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verdenero
romanzi
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Nicoletta Vallorani Lapponi e criceti © 2010, Edizioni Ambiente S.r.l., via Natale Battaglia 10, 20127 Milano www.edizioniambiente.it; tel. 02 45487277 © 2010, Nicoletta Vallorani Immagine di copertina: © Gipi Tutte le edizioni e ristampe di questo libro sono su carta riciclata al 100% Finito di stampare nel mese di ottobre 2010 presso Genesi Gruppo Editoriale – Città di Castello (Pg) Questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti accaduti o persone fisiche e giuridiche realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
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Nicoletta Vallorani
Lapponi e criceti
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Divine ristrutturazioni
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Speranza, pazienza e altri avanzi
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Separazioni
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Lo statuto del fantasma
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Suture
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Ossimori e criceti
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Le ceneri di Zoe
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Il ciucciatragedie
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Etologia e pratica dei criceti nella stagione degli amori
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Hic sunt peones
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Lâ&#x20AC;&#x2122;impero delle bertucce
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Sixth Saint John
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Groucho dei Lapponi
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Seguendo Soyuz
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Risanamenti
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Ingravideitor
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Il ritorno del Magnifico
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Solo in caso di miracolo
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Questo è per gli innamorati che mi hanno abbandonata. Per gli amici che mi hanno tradita. Per gli allievi che mi hanno imbrogliata. Questo è per i cattivi maestri, per i falsi, per i sepolcri imbiancati. Questo è per i criceti. Perché? Perché chi mi ama ha me. A che gli serve un libro?
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“Apparizione mistica in una discarica. Un anziano signore che preferisce non rivelare il suo nome è stato testimone di un’apparizione di Santa Rita, protettrice delle cause perse. La santa è apparsa in una discarica di rifiuti tossici, in piedi su un bidone di residui di dubbia provenienza, e ha dichiarato di essere stata mandata ad annunciare che Dio è in anno sabbatico e per un po’ non farà miracoli. Nell’attesa del suo ritorno bisognerà arrangiarsi. Quando la santa è scomparsa, il bidone avrebbe cominciato a sputare cornetti portafortuna.”
Ho fatto una trattativa con Dio. L’ho fatto solo per non lasciare nulla di intentato. E poi perché non ci vedevo niente di strano. Due giorni prima che mi decidessi a questo passo, in pronto soccorso hanno portato uno che si era ustionato le chiappe a furia di fotocopiarsele. Voleva metterle nel suo curriculum e dichiarare di essere disposto a darle via per un lavoro qualunque. Quando lo hanno portato alla neuro, ha detto che magari, se lo tenevano lì, gli riusciva di fare qualche pasto decente per un paio di giorni. Se ne sono disfatti in un baleno,
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quando hanno capito che non era matto, ma solo disperato. Intanto, alla televisione dicono che siamo un Paese in crescita e che le cose vanno sempre meglio. E invitano le copisterie a non lasciare gli utenti da soli con le fotocopiatrici. Stanno sbocciando strane storie d’amore tra macchine e umani. L’esempio del fotocopiatore di chiappe potrebbe diffondersi. Io, tecnicamente, sono quasi morta. Non posso fare molto per difendere i miei diritti o per riavere il mio lavoro di essere vivente. Perciò, ecco, ho pensato che il mio unico interlocutore plausibile potesse essere il Manager Supremo, l’Amministratore Delegato del creato, LUI, il Capo, insomma, Dio. In ogni negoziazione, il problema è solo quello di trovare gli argomenti giusti. Individuare una falla nella corteccia spessa di diffidenza della persona che vogliamo convincere. Il problema è che abbiamo tutti dei punti deboli, anche se quelli di Dio sono ineffabili, ineguagliabili e, per il fatto stesso di applicarsi a Dio, difficili da definire. Però io ho fiducia in me stessa. Dopotutto, sono Zoe Libra, la netturbina di Pasteur, e a vivere dove ho vissuto bisogna essere esperti di mediazione. A Pasteur, siamo tutti meticci, nel corpo e nell’anima. Questo mi ha resa abile nella diplomazia dalla nascita e nelle diverse fasi della crescita. Credo di aver affinato le mie arti prima di arrivare qui. Ognuno, nel trapasso, si porta dietro quel che può. Ora che mi trovavo al Tavolo Divino, determinata a negoziare, conveniva che mettessi in gioco tutti i miei talenti. Era, alla lettera, una questione di vita o di morte.
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Il tavolo era ingombro di progetti, disegni, lucidi, e c’era pure qualche modellino sospeso nel nulla, tipo ologramma, ma miracolistico invece che tecnologico. Doveva esserci aria di restauro anche in Paradiso. Quale fosse la circostanza che stava determinando quel fiorire di iniziative non lo chiesi. Il cielo avrà le sue necessità, e per me, che mai sono stata credente, esse sono un mistero che non sento la necessità di sondare. In più, in quel caso specifico, non avrei mai voluto fare la figura della ficcanaso: era già abbastanza seccante che mi trovassi lì nei panni di una suprema rompiballe. Il Divino Progettista, o comunque lo si voglia chiamare, non aveva tempo per me. Ma quando uno è perfetto, deve essere anche perfettamente disponibile. E questa fu la prima trappola in cui lo incastrai. «In sintesi, cosa vorresti?» «Eccellenza, non sono adatta a trasferirmi. Io faccio la netturbina. Qui non ci sono rifiuti da raccogliere. Neanche un cassonetto. Operatori ecologici in Paradiso non ne ho mai visti.» «Preferisci l’Inferno?» Strategia sbagliata. «No, non è questo. Solo che... sua Magnificenza, mi lasci dove sono.» «Cioè in un letto d’ospedale, senza memoria, senza sentimenti e con la testa vuota di un neonato?» «Mangio?» «Mangiare, mangi, carina. Ma ti ricordi quello che hai mangiato oggi? O ieri? O una settimana fa? Non ti evolvi. E noi non siamo criceti. Noi non giriamo su una ruota. Noi dob-
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biamo giungere alla fine della vita a qualcosa di più perfetto dell’essere che eravamo in principio.» In tal caso, con me l’obiettivo era fallito alla grande. «Ecco, appunto: voglio una seconda chance.» «Cara, tu hai innumerevoli difetti, ma non sei un criceto.» «Vuol dire che mi concede una seconda chance?» «Cioè vuoi che ti rimandi in quel letto d’ospedale? A morire di noia?» Il Divino Pensatore non aveva tutti i torti, lo ammetto, però il punto era che non me ne volevo andare. Non in via definitiva. Avevo ancora alcune questioni da sistemare. Le abbiamo tutti quando la morte ci rapisce all’improvviso. Finora non ho mai sentito di qualcuno che sia stato rapito preparato e con la valigia pronta. Perciò la mia impreparazione era normale. Certo, con tutto il tempo che avevo passato a vegetare, mi ero un po’ annoiata di stare senza far nulla. Neanche nella Terra di mezzo, la magica desolazione tra la morte e la vita, ci sono rifiuti da raccogliere. Niente avanzi né tossici né utili. Sicché, io che di mestiere avevo sempre fatto la netturbina, non avevo niente da fare. La Terra di mezzo, per di più, è fatta di aria e cielo, e questo è una considerevole seccatura. Qualunque cosa vola spontaneamente al suo posto. E non lascia sporco in giro. Perciò io cosa potevo fare? L’unica alternativa era andare a trattare con Dio. E LUI, anche se era occupato a scegliere progetti per la ristruttura-
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zione eccelsa necessaria alla divina Kermesse del Giorno del Giudizio, mi ha ascoltato con infinita pazienza. «Una trattativa prevede che tu possa darmi qualcosa in cambio.» Il Divino ora occupato e indaffarato, ma raramente distratto. E un bravo manager, per quanto si occupi di corpi senza sostanza, deve avere ben presenti le necessità del volgo, ma anche quelle del mercato. «Sono brava a dare consigli, Magnifico.» «Vuoi farmi da assistente? Vice? Portaborse?» «Eh?» «Noi non usiamo queste forme di subalternità.» «Cosa la preoccupa, Divino Profeta? Posso provare a darle un consiglio. Mi sento molto saggia in questo momento.» «Non confondiamoci. Non sono Maometto. Anche se in fondo... mah, il senso del divino prende forme che nessun essere umano è in grado di percepire come uniche... io ho visto cose...» Pensai che sembrava il replicante di Blade Runner, ma non lo dissi. Invece lo ascoltai parlare: la disponibilità è il cuore pulsante di ogni trattativa. E scoprii molte cose sul Divino. Soprattutto, percepii questa insistenza sul concetto di criceto, un essere che lui stesso definì “animaletto peloso e intrinsecamente stupido, che passa il suo tempo a girare su una ruota senza accorgersi che il percorso si ripete all’infinito”. Fu così che mi imbattei per la prima volta in questo interessante animaletto, nella sua versione asessuata, indifferente al genere e incorporea, “angelica” non è una forma aggettivale che
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si addice al criceto, per sua natura legato alla concretezza delle acquisizioni materiali, indipendentemente dal suo sesso di appartenenza. La posizione di Dio e il suo divino furore avevano appunto a che fare con lo statuto ontologico del criceto, un essere che di per se stesso, lo si comprende, non dovrebbe avere spazio nella mente di Dio. Oltretutto, i criceti sono parecchio più brutti delle colombe bianche, e non ispirano in alcun modo idee di pace. In sintesi, perché il Supremo Governatore se ne occupasse mi era del tutto oscuro. Quel che arrivavo a intuire era che si trattava di un problema politico, il primo che avesse mai interessato i verdi pascoli dell’Eden. Dopo lungo discutere, insomma, il Divino Capoclasse si confidò. Lo turbava un manipolo di Arcangeli Criceti che volevano fondare un partito, pratica già di per se stessa contraria alle consuetudini ecumeniche, egualitarie e omologanti del Paradiso. In pratica, volevano essere liberi di fare quel che gli pareva. Dio è democratico, ma si irrita se cerchi di rifare le regole della SUA democrazia, che è per definizione perfetta. Gli Arcangeli Criceti avevano alcune idee bizzarre su come azzoppare la Giustizia divina, invalidare i processi sacri e rivedere la costituzione angelica. E mettevano in discussione il veto di Dio, che era per assunto il Divino Amministratore. Per di più, avevano deciso di non sottoporsi ai regolari controlli degli Arcangeli: avevano un lavoro da fare, e non potevano essere distratti da idiozie come il controllo etico del loro operato. «“Idiozie” non si dice. È quasi una parolaccia.»
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«“Minchiate”?» «Se continui così sarò costretto a interrompere questa conversazione. Capisco che non sei abituata al Divino, ingenua creatura, ma...» «Mi perdoni, Magnifico. Starò più attenta.» «Allora, cosa mi consigli di fare con gli Arcangeli Criceti?» «Li metta su una ruota celestiale e li lasci lì. Vedrà che prima o poi si stufano.» Il problema dei criceti, mi sarei resa conto più avanti, è che non si stufano mai. Per di più, c’era in ballo la ristrutturazione. Il rifacimento dell’Eden in vista della risoluzione finale. Il Giudizio. «È sicuro che deve essere Universale? Non si può fare una cosa un po’ più in piccolo?» «Abbiamo preso un impegno al principio dei tempi. Noi siamo di parola.» «Guardi: io farei una puntata pilota. Poi se quella funziona, andiamo in onda con la serie completa.» Mi sembrò che il Divino Regista non capisse, ma mi resi conto che il solo pensiero era blasfemo. «Non è mica il Grande Fratello, ragazza mia. Questo è il Giudizio Universale. E necessita di una ristrutturazione universale. Solo che gli Arcangeli Criceti vogliono farla a modo loro. Distruzione di quel che c’è, bonifica, e poi ricostruzione. Sfarzo, grandi opere... tu capisci che non possiamo permetterci una cosa del genere. Sono tempi difficili.» Allora eravamo fritti. Se c’era la crisi anche nel giardino dell’Eden eravamo fritti.
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«Dia retta a me, Dio. Si liberi degli Arcangeli Criceti e faccia come dice lei. E chi se ne fotte della democrazia!» «Allora!» «Scusi... chi se ne importa, cioè. Allora? Mi sono guadagnata un premio?» Il Divino si fece meditativo. «Tu capisci che non si può fare, vero, Vita?» «Mi chiamo Zoe.» «Non fare l’ignorante, Vita. Non lo conosci il greco?» «No.» «E com’è possibile? Si parla, nel mondo, no? Omero come sta?» Dio snocciola il tempo come i grani di un rosario. Ogni momento GLI è contemporaneo. Il SUO pensiero è indifferente alle epoche, ai popoli, alle religioni e anche alle lingue. È stato armeno, vietnamita, musulmano, indiano cherokee e pure Inuit. Credo anche una quantità di altre cose. Ha avuto anche una fase da capodoglio, e credo che sia stato implicato nell’incresciosa storia di Moby Dick. Perché lo sappiamo tutti che un capodoglio bianco grande come una montagna di neve non può esistere in natura, no? È andata così: il Divino si è trastullato con Achab e poi se l’è portato via, prima di scaraventarlo in un inferno di innocui pesci rossi, ai quali il baleniere è stato condannato a dar mangime per l’eternità. A ognuno la sua punizione. Dov’ero? Ah, sì: Dio conosce tutto, e quindi anche il greco classico. Perciò sa che Zoe significa Vita. «Allora perché devo morire?»
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«È arrivato il tuo tempo, carina.» «Si può avere una proroga?» A questo punto, Dio ha chinato il suo crapone austero e si è arrovellato in augusti pensieri. Per un po’. Intanto io facevo la pianta vegetativa in una stanza d’ospedale. Quando ha finito di arrovellarsi, Dio mi ha detto: «Mmmh, le proroghe non sono una buona cosa». «Mica le chiedo l’autorizzazione a risorgere.» «Quella esperienza l’abbiamo già fatta. Ma tu non sei Gesù. E poi, perché mai vuoi restare in quella valle di lacrime?» «Ci piango benissimo, signore. Non può lasciarmici un altro po’, Magnifico?» «È una faccenda complicata. Dovrei fare una legge apposta. Non credo che Mosè sarebbe d’accordo.» «Una più, una meno.» «Niente da fare. Le leggi sono dieci, non una di più.» «Un emendamento?» «Non saprei. Non è mai successo.» «Allora una proroga, Dio. Chi vuole che se ne accorga?» Ci abbiamo pensato un altro po’ tutti e due, ma il Divino aveva sempre più impegni da assolvere, e non poteva occuparsi di me. Gli Arcangeli Criceti si moltiplicavano. Preparavano la rivolta a colpi di canzoncine balorde e rivendicazioni di indipendenza. Si vestivano di blu, andavano tutti dallo stesso parrucchiere e si facevano una pubblicità del diavolo (che già in sé non era regolare). A Dio stava cominciando a venire il nervoso, quindi capivo che non potesse occuparsi di me.
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«Se prometto che la lascio in pace? Solo una piccola proroga. Per non abbandonare Agata. È per una buona causa.» «Sono contrario alle proroghe.» «Scusi, ma lei non si è prorogato per l’eternità?» Dio tuonò innervosito. Avevo parlato troppo. «Come osi?» «Certo, ho capito: lei è Dio. È un caso diverso. Si tratta di un’ineffabile proroga divina. È per il bene dell’universo. Ma io ne voglio una umana, Santità.» «Chiamami Dio. Mica sono il Papa.» «Sì, ma voi due siete abbastanza intimi, no?» «Noi non familiarizziamo troppo con i mortali. Di solito la cosa produce spiacevoli incidenti. Statue che piangono, Madonne che appaiono, piscine che guariscono...» «Non ha tutti i torti. Comunque io che c’entro?» «Vero anche questo.» «Perciò?» «Ci devo pensare. In più tu non sei mica credente.» «Be’, Divino, diciamo che sono scettica. E più che altro non mi piacciono i preti.» «Non posso darti torto.» «Perciò?» «Ci devo pensare.» Dio chinò il divino testone e prese a riflettere, scatenando piccoli turbini elettrici, trascurabili tifoni di benedizioni, profondi terremoti di grazia e qualche disgrazia. A forza di riflettere stava facendo un vero macello nel circondario. «Divino...» «Non disturbarmi, Vita. Trovati qualcosa da fare. Quando ho finito, ti avverto.»
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Lì per lì, non mi sembrò opportuno insistere. Pensai solo che con ogni probabilità avevo perso un’altra scommessa. La più importante, cioè.