Maestranze, artisti e apparatori per la scena dei Gonzaga (1480-1630) Atti del convegno internazionale di studi (Mantova, 26-28 febbraio 2015)
a cura di Simona Brunetti
Indice
Premessa
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Tavola delle abbreviazioni
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Introduzione Elena Randi Fra corpo e spirito. Un omaggio a Umberto Artioli
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Simona Brunetti Il progetto Herla (1999-2015)
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Stefano Benetti Il Banchetto degli dei. A Palazzo Te un percorso di approfondimento sul banchetto rinascimentale
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Maestranze, artisti e apparatori per la scena dei Gonzaga (1480-1630) Blythe Alice Raviola Storiografia gonzaghesca: acquisizioni, ricerche e progetti recenti nel contesto denso della ÂŤgalassia padanaÂť
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Alessandra Veronese Le carte dell’archivio ebraico di Mantova: testimonianze inedite dal XVII secolo
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Indice
Licia Mari «Como fedelissimo servitor...»: musici e intrattenitori alla corte di Mantova tra XV e XVI secolo
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Marzia Maino Artisti e maestranze per l’Orfeo di Poliziano (1490-1491)
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Marsel Grosso Feste e apparati effimeri per gli ingressi di Carlo V nelle Vite di Vasari. Da Genova a Mantova (1529-1530)
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Roberto Alonge Calandria 1532, i governatori della commedia (e lo spirito del testo)
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Roberta Benedusi Quei «dodici dì» di febbraio: fonti, eventi e persone del Carnevale mantovano del 1542
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Sabine Meine La frottola e la “cultura del riso” alla corte di Isabella d’Este Gonzaga
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Alessandra Pattanaro Dalla parte dello spettatore: illusionismo e decorazione a Ferrara nel primo Cinquecento
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Daniela Sogliani Allestimenti ad arte. Apparati effimeri e apparatori nei carteggi dell’Archivio Gonzaga dalla metà del Cinquecento ai primi anni del Seicento
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Raffaele Tamalio «Ingegnose invenzioni» nell’Accademia degli Invaghiti: apparato scenico nelle celebrazioni funerarie del cardinale Francesco Gonzaga
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Paola Tosetti Grandi «Ingegnose invenzioni» nell’Accademia degli Invaghiti: il Carnevale nei primi anni della sodalità
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Indice
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Simona Brunetti L’origine mitica di Mantova sulla scena dei Gonzaga
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Kathryn Bosi Tensho- Sho- nen Shisetsu: the reception of a Japanese delegation at the court of Mantua in 1585
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Aki Takahashi I rapporti con l’Occidente europeo nel periodo Nanban della storia giapponese (1543-1639)
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Iain Fenlon Jacquet of Mantua and Music of State
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Paola Besutti Ruoli professionali al paragone: i musici, i pittori, gli architetti (1480-1630)
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Philiep Bossier La professionalizzazione delle arti dello spettacolo e le maestranze mantovane tra Cinque e Seicento
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Francesca Simoncini Barbara Flaminia attrice e cantante tra piazza, corte e accademia. Ipotesi di collaborazioni con Giorgio Vasari, Bernardo e Torquato Tasso
304
Maria Ines Aliverti Una ribellione silente. Ipotesi su un ritratto ignoto di Giovan Battista Andreini
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Fabrizio Fiaschini Temi libertini ne La Maddalena mantovana di Giovan Battista Andreini
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Andrea Boni L’Amor reale (1590) di Federico Follino
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Giulio Girondi Antonio Maria Viani “prefetto” dei Gonzaga
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Indice
Carlo Togliani Dal Pastor Fido guariniano all’ingresso trionfale di Margherita d’Austria. Spettacoli, artefici e cerimoniale a Mantova nel 1598
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Teresa Megale Partenope sul Mincio. Relazioni teatrali fra Napoli e Mantova in età moderna
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Susan Parisi Ceremonies and Displays in 1618: Mantua “Under the Protection of Beato Luigi Gonzaga”
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Indice dei nomi (a cura di Elena Zilotti)
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Premessa
La nozione di “regia” di cui Calandra si fa peroratore, mutuandola dalla prassi vigente, contiene in embrione l’aspirazione all’unità dei nastri visivi e sonori inerenti lo spettacolo, ma si tratta anche di un’unità minimale, ottenuta accostando tra loro secondo una logica paratattica funzioni diverse. (Umberto Artioli, Le origini della regia teatrale)1
A dieci anni di distanza dalla pubblicazione del volume I Gonzaga e l’Impero2 e dall’omonimo convegno progettato nel marzo 2005 al Teatro Bibiena di Mantova, nel febbraio 2015 si è deciso di organizzare nello stesso luogo un convegno internazionale di studi dal titolo Maestranze, artisti e apparatori per la scena dei Gonzaga (1480-1630), per ricordare e rendere nuovo omaggio a Umberto Artioli (1939-2004)3, professore ordinario di Discipline dello Spettacolo dell’Università di Padova. Un evento che in primis ha voluto tener presente quel suo intento umanistico di restituire a Mantova un ruolo di centro di elaborazione culturale e rappresentativa in senso lato4 attuato con l’ideazione e promozione della Fondazione Mantova Capitale Europea dello Spettacolo, oggi a lui intitolata. Prendendo spunto dal lavoro di ricerca realizzato in più di sedici anni di attività scientifica – che con il sostegno economico dell’amministrazione comunale ha potuto proseguire nel tempo grazie alla perseveranza di Cristina Grazioli e successivamente di chi scrive –, nelle tre giornate di convegno si è deciso di approfondire un tema che da sempre è sembrato fondamentale e ricco di spunti per il progetto Herla della Fondazione: lo studio di tutte quelle figure, spesso minori o sconosciute, che concorrono alla concezione e alla realizzazione delle attività spettacolari patrocinate dai Gonzaga. Dunque non ci si è occupati solo di attori, comici, cantanti, danzatori,
1 U. Artioli, Le origini della regia teatrale, in R. Alonge, G. Davico Bonino, Storia del teatro contemporaneo, 4 voll., Einaudi, Torino 2000-2003, vol. II (Il grande teatro borghese SettecentoOttocento), pp. 49-135; citazione a p. 51. 2 Cfr. U. Artioli, C. Grazioli (a cura di), I Gonzaga e l’Impero. Itinerari dello spettacolo. Con una selezione di materiali dall’Archivio informatico Herla (1560-1630), con la collaborazione di S. Brunetti e L. Mari, Le Lettere, Firenze 2005. 3 Per maggiori informazioni sulla biografia e le pubblicazioni dello studioso mantovano si rinvia alle pagine a lui dedicate nel sito della Fondazione Umberto Artioli: www.capitalespettacolo.it (ultimo accesso 21/04/2016). 4 Sull’argomento si veda il contributo: S. Ferrone, La «Mantova restituita» di Umberto Artioli, in Artioli, Grazioli (a cura di), I Gonzaga e l’Impero, cit., pp. ix-xii.
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Premessa
interpreti dilettanti, librettisti, musicisti – figure imprescindibili affinché la rappresentazione abbia luogo –, ma accanto a loro anche di apparatori, pittori, decoratori, falegnami, architetti, ingegneri, ecc. Infatti, una delle più affascinanti peculiarità dello spettacolo rinascimentale è stata quella di riunire gli esperti più abili di arti diverse e, in un certo senso, di obbligarli a lavorare insieme per la realizzazione di un evento unico e irripetibile. Nei giorni del convegno abbiamo voluto idealmente riprodurre quel clima, per comprendere appieno la variegata natura di tali momenti rappresentativi. Tra i relatori che sono stati chiamati a offrire il loro contributo vi sono esperti di vari ambiti di ricerca, dalle discipline dello spettacolo, alla musica, l’arte, l’architettura, la letteratura, la storia. Tra questi, abbiamo coinvolto anche colleghi che negli anni hanno collaborato attivamente e proficuamente con il progetto Herla, sia partecipando alla raccolta del materiale documentario presso archivi o biblioteche esterni a Mantova, sia segnalandoci i propri studi originali, affinché le loro scoperte potessero essere inserite nell’Archivio informatico della Fondazione. Ne è nato un percorso ricco e variegato di cui questi Atti offrono uno spaccato fedele. Aprono il volume due riflessioni e una testimonianza che introducono i molteplici percorsi affrontati nelle giornate del convegno. Nel primo intervento Elena Randi rende un caloroso e doveroso omaggio all’attività scientifica di Umberto Artioli, ripercorrendo alcuni temi chiave del suo magistero. In particolare illustra come, da illuminato studioso delle Avanguardie storiche e del teatro del primo Novecento, nelle sue ricerche utilizzasse abitualmente anche fonti antiche, quelle stesse dottrine esoteriche e a volte eretiche che in epoca umanistico-rinascimentale hanno avuto peso e diffusione notevoli in special modo in terra mantovana. Il successivo contributo, invece, traccia la storia del progetto Herla a più di sedici anni dalla sua nascita. Accanto alla descrizione dell’impostazione del programma informatico archivistico e alla definizione dei criteri metodologici di schedatura, chi scrive ripercorre le piste di indagine e le numerose attività intraprese dal 1999 in poi, a livello locale, nazionale e internazionale. Un esempio di proficua collaborazione avviata a partire dalle ricerche condotte per l’Archivio Herla è stato, ad esempio, il progetto di allestimento museale Il banchetto degli dei, realizzato a Palazzo Te nell’estate 2015, di cui Stefano Benetti offre qui un breve resoconto. Con l’intervento di Alice Raviola il volume entra nel vivo delle tematiche gonzaghesche e affronta più specificamente lo status quaestionis dal punto di vista storiografico. Scegliendo quattro assi portanti – lo Stato, la Chiesa, la corte e il paesaggio – la dissertazione della studiosa propone uno sguardo sui principali nodi tematici del contesto della «galassia padana» partendo da alcuni capisaldi storiografici, per approdare poi alle prospettive più recenti. In un’ottica più attenta al dato documentale si pone invece la trattazione di Alessandra Veronese, che esplora le carte dell’archivio ebraico di Mantova aggiungendo tasselli inediti agli studi sulla spettacolarità gonzaghesca sin qui compiuti, in particolar modo sui rapporti con le maestranze teatrali ebraiche.
Premessa
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Anche nei due contributi successivi il tema di artisti e artigiani al soldo dei Gonzaga si colloca al centro dell’analisi in modo del tutto originale. Nel saggio di Licia Mari, infatti, si mette in luce come i musici vengano frequentemente utilizzati in campo militare, non solo con mansioni legate alla pratica del proprio strumento, ma anche di tipo cerimoniale o diplomatico, facendo emergere una loro versatilità sin qui inaspettata e di indubbio interesse. Seguendo una diversa prospettiva, l’intervento di Marzia Maino si occupa invece dei due tentativi di allestimento a Mantova dell’Orfeo di Poliziano tra il 1490 e il 1491, eventi il cui fallimento consente oggi, grazie a nuovi riscontri, di offrire un ritratto più completo dell’équipe di buffoni, apparatori e musicisti allora incaricati dell’allestimento dell’opera. Segue una sezione dedicata ai passaggi mantovani di Carlo V e alla concomitante attività di allestitore di Giulio Romano. Marsel Grosso ripercorre i principali itinerari dell’effimero imperiale dal 1529 al 1530, restituendo una mappatura unitaria degli allestimenti proposti a Genova, Bologna e Mantova, e dei loro apparatori, mediante le Vite di Vasari con il supporto delle Ricordanze, delle Lettere e dei Ragionamenti. Quindi Roberto Alonge prende in considerazione la rappresentazione a Mantova della Calandria del Bibbiena nel 1532, in onore del passaggio in città dell’imperatore. Per lo spettacolo era prevista una scenografia di Giulio Romano che penalizzava pesantemente, a detta di Calandra, «le ragioni della messinscena». A partire dunque da uno spunto squisitamente pratico, lo studioso riflette diffusamente sulla struttura praticabile della scena cinquecentesca e soprattutto sul ruolo assunto dai «governatori della commedia». Roberta Benedusi, infine, si sofferma sui festeggiamenti organizzati a Mantova per il Carnevale del 1542 – un susseguirsi di commedie, danze, concerti, feste, banchetti e armeggerie – nel cui allestimento il celebre architetto-pittore-prefetto delle fabbriche aveva giocato un ruolo davvero significativo. Con il contributo di Sabine Meine ci si sposta a considerare la vicina corte estense – da cui nell’ultimo scorcio del Quattrocento parte Isabella d’Este per sposare Francesco II Gonzaga – come luogo d’origine della moda di un genere musicale e letterario, la frottola, diffusosi rapidamente a Mantova all’inizio del XVI secolo. Infatti, Isabella, promotrice di riforme linguistiche e culturali, sembra importare nella corte gonzaghesca i giochi di intrattenimento sottesi alla tipologia di componimento di cui era appassionata, come un’esigenza di fuga dalle costrizioni di corte attraverso l’umorismo. Nel saggio di Alessandra Pattanaro, invece, alcune opere d’arte della corte ferrarese vengono analizzate considerando le strategie di coinvolgimento dello spettatore, messe in atto dagli artisti per compiacere i propri committenti e il pubblico, al fine di reintegrare le relazioni tra discipline e maestranze diverse come pittori, letterati e musicisti. Il successivo intervento di Daniela Sogliani riporta il focus sulla corte gonzaghesca, offrendo un excursus di alcuni possibili argomenti e sequenze cronologiche, legati al tema delle maestranze, individuabili all’interno dell’Archivio Gonzaga mediante le nuove tecnologie informatiche e i relativi strumenti di ricerca. Nello specifi-
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Premessa
co la dissertazione illustra con dovizia di esempi come le maestranze dello spettacolo avessero un ruolo fondamentale nella realizzazione degli apparati cerimoniali delle corti italiane, poiché producevano un “allestimento ad arte” dello spazio della città come segno evidente del potere e della magnificenza del principe che la dominava. Segue una sezione di particolare interesse, dedicata alle «Ingegnose invenzioni» elaborate dalla mantovana Accademia degli Invaghiti, fondata nel 1562 da Cesare Gonzaga, signore di Guastalla. Raffaele Tamalio, grazie a una fitta documentazione conservata tra Mantova e Parma, si sofferma ad analizzare la descrizione degli apparati funebri allestiti dagli accademici nel 1566 per la morte del cardinale Francesco Gonzaga, fratello di Cesare e membro del consesso con il nome di Religioso. La singolare casualità di un funerale organizzato in tempo di Carnevale porta Paola Tosetti Grandi a riflettere, in stretta sinergia con il contributo precedente, sulla rete di rimandi che da quelle opposte celebrazioni finì per generarsi. Lo spunto permette quindi alla studiosa di ampliare il raggio di indagine ad altri eventi carnevaleschi in cui viene coinvolta l’Accademia degli Invaghiti. Nel contributo seguente chi scrive si sofferma a considerare come il tema dell’origine mitica di Mantova venga rappresentato presso la corte dei Gonzaga in spettacoli di varia natura, in particolar modo in occasione di passaggi di ospiti illustri, quali, ad esempio, il re Enrico III di Francia o Margherita d’Asburgo, futura regina di Spagna. Il saggio anticipa la sezione dedicata all’arrivo a Mantova nel 1585 di una delegazione di quattro nobili nipponici. Da un lato, dopo aver introdotto il lavoro di cristianizzazione intrapreso in oriente dal padre gesuita Alessandro Valignano, Kathryn Bosi illustra il lungo e avventuroso itinerario compiuto in Europa dai suoi giovani seminaristi giapponesi – viaggio noto ancor oggi come Tensho- Sho-nen Shisetsu –, soffermandosi in particolare sui festeggiamenti allestiti per loro dal duca di Mantova. Dall’altro lato, il contributo di Aki Takahashi esplora l’influenza culturale prodotta in Giappone da tale viaggio in Occidente dei quattro ambasciatori una volta rientrati, a partire dagli strumenti musicali importati in patria, per arrivare agli spunti cristiani rintracciabili nell’arte Nanban. Proseguendo la trattazione sul versante musicale, Iain Fenlon si sofferma a considerare minutamente le implicazioni cerimoniali e di rappresentanza, oltre che strettamente musicali, conseguenti all’ingaggio al proprio servizio di Jacques Colebault (poi noto come Jacquet da Mantova) da parte del cardinale Ercole Gonzaga. Se la scelta ha portato un indubbio prestigio alla casata gonzaghesca, dal momento che, al suo arrivo a Mantova, il musicista era già noto come uno dei più talentuosi compositori dell’epoca, la committenza del cardinale, i suoi gusti, la sua magnificenza, il suo potere, vengono oltremodo magnificati dalle abilità creative di Jacquet. Alla corte rinascimentale intesa come organismo vivo e sinergico in cui opera un ampio personale diversamente specializzato e alle prerogative via via mutevoli dei musicisti, creatori e produttori di musica, dedica il proprio contributo Paola Besutti. Analizzando in modo comparativo i musicisti, gravitanti attorno alla corte di Mantova tra il 1480 e il 1630, e i coevi pittori e architetti, la studiosa evidenzia analogie e diffe-
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renze nel trattamento delle maestranze artistiche in un’epoca di profondi mutamenti stilistici e gestionali. Accanto al concetto di “maestranza” l’intervento di Philiep Bossier introduce la categoria di “professione”, spesso impiegata quando si tratta di valutare nelle giuste proporzioni storiche i vari episodi, sperimentazioni e pratiche spettacolari che insieme avrebbero portato alla nascita del teatro moderno in Europa. Mediante riferimenti al trattato di Leone de’ Sommi, che nella seconda metà del Cinquecento funge da punto di sintesi delle qualità delle maestranze fino ad allora registrate nelle pratiche di teatro degli spettacoli di corte di stampo moderno, lo studioso stabilisce come il concetto di professione sia sostanzialmente un processo in cui si possono alternare varie occorrenze sia di attore, di compagnia teatrale, di messinscena o di spettatore. Segue un gruppo di scritti dedicati alla Commedia dell’Arte, ovvero ai professionisti della recitazione. Francesca Simoncini propone nuove riflessioni in merito all’avvento dell’interprete femminile sulla scena teatrale e, più in particolare, alla parabola esistenziale e artistica di Barbara Flaminia, una donna-attrice in grado di comunicare con i più alti esponenti della cultura del proprio tempo grazie al talento, alla sensibilità e a un nuovo, duttile e aperto linguaggio teatrale. L’attore-drammaturgo e poeta Giovan Battista Andreini viene quindi esaminato in relazione al legame strategico che intesse con gli artisti del suo tempo. Da un lato, Maria Ines Aliverti sottolinea come si rivolga ai pittori allo scopo di elaborare la propria icona e di diffonderla tramite il ricorso ai ritratti incisi nelle edizioni a stampa delle proprie opere, ma anche per registrare, in modo più personale, le evoluzioni nel tempo della propria effige. Dall’altro lato, Fabrizio Fiaschini si propone di mettere in luce il profilo libertino di Andreini, contraddistinto soprattutto da frequentazioni di intellettuali illustri e, sul piano editoriale, da un florilegio di pubblicazioni stampate in ambienti dal sentore eterodosso. Questi interessi sembrano ritornare prepotentemente anche nelle opere concepite sul finire della sua vita, offrendo allo stesso tempo l’immagine di un autore eclettico e intellettualmente versatile che, pur sperimentando sentieri irregolari e spregiudicati, persegue costantemente l’intento di riformare il teatro e legittimare il proprio mestiere. Dalla figura di Giovan Battista Andreini attore-autore si passa quindi a quella dell’autore-apparatore Federico Follino. Del talentuoso corago e organizzatore di feste e spettacoli per i Gonzaga, il saggio di Andrea Boni esplora un versante meno noto, quello di drammaturgo, analizzando l’inedita opera giovanile L’Amor reale (1590). Preoccupato più di servire con solerte devozione il proprio signore che di «guadagnare l’immortale lauro poetico», Follino elabora una commedia densa di momenti divertenti in cui si esplica soprattutto la volontà autocelebrativa del duca Vincenzo I. Di un altro celebre apparatore, Antonio Maria Viani, si occupa anche Giulio Girondi, il cui saggio indaga il passaggio di consegne con il precedente prefetto delle fabbriche Giuseppe Dattaro nella primavera del 1595, le relazioni intrattenute successivamente con gli architetti ed ingegneri di corte, il rapporto con
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Premessa
Nicolò Sebregondi negli ultimi anni di vita, infine il livello di controllo che esercitò sui vari aspetti della vita di cantiere, a partire dall’autonomia concessa agli artisti e decoratori presenti nelle sue fabbriche. Se il successivo contributo di Carlo Togliani mette a fuoco un momento spettacolare particolarmente felice della prefettura di Viani, i tre allestimenti del Pastor Fido di Guarini nel 1598, avanza anche l’ipotesi, corroborata da fonti inedite, che tale successo sia in parte dovuto alla collaborazione con il giovane ingegnere ducale Gabriele Bertazzolo. Seguendo questa pista, l’attività del tecnico mantovano nel campo della scenotecnica potrebbe dunque venire di molto anticipata rispetto al 1608, anno tradizionalmente indicato come quello del suo debutto ufficiale. A partire dal mito fondativo, che lega in diversa misura entrambe le città alla figura di Virgilio, le relazioni fra Napoli e Mantova sono state nei secoli alquanto continue. Pur offrendo necessariamente solo una campionatura di fonti, lo scritto di Teresa Megale mette a fuoco una rete di relazioni spettacolari e intorno all’auto percezione culturale delle società napoletana e mantovana, colte la prima durante il Viceregno spagnolo, la seconda in epoca gonzaghesca. Chiude infine il volume il contributo di Susan Parisi, dedicato alle feste organizzate a Mantova nel 1618 in occasione del cinquantesimo anniversario della nascita del beato Luigi Gonzaga e del ventisettesimo dalla sua morte. Degli eventi mantovani – la processione civica e religiosa, i servizi liturgici, le cerimonie a palazzo, il rivestimento a festa dei luoghi pubblici – la studiosa propone per la prima volta un’analisi raffinata e molto dettaglia, che mostra come l’intera città divenga palcoscenico per l’esibizione della magnificenza e del potere della famiglia Gonzaga. Il Convegno si è tenuto a Mantova dal 26 al 28 febbraio 2015 presso il Teatro Bibiena. Un sentito ringraziamento, oltre a tutti i relatori, va alle persone e alle istituzioni che ne hanno reso possibile la realizzazione e che, a vario titolo, vi hanno contribuito: Roberta Benedusi, Cristina Grazioli, Licia Mari, Elena Randi, Barbara Volponi, Elena Zilotti; il Comitato Scientifico e il Consiglio di Amministrazione della Fondazione “Umberto Artioli” Mantova Capitale Europea dello Spettacolo; il Comune di Mantova; il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Verona. Un grazie particolare va all’allora presidente Gianni Rottichieri e all’attuale, avvocato Francesco Ghisi, al professor Luigi Allegri dell’Università di Parma e al professor Guglielmo Bottari dell’Università di Verona, per il loro costante sostegno personale all’iniziativa; a Elena Scardovelli, Cristina Maffioli, Veronica Ghizzi, Anila Kaja, per la preziosa, costante ed efficiente collaborazione organizzativa. Simona Brunetti
Tav. 1. Leonardo Morelli, Bozzetto per le nozze dell’Arciduca Ferdinando d’Austria e l’Arciduchessa Maria Beatrice d’Este (ACE, filza 162.1, cartella 1769).
Tav. 2 (a fronte). Giorgio Vasari e collaboratori, Incoronazione di Carlo V, Firenze, Palazzo Vecchio, appartamento di Clemente VII.
Tav. 3 (in alto). Raffaello, Incoronazione di Carlo Magno, Città del Vaticano, Musei Vaticani, Stanza dell’Incendio di Borgo.
Tav. 4 (in alto, a sinistra). Giorgio Vasari, Cena di san Gregorio, Bologna, Pinacoteca Nazionale. Tav. 5 (in alto, a destra). Giorgio Vasari, Cena in casa di Marta e Maria, Bologna, Pinacoteca Nazionale.
Tav. 6. Giorgio Vasari, Abramo nella valle di Mambre, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. 1192.
Tav. 7. Giulio Romano, Il banchetto di Amore e Psiche, Mantova, Palazzo Te, Sala di Psiche (particolare).
Tav. 8. Garofalo, Cesare Cesariano e aiuti, Dame, gentiluomini, putti e musici affacciati ad una balconata, Palazzo Costabili, Ferrara (particolare).
Tav. 9. Cesare Cesariano, Madonna con Bambino tra i santi Vittore, Eufemia, Agnese e Sostene (1512), chiesa di Sant’Eufemia, Piacenza.
Tavv. 10-11. Garofalo, Cesare Cesariano e aiuti, Dame, gentiluomini, putti e musici affacciati ad una balconata, Palazzo Costabili, Ferrara.
Tav. 12 (a fronte). Tiziano Vecellio, Ritratto di Jacopo Strada, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Tav. 13. Pittore francese, Ritratto di Isabella Canali Andreini, seconda metĂ del secolo XVII (Padova, Musei Civici, inv. 1299. Per gentile concessione della direzione).
Tav. 14 (a fronte). Taiseifuzokuzu, Anonimo, XVI secolo (Fukuoka Art Museum, Giappone).
Tav. 15. Angelo Caroselli, Ritratto di uomo con libro di Tacito (olio su tavola, 55,5 x 44 cm, Milano, già Collezione Koelliker, inv. n. LK0688; ubicazione attuale ignota). La composizione del quadro induce a identificare l’uomo effigiato con Giovan Battista Andreini.
Tav. 16. Denijs van Alsloot, The Ommeganck in Brussels, May 31, 1615, dettaglio (Victoria and Albert Museum, London).
Tav. 17. Gentile Bellini, Processione in piazza San Marco, 1496, dettaglio (Galleria dell’Accademia, Venezia).
Tav. 18. Pieter Paul Rubens, La famiglia Gonzaga in adorazione della Santissima TrinitĂ , 1605 (Museo di Palazzo Ducale, Mantova).
Tav. 19. Dipinto anonimo del Beato Luigi Gonzaga (Cappella del Collegio delle Vergini di GesĂš, Castiglione delle Stiviere, MN).