Gestire i rifiuti tra legge e tecnica – 2023

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GESTIRE I RIFIUTI TRA LEGGE E TECNICA



In collaborazione con

Gestire i rifiuti tra legge e tecnica

2023 Paola Ficco a cura di

X edizione Introduzione di Pasquale Fimiani Con i contributi di: Paola Ficco Leonardo Filippucci Luigi Fimiani Rosanna Laraia †Eugenio Onori aggiornato da Daniele Bagon Claudio Rispoli FREEBOOK AMBIENTE NORMATIVA


GESTIRE I RIFIUTI TRA LEGGE E TECNICA

a cura di Paola Ficco autore dei capitoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25. Con i contributi di: Leonardo Filippucci, autore del capitolo 10; Luigi Fimiani, autore del capitolo 12; Pasquale Fimiani, autore dell’introduzione; Rosanna Laraia, autore del capitolo 16; Eugenio Onori aggiornato da Daniele Bagon autore del capitolo 11; Claudio Rispoli, autore dei capitoli 7 e 8.

REALIZZAZIONE EDITORIALE:

Edizioni Ambiente www.edizioniambiente.it REDAZIONE: Simona Faccioli, Costanza Kenda con l’Osservatorio di normativa ambientale di ReteAmbiente.it PROGETTO GRAFICO: Roberto Gurdo, Mauro Panzeri IMPAGINAZIONE: Alessio Scordamaglia UFFICIO STAMPA: ufficio.stampa@edizioniambiente.it Tutti i diritti riservati. Quest’opera non può, in tutto o in parte, essere riprodotta, comunicata, eseguita, rappresentata, elaborata o modificata in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo senza il permesso scritto dell’Editore. È consentita l’utilizzazione esclusivamente personale, a fini non commerciali e comunque non in concorrenza con i diritti economici spettanti agli aventi diritto. ISBN: 978 88 6627 386 8 © 2023, ReteAmbiente Srl via privata Giovanni Bensi 12/5, 20152 Milano tel. 02.45487277, fax 02.45487333 Il network www.reteambiente.com www.edizioniambiente.it www.reteambiente.it www.reteambienteformazione.it www.rivistarifiuti.it

www.nextville.it www.freebookambiente.it www.puntosostenibile.it www.streaming.reteambiente.it

Finito di stampare nel mese di ottobre 2023 presso GECA S.r.l., San Giuliano Milanese (Mi) Stampato in Italia – Printed in Italy Questo libro è stampato su carta certificata FSC® Aggiornato a settembre 2023


SOMMARIO

GLI AUTORI

21

INTRODUZIONE. I PRINCIPI DELLA GESTIONE PUBBLICA E PRIVATA DEI RIFIUTI di Pasquale Fimiani

23

PARTE GENERALE 1.

LA FINALITÀ DELLA DISCIPLINA SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI di Paola Ficco

35

2.

LA DEFINIZIONE DI RIFIUTO E L’ATTRIBUZIONE DEL CODICE EER di Paola Ficco

57

3.

IL PRODUTTORE E IL DETENTORE DEI RIFIUTI: INDIVIDUAZIONE di Paola Ficco

87

4.

IL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA PARTE QUARTA DEL “CODICE AMBIENTALE” TRA RIFIUTI, SOTTOPRODOTTI, MPS ED END OF WASTE di Paola Ficco

115

5.

LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI di Paola Ficco

155

6.

LA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI TRA VECCHIE E NUOVE SCRITTURE AMBIENTALI di Paola Ficco

173

7.

RIFIUTI PERICOLOSI, LA MISCELAZIONE E L’ADR di Claudio Rispoli

227


8.

IL DEPOSITO TEMPORANEO di Claudio Rispoli

243

9.

IL DEPOSITO INCONTROLLATO E L’ABBANDONO DI RIFIUTI di Paola Ficco

247

TAVOLA SINOTTICA DEI PRINCIPALI ADEMPIMENTI GESTIONALI DEI PRODUTTORI E DEI GESTORI DI RIFIUTI di Paola Ficco

265

10.

TRATTAMENTO DEI RIFIUTI E REGIME AUTORIZZATORIO di Leonardo Filippucci

269

11.

ALBO NAZIONALE GESTORI AMBIENTALI di †Eugenio Onori aggiornato da Daniele Bagon

305

12.

LA TUTELA PENALE E I RIFIUTI di Luigi Fimiani

363

PARTE SPECIALE 13.

ACQUE DI SCARICO E RIFIUTI ALLO STATO LIQUIDO di Paola Ficco

14.

CONGLOMERATO BITUMINOSO (FRESATO D’ASFALTO) ED END OF WASTE di Paola Ficco

15.

FANGHI DI DEPURAZIONE di Paola Ficco

481

16.

LA NORMATIVA IN MATERIA DI DISCARICHE di Rosanna Laraia

489

17.

OLIO USATO di Paola Ficco

509

18.

RAEE di Paola Ficco

531

19.

RECUPERO DEI RIFIUTI CONTENENTI AMIANTO di Paola Ficco

559

20.

RIFIUTI ACCIDENTALMENTE PESCATI E LEGGE “SALVA MARE” di Paola Ficco

563

21.

RIFIUTI DA MANUTENZIONE, MANUTENZIONE ALLE INFRASTRUTTURE, ASSISTENZA SANITARIA E PULIZIA di Paola Ficco

569

455

465


22.

RIFIUTI DI IMBALLAGGI di Paola Ficco

23.

SISTEMI PER LA GESTIONE DI ALCUNE PARTICOLARI TIPOLOGIE DI RIFIUTI di Paola Ficco

24.

SOTTOPRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE di Paola Ficco

597

25.

TERRE, ROCCE E MATERIALI DI SCAVO di Paola Ficco

605

INDICE ANALITICO

629

579

591



Il Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi Conai, Consorzio Nazionale Imballaggi, è il Consorzio privato, senza fini di lucro, costituito dai produttori e utilizzatori di imballaggi per perseguire gli obiettivi di recupero e riciclo dei materiali di imballaggio previsti dalla legislazione europea e nazionale. Conai è l’organismo che la legge ha delegato a garantire il passaggio da un sistema di gestione dei rifiuti basato sulla discarica ad un sistema integrato che realizza il recupero e il riciclo dei rifiuti di imballaggio. Con più di 750.000 aziende consorziate, rappresenta una tra le maggiori realtà consortili europee, a testimonianza della massiccia adesione del mondo imprenditoriale agli obiettivi di recupero dei materiali riciclabili e al modello scelto per raggiungere questi obiettivi. Un modello di gestione da parte dei privati di un interesse di natura pubblica, la tutela ambientale, in un’ottica di responsabilità condivisa

tra imprese, Pubblica amministrazione e cittadini, che va dalla produzione dell’imballaggio alla gestione del fine vita dello stesso. Conai, che agisce con i Comuni in base a specifiche convenzioni, rappresenta per i cittadini la garanzia che i materiali provenienti dalla raccolta differenziata trovino pieno utilizzo attraverso corretti processi di recupero e riciclo. Conai indirizza l’attività e garantisce i risultati di recupero dei sette Consorzi dei materiali: acciaio (Ricrea), alluminio (Cial), bioplastica (Biorepack), carta e cartone (Comieco), legno (Rilegno), plastica (Corepla), vetro (Coreve). Nel 2022 il 73% dei rifiuti di imballaggio sul territorio nazionale è stato avviato a riciclo, anche grazie all’operato di Conai e dei Consorzi di Filiera, per un totale di 10,4 milioni di tonnellate. Considerando anche la quota di recupero energetico, l’80,5% delle 14,5 milioni di tonnellate di imballaggi immesse al consumo sul territorio nazionale è stato avviato a recupero complessivo. www.conai.org


BIOREPACK - Consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile - è stato costituito nel 2018 e ha ottenuto formale approvazione del proprio Statuto il 16 ottobre 2020 con decreto del Ministro della Transizione Ecologica di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, pubblicato in Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 284 – il 14 novembre 2020. Biorepack è un consorzio di diritto privato che opera senza scopo di lucro all’interno del sistema CONAI per la gestione a fine vita degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certificati UNI EN 13432, che possono essere riciclati con la raccolta della frazione organica dei rifiuti (art. 182 ter del Codice ambientale – Dlgs 152/2006) e trasformati, con specifico trattamento industriale, in compost. Alla base dello sviluppo dell’industria del riciclo e degli attuali schemi di compliance risiede il concetto di “responsabilità estesa del produttore” (EPR, Extended Producer Responsibility), adottata dall’UE all’interno della propria politica ambientale tramite una apposita direttiva che individua nel produttore di un bene il responsabile della sua gestione dalla fase di progettazione alla fase post-consumo, ovvero una volta diventato rifiuto. Biorepack nasce con lo scopo di ottimizzare la gestione del fine vita degli imballaggi in bioplastica compostabile: dalla promozione della loro etichettatura alla loro riconoscibilità, dal corretto conferimento da parte dei cittadini nella raccolta differenziata dell’umido domestico alla garanzia del raggiungimento degli obiettivi di riciclo attraverso il compostaggio, anche mediante campagne di comunicazione specifiche. Gli imballaggi di riferimento per BIOREPACK sono: • i sacchetti per il trasporto merci; • i sacchi per frutta e verdura o altri alimenti venduti sfusi (reparti del fresco);

• i piatti, bicchieri e stoviglie; • altri imballaggi alimentari: pellicole, vassoi, vaschette, retine; • le capsule per il caffè; • altri imballaggi (bottiglie/flaconi, vaschette in espanso per gelati, ecc.) purché realizzati in plastica biodegradabile e compostabile certificati UNI EN 13432 e che riportino i marchi di compostabilità certificata. BIOREPACK ha siglato con ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani – uno specifico accordo da cui discendono specifiche convenzioni sottoscritte con le amministrazioni locali o con gli operatori da queste delegati, che si impegnano a far raccogliere, trasportare e avviare a riciclo i rifiuti d’imballaggio in bioplastica compostabile conferiti dai cittadini assieme alla frazione umida urbana. A fronte della quantità dei rifiuti di imballaggio in bioplastica compostabile che i singoli convenzionati avviano a effettivo trattamento (riciclo organico) nonché della qualità della frazione umida urbana, Biorepack riconosce distinti corrispettivi economici a copertura dei costi di: ® raccolta differenziata ® trasporto ® trattamento (riciclo organico) In linea generale BIOREPACK contribuisce all’incremento dei risultati di riciclo nel settore degli imballaggi e dei rifiuti urbani e alla valorizzazione del compost, risorsa biologica strategica per mantenere la salute del nostro suolo, consentendo al nostro Paese di rafforzare la sua leadership nel settore della bioeconomia circolare. La mission consortile si ispira ai valori della protezione del capitale naturale, a favore dei cittadini, delle imprese della filiera, del Paese, ponendo sempre al centro il conseguimento del bene comune. www.biorepack.org


CIAL è un consorzio nazionale senza fini di lucro nato nel 1997 grazie all’impegno assunto dalle aziende che operano nel settore degli imballaggi in alluminio, nella ricerca di soluzioni per ridurre e recuperare gli imballaggi, conciliando le esigenze di mercato con quelle di tutela dell’ambiente. Il Consorzio, che raggruppa produttori di alluminio, trasformatori, fabbricanti e utilizzatori di imballaggi in alluminio, nonché recuperatori e riciclatori di rifiuti di imballaggio, ha tra i propri compiti quello di garantire il recupero e l’avvio al riciclo degli imballaggi in alluminio post-consumo provenienti dalla raccolta differenziata organizzata dai Comuni italiani: lattine per bevande, scatolette e vaschette per gli alimenti, bombolette aerosol, tubetti, foglio sottile, tappi e chiusure. Quest’attività ha permesso, in questi ultimi anni, grazie a un incremento delle quantità raccolte di raggiungere e superare gli obiettivi previsti dalla normativa europea. Ad oggi, infatti, i risultati ottenuti in termini di raccolta differenziata, riciclo e recupero, sono particolarmente positivi e hanno reso l’Italia un esempio per tutta l’Europa. Nel 2022 circa il 73% degli imballaggi in alluminio immessi nel marcato italiano è stato avviato al riciclo. La quota si alza al 91,6% se parliamo delle sole lattine per bevande. CIAL opera all’interno del sistema del recupero degli imballaggi fondato su due importanti principi: • “responsabilità condivisa” • “chi inquina paga” e svolge la propria attività sul territorio nazionale in stretta collaborazione e coordinamento con altre istituzioni e organismi:

• il Conai – Consorzio Nazionale Imballaggi, e gli altri Consorzi nazionali di filiera per il riciclo degli imballaggi • i Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico • tutte le associazioni si settore, a livello nazionale ed europeo Le attività svolte dal Consorzio vengono finanziate tramite: • i contributi pagati dalle imprese per ogni kg di imballaggi in alluminio immesso al consumo e finalizzati alla loro raccolta e recupero • i proventi derivanti dalle attività di riciclo • la contribuzione volontaria dei propri consorziati Gli obiettivi generali di CiAl sono: • lo sviluppo della raccolta differenziata degli imballaggi di alluminio postconsumo • l’avvio a recupero dei rifiuti da imballaggio di alluminio prioritariamente attraverso il loro riciclo • il monitoraggio delle attività di prevenzione orientate al contenimento della produzione dei rifiuti Per realizzare gli obiettivi di riciclo, il Consorzio CIAL stipula apposite convenzioni con i Comuni, o con imprese da essi delegate, per l’organizzazione della raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio. I costi della raccolta sono coperti interamente da CIAL attraverso il riconoscimento di un corrispettivo prestabilito, in linea con quanto disposto dall’Accordo Quadro fra Il Consorzio Nazionale Imballaggi (CONAI) e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI). www.cial.it


Il Consorzio Italiano Compostatori è un’organizzazione senza fini di lucro che si occupa di promuovere e valorizzare le attività di riciclo di rifiuti e sottoprodotti a matrice organica e ha come finalità la produzione di compost, fertilizzanti organici e biometano. Il CIC rappresenta circa 150 Aziende che operano nel settore del riciclo organico. I consorziati al CIC sono produttori e gestori di impianti di compostaggio e/o digestione anaerobica, associazioni di categoria, aziende e studi tecnici che si occupano di rifiuti organici, produttori di macchinari ed attrezzature, laboratori, enti di studio e di ricerca. Il Consorzio Italiano Compostatori, nato nel 1992, da diversi anni monitora l’intera filiera del settore del rifiuto organico in Italia durante tutte le sue fasi produttive, dalla verifica della qualità delle biomasse compostabili fino alla definizione della qualità dei prodotti finali. Tra le matrici più diffuse nella filiera si colloca il rifiuto organico (per semplicità: “umido” e “verde”) proveniente dalle raccolte differenziate dei comuni italiani. Ad oggi in Italia si stima che sono più di 50 mln gli abitanti che operano la raccolta differenziata del rifiuto organico; gli ultimi dati ufficiali (dati Ispra relativi al 2021) confermano che più di 7 mln di t/anno di rifiuto organico sono state raccolte nei comuni, di cui più di 5 mln t/a di rifiuto umido. In sintesi, i prodotti che originano dal trattamento dei rifiuti a matrice organica prendendo la base annua del 2021 - sono: 2,1 mln ton di compost, 406 Mln m3, Biogas da cui si derivano 136 Mln m3 Biometano, 440 GWh elettrici e 125 GWh termici. Il CIC è da sempre impegnato in numerose iniziative volte alla prevenzione della produzione di rifiuti organici e alla diffusione di una raccolta differenziata di qualità che permette l’effettivo riciclo degli scarti organici negli impianti di trattamento biologico dedicati. A tal fine, oltre a monitorare costantemente tramite analisi merceologiche la qualità della

frazione organica in ingresso agli impianti di compostaggio, o impianti integrati di digestione anaerobica e compostaggio, ha ideato due programmi di qualità. Nel 2004 è nato il “Marchio Compost di Qualità CIC” che, attraverso verifiche continue sul prodotto attesta le caratteristiche agronomiche dei fertilizzanti organici prodotti negli impianti delle Aziende associate. Nel 2007 è nato il “Marchio Compostabile CIC”, che garantisce l’oggettiva compostabilità dei manufatti biodegradabili durante il riciclo del rifiuto organico negli impianti di compostaggio su scala industriale. Nel 2016 il CIC ha promosso e aderito alla Piattaforma Biometano per promuovere la produzione e l’impiego di biocarburanti avanzati quali il biometano oltre alla promozione e valorizzazione dei fertilizzanti organici. Inoltre, il Consorzio ha sviluppato numerose ricerche e studi di settore e ha creato nuove partnership con numerose associazioni nazionali ed internazionali. Il CIC è membro fondatore dell’European Compost Network (ECN), l’organizzazione leader in Europa che promuove le pratiche di promozione del recupero del rifiuto organico. Proprio a Bruxelles il CIC ha, da diversi anni, un’attività di presidio costante in coerenza con le politiche europee orientate allo sviluppo di un’Economia circolare e alla promozione della raccolta differenziata negli stati membri. Il CIC è anche ambasciatore nel mondo di Ecomondo, la Fiera dell’industria italiana della Green Economy, è membro fondatore di Word Biogas Association, è membro di ISWA International e partner dell’US Composting Council americano. Nel 2019 il CIC ed ECN hanno lanciato SOS Soil, Save Organics in Soil, la Piattaforma per la valorizzazione della sostanza organica nel suolo cic@compost.it www.compost.it www.compostabile.com www.saveorganicsinsoil.org Istagram, Facebook, Twitter @consorzioCIC


Cobat è la grande piattaforma italiana dell’economia circolare, che lavora a stretto contatto con le principali imprese tecnologiche del Paese e continua a puntare su innovazione e ricerca, consapevole che i prodotti di oggi sono le materie prime di domani. Forte di una leadership e di un’esperienza di oltre 30 anni nella raccolta di pile e di accumulatori esausti, Cobat è una SPA Società Benefit, oggi parte del gruppo Innovatec, che garantisce non solo un servizio efficiente di gestione dei prodotti a fine vita, ma anche soluzioni, consulenza e formazione per le imprese che vedono nello sviluppo sostenibile una fonte di opportunità. Cobat offre alle imprese servizi integrati e personalizzati di raccolta, trattamento e avvio al riciclo di pile e accumulatori esausti, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), inclusi i moduli fotovoltaici, e pneumatici fuori uso (PFU), ed è in grado di gestire qualsiasi altra tipologia di rifiuto pericoloso e non. Presente capillarmente su tutto il territorio nazionale grazie a un network logistico e di impianti accuratamente selezionati in base ai più rigidi standard, garantisce il principio di prossimità, ottimizza i costi e minimizza l’impatto ambientale. La piattaforma Cobat, inoltre, assicura la massima sostenibilità economica e ambientale ai produttori e agli importatori di beni tecnologici che, per legge, si devono occupare della gestione di questi prodotti quando giungono a fine utilizzo, attraverso i consorzi di filiera Cobat RIPA, Cobat RAEE e Cobat TYRE.

CONSULENZA E FORMAZIONE Cobat Academy è la piattaforma Cobat dedicata a formazione, consulenza e condivisione di know-how per le aziende che puntano su innovazione, nuove opportunità e modelli di business legati alla sostenibilità. I percorsi formativi di Cobat Academy prevedono corsi a calendario in presenza e online, specifici progetti formativi aziendali e e-learning con fruizione on-demand. Quattro le macro-aree del catalogo: Ambiente, Sostenibilità, Health and Safety ed Economia circolare. Per venire incontro alle esigenze delle imprese, Cobat Academy ha anche creato un’area specifica destinata alla consulenza ed al supporto delle organizzazioni. Un network di professionisti, impegnati ad affiancare le aziende nella gestione di ogni aspetto relativo ad ambiente e sostenibilità e nello sviluppo di nuove opportunità di business. CERTIFICAZIONI Cobat è certificato UNI EN ISO 9001 per il Sistema di Gestione della Qualità, 14001 per il Sistema di Gestione Ambientale e 27001, il più importante standard internazionale sulla sicurezza dei dati. Le nostre performance ambientali nella gestione dei prodotti a fine vita sono inoltre garantite dal modello comunitario di eco-gestione e audit EMAS (Eco-Management and Audit Scheme), a cui imprese e organizzazioni aderiscono su base volontaria. Sempre su base volontaria, Cobat si è dotato, in ottemperanza al Decreto Legislativo 231/01, di un Codice Etico e Comportamentale che rappresenta la sintesi dei propri principi guida. www.cobat.it


Comieco – Consorzio Nazionale per il Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica Comieco nasce nel 1985 come libera associazione delle imprese del settore cartario unite dalla volontà di fare dell’ambiente e dell’imballaggio cellulosico sostenibile la molla di uno sviluppo economico fondato sulla valorizzazione delle risorse naturali, in un’epoca, quella degli anni 80, fortemente improntata all’usa e getta. L’emanazione del Dlgs 22/1997 (c.d. Decreto Ronchi) ha segnato una svolta nel sistema di gestione dei rifiuti, fino ad allora incentrate sullo smaltimento, mettendo al centro delle politiche ambientali il riuso, il recupero e il riciclo e prevedendo un sistema organizzato per il recupero e il riciclo degli imballaggi. È allora che Comieco si costituisce in Consorzio nazionale nell’ambito del sistema CONAI per la gestione degli imballaggi. A Comieco aderiscono oltre 3.200 aziende della filiera nazionale dell’imballaggio in carta e cartone (cartiere, cartotecniche e impianti di trattamento della carta). Il Consorzio opera nell’ambito dell’Accordo Quadro nazionale Anci/Conai e stipula convenzioni con i comuni italiani per garantire il ritiro e avvio al recupero e riciclo della raccolta differenziata urbana di carta e cartone (imballaggi cellulosici e, su base volontaria, le frazioni similari come i giornali, le riviste, etc.). Dall’avvio del sistema consortile Conai/ Comieco (1998) ad oggi la raccolta comunale di carta e cartone è triplicata e ha superato nel 2022 3,7 milioni di tonnellate; di queste Comieco, che opera in maniera sussidiaria

al mercato, ne gestisce, garantendone il ritiro attraverso le convenzioni attuative dell’Accordo Quadro Anci/Conai, circa il 55% e ha erogato ai comuni convenzionati oltre 183 milioni di euro quale corrispettivo economico per il servizio di raccolta differenziata. Dall’avvio del sistema (1998) ad oggi i corrispettivi complessivamente erogati al territorio ammontano 2,3 miliardi di euro. Oltre ai corrispettivi economici riconosciuti dall’Accordo Anci/Conai per il servizio di raccolta, Comieco supporta i comuni con una serie di materiali e strumenti per la realizzazione di campagne locali di sensibilizzazione dei cittadini che si affiancano a campagne nazionali per promuovere da un lato la raccolta differenziata e il riciclo, dall’altro la valorizzazione dell’uso di carta, cartone e cartoncino, materiale biodegradabile, compostabile e riciclabile più volte. Grazie allo sviluppo delle raccolte differenziate urbane di carta e cartone il tasso di riciclo degli imballaggi cellulosici nel 2022 è stato del 82%. Sono risultati importanti che pongono la filiera cartaria già oltre gli obiettivi di riciclo previsti al 2025 (75%) dalle direttive Ue recentemente emanate, nonché in linea con i più ambiziosi target fissati al 2030 (85%). Lo sviluppo delle raccolte differenziate comunali di carta e cartone ha consentito al settore industriale cartario di approvvigionarsi da questi preziosi “giacimenti urbani” e di utilizzare per la produzione circa il 60% di fibre di riciclo. Un vero e proprio modello di economia circolare in Italia e in Europa. www.comieco.org


Il CONOE è il consorzio ex lege istituito dall’art. 223 Dlgs 152/2006 e, già costituito ai sensi del precedente art. 47 del Dlgs 22/1997 il 1° ottobre 1998, ha iniziato la sua attività fin dal 2001.La sua funzione primaria è di organizzare, controllare e di monitorare la filiera degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti a fini ambientali, a tutela della salute pubblica e allo scopo di ridurre la dispersione del rifiuto trasformando un costo ambientale ed economico in una risorsa rinnovabile. Con l’istituzione del contributo ambientale a carico dei produttori del prodotto ai sensi dell’articolo 10 della legge 28 luglio 2016, n.154 il CONOE ha il compito di disciplinare le procedure per la riscossione del contributo, i rimborsi e i conguagli e le eventuali fattispecie di esenzione. Partecipano al Consorzio le imprese che detengono o producono oli e grassi vegetali ed animali esausti; le imprese che effettuano operazioni di raccolta di trasposto e di stoccaggio di oli e grassi vegetali ed animali esausti, e le imprese che rigenerano e recuperano oli e grassi vegetali ed animali esausti e in maniera volontaria i produttori di prodotto. Nel corso degli anni, l’adesione al CONOE è cresciuta costantemente e, ad oggi, partecipano al sistema consortile 12 Associazioni di categoria in rappresentanza di oltre 300 mila produttori di olio esausto (principalmente attività commerciali ed artigianali per la ristorazione), 1 Associazione di categoria in rappresentanza di oltre 200 aziende di raccolta e stoccaggio, 1 Associazione e oltre 40 aziende di rigenerazione per il riciclo del rifiuto in materie prime seconde, 4 Associazioni di categoria in rappresentanza dei produttori di oli alimentari. Dopo aver proceduto a organizzare un sistema di governo e di gestione appropriato nel rispetto dei vincoli normativi previsti dal decreto, il Consorzio è attualmente impegnato in un›attività di sensibilizzazione sul tema della raccolta degli oli e grassi vegetali ed animali esausti di provenienza urbana che rappresentano circa i due terzi dei rifiuti

prodotti a livello nazionale, supportando i Comuni nella realizzazione di progetti dedicati. Le novità introdotte dal D.Lgs 116/2019, recentemente recepite con l’approvazione del nuovo statuto, stanno conducendo il Consorzio verso i temi della digitalizzazione e della interoperabilità con le imprese e le pubbliche amministrazioni per la tracciabilità dei prodotti e dei rifiuti. Alla fine del 2002, dopo il primo anno di attività del consorzio, il quantitativo di oli esausti gestiti nella filiera consortile ammonta a 15 mila tonnellate e dieci anni dopo, nel 2011, risulta di tre volte superiore e pari a 46 mila tonnellate. Nel 2018, il totale degli oli raccolti dal Consorzio ha raggiunto quota circa 76 mila tonnellate, e nel 2022 il settore nel suo complesso ha abbondantemente superato le 100 mila tonnellate, provenienti dalle attività professionali e in minima parte da rifiuti urbani. Nel 2021 il CONOE ha lanciato il Progetto nazionale per la raccolta e il recupero degli oli esausti prodotti dalle famiglie per un potenziale di rifiuto prodotto di circa 180 mila tonn/anno. Ad oggi gran parte dell’olio raccolto viene recuperato e avviato a rigenerazione secondo un perfetto modello di economia circolare e di sostenibilità ambientale e successivamente destinato alla produzione di biocarburanti e biolubrificanti, con risultati in termini ambientali ed economici di assoluto rilievo: • 190 mila tonnellate di CO2eq evitate e 80 mila m3 di acqua risparmiati I bilanci di Carbon footprint e Water footprint, per i quantitativi di oli vegetali esausti complessivamente gestiti dal CONOE nel 2022 e avviati a produzione di biodiesel. • 30 milioni di euro di risparmio sulla bolletta energetica del Paese Le importazioni di prodotti petroliferi evitate grazie alla produzione di biodiesel CONOE nel 2022. • 250 milioni di euro di risparmio sulle importazioni di petrolio, in Italia, nell’ultimo decennio. www.conoe.it


Circolarità, sostenibilità, innovazione e comunicazione. Su queste parole chiave si fonda l’attività del CONOU, il Consorzio Nazionale degli Oli Minerali Usati, prima realtà italiana operativa, dal 1984, nella raccolta differenziata di un rifiuto pericoloso. Il Consorzio, che ha raggiunto al 100% l’obiettivo di raccolta e avvio a rigenerazione degli oli lubrificanti usati prodotti in Italia, rappresenta oggi uno dei best case a livello nazionale ed europeo nel campo dell’economia circolare. Forte di una filiera matura e tecnologicamente avanzata costituita da 60 aziende di raccolta distribuite su tutto il territorio nazionale e da due imprese di rigenerazione, il CONOU punta a mantenere la sua performance di eccellenza continuando ad investire nell’avanzamento tecnologico e nell’innovazione digitale di tutti i processi della sua attività, per contribuire in modo crescente al raggiungimento degli obiettivi di efficienza del riciclo dei materiali nell’ottica di contrasto al cambiamento climatico e alle emergenze che da esso derivano. Nel 2022 la filiera del Consorzio ha garantito la raccolta di 181 mila tonnellate di olio minerale usato, un risultato di oltre il 98% del potenziale raccoglibile, destinandole tutte alle raffinerie dedicate e riportando

a nuova vita ben 118 mila tonnellate di basi lubrificanti. Un risultato che nel corso del 2022 ha prodotto benefici tangibili sotto molteplici aspetti, dalla salvaguardia dell’ambiente, con 64 mila tonnellate di CO2eq di emissioni evitate e 0,29 milioni di m³ di acqua risparmiati rispetto al sistema di produzione tradizionale degli oli lubrificanti, fino al risparmio sulle importazioni petrolifere di oltre 130 milioni di euro. In 39 anni di attività, il CONOU ha raccolto 6,5 milioni di tonnellate di olio lubrificante usato, 5,7 milioni delle quali avviate alla rigenerazione, producendo 3,3 milioni di tonnellate di olio base. Il riutilizzo dell’olio lubrificante usato ha consentito un risparmio complessivo sulla bilancia energetica del Paese di oltre 3 miliardi di euro. La mission ambientale del Consorzio trova ulteriormente espressione nel proporsi come paradigma e portavoce dell’economia circolare al fine di sensibilizzare, informare e contribuire alla formazione di giovani, cittadini e stakeholder; l’urgenza di fare fronte alla crisi ambientale del Pianeta non può prescindere da esperienze di eccellenza quali quelle dei Consorzi di Raccolta e Rigenerazione Italiani. www.conou.it


Corepla è il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica. Con circa 2.500 imprese consorziate della filiera del packaging in plastica (produttori di materia prima, produttori di imballaggi, utilizzatori che autoproducono i propri imballaggi, riciclatori) Corepla garantisce che gli imballaggi raccolti in modo differenziato siano avviati a riciclo e recupero con efficienza, efficacia ed economicità.

Corepla infatti… Riceve la raccolta differenziata dei rifiuti d’imballaggio in plastica effettuata dai Comuni, riconoscendo corrispettivi per i maggiori costi sostenuti

Supporta i Comuni con strumenti di informazione ed educazione ai cittadini per migliorare la qualità della raccolta differenziata, massimizzandone le possibilità di riciclo Assicura il corretto avvio a riciclo e recupero del materiale raccolto, facendosi carico della sua valorizzazione e collocazione presso le imprese di riciclo, nel rispetto delle regole del mercato e della parità di accesso per tutti gli operatori Coinvolge cittadini e imprese nell’obiettivo di prevenire la formazione dei rifiuti di imballaggio in plastica e ridurne l’impatto a fine vita. www.corepla.it


CoReVe è il Consorzio nazionale senza fini di lucro che, all’interno del sistema CONAI, si occupa di garantire il riciclo degli imballaggi in vetro dopo il consumo. Una volta usati, bottiglie e vasetti in vetro vengono separati in casa dai cittadini e poi affidati al servizio di raccolta differenziata organizzata e/o gestita dai Comuni, dopodiché subiscono un trattamento in impianti specializzati per il recupero del vetro che rendono il rottame una nuova “materia prima seconda” idonea al riciclo per la produzione di nuovi imballaggi. Considerando che il vetro è riciclabile al 100%, all’infinito, senza alcuna perdita o integrazione di materia, i rifiuti d’imballaggio in vetro sono quindi un esempio perfetto di Economia circolare. Il Consorzio ritira e avvia a riciclo direttamente, riconoscendo un corrispettivo economico a copertura dei maggiori oneri della raccolta differenziata, il vetro proveniente dai Comuni o dai Gestori delegati del servizio. Nel nostro Paese, ogni anno, si ricicla così oltre il 80,8% dei rifiuti d’imballaggio in vetro generati dopo il consumo ben oltre il target del 75% fissato dall’Europa per il 2030. Un grande risultato che ha determinato un risparmio di 4,2 milioni di tonnellate

di materie prime, pari a circa 2 volte il volume del Colosseo. Ciò determina un risparmio economico tra il 20 e il 30% ed inoltre, il ricorso al riciclo permette di risparmiare per la produzione di vetro il 25% dell’energia fornita oggi dal gas naturale, con un risparmio di almeno 360 kg di CO2 per tonnellata di prodotto. Grazie agli ottimi risultati di riciclo nell’ultimo anno, è stata quindi evitata l’immissione in atmosfera di 2,5 milioni di tonnellate di gas a effetto serra, pari a quelli derivanti dalla circolazione di circa 1,6 milioni di autovetture euro 5 di piccola cilindrata, con una percorrenza media di 15mila km. Dal rottame che le vetrerie hanno complessivamente riciclato derivano inoltre risparmi di energia per oltre 436 milioni di metri cubi di gas, equivalenti ai consumi domestici annuali di oltre 580 mila famiglie italiane o di una città da oltre 1,6 mln di abitanti. I giacimenti metropolitani rappresentati dalla raccolta differenziata del vetro in ogni Comune, consentono alle Amministrazioni di ricavare anche circa 111 milioni di euro di corrispettivi, riconosciuti per la raccolta dal sistema CoReVe, a cui va sommato il risparmio di quasi 450 milioni di euro, per i mancati oneri di smaltimento in discarica di tali rifiuti. www.coreve.it


Ecopneus è la società senza scopo di lucro costituita dai principali produttori e importatori di pneumatici attivi in Italia per assicurare il rispetto dei propri obblighi nella gestione dei Pneumatici Fuori Uso, in attuazione del principio della responsabilità estesa del produttore. Fondata in base all’articolo 228 del Dlgs 152/2006 e sotto il controllo del Ministero della Transizione Ecologica, cui rendiconta annualmente le proprie attività, Ecopneus garantisce il corretto recupero di circa 200.000 tonnellate di PFU all’anno, che vengono trasformate in gomma riciclata per superfici sportive, isolanti acustici e antivibranti per l’edilizia, asfalti “modificati”, elementi dell’arredo urbano, come energia e molto altro ancora. Il recupero dei PFU di Ecopneus consente importanti benefici ambientali, economici e sociali: solo nel 2022, è stata evitata l’immissione in atmosfera di 368mila tonnellate di CO2eq, pari alle emissioni di 220mila autovetture che percorrono 10.000 km in un anno; risparmiato il prelievo di 336mila tonnellate di risorse minerali e fossili; evitato il consumo di 1,5 milioni di m3 di acqua; sono invece 127 i milioni di Euro risparmiati dall’Italia sull’importazione di materie prime. Benefici possibili anche grazie al lavoro di una filiera qualificata, formata da imprese altamente qualificate. L’impiego di gomma riciclata da PFU, in sostituzione di polimeri di gomma vergine, risponde pienamente ai principi dell’economia circolare; che, grazie anche all’approvazione nel 2020 del Decreto End of Waste, ha ricevuto un notevole slancio, confermando il ruolo centrale della gestione dei PFU nell’economia del nostro Paese. La gomma da riciclo rappresenta una commodity strategica ampiamente disponibile in Italia, che oggi può vantare anche un’ulteriore conferma delle sue eccellenti caratteristiche e prestazioni. Con l’aggiunta di gomma da riciclo, per esempio, si ottengono asfalti “gommati” che durano di più di una strada convenzionale,

riducono il rumore e che richiedono minori interventi di manutenzione. Altro settore in cui la gomma riciclata costituisce un valore aggiunto rispetto altri materiali è quello edile, dove isolanti acustici e antivibranti realizzati in gomma riciclata stanno trovando sempre maggior spazio, insieme a nuove soluzioni eco‑innovative per il design, l’arredo e l’architettura. Il principale settore applicativo della gomma riciclata resta però quello sportivo, che assorbe oltre il 30% della gomma riciclata della filiera Ecopneus. Superfici sportive indoor e outdoor per basket, volley, padel o pallamano, playground e campi di gara per l’equitazione beneficiano delle proprietà elastiche, ammortizzanti, antitrauma e di resistenza della gomma riciclata. Un settore in forte espansione in tutta Italia. Ecopneus ha profuso in questi anni un forte impegno per la creazione di una cultura del riciclo, con attività di formazione come “PFU Academy”, poi confluita nel 2021 nell’Academy Ecopneus, che negli anni ha visto il coinvolgimento di oltre 1.600 esponenti provenienti dalla Pubblica Amministrazione e Forze dell’Ordine, con interventi anche di figure di spicco della Magistratura legate al tema dell’illegalità in materia ambientale. Rientrano in questa ottica anche i progetti Educational che dal 2013 hanno coinvolto oltre 10.000 studenti e le attività condotte nella Terra dei Fuochi in virtù di un Protocollo straordinario firmato con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed Enti locali per contrastare gli abbandoni di PFU sul territorio. Un provvedimento che ha già consentito di rimuovere dalle strade e recuperare oltre 22.500 tonnellate di PFU e permesso di realizzare campi sportivi polivalenti nei Quartieri Spagnoli di Napoli e nel Parco Verde di Caivano (NA), il nuovo campo da calcio Tyrefield dello stadio Landieri di Scampia a Napoli e due campi Tyrefield in gomma riciclata nel Rione Vanvitelli di Caserta. www.ecopneus.it


Ricrea, il Consorzio Nazionale senza scopo di lucro per il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Acciaio, promuove e agevola la raccolta e il riciclo degli imballaggi usati di acciaio, provenienti tanto dalla raccolta differenziata fatta nelle nostre case (superficie pubblica) quanto dalla raccolta ad hoc fatta su aziende, negozi e attività produttive (superficie privata). In questo contesto, il Consorzio si avvale della preziosa collaborazione di numerosi soggetti: i gestori della raccolta differenziata – ovvero Comuni, Municipalizzate, aziende specializzate nella lavorazione del rottame, acciaierie e delle associazioni che rappresentano una rete capillare di aziende, specializzate nella valorizzazione dei rifiuti di imballaggi d’acciaio. L’acciaio è il materiale più riciclato in Europa: facile da differenziare, è una materia prima permanente che si ricicla al 100% all’infinito senza perdere le sue intrinseche qualità, e grazie al suo riciclo è possibile risparmiare fino al 75% dell’energia utilizzata per produrre la materia prima. Tra le diverse tipologie di imballaggi in acciaio si trovano i barattoli per pelati, conserve vegetali e frutta sciroppata, le scatolette per carne, tonno o cibo per animali, i coperchi per i vasi di vetro della marmellata; ci sono poi i tappi corona per bibite e birra, le scatole regalo per liquori e dolci; le lattine per olio; le bombolette per vernici spray e i fustini e i secchielli per vernici, pitture e smalti. L’acciaio recuperato attraverso la raccolta differenziata di imballaggi si rifonde, si rinnova, si trasforma in nuovi semilavorati di ottima qualità, destinati agli utilizzi più diversi: dall’edilizia agli arredi urbani, o travi, chiavi inglesi, telai di biciclette. Al Consorzio spetta anche il compito di sensibilizzare, formare e informare i cittadini. Per riconoscere gli imballaggi

in acciaio basta usare una calamita: gli imballaggi in acciaio infatti sono magnetici. Grazie all’impegno di Ricrea, dei Comuni, degli operatori e soprattutto dei cittadini impegnati nella raccolta differenziata, nel 2022 in Italia sono state avviate al riciclo 418.091 tonnellate di imballaggi acciaio, confermandosi un’eccellenza con un tasso di avvio al riciclo pari all’80,6% dell’immesso al consumo, superando l’80% fissato per il 2030 dalla Direttiva Europea sull’Economia Circolare. Nel 2022 la quota pro-capite di imballaggi in acciaio raccolti è stata in media di 4,4 Kg per abitante. In totale sono state raccolte da superficie pubblica e privata 490.223 tonnellate di imballaggi in acciaio (+6% rispetto al 2021). Questo risultato è stato possibile anche grazie all’Accordo Quadro ANCI-CONAI, che attraverso l’attivazione di convenzioni promuove la crescita della raccolta differenziata dando il via al percorso virtuoso del riciclo. Oggi sono attive 446 convenzioni per un totale di 6.089 Comuni coinvolti e 51.033.932 persone servite. La popolazione italiana coperta da convenzione nel 2022 è stata pari all’86%, con un incremento dell’1,5% rispetto al 2021. L’acciaio è il materiale più riciclato in Europa: è facile da differenziare e viene riciclato all’infinito senza perdere le proprie intrinseche qualità. Grazie alle 418.091 tonnellate di imballaggi in acciaio avviate al riciclo in Italia nel 2022, sufficienti per realizzare binari ferroviari in grado di collegare Roma a Istanbul, si è ottenuto un risparmio di 6.750 TJ di energia primaria e si è evitato sia l’utilizzo di 398.000 tonnellate di materia prima vergine che la dispersione di 548.000 tonnellate di CO2 equivalente (dati RICREA su elaborazioni LCC Conai). www.consorzioricrea.org


GLI AUTORI

Paola Ficco Giurista ambientale, avvocato in Roma, giornalista pubblicista, docente universitario. Già componente del Comitato Ecolabel Ecoaudit Sezione Emas Italia, nonché esperto legislativo Ministero attività produttive, Ministero dell’ambiente ed esperto Albo nazionale Gestori ambientali. Dal 1990 esperto de “Il Sole 24 Ore” per il diritto dell’Ambiente e dal 1994 Direttore responsabile di Rifiuti – Bollettino di informazione normativa. Collabora con molte società di consulenza ambientale fornendo un'assistenza mirata al diritto sostanziale dell'ambiente ed è consulente giuridico e legale sui temi ambientali di numerose primarie aziende. È altresì responsabile del coordinamento attività legislative della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile (Susdef) e autore di numerosissimi testi e pubblicazioni per Il Sole 24 Ore, Buffetti, Maggioli, Utet ed Edizioni Ambiente, per la quale è anche coordinatore dell’Area normativa e responsabile delle attività di formazione permanente sui rifiuti. Daniele Bagon Ha svolto il praticantato in studio Commercialista, poi dipendente della Camera di Commercio di

Genova dal 1988, funzionario dal 1992, P.O. dal 2007, Segretario della Sezione regionale dell’Albo della Liguria dal 1994, componente del Comitato nazionale dal 2000 al 2007. E’ componente di Commissioni provinciali Albo Autotrasportatori (c/terzi e c/ proprio) e svolge attività formativa in materia ambientale dal 2000. Leonardo Filippucci Avvocato, esercita la libera professione forense e dirige uno Studio legale associato con sede in Macerata. Si occupa prevalentemente di diritto ambientale e svolge in tale settore attività di consulenza stragiudiziale e assistenza giudiziale per imprese e Pubbliche amministrazioni. Collabora inoltre con diverse società di consulenza ambientale, fornendo un’assistenza mirata per quanto concerne il contenzioso amministrativo e penale. Autore di articoli per diverse riviste, tra le quali Rifiuti – Bollettino di informazione normativa. Luigi Fimiani Avvocato penalista in Roma. Laureato alla “Luiss Guido Carli” in Roma con una tesi sulla “confisca da profitto nel reato” con la Prof.ssa Paola Severino.


Nell’ambito della sua attività professionale ha approfondito le materie legate al diritto penale dell’economia e, in particolare, al diritto ambientale sostanziale e processuale, anche in ambito ex Dlgs n. 231/2001. Tali competenze gli hanno permesso, nell’ottobre del 2021, di superare come primo classificato la prova di dottorato presso l’Università degli Studi di Teramo, presso la quale continua ad approfondire, con pubblicazioni scientifiche e un progetto di monografia, le materie suindicate e, su tutte, il diritto penale ambientale. Rosanna Laraia Laurea in Scienze Biologiche e abilitazione all'esercizio della professione. Presidente, da marzo 2019, dell'Osservatorio Ambientale di cui al Dm 209/2011 per l' "Attività di Decommissioning dell'impianto nucleare del Garigliano". Già Direttore del Centro Nazionale per i rifiuti e l'economia circolare e del Servizio Rifiuti di ISPRA e componente dei Technical Working Group comunitari presso il JRC di Siviglia per la revisione dei BAT Reference document for Waste Treatment e for Waste Inceneration, nonché Componente della Commissione istruttoria IPPC e membro del Nucleo di coordinamento della Commissione IPPC. Già Presidente Comitato Nazionale dell'Albo Nazionale gestori rifiuti. Autore di oltre 165

pubblicazioni scientifiche, eBook, e di 100 Rapporti tecnici in materia di rifiuti e di acque. † Eugenio Onori È stato Presidente del Comitato nazionale dell’Albo nazionale gestori ambientali – Ministero della Transizione ecologica. È stato autore di pubblicazioni in materia di gestione dei rifiuti; ha collaborato con riviste specializzate, tra le quali Rifiuti – Bollettino di informazione normativa. Claudio Rispoli Chimico con specializzazione postlauream in Sicurezza e protezione industriale, abilitato alla manipolazione di gas tossici, consulente per il trasporto su strada di merci pericolose (ADR). Esperto dei flussi industriali di origine dei rifiuti, delle tecniche di trattamento (anche applicate a rifiuti con caratteristiche e reattività particolari) e degli aspetti tecnici e normativi relativi alla gestione dei rifiuti. Consulente di enti pubblici, di produttori e di gestori di rifiuti, docente in corsi di formazione in tema di rifiuti, autore di articoli per numerose riviste, tra le quali Rifiuti – Bollettino di informazione normativa e co‑autore dei manuali Produttori, come Gestire i rifiuti speciali e Gestire i rifiuti tra legge e tecnica, Edizioni Ambiente – Milano.


INTRODUZIONE di Pasquale Fimiani Avvocato generale presso la Corte di Cassazione

Il titolo dell’opera “Gestire i rifiuti tra legge e tecnica” evoca un approccio integrato, tecnico-normativo, quale metodo necessario per analizzare la complessa disciplina dei rifiuti. In effetti, stringenti profili tecnici caratterizzano l’intera fase di gestione da parte del produttore/detentore, a partire dalla classificazione del rifiuto, fino alla sua corretta destinazione finale, nell’intero percorso dal deposito temporaneo, al trasporto ed alla gestione dell’impianto. Aspetti tecnici sono altresì alla base dell’attività pubblica, sia di pianificazione ed amministrazione, sia di autorizzazione e controllo. Si pensi, per questi due ultimi versanti, al contenuto delle prescrizioni dei provvedimenti autorizzatori, per i quali il parametro della necessaria proporzionalità ed adeguatezza al caso concreto si confronta necessariamente con la regolazione tecnica dello specifico impianto in considerazione od all’attività di campionamento ed analisi, rispetto alla quale, anche in tema di rifiuti, vale il principio secondo cui le modalità di prelievo dei campioni da analizzare e le metodiche di analisi riguardano attività di polizia amministrativa volta a stabilire se le sostanze prelevate siano conformi alle prescrizioni di legge, sicché l’eventuale inosservanza da parte dell’autorità procedente delle prescritte modalità e metodiche non determina la nullità delle operazioni compiute e degli esiti delle analisi, trattandosi eventualmente di irregolarità la cui incidenza sul risultato delle analisi deve necessariamente essere verificata dal giudice in sede di accertamento di merito, sulla base del suo libero convincimento e con adeguata motivazione (ex plurimis Cass. pen., sez. III, n. 13736/2016). Motivazione che, evidentemente, deve dare conto degli aspetti tecnici che riguardano l’impianto oggetto di controllo. Le norme tecniche, quindi, vanno applicate al caso concreto e tale passaggio non è puro automatismo, ma implica il ricorso a regole generali.


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In tale contesto un ruolo decisivo è stato storicamente svolto dalla giurisprudenza. Emblematico è il caso della classificazione dei rifiuti, in cui la valutazione di pericolosità nel caso di codici a specchio va fatta sulla base dei parametri individuati dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 28 marzo 2019 nelle cause riunite da C-487/17 a C-489/17. Od ancora, quello dei regimi di favore rispetto a quello ordinario (ad esempio: natura di sottoprodotto, applicazione del regime EoW, alternative al regime autorizzatorio quale regola di carattere generale, come nei casi di recupero agevolato, di deposito temporaneo, di iscrizione all’Albo in forma semplificata), in cui da tempo la giurisprudenza ha affermato il principio per il quale chi invoca un regime differenziato e di favore ha l’onere di allegare la sussistenza di tutte le condizioni per la sua applicazione. Od infine, la regola della responsabilità condivisa, in cui l’attuale formulazione dell’art. 188, comma 4, Dlgs 152/2006 è stata anticipata dalla giurisprudenza fin dalla prima disciplina della materia dei rifiuti con il Decreto Ronchi, nel senso che la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, essendo detti soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi. La combinazione di regole tecniche e giuridiche su cui si fonda il complesso sistema di regolazione della materia dei rifiuti trova i suoi criteri generali di riferimento nell’articolo 178 Dlgs 152/2006. La norma, nella prima parte individua i principi generali cui deve uniformarsi la gestione - che “è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto del principio di concorrenza nonché del principio chi inquina paga”

mentre, nella seconda parte, specifica i criteri cui la gestione deve essere improntata per realizzare tali finalità (emblematico l’inciso “a tale fine”), rappresentati da quelli “di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali”.


INTRODUZIONE

Per quanto riguarda i principi generali dettati dalla prima parte, la giurisprudenza ne afferma la natura di base giuridica per l’applicazione di istituti oggetti di specifica disciplina e non di regole direttamente ed autonomamente applicabili. E così, il principio chi inquina paga, viene sovente richiamato quale base giuridica per il principio della responsabilità condivisa in materia di rifiuti (ex plurimis, Cass. pen., sez. III, n. 30582/2022), talvolta congiuntamente al principio di correzione alla fonte dei danni causati all’ambiente (Cass. pen., sez. III, n. 5912/2020) ovvero per giustificare obblighi di smaltimento o di bonifica la cui violazione è penalmente sanzionata anche se l’inquinamento sia dipeso da fatti accidentali (ex plurimis, Cass. pen., sez. III, n. 2234/2022). Un discorso a parte va fatto per il principio di precauzione, previsto in via generale dagli articoli 3-ter Dlgs 152/2006 e 191 Trattato sul funzionamento dell’Ue, il quale fa obbligo all’operatore privato ed alle Autorità competenti, quando sussistono incertezze o un ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, di adottare misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi (Cons. Stato, sez. IV, n. 983/2019). Tale principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici e riceve applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano. In tal senso si è più volte espressa anche la Corte di Giustizia (sentenza 26 novembre 2002, cause riunite T-74/00 ed altre), la quale ha in particolare rimarcato come l’esigenza di tutela della salute umana diventi imperativa già in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati, atteso che, essendo le istituzioni europee e nazionali responsabili – in tutti i loro ambiti d’azione – della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato. Il principio di precauzione ambientale comporta dunque l’obbligo delle autorità amministrative competenti, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, di stabilire una tutela anticipata rispetto alla fase di applicazione delle migliori tecniche

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proprie del principio di prevenzione senza attendere il consolidamento delle conoscenze scientifiche (Cons. Stato, sez. V, n. 2495/2015). È evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali. Tuttavia, l’applicazione di tale principio va conciliata con quello di proporzionalità dell’azione amministrativa, e non può spingersi fino al punto di escludere la possibilità di realizzare qualsivoglia insediamento produttivo quando gli studi e gli approfondimenti condotti consentono di escludere, nei limiti cui può giungere la conoscenza scientifica del momento, rischi per la salute delle persone e per l’ambiente. Sul versante della responsabilità, civile e penale, si pone la questione della diretta applicabilità, quale regola di condotta, del principio di precauzione. Se dubbi non sembrano sorgere in presenza di scelte discrezionali rimesse alla prudente valutazione, caso per caso, dell’operatore, come avviene sia nella valutazione circa le condizioni di configurabilità del concetto di rifiuto, sia nella classificazione come pericoloso o meno, più complesso è il tema della diretta applicabilità di tale principio in presenza di attività autorizzata. Può infatti aversi il caso del gestore dello stabilimento che rispetti i limiti di emissione previsti dalla legge o dall’autorizzazione, ma sussistano indicazioni tecnico-scientifiche, non ancora tradotte in norme vincolanti, che qualifichino come pericolose per la salute e l’ambiente le emissioni, anche se non superiori alla soglia consentita. In questo caso, la risposta della giurisprudenza è nel senso che, in presenza di un’attività legittimamente autorizzata, svolta nel rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione, non è possibile la qualifica come illecita sulla base della asserita violazione del principio di precauzione in mancanza di una norma o di una prescrizione specifica che ad esso dia concreta specificazione (Cass. civ., sez. III, n. 15853/2015). L’individuazione dell’ambito autorizzato come perimetro di esclusione della operatività, ai fini del rispetto degli standards, di ulteriori e più stringenti generici obblighi di prevenzione valorizza il ruolo dell’Amministrazione nella formazione del contenuto del provvedimento, ma non esclude la possibilità per il giudice penale di valutarne la legittimità. Anche recentemente


INTRODUZIONE

la giurisprudenza (Cass. pen., sez. III, n. 27148/2023) ha infatti affermato che, in presenza di un provvedimento amministrativo di autorizzazione alla gestione di rifiuti non conforme alla normativa che ne regola l’emanazione o alle disposizioni normative di settore, il giudice deve valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie, costituito dalla conformità del titolo alla normativa che ne regola l’emanazione o alle disposizioni normative di settore, negando al mero dato formale dell’esistenza dell’autorizzazione valore preclusivo di ogni valutazione del giudice penale in ordine alla sussistenza del reato, ferma restando la possibilità di rilevare l’assenza di dolo o colpa, per essere l’operatore in buona fede. Condizione, questa, la cui configurabilità va scrutinata sulla base del principio di diritto secondo cui, in tema di rifiuti, chi opera nel settore è gravato dell’obbligo di acquisire informazioni circa la specifica normativa applicabile, sicché, qualora deduca la propria buona fede, non può limitarsi ad affermare di ignorare le previsioni di detta normativa, ma deve dimostrare di aver compiuto tutto quanto poteva per osservare la disposizione violata (Cass. pen., sez. III, n. 33102/2022). Passando ai criteri, enunciati dalla seconda parte dell’articolo 178 Dlgs 152/2006, ai quali la gestione deve essere improntata per realizzare i principi fondamentali, vengono in evidenza due ambiti distinti. Il primo si deduce dal contemporaneo riferimento a criteri di efficacia, efficienza, economicità, fattibilità tecnica ed economica, evoca la necessità di bilanciamento tra esigenze della produzione, tutela dell’ambiente e sostenibilità dei costi che rappresenta uno dei punti più complessi dell’intera disciplina ambientale. La soluzione che ha dato la Corte di Giustizia in tema di classificazione dei rifiuti, secondo cui, se da un lato al detentore del rifiuto non possono essere imposti obblighi irragionevoli, sia dal punto di vista tecnico che economico (ad esempio costo delle analisi superiore a quello di smaltimento del rifiuto pericoloso), dall’altro questi, pur non essendo obbligato a verificare l’assenza di qualsiasi sostanza pericolosa nel rifiuto, egli ha comunque l’obbligo di ricercare quelle che possano ragionevolmente trovarvisi, non avendo alcun margine di discrezionalità a tale riguardo non appare soddisfacente per indicare con precisione il punto di equilibrio tra rispetto degli obblighi ambientali e sostenibilità economica, in quanto si affida ad un criterio generico, quale quello della ragionevolezza, che lascia aperto il campo ad applicazioni diversificate e non prevedibili da parte delle Autorità amministrative e dei giudici. Peraltro, l’esclusione, anche nella materia della gestione dei rifiuti (Cass. pen., sez. III, n. 39032/2018) della c.d. crisi di liquidità quale scusante per l’inosservanza di obblighi ambientali (salvo che sia imprevedibile e de-

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terminata da cause di forza maggiore) comporta l’inesistenza di una causa generale di inesigibilità della condotta per insostenibilità economica del rispetto della normativa ambientale, con la conseguenza che l’onere finanziario della gestione può venire in evidenza a condizione che il rispetto della disciplina di riferimento sia comunque assicurato. In tal senso si espresse la Corte costituzionale n. 127/1990 che si occupò della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del Dpr 24 maggio 1988, n. 203 (in tema di inquinamento atmosferico). La norma prevedeva, fra le altre definizioni, anche quella concernente la “migliore tecnologia disponibile” (n. 7) e secondo il giudice remittente, subordinava il contenimento o la riduzione delle emissioni inquinanti da parte degli stabilimenti industriali alla condizione che l’applicazione delle misure “non comporti costi eccessivi”, con ciò ponendosi in contrasto con il “diritto soggettivo assoluto” alla salubrità ambientale ed alla salute del cittadino che, secondo il principio di cui all’art. 32 Cost., non può conoscere limitazione alcuna. Ma pari contrasto si verificava, secondo l’ordinanza di rimessione, anche nei confronti dei principi fissati nei commi primo e secondo dell’art. 41 Cost., che vogliono l’iniziativa privata subordinata e finalizzata all’utilità sociale: mentre, consentendo agli imprenditori di subordinare le misure antinquinanti delle emissioni all’interesse dell’azienda, verrebbe ad essere sacrificata proprio l’utilità sociale della privata iniziativa per l’offesa inferta ad un bene primario e fondamentale quale la salute. La Corte, ammettendo la difficoltà di sciogliere il concetto di “migliore tecnologia disponibile” nella definizione di cui all’art. 2, n. 7, del Dpr 203/1988, in quanto, sulla base di una interpretazione letterale, “si dovrebbe concludere che i valori limite delle emissioni, essendo fissati sulla base di quella tecnologia, vengono ad essere a loro volta condizionati dal costo della tecnologia stessa. Per tal modo, il pericolo per la salute dei cittadini e per il loro ambiente di vita verrebbe a dipendere dalle possibilità economiche dell’impresa di adottare o non la migliore tecnologia disponibile”.

La Corte costituzionale, pur riconoscendo che – secondo la normativa in esame - la Regione, nel rilasciare l’autorizzazione, doveva anche tenere conto “delle linee guida fissate dallo Stato e dei relativi valori di emissione” e che lo Stato, nel fissare i valori minimi e massimi delle emissioni inquinanti, faceva riferimento, tra i vari criteri, anche a quello della “migliore tecnologia disponibile” ha però rilevato che un altro importante criterio riguardava i cosiddetti “fattori di emissione”, cioè il rapporto percentuale intercorrente fra la quantità di massa inquinante emessa (riferita al processo produttivo nella sua globalità) e la massa di materia prima impiegata che dev’essere


INTRODUZIONE

valutato “con e senza l’applicazione della migliore tecnologia disponibile per il contenimento delle emissioni” (n. 5, lett. e, Dpr cit.). Ciò comporta - proseguiva la Corte costituzionale “che, in definitiva, essendo - come si è visto - il decreto, esecutivo di quella Direttiva e, perciò, espressamente finalizzato ‘alla protezione della salute e dell’ambiente su tutto il territorio nazionale’, il limite massimo di emissione inquinante, tenuto conto dei criteri sopra accennati, non potrà mai superare quello ultimo assoluto e indefettibile rappresentato dalla tollerabilità per la tutela della salute umana e dell’ambiente in cui l’uomo vive: tutela affidata al principio fondamentale di cui all’art. 32 della Costituzione, cui lo stesso art. 41, secondo comma, si richiama. Ne deriva che il limite del costo eccessivo viene in causa soltanto quando quel limite ultimo sia stato rispettato: nel senso, cioè, che l’autorità non potrebbe imporre nuove tecnologie disponibili, capaci di ridurre ulteriormente il livello d’inquinamento, se queste risultino eccessivamente costose per la categoria cui l’impresa appartiene. Tuttavia, poiché le autorità devono tenere conto dell’evoluzione sia della situazione ambientale che della migliore tecnologia disponibile (art. 11), l’art. 13 prevede che all’onere economico si abbia riguardo soltanto ai fini delle prescrizioni sui tempi e modi di adeguamento. Il che significa che nemmeno i miglioramenti sono esclusi, quando la situazione ambientale lo richieda e la tecnologia si sia evoluta, e nemmeno in tal caso l’onere economico può essere d’ostacolo alla fissazione di limiti di emissione inferiori e all’obbligo di adottare tecnologie più idonee: ma se ne tiene conto ai fini di un adeguamento temporale graduale”.

Per tal via, il limite del costo eccessivo si sposta sul versante della proporzionalità delle misure di carattere amministrativo e sull’applicazione, in tali casi del principio di precauzione, ma non può essere considerato quale possibile esimente della responsabilità penale. Il secondo ambito di attuazione dei principi generali in materia di gestione è indicato dalla seconda parte dell’articolo 178 Dlgs 152/2006 nell’obbligo di trasparenza, il cui corollario è rappresentato dalle norme in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali, alle quali la norma fa espresso riferimento. La giurisprudenza amministrativa ha fatto ampia applicazione della speciale disciplina in tema di accesso all’informazione ambientale ex Dlgs 195/2005, precisando che la stessa vale solo per il genuino interesse ambientale contenuto nelle informazioni richieste e dando concreta applicazione, nella materia dei rifiuti, al concetto di potenziale pregiudizio per la riservatezza

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commerciale o industriale che esclude il diritto di accesso (art. 5, lett. d), configurandolo nel caso di richiesta di accesso ai criteri di determinazione della tariffa applicata da una società che gestisce un impianto di trattamento di rifiuti connesso al recupero di questi che poi avvia quanto non recuperato allo smaltimento finale nella discarica del ricorrente (Cons. Stato, sez. III, n. 4181/2013), ovvero a quella relativa al contenuto dei formulari, in quanto i dati da essi ricavabili possono avere natura commerciale e quindi essere rilevanti per l’impresa per motivi concorrenziali (Cons. Stato, sez. III, n. 4636/2015). È infine significativo come i principi enunciato dall’art. 178 riguardino tutti gli operatori, privati e pubblici, pur essendo diverse le regole che disciplinano i rispettivi ambiti di gestione. Per i primi, vale il complesso sistema finalizzato alla corretta allocazione del rifiuto regolato da puntuali disposizioni tecniche e procedimentali, le quali danno contenuto all’obbligo del produttore del rifiuto di garantire tale risultato in quanto esercente un’attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c. come tale tenuto ad “ad adottare quelle misure di sicurezza, anche nella fase di smaltimento, affinché lo sversamento definitivo e lo stoccaggio dei rifiuti prodotti avvenga senza danni a terzi” (Cass. civ., sez. I, n. 9211/1995). Compito del settore pubblico è invece quello di provvedere alla gestione integrata dei rifiuti, cioè al complesso delle attività volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti (art. 183, lett. ll, Dlgs 152/2006) inclusive della pianificazione, della organizzazione territoriale e disciplina del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, del suo svolgimento in proprio, mediante società in house o gara secondo le previsioni del Codice dei contratti (da ultimo rivisitato dal Dlgs 31 marzo 2023, n. 36), della regolazione contrattuale e tariffaria e delle disposizioni comunitarie e della vigilanza e del controllo sulle attività private. In questo ambito, la recente approvazione del Dlgs 23 dicembre 2022, n. 201, in tema di riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, ha avuto un significativo impatto su quella del servizio di gestione dei rifiuti urbani, tenendo presenti la sua inclusione nella definizione di “servizi di interesse economico generale di livello locale a rete” o “servizi pubblici locali a rete” (art. 2, lett. d) e la clausola di specialità della normativa di settore fissata all’articolo 4. Diversi sono anche i criteri di imputazione della responsabilità. Nel settore privato, occorre fare riferimento al titolare dell’impresa od all’amministratore, salvo che conferisca delega a terzi nel rispetto dei cri-


INTRODUZIONE

teri previsti per il ricorso a tale istituto. Si registra, al riguardo un allineamento con la contigua materia della sicurezza sul lavoro, in quanto non è più richiesto, per la validità e l’efficacia della delega di funzioni, che il trasferimento delle stesse sia reso necessario dalle dimensioni dell’impresa o, quanto meno, dalle esigenze organizzative della medesima, attesa l’esigenza di evitare asimmetrie con la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la quale, a seguito della entrata in vigore dell’articolo 16 del Dlgs n. 81 del 2008, non contempla più tra i requisiti richiesti per una delega valida ed efficace quello delle “necessità” (Cass. pen., sez. III, n. 27862/2015). Analogia sviluppata nel senso che, in tema di gestione dei rifiuti, è consentita la delega di funzioni a condizione che la stessa : a) sia puntuale ed espressa, con esclusione di poteri residuali in capo al delegante; b) riguardi, oltre alle funzioni, anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; c) la sua esistenza sia giudizialmente provata con certezza; d) il delegato sia tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato allo svolgimento dei compiti affidatigli; e) il trasferimento delle funzioni sia giustificato dalle dimensioni o dalle esigenze organizzative dell’impresa, ferma restando la persistenza di un obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento, da parte del delegato, delle funzioni trasferite, anche se tale obbligo di vigilanza non comporta il controllo continuativo delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, richiedendosi la mera verifica della correttezza della complessiva gestione del delegato (Cass. pen., sez. III, n. 15941/2020). In tema di enti pubblici, l’individuazione dei soggetti responsabili dei fatti di inquinamento va fatta tenendo presente la distinzione tra responsabilità politica ed amministrativa introdotta dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 e poi confermata dall’articolo 107 del Dlgs 267/2000 (Tuel). Deve quindi distinguersi il conferimento di una delega da parte del responsabile dell’impresa (individuale o collettiva) privata, rispetto alla designazione, nell’ambito della Pa. del dirigente. Quest’ultima esula dalla delega di funzioni, che presuppone la persistenza di due soggetti, delegato e delegante, tra cui si ripartiscono poteri anche alla luce dei limiti di delegabilità, mentre la designazione del dirigente nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, delinea l’individuazione di un’autonoma posizione di responsabilità, seppur conseguente ad un atto espresso di nomina (Cass. pen., sez. III, n. 9343/2021). In particolare, nella materia dei rifiuti, è stata affermata la responsabilità del dirigente per l’omesso controllo sul corretto smaltimento dei rifiuti derivanti dalla potatura del verde da parte dei dipendenti addetti al servizio (Cass. pen., sez. III, n. 41794/2017) e relativamente alla stessa omissione per quanto riguarda i rifiuti cimiteriali (Cass. pen., sez. III, n. 28669/2020 e n. 34640/2021).

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Ferma la responsabilità dei dirigenti nel settore pubblico, occorre comunque tenere presente che, in via generale, il Sindaco, pur essendo organo di governo, resta comunque il responsabile dell’amministrazione del Comune (articolo 50, comma 1, Tule) con la conseguenza che egli è comunque garante della complessiva correttezza dell’azione amministrativa riferibile all’ente che dirige, sicché, ove abbia notizia che nello svolgimento di questa siano compiute attività illecite, incombe su di lui il dovere di inibirle ed impedire la commissione di reati, dei quali, nell’ipotesi di omesso esercizio dei poteri di accertamento e sanzione di cui è titolare, è chiamato a rispondere ai sensi dell’articolo 40, secondo comma, C.p. Ed infatti, la distinzione operata dall’art. 107 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali fra i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, demandati agli organi di governo, e i compiti di gestione attribuiti ai dirigenti, non esclude, in materia di rifiuti, il dovere di attivazione del sindaco allorché gli siano note situazioni, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico-operative, che pongano in pericolo la salute delle persone o l’integrità dell’ambiente (Cass. pen., sez. III, n. 37544/2013).




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