Gian Pietro Soliani
L’apparire del bene Metafisica e persona in Antonio PÊrez S.J. (1599-1649)
Indice
Abbreviazioni Introduzione
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1. L’emergere di una modernità diversa, p. ix - 2. Situazione degli studi su Antonio Pérez, p. xii - 3. Biografia, p. xiv
Capitolo 1. Intenzionalità e giudizio
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1. La divisione delle scienze e l’ente 3 2. La dottrina dell’intenzionalità 9 2.1. La critica ad Aureolo, p. 11 - 2.2. Hurtado de Mendoza: la logica dell’atto intenzionale, p. 17 - 2.3. Pérez: la logica dell’atto intenzionale, p. 19 - 2.4. Conoscere e amare è giudicare: logica e psicologia, p. 24 - 2.5. L’atto conoscitivo umano, p. 30 - 2.6. Esperienza ed evidenza: l’intrascendibilità del giudizio, p. 38
3. Riflessione e giudizio 46 3.1. Da Agostino a Tommaso d’Aquino, p. 47 - 3.2. La riflessione virtuale in Francisco Suárez, p. 51 - 3.3. Le innovazioni della riflessione virtuale in Pérez, p. 53 - 3.4. L’atto del comprendere come unità di natura e spirito, p. 59
Capitolo 2. Sostanza e soggetto
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1. La sostanza è l’Io 65 1.1. Sostanza e Io nel De Incarnatione Verbi divini, p. 72 - 1.2. L’Io è oggetto motivo, p. 79 - 1.3. Note sull’antropologia pereziana, p. 81 - 1.4. Il pensiero e l’Io: la trascendentalità del soggetto, p. 87 - 1.5. Appendice: concretezza e astrazione, p. 95
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Capitolo 3. La persona sintesi dei trascendentali dell’essere
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1. Introduzione 98 2. Il verum 99 3. Il bonum 102 3.1. L’identità dell’ente come autoaffezione, p. 104 - 3.2. Identità e distinzione, p. 108
4. L’unità metafisica è l’Io 115 4.1. L’unità assoluta della Deitas, p. 119 - 4.2. L’unità trascendentale dell’Io e l’ente reale, p. 120
Capitolo 4. La Deitas e le sue implicazioni metafisiche 124 1. I limiti del linguaggio teologico e la perfezione assolutamente semplice 124 2. Il concetto oggettivo metafisico di Deitas 130 2.1. La distinzione virtuale come distinctio rationis ratiocinatae, p. 131 - 2.2. La distinzione connotativa come distinctio rationis ratiocinantis, p. 137 - 2.3. L’identità della Deitas con i suoi atti necessari, p. 142 - 2.4. L’implicazione reciproca di intelletto e volontà, p. 148
3. Il concetto metafisico formale di Deitas 154 3.1. La teoria dello status quidditativus, p. 158 - 3.1.1. Aristotele e Plotino, p. 167 - 3.1.2. Dionigi Pseudo-Areopagita, p. 173 - 3.1.3. Tommaso d’Aquino, p. 177 - 3.2. Lo statuto della causa efficiente, p. 178 - 3.3. Il riscatto del concetto di causa efficiente e il divenire, p. 181
4. Lo stato quidditativo è persona 184 4.1. L’unicità dello stato quidditativo nel De voluntate Dei, p. 188
5. L’immanenza del mondo in Dio 194 5.1. Il contenere eminente di Dio, p. 195 - 5.2. Esistenza, essenza, presenza, p. 202 - 5.3. La conoscenza divina e le creature, p. 211 5.4. Il mondo come adombramento di Dio, p. 221
6. La connessione essenziale tra Dio e i possibili 227 6.1. Connessione essenziale e relazione trascendentale, p. 227 6.2. Francisco Suárez, p. 230 - 6.3. Il connessionismo dopo Suárez, p. 236 - 6.4. Nota sulle categorie modali in Antonio Pérez, p. 249 - 6.5. Relazione predicamentale e relazione trascendentale, p. 256 - 6.6. Il connessionismo pereziano, p. 257 - 6.7. La connessione essenziale e i primi principî, p. 264
Introduzione Indice
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7. Onnipotenza divina e categorie modali 268 7.1. Necessità di Dio e necessità dei possibili, p. 268 - 7.2. L’impossibile e l’onnipotenza divina, p. 270
Capitolo 5. Esistenza di Dio, esperienza e primi principî 282 1. Le prove dell’esistenza di Dio 282 1.1. Dio e i primi principî, p. 282 - 1.2. Le due versioni dell’argumentum Perezii, p. 288 - 1.2.1. Alcune premesse, p. 288 - 1.2.2. La struttura delle prove, p. 293 - 1.2.3. Il modus argumentandi mirabilis, p. 297 - 1.2.4. L’esistenza dell’ottimo a partire dal concetto di perfezione assolutamente semplice, p. 299 - 1.2.5. La negazione dell’esistenza di Dio ne implica l’affermazione, p. 301
Bibliografia 305 1. Opere di Antonio Pérez (manoscritte e a stampa), p. 305 - 2. Altre fonti manoscritte, p. 305 - 3. Opere antiche e medievali, p. 306 - 4. Opere moderne a stampa, p. 308 - 5. Bibliografia secondaria, p. 310 - 5.1. Monografie o tesi, p. 310 - 5.2. Articoli, p. 311 - 5.3. Collettanee, p. 313
Introduzione
1. L’emergere di una modernità diversa Il presente studio è dedicato al rapporto tra metafisica e persona nel pensiero del gesuita Antonio Pérez (1599-1649). Affrontare questo tema significa sviluppare una serie di questioni strettamente intrecciate, che potrebbero essere ricondotte sinteticamente a un solo nucleo: la relazione intenzionale tra pensiero ed essere. Da qui, a nostro avviso, bisogna partire, se si vuole valutare la portata della proposta del gesuita spagnolo e la sua collocazione all’interno della Scolastica moderna e del pensiero moderno in genere. Mettere a tema la relazione tra pensiero ed essere significa chiedersi se tra i due vi sia un rapporto estrinseco o se, al contrario, non siano altro che due aspetti del medesimo. In questo secondo caso, l’essere sarebbe immanente al pensiero, sebbene non in senso spaziale e rifuggendo da ogni caratterizzazione quantitativa di tale immanenza. Il pensiero viene inteso da Pérez come l’apparire dell’essere, secondo la figura, mutuata da Aureolo, dell’esse apparens. Il pensiero è originariamente conoscitivo e produttivo di tutte le cose, ma trova una sua realizzazione, seppur limitata, anche nella persona creata. Non vi è alcunché che possa essere presupposto come un al di fuori del pensiero, se non pensandolo. Ciò vale certamente per Dio, ma anche per l’uomo. La dottrina pereziana dell’intenzionalità è un tentativo, a nostro avviso piuttosto chiaro, di rimuovere il presupposto naturalisitico, aprendo, così, il campo della metafisica. Quella di Pérez è una posizione teorica il cui punto di partenza si trova al di qua o al di là di idealismo e realismo, e ciò è tanto più interessante se si pensa al momento storico nel quale il gesuita tiene i suoi corsi: l’epoca di Cartesio e di quello che, con Gustavo Bontadini, potremmo chiamare fenomenismo razionalistico. La scelta di affrontare il pensiero di Pérez da questa prospettiva non è
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arbitraria o dettata da criteri estrinseci. Il “luogo” nel quale il pensiero e l’essere convengono è, infatti, il trascendentale, là dove risiedono, per così dire, non solo i classici nomi trascendentali dell’essere, ma gli stessi principî che innervano e l’essere e il pensiero: uno tra tutti il principio di non contraddizione. Certamente, i problemi da cui Pérez inizia la propria riflessione filosofica e teologica non sono nuovi, ma sono innovative le risposte e le elaborazioni teoriche che il gesuita propone alla sua epoca, a partire da un materiale ricchissimo che spazia dalle opere di Aristotele e dei Neoplatonici (in particolare, Plotino e Dionigi Pseudo-Areopagita), alla grande stagione dei dibattiti medievali tra XI e XV secolo, per giungere ai commentatori della Summa theologiae, fino ai nuovi trattati teologici, frutto dell’insegnamento in seno ai collegi dei gesuiti. Sarebbe fuorviante credere che il pensiero di Pérez sia riducibile a una serie di postille al pensiero di Francisco Suárez, come del resto sarebbe scorretto ridurre la metafisica del gesuita navarrino a un episodio marginale della storia della cosidetta ontoteologia. Il dibattito teologico e filosofico posteriore alla morte di Suárez è ben più ricco di quanto comunemente si creda ed è per larghi tratti ancora da decifrare. Innanzitutto, conviene segnalare quali saranno gli argomenti trattati nel volume. Abbiamo inteso partire dal tema dell’intenzionalità che Pérez elabora soprattutto nel segno di Pietro Aureolo. Quella del gesuita è una teoria di estrema radicalità, che tende a depurare l’atto conoscitivo di qualunque dualismo gnoseologico. A questo si deve aggiungere uno sviluppo notevole della gnoseologia pereziana verso la costituzione di quella che abbiamo chiamato soggettività trascendentale. L’Io accompagna tutti i giudizi, siano essi conoscitivi o affettivi, nella forma dell’Io penso e dell’Io voglio. Il soggetto umano, nell’atto intenzionale è rivolto alle cose e indirettamente – per riflessione virtuale – anche a se stesso, in una dinamica intenzionale e perfettiva che tende a costituire l’unità intenzionale di soggetto e oggetto, imitando la capacità divina di contenere in sé tutte le cose. La riflessività dell’atto intenzionale porta Pérez a sostenere che l’analogato principale della sostanza non può che essere l’Io e che l’Io non può che essere rivolto costantemente all’altro da sé, ossia a un Tu. Si tratta di una intersoggettività originaria il cui prototipo è la Trinità. La tradizione aristotelica, che fa della categoria di sostanza il perno della metafisica, viene riletta attraverso il concetto di persona. Non essere persona significa essere quasi nihil, secondo un’esplicita affermazione del nostro autore. A questo proposito, anche le proprietà trascendentali dell’essere – tema classico della metafisica tradizionale – vengono rilette in questa chiave. Es-
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sere, verità, bontà e unità trovano il loro punto di convergenza nella sostanza spirituale, ovvero nell’Io. Il “luogo” del trascendentale è il soggetto spirituale, il cui orizzonte è infinito e coincide con quella che Pérez chiama forma dell’intellezione o esse apparens in quanto tale. Ogni contenuto appare in virtù di questa forma, la cui istanziazione adeguata è Dio stesso. È a questo livello che si situa il convenire dell’uomo con Dio, ossia la sua soprannaturalità; sebbene, ex parte hominis, ciò accada in modo enigmatico e confuso. A questo punto viene approfondita la natura della Deitas con tutti i suoi corollari. Si tratta di esplorare il campo della Persona divina, come Colei che contiene eminentemente, in un unico atto di pensiero, ogni cosa; e proprio per questo è in grado di produrre tutto ciò che esiste. Il pensiero nella sua essenza è produttivo o in senso reale, come nel caso di Dio, o in senso intenzionale, come nel caso dell’uomo. Le dottrine della connessione essenziale dei possibili con Dio e dello stato quidditativo devono essere lette alla luce dell’immanenza di tutte le cose nel pensiero divino. L’unico stato quidditativo di tutte le cose, ossia la loro essenza, è Dio, nel senso che Egli è il loro fondamento trascendente ultimo, la loro ragione sufficiente, senza la quale sarebbero nulla. Lo stato quidditativo, lungi dall’essere una costruzione logica astratta, ha i tratti della persona dotata di una intelligenza amorosa o di un desiderio intelligente. Lo statuto ontologico delle creature può essere decifrato soltanto alla luce di questa dottrina, apparentemente inaudita per un teologo cattolico, ma in realtà lontana dal panteismo. Le creature sono sostanze relazionali o anche relazioni sostanziali, il cui fondamento è l’Io o, meglio, il Noi divino. Se le creature non fossero immanenti al pensiero divino, sarebbero nulla. Il mondo è il luogo dell’apparire di Dio, sebbene si tratti di una apparizione enigmatica. Certo, Dio si adombra nelle cose, ma occorre ricordare che, per Pérez, ciò che non è dotato di pensiero, per essere, deve offrirsi al pensiero di qualcuno. Lo stesso divenire delle cose è parametrato sull’unico sostrato che possa dirsi veramente tale, ossia l’Io, come luogo della presenza dei presenti. Anche il concetto di causa viene riguadagnato a partire dagli atti intenzionali che vanno a costituire gli oggetti come sentiti o conosciuti o voluti. Abbiamo notizia del concetto di causa guardando a noi stessi e ai nostri atti, più che ai fenomeni della natura. Si tratta di guadagni teorici che la Scolastica successiva accoglierà, probabilmente per altre vie, soltanto nel Novecento, dopo un confronto serrato con la filosofia moderna, fino a Hegel, ma che in Pérez già si preannunciano, grazie a una capacità non comune di rivitalizzare la tradizione filosofica, cercando di depurarla da alcune ingenuità. L’ultimo capitolo si sofferma su alcune prove dell’esistenza di Dio, per metterne in evidenza il legame con la metafisica del nostro autore, ma soprattutto
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per mostrare il legame inscindibile che Pérez instaura tra Dio e l’evidenza metafisica, la cui forma è il principio di non contraddizione. A un secolo di distanza dal sola fide di Lutero, Pérez si impegna – a partire da Agostino – nel tentativo di mostrare che ogni nostra conoscenza evidente e necessaria, sia essa fenomenologica o logica, è già un accesso allo strato teologico dell’essere. Ogni vero, quindi, è un riflesso della Verità e un qualche apparire del Bene.
2. Situazione degli studi su Antonio Pérez Gli studi sul pensiero di Antonio Pérez sono per ora molto rari e la sua influenza sul pensiero moderno è quasi del tutto sottovalutata o inesplorata, con alcune eccezioni. Il primo a compiere un lavoro dedicato esclusivamente al pensiero di Pérez è stato Borja Adsuara Varela nel 1997. Si tratta di una tesi in filosofia del diritto che indaga la nascita del diritto d’autore e del diritto soggettivo nella Scolastica spagnola. In particolare, la filosofia del diritto del gesuita navarrino ruota intorno alla nozione di suitas. Pérez, secondo i risultati ottenuti dalle ricerche di Adsuara si inscriverebbe nella linea di sviluppo del diritto soggettivo moderno che passa da Francisco Suárez e Juan de Lugo1. Mentre stavamo concludendo la tesi di dottorato, di cui questo libro è la rielaborazione, il professor Adsuara ci ha fatto gentilmente pervenire il suo recente studio sulla vita di Antonio Pérez2, nel quale è presente una ricostruzione biografica minuziosa, per quanto possibile, della vita dell’autore, oltre all’edizione e traduzione spagnola del trattato De iustitia et iure e all’edizione e traduzione spagnola del manoscritto intitolato Responsiones ad puncta super obscuritate scriptorum suorum3, dove Pérez si difende dalle accuse che avevano portato al suo allontanamento dal Collegio Romano. Rimandiamo a questo recentissimo e appassionato lavoro di Adsuara per i particolari biografici della vita di Antonio Pérez e per la datazione e la raccolta dei riferimenti a tutti i manoscritti dei corsi tenuti dal gesuita navarrino. Il primo a cimentarsi in un lavoro che tocca alcuni aspetti metafisici del pensiero di Pérez è stato Tilman Ramelow, il quale nel 1997 ha pubblicato uno studio dedicato alla metafisica della volontà libera da Pérez a Leibniz4, 1 B. Adsuara Varela, La pre-historia del riconocimiento de los derechos de propriedad intellectual, OMPI-iida, Montevideo, Madrid 1997. 2 B. Adsuara Varela, Antonio Pérez S.J. Su tratado sobre la justicia y el derecho, y su proceso, tesi di dottorato, Universidad Complutense de Madrid 2015. 3 A. Pérez S.J., Responsiones ad puncta super obscuritate scriptorum suorum, BUS Ms. 206. 4 T. Ramelow, Gott, Freiheit, Weltenwahl: der Ursprung des Begriffes der besten aller möglichen
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focalizzando la propria ricerca su due temi fondamentali: il rapporto tra possibilità, libertà e realtà; e la necessità verso il meglio. Si tratta di questioni assai rilevanti che ruotano attorno alla natura della scientia media. Il lavoro è molto ampio e considera diversi autori scolastici del XVII secolo, oltre ai medievali. Il terminus ad quem del lavoro è il pensiero di Leibniz e i suoi Saggi di Teodicea, pubblicati nel 1710, quando ormai Pérez era morto da alcuni decenni. Ramelow ha preso in considerazione soltanto le opere a stampa di Pérez, pubblicate postume da alcuni allievi, mentre non ci sono riferimenti ai testi manoscritti. Di queste questioni, relative alla necessità morale di Dio verso l’ottimo e alla “moralizzazione” delle categorie modali nella Scolastica spagnola, aveva iniziato ad occuparsi alcuni anni prima Sven Knebel5. In effetti, il pensiero di Pérez si inscrive all’interno di una svolta agostiniana, legata alla riflessione sul soggetto e sull’affettività, che è tipica di parte della Scolastica gesuitica e che concorre a una revisione e reinterpretazione di alcuni nodi teoretici fondamentali del pensiero aristotelico, come anche il nostro lavoro cercherà di mettere in luce. È, poi, necessario segnalare i lavori di Jacob Schmutz, nei quali il pensiero pereziano è certamente collocato in una posizione di assoluto rilievo. Si segnala a questo proposito la tesi di dottorato del 2003, nella quale vengono indagati alcuni aspetti della metafisica pereziana del possibile, considerando anche l’influenza che Pietro Aureolo ha esercitato sul nostro autore. Schmutz parla giustamente di una “rivoluzione neoagostiniana” per definire il pensiero del gesuita navarrino; parla, invece, a nostro avviso, meno efficacemente di “criptospinozismo” per le ragioni che abbiamo cercato di enucleare nel paragrafo precedente6. Uno dei meriti fondamentali dello studio di Schmutz Welten in der Metaphysik der Willensfreiheit zwischen Antonio Pérez S. J. (1599-1649) und G. W. Leibniz (1646-1716), Brill, Leiden 1997. 5 S.K. Knebel, Necessitas moralis ad optimum IV. Repertorium zur Optimismus-diskussion im 17. Jh, Studia leibnitiana 25 (1993), pp. 201-208; Id., Wille, Würfel und Wahrscheinlichkeit. Das System der moralischen Notwendigkeit in der Jesuitenscholastik 1550-1700, Felix Meiner Verlag, Hamburg 1995/1996; Id., The Renaissence of Statistical Modalities in Early Modern Scholasticism, in R.L. Friedman, L.O. Nielsen (eds.), The Medieval Heritage in Early Modern Metaphysics and Modal Theory, 1400-1700, Kluwer Academic Publishers, Dordrecht-Boston-London 2003, pp. 231- 251. 6 J. Schmutz, La querelle des possibles. Recherches philosophiques et textuelles sur la métaphysique jésuite espagnole, 1540-1767, 3 voll., Bruxelles 2003 (il secondo volume contiene l’edizione di moltissimi testi inediti sul possibile scritti da gesuiti tra XVI e XVIII secolo); Id., Dieu est l’idée: la métaphysique d’Antonio Pérez (1599-1649) entre néo-augustinisme et crypto-spinozisme, in «Revue thomiste», 103/3 (2003), pp. 495-526; Id., Les innovations conceptuelles de la métaphysique espagnole post-suarézienne: les status rerum selon Antonio Pérez et Sebastián Izquierdo, in «Quaestio», IX, 2009, pp. 61-99.
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è quello di aver riportato alla luce numerosi manoscritti di diversi autori, dei quali è stata proposta una prima edizione parziale7. In particolare, Schmutz ha proposto alcuni testi tratti da due manoscritti pereziani, dedicati rispettivamente alla scienza di Dio e alla fisica. Uno dei temi prevalenti di quelle pagine è la dottrina della connessione essenziale tra Dio e i possibili, senza dimenticare l’indagine sul concetto di Deitas e sulla nozione di status quidditativus8. Infine, Juan Cruz Cruz nel 2006 ha proposto la traduzione in spagnolo di alcune parti degli scritti di Pérez, dedicati rispettivamente alla scienza di Dio nella sua connessione essenziale con i possibili e al rapporto tra ordine naturale e soprannaturale. In entrambi i testi il tema della connessione essenziale è fondamentale9. Il presente lavoro ha inteso proseguire il cammino degli studi su Antonio Pérez per ricostruirne i fondamenti metafisici e riportare alla luce diversi testi manoscritti non ancora studiati, sebbene una edizione di tali opere sia auspicabile, ma ancora di là da venire.
3. Biografia10 Antonio Pérez Valiende de Navas (o Nabas), definito dai suoi contemporanei theologus mirabilis, nasce il 19 marzo 1599 a Puente de la Reina (Navarra). Figlio di Martin Pérez Valiende e Ana de Nabas, viene battezzato il 26 marzo dello stesso anno. Possiamo dire con buona certezza che fosse l’ultimo di quattro fratelli. Una sorella si chiamava Graciana e i due fratelli si chiamavano Martin e Miguel (1597-1661). Quest’ultimo diverrà anch’egli gesuita. Il 1599 è anche l’anno di pubblicazione della Ratio studiorum con la quale si davano indicazioni precise sulla formazione e il curriculum di studi nei Collegi della Compagnia di Gesù. Tra il 1610 e il 1613, il giovane Antonio studia la grammatica a Pamplona. Il 1613 coincide anche con l’anno di entrata nel noviziato della Compagnia, che avviene il 13 marzo, sempre a Pamplona; anche se, dopo alcuni mesi, Schmutz, La querelle des possibles, cit., t. II. Ivi, t. II, pp. 721-761. 9 J. Cruz Cruz, Preciencia divina y posibilidad (1656), Servicios de Pubblicaciones de la Universidad de Navarra, Pamplona, 2006; Id., Naturaleza y sobranaturaleza (1669), Servicios de Pubblicaciones de la Universidad de Navarra, Pamplona, 2006. 10 Salvo diverso avviso, le notizie biografiche che riportiamo di seguito sono tutte tratte da B. Adsuara Varela, Antonio Pérez S.I. Su tratado sobre la justicia y el derecho y su proceso, 3 voll., Madrid 2015 (tesi di dottorato), vol. I (Vida y obra). A questo testo rimandiamo anche per la bibliografia delle fonti e ulteriori particolari. 7 8
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Pérez si sposterà al Collegio di Villagarcia de Campos (Valladolid), dove inizierà ufficialmente il noviziato il 15 luglio. Il noviziato si svolge nel triennio 1613-1615. Il giovane Antonio abbraccerà la vita religiosa con grande slancio, tanto da attraversare un periodo di infermità fisica, dovuto ai troppi sacrifici, che metterà in pericolo la sua permanenza nella Compagnia. Il 22 marzo 1615 Pérez prende i voti temporanei dei due anni e nello stesso anno compie il seminario di humanitates per prepararsi allo studio delle Arti nel triennio successivo (1615-1618). Nel 1618 inizia a studiare teologia, per i quattro anni canonici, a Salamanca, dove ha tra i suoi maestri i gesuiti Valentin de Erice, Bernabe Matute, Pedro Hurtado de Mendoza e Luis de Roa. Nell’ultimo anno accademico (1621-1622) avviene l’“atto della casa”, ossia un momento di lezione tenuto dagli studenti migliori del quarto anno, a cui Pérez prende parte. Agli atti partecipavano sovente studenti di altri collegi con altri professori, avendo facoltà per interloquire e disputare su un tema scelto. In un giorno non meglio precisato tra settembre e ottobre del 1622, Pérez viene ordinato sacerdote a 23 anni. Dal 1622 al 1624, Pérez è “interno” di teologia a Salamanca. Gli “interni” erano studenti che, finiti i quattro anni di teologia, continuavano ad approfondire i loro studi con ulteriori due anni, in attesa di diventare “lettori” e “professori”. Al termine di ogni anno venivano discussi un “atto minore” e un “atto maggiore” rispettivamente per il primo e secondo anno. Per questo gli interni di teologia venivano detti anche “attuanti della scuola”. Il 16 marzo del 1623, Pérez discute brillantemente l’atto minore (tema: De merito Christi) e il 22 febbraio del 1624 discute l’atto maggiore come interno di theologia scholastica (tema: De Incarnatione col maestro Merino). Gli atti minore e maggiore erano atti ufficiali dell’università e non del collegio. Il candidato doveva presentare le proprie conclusioni su una certa materia, legata al corso di teologia tenuto da un maestro, e rispondere a eventuali impugnazioni o difficoltà. Successivamente, il testo dell’atto veniva pubblicato e firmato dal candidato e dal maestro. Nel frattempo, nel novembre del 1622, Pérez aveva compiuto il suo primo viaggio come sacerdote, per tenere una missione popolare. Dal 9 maggio 1623, torna a Puente de la Reina e lì rimane per circa cinque mesi, forse per la morte del padre. L’ultima parte del 1624 coincide con un periodo di infermità molto grave, ma non meglio precisata, che costringe Pérez a posticipare il suo passaggio a Leon, che avvenne comunque il 7 gennaio 1625. A Leon, Pérez superò il terzo periodo di prova che doveva durare circa 6 mesi e si basava sugli Esercizi ignaziani, della durata di un mese; sullo studio delle Costituzioni della
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Compagnia e sull’approfondimento della spiritualità ignaziana. Il tempo che rimaneva era dedicato alla pratica pastorale11. Già all’inizio dell’estate del 1625, Pérez fa ritorno al collegio di Villagarcia, in attesa che gli venga assegnato un ministero. Qui, prepara i corsi del triennio filosofico che doveva svolgersi a Salamanca, ma che, per un cambio di programma dell’ultimo momento, si terranno al Collegio San Ambrosio di Valladolid, dall’ottobre del 1625 al 1628. In questo collegio il gesuita navarrino ebbe come allievo il conterraneo Miguel de Arbizu che, diventato successivamente Provinciale di Castiglia, propizierà l’edizione del primo volume dell’Opus posthumum pereziano. Di questa tappa dell’insegnamento di Pérez sono testimonianza i due manoscritti delle Disputationes in VIII libros Physicorum Aristotelis presenti rispettivamente nell’archivio della Facultad de Teología de Norte de la España (senza segnatura), a Burgos, e nell’Archivio della Pontificia Università Gregoriana di Roma (APUG, F.C. 1396rec). Mancano all’appello le Disputationes in universam logicam, i Commentaria in libros de coelo et mundo et de anima, le Disputationes in libros de generatione et corruptione. Tra il 1628 e il 1631, Pérez viene promosso a lettore di teologia, probabilmente a Salamanca. Sappiamo con certezza che insegnò a Salamanca nell’anno 1630-1631. Invece, non conosciamo con precisione la materia dei corsi tenuti in questi primi anni. La proposta di Adsuara Varela è che si trattasse, innanzitutto, di corsi introduttori, di cui sarebbe testimonianza il manoscritto intitolato Disputationes et Axiomata in primam et secundam et tertiam partem Divi Thomae (APUG, F.C. 170) che abbiamo potuto consultare per il presente studio. Sappiamo anche che, nel 1631, Juan Vazquez discusse un atto della casa presieduto da Pérez e avente come tema la carità. È probabile, quindi, che Pérez abbia tenuto anche un corso su questo tema, pubblicato nel secondo volume dell’Opus posthumum. Pérez fa riferimento a questo corso nel trattato De scientia Dei che risale probabilmente al 163012, permettendoci di collocare il trattato De virtutibus theologicis dell’Opus posthumum negli anni 1629 o 1630. L’altro possibile manoscritto risalente a questa epoca è il Tractatus de Incarnatione Verbi Divini in 3a parte D. Thomae, conservato a Salamanca. Il 28 gennaio del 1632 avviene la professione solenne dei quattro voti13, mentre Pérez si trova di nuovo a Valladolid per un triennio di insegnamento che si colloca tra il 1631 e il 1634. Il De Restitutione, il De voluntate Dei 11 La prima prova avveniva all’ingresso nella Compagnia, mentre la seconda prova coincideva con il periodo di noviziato. 12 A. Pérez S.J., De scientia Dei, disp. 1, cap. 9, OP I, p. 138a, n. 160: «...ut dixi in libro De anima et disputatione ultima De charitate...». 13 Povertà, castità, obbedienza, a cui i gesuiti aggiungevano un voto di speciale obbiedienza al Papa.
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(1633), il De Sacrosancta Trinitate sono i corsi risalenti a questa fase dell’insegnamento di Pérez. Il 15 settembre del 1634, Pérez riparte per Salamanca dove rimarrà come professore di teologia fino al 1641. Ai primi anni di insegnamento di questo periodo corrispondono il corso De Providentia divina ac de praedestinatione (1634-1635), un altro corso De Restitutione (1635-1636) e un De Iustificatione (1636). Il 1637 è, invece, l’anno a cui risale il trattato De auxilijs divinae gratiae (pubblicato col titolo De divina gratia auxiliante), dove Pérez risponde alle critiche alla dottrina connessionista del confratello e amico Juan Martinez de Ripalda14. Nel 1638, invece, Pérez tiene il corso De vitiis et peccatis. Dell’anno 1639-1640 è il trattato Disputationes de Sacramento et virtute poenitentiae. Infine, veniamo all’ultimo anno accademico del secondo periodo salmanticense (1640-1641). A questo periodo risale il Tractatus de existentia et attributis divinis, dove sembra comparire per la prima volta nei testi di Pérez il termine verificativum, secondo le indicazioni di Schmutz15. Qui comincia ad essere affrontata in modo tematico la questione delle prove dell’esistenza di Dio. Il 7 gennaio 1641, Pérez abbandona Salamanca per preparare il viaggio alla volta di Roma, dove andrà a tenere la prima cattedra di teologia scolastica del Collegio Romano, sostituendo il celebre gesuita Juan de Lugo, che di lì a poco sarà creato cardinale da Urbano VIII. Il periodo romano di Pérez si situa tra il 1642 e il 1648. Nel suo insegnamento, Pérez seguirà l’ordine delle materie seguito da Juan de Lugo durante gli anni del suo insegnamento: De Eucharistia, De Poenitentia, De Deo Uno, De Angelis, De Peccatis, De Fide, De Iustitia e De Incarnatione. Era un percorso lungo otto anni che Pérez non riuscirà a terminare. Probabilmente, inizierà dal De Fide perché era il corso che il suo predecessore avrebbe affrontato, se non fosse stato sollevato dall’insegnamento. L’anno successivo sarà la volta del corso De iustitia et iure che compare nel terzo volume dell’Opus posthumum. Il 1644-1645 è l’anno del corso De Incarnatione Verbi divini e dell’arrivo sulla seconda cattedra di teologia scolastica del gesuita italiano Pietro Sforza Pallavicino, meglio conosciuto come lo storico ufficiale del Concilio di Trento. Il 1645 è anche l’anno della prima censura contro una proposizione attribuita a Pérez con la quale si sosterrebbe l’estrinsecità di qualunque atto libero divino rispetto a Dio. Non possediamo, per ora, le risposte di Pérez, ma soltanto una lettera di censura, dal destinatario imprecisato, nella quale 14 15
Cfr. A. Pérez S.J., De divina gratia auxiliante, disp. III, OP II, p. 78a e ss. Schmutz, La querelle des possibles, cit., t. I, p. 486.
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L’apparire del bene
alcuni gesuiti riportano la proposizione incriminata e chiedono di vietarne ufficialmente l’insegnamento. Finalmente, nel 1646, Pérez inizia il suo ciclo di corsi sul De Deo uno et trino. È la prima volta che tratta questa materia nella sua carriera di professore. In quell’anno, Vincenzo Carafa viene eletto Generale dei gesuiti e prende posizione contro gli avversari di Pérez, tranquillizzando il gesuita navarrino sul fatto che in caso di rimozione dalla cattedra, sarebbe stato avvertito per tempo. Cosa che non avverrà. Il 13 luglio 1647, il Carafa dichiara solennemente che non vi è disuguaglianza tra la prima cattedra (mattutina) di teologia e la seconda cattedra (vespertina) e ribadisce di mantenere le usanze consolidate, apparentemente per fermare gli attriti tra i professori di teologia in occasione degli atti pubblici del Collegio. Se non che, nell’anno 1646-1647, Sforza Pallavicino occupava la cattedra mattutina e Pérez la vespertina, anche se si era soliti, già dal generalato precedente a quello di Carafa, scambiarsi ogni anno le cattedre. Con la sua dichiarazione, il nuovo Generale dei gesuiti decretava la precedenza di Sforza Pallavicino su Pérez negli atti pubblici del Collegio Romano di quell’anno. Il 1648 è l’anno in cui il Generale dei gesuiti, dopo uno scambio epistolare con Pérez, rimuove il gesuita navarrino dalla cattedra, sostituendolo con un suo allievo: Martín de Esparza y Artieda. La motivazione ufficiale dell’allontanamento da Roma è l’oscurità delle lezioni di Pérez, in particolare, riguardo a quello che diverrà celebre come argumentum Perezii, per dimostrare l’esistenza di Dio. Nel dicembre 1648 o nel gennaio 1649, Pérez si rimette in viaggio per la Spagna. L’unica notizia che abbiamo di questi ultimi mesi è la sua morte, avvenuta il 2 marzo 1649 a Corral de Almaguer. Al termine di questo lavoro desidero ringraziare il prof. Paolo Pagani che ha seguito i miei studi su Pérez fin dal 2011 con competenza e amicizia. Ringrazio anche il prof. Costantino Esposito e il prof. Pasquale Porro che hanno accolto benevolmente questo lavoro nella collana da loro diretta. Ringrazio i proff. Fabrizio Amerini, Antonio Petagine, Jacob Schmutz, Borja Adsuara Varela (anche per il piacevolissimo incontro – non programmato – alla Gregoriana di Roma), Giovanni Catapano, Carmelo Vigna, Igor Agostini. Infine, un ringraziamento particolare a p. Martín María Morales S.J., Irene Pedretti e Cristina Berna dell’Archivio della Pontificia Università Gregoriana di Roma per la grande disponibilità nei miei confronti e per l’aiuto nella ricerca, senza i quali questo lavoro non sarebbe mai stato possibile. Dicembre 2017