L’uomo che inventò la bioeconomia

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Mario Bonaccorso

L’UOMO CHE INVENTÒ LA BIOECONOMIA Raul Gardini e la nascita della chimica verde in Italia


Mario Bonaccorso L’UOMO CHE INVENTÒ LA BIOECONOMIA Raul Gardini e la nascita della chimica verde in Italia Realizzazione editoriale Edizioni Ambiente www.edizioniambiente.it Coordinamento editoriale: Marco Moro Redazione: Diego Tavazzi Grafica e impaginazione: Roberto Gurdo Progetto grafico: Mauro Panzeri In copertina: Raul Gardini in un ritratto di Davide Reviati © 2020, ReteAmbiente Srl via privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-313-4 Finito di stampare nel mese di ottobre 2020 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC®


8 Prefazione di Catia Bastioli 16 Introduzione – Il tempo anticipato di un visionario dell’economia di Amedeo Lepore 26

Premessa dell’autore

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Lo scenario

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Gardini alla guida del gruppo Ferruzzi

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Montedison e la nascita di Novamont

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La chimica verde alla prova del terzo millennio



A Daria e Marta, che possano vedere l’invisibile



“La visione è l’arte di vedere ciò che è invisibile agli altri” Jonathan Swift


Prefazione di Catia Bastioli*


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Ho trovato originale l’idea di Mario Bonaccorso di intrecciare la personalità di Raul Gardini e il suo pensiero, raccontato attraverso le sue stesse parole, con l’evoluzione della chimica verde e della bioeconomia. Il risultato ottenuto è di rilievo, e la ricostruzione attenta dei fatti accaduti in un periodo della nostra storia recente nel campo della chimica e dell’agroindustria ci permette di riflettere sul perché un progetto lungimirante, come quello dell’integrazione tra chimica e agricoltura, pensato da Raul Gardini, non sia andato in porto, creando un buco di decenni nello sviluppo del settore chimico in Italia. Questa riflessione può essere di grande aiuto per evitare che la storia si ripeta, in un momento come questo in cui per uscire dalla crisi e ridisegnare il futuro abbiamo bisogno di attingere a tutte le nostre energie. Quello che mi ha sempre colpito di Raul Gardini era la sua capacità di vedere oltre e di prefigurare nuovi sviluppi tenendo in considerazione temi che trent’anni fa erano ignorati, considerati non rilevanti o aggirabili. Nel mondo dell’industria chimica italiana ha avuto il coraggio di parlare con largo anticipo e senza ipocrisie di problemi globali come l’inquinamento dell’ambiente, la fame nel mondo, l’esaurimento delle risorse energetiche e la necessità di salvaguardare il pianeta Terra. *  Chimica, scienziata e imprenditrice, Catia Bastioli è dal 1996 a capo del gruppo Novamont, realtà industriale leader nello sviluppo e produzione di bioplastiche e biochemicals da fonti rinnovabili, secondo un modello di bioeconomia intesa come rigenerazione territoriale. Dal 2009 Presidente di Kyoto Club, è dal 2014 Presidente del Cluster della Chimica Verde SPRING. Membro di importanti gruppi di lavoro dell’Ue su cambiamenti climatici e ambiente, tra cui il Mission Board on Soil Health and Food, è “Inventore Europeo 2007” per le bioplastiche e, dal 2017, Cavaliere del Lavoro.


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Nel 1987 Gardini scriveva: “Come dimostra il meraviglioso processo della fotosintesi, l’agricoltura è chimica, e la chimica verde è la prossima rivoluzione che si svilupperà in modo esponenziale”. Alla fine degli anni Ottanta concepire un’unione in perfetta sintesi tra due mondi che prima di allora non si erano mai integrati, ovvero la chimica e l’agricoltura, ai più poteva sembrare una follia, oggi invece tutti sappiamo che ha rappresentato un’eccezionale intuizione che, a distanza di 27 anni dalla sua morte, lascia ancora il segno. Come si può scoprire ripercorrendo la minuziosa ricostruzione di Mario Bonaccorso, Gardini ha avuto idee e intuizioni rivoluzionarie, visionarie e sistemiche e grazie a lui è nato un enorme progetto, che è stato però rapidamente e violentemente cancellato. Quando quel progetto ha iniziato a prendere forma il periodo era completamente diverso da quello attuale. C’era il problema delle eccedenze agricole, che proprio negli anni 1985 e 1986 aveva raggiunto il suo picco, con la produzione del frumento che superava del 30% il fabbisogno comunitario.1 Oggi ci troviamo a fronteggiare problemi di ben altra natura, a partire dalla scarsità delle materie prime per arrivare alla devastazione del capitale naturale, anche perché le questioni di cui già trent’anni anni fa Gardini aveva denunciato l’urgenza e la necessità d’intervenire sono state colpevolmente ignorate da una classe dirigente miope, concentrata sull’oggi e sui propri interessi, rendendo il Pianeta sempre meno resiliente. L’attuale scenario di riferimento è, anche per queste ragioni, estremamente differente e complesso, in continua evoluzione, con fe1  Gramatica P., Economia e tecnica degli scambi internazionali, Vita e Pensiero, Milano 2002.


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nomeni di instabilità che si generano in lassi di tempo sempre più ridotti e con effetti dirompenti e imprevedibili su molti fronti. Dal punto di vista delle materie prime agricole, si è passati dall’eccedenza degli anni Ottanta a una scarsità via via crescente. I costi delle materie prime agricole – tra cui cereali, soia e loro derivati – risentono di una produzione sempre più scarsa e della necessità di fronteggiare i cambiamenti climatici. Le farine proteiche di origine vegetale, soprattutto soia e girasole, vengono importate per una quota compresa tra l’85% e il 90% del fabbisogno, il grano tenero per oltre il 60%, con valori superiori all’80% se si considera quello foraggero; il mais, la cui produzione interna è crollata negli ultimi anni, proviene dall’estero per oltre il 50% e l’orzo per circa il 40%. Questa situazione determina una limitazione della competitività italiana, l’aumento delle importazioni, la maggiore esposizione alla volatilità dei prezzi e soprattutto il fenomeno del land grabbing in relazione alla sicurezza degli approvvigionamenti.2 Da un punto di vista ambientale stiamo assistendo a una crisi che non ha precedenti nella storia dell’umanità, con perdita di biodiversità, emissioni in continua crescita, sfruttamento eccessivo del capitale naturale, sempre più fortemente impattato dall’azione antropica e dal cambiamento climatico, che accelera fenomeni atmosferici estremi da un lato e desertificazione dall’altro. Secondo il rapporto Global Warming of 1.5 °C, presentato dall’IPCC nel 2019, abbiamo già raggiunto 2 Marcello Veronesi, Presidente Assalzoo, “La dipendenza da materie prime agricole, un rischio per la zootecnia italiana”, 2019 (https://bit.ly/3eCMFYP).


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un aumento della temperatura di 1 °C con un trend verso i 3-3,5 °C al 2050, un valore non accettabile se vogliamo avere effetti contenuti e gestibili. Il 33% dei suoli globali è degradato, il 20% della superficie europea è soggetta a erosione e i terreni produttivi si riducono di 1.000 chilometri quadrati ogni anno a causa dell’impermeabilizzazione. Si stima che al 2050 la popolazione aumenterà del 35% e il degrado dei suoli e il cambiamento climatico costringeranno dai 50 ai 700 milioni di persone a migrare.3 Si prevede che le emissioni di gas a effetto serra per la produzione alimentare aumenteranno del 30%.4 Per nutrire la futura popolazione mondiale si stima inoltre un ingente aumento dell’applicazione di azoto (4573%), fosforo (22-46%) e potassio (200-300%) e che oltre 1 miliardo di ettari di terre “selvagge” dovranno essere convertiti in suoli agricoli.5 Il 30% delle aree urbane e il 34% della popolazione urbana si trovano già in regioni aride e nei prossimi quarant’anni si prevede che l’utilizzo globale delle risorse raddoppierà. A tutto questo, si sommano gli impressionanti volumi di materia organica, che anziché ritornare alla terra vengono tuttora conferiti in discarica, e il problema di inquinamento da plastiche e microplastiche e da altri inquinanti che rende ancora più grave lo stato di salute del suolo, una risorsa non rinnovabile e fondamentale per la vita sulla Terra. Se siamo arrivati a questo punto è per un modello di sviluppo dell’economia lineare e dissipativo, 3 UNCCD, Land in numbers 2019 –Risks and opportunities, 2019 (https://bit.ly/39cScnH)4  Ellen MCArthur Foundation, Cities and Circular Economy for food, technical appendix, 2019 (https://bit.ly/30Hh4QX). 5  Hill, J., et al., World Atlas of desertification, JRC 2019 (https://bit. ly/30rHFkF).


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che si è andato globalizzando con attori economicofinanziari sempre più delocalizzati e con obiettivi a corto raggio, che mettono il profitto come fine prevalente a scapito della qualità della vita e del capitale naturale. In questo preciso periodo storico, l’umanità sta fronteggiando un’ulteriore sfida di tipo sanitario, ancora più subdola, ma sempre frutto di un modello privo di radici e basato sull’idea di una crescita illimitata. La bioeconomia oggi rappresenta un tassello fondamentale delle politiche strategiche europee e questa è la prova tangibile della lungimiranza di Raul Gardini. Mai come oggi, la bioeconomia, declinata in una logica circolare, può rappresentare un’opportunità straordinaria per superare il modello lineare di sviluppo e decarbonizzare l’economia, ponendo rimedio ai problemi di degradazione degli ecosistemi e creando nuovi posti di lavoro. Questa rivoluzione si gioca a livello dei territori, sui temi dell’agricoltura e delle filiere integrate, sul rapporto tra città e cibo, sull’eco-design dei prodotti, sulla loro biodegradabilità nelle applicazioni con rischio di accumulo nei suoli e nelle acque, sulle infrastrutture interconnesse per il trattamento dei flussi liquidi e solidi del carbonio organico, sulla messa in campo di processi chimici, fisici e biotecnologici per trasformare gli scarti in prodotti, sullo sviluppo di standard affidabili e di sistemi di monitoraggio, di progetti locali e partnership ambiziose. Quella del nuovo modello di sviluppo che metta al centro le risorse naturali e la loro preservazione e rigenerazione è una sfida globale, da affrontare con l’adeguata partecipazione degli attori di tutta la filiera e della società civile, con il coraggio di speri-


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mentare soluzioni nuove con umiltà e spirito pionieristico e costruttivo. Oggi ritengo che ci sia una base comune su cui poter accelerare il processo di trasformazione del nostro Paese. Raul Gardini ha certamente segnato come nessun altro la mia vita lavorativa dal momento in cui è entrato in Montedison. Ero responsabile del progetto sui Materiali Compositi dell’Istituto Guido Donegani quando fu lanciata la costruzione del Moro di Venezia, qualcosa di più di una semplice imbarcazione, una plastica dimostrazione di cosa è possibile raggiungere per un marinaio che sa dove andare. Poi, essendo entrata a far parte del suo pionieristico progetto per connettere agroindustria e chimica, ho dato il mio contributo strategico e concreto nel settore delle bioplastiche, partecipando alla creazione di Fertec, uscendo dall’Istituto Donegani, rimanendo in Montedison e potendo conoscere dal di dentro il mondo dell’agroindustria. Con la sua capacità di visione e la sua sfida al “business as usual” con l’ambiente come leva strategica mi ha dato l’ispirazione, la casa e i mezzi per iniziare un cammino che si prefigurava, e si sta dimostrando, durissimo, ma che vale la pena di essere percorso, in cui mettere in gioco il cuore, il cervello e l’anima. Novamont è il frutto di quell’ispirazione e del lavoro durissimo mio e di tante altre persone e realtà sempre più numerose che condividono un modello di sviluppo che fa dell’innovazione continua e del forte impegno etico e ambientale i suoi capisaldi. In trent’anni Novamont ha costruito molto lavorando con convinzione controcorrente alla realizzazione di una filiera integrata a monte e a valle, privilegiando un utilizzo efficiente delle risorse, cre-


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ando nuovi impianti in tempi di delocalizzazione e deindustrializzazione e consentendo all’Italia di diventare il laboratorio di un vero e proprio caso studio di bioeconomia. Tuttavia, il settore della chimica verde – e in particolare della bioeconomia, che è quella parte dell’economia circolare che usa risorse biologiche rinnovabili dalla terra e dal mare – avrebbe potuto avere ben altra velocità di sviluppo in Italia e nel mondo se un gruppo come Montedison, che nel 1989 aveva già fatto una scelta strategica chiara, considerando questo settore come terza via di sviluppo, avesse potuto proseguire il suo percorso. Con l’auspicio che la personalità di Raul Gardini, i suoi progetti proiettati verso il futuro, la sua tenacia e la sua capacità di trasformare idee in reali costruzioni in grado di influenzare interi settori, possano diventare, come lo è stato per me, materia di riflessione per tutti quei manager e imprenditori che vogliano provare a dare di più ai territori per invertire la rotta di un’economia senza radici, voglio ringraziare sentitamente l’amico Mario Bonaccorso per aver ripercorso questo importante pezzo di storia industriale e di vita del nostro Paese con una ricostruzione attenta dei fatti, non trascurando di far emergere in maniera plastica la personalità di Gardini.



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