Teatri di figura

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Indice

Premessa

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Anna Maria Babbi Rosvita e le marionette della galerie Vivienne

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Paola Degli Esposti Il teatro “inanimato” di Philippe-Jacques de Loutherbourg

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Elisa Grossato La musica per il teatro delle marionette: dall’esperienza haydniana a Satie

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Simona Brunetti La divina donna-manichino di Massimo Bontempelli

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Rosario Perricone Opra î pupi siciliana: Masterpiece of the Oral and Intangible Heritage of Humanity

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Paola Conti Nino Pozzo: l’arte di un burattinaio veronese del Novecento

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Fabrizio Montecchi Alla ricerca di un’identità. Riflessioni sul Teatro d’Ombre contemporaneo

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Maria Ida Biggi Gran Teatrino “La fede delle femmine”

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Indice

Cristina Grazioli «Une histoire d’amour»: la rivista “Puck” e le intersezioni tra le arti. Un omaggio a Brunella Eruli

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Didier Plassard Etica ed estetica sulla scena contemporanea: la figura come immagine dell’altro

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Elena Randi «Cries of “dehumanization”, “coldness”, “puppetry” and “mechanicalness” arose». La danza di Alwin Nikolais

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Nicola Pasqualicchio Don Šajn di Jan Švankmajer: il teatro delle marionette come macchina infernale

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Premessa

Quando nel 2012, all’interno di Theáomai, un articolato progetto sulle arti sceniche organizzato dal Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Verona e finanziato dall’ESU di Verona, abbiamo deciso di inserire una sezione specificamente dedicata al teatro di figura, che avesse al proprio centro un convegno dedicato a questa forma di spettacolo, siamo stati mossi in particolare da due motivazioni, una di carattere locale, l’altra di più ampio respiro. La prima concerneva un progetto appena attivato per iniziativa del Comune di Verona, in collaborazione con l’Università e con l’Accademia di Belle Arti della città scaligera, riguardante l’avvio della catalogazione e del restauro del patrimonio materiale (burattini, fondali, baracche) del maggior burattinaio veronese del Novecento, Nino Pozzo. Tale occasione era uno stimolo per riflettere sul valore e il significato (generalmente assai sottovalutati) che lo spettacolo di figura riveste nella cultura di un territorio sotto il profilo sociale, artistico ed educativo, nelle sue ramificate connessioni con la cultura e le tradizioni popolari, con il teatro “maggiore”, con le istituzioni religiose e con quelle scolastiche; nonché per porre il problema della conservazione e dello studio degli elementi documentali e materiali relativi a questa specifica declinazione dell’arte teatrale. L’altra motivazione era invece legata alla pubblicazione, nel 2012, del libro Il mondo delle figure. Burattini, marionette, pupi, ombre, curato da Luigi Allegri e Manuela Bambozzi per i tipi di Carocci: un libro importante, non solo in virtù del fatto che gli autori chiamati a contribuirvi figuravano tra i massimi esperti del tema a livello italiano e internazionale, ma principalmente perché andava a colmare un vuoto significativo nell’editoria teatrale italiana, che non aveva ancora prodotto un volume in grado di offrire, come questo, uno sguardo a 360° sul teatro di figura nelle sue varie incarnazioni tipologiche, nelle sue differenziazioni geografiche e nel suo sviluppo storico. Le nostre giornate di studio sul teatro di figura intendevano, in certa misura, prendere le mosse da questo libro: sia, in modo più diretto, dedicando uno spazio alla sua presentazione e invitando tra i


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Premessa

relatori alcuni degli studiosi che avevano contribuito alla sua realizzazione; sia, in una prospettiva più ampia, pensando le varie relazioni, che ora qui pubblichiamo, come occasioni di specifici approfondimenti di tematiche che Il mondo delle figure presentava in modo più sistematico e generale. Ci riferiamo, in particolare, al rapporto fra tradizione e innovazione, alle relazioni del teatro di figura con altri linguaggi artistici, all’incidenza dell’idea di marionetta sulla concezione dei personaggi di certa drammaturgia primonovecentesca come sulla nuova figura di performer auspicata dai riteatralizzatori e dalle avanguardie. A burattini e marionette nella loro versione tradizionale sono dedicati l’intervento di Paola Conti, che ricostruisce sinteticamente la vicenda artistica di Nino Pozzo nella sua continuità, per repertorio e caratteri, con l’arte delle grandi dinastie di burattinai del Nord Italia, in particolare emiliane, e quello di Rosario Perricone, che riesamina la grande arte dei pupi siciliani alla luce della loro assunzione tra i patrimoni culturali dell’umanità da parte dell’Unesco, interrogando in chiave antropologica il concetto stesso di “tradizione”. Se questi scritti testimoniano la persistente vitalità artistica nella contemporaneità del teatro di figura nelle sue modalità “all’antica”, altri esaminano diverse declinazioni del rinnovamento estetico di questo linguaggio teatrale una volta entrato in sintonia con le forme espressive dell’avanguardia e della ricerca. A far da ponte tra il lascito della tradizione marionettistica dell’Ottocento e umori già pienamente novecenteschi è, nel presente volume, il saggio di Anna Maria Babbi sulla rappresentazione di drammi medievali di Rosvita di Gandersheim nel teatrino di marionette della parigina galerie Vivienne, attorno a cui ruotano personaggi come Anatole France e Alfred Jarry, per i quali gli spettacoli di figura non rappresentano solo un colto divertissement, ma una fondamentale alternativa estetica alle viete consuetudini del teatro d’attore. Sullo scorcio dell’Ottocento e poi più pienamente nel secolo successivo, il teatro di figura comincia ad apparire un linguaggio espressivo dotato di potenzialità sconosciute al teatro d’attore, ricco di qualità poetiche, di risorse inventive, di libertà fantastiche che la sua storia precedente solo in parte aveva fatto emergere. Il saggio di Didier Plassard, per esempio, mostra esemplarmente come la manovra a vista della figura, sempre più diffusa nella contemporaneità, apra a dimensioni estetiche ma anche a implicazioni etiche di straordinario fascino e novità; ed evidenzia inoltre la pluralità linguistica del teatro di figura del secondo Novecento e la sua capacità di mantenere caratteristiche identitarie forti nonostante le sue innumerevoli declinazioni e le fittissime dinamiche di scambio con altri linguaggi scenici e più in generale artistici. Se cerchiamo un luogo dove queste e altre fondamentali caratteristiche del teatro di figura contemporaneo siano state sistematicamente e appassionatamente indagate, lo troveremo senz’altro nelle pagine di “Puck”, la rivista, esplicitamente dedicata alle intersezioni del teatro di figura con le altre arti, fondata e diretta da Brunella Eruli: alla studiosa,


Premessa 9

prematuramente scomparsa poco prima del nostro convegno, al suo percorso di fervente indagatrice del mondo delle figure, alla storia della sua rivista, Cristina Grazioli dedica il proprio saggio, che è anche un illuminante percorso attraverso alcune fondamentali tappe critiche e riflessioni estetiche sulla marionetta negli ultimi decenni. Tra i connubi del teatro di figura con le altre arti, abbiamo privilegiato quelli con la musica e con il cinema. Al primo è dedicato in particolare l’articolo di Elisa Grossato che, in un percorso che si snoda tra Seicento e Novecento, si sofferma in particolare sull’esperienza di Haydn come compositore di opere per marionette nella residenza degli Esterházi. Ma anche una singolare e raffinata esperienza teatrale contemporanea quale quella del Gran Teatrino “La fede delle femmine”, a cui dedica il suo saggio Maria Ida Biggi, si presenta sostanzialmente come un teatro per marionette musicale, a cui fa da matrice e da costante ispirazione l’opera lirica, variamente omaggiata o parodiata, affettuosamente miniaturizzata o ironicamente citata nel venticinquennale percorso della piccola compagnia di attrici-marionettiste diretto da Margot Galante Garrone. In quanto al cinema, è su un’opera di Jan Švankmajer, il regista che forse meglio di ogni altro ha saputo coniugare il linguaggio dell’immagine filmica con quello del teatro di figura, che Nicola Pasqualicchio ferma la sua attenzione, con l’intento di mostrare come lo sguardo visionario del cineasta ceco, esercitandosi su materiali della tradizione marionettistica ottocentesca, sappia esaltarne le potenzialità più inquietanti. È usuale mettere in rapporto con il cinema, se non altro come suo precedente “archeologico”, una forma di teatro di figura meno coltivata e studiata, ma certo non meno affascinante di burattini e marionette: quella del teatro d’ombre. Ma il saggio di Fabrizio Montecchi, focalizzato sull’importante rinnovamento tecnico ed estetico che questo genere di spettacolo ha vissuto a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, invita ad andare oltre e mette in guardia dalla tentazione di appiattire il teatro d’ombre, specialmente contemporaneo, sull’idea precinematografica della proiezione d’immagini su uno schermo, rivendicandone al contrario il pieno statuto di arte scenica. Sulla marionetta nel Novecento, non come presenza concreta all’interno dello spettacolo di figura ma come modello sotteso alla tendenza all’artificializzazione dell’umano propria di settori importanti della drammaturgia e della creazione performativa, riflettono i saggi di Simona Brunetti ed Elena Randi. La prima indaga la presenza dei simulacri artificiali dell’umano (marionette, manichini) nell’opera di Massimo Bontempelli, incentrando in particolare la propria analisi sulla protagonista della commedia Nostra Dea, donna-manichino la cui “divina” inconsapevolezza e trasmutabile identità l’accreditano di quella superiorità sull’essere umano che Kleist attribuiva alla marionetta. Elena Randi rivolge invece la propria attenzione all’ambito della danza, identificando nell’opera


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Premessa

coreografica di Alwin Nikolais una delle più interessanti e coerenti realizzazioni sceniche della Supermarionetta auspicata da Craig. Se soltanto il Novecento elabora con piena consapevolezza teorica l’ideale di un “marionettismo” integrale, cioè di un teatro puro e perfetto perché totalmente “disumanato” e affidato al protagonismo di simulacri mobili e congegni meccanici o di performer che sappiano farsene il vivente corrispettivo, le premesse tecniche e ludiche di tale aspirazione erano già state poste nel Settecento: ce lo conferma il saggio di Paola Degli Esposti, che ricostruisce l’importante contributo dello scenografo Philippe-Jacques de Loutherbourg allo sviluppo dei teatri ottico-meccanici e dell’impiego scenico degli automi nella seconda metà del XVIII secolo. Il convegno Teatri di figura si è svolto a Verona tra il 22 e il 24 novembre 2012 al Museo Civico di Storia Naturale e nel Piccolo Teatro di Giulietta: questo libro pubblica la gran parte degli interventi ospitati al suo interno, in due giornate e mezzo affollate da un pubblico soprattutto di studenti, ai quali ci auguriamo di essere riusciti a instillare interesse e, perché no, un po’ d’amore, per il mondo meraviglioso degli attori di pezza, di legno e d’ombra. Un sentito ringraziamento, oltre ai relatori, va alle persone e alle istituzioni che ne hanno reso possibile la realizzazione, o che a vario titolo vi hanno contribuito: il professor Luigi Allegri dell’Università degli Studi di Parma; il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Verona; l’ESU di Verona; il Comune di Verona; il Teatro Stabile di Verona - Fondazione Atlantide; il Museo Civico di Storia Naturale; l’Accademia di Belle Arti di Verona; la Biblioteca “Arturo Frinzi” dell’Università degli Studi di Verona; la Fondazione “Umberto Artioli” Mantova Capitale Europea dello Spettacolo di Mantova. Un grazie a Marco Ambrosi, Enrico Dilta e Nicole Guerra per le immagini fotografiche dei burattini e dei fondali di Nino Pozzo, qui solo in parte riprodotte e realizzate in occasione della mostra La baracca delle meraviglie. Immagini del teatro di burattini di Nino Pozzo a cura dell’Accademia di Belle Arti di Verona, presentata durante i lavori del convegno; a Marco Campedelli, per la messa a disposizione dei materiali del proprio archivio e per le notizie e le precisazioni relative a Nino Pozzo; e a Renato Dai Fiori, burattinaio veronese che ha portato la propria testimonianza artistica in margine al convegno e che è scomparso nel gennaio 2014 all’età di novant’anni. Cogliamo, infine, l’occasione per esprimere la nostra gratitudine alle compagnie e agli interpreti che hanno allietato le giornate del convegno con le loro performances: l’Associazione Mitmacher, per lo spettacolo per attori e marionette Il complice di F. Dürrenmatt, con Luca Passeri e Stefano Scherini; Pino Carollo, per lo spettacolo Robe da Lupi: il regno nascosto, con Patrizia Cipriani e Luca Zevio; Viva Opera Circus, per lo spettacolo Piccola Opera di e con Gianni Franceschini. Simona Brunetti Nicola Pasqualicchio


Tav. 1. E. F. Burney, Eidophusikon, disegno a inchiostro e acquerello, 1782. British Museum, Department of Prints & Drawings, Registration number: 1963,0716.1. Š Trustees of the British Museum.


Tav. 2. Antonino e Vincenzo Mancuso, Palermo 2005 (Archivio Museo internazionale delle marionette “Antonio Pasqualino”).

Tav. 3 (a fronte). Compagnia Marionettistica dei Fratelli Napoli di Catania; alla manovra Alessandro e Salvatore Napoli (Archivio Museo internazionale delle marionette “Antonio Pasqualino”).



Tavv. 4-11. Burattini della muta di Nino Pozzo, Fondo Pozzo, proprietĂ di Marco Campedelli (le immagini sono state realizzate da Marco Ambrosi, www.marcoambrosi.com).

Tav. 4. Capitano di Giustizia, autore Francesco Campogalliani.

Tav. 5. Pantalone, autore Antonio Avanzi.


Tav. 6. Tartaglia, autore Antonio Avanzi.

Tav. 7. Dottore, autore Antonio Avanzi.

Tav. 8. Sandrone, autore Antonio Avanzi.


Tav. 9 (a sinistra). Diavolo, autore presunto Antonio Avanzi. Tav. 10 (a destra). Fasolino, autore Francesco Campogalliani.

Tav. 11. Fata Turchina, autore ignoto.


Tav. 12. Fondale utilizzato da Nino Pozzo, Fondo Pozzo, proprietĂ di Marco Campedelli (immagine realizzata da Marco Ambrosi, www.marcoambrosi.com).


Tav. 13. Teatro d’Ombre Contemporaneo: Widmo Antygony (2011), produzione BTL-Białostocki Teatr Lalek di Białystok (Polonia), regia di Fabrizio Montecchi.

Tav. 14 (a fronte). Una selezione di marionette del Gran Teatrino “La fede delle femmine” (Archivio Biggi).



Tav. 15. Il Gran Teatrino “La fede delle femmine�: marionetta protagonista di The scarlet letter (Archivio Biggi).


Tav. 16. Il Gran Teatrino “La fede delle femmine�: marionette raffiguranti un angelo e la morte (Archivio Biggi).


Tav. 17. Il Gran Teatrino “La fede delle femmine”: il Doge di Venezia (Archivio Biggi).


Tav. 18. Il Gran Teatrino “La fede delle femmine”: tre pulcinella crocefissi (Archivio Biggi).

Tav. 19. Il Gran Teatrino “La fede delle femmine”: marionetta raffigurante Igor Stravinsky (Archivio Biggi).


Tav. 20. Copertina di “Puck” (L’Avant-garde et la Marionnette), 1, 1988.

Tav. 21. Copertina di “Puck” (Des corps dans l’espace), 4, 1991.

Tav. 22. Copertina di “Puck” (Interférences), 11, 1998.

Tav. 23. Copertina di “Puck” (Langages croisés), 13, 2000.


Tav. 24. Copertina di “Puck” (L’opéra des marionnettes), 16, 2009.

Tav. 25. Copertina di “Puck” (Le point critique), 17, 2010.

Tav. 26. Copertina di “Puck” (Marionnettes en Afrique), 18, 2011.

Tav. 27. Copertina di “Puck” (Collections et Collectionneurs), 19, 2012.


Tav. 28. Ballare con una figura: Julika Mayer, Notizie delle vecchiette (compagnia Là où 2007).

Tav. 29. Sepoltura di Natacha (R. Gabriadzé, Canto per il Volga, 1994).


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