dei veicoli che saranno immatricolati o vendu‑ ti nell’anno nel quale si determina il contributo per l’anno solare successivo, suddiviso per ciascu‑ na tipologia di pneumatici attribuibili ai veico‑ li in base alla tabella di cui all’articolo 2. Le in‑ formazioni relative ai veicoli non soggetti ad im‑ matricolazione venduti sono fornite al Comitato

di gestione degli Pfu provenienti dai veicoli fuo‑ ri uso dalle Associazioni dei produttori dei veicoli; b) Valore medio tra il numero di veicoli radia‑ ti per demolizione o, per i veicoli non soggetti ad immatricolazione, demoliti nell’anno solare pre‑ cedente a quello in cui si determina il contributo e la stima dei veicoli radiati nell’anno nel quale si determina il contributo per l’anno solare suc‑ cessivo, suddiviso per ciascuna tipologia di pneu‑ matici attribuibili ai veicoli in base alla tabella di cui all’articolo 2. Le informazioni relative ai vei‑ coli non soggetti ad immatricolazione demoli‑ ti sono fornite al Comitato di gestione degli Pfu provenienti dai veicoli fuori uso dalle Associazio‑ ni dei demolitori dei veicoli; c) Numero medio di pneumatici installati per vei‑ colo, per ciascuna tipologia di pneumatici attribu‑ ibili ai veicoli in base alla tabella di cui all’artico‑ lo 2. Le informazioni necessarie per l’individuazio‑ ne di detto numero medio sono fornite al Comita‑ to di gestione degli Pfu provenienti dai veicoli fuo‑ ri uso dalle Associazioni dei produttori dei veicoli; d) Peso medio pneumatico, per ciascuna tipolo‑ gia di pneumatici attribuibili ai veicoli in base alla tabella di cui all’articolo 2. Le informazioni necessarie per l’individuazione del peso medio so‑ no fornite al Comitato di gestione degli Pfu pro‑ venienti dai veicoli fuori uso dalle Associazioni dei produttori dei veicoli; e) Quantitativo di pneumatici usati provenien‑ ti dalla demolizione dei veicoli a fine vita vendu‑ ti all’estero per il riutilizzo nell’anno solare pre‑ cedente a quello in cui si determina il contribu‑ to. Le informazioni necessarie per l’individuazio‑ ne di detto quantitativo sono fornite al Comitato di gestione degli Pfu provenienti dai veicoli fuori uso dalle Associazioni dei demolitori dei veicoli.

Articolo 2 Le tipologie di pneumatici di cui all’allegato E del decreto ministeriale n. 82 del 2011 sono correla‑ ti alle tipologie di veicoli di cui all’articolo 47 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada) secondo la seguente tabella:


Veicoli utilizzatori classificati secondo le categorie di cui all’articolo 47, Dlgs 285/1992 (Codice della strada)

A

A1 (2‑8)

Categorie L1, L2, L3, L4, L5, O1

B

B1 (6‑18)

Categorie M1, M2, O2, N1

C

C1 (20‑40) C2 (41‑70)

Categorie M2, M3, N2, N3, O3, O4

D

D0 (< 4) D1 (4‑20) D2 (21‑40) D3 (41‑70) D4 (71‑130) D5 (131‑200) D6 (> 200)

Macchine agricole, macchine operatrici, macchine industriali

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 20 gennaio 2012.

il commento

di Daniele Fornai Responsabile sviluppo impieghi e normative Ecopneus

Come noto, esiste una distinzione fondamen‑ tale, fissata dal Dm 11 aprile 2011, n. 82, “Re‑ golamento per la gestione degli pneumati‑ ci fuori uso” (all’articolo 1, comma 3) tra Pfu provenienti dalla regolare manutenzione dei veicoli (rientranti nel mercato del ricambio), e Pfu generati dalla demolizione dei veicoli a fine vita. Con riguardo a questi ultimi, l’articolo 7, comma 8 del Dm 82/2011 ricorda che gli obiet‑ tivi di recupero e riciclo dei Pfu provenienti da demolizione di veicoli devono rimanere all’in‑

terno dei target di responsabilità della filiera dei veicoli a fine vita disciplinati dal Dlgs 209/2003. In altre parole, l’articolo 7 del Dm 82/2012 è il punto di congiunzione tra due filiere di diffe‑ rente responsabilità che hanno in comune lo stesso rifiuto e le stesse modalità di recupero/ riciclo del medesimo ma che devono rendicon‑ tare separatamente all’Autorità competente i propri risultati e la propria efficacia di gestione. Il Dm 20 gennaio 2012 definisce finalmente la tavola di conversione necessaria per correlare tra loro le filiere; l’articolo 2 del decreto ripor‑ ta infatti una tabella che identifica dettagliata‑ mente le tipologie dei veicoli (ai sensi dell’ar‑ ticolo 47, Dlgs 30 aprile 1992, n. 285 – cd. Co‑ dice della strada) sui quali sono montati gli pneumatici classificati dall’allegato E del Dm 82/2011 (si veda tabella sottostante).

Allegato E, Dm 11 aprile 2011, n. 82 (articoli 2, comma 1, lettera o) e 5, comma 4) Categoria

Veicoli che li utilizzano (indicativo)

Pesi min-max (in chilogrammi)

A

Ciclomotori e motoveicoli (ciclomotori, motocicli, motocarri, ecc.)

A1 (2 – 8)

B

Autoveicoli e relativi rimorchi (autovetture, autovetture per il trasporto promiscuo, autocaravan, ecc.)

B1 (6 –18)

C

Autocarri, Autobus (autotreni, auto snodati, auto articolati, filoveicoli, trattori stradali, ecc.)

C1 (20 – 40) C2 (41 – 70)

Macchine agricole, macchine operatrici, macchine industriali (trattori, escavatori, eccetera)

D0 (< 4) D1 (4 – 20) D2 (21 – 40) D3 (41 – 70) D4 (71 – 130) D5 (131 – 200) D6 (> 200)

D

RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 193 (03/12)

Pneumatici fuori uso e Dm 20 gennaio 2012, emanati i parametri tecnici

In data 1° febbraio 2012 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 20 gennaio 2012 che definisce i parame‑ tri tecnici necessari per individuare le diverse categorie di contributo ambientale da applicare alla vendita degli pneumatici montati sui vei‑ coli nuovi nel territorio nazionale.

Legislazione norme nazionali Pfu, individuate le categorie ai fini del contributo

Tipologie di pneumatici Pesi min‑max allegato E, Dm 82/2011 (in chilogrammi)

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a cura di Maria Letizia Nepi Segretario FISE UNIRE – Confindustria

Rubriche

Revisione direttiva Raee: le novità nel testo definitivo

RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 193 (03/12)

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Grazie all’intesa tripartita tra Parlamento, Consiglio e Commissione, la revisione della direttiva Raee vede la luce ed evita la procedura di conciliazione, che avrebbe necessitato di tempi più lunghi. Il 18 gennaio scorso, il Parlamento europeo, a seguito dell’accordo raggiunto con il Consiglio e la Commissione Ue, ha approvato a larga maggioranza il testo definitivo della nuova direttiva Raee che, esperiti gli ultimi passaggi formali, sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Una volta entrata in vigore (venti giorni dopo la pubblicazione) gli Stati membri avranno 18 mesi di tempo per recepire la nuova direttiva nella legislazione nazionale. La direttiva sostituisce (in quanto abroga) la precedente direttiva Raee 2002/96/Ce (già modificata dalla direttiva 2003/108/Ce), intervenendo su numerosi aspetti della gestione dei Raee, dal chiarimento ed estensione del campo di applicazione, all’innalzamento degli obiettivi di raccolta e di recupero, riutilizzo e riciclaggio, all’impulso da dare alla raccolta, in via prioritaria, di Raee contenenti Cfc e Hcfc, lampade fluorescenti contenenti mercurio, moduli fotovoltaici e piccole apparecchiature (per le Aee di piccolissime dimensioni, si prevede la riconsegna gratuita a prescindere dall’acquisto del nuovo), alla regolamentazione più severa dei controlli e delle spedizioni all’estero. In tutti questi settori, la nuova direttiva pone regole precise, inderogabili se non in circostanze eccezionali e ben individuate. In altri campi, come, ad esempio, la responsabilità del produttore e il relativo obbligo di finanziamento, preferisce invece adottare un approccio più “soft”, rispettando la libertà degli Stati membri di allargarne o ridurne la portata e di individuare gli strumenti più opportuni; analogamente ai Registri dei produttori, dove si è optato per la via nazionale,

Osservatorio Raee

pur prevedendo un collegamento telematico tra gli stessi. Infine, la direttiva traccia la strada per la definizione di regole comuni relative agli standard per il trattamento attraverso gli organismi europei di normazione, nonché di futuri obiettivi distinti per il riutilizzo dei Raee.

Campo di applicazione e categorie di Aee Per l’applicazione della direttiva è stato inizialmente previsto un periodo transitorio tale da consentire un periodo di adattamento, durante il quale è stato mantenuto un campo di applicazione simile a quello già in vigore ai sensi dell’allegato IA del Dlgs 151/2005, ad eccezione dell’inserimento esplicito dei pannelli fotovoltaici nella categoria 4. A questo farà seguito un periodo a regime, che prevede un campo di applicazione aperto a tutte le Aee, con specifiche esclusioni. Una chiara ed univoca definizione dei casi di esclusione diviene pertanto elemento fondamentale e la nuova direttiva, rispetto alla precedente, contribuisce ad una maggiore chiarezza sul campo di applicazione grazie ad una migliore individuazione delle Aee escluse, sia attraverso una specifica elencazione delle medesime, sia attraverso la definizione, nell’articolo 3, di fattispecie non definite in precedenza. • Periodo transitorio: dal giorno di entrata in vigore della direttiva fino al sesto anno, essa si applica alle Aee che rientrano nelle categorie definite dall’allegato I (molto simili a quelle ad oggi in vigore): – grandi elettrodomestici – piccoli elettrodomestici – apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni – apparecchiature di consumo e pannelli fotovoltaici

– apparecchiature di illuminazione – strumenti elettrici ed elettronici (ad eccezione degli utensili industriali fissi di grandi dimensioni) – giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport – dispositivi medici (ad eccezione di tutti i prodotti impiantati ed infettati) – strumenti di monitoraggio e di controllo – distributori automatici. L’allegato II contiene l’elenco indicativo delle Aee che rientrano nelle 10 categorie di cui sopra. • Periodo a regime: a partire dal sesto anno dall’entrata in vigore della direttiva il campo d’applicazione diventa aperto, e questa si applicherà a tutte le Aee, così come classificate in base alle 6 categorie dell’allegato III: – apparecchiature per lo scambio di temperatura; – schermi monitor ed apparecchiature dotate di schermi di superficie superiore a 100 cm2; – lampade; – apparecchiature di grandi dimensioni (una dimensione esterna superiore a 50 cm); – apparecchiature di piccole dimensioni (nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm); – piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm). L’allegato IV contiene un elenco non esaustivo delle Aee che rientrano nelle 6 categorie sopra descritte. Rispetto alle esclusioni previste nel periodo transitorio, la direttiva definisce le tre seguenti tipologie di Aee alla quale essa non è applicabile: • apparecchiature necessarie per la tutela degli interessi essenziali della sicurezza degli Stati membri (armi, munizione, materiale bellico);


Entro tre anni dall’entrata in vigore della direttiva, la Commissione riesaminerà l’ambito di applicazione della stessa, compresi i parametri per distinguere tra Aee di piccole e grandi dimensioni di cui all’allegato III, e presenterà se del caso una proposta legislativa. In tale ambito la definizione di Aee dovrebbe essere ulteriormente chiarita.

Distinzione Raee domestici/ professionali Viene confermata (articolo 3, comma 1, lettera h) l’attuale definizione di Raee domestici, secondo cui sono tali quelli originati da nuclei domestici, nonché quelli di origine commerciale, industriale, istituzionale e di altro tipo, analoghi ai primi per natura e quantità. A ciò viene aggiunto che i rifiuti delle Aee che potrebbero essere usate sia dai nuclei domestici che da utenti diversi dai nuclei domestici sono in ogni caso considerati Raee provenienti dai nuclei domestici. Tale specificazione è molto importante perché riconduce le Aee ed i Raee cd. “dual use” nell’ambito dei domestici, con tutto ciò

Progettazione Aee, preparazione per il riutilizzo e riciclabilità Si legge nelle premesse alla direttiva che la raccolta, lo stoccaggio, il trasporto, il trattamento e il riciclaggio dei Raee, nonché la preparazione per il riutilizzo, devono essere effettuati con un approccio imperniato non solo sulla protezione dell’ambiente e della salute ma anche “sulla preservazione delle materie prime e mirante a riciclare le preziose risorse contenute nelle Aee al fine di assicurare un migliore approvvigionamento di materie prime nell’Unione”, poiché “garantire il recupero, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei Raee in condizioni adeguate è importante per assicurare un impiego accorto delle risorse e l’ottimizzazione dell’approvvigionamento delle stesse.” Questi principi sono alla base delle disposizioni in materia di progettazione, raccolta differenziata, trattamento e preparazione per il riutilizzo dei Raee. Pertanto, gli Stati membri dovranno incoraggiare (articolo 4) la collaborazione tra produttori e riciclatori per favorire l’eco-design in linea con la direttiva 2009/125/Ce (direttiva Eco-design), soprattutto al fine di agevolare il riutilizzo, lo smaltimento e il recupero dei Raee, dei loro componenti e materiali. In tale contesto, gli Stati dovranno adottare misure adeguate per l’applicazione dei requisiti in materia di eco-design riguardanti le Aee nel quadro della citata direttiva. Anche la raccolta e il trasporto dei Raee raccolti separatamente dovranno essere eseguiti in maniera da consentire condizioni ottimali per la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o il confinamento delle sostanze pericolose (articolo 6), quindi, in ultima analisi, garantendo l’integrità dei Raee. Al fine di potenziare al massimo la preparazione per il riutilizzo gli impianti o i centri di raccolta, prima di ogni ulteriore trasferimento, dovranno prevedere la separazione nei punti di raccolta dei Raee da preparare per il riutilizzo da altri Raee raccolti separatamente, segnatamente assicurando l’accesso al personale dei centri di riutilizzo. L’articolo 15 conferma infine l’obbligo dei produttori di fornire ai centri di preparazione per

il riutilizzo, ai trattatori ed ai riciclatori informazioni gratuite sulla preparazione per il riutilizzo e sul trattamento per ogni tipo di nuova Aee, entro un anno dall’immissione sul mercato per la prima volta della stessa; dette informazioni, riguardanti la presenza nei Raee di componenti, materiali e sostanze e miscele pericolose, dovranno essere rese disponibili sotto forma di manuali, CD-ROM o servizi on-line.

Raccolta differenziata La nuova direttiva (articolo 5) prevede che gli Stati membri adottino misure adeguate a ridurre al minimo lo smaltimento dei Raee sotto forma di rifiuti urbani misti, assicurare il trattamento corretto di tutti i Raee raccolti e il raggiungimento di un elevato livello di raccolta differenziata dei Raee, in via prioritaria per le apparecchiature per lo scambio di temperatura contenenti sostanze che riducono lo strato di ozono e gas fluorurati ad effetto serra, lampade fluorescenti contenenti mercurio, moduli fotovoltaici e apparecchiature di piccole dimensioni (corrispondenti alla categoria 5 dell’allegato III). Al fine di ottemperare alle azioni di cui sopra, relativamente ai Raee domestici gli Stati membri provvedono a: • istituire sistemi che consentano ai detentori finali e ai distributori di consegnare gratuitamente tali rifiuti, assicurando la disponibilità e l’accessibilità dei centri di raccolta necessari, tenendo conto della densità di popolazione; • che i distributori, al momento di fornire un nuovo prodotto, si assumano la responsabilità di garantire che tali rifiuti possano essere resi gratuitamente, in ragione di uno contro uno, a condizione che le apparecchiature riconsegnate siano di tipo equivalente e abbiano svolto le stesse funzioni dell’apparecchiatura fornita. Si può derogare a tale disposizione purchè si dimostri che la resa gratuita non divenga più difficile per il consumatore; • garantire che i distributori effettuino, nei negozi al dettaglio con superficie di vendita di Aee di almeno 400 m2 o in prossimità degli stessi, la raccolta immediata di Raee di piccolissime dimensioni (dimensioni esterne inferiori a 25 cm) gratuitamente per gli utenti finali e senza obbligo di acquistare una Aee di tipo equivalente (ritiro uno contro zero), salvo il caso in cui si dimostri che regimi di raccolta alternativa esistenti non siano almeno altrettanto efficaci. Nel tredicesimo considerando si legge che i punti di raccolta predisposti nei negozi al dettaglio per Raee di piccolissimo volume non dovrebbero essere subordinati ai requisiti in materia di registrazione o autorizzazione di cui alla direttiva 2008/98/CE;

RIFIUTI bollettino di informazione normativa n. 193 (03/12)

Nel periodo a regime, la direttiva si applica a tutte le Aee ad esclusione, in aggiunta alle precedenti, delle seguenti tipologie: • apparecchiature destinate ad essere inviate nello spazio; • utensili industriali fissi di grandi dimensioni (come definiti all’articolo 3, lettera b); • impianti fissi di grandi dimensioni (come definiti all’articolo 3, lettera c), tranne apparecchiature progettate e installate precisamente in quanto elemento di detti impianti (es. attrezzature di illuminazione o moduli fotovoltaici); • mezzi di trasporto di persone o di merci, esclusi i veicoli elettrici a due ruote non omologati; • macchine mobili non stradali (come definite all’articolo3, lettera d)) destinate ad esclusivo uso professionale; • apparecchiature appositamente concepite a fini di ricerca e sviluppo, disponibili unicamente nell’ambito di rapporti tra imprese; • dispositivi medici e dispositivi medico-diagnostici in vitro, qualora si sospetti che tali dispositivi siano infetti prima della fine del ciclo di vita, e dispositivi medici impiantabili attivi.

che ne consegue anche in termini di relative responsabilità e modalità di finanziamento; d’altra parte, se questo è il principio generale, mancano però dei chiari criteri attuativi che aiutino a distinguere i casi in cui appunto si verifica quanto sopra, criteri che erano stati richiesti anche nel corso del dibattito parlamentare, ma che non sono stati inseriti nel testo finale.

Rubriche Osservatorio Raee

• apparecchiature progettate e installate specificatamente come parti di un’altra apparecchiatura, che è esclusa o non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva, e che possono svolgere la propria funzione solo in quanto parti di tale apparecchiatura; • lampade a incandescenza.

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