Indice
Prefazione di Giorgio Vittadini
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Giuseppe Cottolengo (1786-1842) L’imprenditore della Divina Provvidenza
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«Caritas Christi urget nos», p. 3 • Ricominciare in periferia, p. 5 • La Famiglia si allarga, p. 6 • Alla casa del Padre, p. 11 • Approfondimenti: Le opere di Dio sono sempre fatte «al loro tempo», p. 12
Giovanni Bosco (1815-1888) Un santo tra i giovani
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«È necessario stare con loro», p. 15 • Lupi con gli occhi impauriti, p. 16 • Umanità nuova, p. 18 • Laboratori e scuole, p. 19 • Approfondimenti: La pazienza di don Bosco, p. 21
Leonardo Murialdo (1828-1900) Educare il popolo
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«Potremo dubitare che Dio voglia farci santi?», p. 23 • I padroni dei tuguri, p. 24 • Voglia di correre, p. 25 • «Straordinario nell’ordinario», p. 26 • Approfondimenti: Si deve cercare il bene che Dio vuole, p. 31
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Luigi Guanella (1842-1915) L’esiliato di Dio
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Sorvegliato speciale, p. 33 • «Signore, fa’ che io veda», p. 35 • «Lasciatelo fare il bene», p. 39 • Approfondimenti: «Popolo mio, che fai tu mai?», p. 41
Francesca Cabrini (1850-1917) Una Madre a Little Italy
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«Non a Oriente, Cabrini, ma a Occidente», p. 47 • Di porta in porta, p. 49 • Sud America ed Europa, p. 53 • Approfondimenti: La speranza non è mai delusa, p. 54
Luigi Orione (1872-1940) Il «facchino di Dio»
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«Instaurare omnia in Christo», p. 57 • Il primo nucleo, p. 59 • Una giornata fatta di più ore, p. 63 • Il terremoto di Messina, p. 64 • Il modernismo, p. 64 • L’Opera si allarga, p. 66 • L’ultimo giorno, p. 67 • Approfondimenti: L’amicizia con Ignazio Silone, p. 68
Giovanni Calabria (1873-1954) «Tutto è possibile a chi crede»
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«Ma va’ a fare il prete, ché non sei buono ad altro!», p. 71 • Sotto un mucchio di stracci, p. 72 • In confessionale, p. 76 • Opere e Provvidenza, p. 77 • Fratelli separati, p. 78 • Approfondimenti: Il carteggio con C.S. Lewis, p. 80
Giuseppe Moscati (1880-1927) Il medico santo «Il medico accorra con l’ardenza dell’amore, la carità», p. 83 • Dio, se c’è, non c’entra, p. 85 • Sotto la lava del Vesuvio, p. 88 • Un popolo in silenzio, p. 91 • Approfondimenti: Una lettera a Benedetto Croce, p. 92; Contro l’ideologia della razza: l’eugenetica, p. 94
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Carlo Gnocchi (1902-1956) Beato amore
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Un figlio del suo tempo, p. 99 • La bomba della libertà, p. 100 • Il papà dei mutilatini, p. 102 • L’omelia del ragazzino, p. 104 • Approfondimenti: L’educatore, uomo della speranza, p. 105
Bibliografia
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Prefazione
I santi di cui parla questo volume ben scritto da Paola Bergamini sono santi “moderni”, che operano in ambienti e nel contesto di problemi da noi ben conosciuti: le grandi periferie delle metropoli urbane dell’Otto-Novecento con questioni legate all’industrializzazione, all’emigrazione, all’inurbamento, alle nuove povertà, allo sfasciarsi dei nuclei familiari, alle conseguenze devastanti delle guerre moderne, alla cura di chi, affetto da gravi malattie, nelle nuove concezioni utilitaristiche della vita sembra non aver più valore come “persona”. In questi contesti, in cui cominciano ad affermarsi ideologie apparentemente opposte – marxista, liberista –, dove il valore del singolo “io” può essere sacrificato a uno sviluppo “progressivo” della collettività o di singoli più capaci di muoversi ed arricchirsi, i santi sociali mostrano ciò che ha caratterizzato la “rivoluzione cristiana” fin dall’inizio: l’amore alla singola persona «unica e irripetibile» (Giovanni Paolo II), il cui valore è più grande di tutto l’universo (come soleva dire don Luigi Giussani). È un amore che non nasce da un generico impegno sociale o da un superficiale afflato umanitario. Infatti i santi sociali si muovono per un giudizio ben preciso: V
prendono sul serio il desiderio di verità, bellezza, giustizia che costituisce il fondo del loro cuore e riconoscono in Cristo la risposta al proprio bisogno e a quello altrui. Così, la partenza della loro azione non è mai un progetto sociale, ma un incontro apparentemente casuale con persone piene di bisogno che gli altri, magari, intorno a loro ignorano. «Ci sono cose che prima non si vedevano e poi si vedono» ebbe a dire ancora don Giussani. Da questo loro coinvolgimento totale con ogni incontro fatto nasce, quasi come frutto non voluto e non previsto, un’opera che, al di là delle dimensioni – spesso impressionanti –, mostra a tutti come la carità cristiana, imitazione del dono di sé commosso di Cristo all’uomo, genera risposte organiche e adeguate al bisogno dell’uomo di ieri e di oggi. Problemi come la formazione professionale, la cura degli immigrati, l’assistenza a malati gravi, a mutilati, a persone affette da gravi handicap fisici e mentali, a ragazzini abbandonati o incapaci di inserirsi nelle società moderne trovano nelle realizzazioni dei santi sociali esempi di metodo che vengono poi imitati anche da amministrazioni pubbliche che ne riconoscono la validità pubblica. Così, queste opere sopravvivono ai loro fondatori anche perché nascono intorno ad esse, inevitabilmente, “compagnie cristiane” – movimenti laicali, associazioni, ordini religiosi – che vogliono diventare loro stessi portatori di quell’amore a Cristo divenuto risposta personale alla loro insopprimibile domanda di umanità. Per questo la lettura della vita di questi santi sociali è il miglior modo per scoprire come l’avventura cristiana vissuta come esperienza personale è ancora la strada maestra per essere integralmente uomini, anche nel mondo contemporaneo. Giorgio Vittadini Presidente della «Fondazione per la Sussidiarietà» VI
Francesca Cabrini 1850-1917
Una Madre a Little Italy
«Non a Oriente, Cabrini, ma a Occidente» «Nelle ultime settimane, donne di carnagione scura nelle vesti di suore della carità hanno percorso i quartieri italiani della Piccola Italia, arrampicandosi per scale strette e oscure, discendendo in sudici sotterranei e in caverne, dove neppure un poliziotto oserebbe mettere piede senza essere accompagnato. Capo di questa congregazione è la Madre Francesca Cabrini, donna con grandi occhi e un sorriso attraente. Non sa l’inglese, ma è donna di proposito» (New York Sun, 30 giugno 1889). Francesca è sbarcata da pochi mesi nella metropoli americana, insieme a sette suore dell’ordine da lei fondato – le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù –, e la sua presenza e la sua opera hanno già suscitato interesse. Ma chi è questa suora dall’aspetto esile che, nell’arco di trent’anni, attraverserà 28 volte l’oceano facendo fiorire, in Europa e nelle Americhe, orfanotrofi, collegi, scuole e ospedali? Allora come oggi ciò che colpisce è 47
soprattutto una presenza che, rispondendo ai bisogni concreti, rende visibile l’amore di Cristo all’uomo. Ultima di dodici figli, Francesca nasce il 15 luglio 1850 a Sant’Angelo Lodigiano, nella bassa pianura lombarda. A undici anni ha già deciso cosa vuole fare nella vita: missionaria in Cina. Ha un carattere deciso, ma la sua salute è cagionevole; per questo vari ordini religiosi rifiutano la sua domanda di ammissione. Solo un certo dottor Morini a proposito della sua costituzione fisica commenta: «Dio aiuta i suoi santi e poi ci scherza». Nel 1874 entra nell’Ospizio della Divina Provvidenza a Codogno, di cui diventa superiora, e nel 1881 il vescovo di Lodi approva la Regola del suo ordine: le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Proprio a Codogno apre la prima casa per ragazze, è la volta poi di una scuola elementare a Grumello, a Milano, a Casalpusterlengo, un convitto a Roma... Ma non è ancora la Cina. A Roma, Francesca conosce monsignor Giovanni Battista Scalabrini. Il vescovo di Piacenza ha da poco pubblicato L’emigrazione italiana in America, un opuscolo in cui emerge la situazione drammatica in cui versano gli immigrati italiani negli Stati Uniti. Per assisterli ha inviato a New York alcuni preti della Congregazione di san Carlo Borromeo, da lui fondata. Ma non basta. C’è bisogno di suore che collaborino, soprattutto a livello educativo. L’ordine delle suore Missionarie è quello che cerca. Fa la proposta a Francesca. Lei per un po’ tergiversa, innanzitutto perché vuole che l’Istituto sia «libero da ogni legame materiale, morale o spirituale, e quindi del tutto indipendente» e poi, da donna concreta quale è, non vede un progetto preciso a cui collaborare. Scalabrini ritorna alla carica quando da New York arri48
va la richiesta per la gestione della scuola che i sacerdoti vogliono aprire presso la chiesa di San Gioacchino. Francesca per decidere chiede udienza a papa Leone XIII. Il pontefice conosce bene la situazione degli immigrati italiani e soprattutto è conscio che è in atto una vera e propria opera di scristianizzazione. Ci vogliono persone che con la loro presenza, con il loro agire mostrino che solo Cristo, dentro l’esperienza della Chiesa, è la via della salvezza. Per questo dice a Francesca: «Non a Oriente, Cabrini, ma a Occidente. L’Istituto è ancora giovane. Ha bisogno di mezzi. Andate negli Stati Uniti, ne troverete. E con essi un gran campo di lavoro. La vostra Cina sono gli Stati Uniti, vi sono tanti italiani immigrati che hanno bisogno di assistenza». Francesca non ha più dubbi e ubbidisce.
Di porta in porta Il 31 marzo 1889, insieme ad altri 1.500 immigranti, sbarca a New York. Ad attendere lei e le sue suore... nessuno. Quella prima notte dormono in due stanze sudice in un albergo della Little Italy. Francesca non si perde d’animo: in ogni situazione difficile, e nella sua vita sarà sempre così, vede la mano di Dio, una possibilità in più che il Signore le offre per affermare la sua Presenza. Il giorno dopo comincia la sua opera. Insieme alle suore visita le famiglie, raduna i bambini per il catechismo. Con l’aiuto del vescovo, in un primo momento titubante nei loro confronti, istituisce un orfanotrofio. E poi un asilo, una scuola. E i soldi? Fa la questua di porta in porta; chi può dona soldi oppure... frutta, verdura, mobili. Tutto serve. In breve tempo gli immigrati sanno che se sono in difficoltà – lavoro, famiglia, figli – hanno qualcuno a cui rivolger49
Santa Francesca Cabrini nel 1880.
Una bambina prega davanti alla statua della Santa.
Emigranti italiani in viaggio verso New York.
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La casa natale a Sant’Angelo Lodigiano.
Chiostro della casa madre di Codogno (Milano).
L’orfanotrofio di Los Angeles.
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La casa San Filippo a New Orleans nel 1897.
Il collegio femminile di Rio de Janeiro (Brasile).
L’orfanotrofio di Dobbs Ferry.
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si, ma soprattutto le suore li aiutano a riconquistare un aspetto fondamentale della loro identità: la fede cattolica. Francesca è instancabile. Compra edifici e terreni, riesce a farsi fare prestiti anche da ebrei e dal... direttore del Metropolitan Museum. Nessuno le resiste. Dietro al suo sorriso c’è una testa da ragioniere, perché, come le hanno insegnato, si può benissimo essere in grazia di Dio e far quadrare le partite doppie. È la sua presenza che quasi “impone” le donazioni. Ciò che la muove è la carità, l’amore a Cristo per ogni uomo e lo struggimento perché Cristo sia conosciuto. Una carità che fa sì che «i figli di Dio operino con più tenacia, accortezza e pazienza perché hanno consacrato le loro forze alla venuta del suo Regno e corrono per uno stipendio incorruttibile», scrive in una sua lettera. E che fa dire a un laico incallito come Filippo Turati: «Non siamo della stessa parrocchia, pure vi assicuro che l’opera della Cabrini io l’apprezzo grandemente».
Sud America ed Europa Le vocazioni fioriscono, e la sua opera viene richiesta in altre città americane: New Orleans, Seattle, Chicago... Ovunque la chiamano lei va e costruisce orfanotrofi, scuole, asili, ospedali. È lei l’esempio per le sue consorelle: insegna a cucinare, a riassettare, a tenere i libri contabili, a trattare con gli umili come con le persone altolocate. Dopo gli Stati Uniti è la volta del Sud America: dove ci sono tanti immigrati italiani. Nicaragua, Panama, Brasile, Cile fino all’Argentina, attraversando la Cordigliera delle Ande a dorso di mulo. Non ha un attimo di tregua; eppure non c’è frenesia, ansia di fare nella sua opera, perché «se io 53
mi occupassi solo delle cose esteriori, per buone e sante che siano, diverrei debole e languente col rischio di perdermi, qualora mi mancasse il sonno dell’orazione e se non cercassi di riposare e di dormire tranquillamente nel cuore del mio diletto Gesù. Dammi o Gesù in abbondanza di questo misterioso sonno». Questa è la sua forza: l’amore a Cristo. I suoi viaggi la riportano più volte anche in Europa dove fonda istituti in Spagna, Francia, Inghilterra, Portogallo, perché, visto il carattere internazionale assunto dalla missione, le suore devono essere in grado di parlare e insegnare le lingue dei vari Paesi. La morte la sorprende il 22 dicembre 1917 a Chicago, seduta alla sua scrivania.
Approfondimenti La speranza non è mai delusa Madre Cabrini fu un’instancabile scrittrice. Durante i lunghi viaggi scriveva lettere e appuntava sul suo diario impressioni e pensieri. La fede produce speranza, e la preghiera è appunto la speranza supplichevole. «In te, Domine, speravi, non confundar in eternum». Oh, speranza del cielo, tanto ti ottiene quanto tu attendi e speri. Non stanchiamoci, o figliole, quando a noi pare che le nostre preghiere non ottengano nulla e quando pare che la nostra speranza sia delusa. No, non è mai delusa, ma tutto è disposto dalla sapienza onniveggente di Dio; Egli sa il perché! Confidate contro ogni speranza e non sarete mai confuse... allargate le ali della speranza fiduciosa che rallegra lo spirito, e vivete nella santa letizia del Signore (Pensieri). Ieri sera fummo contristate da un triste incidente: un ministro protestante raccolse quanto più poté signori attorno a sé nel gran salo54
ne di prima classe e tenne loro una conferenza, ossia un meeting, come lo chiamano gli inglesi, allo scopo di raccogliere quattrini per le famiglie dei poveri marinai vittime di infortuni. Abbiamo con noi cinque sacerdoti cattolici e molto istruiti, almeno due in tutte le lingue, ma a nessuno venne in mente di fare qualcosa. Io non so come vada la storia, ma fa davvero compassione vedere come sono più zelanti i ministri del diavolo che non quelli di Cristo. Noi siamo diventati vili, codardi, e tante volte nighittosi, ci lasciamo sorprendere dal rispetto umano e lasciamo di mostrarci veri seguaci di Gesù Cristo in faccia al pubblico. Si sente deridere la virtù e si tace, si sente concultata la verità e si tace; ma, e perché si tace? Perché siamo vili. Oh! abbiamo bisogno di rinnovellare la nostra fede, di riscaldare i nostri cuori ai sublimi principi di nostra Santa Religione, abbiamo bisogno di informarci allo Spirito di Gesù Cristo, e nella vera carità del suo Divin Cuore animarci a grande slancio nel pubblicare sempre la verità. Non temiamo d’offendere le persone che ci avvicinano, né di essere loro importuni nel parlare della verità della fede. No, se sapremo informarci alla carità vera, dolce e soave di Gesù Cristo, ma pur forte ed energica, nessuno sarà da noi offeso, ma piuttosto verrà conquiso (settembre 1891). La conversione dei peccatori, la santificazione delle anime non dipende dalla fredda e sterile eloquenza umana e da fronde di fiori di elegante stile e studio ricercato; ma tutto dipende dalla grazia fecondatrice di Gesù Cristo; egli illumina le menti, commuove gli affetti, semina virtù, infervora ad opere sante e perfette. È Gesù che, velato nella voce di chi ammaestra con zelo e fede, opera prodigi nelle anime, rinnova miracoli, fa meraviglie. Oh! con quanta sapienza il buon Gesù penetra nel santuario dei cuori umani! Rispetta bensì di tutti la libertà, ma illumina colla verità e colla sua luce divina, commuove ed invita soavemente al premio celeste: sì, è Gesù, o figliuole, il nostro diletto Gesù, che colla sua morte vinse l’inferno ed il peccato, e il celeste Padre gli diede per eredità tutte le genti. Che cosa consolante il pensare che noi e tutta la gente che vorremmo convertire siamo il regno di Gesù, porzione testamentaria di Gesù, eredità preziosissima di Gesù (maggio 1895). 55