Le parole della Transizione Ecologica

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a cura di Roberto Cavallo

con Maria Napoli, Emanuela Rosio, Roberto Della Seta

LE PAROLE DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA Un lessico per l’economia circolare


a cura di Roberto Cavallo con Maria Napoli, Emanuela Rosio, Roberto Della Seta LE PAROLE DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA Un lessico per l’economia circolare Realizzazione editoriale Edizioni Ambiente www.edizioniambiente.it Coordinamento editoriale: Marco Moro Redazione: Diego Tavazzi Grafica e impaginazione: Roberto Gurdo Progetto grafico: Mauro Panzeri Copertina di: Mauro Panzeri

Un sentito ringraziamento per la preziosa collaborazione all’Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale (AICA), in particolare a Ivana Ristovska e Francesco Bruno. Un grazie per l’indispensabile supporto ad Alberto Casella. Un pensiero a chi mi ha introdotto alla conoscenza della lingua italiana: Floriana Gay e Luciana Vallino Calda.

© 2021, ReteAmbiente Srl via privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi supporto senza il permesso scritto dell’Editore. ISBN 978-88-6627-335-6 Finito di stampare nel mese di settembre 2021 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC®


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Introduzione – Guida alla lettura

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1. Lineare – Circolare di Mattia Pellegrini

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2. Rifiuti – Materiali di Edo Ronchi

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3. Gas a effetto serra di Elisa Palazzi

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4. Salvaguardare – Migliorare di Elisabetta Perrotta

29

5. Proteggere la salute di Agostino Di Ciaula

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6. Fossili – Rinnovabili di Gianni Silvestrini

37

7. Gerarchia di Bernardo Petralia

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8. Ciclo di vita di Mario Grosso

43

9. Prossimità di Roberto Della Seta

47

10. Transizione di Mauro Berruto

49

11. Efficienza di Annalisa Corrado

53

12. Usa-e-getta – Riusare di Sebastiano Marinaccio e Simona Tafuri

57

13. Urbani – Speciali di Paola Ficco


61

14. Coinvolgimento di Fabrizio Iaconetti

66

15. Pubblico – Privato di Rossella Muroni

70

16. Costruzione – Demolizione di Gloria Cerliani

74

17. Materia – Energia di Giovanni De Feo

78

18. Responsabilità (del produttore) – Corresponsabilità (degli attori) di Giorgio Osti

82

19. Prevenzione di Roberto Cavallo

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20. Incentivi – Tasse di Patty L’Abbate

91

21. Donare di Andrea Segrè

94

22. Scambiare di Marta Prisco

97

23. Simbiosi di Francesco Farinetti

100

24. Sottoprodotto di Alessio Colombo e Tiziana Monterisi

104

25. Durevole di Stefania Divertito

108

26. Smontabile di Letizia Palmisano


112

27. Riparabile di Danilo Bonato

115

28. Obsolescenza programmata (e percepita) di Maria Napoli

119

29. Buttare – Consegnare di Bruno Bignami

123

30. Raccolta differenziata di Walter Ganapini

128

31. Cernita di Diego Barsotti

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32. Reti di Andrea Fluttero

134

33. Economia sociale di Luciano Canova

137

34. Cauzione – Rimborso di Elisa Meloni

143

35. Riconsegnare – Ricaricare di Irene Ivoi

147

36. Ricostruzione di Adriano Paolell

151

37. Ridestinare di Claudia Martore

154

38. Condividere di Dario Padovan

160

39. Comunicazione di Emanuela Rosio

164

40. Formazione di Alessio Ciacci


168

41. Misurare di Sara Pavia

172

42. Dispersione (Marine littering) di Silvio Greco

176

43. Piani di gestione di Barbara Degani

180

44. Bioeconomia di Catia Bastioli

184

45. Biodegradabile – Compostabile di Massimo Centemero

189

46. Sostituire di Pinuccia Montanari

194

47. Riciclare di Gennaro Galdo

198

48. Riciclo organico (aerobico – anaerobico) di Enzo Favoino

203

49. Incenerimento di Roberto Cavallo

208

50. Disfarsi di Sara Hejazi

212

51. Plastica di Francesco Ferrante

216

52. Discarica di Stefania Bove

220

53. Impianti di Stefano Ciafani


Introduzione – Guida alla lettura

“Vai a vuotare il secchio nella tampa*, la buccia del melone però dalla ai conigli”. L’ordine di mio nonno prevedeva l’attraversamento del cortile, e al mio arrivo era un gran movimento di zampette prima e di denti poi, per proseguire dietro casa, dove vuotavo il secchio nella fossa sopra l’erba tagliata da poco, mescolata agli escrementi dei conigli e ai nostri rari scarti di cibo. “Vai a buttare l’immondizia” era la frase che mi ripeteva mia madre una volta tornati in città, dopo aver lasciato il ritiro estivo nella casa di campagna. “Chi è che porta fuori la plastica domani?”. Questa, invece, è la domanda che mia moglie lancia nell’aria, più o meno una volta al mese, spesso senza troppo successo. “Cosa ti ha detto mentre gli consegnavi la carta?” mi immagino che chiederò tra qualche anno a chi mi sarà vicino. Il linguaggio nel tempo è sempre cambiato. Ha accompagnato le fasi di transizione, le profonde trasformazioni o gli shock che hanno condizionato la vita della specie umana soprattutto negli ultimi due secoli. Da un lato, il linguaggio viene influenzato dai mutamenti che attraversiamo, basti pensare a quanti termini nuovi abbiamo imparato a utilizzare nel corso della pandemia di COVID-19, pressoché sconosciuti, a partire dal termine stesso di “pandemia”. D’altro canto, però, il linguaggio stesso influenza il nostro pensare, le nostre emozioni e dunque il nostro agire. Siamo influenzati negli acquisti, su dove andare in vacanza, su cosa fare nel tempo libero, su come ci relazioniamo con gli altri, da forme di comunicazione caratterizzate da aggettivi, verbi, sostantivi scelti da esperti di psicologia del linguaggio e della comunicazione, da specialisti

*  Termine piemontese per indicare la fossa o buca in cui si buttano i residui organici


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della programmazione neuro-linguistica (Pnl) e, quasi senza accorgercene, cambiamo le nostre abitudini, i nostri comportamenti. Da alcuni anni, nelle chiacchierate con colleghi e compagni di viaggio, mi chiedo quanto possiamo fare per aiutare, attraverso il linguaggio, il cambiamento in una vera transizione verso la sostenibilità. Le frasi che ho riportato in apertura, per esempio, evidenziano come, nel corso di tre generazioni, il linguaggio che accompagna un gesto quotidiano, come quello di disfarsi di un materiale cui non diamo più valore, sia cambiato o possa cambiare. Un maestro dell’uso delle parole come Italo Calvino ha descritto in modo profetico il rapporto dell’uomo con i prodotti destinati a diventare rifiuti: vi invito a rileggere Marcovaldo al supermarket (1963), poi Leonia, in Le città invisibili (1972) e infine la Poubelle Agrée (1974), e a fare attenzione alla scelta dei termini da parte dell’autore e alle emozioni che vi suscitano. Mi sono convinto, sulla base di migliaia di incontri e centinaia di migliaia di espressioni osservate e ascoltate, che prima di tutto c’è bisogno di una molteplicità di punti di vista, così da evitare che il linguaggio si cristallizzi e diventi quasi un gergo per addetti ai lavori. Ricordo che, nel corso di un incontro pubblico in cui raccontavo come praticare al meglio la raccolta differenziata, dissi di “conferire un determinato oggetto negli Rsu”; al termine dell’incontro mi prese da parte una signora che aveva abbondantemente superato la settantina e mi chiese, molto timidamente, cosa volesse dire conferire, perché lei fino a quel momento aveva “conferito solo con il parroco”. Mentre poco dopo mi prese sottobraccio un ragazzo sulla trentina e si presentò come il delegato Rsu, così che a mia volta gli chiesi cosa significasse, ignorando le sigle sindacali. Oggi, invece, molte locuzioni che fanno riferimento alla sostenibilità utilizzano termini inglesi, dalla green economy al Green New Deal, dal Life Cycle Assessment all’upcycling, rischiando di creare ulteriore confusione o distacco. Per questo, con i curatori Roberto Della Seta, Maria Napoli ed Emanuela Rosio, cui va il mio sentito ringraziamento per il fondamentale sostegno nella realizzazione di questo libro, abbiamo chiesto a oltre cinquanta


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fra colleghi e amici di interpretare, sulla base della loro esperienza, un lemma estratto, in ordine più o meno fedele di apparizione, dalla nuova direttiva comunitaria sull’economia circolare. Abbiamo chiesto loro – economisti, giuristi, sociologi, ambientalisti, politici, ingegneri, agronomi, magistrati, antropologi – di raccontare la loro esperienza con il lemma assegnato, accompagnando la narrazione con qualche considerazione rispetto all’importanza che assegnano al termine stesso pensando alla transizione dall’economia lineare all’economia circolare. Abbiamo pensato di introdurre ciascun termine con una definizione, grazie all’aiuto di diversi dizionari, così da accompagnare il lettore a familiarizzare di volta in volta con il sostantivo, l’aggettivo o il verbo in questione, offrendo al contempo un ulteriore punto di vista, ovvero quello dell’origine etimologica e dei diversi utilizzi del termine. Utilizzi non sempre scontati, anzi, in alcuni casi perfino sorprendenti. Inoltre abbiamo deciso di usare un’iconografia per accompagnare ciascun termine, così da proiettarne l’utilizzo in una fase temporale. Anche sulla base dell’interpretazione data da ciascun autore abbiamo deciso di classificare il termine: al passato;

al futuro;

o alla fase di transizione

Potete leggere il libro seguendo la successione delle pagine, oppure scegliere a caso un termine per volta. I termini sono volutamente non in ordine alfabetico, ma seguono, più o meno fedelmente, l’ordine di apparizione all’interno della direttiva comunitaria sull’economia circolare. Sono convinto che troverete conferme, ma anche molte suggestioni per riflettere sull’uso delle parole e che, al termine della lettura, cambierete molte delle frasi che oggi pronunciate.


1. Lineare – Circolare di Mattia Pellegrini*

Lineare aggettivo dal latino linearis, a sua volta da linea che, a seconda degli autori, deriva da linum ovvero “lino” o dalla radice li- (bagnare, scorrere) o linere che sta per “spalmare”. Il termine è dunque riferito a una linea, in particolare una retta. In matematica si parla di funzione lineare quando le variabili sono al primo grado; per estensione in fisica quando un fenomeno è descritto da un’equazione lineare. L’aggettivo lineare si può associare alla scrittura per distinguerla da quella pittografica, o a una foglia per descriverne una forma a margini pressoché paralleli, in chimica per descrivere una catena di atomi disposti lungo un unico asse. L’aggettivo lineare si usa anche in modo figurato, per esempio quando una persona mantiene un comportamento coerente (condotta lineare) o presenta le proprie idee in modo semplice, chiaro (ragionamento lineare). Circolare aggettivo e sostantivo femminile dal provenzale cerles, a sua volta dal tardo latino circularis, derivato da circŭlus, diminutivo di circus, in greco kirkos, che significa “cerchio”. Si usa l’aggettivo per specificare quando un oggetto, un fenomeno o una circostanza assume caratteristiche e proprietà che riconducono alla circonferenza. In matematica sono circolari le funzioni trigonometriche che originano da un cerchio trigonometrico. Sempre come aggettivo è usato per definire un percorso che torna all’origine, per esempio in montagna un itinerario circolare. In senso figurato, quando il racconto degli elementi segue un filo logico, unendo gli elementi stessi e si parla di ragionamento circolare. Si utilizza anche per descrivere qualcosa che ha grande libertà di circolazione, come un biglietto che consente di utilizzare tutti i mezzi di una città: abbonamento circolare. Può anche essere sostantivo per indicare una lettera o un atto, soprattutto della pubblica amministrazione, destinata a un insieme definito di persone: “la circolare del preside”.

Dal dicembre 2019 ho il piacere di occuparmi di economia circolare alla Direzione Generale Ambiente della Commissione europea. Si tratta di un momento epocale perché la Commissione europea, per la prima volta nella sua storia, ha posto il Green New Deal come priorità politica del suo mandato quinquennale. Le azioni nel campo dell’economia circolare sono uno dei pilastri su cui si basa il Green New Deal europeo, che non è soltanto essenziale ai fini della tutela ambientale, ma va visto anche come un nuovo modello economico per un “rinascimento” industriale europeo.

*  Mattia Pellegrini – Capo unità “Gestione rifiuti e materie secondarie”, Commissione europea – Direzione generale ambiente.


Un lessico per l’economia circolare 11

Per capire i due vocaboli, “lineare” e “circolare”, partiamo dalla Direttiva Ue 2018/851 del 30 maggio 2018 relativa ai rifiuti. La Direttiva fa riferimento per ben undici volte al termine “economia circolare”, ma non ne contiene una definizione. Il termine “economia lineare” non viene mai citato. Un lettore poco attento potrebbe dunque concludere che la direttiva sia poco chiara in materia. In realtà la Direttiva è molto chiara e prevede una chiara “gerarchia dei rifiuti” che è la vera essenza di un’economia circolare. La Direttiva richiede agli stati membri dell’Unione europea di privilegiare la prevenzione del rifiuto, compresi il riutilizzo, la preparazione per il riutilizzo e il riciclo. Non ho mai veramente amato la parola “gerarchia”, per la sua connotazione a volte negativa quando è collegata a subordinazione o supremazia, ma trovo che in questo caso sia davvero un termine necessario, per far capire che lo smaltimento in discarica deve essere l’opzione di gestione dei rifiuti meno preferibile. Cercherò di spiegarvi in parole semplici i due opposti “lineare” e “circolare” e riflettere sul fatto che in realtà la circolarità è un valore che arriva dal passato, che i nostri nonni applicavano sistematicamente, evitando qualsiasi forma di spreco. Economia lineare Per semplificare, con l’economia lineare si estraggono materie prime che vengono trasformate in un prodotto, il quale viene gettato via dopo l’uso. Nell’economia lineare si preferiscono prodotti di breve durata. Breve durata significa materiali meno adatti a resistere al tempo, costi di produzione più bassi, maggiori vendite e minori costi di assistenza. Tale modello dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali ed energia, facilmente reperibili, e a basso prezzo. È stato stimato che da qui al 2050 il mondo consumerà risorse pari a tre pianeti. Poiché esiste un solo pianeta Terra, continuare ad alimentare uno sviluppo economico di tipo lineare porterebbe da qui a qualche decennio al collasso del nostro pianeta. Economia circolare I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato su uno schema opposto: estrarre, produrre, utilizzare e gettare. Nell’economia circolare, al contrario, il valore dei


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prodotti e dei materiali è mantenuto il più a lungo possibile. La produzione di rifiuti e l’utilizzo di risorse sono contenuti al minimo, attraverso la prevenzione, e i prodotti alla fine del loro ciclo di vita vengono riutilizzati o riciclati per creare nuovo valore. Questo sistema virtuoso consente non soltanto di realizzare chiari benefici per l’ambiente, ma stimola al contempo l’innovazione e la competitività di lungo termine. L’economia circolare è dunque un modello economico che minimizza gli sprechi delle risorse naturali e facilita il riutilizzo, la riparazione e il riciclo di materiali e prodotti esistenti. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto, laddove possibile, vengono reintrodotti nel ciclo economico e possono essere continuamente riutilizzati all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore. Qualche esempio di “prodotto circolare” L’economia circolare prevede che tutti i prodotti immessi sul mercato vengano disegnati in maniera intelligente al fine di essere riutilizzati e riciclati alla fine del loro ciclo di vita, e che durino nel tempo. Per esempio, le bottiglie dovrebbero essere progettate con forme e materiali che ne rendano più facile il riutilizzo, prima ancora del riciclo. Prendiamo un altro oggetto che utilizziamo tutti i giorni, il nostro telefono cellulare. A oggi, circa 6 miliardi di persone, nel mondo, ne possiedono almeno uno. In Italia, circa il 94% della popolazione possiede un telefono cellulare. Poche persone sanno che i cellulari sono preziose miniere di materie prime: contengono diversi metalli nobili e rari, per esempio rame, oro, litio, indio e palladio. Non vi è dubbio che riciclare i telefoni convenga, ma purtroppo non sempre è così facile, anche per la maniera in cui sono progettati. Un “telefono cellulare circolare” dovrebbe essere costruito in modo da rendere semplice ed economico riciclarne i pezzi e recuperarne i materiali rari. Inoltre, dovrebbe essere facile da riparare a prezzi accessibili per il consumatore, e la sua vita dovrebbe essere la più lunga possibile. L’Unione europea leader mondiale della transizione verso un’economia circolare La Ellen MacArthur Foundation, un ente indipendente nato nel 2010, ha recentemente delineato l’opportunità economica di questo modello.


Un lessico per l’economia circolare 13

L’economia circolare, secondo la definizione che ne dà la stessa Foundation, “è un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola. In un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera”. L’economia circolare è dunque un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro. Nell’economia lineare, invece, terminato il consumo termina anche il ciclo del prodotto, che diventa rifiuto, costringendo la catena economica a riprendere continuamente lo stesso schema: estrazione, produzione, consumo, smaltimento. Piano d’azione della Commissione europea Nel 2015 la Commissione europea ha adottato un ambizioso piano d’azione a sostegno dell’economia circolare ecco alcuni dei punti chiave, individuati: • preservazione delle risorse, comprese quelle scarse e soggette a fluttuazioni di prezzo; • risparmi per le industrie europee; • apertura di nuove opportunità di business; • creazione di un sistema innovativo ed efficiente di produzione ed esportazione; • creazione di posti di lavoro, generici e specializzati, in ambito locale; • creazione di opportunità di integrazione sociale e coesione. Le azioni proposte dalla Commissione europea contribuiranno a chiudere il cerchio del ciclo di vita dei prodotti, incrementando riciclo e riutilizzo, arrecando vantaggi all’ambiente e all’economia. L’incentivazione dell’economia circolare si fonda su due capisaldi: 1. la riduzione della quantità di rifiuti da gestire, raggiungibile sia attraverso misure di prevenzione da applicare non solo durante il processo produttivo ma già in sede di progettazione dei beni, sia selezionando con attenzione gli scarti di lavorazione che possono essere qualificati come sottoprodotti e dunque idonei alla commercializzazione; 2. la diffusione, tramite il riciclo e le operazioni di recupero, dei procedimenti e dei trattamenti volti alla cessazione della qualifica di rifiuto.


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Il 14 giugno 2018 è stato pubblicato il cosiddetto Pacchetto economia circolare (in vigore dal 4 luglio 2018), composto da quattro Direttive intervenute a modificarne sei precedenti in materia di rifiuti. Si tratta della: 1. Direttiva Ue 2018/849, in modifica delle precedenti direttive in materia di veicoli fuori uso, pile e accumulatori, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche [N 1]; 2. Direttiva Ue 2018/850, in modifica della precedente direttiva in materia di discariche [N 2]; 3. Direttiva Ue 2018/851, in modifica della precedente direttiva relativa ai rifiuti [N 3]; 4. Direttiva Ue 2018/852, in modifica della precedente direttiva in tema di imballaggi e rifiuti da imballaggio. Il fine di questi interventi è di evitare o ridurre al minimo la produzione di rifiuti attraverso l’armonizzazione della raccolta differenziata, la limitazione di prodotti monouso e la promozione di un mercato delle materie prime seconde di alta qualità. L’obiettivo è quello di passare entro il 2035 dal 65 al 70% di riciclo e per i rifiuti da imballaggio dal 75 all’80%, mentre il conferimento in discarica non dovrà superare il 10% dei rifiuti prodotti. Per convertire il rifiuto in risorsa, reimmettendolo nel ciclo produttivo attraverso il riciclo, o per prolungare il ciclo di funzionamento dei prodotti, il legislatore italiano, nel rispetto nella normativa europea (in particolare della Direttiva Ue 2018/851), ha introdotto il regime di responsabilità estesa del produttore, che consiste nell’applicazione di una serie di misure volte ad assicurare che ai produttori spetti la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa rifiuto. Le misure adottate possono essere legislative o non legislative, e possono includere l’accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo l’utilizzo di tali prodotti, nonché la successiva gestione dei rifiuti e la responsabilità finanziaria per tali attività; oppure possono includere l’obbligo di mettere a disposizione del pubblico informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile. Come è fatto un “prodotto circolare”? L’economia circolare è tale quando un processo produttivo è virtuoso fin dalle sue prime fasi, a partire, per esempio, dall’utilizzo massiccio


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di fonti di energia rinnovabile, elemento centrale della sostenibilità, e quando, accanto all’innovazione tecnologica, garantisce un intenso e costante passaggio di informazioni tra i diversi soggetti economici. Serve una forte capacità di innovazione e prodotti disegnati in maniera efficiente, che durino nel tempo e che nella loro interezza o nelle loro singole parti possano essere riciclabili o riutilizzabili in altre forme. Dopo l’adozione del Green New Deal europeo nel dicembre del 2019, la Commissione europea ha pubblicato nel marzo del 2020, pochi giorni prima della chiusura dei suoi uffici per la pandemia COVID-19, il Piano d’azione per l’economia circolare. È interessante notare che tale pubblicazione è avvenuta lo stesso giorno dell’adozione del Piano d’azione per una strategia industriale europea. Non si tratta di una mera coincidenza, ma di una scelta intenzionale della Commissione europea per indicare che sviluppare un’economia circolare è la chiave per rilanciare il modello produttivo europeo. Per un continente come l’Europa, povero di risorse e soggetto a una forte volatilità dei prezzi, l’economia circolare è una scelta quasi obbligatoria per garantire e rilanciare la competitività dell’Unione, creando sia nuove opportunità commerciali, sia modi di produzione e consumo innovativi e più efficienti. Inoltre, l’introduzione di principi di circolarità nei nostri modelli produttivi genererà nuovi posti di lavoro green e favorirà lo sviluppo di nuove qualifiche. Infine, l’estensione dell’economia circolare agli operatori economici tradizionali contribuirà in modo significativo al conseguimento della neutralità climatica entro il 2050 e alla dissociazione della crescita economica dall’uso delle risorse. Recentemente, si è registrato un interesse crescente dei mezzi di comunicazione di massa relativamente al tema dell’economia circolare e spesso l’Europa viene descritta come il continente leader in materia di circolarità. Pur essendo vero, anche l’Europa è lontana da un modello economico perfettamente circolare. Qualche dato ci può dare un’idea chiara della sfida che abbiamo davanti a noi come cittadini europei e del mondo. Si prevede che nei prossimi quarant’anni il consumo complessivo di materiali raddoppierà, e parallelamente la produzione annuale di rifiuti aumenterà del 70% entro il 2050. Ci sono interi settori industriali che continuano a basarsi su un modello produttivo completamente lineare, basti pensare al tessile o alle plastiche. Si stima che meno dell’1% di tutti i prodotti tessili del



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