FLAVIO RUSSO - FERRUCCIO RUSSO
79 d.C. Rotta su 79 A.D. COURSE TO
POMPEI INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL Indagine sulla Scomparsa di un Ammiraglio
E.S.A. - EDIZIONI SCIENTIFICHE NAPOLI 2007
E
ARTISTICHE
Prima edizione: Supplemento della RIVISTA MARITTIMA - N° 10 Ottobre 2004, Roma 2004.
Seconda edizione: COMPONENTE MARITTIMA DEL COMANDO ALLEATO - NAPOLI, fuori commercio. Napoli 2006.
Terza edizione: EDIZIONI SCIENTIFICHE E ARTISTICHE, con l’autorizzazione della COMPONENTE MARITTIMA DEL COMANDO ALLEATO - NAPOLI, Napoli 2007. Ne sono Autori per la parte relativa al testo ed alle ricerche storiche Flavio Russo; per la parte relativa al progetto grafico, alle ricostruzioni virtuali ed all’apparato iconografico in generale Ferruccio Russo. Le illustrazioni ed i disegni, quando non diversamente precisato sono degli Autori o della COMPONENTE MARITTIMA DEL COMANDO ALLEATO DI NAPOLI.
La traduzione è stata curata da Jo Di Martino.
E.S.A. - Edizioni Scientifiche e Artistiche © 2007 Proprietà letteraria artistica e scientifica riservata
al Comandante Vito Matera
5
PRESENTAZIONE - PRESENTATION Dall’alto sembra un lacerto di luna incastonato all’estremità del golfo di Napoli. Un intersecarsi di antichi crateri vulcanici, un susseguirsi di minuscoli specchi d’acqua, un rincorrersi di gelose insenature fantastiche per l’ormeggio: questa, in sintesi, la penisola di Miseno. Forse perciò i Romani, giusto duemila anni or sono, vollero adattarne la cuspide a base navale della prima Flotta Pretoria. Scelta oltremodo avveniristica ed azzeccata dal momento che sancì la vocazione militare del sito e dell’ intero Golfo, in cui oggi alla cuspide opposta (rappresentata dall’isola di Nisida) si affaccia il Comando delle Forze Marittime Alleate di Napoli. Quasi a voler ribadire tanta lungimiranza, pochi decenni dopo la sua entrata in servizio, proprio dalla base di Miseno salpò una missione destinata, a sua volta, ad assurgere ad archetipo di una operazione navale di soccorso ordinata duemila anni dopo. Non a caso la avrebbe pedissequamente riproposta quella pianificata nel marzo del 1944 dall’Allied Military Governement, mirante ad evacuare via mare le popolazioni della costa vesuviana minacciate dall’ennesima eruzione. Il placarsi del vulcano, fortunatamente, la rese inutile. Ma in quel lontano 79 d.C. il Vesuvio ostentò subito la natura estremamente maligna dell’eruzione, come nel giro di pochi minuti intuì il Comandante della Base. Per una straordinaria quanto rarissima evenienza storica, in quel momento poteva definirsi l’uomo giusto al posto giusto! L’Ammiraglio Gaio Plinio Cecilio Secondo, infatti, oltre ad essere a capo della prima Flotta Pretoria, godeva meritatamente fama di sommo naturalista, di gran lunga il maggiore dell’epoca. Pertanto rappresentava forse l’unico dotto in grado di stabilire, con cognizione di causa, la natura e l’entità del terrificante fenomeno. In pochi minuti deliberò di accorrere con le sue navi più potenti (quadriremi) sull’antistante costa, strappando i disgraziati dal loro atroce destino. Nulla di più lontano dalla logica dell’epoca, nulla di più vicino alla nostra: l’autorità del comandante, la reputazione dello scienziato e il coraggio dell’uomo ebbero facile ragione del terrore degli equipaggi. Pagò con la vita la curiosità dello studioso e l’ardire del militare: sulla spiaggia di Stabia . Stando al nipote a stroncarlo furono le micidiali esalazioni del vulcano.
From above it resembles the sliver of a moon set into the extremity of the Gulf of Naples. An intersecting network of primordial volcanic craters, a succession of minuscule bodies of water, a sequence of graceful and fantastic inlets ideal for mooring: this, in brief, is the peninsula of Miseno. Perhaps this was the reason the Romans adapted it, exactly two thousand years ago, for use as a naval base for the First praetorian Fleet. A forward looking and perfect choice, confirming the future military vocation of the site and indeed of the entire Gulf, borne out by the fact that even today, the opposite end (on the island of Nisida) is used as Headquarters for the Allied Naval Forces of Naples. Almost as if to further validate such far-sightedness, a few decades after its activation, the base of Miseno became the launching point for a mission that was destined to become the archetype of the naval rescue operation ordered two thousand years later. Not incidentally, that original operation was proposed once again in March 1944 by the Allied Military Government, as it planned the evacuation by sea of the people living along the coast of Mt. Vesuvius, at the time threatened by yet another eruption. Fortunately, the danger subsided and the operation was not required. But in that remote 79 A.D., Vesuvius immediately displayed the extremely cruel nature of the eruption and such was quickly intuited by the Commander of the Base. It was an extraordinary and highly rare historical event, epitomizing the singular occurrence of the right man in the right place at the right time! For Admiral Gaio Plinio Cecilio the Second, in addition to his function as Commander of the first Praetorian Fleet, also and deservedly enjoyed fame as a brilliant naturalist, the greatest of the era by far. Thus he was perhaps the only man of learning to be completely aware and have full knowledge of the nature and entity of the terrifying phenomenon that was taking place. He rapidly decided to lead his most powerful ships (quadriremes) to the opposite side of the coast, to rescue the unfortunate victims from an atrocious fate. Nothing could be further from the logic of the era, nothing could be closer to ours: the authority of the commander, the reputation of the scientist and the courage of the man easily overcame the fear and anxiety of the crews. He paid for his curiosity as a scholar and his daring as a soldier with his life, dying on
6 Circa un secolo fa, nel corso di scavi archeologici lungo l’antica spiaggia di Stabia, un gran numero di scheletri delle vittime della catastrofe vesuviana tornò alla luce. Tra loro ne spiccava uno, appoggiato con il capo ad un pilastro, con al collo e ai polsi gl’inconfondibili distintivi di grado dei massimi ufficiali romani e al fianco un gladio dall’elsa d’avorio. Il luogo, la presunta età dell’individuo ed i preziosissimi ornamenti suggerirono l’identificazione dei miseri resti per quelli dell’ Ammiraglio Plinio; la prudenza, invece, pretese riscontri più convincenti, quali solo un’inchiesta poteva fornire. Alla fine quell’inchiesta è stata condotta con grande serietà e indubbia competenza, ed ha confermato la sensatezza dell’ipotesi. Non la certezza dell’identificazione, e l’Autore lo ribadisce più volte, ma solo della sua congruità, conclusione che ha perciò permesso, con le debite riserve, di tracciare una rievocazione dell’intera vicenda nella corretta dimensione operativa e nella verosimile motivazione umana. La storia che segue, storia e non favola, ha per protagonisti, infatti, uomini di mare generosi fino all’estremo sacrificio, allora come ora e, al contempo, uomini di guerra temerari persino dinanzi alla natura scatenata. Marinai che diressero le prue delle loro navi verso un’orrenda nube, sostenuti solo dal battere inclemente del ritmo della voga e dalla determinazione del loro Ammiraglio. Forzando sui remi e sul coraggio, tra lo sfrigolio dei lapilli che si spegnevano nell’acqua, riuscirono a sottrarre alle ire del Vesuvio innumerevoli persone. Solo quando una terrificante ondata ardente annientò ogni forma di vita ai piedi del vulcano, le navi presero la via del ritorno per Miseno. Avevano i ponti gremiti da allucinati sopravvissuti, resi ancora più spettrali dalla cenere che li ricopriva. La missione era conclusa. L’Am-miraglio ormai riposava per sempre, in vista del mare, con il capo appoggiato ad un pilastro, sul quale una mano ignota aveva graffito marinaio. Uno straordinario legame tra passato e presente. Una bella storia per Miseno e per le Marine che operano nel Mediterraneo, che merita di essere raccontata e dedicata alle centinaia di uomini e donne che si sono avvicendati e che si avvicendano al servizio della NATO presso il “Allied Maritime Component Command – Naples”.
the beaches of Stabia. According to his nephew he was killed by the lethal volcanic eruptions. Approximately one hundred years ago, in the course of archeological excavations along the ancient beach of Stabia, numerous skeletons of the victims of the Vesuvian catastrophe came to light. Among this group one in particular stood out, his head resting against a pillar, his neck and wrists bearing the indisputable emblems of the rank of a senior Roman officer, next to him a gladius with an ivory hilt. The place, the presumed age of the individual and the precious ornaments all indicated that these might be the miserable remains of Admiral Pliny; caution, however, demanded more convincing proof, such as only a full fledged inquiry could provide. And so the investigation was conducted, thoroughly and with unquestionable competence, confirming the reasonableness of the supposition. It did not confirm the identification, and the author reiterates this repeatedly, but only its coherence, a conclusion that, with some reservations, has allowed us to evoke the entire event form a correct operational perspective and form the viewpoint of human motivation. The heroes of the story that follows, history rather than fable, are men of the sea, generous to the point of making the extreme sacrifice, then as now and, at the same time, courageous and bold warriors…even in the face of nature unleashed. Sailors who steered their ships toward a horrendous cloud, sustained only by the relentless, rhythmic stroke of the oars and by the determination of their Admiral. Forcing both the oars and their courage, navigating among lapilli hissing in the waters as they were extinguished, they succeeded in rescuing innumerable persons from the fury of Mt. Vesuvius. Only when a fearsome, fiery wave annihilates every form of life at the foot of the volcano did the ships turn around to head back to Miseno. Their decks crowded with haunted survivors, made even more spectral by the ashes that enveloped them. The mission was accomplished. The Admiral reposed forever, overlooking the sea, his head resting on a pillar, a pillar upon which an unknown hand had etched the word sailor. An extraordinary link between past and present. A beautiful story for Miseno and for the navies operating in the Mediterranean, one that deserves to be told and to be dedicated to the hundreds of men and women that served and serve with NATO and with the "Allied Maritime Component Command - Naples". Roberto Cesaretti
Vice Admiral Allied Maritime Component Command Naples
7
PREFAZIONE - PREFACE FORTES FORTUNA IUVAT 1)
«La Fortuna aiuta i coraggiosi!», esclamò il Comandante in Capo della Flotta Misenense ordinando al pilota di avvicinarsi alla costa, sebbene la cenere, le pomici ed i lapilli già cominciassero a cadere sul ponte della sua nave. L’eruzione esplosiva del Vesuvio era ormai giunta al culmine delle sue fasi più spettacolari e terrificanti: l’immensa nube a forma di fungo atomico sovrastava minacciosamente il vulcano e tutto il litorale, animata da sinistre pulsazioni, bagliori e boati, mentre uno sciame di terremoti scuoteva l’intera regione e sconvolgeva il mare.2) L’ammiraglio romano, Gaio Plinio Secondo, si era portato in quelle acque infide ai piedi del Vesuvio allo scopo di evacuare per via marittima le popolazioni delle località costiere che risultavano più direttamente minacciate dall’immane eruzione ed alle quali era preclusa ogni altra via di scampo.3) A tal fine, egli era salpato dalla base navale di Miseno alla testa di una formazione di veloci e possenti quadriremi. La Flotta Misenense, che era di gran lunga la maggiore delle flotte imperiali di Roma4), doveva possedere almeno una dozzina di unità di quel tipo, cui venivano per lo più attribuiti i nomi di divinità particolarmente care ai Romani, quali Concordia, Fede, Fortuna, Libertà, Salute, Vittoria, etc.5) Avvicinatosi alla costa con una di queste navi, egli riuscì a raggiungere l’abitazione del suo amico Pomponiano, che era comprensibilmente terrorizzato, ma ch’egli riuscì a rincuorare con il suo comportamento ostentatamente calmo, fiducioso e persino gioviale. È quanto risulta dalle due lettere che Plinio il Giovane6) scrisse allo storico Tacito per descrivergli l’eruzione del Vesuvio e le ultime ore di suo zio, l’eroico comandante della Flotta Misenense. Da tale narrazione abbiamo appreso che, a causa delle condizioni meteo proibitive, l’ammiraglio romano non fu in condizione di riprendere il mare prima di venir soffocato dalle esalazioni mortali repentinamente diffusesi nell’area. Ne abbiamo quindi tratto un sentimento di incondizionata ammirazione per il coraggio di quell’uomo, che non aveva esitato a portarsi con le sue navi in uno degli scenari più spaventosi che si possano immaginare, mantenendo fino all’ultimo un atteggiamento del tutto composto, dignitoso e pari-
FORTES FORTUNA IUVAT 1)
«Fortune favors the brave!», exclaimed the Commander in Chief of the Fleet of Miseno, ordering the helmsman to advance toward the coastline, even though ashes, pumice and lapilli were already falling on the deck of his ship. The explosive eruption of Mt. Vesuvius had by now reached its zenith and was in its most spectacular and terrifying phase: the immense cloud in the shape of an atomic mushroom hovered threateningly over the volcano and the entire littoral, fuelled by sinister vibrations, flashes of light and a thunderous rumbling while countless earthquakes shook the entire region and the waters of the sea tossed relentlessly.2) The Roman admiral, Gaio Pliny the Second, had come to the treacherous waters at the foot of Mt. Vesuvius with one purpose in mind, to evacuate the coastal inhabitants most directly threatened by the horrid eruption and who had no other means of escape.3) For this reason he had set sail from the naval base of Miseno, leading a formation of fast and powerful quadriremes. The Miseno Fleet, by far the largest of the imperial fleets of Rome4), must have had at least a dozen of those ships, each with the name of a divinity particularly dear to the Romans Concordia, Fede, Fortuna, Libertà, Salute, Vittoria, etc.5) Approaching the coast on board one of these ships, he succeeded in reaching the home of his friend Pomponius, who was understandably terrorized, but whom Pliny managed to hearten by affecting a manifestly composed, trusting and even jovial demeanor. Such is demonstrated by the two letters that Pliny the Younger6) wrote to the historian Tacitus, describing the eruption of Mt. Vesuvius and the final hours of his uncle, the heroic commander of the Fleet of Miseno. From his narration we learn that, because of the prohibitive weather conditions, the Roman admiral was not able to return on board before being suffocated by the fatal exhalations that abruptly invaded the entire area. And this has aroused within us an unconditional admiration for the courage of this one man who did not hesitate to lead his ships toward one of the most frightening scenarios imaginable, maintaining his dignified composure to the very end and
8 menti attento ad entrambi gli interessi, umanitario e scientifico7), ch’egli ravvedeva nella sua missione. Ci rimaneva tuttavia una certa sensazione di amarezza, non potendo reperire, nel solo racconto di Plinio il Giovane, alcun elemento che potesse farci capire se il sacrificio di suo zio fosse stato in qualche modo utile. L’assenza di qualsiasi accenno al ritorno delle quadriremi ci lasciava anzi temere che la dea Fortuna, invocata dal praefectus classis, fosse rimasta insensibile al coraggio dimostrato dagli equipaggi romani. Eppure … no, non andò così. Come andarono esattamente le cose, nessuno lo può asserire con certezza, ma l’operazione di soccorso navale condotta dalle quadriremi di Miseno dovette senz’altro avere un’ampiezza ben maggiore del tragica scena sulla quale, comprensibilmente, Plinio il Giovane ha focalizzato il suo racconto. Quelle navi da guerra non fuggirono davanti al pericolo, né andarono incontro ad un disastro navale, poiché in entrambi i casi ne avremmo trovato qualche eco nel predetto racconto o comunque nelle malevoli epitome storiche degli apologeti cristiani del basso Impero.8) L’intera operazione, inoltre, non si risolse in un clamoroso insuccesso, perché altrimenti l’immagine di Plinio il Vecchio ne sarebbe stata inevitabilmente compromessa presso i suoi contemporanei, e ciò non avrebbe consentito al nipote di far pubblicare, subito dopo, i trentasette libri del monumentale trattato di Storia naturale che l’eruditissimo9) ammiraglio romano aveva pazientemente e sapientemente redatto, completandoli proprio negli ultimissimi anni della sua vita, quando era a capo della Flotta Misenense.10) Vale quindi la pena approfondire ulteriormente la nostra analisi, tenendo conto di ogni altro elemento che possa utilmente concorrere alla ricostruzione storica degli eventi. È quanto viene fatto in questa Indagine di Flavio Russo, ove si trovano raccolti e vagliati un gran numero di dati di varia origine, tutti direttamente o indirettamente correlabili agli interventi compiuti dalla Marina militare romana in occasione dell’eruzione del 79 d.C.. Dall’ampio e composito affresco che ne risulta, il Lettore potrà agevolmente trarre un complesso di indizi che lasciano chiaramente intendere che l’operazione navale organizzata ed avviata da Plinio il Vecchio abbia effettivamente consentito di trarre in salvo un gran numero di abitanti delle aree sinistrate. Di conseguenza, questa prima operazione di soccorso in grande stile condotta dalle navi da guerra in una situazione di calamità naturale di estrema gravità dovrebbe essere complessivamente considerata un vero e proprio successo, nonostante la tragica fine del Comandante in Capo della flotta.
giving equal consideration to both aspects of his mission, humanitarian and scientific.7) We were however left with a certain sense of bitterness, as we were not able to discover, in the writings of Pliny the Younger, any element that might help us to understand if his uncle’s sacrifice had been useful. The lack of information regarding the return of the quadriremes led to the conjecture that the goddess Fortune invoked by the praefectus classis may have remained insensitive to the courage demonstrated by the Roman crews. But no…for such was not the case. What truly happened no one can say with any degree of certainty, but the naval rescue operation conducted by the quadriremes of Miseno must doubtless have been of vaster scope that the tragedy upon which, understandably, Pliny the Younger focused. Those warships did not flee from danger, nor were they involved in a naval disaster, for in either case we would have found some echo in the aforementioned account or in the malicious historical epitomes of the Christian apologists of the early Empire.8) The entire operation, furthermore, did not conclude in a clamorous failure, for if so the image of Pliny the Elder would have been inevitably compromised among his contemporaries, and this would not have permitted his nephew to publish, immediately following the event, the thirty seven books of Pliny’s monumental treatise Storia Naturale, a work that the highly erudite9) Roman admiral had so patiently and intelligently written, completing it in the final years of his life, when he was already Commander of the Fleet of Miseno.10) It is therefore worth our while to delve deeper into our analysis and to consider all the elements that may contribute to a historical reconstruction of those events. And such is accomplished in this Inquiry by Flavio Russo, an inquiry that assembles and closely scrutinizes a plethora of data from different sources, all directly or indirectly related to the activity of the Roman navy during the eruption of 79 A.D. The resulting vast and composite fresco allows the Reader to draw from a number of clues clearly indicating that the naval operation organized and carried out by Pliny the Elder did in fact contribute to saving a great number of inhabitants from the area involved in the tragedy. It follows that this first rescue operation conducted in grand style by warships in the midst of a natural disaster of massive proportions should be considered a veritable and absolute success, notwithstanding the tragic end of the Commander in Chief of the Fleet.
9 Va peraltro sottolineato che tale missione venne assolta con la massima attenzione e professionalità, come si può desumere da svariati particolari tecnici (ad esempio, l’aver individuato per tempo una nuova secca che si era appena formata a breve distanza dalla costa ove erano diretti), a dimostrazione dell’alto livello di addestramento e di disciplina che veniva mantenuto dalla flotta romana. Nulla venne lasciato al caso o all’improvvisazione, anche se le decisioni furono fulminee ed inclusero la consapevole accettazione di rischi molto elevati, com’è normale che avvenga laddove le vite umane da salvare sono soggette ad una minaccia immediata. Il tutto fu reso possibile da un coraggio sovrumano, poiché esso consentì al reparto navale di navigare ordinatamente in un’area marittima sottoposta ad un cataclisma sbalorditivo, di dimensioni ed intensità tali da lasciar chiaramente capire che nessuna forza umana avrebbe potuto resistergli. Ma sembra proprio che, anche in quell’occasione, fu proprio lo straordinario coraggio degli uomini a propiziare il successo dell’operazione, ovvero a propiziarne la Fortuna, così come aveva fiduciosamente auspicato l’impavido ammiraglio romano.
It is also to be noted that this mission was performed with great caution and professional capability, as implied by the numerous technical details (for example, that of having quickly identified the existence of a newly formed shoal only a short distance from the coastline toward which they were headed), evidence this of the high level of training and discipline of the Roman fleet. Nothing was left to chance or to improvisation, even though the decisions were lightning quick and included the conscious acceptance of extreme risks, as is normal in situations in which human lives are subject to an immediate threat. All was made possible by a superhuman courage, a courage that allowed the ships to navigate in an orderly manner even in the midst of a shocking cataclysm of such scope and intensity that no human force could resist. But it truly seems that, on that occasion also, it was the very extraordinary courage of the men involved that propitiated the success of the operation, or rather that propitiated its Fortune, just as the fearless Roman Admiral had predicted. Domenico Carro
Domenico Carro
Admiral
Ammiraglio
NOTE
1. Dal racconto di Plinio il Giovane sulla morte di suo zio (Epist. VI, 16). 2. Alcuni sintetici richiami alle varie fasi eruttive del Vesuvio, con specifico riferimento all’eruzione del 79 d.C., sono reperibili in rete nei siti dell’Università “Roma Tre” e dell’Università di Napoli, Degli stessi autori dell’articolo del primo sito, vi è anche una descrizione più particolareggiata in una pubblicazione cartacea: Lisetta Giacomelli e Roberto Scandone, Vesuvio, Pompei e Ercolano - Eruzioni e escursioni, BE-MA editrice, Milano, 2001. 3. Avendo ricevuto una richiesta di aiuto dalla sua amica Rectina, Plinio decise di avviare una vera e propria missione di soccorso navale a favore di tutte le popolazioni rivierasche che si trovavano in analoghe condizioni di pericolo. 4. Sulla base delle informazioni di cui disponiamo, si può stimare che la Flotta Misenense avesse una consistenza superiore alla metà del totale delle forze marittime romane. La seconda flotta in ordine d’importanza era quella Ravennate, che doveva essere, grosso modo, la metà di quella Misenense. Tutte le altre flotte imperiali, basate al di fuori dell’Italia, dovevano pertanto avere una complessiva consistenza totale inferiore a quella della flotta Ravennate. Dai predetti rapporti di forze, si può meglio valutare l’importanza della Flotta Misenense: essa non serviva solo da protezione alla città di Roma ed al versante tirrenico dell’Italia, ma assicurava con la propria presenza in mare un controllo costante dell’intero Mediterraneo, assicurandovi il mantenimento delle condizioni di sicurezza e di rispetto della legalità, e contribuendo in modo determinante alla salvaguardia della pace ed alla stabilità dell’Impero.
NOTES
1. From the account written by Pliny the Younger on the death of his uncle (Epist. VI, 16). 2. Brief reports on the eruptive phases of Mt. Vesuvius, with specific reference to the eruption of 79 A.D. are available on the web site of the University “Roma Tre” and the University of Naples. The authors of the article of the first site also provide a more detailed description in a publication: Lisetta Giacomelli and Roberto Scandone, Vesuvio, Pompei e Ercolano - Eruzioni e escursioni, (Vesuvius, Pompeii and Ercolano - Eruptions and Excursions) BE-MA ed., Milano, 2001. 3. Upon receiving a plea for help from his friend Rectina, Pliny decided to attempt a rescue mission for all the people along the coast who were in similar danger. 4. According to the information in our possession, we can deduce that the Miseno Fleet consisted of more than half of all the Roman maritime forces. The second most important fleet was the Fleet of Ravenna, about half the size of that of Miseno. The ships and crews of all the remaining imperial fleets based outside of Italy would have numbered less than the Fleet of Ravenna. The aforementioned force relations allow us to better assess the importance of the Miseno fleet: it was intended not only to defend the city of Rome and the Tyrrhenian coast of Italy, but through its simple presence at sea, to continuously monitor the entire Mediterranean, thus ensuring safety, respect of legality and making a decisive contribution to safeguarding peace and stability throughout the Empire.
10 5. Dati ricavati soprattutto dalle fonti epigrafiche. Vedasi «Classica» XI, Appendice IX (Supplemento alla Rivista Marittima di dicembre 2002). 6. Epist. VI, 16 e VI, 20. 7. L’interesse scientifico di Plinio per l’eccezionale eruzione del Vesuvio traspare chiaramente dal racconto di suo nipote circa la navigazione di avvicinamento delle quadriremi alla costa vesuviana. Peraltro, ancor prima di ricevere il messaggio di richiesta di soccorso inviatogli da Rectina, l’ammiraglio romano aveva pensato di salpare con una piccola e veloce liburna per andare ad osservare da più vicino lo straordinario e grandioso spettacolo offerto dal vulcano. 8. Mi riferisco ad autori come Arnobio (Adversa Nationes), Commodiano (Carme apologetico), Lattanzio (Così morirono i persecutori), Orosio (Le Storie contro i pagani) ed altri. Si tratta di fonti storiche importanti solo perché, essendo state privilegiate dai copisti del Medio Evo, consentono di colmare in piccola parte le gravi lacune create dalla perdita della maggior parte delle vere e proprie opere storiche dell’alto Impero. La dichiarata finalità apologetica di questi autori li rende scarsamente obiettivi, ma comunque utili perché prevedibili. Nel nostro caso, i loro smaniosi auspici di apocalittici castighi divini per le presunte colpe religiose dei Romani li avrebbero indotti ad enfatizzare con perfida soddisfazione qualsiasi sinistro inflitto alle navi da guerra romane dalla più “apocalittica” delle catastrofi naturali che colpirono l’Impero. Invece quelle navi non vengono nemmeno ricordate. Orosio, ad esempio, si limita a dire: «Raccontano che in quegli anni esplose anche la sommità del monte Bebio, eruttando lingue di fuoco e torrenti di fiamme che distrussero le zone circostanti con città e abitanti» (Hist. Adv. Pag. VII, 9, 14). 9. Plinio il Giovane ci fornisce, in una sua lunga lettera (Epist. III, 5), ampie informazioni sulle attività di studio e sulla produzione letteraria di suo zio. 10. Nella sua epistola dedicatoria, scritta nell’anno del sesto consolato di Tito (77 d.C.) o al massimo nell’anno successivo, Plinio presenta l’indice generale della sua Storia naturale e si mostra fiducioso di completare la revisione finale dell’intera opera a breve termine, dicendo: «porterò a compimento il mio progetto» (Nat. Hist., praef. 32). In effetti, l’opera era in tutto e per tutto completa quando venne pubblicata postuma, per espressa volontà dell’autore (Nat. Hist., praef. 20), poco dopo la sua tragica morte (79 d.C.).
5. Data is taken primarily from epigraphic sources. See «Classica» XI, Appendix IX (Supplement to the Rivista Marittima, December 2002). 6. Epist. VI, 16 and VI, 20 7. Pliny’s scientific interest in the exceptional eruption of Mt. Vesuvius is clearly evident in his nephew’s description of the quadriremes navigating toward the Vesuvian coast. Furthermore, even before receiving the message for help from Rectina, the Roman admiral had already considered setting out with a small and fast liburna for closer observation of the grandiose and extraordinary spectacle offered by the volcano. 8. I refer to such authors as Arnobio (Adversa Nationes), Commodiano (Carme apologetico), Lattanzio (Così morirono i persecutori), Orosio (Le Storie contro i pagani) and others. These are important historical sources because, since these writers were favored by the transcribers of the Middle Ages, they somewhat fill the huge gap created by the loss of most of the actual historical works of the late Empire. The declared apologetic intent of these authors does not make them very objective, but they are useful nevertheless because predictable. For our purposes, their vehement desire for apocalyptic divine punishment of the Romans because of their alleged religious errors would have encouraged them to highlight any retribution inflicted on Roman warships with a certain perfidious satisfaction, up to the most “apocalyptic” of natural catastrophes that struck the Empire. Instead, those ships are not even mentioned. Orosio, for example, limits himself to writing: «It is said that in those years the summit of Monte Bebio also exploded, spewing tongues of fire and torrents of flames that destroyed the surrounding cities and inhabitants » (Hist. Adv. Pag. VII, 9, 14). 9. In one of his long letters (Epist. III, 5), Pliny the Younger provides us with ample information on the studies and literary production of his uncle. 10. In his dedicatory epistle, written in the year of Titus’ sixth consulate (77 A.D.), or the following year at the latest, Pliny presents the general index of his Storia naturale and indicates that he will shortly finish the entire work, saying: «I will complete my project » (Nat. Hist., praef. 32). In effect, the Naturalis Historia was complete when it was published posthumously at the specific wish of the author (Nat. Hist., praef. 20), shortly after his tragic death (79 A.D).
11
PREMESSA Fiumi d’inchiostro sono stati scritti sull’eruzione vesuviana del 79 d. C. (grave tragedia all’epoca, ma grande fortuna per gli studiosi dell’Antichità) e sulla celebre missione di soccorso del prefetto della flotta militare romana di Miseno, il celebre naturalista Plinio il Vecchio. Il racconto di essa è tramandato dalle due celebri lettere del nipote Plinio il Giovane allo storico Tacito, testimone oculare, sia pur a distanza, dell’evento. Nonostante l’intento celebrativo, il racconto si dimostra nella sostanza fededegno. Si potrebbe pensare che tutto sia stato ormai detto, dopo più di 250 anni di scavi e di scoperte, e i dati a disposizione accuratamente vagliati e coordinati. Eppure non è così: l’area del litorale e del porto di Pompei e di Stabiae (che perse lo statuto di città dopo la guerra sociale e fu annessa alla vicina Nocera) è praticamente nota solo dagli scavi di privati effettuati fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, e i cui materiali andarono in gran parte dispersi. Solo di recente sondaggi e prospezioni mirate hanno permesso di meglio precisare la morfologia e l’andamento dell’antica linea di costa e del fiume Sarno, e gli straordinari ritrovamenti di Murecine hanno riacceso i riflettori sull’antico litorale di Pompei. E non si può dire che l’area sia stata adeguatamente tutelata e ricercata. La sistematica raccolta dei dati a disposizione, recentemente effettuata, costituisce la premessa per un’auspicabile ripresa delle esplorazioni. Forti incertezze permangono addirittura sulla data precisa dell’eruzione, forse in realtà da collocare il 24 del mese di settembre, come mostrano gli articoli contrastanti apparsi sui numeri della “Rivista di Studi Pompeiani”. Dubbi permangono anche sulla dinamica stessa e sui dettagli temporali dell’evento eruttivo. Il recente lavoro interdisciplinare sugli scheletri di Ercolano ha non poco illuminato tali aspetti, e dettagliate ricerche sono solo ora in corso a Torre Annunziata e a Pompei. L’accurata analisi del cranio del creduto Plinio, tuttora conservato, nonostante il danneggiamento di un recente e misterioso furto, presso il Museo dell’Arte Sanitaria di Roma, eseguito da Pier Paolo Petrone, costituisce un’interessante novità. L’indagine di Flavio Russo, tecnico esperto di
FOREWORD Rivers of ink have been spent on the eruption of Mt. Vesuvius in 79 AD (a grave tragedy at the time, but a great fortune for scholars of antiquity) and on the famous rescue mission led by the Prefect of the Roman military fleet of Miseno, the celebrated naturalist Pliny the Elder. The story of this endeavor has been bequeathed to us by the two letters written by his nephew, Pliny the Younger, to the historian Tacitus, an eyewitness, albeit a long distance one, of the event. In spite of the commemorative intent of the letters, the substance of what happened is recounted faithfully. After more than 250 years of excavations and discoveries, with all the available data meticulously coordinated and studied, one would think that by now everything has been said. Yet such is not the case: for the area encompassing the littoral and the port of Pompeii and Stabiae (which lost its status as a city after the social war and was annexed to the nearby Nocera) is known to us only from the excavations undertaken by private citizens between the end of the nineteenth century and the beginning of the twentieth, excavations that provided material, a great deal of which has been lost. It is only recently that targeted surveys and explorations have provided sufficient details to give us a better picture of the morphology and the direction of the ancient coastline and of the River Sarno and the extraordinary findings of Murecine have once again turned the spotlight on the ancient littoral of Pompeii. However, we still cannot claim that the area has been adequately safeguarded and studied. A recent systematic collection of available data is the auspicious premise for the resumption of explorations. There are strong uncertainties regarding the precise date of the eruption, conceivably the 24th of September, as demonstrated by the contrasting articles appearing in issues of the “Review of Pompeian Studies”. There are even doubts on the very dynamics and the temporal details of the eruption. Recent interdisciplinary work on the skeletons of Ercolano has greatly illuminated these aspects, and detailed researches are only now in progress in Torre Annunziata and in Pompeii. The meticulous analysis carried out by Pier Paolo Petrone on the remains of a cranium thought to be of Pliny, still preserved in the Museum of Medical Arts of Rome, in spite of the damages caused by a recent and mysterious theft, is an interesting novelty.
12
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PROLOGO
cose militari, mostra altre novità. Sono state finora trascurate le tecniche telegrafiche, diffuse dall’epoca ellenistica in campo militare e certo adottate dalla flotta romana, che probabilmente aveva anche propri distaccamenti e postazioni lungo la costa vesuviana e sorrentina (la presenza di una statio dei soldati della flotta di Misero a Stabiae sembra certa per l’epoca posteriore all’eruzione). Esse devono essere tenute nel dovuto conto da chi si occupa della cronologia e dei tempi della missione di soccorso, si potrebbe dire, “di protezione civile”, di Plinio il Vecchio. Se esse, come pare probabile, fossero state effettivamente usate per la segnalazione dell’eruzione a Miseno, verrebbe a cadere uno dei cardini dei tempi dell’inizio della missione di Plinio, non dovendo calcolarsi il lungo tempo impiegato da un messaggero. Nuove e interessanti sono anche le considerazioni sull’architettura e il funzionamento dei fari in epoca romana, di cui splendidi e importanti esempi sono quelli di Miseno e di Capri, e sul combustibile utilizzato. Rimane avvolta nel mistero la figura di Rectina, che pare nulla abbia a che fare col nome di Resina, l’odierna Ercolano, derivato dal vino resinoso, anche per le difficoltà della restituzione filologicotestuale della lettera di Plinio il Giovane. Arrischiata appare l’identificazione con la Rectina dell’iscrizione del vicus romano che insiste nell’area dell’abbazia di S. Maria di Casalpiano presso Morrone del Sannio in Molise. Su un pavimento di cocciopesto dell’edificio scoperto, compare anche il nome di un Volusius, famiglia ben documentata anche ad Ercolano. Il ritrovamento dello scheletro del soldato identificato dal Matrone con Plinio il Vecchio fra quelli dei suoi scavi, trova oggi un riscontro nello scheletro di soldato da Ercolano, e potrebbe effettivamente appartenere, per le decorazioni militari (armillae) d’oro indossate e per la particolare ornamentazione dell’elsa del gladio con una conchiglia, se esatti sono i dati riferiti dall’ing. Matrone, ad un ufficiale della flotta romana. Andrebbe approfondito, a tal proposito, il problema della pertinenza territoriale del luogo di ritrovamento, strettamente collegato all’individuazione precisa dell’antico corso del fiume Sarno. Convincente è anche l’identificazione della barca di Ercolano, della quale è in corso il restauro, con un veloce mezzo da sbarco, forse appartenente alla stessa flotta. Va ricordato che il 5 novembre 1830 fu rinvenuta nella casa del Fauno di Pompei “l’impugnatura
The investigation by Flavio Russo, an expert in military matters, provides additional food for thought. Until now little consideration was given to the telegraphic techniques used by the military since the Hellenic period and certainly adopted by the Roman fleet, which probably had its own detachments and stations along the Vesuvian and Sorrentine coast (it seems certain that there was a statio of soldiers of the Miseno fleet in Stabiae during the era following the eruption). These facts must be duly considered by anyone studying the chronology and the times of the rescue mission undertaken by Pliny the Elder, a mission that could well be defined as one of “civil defense”. If these techniques were used to inform Miseno of the eruption, as appears probable, then one of the cornerstones used to determine the time of the actual start of Pliny’s mission would no longer apply, since the time required for a messenger to physically reach Miseno would no longer have to be calculated. Also novel and interesting are the various considerations on the architecture and the operation of lighthouses during the Roman era, of which those of Miseno and Capri are still splendid and impressive examples, and on the fuel used. The persona of Rectina, which seems to have no connection with Resina, the modern day Ercolano (a word derived from the resinous wine), remains enveloped in mystery, partly due to the difficulties inherent to the philological-textual restoration of the letter written by Pliny the Younger. The association of Rectina with the inscription of the Roman vicus found in the area of the Abbey of S. Maria di Casalpiano near Morrone del Sannio in Molise also appears to be a rash one. On a floor of opus signinum in the uncovered building there also appears the name Volusius, a family well documented in Ercolano. The discovery during the Matrone excavations of the skeleton of a soldier, which the aforementioned engineer identifies with Pliny the Elder, can now be compared with the skeleton of a soldier found in Ercolano. If the facts reported by Matrone are correct, the gold military decorations (armillae) and the special shell ornamentation on the hilt of the gladius of the former, could in effect be those of an officer of the Roman fleet. To this end, further studies should be carried out regarding the territorial pertinence of the site of discovery, necessary in order to correctly identify the ancient course of the River Sarno. Also convincing is the identification of the boat found in Ercolano, now being restored, with a fast landing craft that was perhaps part of that same fleet. We should remember that “the handle of a sword
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PROLOGUE d’una spada rappresentante la prora d’una nave: ha sei spade in bassorilievo ne’ lati, la testa di Minerva nell’aplustre, ed un capo di cinghiale ne’ rostri” di bronzo, ora purtroppo dispersa. Meno convincente è l’ipotesi di identificare con il nome di Torre Ottava, antica denominazione di Torre del Greco (dal vino Greco, come il nome di Resina), il ricordo di una torretta di segnalazione romana, prossima ad un predio degli Octavii. La distanza, infatti, corrisponde perfettamente con l’ottavo miglio della strada che, dalle antiche mura di Napoli greca conduceva a Sorrento e a Nocera seguendo il litorale vesuviano. Né i recenti scavi condotti dallo scrivente sull’altura del castello medioevale di Torre del Greco hanno offerto elementi di supporto. Non pochi sono quindi gli spunti nuovi e i ragionamenti significativi; superbo l’apparato illustrativo. Certo, molti punti rimangono ancora incerti ed oscuri; ma la ricerca archeologica, si sa, è in continua evoluzione e può riservare sorprese, soprattutto nel fecondo suolo campano, e nulla vieta che nuove scoperte illuminino alcuni aspetti ancora nebulosi. Mario Pagano
Dirigente archeologo Ministero Beni e Attività Culturali Soprintendente per i Beni Archeologici del Molise
13 representing the prow of a ship: with five swords in bas relief along the sides, the head of Minerva on the aplustre, and the head of a wild boar on the rostra” was discovered in the Villa of the Faun in Pompeii on 5 November 1830, an item that has alas been lost. Less convincing is the theory that equates the words Torre Ottava, ancient name for Torre del Greco (from the Greek wine, as with ‘Resina’), with a Roman signal turret located near a holding of the Octavii. The distance does in fact correspond exactly with the eight mile of the road that, from the ancient walls of Greek Naples, led to Sorrento and to Nocera following the Vesuvian littoral. Nor have the recent excavations conducted by myself on the heights of the medieval castle of Torre del Greco provided any elements of support. It is obvious that the work contains numerous significant clues and fresh approaches; the illustrations are superb. Indubitably, many points remain obscure and ambiguous; but archeological research, as we well know, is in continuous evolution and may have surprises in store for us, especially in the fertile soil of Campania. And it is highly probable that future discoveries will illuminate some of the aspects that are still nebulous. Mario Pagano
Director and Chief Archeologist Ministry of Culture Superintendent for Archeological Assets of the Molise Region
PROLOGO -
PROLOGUE
Pierre Henri de Valenciennes, 1813, Eruzione del Vesuvio accaduta il 24 agosto dell'anno 79 d.C. sotto il regno di Tito. Olio su tela cm 147 x 195 Toulouse, MusĂŠe des Augustins. Foto Daniel Martin. Pierre Henri de Valenciennes, 1813, Eruption of Mt. Vesuv ius, 24 August 79 A.D. during the reign of Titus. Oil on canvas, 147 x 195 cm., Toulouse, MusĂŠe des Augustins. Photo Daniel Martin.
16 1. Bracciale a corpo di serpente. Argento con riporti in oro. inv. 6131. Pompei.
2. Tipica armilla pompeiana in oro: si tratta di un bracciale snodato realizzato in oro a forma di serpente. Pompei. Il modello raffigurato è di gran lunga più leggero di quelli in questione. 3. Anello in oro a teste di serpente affrontate. Oro. inv. 3403. Oplontis.
4. Uno dei tanti porti raffigurati sugli affreschi di Pompei: probabilmente ispirato a quello della città.
1
2
3
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PROLOGO
DAL SARNO AL TEVERE ALBA DEL 25.08.0079 ALLA FOCE DEL SARNO
Solo il cadenzato frangersi della risacca sulla spiaggia tradisce l’adiacenza del mare. Per il resto una innaturale notte grava alla foce del Sarno, da tempo adattata a porticciolo mercantile di Pompei. Sul finire di agosto in zona il sole sorge alle 5.19, per cui intorno alle 7 dovrebbe già da ore sovrastare i monti Lattari, stagliando nel terso cielo estivo il profilo della lunga tettoia antistante la teoria di magazzini sul molo. Al suo posto, invece, una terrificante oscurità scandita, verso settentrione, da frequenti riverberi rossastri seguiti da cubi boati. Una mesta processione di un centinaio di derelitti, avanza a tentoni nella fitta caligine, tra gemiti sommessi e singhiozzi disperati. Avvalendosi delle indicazioni di un autorevole uomo di mezza età, preceduto da un nero gigante munito di una curiosa lanterna a forma di testa di cavallo, sembra dirigersi verso una barca. Questa, faticosamente, tenta di accostare vincendo la contrarietà del vento, manovrando i remi nell’incerto bagliore delle torce. Non sono anime sulla sponda del fiume infernale in attesa di essere traghettate da Caronte. I cuscini che tutti stringono istericamente sul capo testimoniano l’appartenenza al mondo dei vivi e la strenua volontà di restarci! Altrettanto concreta anche la loro guida, sebbene, a dir poco, singolarmente eccentrica. Un cinturone militare gli cinge i fianchi, esaltandone impietosamente la pinguedine. Ad esso è fissato il fodero, decorato con borchie dorate a forma di conchiglie, di un tozzo gladio dall’incredibile elsa d’avorio. Un’arma chiaramente da parata, un’arma onorifica e distintiva, inconcepibile in quel frenetico contesto, come del resto assurdi sono pure i fastosi monili che circondano le dita, i polsi ed il collo dello strano personaggio. Forse un effeminato patrizio, che non sa staccarsi da quella volgare collana e dai quei pacchiani braccialetti a forma di serpente, per non parlare dei diversi enormi anelli: tra oro e ferro un insieme comico, se non fosse per la tragicità del momento! Paradossalmente i continui barbagli delle armille che sottolineano ogni gesto dell’uomo, non confermano un’imbelle viltà ma, al contrario, una salda volontà, una lucida determinazione ed un fredda risolutezza, doti precipue di chi è abituato a comandare in qualsiasi circostanza. L’impartire ordini, l’afa stagionale e quella minuta cenere che continua a cadere lo costringono spesso a bere lunghe sorsate d’acqua, da una rozza brocca che un servo gli porge. Con un tonfo sordo la barca, finalmente, accosta alla banchina per allontanarsene qualche istante dopo stracarica di gente, svanendo di nuovo nelle tenebre. I tanti rimasti, vinti dalla stanchezza e dall’emozione, si accovacciano sul soffice strato di cenere, che continua ad innalzarsi, aguzzando lo sguardo per percepire, dal più minuto sfavillio, il ritorno della barca. Qualcuno, esausto, vi si sdraia addirittura, tentando di assopirsi per recuperare le forze o per fuggire dalla realtà. Anche l’uomo con il gladio ne imita l’esempio e dopo aver spiegato la tunica, come una sorta di lenzuolo, vi si corica sopra appoggiando la testa ad un pilastro della tettoia. L’oscurità non gli consente di leggere il graffito incisovi da una mano ignota: nauta, marinaio!
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PROLOGUE
FROM THE SARNO TO THE TIBER DAWN, 25 AUGUST 79 AD, THE MOUTH OF THE SARNO RIVER
Only the rhythmic pounding of the undertow on the beach betrays the nearness of the sea. There is an unnatural night at the mouth of the Sarno, long used as Pompeii's small commercial port. Around the end of August the sun here rises at 5:19 and so by 7 it should already be over the Lattari Hills. Silhouetted in the limpid summer sky is the profile of the long canopy in front of a long line of warehouses. But instead of the sun there is a terrifying darkness, accompanied to the north by recurrent rhythmic reverberations and rumblings. A sad procession of about a hundred sad and forlorn persons advances slowly through the dark mist, uttering submissive moans and despairing sobs. Following the instructions of an authoritative middle aged man, preceded by a black giant with a strange lamp in the shape of a horse's head, the line appears to be heading toward a boat. A boat vainly attempting to approach against wind, the oars by the wavering light of torches. They are not souls on the shores of the infernal river waiting to be ferried to Charon. The cushions they all hold tight to their heads testify that they are of the living and determined to so remain! Their guide also is substantial, although, to say the least, he appears to be singularly eccentric. A military centurion girdles his hips, mercilessly exalting his stoutness. To it is affixed the sheath, decorated with golden studs in the form of shells, of a short gladius with an astonishing ivory hilt. Clearly a weapon for parades, an honorary and distinctive weapon, inconceivable in that frenetic context, as are absurd the luxurious jewels on the fingers, wrists and neck of this strange personage. Perhaps an effeminate patrician who cannot bear to be without that vulgar necklace and those gaudy bracelets in the shape of serpents, not to mention the enormous rings; a jumble of gold and iron that would be laughable were the moment not so tragic! Paradoxically, though, the continuous clatter of the bracelets highlighting the man's every gesture did not indicate a faint hearted vileness but, on the contrary, a firm will, lucid determination and cold resolve, the attributes of one used to command under any circumstances. The barking of orders, the oppressive heat and the minute ashes than continue to fall force him to drink frequently from a rough flask passed to him by a servant.
17 1. Serpent shaped bracelet. Silver with gold details. Inv. 6131. Pompeii. 2. Typical Pompeian armilla in gold: Looped bracelet in gold, in the shape of a serpent. Pompeii. This model is much lighter than others.
3. Gold ring with serpent head facing each other. Inv. 3403. Oplontis. 4. One of the many ports depicted on the frescoes in Pompeii: probably inspired by the port of Pompeii.
4
18 5. Reperto di gladio romano con relativo fodero.
6. Ricostruzione di gladio romano con relativo fodero.
5
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PROLOGO Uno strano tanfo, un fetore che ricorda quello delle uova marce, è improvvisamente avvertito dai più vigili, sensazione che, al pari della conoscenza, in breve si dissolve. Il vento che ha diffuso la micidiale nube di anidride carbonica ed acido solfidrico, trasformando l’affranto riposo dei fuggiaschi in riposo eterno, riesce a diradare per qualche istante l’impenetrabile caligine. Agli uomini della barca che si accingono ad attraccare nuovamente, non serve più alcuna torcia per ravvisare con raccapriccio, nelle tuniche svolazzanti al suolo, altrettanti corpi inanimati. Comprendono con orrore che pure l’uomo appisolato col capo appoggiato al pilastro è ormai un cadavere, vegliato per sempre dall’ inconfondibile gigante nero riverso ai suoi piedi con la lanterna spenta. Sconvolti attribuiscono l’inspiegabile strage, senza spargimento di sangue, ad una entità maligna ed ignota che magari ancora si aggira sulla banchina, tra i magazzini. Subito il terrore ha il sopravvento nella mente dei superstiziosi marinai: nessuno più osa sbarcare. Forzando sui remi, guadagnano rapidamente la grande nave che li aspetta ansiosa al riparo della Pietra di Ercole. A bordo, dopo un laconico rapporto, all’angoscia di quanti attendevano i propri cari subentra lo strazio, apprendendone la misteriosa fine. E mentre il cielo torna velocemente ad oscurarsi, la nave, salpata l’ancora, al ritmo cadenzato dei suoi tanti vogatori, fa rotta per Miseno.
MATTINO DEL 20.09.1900, PRESSO LA FOCE DEL SARNO
Nell’afa di luglio, nel fondo dell’ingegner Gennaro Matrone, in contrada Bottaro ad oltre un chilometro dalla foce del Sarno, un drappello di operai sta riportando alla luce dei ruderi romani. Quella in corso, avviatasi il 25 giugno, infatti, è la seconda campagna di scavi archeologici privati, ovviamente autorizzata. Diretta e finanziata personalmente dallo stesso tecnico si protrarrà per altri sette mesi e non sarà l’ultima, poiché una terza la seguirà, dopo un intervallo semestrale, concludendosi agli inizi del 1902. Tanta costanza per una impresa così onerosa, tradisce dei significativi ritrovamenti: le numerose analoghe iniziative coeve, infatti, mirano abitualmente al recupero di preziosi reperti. Emblematica la scoperta di appena cinque anni prima del cosiddetto Tesoro di Boscoreale, rivenduto dai fortunati scavatori al barone Rothschild per oltre un milione di franchi e da quest’ultimo ceduto, parzialmente, al Louvre. In pratica tali ricerche non vanno considerate delle generose manifestazioni culturali ma delle vere cacce al tesoro, in cui non difettano gli indizi, le intuizioni e, forse, le soffiate. E di notizie su ruderi più o meno ignoti ne circolano molte sui cantieri dell’ area vesuviana, in particolare a ridosso della foce del Sarno, dove spesso gli sterri intercettano macerie ed otri di inusitata grandezza. Si spiega forse così l’immediato riaffiorare nel fondo del Matrone, dopo pochi colpi di vanga, di antiche mura romane, sepolte sotto un metro appena di soffice terriccio. La vera difficoltà si incontra scendendo a profondità appena maggiori e non deriva dalla terra ma dall’acqua, la cui falda permea il terreno ben al di sopra del piede dei ruderi. Si lavora pertanto con alacrità, in corsa contro la sua inesorabile risalita, con la certezza che qualcosa di sensazionale si celi proprio lì. Del resto i ruderi già liberati lasciano immaginare che si stia nelle immediate adiacenze del porticciolo di Pompei, da dove verosimilmente molti residenti tentarono in vano di fuggire.
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PROLOGUE With a mute clamor the boat finally approaches the dock and swiftly departs again overflowing with people, vanishing once again into the shadows. The many who remain, overcome by fatigue and emotion, stretch out on the soft layer of ashes that continues to rise, looking outward to glimpse the smallest evidence of the boat returning. Some, exhausted, lie down, attempting sleep, perhaps to recover their strength or to escape reality. The man with the gladius also stretches out on the ground and, spreading his tunic like a sheet, rests his head against a pillar of the canopy. The darkness does not allow him to read the graffiti etched by an unknown hand: sailor! A peculiar stench, a smell as of rotten eggs, is suddenly sensed by the more vigilant, a feeling that quickly dissolves along with consciousness. The wind spreading that deadly cloud of carbon dioxide and sulphuric acid, transforming the exhausted respite of the fugitives into eternal repose, manages for a few instants to break through the impenetrable soot. To the men on the boat trying once again to approach, a torch is no longer needed to see their inanimate corpses, tunics floating with the wind. To their horror they realize that even the man with his head resting on a pillar is now a cadaver, watched over as always by the unmistakable black giant, lying at his master's feet, his lantern dead. Distressed, they attribute the unexplainable and bloodless tragedy to a malignant and unknown entity that may still be on the wharf, among the warehouses. Terror soon overcomes the superstitious sailors: no one dares disembark. Thrusting the oars into the water, they quickly reach the great ship waiting anxiously for them in the shelter of the Stone of Hercules. On board, after a laconic report and to the anguish of all who attended their dear ones, there is great sorrow as they learn of their mysterious end. And as the sky once again quickly darkens, the ship weighs anchor to the rhythmic cadence of its numerous rowers, steering in the direction of Miseno.
MORNING OF 20 AUGUST 1900, NEAR THE MOUTH OF THE SARNO
In the moist heat of July, on the property of Ing. Gennaro Matrone, in the area of Bottaro, more than a kilometer from the mouth of the Sarno, a team of laborers is excavating some Roman ruins. The work, begun on June 25, is the second of a series of private but authorized archaeological excavations. Directed and financed personally by the engineer, it will continue for another seven months and will not be the last, as a third campaign will follow, after a six-month interval, concluding at the beginning of 1902. Such constancy in this difficult task uncovers valuable findings: indeed, the numerous other similar initiatives of the period are normally undertaken to retrieve precious relics. Such as the discovery just five years prior of the Treasure of Boscoreale, sold by the fortunate diggers to the Baron Rothschild for more than one million francs, a part of which the Baron donated to the Louvre. These explorations are not considered as generous cultural manifestations but as veritable treasure hunts in which clues, intuitions and anonymous tip-offs often play a major role. And rumors regarding more or less unknown relics circulate freely in the work sites of the Vesuvian area, especially near the mouth of the Sarno, where the digs often uncover ruins and flasks of uncommon grandeur. Perhaps this explains the immediate appearance on the property of Ing. Matrone, and after only a few thrusts of the shovel, of ancient roman walls buried under a meter of soft soil.
19 5. Remains of a Roman gladius with sheath. 6. Reconstruction of a Roman gladius with sheath.
6
20 7
7-9. Torre Annunziata località Bottaro, 1899-1901: scavi dell’Ing. Gennaro Matrone. 8. Veduta aerea obliqua della foce del Sarno: nel cerchio rosso la zona degli scavi Matrone. 10. Ripresa satellitare dell’area, nel cerchio rosso gli scavi Matrone.
7-9. Torre Annunziata, area of Bottaro, 1899-1901: the excavations of Ing. Matrone.
8. Oblique aerial view of the mouth of the Sarno. The red circle highlights the area of the Matrone excavations.
10. Satellite view of the area. The red circle highlights the Matrone excavations.
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PROLOGO Il 20 settembre, infatti, appena rimossa la coltre di sedimenti vulcanici, uno sgradevolissimo ed inconfondibile tanfo di morte aggredisce gli scavatori. Nessuno di loro ormai ne ignora più l’origine ma, in questo caso, tutti ne ignorano la sua tragica entità. Poche ore di lavoro e riaffiorano ammucchiati, ben 73 scheletri. Apparten-gono chiaramente a sfortunati pompeiani, raggiunti dai gas del vulcano, laddove il fiume entrava pigramente nel mare. Alcuni di quei miseri resti sfoggiano ancora i gioielli che indossarono nell’ultima camminata, tentando così di porre in salvo quanto di più prezioso possedevano. Alcuni altri continuano a serrare fra le dita delle piccole borse colme di monete. Alcuni, infine, appena discosti, non restituiscono nulla, né preziosi né denaro: facile ricavare da tanta disparità l’eloquente testimonianza della rigida suddivisione sociale, mai come in quel contesto ignorata dal destino. Nulla di strano e nulla di nuovo, essendo già avvenuti al di fuori delle mura di Pompei analoghi ritrovamenti di padroni e schiavi affiancati per sempre dalla morte. 8
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PROLOGUE The real difficulty is encountered only a short distance down, and it does not come from the soil but rather from water, water that permeates the ground well above the bottom of the ruins. The diggers work swiftly, certain that something sensational is hidden there. The ruins that have already been freed indicate that they are near the small port of Pompeii, where many residents had attempted in vain to escape. On September 20, removing the layer of volcanic sediment, a highly unpleasant and undeniable smell of death overcomes the excavators. No one can ignore the origin but, in this case, all ignore its tragic magnitude. A few hours of work and there appears before their eyes a mass of 73 skeletons. They are clearly unfortunate Pompeians, overcome by the gas from the volcano, in that spot where the river lazily entered the sea. Some of the miserable remains still display the jewels they were wearing on their last walk, trying to save their precious possessions. Others continue to hold within
21 9
10
22 11. Collana a maglie da indossare a bandoliera. Oro. inv. 3411. Oplontis.
12. Roma, Museo dell’Arte Sanitaria: dettaglio del reperto etichettato come Teschio di Plinio il Vecchio: a fianco i resti del suo gladio nel fodero. 13. Resti di parazonium romano rinvenuto in località Piana di Prata, Benevento.
11
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PROLOGO Qualche passo più innanzi, però, riappare uno scheletro isolato. Non giace riverso o raggomitolato come i precedenti, ma supino, con il cranio appoggiato ad un pilastro, uno dei tanti che giorno dopo giorno torna alla luce. Su di essi, a giudicare dalle macerie, poggiava la tettoia antistante la lunga teoria dei magazzini portuali. Le ossa tradiscono un anziano, gli ornamenti un facoltoso: al suo collo una massiccia collana d’oro di ben 75 maglie disposta in triplice giro ed ai suoi polsi, sempre in triplice giro e sempre in oro, due pesanti armille a forma di serpente. Nell’ insieme oltre un chilogrammo di prezioso metallo, senza contare i tre anelli alle dita, anch’essi d’oro massiccio, uno dei quali di 36 grammi, con effigiate due teste di serpente affrontate! Rimossa altra cenere riaffiorano al suo fianco un gladio ed una brocca di coccio: usuale la seconda quanto eccezionale il primo. La sua elsa infatti è d’avorio, mentre il fodero è decorato nella parte bronzea con borchie dorate a forma di conchiglie. A ben vedere si tratta quasi certamente di un parazonio reputato all’epoca più che un’arma, un emblema onorifico, ovviamente connesso al mondo militare e riservato ai massimi gradi della gerarchia, imperatore incluso. Qualche metro discosto uno scheletro enorme, appartenente ad un colosso di oltre due metri di altezza, dai tratti negroidi: nella mano sinistra scarnificata stringe ancora una strana lucerna a forma di testa di cavallo.
ROMA 2004, MUSEO DELL’ARTE SANITARIA
Nove ampi locali forniti dal Pio Istituto di Santo Spirito di Roma, per complessivi 840 mq compongono il Museo Storico Nazionale dell’Arte Sanitaria. Nella Sala Flaiani, che commemora il rinomato chirurgo vissuto tra il 1739 ed il 1808, già primario del S. Spirito ed archiatra di Pio VI nonché fondatore del primo nucleo del museo, numerose e magistrali preparazioni anatomiche scandiscono gli ampi scaffali. Nessuna traccia di decadimento, nessuna alterazione formale ne inficia la perfetta conservazione, riprova della notevole perizia dei lontani realizzatori. Tra i tanti reperti si distinguono alquanti pezzi di anatomia patologica, nonché delle ossa variamente deturpate da orrende malattie. Teste mummificate, collezioni di calcoli e riproduzioni anatomiche in cera completano la raccolta. In una teca, isolata in un angolo quasi che la si voglia minimizzare, spicca un cranio con a fianco i resti corrosi di una arcaica lama. Sebbene incompleto non si tratta di un ennesimo esempio di mutilazione patologica: l’etichetta, infatti, informa il visitatore che è il teschio di Plinio il Vecchio,
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PROLOGUE
23 12
their arms small sacks full of coins. And still others, a bit further off, hold nothing, neither precious items nor money: such disparity is eloquent evidence of their social subdivision, never before so ignored by fate. Nothing strange and nothing new, as similar findings of masters and slaves were also discovered outside the walls of Pompeii, side by side in death. A few steps further however, is an isolated skeleton. He is not cramped over like the others, but supine, his head resting against a pillar, one of the many that come to light daily. Upon these pillars, according to the remains, rested the roof of the long series of port warehouses. The bones reveal that he is an old man, the ornaments that he is wealthy: round his neck a thick gold chain with 75 links in triple strands and on his wrists, also in triple strands and in gold, two heavy bracelets shaped like a serpent. Altogether more than a kilogram of the precious metal, without considering the three rings on his fingers, also of heavy gold, one of which weighs 36 grams, with etched upon it two serpent heads facing each other! With the removal of more ashes, next to the body there appears a gladius and a clay jar: the latter usual, the former exceptional. Its hilt is of ivory, while the sheath is decorated in bronze with golden studs in the form of shells. Upon closer investigation, this is determined to be a parazonium, which at the time was more than a weapon, it was an honorary emblem, obviously connected with the military and reserved to the highest ranks of the hierarchy, the emperor included. A few meters further, an enormous skeleton, a colossus two meters tall, with Negroid features: in his fleshless left hand he still holds a strange lantern in the shape of a horse's head.
13
14
ROME 2004, MUSEUM OF MEDICAL ARTS
Nine wide rooms provided by the Pio Istituto of the Holy Spirit in Rome, 840 square meters that make up the National Historical Museum of Medical Arts. In the Flaiani Hall, commemorating the renowned surgeon who lived between 1739 and 1808, chief of the S. Spirito Institute and Chief Physician to Pio VI as well as founder of the original museum, numerous and magisterial anatomic forms are to be found on the huge shelves. There are no imperfections, no flaws to mar their perfect preservation, proof of the great skill of the ancient crafters. Among the many ruins are anatomical parts, as well as bones damaged by dreadful maladies. Mummified heads, collections of gallstones and anatomic reproductions in wax complete the collection. In an isolated case, off in a corner almost as if to minimize its importance, is a skull alongside the corroded remains of an archaic blade.
11. Link necklace worn across the shoulders. Gold. Inv. 3411. Oplontis.
12. Rome, Museum of Medical Arts: detail of the remains labeled as the Skull of Pliny the Elder. Next to the skull the remains of his gladius and sheath. 13. Remains of a Roman parazonium found in Piana di Prata, Benevento.
24
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PROLOGO
14. Sala del Museo dell’Arte Sanitaria in Roma, al centro il plastico relativo all’intera struttura. 15. Scorcio interno del Museo.
14
rinvenuto nei pressi della foce del Sarno, nel 1900 in seguito ad uno scavo privato condotto dall’ingegnere di Boscotrecase Gennaro Matrone. Difficile stabilire quale percorso abbia seguito quel macabro reperto per giungere fino alla suddetta teca. Impossibile appurare le ragioni e la conseguente sensatezza dell’identificazione. Di certo però, se mai fosse soltanto plausibile, o per meglio dire non si rivelasse assurda, fornirebbe finalmente una testimonianza sul tragico evento che concluse la prima operazione di protezione civile della storia. In tal caso, infatti, le enigmatiche ultime ore di Plinio sarebbero coincise perfettamente con quelle dell’ anziano personaggio autorevole, rievocate sulla base dei ritrovamenti archeologici alla foce del Sarno. Essendo, ovviamente, impraticabile l’esame del DNA, la congruità dell’identificazione si può soltanto ricavare dalla stretta compatibilità fra le fonti, la morfologia ambientale e i rinvenimenti materiali. Una sorta di indagine comparata per far luce sulla scomparsa di un ammiraglio romano, comandante della Flotta Pretoria di Miseno.
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PROLOGUE Though incomplete, this is not another example of pathological mutilation: the description, in fact, informs the visitor that this is the skull of Pliny the Elder, found near the mouth of the Sarno in 1900 during a private dig conducted by the engineer of Boscotrecase, Gennaro Matrone. Difficult to establish what route this macabre relic has taken to reach this case. Impossible to determine the reason and consequent logic of the identification. What is certain, however, is that if it were real, or rather if it does not turn out to be ad absurdum, it would provide final proof of the tragic events that concluded the first civil defense operation in history. In such case, the enigmatic final hours of Pliny would have coincided perfectly with that of the aged authority, re-evoked on the basis of the archaeological remains found at the mouth of the Sarno. Since a DNA test is not possible, the congruity of the identification can be confirmed only by a compatibility of sources, environmental morphology and material discoveries. A sort of comparative inquiry to shed light on the death of a Roman admiral, Commander of the Praetorian Fleet of Miseno.
25 14. Room of the Museum of Medical Arts, Rome. In the center the model of the entire structure.
15. Internal view of the Museum.
15
PARTE PRIMA -
PART I
Anonimo 1805. Veduta notturna dell’eruzione del Vesuvio del 1794 vista da Napoli. Anonymous 1805. Night view of the eruption of Mt. Vesuvius in 1794, as seen from Naples.
28 16. Rete stradale principale dell’Impero Romano in corrispondenza della sua massima espansione.
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PARTE PRIMA
LA FLOTTA PRETORIA DI MISENO CRITERI D’IMPIEGO DELLA MARINA IMPERIALE
Se si sfoglia un qualsiasi libro di storia militare si ricava, con facilità, l’interminabile sequela di battaglie, di campagne e di guerre sostenute dall’esercito romano nel corso degli ultimi quattro secoli della sua esistenza 1), tutte operazioni che, in ultima analisi, ebbero per scopo prioritario la preservazione dell’integrità territoriale dell’ Impero minacciata da crescenti pressioni esterne. Infatti nessun anno, di quel lunghissimo arco storico, andò esente da tali scontri, su un limes o l’altro e, non di rado, su diversi insieme.2) Nulla del genere, stranamente, per la coeva marina da guerra del Mediterraneo, che trascorse lo stesso periodo fornendo per lo più un supporto logistico, scadendo perciò, almeno sotto il profilo operativo, da arma propriamente detta a mero mezzo tattico. Insomma, un possente strumento che però non ebbe mai modo di essere impiegato concretamente mancando qualsiasi nemico con cui confrontarsi o flotte barbare da respingere. Assurdo persino immaginare l’esistenza di una potenza navale esplicitamente ostile all’Impero. Per molti studiosi del settore fu questo, appunto, il paradosso della marina da guerra romana: per trovare un temibile avversario avrebbe dovuto combattere contro se stessa, suddividendosi per la guerra civile come ad Azio.3) In realtà, però, osservazioni più attendibili individuano in quell’apparente marginalità l’antesignana connotazione di una vera e propria grande marina da guerra come oggi la concepiamo. In altri termini la pace sui mari non sarebbe stata la causa della sua inoperosità ma la conseguenza della sua costante e continua operosità! L’estendersi del dominio di Roma all’intero perimetro del Mediterraneo ed il capillare controllo dal grande porto alla minuscola cala, non concedeva a potenziali nemici neppure i più miseri anfratti, dove nascondere i loro legni. Un Impero anulare trasforma il mare interno nella sua principale via di comunicazione. Questa, confermandosi di gran lunga la più rapida, in quanto diretta, la più comoda, in quanto priva di pendenze, la più valida, in quanto priva di limiti di carico, doveva necessariamente risultare anche la più sicura, cioè libera dalla endemica pirateria. Stando ai più attendibili storici romani, la parassitaria istituzione era stata drasticamente debellata già negli ultimi anni della Repubblica, per cui da quel momento la flotta si limitò ad una azione preventiva. Le sola presenza delle sue navi, in autonoma crociera o al seguito dei mercantili, bastava a garantire la libera navigazione. Non di rado quelle stesse unità trasportavano grossi contingenti dell’esercito direttamente nei siti dove si manifestavano i prodromi di una rivolta, stroncandoli immediatamente. Impiego questo che con l’andar del tempo si istituzionalizzò al punto da assurgere a compito prioritario della marina. Una forza armata dell’ impero, capace di proiezioni di in ogni angolo del bacino, nel giro di pochissimi giorni! Ma anche un sicuro mezzo di trasporto per lo stesso imperatore, in grado di condurlo altrettanto velocemente dovunque. Questa singolare evoluzione, manifestatasi immediatamente dopo la ricostituzione della marina da guerra romana nell’ ultimo scorcio del primo secolo a.C.,
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PART I
THE PRETORIAN FLEET OF MISENO
29 16. Principal road network during the Roman Empire in the period of its greatest expansion.
DEPLOYMENT CRITERIA OF THE IMPERIAL NAVY
Leafing through any book of military history there is no dearth of information on the interminable number of battles, campaigns and wars waged by the Roman army during the last four centuries of its existence 1), all operations that, in the final analysis, were primarily intended to preserve the territorial integrity of an Empire threatened by increasing external pressures. No year of that very long historical period is exempt from such confrontations, on one limes or the other, and frequently on both.2) One cannot, however, say the same regarding the navy of the period in the Mediterranean, as during that same period it served only to provide logistical support, becoming, at least from an operational aspect, a purely tactical service. A powerful instrument but one that never had the opportunity of really being used as there was no enemy to defy or barbarian fleets to combat. It would be absurd to even imagine a naval power hostile to the empire. For many scholars this was the paradox of the Roman wartime navy: in order to find a worthy adversary it would have had to fight itself, splitting up into a civil war as in Azio.3) However, more reliable observations view this apparent marginality as the premonitory connotation of a great wartime navy as we conceive of it today. In other words, peace at sea was not the reason for its inactivity but simply the consequence of its continuous and constant activity! The expansion of the Roman dominion over the entire perimeter of the Mediterranean and its capillary control, from the largest ports to the smallest of
16
30 17. Capri, panoramica aerea di Villa Jovis. 18. Capri, dettaglio dall’alto di Villa Jovis.
17
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PARTE PRIMA fornisce una spiegazione della sua operatività successiva. Comprensibile, allora, la strettissima contiguità delle basi campane, Lucrino prima e Miseno poi, con il palazzo di Baia e, soprattutto, con le ville imperiali di Capri. Tuttavia, quanto delineato, non minimizza affatto il suo costante impegno per la sicurezza navale. Precisa al riguardo Michel Reddé che: non si crea una marina, arma costosa e tecnica, per compiti di polizia terrestre. Dal fatto che una truppa, organizzata eminentemente per un impiego bellico in un teatro esterno sia, occasionalmente, utilizzata per ristabilire l’ordine interno non significa affatto che sia stata istituita per questo scopo, visto che la sua fedeltà non è, a priori, più certa di quella delle legioni, peraltro più idonee a simili impieghi. Questo è confondere incresciosamente la causa e l’ effetto. Se è vero che la marina romana potette essere uno strumento del potere personale nelle mani di alcuni imperatori, dubitiamo fortemente che sia stata prevista per questo scopo, non di più almeno, che le legioni dei limes, che giocarono nella vita interna dell’Urbe un ruolo movimentato, ma la cui missione essenziale e fondamentale non era quella di effettuare colpi di stato. L’intervento della marina nella vita politica dell’ Impero è stata limitata ed occasionale; la flotta doveva adempiere ad altre funzioni più importanti… .4) Di esse, sporadicamente e marginalmente, l’eliminazione degli ultimi pirati, reputati ormai incapaci di temibili insulti. Questo almeno secondo le affermazioni della propaganda ufficiale che, giustamente, lasciano notevoli perplessità: non si mantengono tanti uomini e tante unità per un compito così modesto e discontinuo! E’ presumibile, invece, e numerose tracce lo testimoniano ufficiosamente, che i suddetti predoni fossero di gran lunga meno sparuti e remoti di quanto sbandierato: razziatori ben organizzati, non degni certamente della qualifica di nemici ma non perciò meno pericolosi ed irriducibili! La pirateria, forma di criminalità organizzata sviluppatasi contestualmente alla navigazione, non fu mai realmente annientata nel Mediterraneo prima del XIX
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PART I wharfs, did not allow potential enemies even the smallest of crags wherein to conceal their boats. An annular empire transforms its interior sea into its principal route of communication. This route being the most rapid, direct and comfortable, since there were no gradients, and the most reliable as lacking cargo limitations, also had to be the safest, thus free of endemic piracy. According to reliable Roman historians, the parasitic institution of piracy had already been drastically weakened during the final years of the Republic, and so from that moment on the fleet was basically tasked with preventive actions. The simple presence of its ships, either cruising or escorting merchant ships, was sufficient to ensure freedom of navigation. Often these ships also transported large army contingents directly to areas in which rebellions were taking place, putting an end to them immediately. An employment that with the passage time became the primary task of the navy. An armed service of the empire, capable of defending every corner of the basin in just a few days! But also a safe and rapid means of transportation for the emperor. This singular evolution, manifested immediately following the reconstitution of the Roman wartime navy toward the end of the first century B.C., provides an explanation for its subsequent activities. The proximity of the Campania bases of Lucrino and Miseno to the palace of Baia and the imperial villas of Capri becomes wholly understandable. Nevertheless, this does not minimize its continuing commitment to naval safety. As pointed out by Michel ReddĂŠ: one does not create a navy, an expensive and technical service, to police the ground. The fact that troops trained principally for warfare in an external theatre are occasionally used to re-establish internal order does not mean that the service was instituted for that purpose, considering that its loyalty is not, a priori, more certain than that of the legions which are also more suitable to such uses. This confuses the cause with the effect. If it be true that the Roman navy was a tool of personal power in the hands of some emperors, we strongly doubt that it was originally contemplated for this purpose, no more so than were the legions of the limes,
31 17. Capri. Aerial view of Villa Jovis. 18. Capri. Detailed view from above Villa Jovis.
18
32 19. Stele del classiario Cassio. Ravenna. 20. Cesare Augusto, Louvre.
21. Marco Agrippa, Venezia.
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PARTE PRIMA secolo, ma soltanto contenuta e contrastata! Anche in età imperiale, pertanto, dovette essere costantemente combattuta sul mare e lungo le coste, rigenerandosi sistematicamente dopo ogni sconfitta.5) E se ad Augusto fu ascritto il merito di aver liberato i mari dai pirati pacificando l’intero bacino, si trattò in pratica di: una pace armata, e di sicuro precaria: in molteplici occasioni, infatti, sentiamo parlare di riprese della pirateria, che, ad onta delle repressioni abbastanza rapide, costituiscono non di meno i segnali certi che la sicurezza dei mari dipendeva soltanto dall’esistenza di una flotta poderosa… .6) Compito tanto logorante e sfuggente da giustificare, pienamente, la bipartizione del chiuso bacino in due settori, affidando quello occidentale alla flotta tirrenica e quello orientale all’adriatica. Gravitando Roma ed i suoi strategici rifornimenti annonari, nell’ambito della prima, fu logico assegnare alla stessa un ruolo preminente, ulteriore conferma della permanenza di minacce navali irregolari. Quanto ad entità, la forza militare inquadrata nei ranghi della marina, che con una definizione moderna potrebbe definirsi fanteria di marina, piuttosto che truppe trasportate via mare, ammontava originariamente a due legioni. Tali unità vanno considerate di pronto impiego, di proiezione immediata, in missioni di soccorso militare in circostanze fortemente critiche: non a caso furono chiamate I e II Audiutrix. Successivamente, forse per la loro ottima preparazione, vennero dislocate altrove, verosimilmente dopo essere state sostituite da equivalenti unità in formazione. Del resto, concentrandosi la presenza militare lungo i limes, ai soldati della marina tocco farsi carico della protezione dei convogli fluviali, degli approvvigionamenti e dei commerci.
DISLOCAZIONE DELLA MARINA IMPERIALE
Istituzionalmente l’intera marina da guerra romana nell’ ultimo quarto del I sec. a.C., come accennato, venne distinta in due flotte, la prima con giurisdizione sul Mediterraneo occidentale e la seconda sull’orientale. In pratica si destinarono alla difesa della stessa Italia e delle sue rotte commerciali tirreniche ed adriatiche. Le rispettive basi navali furono insediate presso Capo Miseno e presso Ravenna. Pur fregiandosi entrambe, da Domiziano in poi,
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PART I which played an active role in the internal life of the city but whose essential and fundamental mission was not to effect coups d'etat. The intervention of the navy in the political life of the empire was limited and occasional; the fleet had other and more important functions to fulfill‌4) Among these functions, albeit sporadically and marginally, was the elimination of the last of the pirates, by now reputed to be incapable of any really serious offences. The above is valid, at least according to the official propaganda which, however, justly led to some significant perplexities. One does not maintain so many men and so many ships for such a modest and discontinuous task! On the contrary, one may presume, and there are numerous unofficial proofs of this, that the above pirates had not quite disappeared or been weakened: there were well organized raiders, certainly not worthy of the name enemy but certainly no less dangerous! Piracy, a form of organized crime that had developed along with navigation, was never completely eliminated in the Mediterranean prior to the 19th century, but was simply contained and fought! Thus even during the imperial era there must have been constant battles waged against piracy at sea and along the coast, a phenomenon that regenerated itself systematically after every defeat.5) And if Augustus was credited with ridding the sea of pirates, pacifying the entire basin, it was in truth: an armed peace, and certainly a precarious one: on many occasions, in fact, we hear of resumptions of piracy that, despite swift repressions, were certainly signs that the safety of the sea depended upon the existence of a powerful fleet‌.6) A task so strenuous and demanding as to fully justify dividing the basin into two sectors, entrusting the western half to the Tyrrhenian fleet and the eastern to the Adriatic. Gravitating around Rome and providing its strategic annual provisioning, it was logical to assign a prominent role to the former, further confirmation that there continued to be sporadic naval threats. As to its size, the military force that made up the navy, a service that by modern definition could be defined as a naval infantry, actually amounted to two legions. These were rapid reaction and immediate projection units, used for military rescue missions under fiercely difficult circumstances: it was no accident that they were called Audiutrix I and II. Subsequently, perhaps due to their excellent preparation, they were deployed elsewhere, probably after having been replaced by equivalent units. And since the military presence was concentrated along the limes, the soldiers of the navy were tasked with the protection of river convoys, supplies and commerce.
DEPLOYMENT OF THE IMPERIAL NAVY
As already stated, institutionally the entire Roman navy in the last quarter of the I c. B.C. consisted of two fleets, the first with jurisdiction over the western Mediterranean and the second over the eastern half. They were tasked with defending Italy and the commercial routes of the Tyrrhenian and Adriatic, with their respective naval bases located in Capo Miseno and in Ravenna. Though from Domitian onward both held the title of Praetorian Fleet, the Tyrrhenian was pre-eminent. Consequently its commander would be considered as the first Commander of the Imperial Navy, obviously with all the limitations inherent to such a post. From a chronological perspective the establishment of a permanent navy took place under Augustus, an undertaking accomplished primarily by Marcus
33 20
19. Funerary stele of the sailor Cassio. Ravenna. 20. Caesar Augustus, the Louvre. 21. Marcus Agrippus, Venice.
21
PARTE SECONDA -
PART II
Anonimo, 1829. Veduta notturna di un eruzione del Vesuvio di inizio ‘800.
Anonymous, 1829. Night view of an eruption of Mt Vesuvius, beginning of 19th century.
80 57. Giovan Battista Gatti, Veduta notturna dell’eruzione del Vesuvio del 1858. La scena è ripresa dalle pendici del vulcano e sullo sfondo si distingue nitidamente la penisola di Miseno. 58. Veduta aerea faro di Capo Miseno.
57
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PARTE SECONDA
ASPETTI OPERATIVI DELLA BASE DI MISENO LE TELECOMUNICAZIONI, UNA ESIGENZA DELLA MARINA
Secondo una tradizione antichissima e consolidata il promontorio di Miseno deve il suo nome allo sfortunato trombettiere di Enea, perito in quei paraggi ed ivi sepolto da qualche parte. La forma a tumulo della sua estremità, attuale Capo Miseno, sembra confermare plasticamente la vicenda. Per inciso, va osservato che la qualifica di trombettiere mal si attaglia alla effettiva specializzazione militare del personaggio, da non confondersi in alcun modo con un musicante ma, se mai, da equipararsi ad un segnalatore, ovvero ad un antesignano marconista.1) All’epoca, infatti, il suono emesso da appropriati strumenti a fiato costituiva il più efficace sistema di trasmissione a distanza degli ordini, in condizioni di scarsa o nulla visibilità. Questa curiosità toponomastica, forse molto più di una strana coincidenza, costituisce quasi il filo conduttore che, dall’inizio della sua trasformazione in base navale, lega Miseno a Roma, a Capri ed alla costa vesuviana. Ancora nel XVI secolo veniva evidenziato che dalla terrazza del tempio di Giove Anxur, sovrastante Terracina si: scopre per la sua eminenzia dalla parte di levante sino alle bocche de capre… .2) In altre parole che una direttrice ottica, lunga circa 120 km e passante fra Capo Miseno e Procida, collegava Capri con l’acropoli di Terracina collegata, a sua volta, a Roma con una seconda direttrice di altri 100 km. Forse fu proprio questo il percorso seguito dai segnali luminosi
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PART II
OPERATIONAL ASPECT OF THE BASE OF MISENO TELECOMMUNICATIONS, A NAVAL REQUIREMENT
According to a very ancient and consolidated tradition, the promontory of Miseno takes its name from Enea's unfortunate bugler who disappeared and is buried somewhere in the area. The tumulus shaped form at its extremity, the current Capo Miseno, appears to confirm this. It should be noted that the title 'bugler' is ill suited to the actual military specialization and is not to be confused with the role of a musician but rather of a communications specialist, i.e. the forerunner of radio operators.1) At the time, the sound that issued from particular wind instruments was the most effective means to broadcast orders under conditions of scarce or no visibility. This toponymic curiosity, perhaps more than a strange coincidence, is almost the guiding thread that, from the beginning of its transformation into a naval base, links Miseno to Rome, Capri and the coast of Vesuvius. In the XVI century it was pointed out that from the terrace of the temple of Giove Anxur, above Terracina: one can see from the east all the way to the entrance to Capri‌ .2) In other words, that an optical view of approximately 120 km, passing between Capo Miseno and Procida, connected Capri with the acropolis of Terracina which was in turn connected to Rome by a second line extending an additional 100 km. Perhaps this was the path followed by the light signals used by Tiberius while in Capri to maintain contact with Rome and, obviously,
81 57. Giovan Battista Gatti. The 1858 eruption of Mt. Vesuvius seen at night from the slopes of the volcano. The peninsula of Miseno is clearly visible in the background. 58. Aerial view of the Lighthouse of Capo Miseno.
58
82 59. Veduta di Capri dai Camaldoli di Torre del Greco. 60. Rarissimo esemplare di corno militare romano. 61. Terracina, tempio di Giove Anxur.
59
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO - PARTE SECONDA mediante i quali Tiberio da Capri si teneva in costante contatto con Roma ed, ovviamente, con la base di Miseno. Di certo, come accennato, sulla sommità di Capri si individuano ancora i resti di una grande torre-faro di epoca romana, utilizzata quasi certamente per quel collegamento. In particolare la turris Phari, costruita contemporaneamente alla Villa Jovis, consentiva: con messaggi luminosi (fuochi e fumate) raccolti da altri osservatorii piazzati alla punta della Campanella e a Miseno, rapide comunicazioni tra l’ isola e la costa. Posto in posizione dominante sul crinale tra i due versanti dell’isola… il faro è una massiccia costruzione quadrata di circa 12 metri di lato, alta in origine più di 20 metri, dei quali 16 sono tuttora in piedi. La struttura, a nucleo pieno, è in opera a getto di calcare rivestita da un paramento in opera laterizia; il pilastro e i resti di un arco nell’angolo nord-occidentale della costruzione, appartengono alla rampa d’accesso al primo ripiano della torre, sopra il quale doveva essere la vera e propria camera di segnala-zione… .3) Stando a Svetonio, Tiberio che soggiornò nell’isola dal 27 al 37 d.C.: stava di continuo a spiare da un’altissima rupe i segnali che aveva ordinato di fargli da lontano, per sapere quello che stava accadendo senza dover attendere dei messi.4) In pratica Tiberio aveva, in qualche modo, perfezionato il collegamento semaforico già attivato, magari in maniera rudimentale da Ottaviano Augusto, tra la sua residenza isolana la costa vesuviana e la base di Miseno, verosimilmente collegata a Roma. Appare, anzi, estremamente probabile che la linea utilizzata da Tiberio fosse appunto una diramazione di quella della Marina da Guerra tra Miseno e Roma, sulla quale già gravava il palazzo imperiale di Baia. La torrefaro crollò in seguito ad un terremoto, pochi giorni prima della morte di Tiberio. Per la sua importanza fu rapidamente fatta ricostruire, forse da Domiziano, tant’è che Stazio così la ricordava: le case dei Teléboi [mitici colonizzatori di Capri] dove un faro emulo della luna che vaga di notte, innalza la sua luce benigna a favore dei trepidi naviganti… .5) In conclusione esistono motivate ragioni per ritenere che l’insediamento della maggiore base navale dell’impero, a Lucrino prima ed a Miseno poi, sia da ascrivere non solo alla vicinanza con Baia, ma alla idoneità d’entrambi i siti al collegamento ottico con Roma via Terracina. Augusto si prodigò affinché lungo le strade militari fossero scaglionate, a brevi intervalli, giovani staffette per recapi-
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL - PART II with the base of Miseno. What is certain is that at the very top of Capri there are still the remains of a great towerlighthouse of the Roman era, used almost certainly for this type of communication. Specifically, the turris Phari, built at the same time as the Villa Jovis, permitted: by luminous messages (fire and smoke) received by other observers located at Punta della Campanella and Miseno, rapid communication between the island and the coast. Located in a dominant position on the ridge between the two sides of the island…the lighthouse is a massive square construction, about 12 meters per side, originally more than 20 meters high, of which 16 are still standing. The structure has a solid centre and is made of limestone covered by a brick surface. The pillar and the remains of an arc in the northwest corner of the construction are part of an access ramp on the first level of the tower, above which must have been located the signaling chamber… .3). According to Suetonius, Tiberius, who was on the island from 27 to 37 AD: was constantly on a very high cliff, to detect signals he had ordered sent from afar, to learn what was happening without having to wait for the messengers. 4) Tiberius had, in some manner, perfected the signaling method that had already been used, perhaps in a rudimentary manner by Octavius Augustus, between his island residence, the Vesuvian coast and the base of Miseno, probably connected to Rome. It appears extremely likely that the line used by Tiberius was a branch of the one used by the wartime navy between Miseno and Rome, upon which also rested the imperial palace of Baia. The tower-lighthouse collapsed following an earthquake, a few days before the death of Tiberius. Because it was so important it was rapidly reconstructed, perhaps by Domitian, and Statius remembers it like this: the houses of the Teléboi (mythical colonizers of Capri) where a lighthouse emulating the moon that wanders of night, raises its benign light for the benefit of navigators… .5) In conclusion, there are valid reasons to believe that the settlement of the greatest naval base of the empire, first in Lucrino and then in Miseno, may be attrib-
83 60
59 Capri from the Camaldoli Hills of Torre del Greco.
60. Highly rare example of a Roman military horn. 61. Terracina. Temple of Jupiter Anxur.
61
334
INDAGINE SULLA SCOMPARSA DI UN AMMIRAGLIO
INDICE PRESENTAZIONE................................................. p. PREFAZIONE....................................................... p.
5 7
PREMESSA.......................................................... p. 11
PROLOGO: Dal Sarno al Tevere
Alba del 25.08.0079 alla foce del Sarno....................... p. Mattino del 20.09.1900, presso la foce del Sarno............ p. Roma 2004, Museo dell’Arte Sanitaria......................... p.
16 18 22
Criteri d’impiego della Marina Imperiale...................... p. Dislocazione della Marina Imperiale........................... p. La penisola di Miseno.............................................. p. Il Portus Iulius....................................................... p. Il porto di Miseno.................................................... p. Da riparo per barche a prima base navale...................... p. Dov’era l’abitazione di Plinio.................................... p. La Piscina Mirabilis................................................ p. Il faro di Miseno..................................................... p. NOTE PARTE PRIMA.................................................. p.
28 32 34 38 44 44 52 62 66 76
Le telecomunicazioni, una esigenza della Marina........... p. Accenni delle fonti ai sistemi di telecomunicazione........ p. I sistemi di comunicazione a distanza........................... p. Telescrittore sincrono e telegrafo ad aste....................... p. La Turris Octaviae.................................................. p. Praetoria Classis Misenensis..................................... p. I Soldati di Miseno.................................................. p. Onorificenze e ricompense militari romane................... p. NOTE PARTE SECONDA............................................... p.
80 84 88 92 98 106 108 114 120
Tecnologia e Marina da Guerra................................... p. Il motore della Flotta: vogatori e remi.......................... p. Distinzioni tipologiche e strutturali............................. p. Classe delle navi di Miseno....................................... p. Dettagli costruttivi delle navi da guerra Romane............. p. Congegni e strumenti nautici..................................... p. Congegni e tattiche di combattimento.......................... p. Le torri per l’artiglieria navale.................................... p.
126 130 134 142 146 152 156 160
PARTE PRIMA: La Flotta Pretoria di Miseno
PARTE SECONDA: Aspetti Operativi della base di Miseno
PARTE TERZA: Navi e Tecnologia
L’artiglieria navale.................................................. p. Le armi sperimentali................................................ p. NOTE PARTE TERZA.................................................. p.
166 172 182
Il soldato e l’intellettuale...........................................p. Lo storico e il dissidente............................................p. Il rientro sotto Vespasiano..........................................p. Singolarità del metodo di Plinio..................................p. Spiegazioni ed interpretazioni.................................... p. Ammiraglio e martire della Scienza.............................p. NOTE PARTE QUARTA.................................................p.
186 192 194 198 202 206 212
Il perdurare del ricordo............................................. p. Le ville marittime vesuviane...................................... p. Ercolano, Pompei, Stabia ed Oplonti............................p. La linea di costa romana............................................p. Le avvisaglie della tragedia....................................... p. NOTE PARTE QUINTA................................................. p.
216 224 230 234 246 254
Il 24 ed il 25 Agosto di Plinio.....................................p. Connotati del fenomeno............................................ p. Consecutio Temporum.............................................. p. Enigmatica richiesta, enigmatica mittente..................... p. L’ultimo viaggio di Plinio..........................................p. Sulla spiaggia di Stabia.............................................p. La barca di Ercolano................................................ p. Sulla spiaggia di Ercolano......................................... p. NOTE PARTE SESTA................................................... p.
258 268 272 278 284 288 294 298 304
Gli scavi dell’Ing. Matrone........................................p. Ipotesi assurda o identificazione incerta?...................... p. Un’altra coincidenza................................................ p. NOTE EPILOGO.........................................................p.
308 318 326 330
PARTE QUARTA: L’Ammiraglio Gaio Plinio Cecilio Secondo
PARTE QUINTA: Ai Piedi del Vesuvio
PARTE SESTA: L’Operazione di Soccorso
EPILOGO: Gli Scavi dell’Ing. Matrone
FONTI ICONOGRAFICHE......................................p. 332
BIBLIOGRAFIA.................................................... p. 333
INDICE................................................................ p. 334
INQUIRY ON THE DEATH OF AN ADMIRAL
335
INDEX PRESENTATION................................................... p. PREFACE............................................................ p.
5 7
FOREWORD........................................................ p. 11 PROLOGUE: From the Sarno to the Tiber
Dawn, 25 August 79 AD, the Mouth of the Sarno River... p. Morning of 20 August 1900, near the mouth of the Sarno..... p. Rome, 2004, Museum of Medical Arts......................... p.
17 19 23
Deployment Criteria of the Imperial Navy.................... p. Deployment of the Imperial Navy............................... p. The Peninsula of Miseno........................................... p. The Portus Iulius..................................................... p. The Port of Miseno.................................................. p. From Boat Shelter to First Naval Base......................... p. Where was Pliny’s house?......................................... p. The Piscina Mirabilis.............................................. p. The Lighthouse of Miseno......................................... p. NOTE PART I........................................................... p.
29 33 35 37 45 45 53 63 67 77
Telecomunications, a Naval Requirement..................... p. Data on information systems provided by sources........... p. Long distance communication systems......................... p. Synchronous telewriter and pole telegraph.................... p. The Turris Octaviae................................................. p. Praetoria Classis Misenensis..................................... p. The Soldiers of Miseno............................................. p. Awards and decorations............................................ p. NOTE PART II.......................................................... p.
81 85 89 95 99 107 111 115 121
Wartime Navy and technology................................... p. The motors of the Fleet: rovers and oars....................... p. Typological and structural distinctions......................... p. Ship classes of Miseno............................................. p. Construction details of Roman warships....................... p. Nautical tools and devices......................................... p. Combat tactics and mechanisms................................. p. Turrets for naval artillery.......................................... p.
127 131 135 143 147 151 155 161
PART I: The Praetorian Fleet of Miseno
PART II: Operational Aspect of the Base of Miseno
PART III: Ships and Technology
Naval artillery........................................................ p. Exeperimental weapons............................................ p. NOTE PART III......................................................... p.
167 173 183
The soldier and intellectual........................................ p. The historian and the dissident................................... p. Return under Vespasian............................................ p. The uniqueness of Pliny’s method............................... p. Explanations and interpretations................................. p. Admiral and martyr of Science................................... p. Note Part IV........................................................... p.
187 193 195 198 201 205 213
A lasting memory.................................................... p. Vesuvians seaside villas............................................ p. Ercolano, Pompeii, Stabia and Oplonti......................... p. The roman coastline................................................. p. Forewarning of the tragedy........................................ p. NOTE PART V.......................................................... p.
217 225 233 237 247 255
Pliny’s 24 and 25 August........................................... p. Characteristics of the phenomenon.............................. p. Consecutio Temporum.............................................. p. Enigmatic request, enigmatic requestor........................ p. Pliny’s final voyage................................................. p. On the beach of Stabia.............................................. p. The boat of Ercolano................................................ p. On the beach of Ercolano.......................................... p. NOTE PART VI......................................................... p.
259 267 273 281 287 289 293 301 305
The excavations of Ing.Matrone.................................. p. Absurd theory or uncertain identification?..................... p. Another coincidence?............................................... p. NOTE EPILOGUE....................................................... p.
309 319 327 331
PART IV: Admiral Gaius Plinius Cecilius Secondus
PART V: At the foot of Mt. Vesuvius
PART VI: Rescue Operation
EPILOGUE: The excavations of Ing. Matrone
ICONOGRAPHIC SOURCES................................... p. 332
BIBLIOGRAPHY................................................... p. 333 INDEX................................................................. p. 335