L’uomo e Dio, di Xavier Zubiri

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Il libro «Siamo spinti dalle cose reali, in virtù della re-legazione, alla ricerca della realtà divina. Farsi persona è continuare a ricercare la realtà divina». Con queste poche parole contenute nel testo manoscritto qui pubblicato a cui Xavier Zubiri, pochi giorni prima di morire, stava lavorando, il filosofo spagnolo sembra indicare quale sia il compito dell’uomo in cerca di Dio: «Dio, esperienza dell’uomo» e «l’uomo, esperienza di Dio». Sono queste le due locuzioni in cui si può sintetizzare tutta la portata del pensiero filosofico di Zubiri intorno al nesso tra uomo e Dio. L’uomo è solo formalmente esperienza di Dio, perché Dio ci si dà nella forma della realtà-fondamento. La posizione filosofica di Zubiri assume una sua connotazione unitaria nel momento in cui si inizia a comprendere l’unità di pensiero che vi è tra metafisica della realtà, filosofia dell’intelligenza e pensiero metafisico-religioso. L’interesse del filosofo spagnolo, infatti, si è sempre costituito nella sua unità e totalità. Parlare di infinito è possibile solo a partire dal finito: così per comprendere qualcosa della trascendenza occorre fermarsi a guardare in profondità ciò che abbiamo di più caro: la realtà in se stessa. Ecco il percorso che, attraverso i testi che qui si pubblicano per la prima volta in italiano, Zubiri desidera far compiere al lettore: dalla realtà delle cose all’uomo, e da questi a Dio. È proprio attraverso la realtà che Dio si rende conoscibile all’uomo. In che modo? Attraverso un atto di donazione, o meglio, una donazione come atto: «Dio è fondamento delle cose come un assoluto dar di sé». Per questo l’esperienza del dono ci permette di conoscere Dio in quanto realtà che fonda il reale. La presente edizione italiana di El hombre y Dios è stata curata seguendo la nuova versione stabilita da Esteban Vargas Abarzúa e pubblicata dalla Fundación Xavier Zubiri e Alianza Editorial nel 2012. Oltre alla Redazione finale di L’uomo e Dio, vengono qui pubblicati altri due testi finora inediti in Italia: la Introduzione generale del 1975 e le lezioni tenute all’Università Gregoriana nel 1973 dal titolo Il problema teologale dell’uomo: l’uomo e Dio.

L’autore Xavier Zubiri (1898-1983) si colloca all’interno del panorama iberico contemporaneo, insieme a Miguel de Unamuno, Ortega y Gasset e María Zambrano, nello stesso solco tracciato dal pensiero fenomenologico di Husserl e da quello ermeneutico di Heidegger, pur sviluppando prospettive differenti e, per certi versi,


del tutto opposte rispetto ai suoi interlocutori più famosi. Definito lo “Heidegger spagnolo” per la sua sistematicità, Zubiri affronta il problema del nesso tra la realtà e la sua conoscenza, con una precisazione concettuale e con un respiro interpretativo di straordinaria portata. Nel 1944 pubblica il suo primo libro: Naturaleza, Historia, Dios, dove si raccolgono alcuni lavori precedenti sul tema. Nel 1962 esce Sobre la esencia e, nel 1963, Cinco lecciones de filosofía. Nel 1973 si reca a Roma dove tiene un corso presso la Pontificia Università Gregoriana su El problema teologal del hombre, che qui si pubblica per la prima volta in traduzione italiana. Alla fine del 1980 pubblica il primo volume di Inteligencia sentiente. Inteligencia y realidad; nel 1982 uscirà il secondo volume Inteligencia y logos; nel 1983, il terzo, Inteligencia y razón. Morirà di lì a poco, il 21 settembre, mentre era alle prese con la revisione di El hombre y Dios


Indice del volume

Prefazione Il problema di Dio e la filosofia della religione di Armando Savignano Introduzione Accedere al trascendente. Dio e uomo nel pensiero Xavier Zubiri di Paolo Ponzio 1. La realtà e il suo potere

v

xv

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1.1. La realtà come essenza, p. xvii - 1.2. La realtà e il suo potere, p. xxi

2. Qual è l’ambito dell’accesso al trascendente

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2.1. L’accesso a Dio (I) a parte Dei, p. xxvi - 2.2. L’accesso a Dio (II) a parte hominis, p. xxx

3. Sapere e credere: unità dell’atto intellettivo

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Nota editoriale

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Introduzione generale (1975) Il problema teologale dell’uomo Cosa significa questo più concretamente?

2 4

L’uomo e Dio Redazione finale (1983) Introduzione

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Indice del volume

Parte prima La realtà umana Introduzione alla Parte prima Capitolo 1. Che cosa significa essere uomo § 1. La realtà § 2. La realtà «umana» I. Le note della realtà umana II. Forma e modo della realtà umana 1) Forma e modo di realtà 2) L’essere della realtà umana 3) Unità di essere e di realtà umana

Capitolo 2. Come si è uomo

18 19 19 27 27 37 38 41 46

§ 1. Che cos’è l’uomo secondo queste azioni? § 2. In che modo l’uomo diventa persona relativa nelle proprie azioni? I. La persona fondata nella realtà II. Struttura della fondamentalità del reale Appendice. Il potere del reale III. Come avviene la fondamentalità IV. Problematicità della fondamentalità

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Prima conclusione

78

Parte seconda Il problema della realtà divina Capitolo 1. Il problema in se stesso Capitolo 2. Le possibili attitudini dinanzi al problema di Dio

82 85

Il dispiegarsi del problema di Dio Capitolo 3. Il dispiegarsi del problema (I. La realtà di Dio) § 1. Il punto di partenza del problema I. Le vie cosmiche II. Le vie antropologiche III. La via della re-legazione § 2. La giustificazione della realtà di Dio § 3. Alcuni caratteri della realtà di Dio I. Caratteri di Dio considerato in se stesso

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Indice del volume

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II. Caratteri di Dio rispetto alle cose reali

Capitolo 4. Il dispiegarsi del problema (II. L’accesso dell’uomo a Dio) § 1. Che cosa s’intende per accesso? § 2. Dio, realtà accessibile § 3. Accesso dell’uomo a Dio I. Che cos’è l’accesso implicito II. Qual è l’indole completa di tale accesso § 4. La radice formale dell’accesso dell’uomo a Dio I. Che cos’è formalmente la fede? II. Intelligenza e fede 1) Differenza tra intelligenza e fede 2) Unità radicale attuale di intelligenza e fede A) La volontà di verità B) Unità di conoscenza e fede in Dio C) La volontà di verità nella realtà umana III. Concrezione della fede

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Il problema teologale dell’uomo: l’uomo e Dio Il corso di Roma (1973) Introduzione

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Parte prima Realtà ed essere umano Introduzione alla Parte prima Capitolo 1. Che cos’è essere uomo § 1. Che cos’è la realtà umana

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I. Punto di vista talitativo II. L’uomo come forma di realtà § 2. Cos’è l’essere dell’uomo I. In cosa consiste l’essere dell’uomo in quanto tale II. Dimensioni dell’essere umano III. La vita di ciascuno

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Capitolo 2. Come si è uomo § 1. Dove siamo

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Indice del volume

§ 2. Come realizziamo il nostro essere I. «La» realtà come fondamento del mio essere II. Cos’è questo fondare 1) Per quanto concerne me stesso: l’essere fondato 2) Per quanto concerne la realtà stessa III. Come accade questo fondare 1) Il carattere dell’esperienza 2) Il carattere manifestativo 3) Il carattere problematico A) Il problematismo del potere del reale B) Il problema del potere del reale in quanto determinazione del mio essere assoluto

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Parte seconda Il problema della realtà divina Introduzione alla Parte seconda Capitolo 1. Le attitudini possibili Capitolo 2. La fondamentalità della vita in Dio § 1. Le vie intellettive per giungere alla realtà di Dio I. Le vie cosmiche II. Le vie antropologiche § 2. Il dispiegarsi dell’intellezione della realtà di Dio I. L’intellezione della realtà fondamentale in quanto Dio II. La realtà di Dio in quanto formalmente Dio § 3. L’accesso formale dell’uomo a Dio I. L’accesso dell’uomo a Dio 1) Cosa intendiamo per accesso dell’uomo a Dio 2) Dio, realtà accessibile 3) La natura dell’accesso dell’uomo a Dio 4) Il carattere formale dell’accesso A) Cos’è formalmente la fede B) La concrezione della fede

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a) In ragione della mia persona, p. 343 - b) In ragione del modo di adesione, p. 344 - c) In ragione dell’idea della realtà di Dio, p. 345

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Indice del volume

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II. Intellezione e fede III. Dio, realtà a cui si accede

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Parte terza Dio e la vita umana: l’esperienza di Dio Introduzione alla Parte terza Capitolo 1. Dio, esperienza dell’uomo § 1. In cosa consiste l’esperienza da parte di Dio § 2. Quali sono i modi dell’esperienza di Dio § 3. Quali sono le dimensioni dell’esperienza di Dio

Capitolo 2. L’uomo, esperienza di Dio

§ 1. Cos’è l’esperienza di Dio § 2. I modi dell’esperienza di Dio § 3. Le dimensioni dell’esperienza di Dio § 4. L’esperienza di Dio e le altre attitudini

Capitolo 3. Unità di Dio «e» dell’uomo

§ 1. La natura generica dell’unità di Dio «e» dell’uomo § 2. Il tipo proprio di unità tra Dio «e» l’uomo § 3. L’unità esperienziale di Dio «e» dell’uomo § 4. Tensità e re-legazione

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Conclusione

397

Lessico

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Indice dei nomi

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Prefazione Il problema di Dio e la filosofia della religione di Armando Savignano

Zubiri analizza la situazione intellettuale del nostro tempo, dove la storia, la tecnica e la prassi hanno messo in discussione lo stesso significato della filosofia provocandone una crisi d’identità connessa a una congiuntura storica che ha messo in discussione: l’idea di naturalità del cosmo, tipica concezione del mondo greco; la realtà di Dio creatore, verità rivelata con l’avvento del cristianesimo; la sostantivazione dell’io, indubbiamente una delle conquiste peculiari della modernità. L’uomo del XX secolo si è venuto a trovare in una singolare condizione storica, per cui o si rifugia nel passato, o confida nella tecnica, o si volge al quotidiano trascorrendo generalmente la vita in superficie e rinunziando così ad assumere atteggiamenti ultimi. È urgente attendere a una riforma della filosofia che va intesa come “metafisica” al fine di riconsiderare l’idea di natura per impostare un adeguato rapporto tra scienza e filosofia; riflettere sulla storicità senza cadere nelle tentazioni storicistiche (come Ortega); infine esibire una giustificazione intellettuale del problema di Dio onde riconciliare l’esistenza con la sua radice. Tale riforma della filosofia implica un mutamento di orizzonte, non più quello greco, né quello moderno, ma post-moderno, onde superare ogni entificazione del reale e logicizzazione dell’intelligenza per aprirsi alle cose stesse, cioè alla realtà grazie all’intelligenza senziente. Zubiri ha atteso a tale compito, come emerge delle celebri trilogie dedicate rispettivamente alla riforma dell’intelligenza e alla dimensione teologale dell’uomo elaborando una originale “metafisica del reale”. È alla luce di questo itinerario esistenziale e intellettuale che bisogna collocare le ricerche antropologiche e religiose, che sarebbero inintelligibili se non considerassimo l’originale teoria metafisica ed epistemologica, ovvero la


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Prefazione

«filosofia prima», che implica i momenti: noetico (l’intelligenza senziente), noematico (la realtà) e noergico (la re-legazione). La persona si realizza nella vita attraverso le azioni delle quali è attore, agente e autore. Pur dovendo aver a che fare con le cose, l’uomo in ultima analisi si trova nella realtà; le cose, pertanto, sono veicolo della medesima realtà, che assume il carattere di fondamento che, negli aspetti di ultimità, possibilità e impellenza, mostra un’ambivalenza poiché da un lato si configura come la radicale alterità rispetto a me, dall’altro è ciò che permette la realizzazione personale. Di qui l’emergere di interrogativi e inquietudini in ordine a tale fondamento, che non è causa, bensì «dominio», ovvero un carattere fisico e reale, insomma è un potere della rispettività della realtà. Il «potere del reale» si impossessa di me dominandomi. Ciò è agli antipodi del soggettivismo moderno, per il quale il soggetto legifera sulla realtà. È questa, al contrario, a impadronirsi dell’io. Non si tratta di una posizione gnoseologica, bensì reale, della quale la conoscenza è solo una conseguenza. Il potere del reale è un appoggio a tergo non tanto e soltanto per agire e vivere, ma anzitutto e soprattutto per essere reale. Perciò, non «andiamo alla» realtà, al contrario «veniamo da» essa. Tale legame al “potere del reale” costituisce, dal punto di vista metafisico, la «re-legazione» (relegación), il cui oggetto formale non è la natura, ma la persona, o meglio, la natura personale; inoltre riguarda la totalità del reale anche se solo nella persona umana si attualizza formalmente. La re-legazione è un fatto totale e radicale. È anzitutto un fatto, come la stessa realizzazione personale. Però è un fatto totale, giacché concerne l’intera realtà personale. Inoltre è un fatto radicale, perchè si tratta di re-legazione alla realtà che fonda la persona. La relegazione, che è la radice della realtà e della realizzazione personale nelle diverse forme optative, non è obbligazione morale, né un sentimento di dipendenza incondizionato. Nella re-legazione, non «andiamo verso» qualcosa che ci perfeziona, ma «veniamo da» qualcosa che previamente ci fa essere. L’uomo consiste formalmente in re-legazione o religione, che però non si basa sulla prassi, sull’etica, sul sentimento, non è una «proprietà» che si può possedere o meno, bensì è una dimensione formale della persona umana, insomma è un fondamento per essere. La re-legazione si configura come esperienza, manifestazione ed enigma del potere del reale. La re-legazione è un’esperienza, che non è semplicemente il dato sensibile e neppure solo empirico, ma significa l’atto di comprovare l’effettiva realtà di qualcosa. Nel caso della re-legazione tale prova della


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realtà consiste nella realizzazione nella persona delle possibilità incontrate nella realtà. Nel «fare re-legatamente la propria persona», cioè nel realizzare possibilità, l’uomo sta facendo la prova di che cos’è il potere del reale, sta facendo la prova della realtà. Questa prova è precisamente «l’inserimento dell’ultimità, della possibilità e dell’impellenza» del potere del reale nella propria realtà. L’uomo, nel farsi realtà personale, va facendo l’esperienza del potere del reale, e pertanto della stessa realtà. La re-legazione è anche manifestazione del potere del reale, la quale accade nell’attualizzazione delle note o elementi del reale. Ma così ciò che si manifesta è lo stesso potere del reale come re-legante. La re-legazione è anche enigmatica. La radice di tale enigma risiede nel fatto che quando stiamo nelle cose reali siamo nella realtà. Il momento di realtà nella cosa reale è più della cosa reale, ed inoltre, proprio il fatto di essere nelle cose reali ci impone di essere nella realtà, che è più delle cose reali. Infatti le cose reali sono come il veicolo del potere del reale, al quale siamo re-legati, per cui stare con le cose ci fa essere nella realtà. Il potere del reale è il fondamento della re-legazione personale, e lo è per il dominio o l’impossessamento che la realtà esercita sull’uomo. Non si tratta del fatto che in un momento determinato l’uomo cada sotto l’influsso del potere del reale. Il predominio del potere del reale sull’uomo è costitutivo ed intrinseco: è come un appoggio per essere reale, che lo spinge a farsi se stesso. Al potere del reale corrisponde la versione costitutiva dell’uomo verso di esso. L’uomo, infatti, è realtà personale in quanto dipende dal potere del reale. Il suo predominio ci impianta nella realtà. Tale impiantamento non si attua andando verso la realtà ma procedendo da essa. L’inserzione nella realtà è paradossale. Da un lato il potere del reale ci impianta e lega alla realtà; dall’altro ci costituisce come “assoluti”, cioè sciolti dinanzi alla realtà. Paradossalmente il dominio del potere del reale ci lega e ad un tempo ci fa essere relativamente assoluti. Questo peculiare legame è la re-legazione. Grazie ad essa siamo legati al potere del reale, siamo sotto il suo predominio. Proprio perché re-legato l’uomo ha un appoggio adeguato per essere relativamente assoluto. Grazie alla re-legazione siamo, dunque, fisicamente spinti verso la realtà, che si impossessa del nostro io. Poiché è enigmatico il potere del reale, tale enigma imprime il suo carattere alla mia realizzazione personale: si tratta della problematicità del fondamento. Esso si presenta: 1) nell’inquietudine, non solo nel senso della celebre affermazione agostiniana sulla ricerca della felicità sul piano psico-antropologico, ma soprattutto a livello metafisico; si


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Prefazione

tratta, infatti, di quell’inquietudine che scaturisce proprio dall’enigmaticità del potere del reale; anche se può essere spesso vissuta come angoscia e preoccupazione, tuttavia in genere concerne la realizzazione autenticamente personale. Inoltre, 2) nella voce della coscienza, che non è assimilabile all’imperativo categorico kantiano, né è un momento psicologico bensì metafisico, è un richiamo della realtà stessa che, grazie all’intelligenza senziente, assume l’aspetto di una notizia. Da questo lato, la voce della coscienza è il richiamo della realtà, cammino dell’assoluto. Infine, 3) nella volizione senziente grazie alla quale è possibile distinguere tra realtà-oggetto e realtàfondamento, poiché solo quest’ultima è prescelta nell’opzione fondamentale per la realizzazione personale. La volizione senziente, che non è assimilabile però alla nietzscheana Wille zur Wahrheit, è attualizzata nell’intelligenza senziente e perviene alla verità reale. La volontà di verità è ricerca, mediante l’intelligenza senziente, dell’articolazione in ogni cosa reale della «sua realtà» con «la realtà». Tale ricerca fondamentale e fondante la mia realtà personale «in e verso» la «realtàfondamento» può essere definita, con Bergson, esperienza metafisica, cioè un’esperienza alla ricerca del fondamento del potere del reale; un’esperienza che con maggior precisione Zubiri chiama esperienza teologale, affatto distinta dall’esperienza teologica. Se per realizzarsi come persona l’uomo non può non compiere l’esperienza teologale, allora la problematicità della realtà-fondamento è formalmente il problema di Dio. Non è il luogo per analizzare compiutamente tale tematica1, ma solo per sottolineare che, anteriormente a questo celebre libro sull’uomo e Dio, Zubiri aveva cercato di delineare, attraverso la via della re-legazione, riflessivamente, lo schema concettuale e il contesto interpretativo adeguato in cui il problema di Dio potesse essere intelligibile per l’uomo moderno che, a differenza dell’epoca medievale, ha messo in discussione proprio la stessa possibilità di un’apertura alla trascendenza. Zubiri mostra così acuta consapevolezza che la questione dell’intelligibilità di Dio è preliminare alla dimostrazione della sua esistenza, almeno per il mondo contemporaneo. La giustificazione intellettuale non è di indole psicologica, etica, sociale, ma si basa sulla via della re-legazione trattandosi di un cammino reale. 1 Su ciò, cfr. la mia Introduzione (pp. vii-xxxvi) a X. Zubiri, L’uomo e Dio, Marietti 1820, Genova-Milano 2003. Cfr. anche A. Savignano, Panorama della filosofia spagnola del Novecento, Marietti 1820, GenovaMilano 2005, il cap. 7 dedicato a Zubiri.


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Il vincolo «re-legante» svela la radice della fondamentalità dell’esistenza, in quanto evidenzia che c’è ciò che «re-lega»: la deitas, che ci si mostra come «semplice correlato della re-legazione: siamo fondati sulla re-legazione che a sua volta si fonda sulla deità»2. Con la scoperta della deità siamo però al primo stadio del cammino reale verso Dio, anche se gli altri momenti – la realtà divina e Dio stesso – si fondano l’uno sull’altro. La deità si presenta come un enigma che spinge inesorabilmente a procedere oltre. Tale secondo passo, più dimostrativo in senso stretto, porta alla realtà divina, che è causa trascendente e assoluta distinta rigorosamente dal mondo. La scoperta della realtà divina spinge a un nuovo passo implicante l’interrogativo su chi sia tale causa: si tratta di Dio in quanto intelligenza, volontà e pura donazione per amore: altrettanti caratteri che contraddistinguono la posizione teistica. Perciò, «né la semplice deità, né la realtà divina sono Dio. Raggiungeremo Dio solo se avremo inteso la deità come carattere della realtà divina e la realtà divina come carattere della persona libera di Dio»3. Finora il problema di Dio è stato analizzato quoad nos e, per così dire, a parte obiecti, per cui è indispensabile esaminarlo a parte subiecti. Da questo lato, il cammino reale parte dalla re-legazione al potere del reale verso il suo fondamento, il cui accesso, essendo libero, comporta una giustificazione intellettuale. Tale incontro si realizza in tutto l’ambito del potere del reale, perché le cose, senza identificarsi con Dio (panteismo), né essere una sua emanazione, sono tuttavia reali solo in Dio: sono, cioè, Dio ad extra grazie alla creatio ex nihilo. Impossessandosi del potere del reale, l’uomo compie l’esperienza fondamentale secondo cui Dio è trascendente nelle cose e la persona umana è in qualche modo Dio: è Dio umanamente, cioè, quale realtà relativamente assoluta, è formalmente esperienza della realtà assolutamente assoluta. Pur rimanendo, ovviamente, abissale la differenza ontologica tra le due realtà, tuttavia l’uomo, nell’esperienza fondamentale, include Dio fino a conformarvisi. Tale forma di impossessamento, oltre ad essere una vera intellezione, costituisce una realizzazione sperimentale della propria realtà umana in Dio. Occorreva approfondire queste originali riflessioni al fine di dissipare equivoci e fraintendimenti riguardanti specialmente i rapporti tra antropo2 Cfr. X. Zubiri, En torno al problema de Dios, in Naturaleza, Historia, Dios, Alianza Editorial, Madrid 1963, V ed., pp. 361-397, in part. p. 375. 3 X. Zubiri, Introducción al problema de Dios, in Naturaleza, Historia, Dios, cit., p. 357.


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Prefazione

logia e teologia, il ruolo della dimostrazione nel problema di Dio, la decisiva questione dell’ateismo, il chiarimento dello stesso cammino reale verso Dio; era inoltre necessario esprimere, nel linguaggio e secondo la prospettiva metafisica, tesi formulate da un punto di vista ontologico; infine emergeva l’esigenza di conferire organicità e sistematicità a tali istanze: altrettante questioni che il libro postumo su El hombre y Dios, purtroppo incompiuto, contribuisce a chiarire se non a dirimere. In quest’originale trattato, che può già essere a buon diritto considerato un classico della filosofia della religione, Zubiri effettivamente distingue con rigore la giustificazione della realtà di Dio dalle prove della sua esistenza: queste intendono dar forma rigorosa al processo intellettivo, che non si basa su idee, ma su un fatto reale, la volontà di fondamentalità; quella è l’ostensione del potere del reale e del suo fondamento. Inoltre esamina l’accesso dell’uomo a Dio, a riprova della presa di distanza dal soggettivismo antropologico. Pur non riesumando l’attitudine realista – né ingenua, né critica – tuttavia Zubiri non cade nel pragmatismo, perché è attento al dinamismo del reale; né è fautore del volontarismo, che misconoscerebbe in qualche modo il ruolo dell’intelligenza; né infine si appella all’appetito naturale, perché carico di risvolti gnoseologici. Il problema di Dio non concerne un aldilà o alcunché al di fuori del mondo, bensì riguarda il fondamento ultimo, possibilitante e impellente, delle cose e della persona umana nella realtà. Dio, infatti, costituisce la soluzione dell’enigma del fondamento del potere del reale attraverso l’esplanazione intellettiva del cammino effettivo della re-legazione, come è confermato dal giudizio sulle varie vie classiche e moderne escogitate per la dimostrazione dell’esistenza di Dio. Zubiri giudica insufficienti alcune celebri vie classiche (quelle tomiste) e moderne per dimostrare l’esistenza di Dio, dal momento che la via cosmologica non giunge ad un Dio possibilitante ed impellente, la via antropologica non perviene ad un Dio inteso come ultimità del reale. Solo la via della re-legazione, che è a un tempo cosmica e antropologica, può conseguire risultati soddisfacenti poiché coinvolge le altre predette vie per eminenza. Per giungere a Dio occorre mostrare che il potere del reale si fonda sulla realtà assolutamente assoluta, su Dio, che non è il Theòs aristotelico, né è riconducibile solo alla distinzione pascaliana tra Dio dei filosofi e Dio dei cristiani, né è causa, a meno che non si intenda con ciò la «funzionalità del reale»; bensì è realtà ultima, possibilitante e impellente. Il potere del reale mostra


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la deità che, pertanto, è la realtà stessa, in quanto, come potere, manifesta la sua formale costituzione in Dio. Dio non è realtà-oggetto, ma è realtà-fondamento, che costituisce la mia vita e il mondo; non è, pertanto, il «totalmente altro», ma precisamente il donatore della realtà; neppure assomiglia al «Dio tappabuchi» (Bonhoeffer), perché la sua funzione si riferisce alla pienezza della vita. Dio tuttavia non è anzitutto un aiuto per agire, bensì è un fondamento per essere realmente. Tutto ciò non annulla la radicale distinzione tra l’uomo e Dio, perché si tratta di una tensione teologale. L’uomo ha tuttavia qualcosa di divino anche se ciò, ovviamente, lungi dal mettere a repentaglio la sua libertà, la rafforza poiché la funzione di Dio nella vita umana è di essere fondamento – non oggetto –, di esserlo in pienezza – non solo intellettualmente – e sotto forma di tensione dinamica. Dio, che è realtà suprema e quindi essere assolutamente assoluto, rispetto alle cose è causa formale intrinseca. Immergersi nelle cose reali equivale, quindi, a trascenderle dall’interno per essere in Dio, o, all’inverso, andare a Dio significa penetrare sempre più profondamente nelle cose. Di qui il rifiuto del panteismo e delle varie forme di agnosticismo, perché la trascendenza di Dio non è né identità, né lontananza, ma trascendenza nelle cose. Per dissipare ogni sospetto di soggettivismo antropologico, Zubiri esamina con cura l’accesso dell’uomo a Dio dal punto di vista, per così dire, sia di Dio che dell’uomo. L’accessibilità da parte di Dio perviene al culmine nella verità reale, che è donazione di realtà e fonte di verità per la mia realizzazione personale; mentre da parte dell’uomo si configura come pre-tensione e inclinazione implicante quella trascendenza nelle cose che costituisce l’essenza teologale della re-legazione. L’accesso dell’uomo a Dio è formalmente adesione attiva a Dio che si realizza nell’incontro interpersonale sulla base della fede. Ma non tutti riconoscono tale funzione di Dio, come avviene nell’opzione atea. Non che in tale situazione l’uomo sopporti malvolentieri di non essere Dio, ma insorge in lui una mancanza di tensione, quasi una fatica dell’assoluto, una specie di fatica teologale che spesso comporta un disimpegno nel prendere posizione nei confronti di Dio riducendolo a un oggetto tra tanti. Tale situazione, come Zubiri aveva già mostrato negli anni Trenta del secolo scorso, conduceva alle attitudini atee, contrassegnate da un’esistenza, per così dire, “slegata” sfociante nella divinizzazione della vita ritenuta autosufficiente a causa di un atteggiamento di superbia, la quale in ultima analisi


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Prefazione

è alla base di ogni peccato sia individuale che sociale e storico. Anche se l’ateismo è impossibile senza Dio, poiché la sua possibilità si può dare solo nell’ambito della deità aperta dalla re-legazione, tuttavia in quella tappa della riflessione zubiriana permanevano certe perplessità in ordine alla funzione epistemologica che sembrava risolversi nell’indicazione dei criteri di adeguatezza e intelligibilità del problema di Dio; ne era una conferma il ruolo stesso della re-legazione che, in qualche modo, rendeva logicamente inconcepibile la falsità del teismo. Ciò sembrava sfociare in un’aporia, per cui da un lato il problema di Dio non poteva essere posto intelligibilmente al di fuori di un adeguato contesto interpretativo, dall’altro i criteri intrinseci di adeguatezza sembravano tali da rendere ovvia la soluzione del problema o da impedire logicamente alle questioni di validità addirittura di manifestarsi. Così, nel delineare la struttura del cammino verso Dio, si ponevano già le condizioni per la soluzione del problema della verità, allorché se ne indicavano i criteri di intelligibilità; il che, ad esempio, comportava l’impossibilità logica dell’ipotesi atea. A tali interrogativi, Zubiri cercherà di rimediare nell’opera postuma del 1983, in cui distingue con rigore logico ed ermeneutico le attitudini: agnostiche – che ricercano senza decidersi risolutamente –, dell’indifferente – che sospende la conclusione intellettiva –, dell’ateo – che compie l’intero cammino intellettivo anche se perviene a intendere la vita come puro fatto –, non trascurando di sottolineare quel diffuso atteggiamento qualificato come «gnostico» di chi crede senza ritenere necessario giustificare la propria fede, sicché la volontà di fondamentalità non termina in una rigorosa conoscenza reale. In tutti questi atteggiamenti è inevitabile giustificare il cammino intrapreso – dalla giustificazione intellettuale, alla dimostrazione e all’esperienza – anche se nelle diverse attitudini se ne percorrono solo alcuni tratti, di cui la re-legazione al potere del reale e la deità rappresentano i momenti irrinunciabili. Insomma tutti gli atteggiamenti, dall’ateismo (che qui viene giudicato nella sua complessità non senza significative aperture) alla credenza, devono essere giustificati intellettualmente. Il rapporto tra l’uomo e Dio non è astratto ma concreto, di modo che l’uomo è esperienza di Dio e reciprocamente. Alla luce di tale impostazione, si può affermare che la via della re-legazione – la cui essenza è la tensione teologale –, il cammino intellettivo e l’esperienza di Dio costituiscono la dimensione teologale dell’uomo. Sono così dissolte molte insinuazioni e perplessità riguardanti i rapporti tra antropologia e teologia, specialmente certe presunte


Il problema di Dio e la filosofia della religione

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consonanze con la così detta «svolta antropologica», in ragione anche del fatto che il saggio sul problema teologale dell’uomo (1975) fu inserito in un libro dedicato a Karl Rahner. Sin da quell’epoca, invece, Zubiri confermava la differenza tra l’indagine teologica – che è essenzialmente teocentrica – e la dimensione teologale, perché quest’ultima è solo fondamento del sapere teologico; inoltre, pur essendo una dimensione umana, essa è tuttavia proprio quella dimensione secondo la quale l’uomo si trova fondato sul potere del reale. Il che è tutto il contrario dell’antropologia, in quanto si tratta dell’inserimento dell’uomo nella realtà. L’unità intrinseca e formale dispiegantesi nella re-legazione al potere del reale, nell’adesione a Dio, nella volontà di verità, nell’esperienza in tensione verso la realtà personale assoluta, costituisce la dimensione teologale dell’uomo. Il problema di Dio comporta una rivoluzione degli ordinari schemi concettuali non solo sul piano antropologico-epistemologico, ma soprattutto a livello metafisico. L’uomo non perviene a Dio con qualche facoltà od organo speciale, né mediante il sentimento, pena lo slittamento in attitudini psicologistiche e soggettivistiche; né tramite la mera conoscenza intellettuale, perché è astratta; né con l’azione o la prassi, dal momento che Dio non è uno stimolo ad agire bensì un fondamento per essere. Non si tratta, perciò, di praticare un metodo dell’immanenza (Blondel) o della trascendenza, poiché quanto c’è di Dio nell’uomo è re-legazione. Di qui i compiti della stessa teologia fondamentale, che non dovrebbe più indagare sui così detti praeambula fidei, bensì concentrarsi sul tema dell’intelligibilità e significato del problema di Dio. Le molteplici modalità e dimensioni dell’esperienza umana a livello individuale, sociale e storico costituiscono la storia delle religioni. La religione, infatti, è la plasmazione della re-legazione, poiché in ultima analisi assume sempre i caratteri di una concezione di Dio, del mondo e dell’uomo. Tra le religioni storiche, Zubiri mostra l’eccellenza del cristianesimo, che è la verità radicale e formale di tutte le religioni, poiché è la suprema esperienza teologale, dal momento che non esiste forma più elevata di essere umanamente Dio della «deiformità» (deiformitas). In un’epoca come la nostra, contrassegnata dall’ineluttabile dialogo ecumenico, il filosofo spagnolo sottolinea che il cristianesimo è la forma radicale delle varie forme religiose, in quanto comporta una trascendenza non solo storica, ma teologale4. La filosofia della religione non concerne, pertanto, solo un’indagine psi4

Cfr. X. Zubiri, Il problema filosofico della storia delle religioni, a cura di A. Savignano, Morcelliana,


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Prefazione

cologica e storico-sociale sull’esperienza religiosa, né si situa solo sul piano intellettuale o emozionale; pur non trascurando tali aspetti, tuttavia Zubiri ha posto in luce il costitutivo ontologico (in seguito dirà: metafisico) della religione. La filosofia della religione si differenzia, inoltre, dall’apologetica, dallo studio comparato della storia delle religioni, perché si limita a considerare formalmente la religione dal punto di vista metafisico onde delineare le categorie di quella peculiare e irriducibile forma di vita. Compito della filosofia della religione è l’analisi della religione come forma dell’essere e della realtà umana nella dimensione personale, sociale e storica, al fine di poter risolvere il decisivo tema della verità della religione nel senso di determinare le condizioni in base alle quali una religione è vera religio. Non c’è dubbio che la riflessione zubiriana assuma caratteristiche originali se considerata alla luce di una filosofia della religione. Sebbene non sia del tutto agevole sorprendere la presenza del reale, tuttavia è indubbio che dinanzi ai pensatori del negativo, Zubiri appaia come un araldo della realtà. E ciò è tanto più significativo alla luce dell’attuale dibattito sul problema del realismo.

Brescia 2013, che, insieme al libro, El problema teologal del hombre. Cristianismo, Madrid 1997, e al trattato sull’Uomo e Dio, costituisce la celebre trilogia sulla dimensione teologale dell’uomo.


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