FLAVIO RUSSO - FERRUCCIO RUSSO
POMPEI LA TECNOLOGIA DIMENTICATA
Edizioni Scientifiche e Artistiche
S IT ECO AL N IA D N A O ED - E IZ N IO GL N IS E H
CENNI DI TECNICA TRA LE PAGINE DI UN AMMIRAGLIO
FLAVIO RUSSO - FERRUCCIO RUSSO
POMPEI LA TECNOLOGIA DIMENTICATA The Forgotten Technology
CENNI DI TECNICA TRA LE PAGINE DI UN AMMIRAGLIO
Glimpses of Technology in the pages of an Admiral
ESA - EDIZIONI SCIENTIFICHE NAPOLI 2007
E
ARTISTICHE
I edizione: Componente Marittima del Comando Alleato - Napoli, dicembre 2007 II edizione: ESA -Edizioni Scientifiche e Artistiche, dicembre 2007 Testi e ricerche storiche: Flavio Russo Ricostruzioni virtuali, progetto grafico e copertina: Ferruccio Russo Tavole tecniche ortogonali: Gioia Seminario Traduzione: Jo Di Martino I diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, archiviata anche con mezzi informatici, o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico, con fotocopia, registrazione o altro, senza la preventiva autorizzazione dei detentori dei diritti. All rights riserved. No part of this publication may be reproduced, stored in a retrieval system, or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording or otherwise, without the prior permission of the copyright owner. ISBN 978-88-95430-05-8
E.S.A.
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Edizioni Scientifiche e Artistiche
Š 2007 Proprietà letteraria artistica e scientifica riservata www.edizioniesa.com info@edizioniesa.com
all’Ammiraglio ed alla sua Fortuna
to the Admiral and his Fortuna
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PRESENTAZIONE - PRESENTATION La maggior parte degli storici – scriveva il Comandante Alfred Thayer MAHAN nel 1890 nel libro “L’influenza del Potere Marittimo nella storia” – non ebbe mai soverchia dimestichezza con le cose marittime. Ma anche egli trascurava un aspetto fondamentale delle Marine e cioè l’influenza che esse hanno sempre esercitato nella evoluzione delle conoscenze scientifiche e delle conquiste tecnologiche. E’ infatti indubbio che le marine hanno svolto un ruolo primario anche se spesso sottaciuto e dimenticato, nel consolidamento del concetto stesso di progresso. Questo è particolarmente vero per il Mediterraneo nel cui ambito, sin dall’antichità, si svilupparono i più intensi scambi commerciali e culturali tra i diversi popoli che vi si affacciano, con un’influenza massima sul resto del mondo a quel tempo conosciuto al momento del consolidamento dell’impero romano. D’altra parte, al pari di tutte le infrastrutture di scambio anche il Mediterraneo fu luogo di razzia e di grassazione, nella fattispecie la pirateria. Paradossalmente, proprio quando la marina da guerra imperiale romana non ebbe più flotte nemiche da contrastare iniziò per lei l’incessante e non meno impegnativo compito di garantire la sicurezza delle rotte mercantili per il contrasto di ogni attività e traffico considerato illegale. Per oltre tre secoli le unità della Flotta Romana, con base principale a Miseno, incrociarono su tutti i mari conosciuti senza interruzione di continuità. Da Gibilterra al Mar Nero, dal Mar Adriatico al Mar Rosso e Arabico, ogni specchio d’acqua, ebbe assicurata la sua sicurezza grazie ad una continua vigilanza garantita dalla combinazione di un capillare sistema di comunicazione e di avvistamento costiero e dalle caratteristiche più avanzate di cui godevano le navi di Roma nei confronti di tutte le altre unità militari. L’area in cui quella flotta operava coincide, in buona sostanza, con quella in cui oggi si concentra l’interesse e le attività dall’Operazione Active Endeavour, che ha quale missione il contrasto della minaccia terroristica nelle acque internazionali del mediterraneo. Analoga coincidenza si osserva tra la sede del comando della flotta Pretoria con quella di Nisida sede del Comando della Componente Marittima delle Forze Alleate. In ambito marittimo da sempre, il termine sicurezza si presta ad una certa ambiguità d’interpretazione potendosi riferire, in tutte le possibili combinazioni, alla nave ed alle sue rotte ma anche al modo di preve-
The majority of historians – wrote Commander Alfred Thayer Mahan in 1890 in his book “The influence of Sea Power Upon History” – have generally been unfamiliar with the sea. But even he neglected one fundamental aspect of the Navy and that is the influence it has had in the evolution of scientific knowledge and technological conquests. There is no question that the Navy has played a primary, though often suppressed and even forgotten, role in the consolidation of the very concept of progress. This is particularly true for the Mediterranean, where ever since antiquity, the people that lived along its coasts furthered the most intense commercial and cultural exchange ever developed, with maximum impact on the rest of the known world at a time in which the Roman Empire was at its peak. At the time the Mediterranean, like all exchange infrastructures, was the setting for raids and thievery piracy in particular. Paradoxically, in a period in which the wartime navy of Imperial Rome found itself with no more enemy fleets to combat, it became necessary for it to undertake the unceasing and certainly no less difficult task of ensuring the safety of merchant routes by combating illegal trade and other activities. For over three centuries, the ships of the Roman fleet, with their principal base in Miseno, navigated all the known seas without interruption. From Gibraltar to the Black Sea to the Red Sea and the Arabian Sea, all waterways were made safe thanks to the constant vigilance provided by the combination of a capillary system of coastal communication and sighting and the numerous features with which Roman ships were equipped and that were more technologically advanced than those of any other military unit. The area sailed by the Roman fleet coincides, for the most part, with the waters in which we have today concentrated the activities of Operation Active Endeavour, an operation tasked with combating terrorist threats in the international waters of the Mediterranean. Coincidence again that the headquarters of the Praetorian Fleet was located in Nisida, now the site of the headquarters of the Allied Maritime Component. In the maritime context, the term safety has always lent itself to a certain ambiguity of interpretation as
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nire o contrastare le offese nemiche e alla ricerca del modo migliore per minimizzare gli effetti dei rischi ambientali cui sono esposti i mezzi navali. Questa distinzione e le relative esigenze di salvaguardia sono ben evidenziate dall’uso di due termini di safety e security presenti nella lingua inglese. Ovvio, pertanto, che per soddisfare questa duplice esigenza si siano da sempre sfruttate le più avanzate tecnologie applicandole secondo modalità sempre innovative. Il più recente esempio di stretto legame tra una esigenza di sicurezza da soddisfare, una possibile soluzione tecnologica da adottare ed un modo innovativo di applicarla all’ambiente marittimo, è rappresentato dal Automatic Identification System. Esso rappresenta l’equivalente marittimo del sistema di identificazione utilizzato dagli aeromobili civili, e da poco obbligatoriamente imbarcato su tutte le navi mercantili di stazza superiore alle 300 tonnellate. Questo sistema ha fatto fare un grosso passo in avanti all’operazione Active Endeavour passato da “Platform based” a “Network based”. Collegato alla catena GPS (Global Positioning System – sistema di posizionamento su base satellitare, a copertura globale e continua, gestito dal dipartimento della difesa statunitense), l’AIS fornisce in tempo reale i dati di posizione e gli elementi circa l’identità dell’unità su cui è installato. Queste informazioni, relative a circa 7000 navi al giorno che si muovono in Mediterraneo, vengono poi analizzate e valutate automaticamente attraverso un sistema esperto definito come Maritime Safety and Security Information System. I software dell’MSSIS forniscono in tempo reale allarmi circa ogni eventuale comportamento sospetto, focalizzando su di essi l’attenzione delle unitá aeromarittime NATO. Il sistema quindi agisce, con effetto moltiplicatore sulle capacità di sorveglianza del Comando di Nisida, riproponendo, dopo 2000 anni, su base elettronica, il sistema di avvistamento utilizzato dai romani. A partire da questa applicazione tecnologica inizialmente finalizzata ad esigenze di “safety”, l’Oper-azione Active Endeavour ha rappresentato il banco di prova per realizzare in campo marittimo e nella esecuzione di una operazione reale, quello che nella NATO è definita come la “trasformation” ovvero la capacità di innovare profondamente l’intero processo a partire dal modo con cui una operazione viene concepita e realizzata in tutti i suoi aspetti. E quindi, anche circa le modalità di impiego dei mezzi di superficie, subacquei ed aerei. Ciò, senza escludere la stessa organizzazione della Centrale Operativa Marittima del Comando della Componente Marit-tima delle Forze Alleate di Napoli in cui per la prima volta, il personale delle “Operazioni” lavora accanto a quello della branca “Informazioni” e “Intelligence”.
this word may refer, in all its possible combinations, to the ship and its routes but also to the means to prevent and combat enemy offences and to the search for the most effective means to minimize the environmental risks to which ships are exposed. This aspect and its associated needs of defence are well highlighted by the use of two words in English - safety and security. It is obvious that in order to fulfil this dual need, the most advanced technologies have always been used and applied in accordance with always more innovative methods. The most recent example of the close link between a need for security, a possible technological evolution and an innovative way to apply it to the maritime environment is the Automatic Identification System. This is the maritime equivalent of a system of identification used by civilian aircraft and that has recently become mandatory on all merchant ships with a rating greater than 300 tons. The same system that has allowed Operation Active Endeavour to take a giant step forward from ‘Platform based’ to ‘Network based’. Connected to the Global Positioning System – a satellite based positioning system with global and continuous coverage managed by the U.S. department of Defence - the AIS provides real time position data and information identifying the ships on which it is installed. The information comes from approximately 7,000 ships sailing daily in the Mediterranean. Once received it is analysed and evaluated automatically by another expert system called Maritime Safety and Security Information System. The MSSIS software provides real time alerts regarding any suspicious conduct, allowing NATO ships to concentrate their attention on a particular ship. The system has a multiplier effect on the surveillance capabilities of the Nisida headquarters, re-proposing an electronic version of a sighting system used by the Romans 2,000 years ago. Beginning with this technological application initially intended for “safety” purposes, Operation Active Endeavour has become the test bench for achieving what is defined within NATO as a “transformation” in the execution of a real operation in the maritime sector. The transformation is the capacity to thoroughly innovate the entire process, starting with the way in which an operation is conceived and carried out in all its aspects, including the different ways of using surface, underwater and air craft and without neglecting the organisation of the Maritime Operational Center of the Allied Forces Headquarters Naples Maritime Component Command where, for the first time, personnel assigned to ‘Operations’ works closely with personnel from the ‘Information’ and ‘Intelligence’ branches.
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Dal suo avvio nell’ottobre del 2001, l’operazione Active Endeavour ha continuato ad evolversi con progressi sostanziali in tutti i settori e con un sempre più ampio coinvolgimento di nazioni non-NATO. Oggi coinvolge anche quattro nazioni partner, Russia, Ucraina, Israele ed Albania, le quali hanno formalmente accettato di fornire supporto all’attività NATO mediante lo scambio di informazioni e/o con l’apporto di Unità militari di superficie. In totale, oltre 30 nazioni forniscono dati aggiornati al sistema MSSIS, parte dei quali provenienti da sistemi basati a terra e parte forniti da unità di superficie, aeree e subacquee appartenenti a Paesi che si affacciano sull’oceano Pacifico, Atlantico ed Indiano. Questo secondo volume della serie “Pompei”1, destinato a raggiungere un altrettanto ampio pubblico internazionale, ci propone con grande efficacia ciò che della tecnologia, i cui sviluppi almeno in parte ancor oggi ci avvaliamo, ebbe origine sulle Unità della flotta romana e soprattutto ben si presta a rappresentare lo sforzo dell’uomo in tutti i tempi per rendere il mare ed il suo utilizzo più sicuro. Il testo e le immagini tracciano un quadro accurato ed avvincente di un gran numero di innovazioni tecnologiche scaturite in quel contesto e per quelle finalità. Con grande originalità Flavio e Ferruccio Russo, sollecitando la nostra curiosità su quegli apporti della tecnologia navale almeno in parte dimenticati, li hanno organizzati facendo riferimento ai quattro elementi fondamentali: fuoco, aria, terra ed acqua ai quali gli Antichi attribuivano l’origine dell’universo. Molti di quegli apporti sono ancora una realtà imprescindibile della nostra quotidianità. Il fenomeno essendo simile a quanto accaduto per il linguaggio, rende sensato considerare quest’opera una sorta di dizionario etimologico della tecnologia, con i suoi riscontri più significativi preservati dal Vesuvio nel 79 A.D. Dopo aver letto questo libro sarà più facile per tutti ravvisare nelle esigenze della navigazione uno dei maggiori stimoli al progresso tecnologico. Ma sarebbe grave errore considerarlo limitato al solo scopo della Difesa, essendo in ultima analisi la inderogabile ricerca della Sicurezza, in tutte le sue accezioni, il primario bisogno dell’Umanità.
Since it began in October 2001, Operation Active Endeavor has continued to evolve and to make substantial progress in all sectors, with an increasingly greater involvement of non-NATO nations. The Operation currently involves even four of our partner countries, Russia, Ukraine, Israel and Albania, all of which have formally accepted to provide support to NATO activities through the exchange of information and/or military surface units. A total of over 30 nations provide updated data to the MSSIS system, some issuing from land based system while other data are provided by the surface, air and underwater units belonging to countries that give onto the Pacific, Atlantic and Indian oceans. This second volume of the series ‘Pompeii’1, intended to reach as wide an international public as the first, focuses very effectively on a technology whose effects are still, at least in part, felt today. A technology initiated by ships of the Roman fleet and that represents man’s constant efforts to ensure the safety of the sea. The text and the images trace an accurate and fascinating picture of a great number of technological innovations conceived within that context and for that specific purpose. With great originality Flavio and Ferruccio Russo stimulate our curiosity regarding those contributions of naval technology that have in part been forgotten, organising them into the four fundamental elements of fire, air, earth and water to which the Ancients attributed the origin of the universe. Many of those contributions are still an indispensable reality of our daily lives. A phenomenon very similar to the evolution of language, making it logical to consider this work as a sort of etymological dictionary of technology, with its most significant corroboration preserved in the artefacts buried by Vesuvius in 79 A.D. After reading this book it will be obvious to all that the requirements of navigation were among the greatest stimuli to technological progress. But it would be a serious error to consider such needs and results to be limited only to the field of Defence, for in the final analysis it is the irrefutable search for Security, in all its meanings, that has always been and remains the primary need of humanity.
Roberto Cesaretti
Roberto Cesaretti
Ammiraglio di Squadra Comandante - Componente Marittima del Comando Alleato Napoli
Vice Admiral Commander - Allied Maritime Component Command Naples
1 - 79 d.C. Rotta su Pompei - indagine sulla scomparsa di un Ammiraglio - dicembre 2006.
1 - 79 A.D. Course for Pompeii - inquiry on the death of an Admiral- december 2006.
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PREFAZIONE - PREFACE Flavio e Ferruccio Russo, dopo i loro ultimi volumi sulla tecnologia militare dell’antichità e sulle vicende della morte di Plinio il Vecchio sul litorale stabiano durante la tragica eruzione del 79 d. C., su alcuni aspetti dei quali abbiamo da tempo collaborato, pubblicano ora, con una splendida veste editoriale e un ricchissimo appartato iconografico, che comprende le puntuali ricostruzioni di Ferruccio Russo, una organica opera sulla tecnologia greca e romana, quale non era mai stata finora neppure tentata in Italia. Infatti, per comprendere quale fosse lo sviluppo tecnologico dell’età classica si era costretti a rivolgersi o a sintetici, e talvolta erronei, lavori realizzati in occasione della Mostra Augustea della Romanità, in epoca fascista, o ad opere di carattere generale, oppure a contributi e volumi vari in francese, inglese e tedesco su specifici aspetti, oppure a recenti sintesi assai sommarie e poco illustrate. Quale sia l’interesse del pubblico e degli studiosi per tali problematiche è dimostrato dall’interesse e dal successo suscitati da mostre recenti come quella Homo faber presso il Museo Archeologico nazionale di Napoli e quella sulla tecnologia militare romana ad Isernia e Altilia-Sepino, nonché ai recenti Convegni e pubblicazioni in Francia e Germania. La stessa divisione della materia trattata nei 4 elementi empedoclei dimostra quanto Roma debba alla scienza greca, e che i Romani abbiano per lo più applicato su più vasta scala e con fini diversi principi e acquisizioni già maturati nella Grecia classica ed ellenistica. Per la prima volta i testi letterari tecnici pervenuti sono messi in stretta relazione con la documentazione archeologica ed iconografica, e il campionario dei soggetti esaminati è assai vasto e approfonditamente esaminato. Le cognizioni e le realizzazioni tecnologiche dei Greci e dei Romani stupiranno il lettore di questo libro, non tanto perché esse non siano state ormai superate dalla scienza moderna, in continua evoluzione, ma perché in esse egli vedrà le radici della nostra storia e della nostra civiltà. Il punto di vista di un esperto in vari campi garantisce una chiara e corretta divulgazione, e sono certo che i lettori apprezzeranno questo sforzo nel con-
Following their latest books on the military technology of antiquity and the death of Pliny the Elder on the Stabian coast during the tragic eruption of 79 A.D., on some aspects of which I have collaborated, Flavio and Ferruccio Russo now issue a splendid new publication rich in images and replete with detailed reconstructions by Ferruccio Russo. A systematic presentation of Greek and Roman technology never before attempted in Italy. Indeed, in order to understand the technological development of the Classical Era, scholars have frequently been obliged to make use of summary and at times erroneous works from the Augustan Exhibition of Roman Life and Culture of the Fascist era, generalised studies, the various books written in French, English and German on specific aspects or recent summaries and little illustrated abstracts. The extent of the interest of the public and scholars in these issues is proven by the great success of such recent exhibits as Homo faber at the National Archaeological Museum of Naples and the exhibit on Roman military technology held in Isernia and Altilia-Sepino, as well as recent Conferences and publications in France and Germany. Dividing the subject matter into the 4 Empedoclean elements demonstrates the extent of Rome’s debt to Greek science, and the fact that the Romans applied on a vaster scale and for different reasons the principles and knowledge accrued during the Greek Classical and Hellenic period. For the first time the technical literary texts that have come down to us are closely correlated with archaeological documents and images, and the number of items examined is extremely vast and thoroughly scrutinized. The technological knowledge and achievements of the Greeks and the Romans will astound the readers of this book, not because they have not been surpassed by our modern and continuously evolving science, but because they reveal the roots of our history and our civilisation. The perspective of an expert in many fields ensures a clear and correct disclosure, and I am certain that the reader will appreciate this effort that is simultaneously an analysis and a summary of a vast and highly difficult subject matter that to date has
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tempo di analisi e di sintesi di una materia così vasta e difficile, e finora non sufficientemente indagata, e credo accoglieranno questa opera con lo stesso favore ed entusiasmo col quale io l’ho vista concepire e crescere, l’ho discussa con gli amici Autori, ed ora la presento.
not been sufficiently researched. I believe that same reader will respond to this work with the same favour and enthusiasm with which I have seen it conceived and progress, discussed it with my friends the Authors and that I am now proud to introduce.
Mario Pagano
Mario Pagano
Soprintendente per i Beni Archeologici del Molise Professore alle Università del Molise e Suor Orsola di Napoli
Superintendent of Archaeological Assets for the Molise Region Professor University of the Molise and Suor Orsola - Naples
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PREFAZIONE - PREFACE Non posso cominciare a scrivere queste poche righe senza dire con chiarezza che mi sono sentito onorato dalla richiesta degli Autori di scriverle; se avrete la pazienza di leggerle fino alla fine, il motivo sarà evidente. Da alcuni anni sento l’esigenza di parlare agli allievi che frequentano le mie lezioni, di almeno un po’ di Storia dell’Ingegneria. Non credo si possa avere una “cultura tecnica” se si ignora quanto è stato fatto nel campo da coloro che ci hanno preceduto. La cultura, in qualunque campo, consiste nel comprendere e non solo nel saper fare. Dunque credo fermamente sia necessario sapere come nei secoli si è arrivato a comprendere un fenomeno ed a concepire una applicazione di quanto si era compreso; credo poi sia doveroso insegnarlo alle nuove leve di studiosi e trasmettere loro il gusto per le realizzazioni tecniche del passato. Ebbene: questo libro risponde magnificamente a questa esigenza. Viviamo in un tempo nel quale si è facilmente portati a credere che la nostra generazione abbia inventato e scoperto quasi tutto, gli Autori ci mostrano che non è così. Allora lasciamoci guidare dagli Autori in questo viaggio particolare. Nel leggere ci stupiremo nell’apprendere quanto fossero geniali gli scienziati/ingegneri/artigiani di due millenni or sono, e di come avessero brillantemente risolto tanti problemi con i mezzi a loro disposizione. Poi apprenderemo di realizzazioni la cui concezione è di una modernità sorprendente e molti di noi dovranno ricredersi sulle idee che probabilmente avevano del passato. Per la mia formazione professionale, dovrei forse dire che ho trovato particolarmente interessante la parte che riguarda i meccanismi e le macchine; ma non è stato così: ogni argomento è stato interessante e mi ha stupito. Molto piacevolmente stupito: questa è la espressione esatta; non solo dal punto di vista tecnico-scientifico perché in questo lavoro c’è di più. Non voglio anticipare nulla di quanto leggerete ma desidero citare una frase degli Autori che mi è particolarmente piaciuta: L’avanzamento in conclusione non deve immaginarsi per scatti improvvisi di cervelli singolari: non è mai esistito nella storia dell’umanità un unico genio, inventore di tutto, ma una sterminata teoria di artigiani e di ingegneri, di filosofi e di scienziati, di perfezionatori e di sperimentatori testardi che, non
I cannot begin to write these few lines without first stating clearly and unequivocally how very honoured I feel to have been asked to do so by the Authors. If you have the patience to read to the end the reason will be obvious. For several years I have felt the need to speak of the History of Engineering to the students who attend my classes, for I do not believe that one can have a “technical culture” if we ignore what has been accomplished in this field by those who have preceded us. Culture, in any field, requires comprehension, not simply knowing what to do. I firmly believe that it is necessary to learn how our ancestors comprehended a phenomenon and how they conceived its application once understood. I also consider it crucial to teach this to the new generation of students and to convey enthusiasm for the technical achievements of the past. This book fulfils that need magnificently. We live at a time in which it is easy to believe that our generation invented almost everything, yet the Authors prove that such is not so as they guide us along a very special journey. In reading this book we will be astounded to learn of the ingeniousness of the scientists/engineers/artisans of two thousand years in the past and how brilliantly they resolved so many problems with the means available to them. We will also learn of achievements and innovations of a surprising modernity and many of us will probably have to change our ideas of the past. Because of my professional training, I should perhaps be saying that I found the section on mechanisms and machines to be the most interesting. But such is not the case, for I found every topic to be interesting and surprising – pleasantly surprising. That is the correct expression. And not only from a technical and scientific viewpoint for this book encompasses much more. I do not wish to anticipate what you will read in this volume but I do want to cite one phrase of the authors that I particularly like: Progress cannot be considered as sudden unexpected spurts of individual brains: such a genius, the inventor of all, has never existed in the history of humanity. What did exist was a limitless procession of artisans and engineers, philosophers and scientists, perfectors and stubborn experimenters who did not
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INTRODUZIONE
fermati dalle innumerevoli sconfitte ma esaltati dai rari successi, hanno costruito, giorno dopo giorno la nostra odierna comoda realtà. E continuano a farlo con il medesimo entusiasmo. Gli Autori, io credo, parlano anche di se stessi e della loro passione per le loro ricerche; questo è il senso del libro e questo è quello che, in sintesi, occorre trasmettere ai giovani se vogliamo che la loro preparazione sia cultura piuttosto che erudizione. Uno degli Autori di questo libro è un’ingegnere che mi ha insegnato parecchie cose, una di quelle che mi è piaciuta di più è stata quella che “ingegnere” deriva da una radice sanscrita che ha il significato di “generare, dar vita”. Non c’è dubbio che questo libro sia un parto degli Autori e nel senso più bello di questo termine: Essi hanno profuso nelle pagine la loro passione ed il loro amore per quello su cui svolgono le loro ricerche e di cui ci raccontano. Anche competenza, certo, su questo non c’è dubbio ma, più ancora, passione ed amore. Allora: giudicare da un punto di vista tecnico il loro lavoro e presentarlo è relativamente facile, ma farlo per l’altro aspetto è impossibile. Per gli aspetti tecnici e per quanto si può apprendere, il libro ha, immagino, un prezzo di copertina; per le altre cose, gli Autori ci chiedono di accettare questo loro dono…
waver when faced with defeat but were inspired by the rare successes that would lead to our modern, comfortable reality. And that continue to do so with the same enthusiasm. I believe the Authors are also speaking of themselves and of their passion for the studies they have undertaken. This is the true significance of this book and this is what should be transmitted to the young if we wish their education to be one of culture rather than of erudition. One of the Authors of this volume an engineer who has taught me many things, including the fact that the word “engineer” comes from the Sanskrit term for “to generate, to give life”. There is no doubt that this book was ‘conceived’ by the authors in the truest sense of the word, for it is imbued with a passion and love of the history they recount. There is competence also, certainly, but it is the passion and love that stand out. To judge their work from a technical perspective is relatively simple. To do so from that other, more obvious aspect, is impossible. Concerning the technical aspects and what we can learn, I imagine the book has a cover price. As for the rest, the Authors ask that you accept their gift …
Cesare Rossi
Cesare Rossi
Ordinario di Meccanica Applicata alle Macchine Facoltà di Ingegneria - Università di Napoli “Federico II”
Professor of Applied Mechanics Faculty of Engineering - University of Naples “Federico II”
INTRODUCTION
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PREMESSA - FOREWORD Nella precedente ricerca, tesa a ricostruire le ultime ore dell’ammiraglio Plinio il Vecchio, sono affiorate alcune incongruenze nella lettera del nipote. Dalle sue parole, ad esempio, sembrerebbe implicito l’impiego di telegrafi ottici e, più in generale, di una tecnologia avanzata ma ignorata dalla coeva pubblicistica. Non mancano, però, le sue tracce ed allusioni proprio nelle pagine del grande naturalista, ovviamente rievocate con l’abituale laconicità che i Romani riservavano all’argomento. Per loro quasi una sorta di tabù culturale, come lo è stato per noi fino a non molto tempo fa ogni riferimento alla sessualità, scritto o iconico. Da tale strana reticenza ha preso l’avvio questa nuova indagine, tesa ad accertare l’effettivo livello tecnologico vigente all’avvento dell’Impero. Gli ambiti archeologici in Italia abbondano, eppure nessuno è parso valido allo scopo, ad eccezione di Pompei ed Ercolano, e non per l’abbondanza dei reperti che ci hanno restituito ma per la modalità della loro perdita. A differenza di qualsiasi altro sito dove ciò che torna alla luce è soltanto ciò che venne abbandonato, o perché ormai rottame o perché ormai giubilato e comunque non senza l’asportazione di quanto ancora riciclabile, ai piedi del Vesuvio riaffiora la quotidianità nella sua interezza. Da oltre due secoli, le pazienti mani degli scavatori hanno dissepolto una vastissima testimonianza della vita dei Romani, interrottasi tragicamente quanto improvvisamente. Un immenso repertorio di utensili, di attrezzi, di congegni e di impianti finito, in poche ore, dalla pienezza dell’uso alla fossilizzazione nelle scorie vulcaniche. Variante umana ed urbana dell’inglobamento nell’ambra di tanti insetti o nel ghiaccio di tanti mammiferi. Nella fattispecie fossili guida di una tecnologia dimenticata e cancellata. Per evitare il rischio, sempre in agguato per ricerche del genere, di ravvisare realtà tecniche anacronistiche si è ricorso a un triplice vaglio. L’interpretazione di qualsiasi reperto non è stata considerata probante senza una menzione, sia pur laconica, nelle fonti e nelle raffigurazioni. Tre livelli di riscontri, archeologico, letterario e iconico per non cadere nella fantarcheologia. Flavio Russo
In the previous study reconstructing the final hours of the Admiral, Pliny the Elder, certain inconsistencies became apparent in the letter of his nephew. His words, for example, appear to imply the existence of optical telegraphs and in general of an advanced technology ignored by other writings of the period. However, there is no dearth of clues and allusions in the pages of the great naturalist himself, obviously mentioned with the habitual brevity the Romans reserved to such a topic. For the Romans considered technology almost a cultural taboo, just as we considered any reference to sexuality, in writing or images, until very recently. It was this peculiar reticence that stimulated this new inquiry, intended to ascertain the actual technological level that existed upon during the Empire. Archaeological contexts in Italy abound, yet none seemed to be germane to the purpose with the exception of Pompeii and Herculaneum, and not, as one might think, because of the abundance of relics and remains uncovered but for the manner in which they vanished. Contrary to other sites where the items brought to light are objects discarded or considered obsolete with anything that might still be recycled, removed, the items that emerged from the foot of Mt. Vesuvius bear witness to a fullness of daily life. For more than two centuries, the patient hands of excavators have unearthed an immense testimony of the daily life of the Romans, a life that was tragically and abruptly interrupted. A vast repertory of utensils, tools, devices and systems that within the space of a few hours was fossilised by volcanic lava and ashes. A human and urban variant of the many insects petrified in amber or mammals immobilized within ice. In this particular instance, fossils guiding us toward a technology forgotten and cancelled. To avoid the ever present risk of all research, that of perceiving anachronistic technical realities, we have recurred to triple confirmation. The interpretation of any relic was not considered authentic without a mention, even a cursory one, in sources and images. Three levels of proof - archaeological, literary and iconic - to preclude any risk of fictional archaeology. Flavio Russo
INTRODUZIONE -
INTRODUCTION
Il Cavallo di Troia, Vaso Funebre, c. 670 a.C., Museo Archeologico di Mykonos, Grecia.
The Trojan horse of Odysseus, Burial Urn, c. 670 BC, Archaeological Museum of Mykonos, Greece.
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INTRODUZIONE
1. Alfred Nobel.
LA SCINTILLA DIVINA COSTRUZIONE E DISTRUZIONE: IL RUOLO DEL MARE
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Il Mediterraneo è ritenuto il vero catalizzatore della civiltà occidentale e della sua evoluzione tecnologica. La facilitazione che consentì gl’incontri e, soprattutto, agli scontri ne fu il presupposto: un mare baricentrico, sia pure solo parzialmente, ai margini di tre continenti, assurge a loro strada interna per antonomasia. Una strada priva di salite e di strettoie, di limiti di carico e di usura, di ostacoli e di barriere; una strada geometricamente più breve e fisicamente più veloce. Mezzo ideale per gli scambi e i commerci. Ma, per la stessa ragione, altrettanto ideale per le incursioni, per le razzie e, più in generale, per le guerre! Non è affatto casuale che la nostra più antica composizione letteraria, l’Iliade, riguardi l’assedio ad una città posta a controllo di uno stretto vitale ed una pletora di potentati marittimi: intuibili le motivazioni, al di là del romantico pretesto! Anche il mitico cavallo di legno, per restare ancora alla guerra di Troia, stando ad Omero, altro non poteva essere che una coppia di scafi congiunti, una grossa botte formata assemblando due carene e issandole su quattro zampe. All’interno del suo fasciame, in assoluto silenzio, un temerario equipaggio attese per un’intera giornata il momento opportuno per fuoriuscire nelle tenebre. Già da queste scheletriche osservazioni emerge il ruolo tecnologicamente trainante della cultura navale, specie di quella finalizzata alla guerra. Giustamente da più autori è stato osservato che:“a livello degli strumenti la guerra sul mare aveva nondimeno delle esigenze proprie, irriducibili a quelle del combattimento di terra. Di qui alcune contraddizioni fra l’originalità tecnica delle attività marittime e la loro subordinazione di principio alle attività terrestri- contraddizioni che emergeranno con chiarezza dallo studio… delle navi da guerra, delle flotte militari e delle tattiche navali.”1) In pratica, a conti fatti, dando per scontata detta originalità tecnica se ne deve per conseguenza ravvisare un ruolo trainante in ogni comparto civile, primo fra tutti il militare. Il perché poi di tale preminenza deriva dalla tipologia precipua della guerra navale. A differenza degli scontri sulla terra, infatti, i combattimenti sul mare non furono mai una sommatoria di duelli contemporanei fra schiere di uomini; furono invece scontri fra mezzi contrapposti e fra gli stessi e le forze della natura. Acqua, fuoco, terra e aria entrarono sempre in maniera preponderante in quella epica sfida umana: bisognava galleggiare sulla prima, guardarsi dal secondo, non perdere di vista la terza e non privarsi mai della quarta! L’alternativa era, in sostanza, quanto si tentava di infliggere all’antagonista, al nemico e soprattutto alle sue navi: affondarle, incendiarle o disperderle, annegandone gli equipaggi! Per ciascuna finalità adeguati mezzi, sempre più complessi e sofisticati, per attuarla o per scongiurarla. La tecnologia si evolse dalla semplice costruzione degli scafi al loro sofisticato armamento, nell’accezione letteraria del termine. Dalla scienza delle costruzioni navali a quella delle distruzioni sul mare, nelle forme più variegate. Per quanto ripugnante possa sembrare, sin dalla notte dei tempi, la vera molla del progresso tecnologico è stata la guerra in ogni sua manifestazione. In particolare più che la dinamica costruttiva ad essa certamente connessa, e basti in
INTRODUCTION
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1. Alfred Nobel.
THE DIVINE SPARK COSTRUCTION AND DESTRUCTION: THE ROLE OF THE SEA The Mediterranean is considered the true catalyst of western civilisation and its technological evolution. Its basic premise that it facilitated both encounters and confrontations: for a barycentric sea, even a partial one, bordering three continents, is the internal road par excellence. A road without steep ascents or narrow passages, a road without weight limitations or deterioration, with no obstacles or barriers; a road that was geometrically shorter and physically faster, ideal for trade and commerce. But these very same reasons also made it ideal for incursions, raids and wars. It is no accident that the most ancient of literary compositions, the Iliad, recounts the siege of a city in control of a vital strait and a plethora of maritime potentates: the reasons are easily intuitable and have nothing to do with any romantic motivation! Even the mythical wooden horse of Troy, according to Homer, was nothing more than two hulls joined together, a large barrel formed by uniting two keels installed on top of four legs. Inside the planking, a bold and silent crew that had waited an entire day for the darkness to arrive. Even these few rather skeletal observations reveal the technologically influential role of naval culture, especially that culture that was specifically focussed on warfare. It has been justly observed by several writers that: “as to instruments, war at sea had its own special needs, needs that could not be compared to those of ground combat. Thus the contradiction between the technical originality of naval activities and their subordination, in principle, to ground activities - contradictions that emerge clearly from the study…of warships, military fleets and naval tactics.”1) All things considered, the acceptance of this technical originality clearly indicates its influential role in every sector, the military above all. The reason for this prominence stems from the basic typology of naval warfare. Contrary to ground battles, combat at sea was not a matter of simultaneous clashes among different troop formations, but confrontations between opposing ships and between these ships and the forces of nature. Water, fire, earth and air always played a preponderant role in that epic human challenge: they needed to float on the first, defend themselves from the second, not lose sight of the third and never be without the fourth! The alternative was exactly what they were attempting to inflict on the enemy and, more important, on his ships: sink them, set them on fire or drive them off, drowning the entire crew! In order to attain or avert these objectives, they needed appropriate tools and instruments that over time became increasingly complex and sophisticated. Technology evolved from the simple construction of hulls to their sophisticated armament, in the literary meaning of the term. From the science of naval construction to the science of naval destruction, in all its varied forms. As repugnant as it may seem, from the very beginning of time, the true spring of technological progress has always been war in its every manifestation. More than the constructive dynamics with which it is associated…just consider the fleets, roads, machines throughout the ages, the massive production of equipment and struc-
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2. Scorcio dei resti del Diolkos. 3. Veduta del canale di Corinto. 4. Ripresa satellitare dell’area dello stretto di Corinto.
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merito pensare alle flotte, alle strade, alle macchine di tutti i tempi, alle massicce produzioni di equipaggiamenti e strutture, è la dinamica distruttiva che ne ha amplificato vistosamente gli sviluppi e accelerato gli avanzamenti. A voler essere ancora più precisi l’ambito precipuo di gran parte delle innovazione tecnologiche più avanzate è quello connesso con la guerra sul mare. In essa, più che mai, per conseguire il successo, ieri come oggi, sono condizioni necessarie il coraggio e l’abilità ma non sufficienti, dal momento che senza un adeguato supporto tecnico non bastano: a conferma il ruolo del radar nell’ultimo conflitto.2) Anche in età classica si poteva certamente fare a meno dei sistemi di comunicazione a distanza fra le navi, ma chi ne disponeva godeva di vantaggi straordinari! Si poteva ignorare l’apporto d’una razionale pompa di evacuazione, ma spesso costava la perdita della nave! Si poteva abbordare il nemico non disponendo di artiglierie elastiche, ma se questo le aveva, avrebbe respinto la manovra con gravi perdite!3) Basilari per il progresso la miriade di derivazioni che quelle soluzioni innescarono persino in ambiti lontani. Ed è senza dubbio interessante osservare che proprio la vela, al di là del suo impiego nella navigazione, va ritenuta il più arcaico motore primario, la prima macchina che consentì all’uomo di sfruttare una fonte energetica naturale per le sue esigenze. Fonte energetica alla quale, ironia della sorte, con crescente frequenza stiamo attingendo, tentando di alleviare il nostro immenso fabbisogno! Una tecnologia avanzata le cui premesse sono spesso in quella remota navale. Tanto per esemplificare prima che lo stretto di Corinto fosse tagliato, intorno al VII secolo quando Roma era ancora un aggregato di capanne, fu costruito il Diolkos. Si trattava di una pista basolata di circa 7 km, che univa il mare Ionio con l’Egeo. Due profonde incisioni parallele, in sostanza un binario, correvano per la sua intera lunghezza: in esse giravano le spesse ruote dei massicci carrelli sui quali si caricavano le navi per trasferirle da un mare all’altro. Una strada solidissima, che precorre di quasi quattro secoli le mitiche arterie consolari, ma soprattutto una premessa che preconizza con quasi due millenni e mezzo d’anticipo la ferrovia! Per la navigazione e per il suo controllo, quindi, si svilupparono e perfezionarono mezzi, strumenti e congegni che sistematicamente confluirono dapprima nella tecnologia militare propriamente detta, e successivamente nella civile. A confermarlo la stretta affinità vigente fra le artiglierie elastiche e le costruzioni navali. Paranchi e verricelli, bozzelli e funi ritorte, arpionismi ed incastri scorrevoli, sono tutti componenti del repertorio marittimo, competenze dei mastri d’ascia. Nessuna meraviglia, allora, che molte lanterne a vento riaffiorate a Pompei siano identiche a quella raffigurata sulla Colonna Traiana, sospesa a poppa della nave ammiraglia. Tecnologia militare che ricompare, più o meno metamorfosata, nei grandi edifici pubblici, nelle industrie imperiali, nelle ville rustiche e nelle residenze civili. Volendo approfondire il perché del ruolo traente della guerra e delle distruzioni conseguenti, le ragioni sono molteplici e variegate, tutte però riconducibili a un’unica osservazione. Se per costruire una qualsiasi opera militare, quale un ponte o una nave, si dispone di risorse e di tempo, per distruggerla, invece, occorre farlo rapidamente, con la minima spesa e con il minor nume-
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tures‌ it is its destructive dynamics that have so enormously expanded development and accelerated progress. The primary environment for the majority of the most advanced technological innovations is always associated with naval warfare, where to achieve success, yesterday as today, the essential conditions are courage and skill, true, but not only, for without adequate technical support these qualities alone are not sufficient: witness the role played by radar in the last conflict.2) During the classical era, they could certainly do without long distance communication systems between ships but those that did have them enjoyed a tremendous advantage! They could ignore the contribution of a functional evacuation pump, but often at the cost of the loss of the ship! They could approach an enemy ship without having projectile artillery, but an enemy so equipped could repel the manoeuvre with consequent great loss of human life!3) The myriad derivations triggered by these solutions were fundamental to progress even in remote areas. It is interesting to note that the sail, apart from its use in navigation, is considered to be the most archaic primary engine, the first machine that allowed man to exploit a natural energy source for his own needs. An energy source that, irony of ironies, and with increasing frequency, we are still harnessing in an attempt to alleviate our own immense energy requirements! An advanced technology that is often based on a very remote naval technology. Just to give an example, before the Strait of Corinth was cut around the VII century, when Rome was still no more than a collection of huts, they built what became known as the Diolkos. This was a paved trail approximately 7 km long that joined the Ionian Sea with the Aegean. Two deep parallel incisions, basically a track, ran along the entire length of the trail: within these incisions rotated the wide and bulky wheels of massive undercarriages that bore ships to be transferred from one sea to the other. A very solid road, one that precedes the mythical consular roads by almost four centuries, but even more important a premise that anticipates the railway system by almost two and a half millenniums! The needs of navigation thus became the driving force in the development and perfection of means, instruments and devices that
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2. View of the remains of the Diolkos. 3. View of the Corinth Canal. 4. Satellite view of the area of the Straits of Corinth.
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ro di uomini! Obiettivo in teoria estremamente facile da effettuare ma, in pratica, terribilmente complesso da conseguire persino ai più modesti livelli. Tale comunque da scatenare l’intelligenza. Posta così la questione, e trascurando l’implicito cinismo, non stupisce che il sommo tributo alle capacità intellettuali umane, il famosissimo premio Nobel, sia stato istituito dall’inventore della dinamite, reso ricchissimo dai pingui proventi del suo esplosivo ideale per i più svariati usi, primo fra tutti quello militare.4) Né stupisce che la fusione nucleare controllata dell’idrogeno, esito perseguito come traguardo energetico dell’umanità, a livello esplosivo sia già da oltre mezzo secolo impiegata nella bomba H.5) Forse è proprio questo ordigno, che più di ogni altro aderisce alla delineata esigenza della massima distruzione nel minimo tempo e con il minimo coinvolgimento, più di ogni altro potrebbe fornire all’umanità un futuro! 6) Distruggere nelle modalità accennate, perciò, si è sempre confermato la sfida primaria per la mente umana nell’ambito della sfida spietata che è la guerra. Una sfida nella sfida 7), di specializzazione nella specializzazione da cui ne è sempre derivata la massima spinta all’evoluzione tecnologica civile e pacifica.
DAI GRECI AI ROMANI Posta in questi termini la questione, per delineare una sia pur schematica descrizione dei presupposti storici della tecnologia occorre indagare presso la potenza che più di ogni altra curò l’istituzione militare: Roma. In particolare gli aspetti tecnici meno divulgati, e perciò meno noti, utilizzati dal suo esercito, in terra e in mare, in guerra e in pace e, soprattutto, da esso cooptato da ogni compagine con cui entrò in contatto. Pertanto, in coincidenza con l’avvento dell’Impero, la tecnologia militare romana si può, a giusta ragione, reputare la sintesi delle più avanzate nozioni scientifiche e tecnologiche concepite, elaborate e verificate in qualsiasi angolo del bacino del Mediterraneo. Patrimonio culturale destinato a rievocarsi teoricamente e a riproporsi solo larvatamente nel successivo millennio, fin quasi all’invenzione della polvere pirica, e che poi sarebbe diventato la premessa per la ripresa della cultura moderna. La ragione della precisazione va ravvisata in un precipuo aspetto della mentalità romana, evidenziato in molteplici saggi e pubblicazioni: la sua preclusione alla mera speculazione intellettuale 8), all’indagine scientifica pura, allo studio sistematico che, invece, caratterizzò quella greca. Si tratta, ovviamente, di scolastiche generalizzazioni ma che non vanno rigettate del tutto, cogliendo almeno in questo caso un aspetto essenziale della questione. I Romani, infatti, e di ciò ebbero sempre non solo esatta percezione ma anche un vero compiacimento, evitarono di cimentarsi con problemi astratti e si concentrarono, invece, sulla più efficace risoluzione dei concreti, lasciando agli altri la formulazione delle ipotesi e delle regole che poi magari impiegavano. Non ebbero, e forse in questo insiste la spiegazione della loro grandezza, alcuna invidia verso la genialità creativa, peraltro non apprezzata nella sua essenza, al punto da riconoscerla volentieri anche alle menti servili. Non per questo, però, le reputavano meno umili, non vergognandosi di sfruttarne i vantaggiosi apporti, innanzitutto nel settore militare e poi in quello civile. Di certo: “i migliori ingegneri dell’antichità furono tuttavia i Romani… [Ma] il Romano rimase sempre, nell’animo, un agricoltore. Non aveva una mentalità scientifica e la maggior parte della sua scienza è greca o ispirata ai Greci. Persino la Roma imperiale mostra la rozzezza e il senso pratico del contadino. I Romani disprezzavano e temevano la scienza pura, che sembrava loro una perdita di tempo… [Tuttavia] i Romani si curavano almeno della scienza applicata. Erano mediocri biologi ma attenti osservatori della natura, cattivi matematici ma buoni ingegneri; non dettero alcun importante contributo all’astronomia ma riformarono il calendario. Perfino nel campo militare i Romani non fecero invenzioni importanti. La scienza era apprezzata solo quando dava risultati concreti e utili allo stato. I Romani non ebbero la pazienza degli scienziati ellenistici, che cercavano di scoprire le leggi della natura: furono invece grandi giuristi e abili politici che promossero le scienze solo in quanto fossero d’aiuto nell’assolvimento delle funzioni pubbliche”.9) In poche parole furono degli ottimi ingegneri privi però di ogni preparazione teorica, per cui si limitarono a perfezionare e utilizzare le altrui scoperte e invenzioni, a patto che fossero rispondenti alle loro esigenze del momento. Emblematicamente: “è fuor di dubbio che i Romani ebbero ingegneri migliori dei Greci; però gli ingegneri romani non possedevano una preparazione scientifica, e quel poco di matematica che era necessario all’esercizio della loro professione poteva venire applicato nella pratica anche se mancava un’autentica comprensione
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systematically converged first into actual military technology, and then progressively into civil technology. As confirmation, consider the close affinity between projectile artillery and naval constructions. Hoists and cranks, blocks and cords, ratchet gears and sliding joints, are all elements of the maritime repertory, they are the skills of the builders of ships. It should therefore be no surprise that many of the wind-lanterns that surfaced in Pompeii are identical to those represented on the Trajan Column, suspended astern of the flagship. A military technology that reappears, with greater or lesser modifications, in the great public buildings, in imperial industries, in rustic villas and in public residences. If we were to delve deeper into the influential role of war and its consequent destructions, we would find that the reasons are multiple and varied, but all attributable to one observation. If on the one hand they had all the time and resources necessary to build a military structure such as a bridge or a ship, the destruction of this same structure had to be accomplished rapidly, at minimal expense and with the minimum number of men! An objective that is extremely simple to achieve in theory but that, in actual practice, is highly complex even at the most basic levels. So complex as to virtually unleash the intelligence of man. If we view the issue from this perspective, ignoring any implicit cynicism, it should not surprise us that the supreme tribute to human intellectual capacity, the celebrated Nobel prize, was established by the inventor of dynamite, enriched by the proceeds of an explosive ideal for many uses, but first among all, military.4) Nor should it surprise us that the controlled nuclear fusion of hydrogen, a goal pursued as the energy goal of humanity, has been used in the H-bomb for over half a century.5) Perhaps it is this particular device, one that more than all others meets the need for the greatest destruction in the least amount of time and with a minimum of involvement, that may, in the end, ensure the future of humanity!6) To destroy as described above has always been the primary challenge of the human mind within the context of the inexorable challenge that is war. A challenge within a challenge 7), a specialisation within a specialisation, but one that has always provided the greatest impetus to civil and peaceful technological evolution.
FROM THE GREEKS TO THE ROMANS Viewed in these terms, and in order to provide an even schematic description of the historical basis of technology, we must investigate the one power that nurtured the military institution more than all others: Rome. Especially the less publicised and less known technical aspects, those used by its army on land and at sea, in war and in peace and that were appropriated from every structure and group with which it came into contact. For these reasons, coinciding with the advent of the Empire, Roman military technology can justly be considered as the synthesis of the most advanced technological and scientific notions conceived, developed and verified in any corner of the Mediterranean. A cultural heritage that would be theoretically re-proposed in the course of the subsequent millennium, almost up to the invention of gunpowder, and that would later become the premise for the resurgence of modern culture. This specific clarification is provided because of one very essential aspect of the Roman mentality, an aspect highlighted in numerous essays and publications: its preclusion of simple intellectual curiosity 8), of pure scientific inquiry, of that peculiar type of systematic study that is, on the other hand, so typical of the Greek mentality. Although these are obviously scholastic generalisations, they should not be wholly discounted as they do reflect, at least in this case, one very fundamental aspect. The Romans, and of this they were not only fully aware but also found it highly satisfying, avoided engaging in the study of the abstract, preferring to concentrate on the practical solution of practical problems, leaving others to formulate theories and rules that they then used and applied. They had no envy, and perhaps it is this that explains their grandeur, of the creative genius, the essence of which they appreciated so little that they even acknowledged its existence in slaves. This however, at least as far as the Romans were concerned, certainly did not make them any less lowly. Nor did it stop them from exploiting their beneficial contributions, first in the military and then in the public sector. Certainly: “It is true that the best engineers of antiquity were the Romans ‌ [But] the Roman always remained, in his heart, a farmer. He did not have a scientific mind and the majority of his science is either Greek or inspired by the Greeks. Even Imperial Rome displays the rudeness and practical sense of the farmer. The Romans abhorred and feared pure science, considered to be a waste of time‌ [Nevertheless] the Romans did value
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5. Lastra di vetro provenienti da Ercolano. Misura ca. cm 50 X 40. 6. Idem. Misura ca. cm 40 X 60. 7. Ruderi di villa romana con ipocausto.
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della teoria. Del resto anche tra gli stessi Greci era molto ridotta la percentuale della popolazione impegnata nella ricerca scientifica o comunque dotata di una preparazione scientifica… e raramente i Greci sfruttarono a fini pratici le loro conoscenze scientifiche; l’unica eccezione era costituita dalle arti belliche…”.10) Volendo esemplificare quanto delineato, a nessun generale romano interessò mai di lasciare una rinomanza storica per la sua genialità tecnica dimostrata in una qualche invenzione, o per la sua capacità speculativa confermata da una qualche costruzione di fondamentale interesse pubblico. Anche quando ne avrebbe avuto il pieno merito ed il conseguente diritto, non reputò tale fama neppure lontanamente paragonabile a quella guadagnata sul campo di battaglia, spesso in scaramucce insignificanti. La conferma, se mai ve ne fosse bisogno, la si può cogliere nella notorietà dei singoli comandanti di ogni episodio militare, indipendentemente dalla sua rilevanza o dal suo esito. Per contro l’assoluto anonimato avvolgeva chi progettò e realizzò le superbe strade che favorivano quelle iniziative o i congegni che ne agevolavano i successi, o anche le primitive reti di teletrasmissioni che garantivano la continuità dei rapporti. Silenzio assoluto sui tantissimi arsenali e cantieri navali che approntarono e armarono per secoli le flotte da guerra. Silenzio assoluto persino sui criteri e sui dirigenti della produzione standardizzata delle grandi fabbriche di armi in grado di equipaggiare eserciti di diverse decine di migliaia di uomini, tanto per menzionare un settore che di sicuro dovette coinvolgere un enorme numero di dipendenti e ingoiò per l’intera durata dell’Impero immense quantità di denaro pubblico. Buio totale nelle fonti sia letterarie che iconiche di qualsiasi natura ed a qualsiasi livello. La tecnica in generale, e quella militare e navale in particolare, non suggestionava né coinvolgeva il pensiero romano, per cui non innescava alcuna emulazione, né forniva alcuno spunto per gli artisti. Dal momento che serviva andava con-servata, cioè salvata, esattamente come si faceva per i servi, conservati soltanto perché da sfruttare in ogni lavoro, non a caso definito servile. Il divario imperante fra libero e schiavo si manifestava pienamente fra liberale e meccanico, fra scienza e tecnica, fra conoscenza e applicazione. Già, del resto i Greci avevano determinato una rigida separazione fra le due realtà, per cui l’applicazione pratica di una conclusione scientifica, non suscitava alcun disprezzo soltanto quando avveniva sotto forma ludica.11) Un giocattolo molto complesso e, dal nostro punto di vista, ricco di promesse sfortunatamente tradite: fu tale, ad esempio, la turbina a vapore di Erone, che non andò mai oltre la mera curiosità. Con i Romani, purtroppo, quell’atteggiamento mentale si aggravò ulteriormente saldandosi col suddetto disinteresse scientifico. Logico, allora, che: “...per Seneca le invenzioni contemporanee, l’uso dei vetri trasparenti, del calorifero… sono tutte opera dei più vili schiavi, di menti esperte, penetranti se vogliamo, ma non certo grandi menti, di menti elevate, come d’altra parte è vile tutto ciò che può ricercare il corpo chino, lo spirito rivolto alla terra. Queste invenzioni sono opera del raziocinio, non dell’intelletto: tutta questa abbondanza d’invenzioni superflue assoggetta l’anima al corpo, divenuto da schiavo padrone”.12) Ad una così esplicita repulsione non fece mai riscontro un altrettanto netto rifiuto della tecnica e della tecnologia, come accennato, ma anzi è facile e significativo constatare sistematicamente il contrario. Le ville romane, dotate
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applied science. They were mediocre biologists but attentive observers of nature, bad mathematicians but good engineers; they made no important contribution to astronomy but they reformed the calendar. Even in the military field, the Romans cannot be credited with any important inventions. Science was appreciated only when it provided tangible results and was useful to the State. The Romans did not have the patience of Greek scientists, who attempted to discover the laws of nature: on the other hand they were great jurists and able politicians who promoted science but only to the extent of its usefulness to the fulfilment of the public function”.9) In short, they were excellent engineers but, lacking any theoretical preparation, they limited themselves to perfecting and using the discoveries and inventions of others as long as they fulfilled their needs of the moment. Emblematically: “there is no doubt that the Romans had better engineers than the Greeks; but the Roman engineers did not have a scientific education, and the little mathematics that was required for their profession could be applied in practice even without any real understanding of the theory behind it. On the other hand, even among the Greeks the percentage of the population involved in scientific research or that had a scientific education was minimal… and the Greeks very rarely exploited their scientific knowledge for practical ends; the only exception being the art of war…”10) No Roman general was particularly interested in leaving a historical legacy of technical genius or wished to be renowned for his speculative ability, confirmed by a construction of essential public interest. Even if he were to have enjoyed full merit and consequent right, he would not repute such fame to be even remotely comparable to a distinction earned on the battlefield, often in insignificant skirmishes. The confirmation, if ever there were a need, may be found in the notoriety of the individual commanders of each single military event, independent of its significance or its result. On the other hand, an absolute anonymity enveloped those who designed and built the exceptional roads that made it possible to undertake those initiatives, the devices that facilitated their successes, or even the primitive communication networks that insured the continuity of relationships. Absolute silence reigns over the numerous arsenals and shipyards that readied and armed war fleets for centuries. Absolute silence regarding even the criteria and administration of the standardised production of the great arms producing structures that equipped armies of several tens of thousands of men, just to mention one sector that must certainly have involved an enormous number of employees and swallowed immense quantities of public money for the entire duration of the Empire. Total darkness in literary and iconic sources of any type and at any level. Technology in general, and military and naval technology in particular, neither influenced nor engaged Roman thought, did not arouse any emulation, provided no inspiration to artists.
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5. Glass pane from Herculaneum. Size approx. 50x40 cm. 6. Idem. Size approx. 40x60 cm. 7. Ruins of a roman villa with hypocaust.
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8. La falciatrice meccanica romana chiamata vallus.
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dei più sofisticati confort, quali ad esempio i più evoluti sistemi di rifornimento idrico o di riscaldamento, appartennero spesso a famosi generali o agli imperatori più coinvolti nelle campagne belliche, non di rado ai confini dello sterminato impero. E non certo soltanto per le loro ingenti ricchezze, ma per la loro migliore percezione di quanto tecnologicamente utile era già esistente nelle varie regioni assoggettate. Personaggi con eminenti ruoli istituzionali dai quali sarebbe stato lecito attendersi un’austerità di abitudini e che si mutarono, invece, dapprima in una sorta di collettori tecnologici e poi di esaltatori e divulgatori. Il che non modificò minimamente la viscerale disistima verso gli artefici di quelle invenzioni e la tecnica in generale, di cui peraltro non si sforzarono mai di comprendere, al di là della mera funzionalità, quanto metteva loro a disposizione. In merito è stato giustamente osservato che la relativa letteratura: “latina rende onestamente riconoscimento all’apporto degli autori delle altre civiltà verso cui è largamente tributaria. Tecnico mediocre, il latino sente il bisogno di appoggiarsi sugli altri almeno quanto quello di manifestare la propria erudizione. Si nota qui subito il carattere del tutto particolare di questa letteratura. Si tratta, più che di una tecnologia propriamente detta, dell’inserimento di norme tecniche in un’organizzazione generale”.13) Un perfetto esempio di quanto delineato si coglie nel X libro del De architectura di Vitruvio, una sorta di trattato enciclopedico sull’architettura romana. In esso il celebre autore, vissuto in età augustea ed a suo dire ingegnere nelle legioni di Cesare, si sofferma a descrivere le macchine di uso corrente in ambito civile e militare. L’enunciazione delle artiglierie elastiche, però, è talmente pedante e al contempo talmente lacunosa ed approssimata circa le loro componenti essenziali, da far motivatamente dubitare sulla sua qualifica professionale. Lacune che, solo accettando quanto esposto, si possono giustificare in un ingegnere militare che per giunta si avvale di termini greci per armi impiegate da oltre due secoli nell’esercito romano. Del resto è di certo emblematico constatare che in generale i Romani non fornirono:“alcun contributo allo sviluppo della tecnologia militare fino all’anonimo autore del De rebus bellicis (IV secolo d.C.). Ancora questo autore usa solo termini greci per tutte le macchine belliche”.14)
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Since it was necessary, it was to be conserved, that is saved, exactly as one did with servants, ‘conserved’ only to be exploited for all types of work, not incidentally defined as servile. The gap between freedman and slave was openly manifest between liberal and mechanic, between science and technology, between knowledge and application. The Greeks had already made a rigid separation between the two realities, and so the practical application of a scientific conclusion was not met with disdain only if it occurred in the form of a toy.11) A very complex toy and, from our point of view, rich in a promise that was unfortunately betrayed: such, for example, was Hero’s steam turbine, never considered more than a simple curiosity. With the Romans, however, that mental attitude was further aggravated when coupled with their scientific disinterest. It was logical therefore that: “…for Seneca, contemporary inventions, the use of transparent glass, heaters… are all works of the lowest of slaves, of expert minds, penetrating if you would, but certainly not great minds, as is craven all that the bowed body may discover, a spirit turned toward the earth. These inventions are the work of reasoning, not of the intellect: this abundance of superfluous inventions subjects the spirit to the body, that was once slave and has now become master”.12) But such an explicit repugnance was never accompanied by a just as clear refusal of mechanics and technology, as already stated. On the contrary, we systematically note the exact opposite. Roman villas equipped with the most sophisticated comforts, such as the most advanced systems for supplying heat and water, often belonged to famous generals or to emperors involved in war campaigns, frequently at the frontiers of the immense empire. And this was certainly not simply because of their great wealth, but because of their greater perception of the technologically useful that already existed in the various conquered regions. Personages with eminent institutional roles from whom it would have been logical to expect an austerity of habit but who became, instead, first collectors of technology and then its advocates and promoters. A characteristic that did not even minimally modify their visceral lack of esteem for the creators of those inventions and for mechanical skill in general, creations they did not even attempt to understand, apart from their mere functional aspect. In this regard, it has been justly observed that the (Latin) literature:“renders honest recognition to the contributions of the creators of other civilisations toward whom it is greatly in debt. Mediocre technician that he is, the Latin feels the need to seek the support of others at least as much as the need to manifest his own erudition. Here we note immediately the special nature of this literature. More than technology per se, it is a matter of including technical norms into a general organisation”.13) A perfect example is found in book X of Vitruvius’ De architectura, an encyclopaedic treatise on Roman architecture. In this book the celebrated writer, who lived during the Augustan era and claimed to be an engineer in Caesar’s legions, describes the machines that were commonly used by civilians and military. The account of projectile artillery, however, is so pedantic and at the same time so deficient and approximate concerning its essential components, as to cast reasonable doubt upon his professional qualifications. Deficiencies that, only by accepting what is narrated, can be justified in a military engineer who uses Greek terms for weapons that had been used by the Roman army for over two centuries. And it is certainly symbolic to note that in general, the Romans:“made no contributions to the development of military technology up to the anonymous author
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8. Mechanical mower from ancient Rome, called vallus.
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9. Ponte romano a tre livelli situato nel sud della Francia nel dipartimento del Gard. Alto m 49 e lungo 275 fa parte dell’acquedotto del Gardon e trasportava 20.000 mc al giorno. Costruito da Marco Vepsiano Agrippa sotto Augusto. 10. Interno dell’acquedotto con dimensioni di m 1,80 di altezza per 1,20 di larghezza con pendenza dello 0,4 ‰.
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Giustamente diversi studiosi hanno ravvisato nei Romani gli Americani dell’antichità: discepoli scrupolosi e zelanti nell’applicare le poche nozioni apprese, praticanti solerti e acuti nel perfezionarle in tutte le possibili applicazioni e, soprattutto, sufficientemente ricchi per poter tollerare un eccessivo empirismo. Non a caso:“tra i loro grandi uomini, i romani non annoverano nessuno scienziato di fama, così come, per ragioni probabilmente identiche, non ebbero nessun tecnico di genio… Essi sanno curare l’esecuzione, se non addirittura la rifinitura, ma non si perdono in minuzie e ragionano poco; e i loro successi sono una serie di successi individuali, da cui non si risale alle vere cause. Dei meccanici di Alessandria essi hanno preso le realizzazioni ma non lo spirito…”.15) Attratti certamente dal mondo della scienza, ma non tanto da sobbarcarsi la fatica di un serio e sistematico studio, i Romani si limitarono ad accettare le conclusioni dei Greci, magari quelle più estreme e scarsamente dimostrate, ma senza dubbio le più fascinose per mentalità acritiche e infantili, peraltro, tramite riassunti e prontuari. Le vere difficoltà: “si incontrano quando si cerca di stabilire la portata effettiva del debito contratto dai Romani nei confronti dei Greci per quanto riguarda i vari campi della tecnologia… enormemente maggiori di quelle in cui ci si imbatte quando si cerca di accertare le linee di trasmissione della scienza teorica dalla Grecia a Roma. I teorici sono intellettuali che mettono per iscritto i loro pensieri, e di conseguenza lasciano tracce inequivocabili dei loro debiti nei confronti di altri: ma agli ingegneri e ai meccanici dell’antichità non interessava minimamente il modo in cui aveva avuto origine, nell’uso quotidiano, una tecnica, uno strumento o un utensile. Sappiamo comunque che i Romani ricorrevano di frequente a tecnici greci per i lavori più complessi, come ad esempio la costruzione di macchine d’assedio o di acquedotti”.16) Questo almeno nelle fasi d’approccio con una disciplina tecnica, salvo poi portarla ai limiti estremi delle sue potenzialità, una volta verificatane l’efficace rispondenza. Certamente i tecnici greci seppero molto prima dei romani procedere alle levate plano-altimetriche di precisione, indispensabili per la costruzione dei lunghi acquedotti. Ma furono solo i tecnici romani che da un determinato momento in poi li realizzarono sistematicamente in tutto il loro Impero, senza alcuna incertezza e con minimi costi. Ambiguità che può reputarsi anche una delle singolari peculiarità della tecnologia per cui:“è un errore ritenere che, tra i popoli del mondo antico,
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of De rebus bellicis (IV century A.D.). This author also uses only Greek terms for all war machines”.14) Justly so, some scholars view the Romans as the Americans of antiquity: scrupulous and zealous disciples in the application of the few notions learned, diligent and shrewd practitioners in perfecting them in all their possible applications and, above all, sufficiently rich to tolerate an excessive empiricism. Not incidentally:“among their great men, the Romans have no scientist of fame, just as, probably for the same reasons, they have no technician of genius … They know how to execute, and perhaps even refine, but they do not waste their time in minutiae and reason but little; and their successes are a series of individual successes that provide no indication of the true causes. From the technicians of Alexandria they have taken the achievements but not the spirit …”.15) Attracted by the world of science, but not to the extent of undertaking a serious and systematic study, the Romans limited themselves to accepting the conclusions of the Greeks from summaries and manuals, perhaps even the more extreme and least proven, but certainly the most fascinating for acritical and infantile mentalities. The real difficulties:“emerge when one attempts to determine the actual scope of the Romans’ debt to the Greeks regarding the different areas of technology… enormously greater than those revealed in attempting to ascertain how theoretical science was transmitted from Greece to Rome. Theorists are intellectuals who write down their thoughts, and consequently leave unequivocal traces of their debts to others: but the engineers and mechanics of antiquity were not the least interested in the origin of a technique, an instrument or a tool of common use. However, we do know that the Romans frequently recurred to Greek technicians for the more complex works, such as the construction of siege engines or aqueducts”.16) Such at least in the initial phase of a technical discipline, which they then brought to the extreme limits of its potential once they had confirmed its effectiveness. Certainly, Greek technicians knew much earlier than the Romans how to carry out plano-altimetric precision surveys, indispensable for the construction of long aqueducts. But it was the Roman technicians who built them systematically throughout their Empire, without any uncertainty and at minimal cost. An ambiguity that may also be one of the singular peculiarities of technology, and so:“it is a mistake to maintain that, among the people of the ancient world, skill in mechanics, in the arts and in trades accurately reflected their intellectual abilities… The history of technology corresponds little or not at all with those models of gradual evolution, of setbacks and reawakenings that we are accustomed to observing in the cultural history of primordial times, of the
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9. Roman bridge on three levels in the Départment of Gard in southern France. 49 meters high and 275 meters long, the bridge is part of the Gardon aqueduct and was used to transport 20,000 cm a day. Built by Marcus Agrippa during the reign of Augustus. 10. Interior of aqueduct. Dimensions are 1.80 mt high and 1.20 mt wide, with an inclination of 0.4‰.
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l’abilità nella meccanica, nelle arti e nei mestieri rispecchiasse fedelmente le loro capacità intellettuali… La storia della tecnologia corrisponde in poco o nulla a quei modelli di evoluzione graduale, di ritardi e di risvegli che siamo abituati a osservare nella storia della cultura dei primordi, del Medioevo e del Rinascimento”.17) Sensato, pertanto, concludere che nonostante i ritardi di apprendimento, la limitata comprensione nei confronti della scienza pura, il disinteresse verso la teoria e per contro la forte propensione allo sfruttamento pratico di procedimenti, strumenti e utensili, il trasferimento della tecnologia dalla società greca a quella romana avvenne in maniera netta ed ampia grazie soprattutto all’esigenze militari. In definitiva una sorta di osmosi pilotata e mirata da entrambe le parti.
DINAMICA DELLA TECNOLOGIA MILITARE Come in precedenza più volte evidenziato, lo stimolo e la finalità primaria per l’evolversi della tecnologia furono di tipo militare e navale. Ovviamente non tutti gli studiosi concordano su questa conclusione, pur ammettendo il ruolo primario svolto dalla guerra in generale e da quella sul mare in particolare. Per essi:“la tecnica e l’ingegneria non furono gli unici fattori che contribuirono allo sviluppo della scienza, né la scienza fu l’unica fonte della tecnica, a parte le esperienze pratiche. Ambedue i campi sono intimamente connessi con le altre attività umane, concorrono al loro progresso e insieme ne traggono alimento, in un reciproco scambio. Ambedue possono ricevere impulso dalla guerra, ma non bisogna dimenticare che i risultati così acquisiti appartengono al ristretto campo dell’arte militare e che le nuove armi, o altre invenzioni ottenute ad alti costi e con gran dispendio, avrebbero potuto essere fatte in tempo di pace con molto minor spesa…”.18) Il ragionamento esposto nella citazione, anche a voler ignorare l’invalidante avrebbero potuto esser fatte, assurdo in ambito storico, ha un errore di fondo: supporre che la tecnologia e l’ingegneria abbiano avuto un coinvolgimento con il mondo militare limitato alle sole armi o ai congegni similari. La realtà, invece, è di gran lunga più ampia e variegata investendo l’intero apparato produttivo, in ogni suo snodo dal momento che l’istituzione militare è una sorta di piccola società completa di tutte le funzioni della maggiore. Volendo esemplificare, anche la comunissima scatoletta di cibo, è un’invenzione stimolata e sperimentata per disporre in guerra di razioni alimentari a lunga conservazione, facili da trasportare e pronte per l’uso. In quanto tale è la logica evoluzione delle razioni di bordo studiate per le lunghe crociere oceaniche, non altrimenti effettuabili. Certamente la relativa tecnologia sarebbe, prima o poi, pervenuta ad un identico risultato, indipendentemente dalla esigenza militare, ma fu quest’ultima a precederla come nella quasi totalità degli altri casi. Il suo ruolo trainante poi diviene preminente, e non potrebbe essere altrimenti, nella elaborazione di nuove armi e delle tante loro strette derivazioni civili. Non a caso infatti:“da quando la scienza esiste, la tecnologia militare è sempre stata una motivazione e un’applicazione importante. In particolare la meccanica elaborata intorno al Seicento e la meccanica ellenistica appaiono collegate con le principali applicazioni militari delle due epoche, cioè armi da fuoco e catapulte. Nel primo caso la meccanica non può intervenire sull’energia impressa al proiettile (che dipende da una reazione chimica che sfugge alla scienza quantitativa dell’epoca) e gli scienziati si concentrano sul moto del proiettile. E’ ben noto, infatti, che la scoperta delle leggi del moto dei gravi fu stimolata in modo essenziale dal problema di determinare le traiettorie dei proiettili. All’epoca delle catapulte, invece, il proiettile è spinto da una forza di natura elastica, che può essere calcolata e modificata con i metodi scientifici dell’epoca. Anche se non è chiaro perché non vi fosse un interesse a studiare la traiettoria del proiettile (ma siamo certi che non vi fosse?), la lettura delle opere ellenistiche di tecnologia militare dimostra che la meccanica archimedea aveva importanti applicazioni alle armi da getto. La rilevanza della scienza per la tecnologia militare realmente usata è provata non solo dall’efficacia delle armi progettate scientificamente, ma anche dal fiorire della trattatistica sulla tecnologia militare. Evidentemente le conoscenze elaborate dagli scienziati non potevano essere usate dai costruttori se non attraverso l’uso di trattati specialistici. Nonostante l’evidente riservatezza di tali argomenti, sappiamo di vari trattati, in particolare sulla costruzione di armi da getto (belopoeica) e sulla costruzione di macchine per assedio (poliorcetica)…”19) I trattati tecnici inerenti alla tecnologia militare, non mancavano nell’antichità classica, come del resto non mancano attualmente ricerche sulla storia della tecnologia militare e civile. Finora sono stati pubblicati tanti testi da poter riempire intere biblioteche: in molti casi si tratta di opere pregevolissime e di assoluta serietà, con interpreta-
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Middle Ages and of the Renaissance”.17) Given the above, it is logical to conclude that in spite of the slow learning process, limited comprehension of pure science, disinterest in theory and the contrasting strong propensity for the practical exploitation of processes, instruments and tools, there was a clear and generous transfer of technology from Greek society to Roman society, thanks largely to the military. It was a kind of osmosis, guided and intended by both parties.
DYNAMICS OF MILITARY TECHNOLOGY As already stated, the stimulus and the primary reason for the evolution of technology were basically military. Obviously, not all scholars agree with this conclusion, though they do admit to the primary role of war. They claim that: “mechanical skill and engineering were not the only factors to contribute to the development of science, nor was science the sole source of technology, apart from practical experiences. Both fields are intimately connected with other human activities that contributed to their progress, to the benefit of both. Both can be stimulated by war, but we cannot ignore the fact that results thus acquired belong to the limited field of military art and that new weapons, or other inventions obtained at high cost and at great expense, could have been achieved in peace time at much less expense …”.18) The reasoning behind this statement, even if we were to ignore the invalidating could have been achieved, absurd within the historical context, contains one fundamental error: that of supposing that the influence of technology and engineering on the military was limited only to weapons or military devices. In reality, the involvement is much greater and more varied, touching upon every aspect of the entire productive system, since the institution of the military is a sort of miniature society complete with all the functions of the greater society. For example, even the very common tin can is an invention inspired and tested to provide a way to preserve food in wartime, something that would be easy to transport and ready for use. Certainly, technology would have attained the same objective sooner or later, independent of any military need, but the fact remains that it was this very essential wartime need that led to its production, just as it did in many other cases. The role of technology becomes especially prominent, and it could not be otherwise, regarding weapons and their strict civilian derivations. Not incidentally:“as long as science has existed, military technology has always been an important inspiration and application. Hellenic mechanics and the mechanics that developed around the seventeenth century both appear to be connected with the principal military applications of the two eras, catapults and firearms. Regarding firearms, mechanics cannot impact the power of the projectile (caused by a chemical reaction that escapes the quantitative science of the era) and so scientists concentrated on the movement of the projectile. It is a known fact that the discovery of the laws of motion was basically motivated by the problem of determining the trajectory of projectiles. In the age of catapults, on the other hand, the projectile is driven by an elastic power, one that can be calculated and modified using the scientific methods of the era. Even though it is not clear why there was no interest in studying the trajectory of projectiles (but are we certain that there was no such interest?), a reading of the Hellenic works on military technology demonstrates that Archimedean mechanics had important applications to launching weapons. The importance of science for the military technology that was actually used is proven not only by the effectiveness of scientifically designed weapons, but also by the abundant number of treatises on this topic. Evidently, the knowledge developed by scientists could only be applied by constructors through the use of specialised treatises. Notwithstanding the obvious confidential nature of these topics, we know of numerous treatises, especially on the construction of launching weapons (belopoeica) and siege engines (poliorcetica)…”.19) There was no dearth of technical treatises on military technology in classical antiquity, just as there is no lack of research now on the history of military and civilian technology. To date so many texts have been published as to fill libraries: in many cases they are highly commendable works of great value, with interpretations and assessments often of significant worth. Some of these books base their deductions on Graeco-Roman realisations and on the aforementioned sources, integrating and correlating them with the iconographic relics so far uncovered from that period. An indubitably effective procedure but one that must, however, reconcile the habitual fragmentation of the treatises that have survived, for the most part lacking in clarifying graphics, and the objective difficulties of understanding the images. Regarding the writings, it is noted that:“the gravity of the destruction of
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11. Particolare dell’arco di Costantino. Fregio presente sul lato settentrionale. L’arco, costruito per commemorare la vittoria di Costantino su Massenzio a Ponte Milvio del 28 ottobre 312, fu inaugurato nel 315 o nel 325. 12. Navi da guerra romane in combattimento: forse si tratta della battaglia navale di Azio, I sec. a.C. Collezione privata del Duc de Medinaceli, Madrid.
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zioni e valutazioni spesso di rilevante spessore. Alcuni di essi, poi, basano le loro deduzioni sulle realizzazioni greco-romane, proprio sulle suddette fonti che integrano e correlano con i reperti iconografici pervenutici a vario titolo, da quel contesto storico. Procedura senza dubbio efficace ma che, purtroppo, deve destreggiarsi fra l’abituale frammentarietà dei trattati pervenutici, per giunta privi sempre dei grafici esplicativi, e l’oggettiva difficoltà di comprendere le immagini. In merito agli scritti va osservato che:“la gravità della distruzione delle opere ellenistiche è stata spesso nel passato sottovalutata, in base alla ottimistica teoria che quelle sopravvissute fossero le migliori. Si era pensato che la civiltà classica avesse tramandato alcune opere fondamentali che erano riuscite a includere le conoscenze contenute negli scritti perduti. Purtroppo questa visione ottimistica si è rivelata destituita di fondamento. I lavori migliori, infatti, non possono salvarsi grazie a un meccanismo automatico di selezione naturale in presenza di un generale regresso della civiltà… La selezione dei posteri ha privilegiato le compilazioni o, in ogni caso, gli scritti che usavano un linguaggio ancora comprensibile nella tarda antichità e nel medioevo, quando la civiltà era regredita al livello prescientifico…”.20) Quanto ai rilievi dell’epoca, quale che ne sia il tipo, giustamente è stato osservato che:“devono essere considerati con cautela, in quanto vi è un problema tecnico: solitamente queste immagini soffrono l’appiattimento bidimensionale che gli artisti dell’epoca non sapevano superare e dunque risultano difficilmente decifrabili. Si pensi, ad esempio, alla questione delle imbarcazioni, delle quali possediamo una grande quantità di raffigurazioni, ma nessuno oggi potrebbe affermare con precisione come erano fatte le architetture superiori delle navi antiche; si pensi anche alla groma che, nota attraverso il rilievo funebre di un agrimensore eporediese, non fu mai compresa nella sua tipologia fino al ritrovamento, avvenuto a Pompei nel 1912, delle parti che la componevano”.21) Le difficoltà d’interpretazione, alle quali si sommano quelle imputabili allo scarso realismo per l’aberrazione prospettica innanzi accennata, sono ulteriormente accentuate dal soggettivo dimensionamento delle figure; per meglio dire, dalla grandezza convenzionale assegnata alle figure, animate e inanimate, e che è fatta spesso variare nella medesima rappresentazione. Un oggetto, un congegno, un individuo non hanno nel contesto iconografico, quale che sia, un preciso rapporto rigidamente prospettico, né vagamente prospettico, ma le loro dimensioni sono fortemente discrezionali e mutano in base alla rilevanza che, a parere dell’artista, svolgono nell’evento. Una gru, ad esempio, può risultare molto più piccola del carico che sta sollevando se quest’ultimo è costituito da una preziosa opera d’arte, o da un emblematico elemento costruttivo, o da un dettaglio preminente della scena riprodotta in questione. E, solo per mera aderenza realistica, vengono inseriti alquanti particolari, più o meno completi e più o meno esatti, che per noi, non di rado, costituiscono l’aspetto fondamentale. Ma anche per le loro proporzioni sussiste la medesima convenzione, oscillando in base alla rilevanza che a giudizio dell’esecutore assolvono nel congegno. Rilevanza, sia detto per inciso, che può accrescersi per la loro recente introduzione, per la loro sperimentata efficacia o, persino, per il loro esorbitante costo, criteri comunque non necessariamente riconducibili alla preminenza meccanica che vi possiamo cogliere.
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Hellenic works has often been underestimated, on the optimistic assumption that those that had survived were the best. It was thought that classical civilization had handed down fundamental works that also included the knowledge contained in the lost writings. However, this optimistic vision was revealed to be totally without justification. The best works, in fact, cannot be saved thanks to an automatic mechanism of natural selection that takes place with the regression of a civilisation … the selection made by future descendants favoured compilations or writings that used a language that was still comprehensible in late antiquity and in the Middle Ages, when civilisation had regressed to prescientific levels...”.20) As to the findings of the era, of whatever type:“they must be considered with caution, for there is a technical problem: usually these images suffer from the bidimensional flattening that the artists of the era did not know how to overcome, and so they are very difficult to interpret. Consider, for example, the subject of ships, of which we possess a great number of illustrations. No one today, however, can state with any precision how the upper structures of ancient ships were actually made. Consider also the instrument used by the land surveyor, known through the funereal relief of an Eporedian surveyor – no one understood what it actually was until the discovery of its component parts, in Pompeii in 1912.”21) In addition to the problems attributable to the scarce realism of perspective, as already mentioned, difficulties in interpretation are further exacerbated by the subjective proportions of the figures, that is, by the conventional largeness assigned to figures, both animate and inanimate, and that often changes even within the same illustration. The depiction of an object, a device, an individual, whatever it may be, does not have a precise prospective rapport, is not even vaguely in perspective, as the proportions are highly discretionary and change according to the importance the artist believes them to have in the specific context. A crane, for example, may be much smaller than the weight it is lifting if the latter is a precious work of art, or an important constructive element, or a detail he considers essential to the scene. And particulars may be included for reasons of mere realistic observance, particulars that may be more or less complete and more or less exact, but that that for us, more often than not, are fundamental. The same applies to proportions, frequently oscillating according to the importance that the creator
11. Detail of the Arch of Constantine. Frieze along northern façade. The arch was built to commemorate Constantine’s victory over Massenzio at Ponte Milvio on 28 October 312. It was inaugurated in the year 315 or 325. 12. Roman war ships in battle: this may refer to the naval battle of Azio, I st century B.C. From the private collection of the Duc de Medinaceli, Madrid.
EOLO CHE COMANDA AI VENTI - Gennaro Maldarelli (1795-1858) - Salone Palmieri - Osservatorio Vesuviano (edificio storico in Ercolano) - per gentile concessione. (Foto Emilio Pinto) AEOLUS COMMANDING THE WINDS - Gennaro Maldarelli (1795-1858) - Salone Palmieri - Observatory of Mt. Vesuvius (historical building, Herculaneum) - by special concession. (Photo Emilio Pinto)
PARTE PRIMA
PART ONE
- TERRA -
- EARTH -
L’Iliade, l’unico poema pervenutoci dall’età del bronzo, si apre in un accampamento organizzato in riva al mare. Da dieci anni al suo interno, protetti da un fossato e da un aggere merlato, stanno gli Achei e le loro navi. Gli scafi tirati in secco e disposti uno a fianco dell’altro, sorreggono le tende, forse già vele, come i padiglioni sulle imbarcazioni raffigurate nei geroglifici. L’impianto, vagamente regolare, anticipa il reticolo ortogonale che Ippodamo adotterà per la sua urbanistica quasi un millennio dopo, e che i Romani preferiranno per i loro celebri campi legionari. Scelta che sopravvive ancora ben evidente nei centri storici delle maggiori città europee. Quanto alle tende solo da allora assurgeranno a precipuo alloggiamento degli eserciti in battaglia e a riparo d’emergenza nelle ricorrenti catastrofi. Mare e guerra, simbiosi di capacità tecnica e temerarietà: la capacità di sapersi orientare anche con dei rudimentali strumenti, e la temerarietà di sapersi battere con rozze macchine. Strumenti in grado di consentire la misurazione di angoli e di distanze, di profondità e di tempi, di assetti e di direzioni. Dal giro della terra di 360 giorni più cinque, scaturì l’angolo giro di 360°: e grado significa appunto passo. Misurandone con il loro tramite l’inclinazione del sole si comprese la grandezza della terra e le distanze con le quali occorreva confrontarsi. Ma si comprese anche l’enorme potenzialità che gli spostamenti sul mare assicuravano. Nuove invenzioni per computare i proventi delle crociere mercantili e delle razzie piratesche, fra cui la scrittura alfabetica e l’abaco aritmetico. E, prima ancora, la competenza per costruire le navi, la massima sfida tecnologica dell’antichità, che si destreggiava fra la consapevole individuazione dei materiali, la padronanza delle lavorazioni, la valutazione delle prestazioni. Utensili e attrezzi per trasformare dei tronchi in scafi e in macchine per spostarli o per sollevarli capaci di amplificare in maniera strabiliante la forza muscolare. Piani di alaggio, argani, cabestani, paranchi, bozzelli e corde: vasto repertorio nato in riva al mare e cooptato in breve volgere un po’ dovunque, peraltro ancora ampiamente impiegato. Quando nel VII secolo a.C. fu chiaro che la navigazione dal mar Ionio all’Egeo richiedeva diverse giornate contro le poche ore di marcia nei pressi di Corinto, si preferì spostare le navi su degli appositi carrelli, fatti muovere su un antesignano solidissimo binario lapideo, definito Diolkos e lungo quasi 7 km. Neanche allora era una assoluta novità riscontrandosene una intera rete completa di incroci e scambi sull’isola di Malta, dove spesso quelle rotaie finiscono nel mare. Forse servivano per spostare i blocchi di pietra necessari all’imperante megalitismo, forse per caricarli sulle imbarcazioni per altre destinazioni.
The Iliad, the only poem that has come down to us from the Bronze Age, begins in a camp set up along the seashore. For ten years the Achaens and their ships have been inside this camp, protected by a trench and by a battlemented agger. The ships, pulled aground and aligned one next to the other, support the tents, perhaps these were sails, somewhat like the pavilions we see on boats represented in hieroglyphics. The encampment is vaguely regular, anticipating the orthogonal grid that will later be used by Hippodamus for urban planning almost one millennium later and the Romans in setting up their famous legionnaire camps. A choice that is still very evident today in the historical centres of many of the major European cities. As for the tents, it is only from that time on that they become the primary quarters for armies in battle and emergency shelters in the event of natural calamities. Sea and war, a symbiosis of technical ability and temerity: the ability to find one’s bearing using rudimentary instruments and the temerity to do battle using crude machines. Instruments capable of measuring angles and distance, depth and time, orientation and direction. The rotation of the earth lasting 360 days plus five resulted in the 360° round angle: degree meaning step. Using these instruments to measure the inclination of the sun they comprehended the immensity of the earth and the distances they must face. But they also understood the enormous potential of transportation by sea. New inventions to compute the profits of merchant ships and pirate raids, alphabetic writing and the arithmetical abacus. And prior still, the skill to build ships, the highest technological challenge of antiquity, requiring the conscious knowledge of materials, mastery of construction methods and an assessment of the services provided. Tools and equipment to transform tree trunks into hulls and machines to move them or lift them, increasing muscle power in an astounding manner. Methods for towing, winches, capstans, hoists, blocks and ropes: vast repertories born on the shores of the sea and quickly used everywhere, then as now. When in the VII century B.C. it became clear that navigation from the Ionian Sea to the Aegean required several days as opposed to the few hours of marching near Corinth, they decided to move the ships on special carts, transporting them by means of a solid stone track, called Diolkos, almost 7 km long. Even at that time it was not uncommon to find an entire network, complete with crossroads and exchanges on the island of Malta, where those tracks often ended in the sea. Perhaps they were used to move the blocks of stone required for the imperious megalithic structures, perhaps to embark them on ships for other destinations.
STATO SOLIDO
SOLID STATE
L’ACCAMPAMEnTO LEGIOnARIO
THE LEGIOnnAIRE CAMP
FRA I PRIMI ESEMPI DI ACCAMPAMENTO VI È QUELLO IMPIANTATO A TROIA, PRESSO LE NAVI DEGLI ACHEI TIRATE IN SECCO. LE VELE NE FURONO LE TENDE ED I PENNONI I SUPPORTI. RESTÒ IN FUNZIONE PER OLTRE DIECI ANNI FORNENDO COSÌ UNA PIENA VERI-
ONE OF THE FIRST EXAMPLES OF A CAMP IS IN TROY, NEAR THE ACHAEAN SHIPS PULLED UP TO SHORE. THE SAILS WERE USED AS TENTS AND THE YARDS AS SUPPORTS. THE CAMP WAS ACTIVE FOR OVER TEN YEARS, FULLY PROVING THE SOUNDNESS OF ITS CONCEPT. THE SAME METHODS WILL CONTINUE TO BE USED UP TO THE MODERN ERA, TO MEET BOTH MILITARY AND CIVILIAN NEEDS.
FICA DELLA VALIDITÀ DELLA SUA CONCEZIONE CHE SARÀ RIPROPOSTA FINO AI GIORNI NOSTRI, SIA PER
USI MILITARI CHE CIVILI.
Fra le realizzazioni più importanti dei Romani, non fosse altro che per le implicazioni tattiche garantite e le conseguenze urbanistiche, spicca l’accampamento legionario. Per gli studiosi dell’arte militare fu una sorta di fortificazione mobile, una base ambulante ed un originale impianto residenziale.1) Per gli studiosi di urbanistica la sua ripartizione, infatti, che si riscontra al centro di molte città europee, ne fu l’indiscutibile premessa.2) Nonostante ciò, se ne ignora non solo l’origine ma anche la collocazione cronologica della sua adozione: forse avvenne nel IV secolo a.C. nel contesto delle guerre italiche.3) Plausibile reputarlo una reminiscenza d’età preistorica, ad esempio, dei villaggi trincerati dauni.4) Dal punto di vista geometrico ostentava un perimetro rettangolare a spigoli smussati: ve ne erano, tuttavia, di varie tipologie che, in prima approssimazione, si possono distinguere in: CAMPI DA OPERAZIONI QUARTIERI D’INVERNO CAMPI DI TAPPA CAMPI STRATEGICI CAMPI FRONTALIERI
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castra aestiva hiberna stationes presidia stativa
La capacità ricettiva di un campo legionario oscillava tra un minimo di alcune migliaia di uomini e un massimo di alcune decine di migliaia, con i relativi animali, ossia cavalli, muli e bovini da macello. Igino ce ne ha tramandato le dimensioni di uno destinato a un esercito di 42.000 soldati, pari a m 687 x 480.5) Le difficoltà insite nella formazione di un accampamento, quale che fosse, scaturivano dai molti condizionamenti ambientali che doveva soddisfare, primo fra tutti l’adiacenza d’un corso d’acqua. Anche quando lo si costruiva ogni sera il metator, che precedeva la truppa, doveva trovare un sito adeguato e il librator curarne lo spianamento; solo allora il mensor, poteva delimitarne gli spazi rettangolari riservati alle tende.6)
One of the most important of Roman constructions, if for no other reason than its tactical and urban planning implications, is the legionnaire camp. For scholars of the military art it was a sort of mobile fortification, a travelling base, and an original residential installation.1) For scholars of urban planning it was the indisputable premise for the plotting of city centres now found throughout Europe.2) Such notwithstanding, we do not know its origin nor when the particular method was first adopted: perhaps around the IV century B.C. during the Italian wars.3) It may also be a reminiscence of fortified Dauanian villages of the prehistoric age.4) From the geometric perspective, the camp had a rectangular perimeter with imprecise corners: the different types of camps were divided into: OPERATIVE CAMPS WINTER CAMPS TEMPORARY CAMPS STRATEGIC CAMPS FRONTIER CAMPS
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castra aestiva hiberna stationes presidia stativa
The camps could accommodate anywhere from a minimum of several thousand men to a maximum of several tens of thousands, with their related animals - horses, mules and cattle for slaughtering. Hyginus has left us the dimensions of one of these camps used by an army of 42,000 soldiers, measuring 687 x 480 meters.5) The difficulties inherent to the formation of an encampment, of whatever type, varied according to environmental conditions, the most important of which was its vicinity to water. Even when the camp was put up every night, the metator who preceded the troops, had to find a suitable spot and the librator to level the land; only then could the mensor mark out the rectangular spaces for the tents.6)
PARTE PRIMA - IMMAGINI
PART ONE - IMAGES
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74 74-75-76. Resti dei diversi campi legionari utilizzati durante l’assedio romano di Masada, Gerusalemme. 77. Schema di campo di epoca arcaica. 78. Schema di campo romano secondo Polibio. 77
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74-75-76. Remains of legionnaire camps used during the Roman siege of Masada, Jerusalem. 77. Scheme for camp in ancient times 78. Scheme for Roman camp according to Polibius.
PARTE PRIMA - TERRA
PART ONE - EARTH
alla precedente. Infine, traguardando dalla fessura a 45° si determinava la diagonale e la sua bisettrice da quella a 22°30’ 17): si potevano perciò tracciare figure geometriche a 8 o a 16 lati, con notevole precisione. Per la messa in stazione dello squadro lo si innestava nell’estremità superiore rastremata di un’asta di legno, munita inferiormente d’una cuspide ferrata per l’inserimento nel terreno. Prima di procedere alla collimazione occorreva verificare la perfetta verticalità dell’asta, con un filo a piombo. In merito all’origine dello squadro agrimensorio, se ne ignora sia l’epoca che il luogo e ovviamente l’ideatore. Il rinvenimento di un esemplare, sostanzialmente integro, a Coblenza fugò ogni riserva: nella fattispecie si trattava d’un bossolo a prisma ottagonale, con una fessura su ogni faccia a 45°.18) Perso a ridosso dell’ultimo conflitto, fu rimpiazzato nel 1997 da un secondo esemplare affiorato in Spagna, durante gli scavi dei ruderi di una villa romana del III sec. d.C. Il reperto, costituito da un tamburo cilindrico di bronzo, ha una altezza di circa 19 cm per 8 di diametro ed é scandito da sedici fessure, disposte verticalmente ogni 22°30’, larghe mezzo millimetro. Perfettamente identico ai modelli ottocenteschi, sottoposto a verifiche pratiche, ha dimostrato che a 50 m di
22°30’17), allowing the user to trace geometric figures with 8 or 16 sides, with great precision. The crosshead was inserted into the tapered upper extremity of a wooden rod, which had an iron tip at the bottom to fix into the ground. Before proceeding with collimation, the surveyor first had to ensure the perfect verticality of the rod, using a plumb line. We know neither the era nor area of origin of the surveyor’s crosshead nor, obviously, its inventor. The unearthing of an undamaged specimen in Koblenz dispelled any doubt: this particular finding was an octagonal prism shell case, with a slit on every facet placed at 45°.18) Lost during the last conflict, it was replaced in 1997 by a second exemplar discovered in Spain, during the excavation of the ruins of a Roman villa from the III century A.D. This later discovery consisted of a cylindrical bronze drum, approximately 19 cm high and 8 cm in diameter, with 16 slits located vertically every 22°30’, each one half millimetre wide. Perfectly identical to the models of the eighteen hundreds, upon further study it was revealed that at a distance of 50 m the visual field of one of its slits did not exceed 40 cm, with a maximal angular error of 30’.
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100. Piante, prospetti e sezioni di due modelli di squadro agrimensorio di epoca romana. 101. Ricostruzione virtuale degli stessi. 102. Reperto di epoca romana di squadro agromensorio ed esemplare del XIX sec.
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100. Design, perspective and sections of two models of a Roman Era surveyor’s cross. 101. Virtual reconstruction of surveyor’s cross. 102. Roman era remnant of a surveyor’s cross and 19th century exemplar.
PARTE PRIMA - IMMAGINI
Ricostruzione virtuale e rilievi planimetrici di carro-botte. Nella fattispecie è relativo al trasporto di due varietà di vino, forse bianco e rosso.
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Virtual reconstruction and plan for barrel-cart. This was used to transport two types of wine, perhaps red and white.
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vino, carri contenitori con alte sponde per terriccio o sabbia. Ed ancora carri diligenze per il servizio pubblico, con sedili pure sull’imperiale, veloci carrozze private con copertura a mantice, carrozze letto con padiglione di pelle, a quattro o a sei cuccette.44) Di queste ultime sono stati ritrovati dei supporti di bronzo, alcuni di notevole pregio artistico, relativi agli ancoraggi di robuste cinghie binate di cuoio.45) Cinghie che fungendo da sospensioni, isolavano il cassone dagli assali attenuando le maggiori sollecitazioni verticali e, ancor di più, i tremendi scuotimenti orizzontali, così da consentire se non un tranquillo sonno, un viaggiare meno penoso. Quanto al criterio specifico della sospensione a cinghia, se ne trova un larvato precedente nei carri da guerra egizi, muniti a volte di cinghie di sospensione, a volte di archi di vimini tipo balestra e a volte pure di ruote elastiche a quattro raggi, criterio quest’ultimo che potrebbe definirsi della ruota-ammortizzatore e che fu riscoperto in alcuni locomotori degli
four or six cots.44) Several bronze supports for the robust coupled leather straps or belts have been found, some of significant artistic value.45) The belts acted as suspension, isolating the caisson from the axles, decreasing most of the vertical stress and the tremendous horizontal vibration and permitting if not a tranquil at least a less difficult voyage. Regarding the suspension system, an early type was found in Egyptian war chariots, sometimes using actual suspension belts, others with cane arches similar to a crossbow and at times even elastic wheels with four spokes. This latter system may also be defined as a wheel-shock absorber, also used in some trains from the thirties. Thanks to the suspension and to the seamless installation of paving stones, carts were able to travel relatively comfortably and without great difficulty, in 167
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UNA TROMBA MARINA - Gennaro Maldarelli (1795-1858) - Salone Palmieri - Osservatorio Vesuviano (edificio storico in Ercolano) - per gentile concessione. (Foto Emilio Pinto) WATERSPOUT - Gennaro Maldarelli (1795-1858) - Salone Palmieri - Observatory of Mt. Vesuvius (historical building, Herculaneum) - by special concession. (Photo Emilio Pinto)
PARTE SECONDA
PART TWO
- ACQUA -
- WATER -
Il mare copre i due terzi del pianeta, senza soluzioni di continuità: rappresenta perciò la strada per antonomasia, priva di pendenze e di usura, di limiti di carico e di strettoie. Per sfruttare, però, quella preziosa opportunità non bastava saper costruire le navi e saperle governare avvalendosi della vista del sole e delle stelle: era indispensabile padroneggiarle in qualsiasi circostanza, di cui la più temuta si manifestava con l’improvvisa apertura di falle e la conseguente penetrazione dell’acqua. Ne derivarono gamme variegate di pompe per evacuazione, da quelle ordinarie per le sentine, complete di tubature di piombo e conca- rispettivamente ombrinale e pozzetto- a quelle a bindolo, per finire alla più sofisticata definita ‘ctesibica machina’, per noi pompa a doppio effetto. Con le pompe e con gli scafi fu presto recepito il concetto di pressione legato all’altezza o alla profondità dell’acqua. Si capì come avvalersene e come avvantaggiarsene, sia per evitare all’acqua di entrare nelle imbarcazioni, sia per consentirle di raggiungere le città. Scafi stagni ed acquedotti, tubi di piombo, di terracotta e di legno, vasta gamma per qualsiasi impiego di terra e di mare. E quando la movimentazione delle grandi flotte militari impose la concomitanza dei tanti uomini destinati ad azionare i remi, fu necessario escogitare soluzioni adeguate per disporre di acqua in quantitativi talmente abbondanti che nessun acquedotto era in grado di soddisfare. Comparvero perciò le colossali cisterne, grandiose cattedrali sotterranee destinate a raddoppiare virtualmente i flussi d’acqua, premessa indispensabile per le basi navali romane. E forse fu proprio dall’osservazione del variare del livello dell’acqua al loro interno che si elaborò l’ingegnoso dispositivo per la trasmissione a distanza fra le diverse basi navali, e le navi fra loro, descritto da Enea il tattico e che, verosimilmente, costituì a lungo una dotazione tassativa di qualsiasi stazione marittima. La conoscenza del contorno costiero del Mediterraneo, che quasi certamente originò degli antesignani portolani e delle rudimentali carte nautiche, facilitò di certo la navigazione a patto che da bordo si fosse in grado di stimare le distanze percorse, problema risolto con uno strumento definito odometro navale. Ma quello strumento con le sue due ruote a palette poste alle estremità di un albero che fuoriusciva da entrambe le murate, era la puntuale premessa di un sistema di propulsione meccanico, che sarà definito appunto ‘a ruota’.
The sea covers an uninterrupted two thirds of the planet. It is the road par excellence, with no inclinations or deterioration, no weight limitations and no narrow passages. In order to exploit such a precious opportunity it was not sufficient to build ships and know how to steer them by the light of the sun and the stars: mastery of the seas under any condition was indispensable. Of these the most feared was a sudden breach or leak and consequent penetration of water. The result was a varied range of evacuation pumps, from the ordinary bilge pumps, complete with lead pipes and chamberrespectively scupper and well-deck – to the chain-pump, ending with the most sophisticated, called ‘ctesibian machine’, or doubleacting pump. Pumps and hulls led to understanding the concept of pressure linked to the height and depth of the water. The ancients learned how to use it and exploit it, to prevent water from entering crafts and to reach other cities. Water proof hulls and aqueducts, pipes made of lead, terracotta and wood, a vast range for any use on land and at sea. When the movement of the great military fleets required the use of many men to activate the oars, solutions were needed to provide water in quantities such that no aqueduct was able to fulfil. And this led to the colossal cisterns, grandiose underground cathedrals that doubled the flow of water, the indispensable premise for Roman naval bases. Perhaps it was from observing the varying levels of water within these cisterns that led to the invention of long distance transmission systems to communicate with naval bases and between the ships themselves. A system described by Aeneas the Tactician, that soon became essential to all maritime stations. Knowledge of the coastal area surrounding the Mediterranean, which almost certainly gave origin to the precursor of the harbourmasters and rudimentary nautical charts, facilitated navigation if the distances travelled could be estimated on board, a problem solved with the instrument defined as naval odometer. And that instrument, with its two flash wheels protruding from both sides of a shaft became the premise for a system of mechanical propulsion that will later be defined as ‘wheel drive’.
STATO LIQUIDO
LIQUID STATE
I DUE TERZI DELLA SUPERFICIE DEL PIANETA
TWO THIRDS OF THE SURFACE OF THE PLANET
La tecnologia dell’acqua, soprattutto nell’antichità, è condizionata da una sua strana singolarità: trovarsi sempre al livello più basso di dove dovrebbe essere, o di dove non dovrebbe essere! In pratica vuoi per uso irriguo, vuoi per uso alimentare, vuoi, infine, per evacuazione è sempre stato un problema ed un lavoro sollevarla o toglierla! Dal che una gamma vastissima di macchine per innalzarla, più note come pompe o norie, a loro volta premessa per miriadi di macchine derivate. E se lo stato liquido è rappresentato da numerosi composti ed elementi, tra cui persino un metallo, dal punto di vista meccanico il comportamento sostanzialmente è per tutti assimilabile a quello dell’acqua. Per cui mai come in questo caso gli antichi giustamente indicarono nella stessa il secondo elemento dell’universo e noi il massimo esempio del secondo stato di aggregazione della materia. L’acqua copre il pianeta per 2/3, ed è il minerale più abbondante e più facile da reperire allo stato naturale in discreta purezza. Avendo come caratteristica un legame meno forte dei solidi ha una volume ma non una forma per cui si adatta a qualsiasi contenitore:da un’enorme cavità naturale, come ad esempio quella d’un lago, a una bottiglia. A tale stato di aggregazione si è dato il nome di liquido, la cui più antica etimologia implica, appunto, il significato di moto, di scioglimento. Oltre al volume ha anche una discreta massa, che tende per conseguenza della mobilità a disporsi in equilibrio, ovvero in orizzontale. Dal che lo scorrere dei fiumi o il cadere della pioggia e il suo ruscellare al suolo. Fenomeno che essendo attivato dalla forza di gravità e spostando entità rilevanti si comporta da forza motrice, la prima e la maggiore in assoluto concessa dalla natura. Al di là della sua potenzialità energetica in generale e motrice in particolare, l’acqua ha svolto anche un’altra funzione basilare nella storia dell’umanità, forse persino più importante per l’evoluzione: quella di strada.1) La superficie marina, come quella dei grandi fiumi e dei laghi, si è di fatto comportata sempre alla stregua di un’ampia via di comunicazione, nel caso del mare illimitata, di gran lunga superiore a qualsiasi altra sulla terra. Senza contare che, spostandosi su di essa 2), i rischi di aggressioni da parte di bestie feroci risultano
The technology of water, especially in ancient times, is conditioned by a strange singularity: it is always at a level lower that where it should be, or where it shouldn’t be! Either for irrigation, food, or even for evacuation, it has always been a problem and a labour to raise it or remove it! Thus the vast number of machines to raise it, better known as pumps or water-wheels that became the basis for myriad other machines. And if the liquid state consists of numerous compounds and elements, including a metal, from a mechanical viewpoint their conduct is always similar to that of water. The ancients justly considered water the second element of the universe just as we consider it the highest example of the second state of matter. Water covers 2/3 of the planet and is the most abundant and easiest to acquire mineral in a natural and relatively pure state. Since it is less binding than solids, it has volume but no shape and is thus easily adaptable to any container: from an enormous natural cavity, such as a lake, to a bottle. This aggregate state has been given the name liquid, whose most ancient etymology indicates motion, or liquefaction. In addition to volume it also has a discreet mass that tends, as a consequence of mobility, to place itself in horizontal equilibrium...the flow of a river or rainfall gently streaming upon the ground. A phenomenon activated by the force of gravity and capable of moving great weights, acting as a motive power, the first and the greatest motive power of nature. Apart from its energy potential in general and motive power in particular, water has also played another basic function in the history of humanity, perhaps even more important for evolution: that of a road.1) The marine surface, the surface of great rivers and lakes, has always been a great means of communication, in the case of the sea an unlimited one, much superior than any found on land. With the added bonus that by travelling on water 2), the risk of attacks from ferocious beasts are incomparably less, its attrition is insignificant, it has no inclinations, does not deteriorate and has no weight limitations: a child can easily move a float bearing tons! And once man learned how to exploit the wind,
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225. Visione convenzionale dell’intero globo terracqueo: il mare ne copre i due terzi della superficie, circondando completamente tutti i continenti. 226. L’acqua si presenta in natura in tutti e tre gli stati di aggregazione, solido, liquido ed aeriforme, che in corrispondenza delle calotte polari convivono. Nella foto, ad esempio, si vedono dalla prua del San Giuseppe II, comandato dal capitano Giovanni Ajmone Cat, i ghiacci dell’Antardide bagnati dal mare e sovrastati da dense nuvole di vapore.
225. Conventional earth and water view of the earth. The oceans cover two thirds of the surface of the globe, completely surrounding all continents. 226. Water is present in nature in all three aggregate states – solid, liquid and air, all three of which are present in the polar ice-cap. In the photo one can see from the prow of the San Giuseppe II, commanded by Captain Giovanni Ajmone Cat, the ice of the Antarctic splashed by the sea and with thick vapour clouds hovering above.
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incomparabilmente minori, l’attrito insignificante, nulla la pendenza, l’usura e i limiti di carico: un bambino si dimostra capace di spostare facilmente un galleggiante con sopra alcune tonnellate! Il vento, poi, saputo sfruttare, agevola il moto in ragione della sagoma esposta. Il che ha permesso di comprendere le potenzialità energetiche e motrici dello stesso, ovvero dell’aria, che non a caso fornì presto il suo apporto alla meccanica. Dal punto di vista biologico l’acqua è l’unico minerale che deve essere assunto in rilevanti quantità da parte di tutti gli esseri viventi, anche vegetali, ogni giorno. E’ la condizione stessa della vita sul pianeta: pertanto, fatta salva la fase più antica in cui ci si limitò a non scostarsi dalle rive dei grandi fiumi (testimoniata dalle civiltà del Nilo, del Tigri-Eufrate e dell’Indo) presto fu necessario studiare come spostare l’acqua. Ampliandosi, infatti, le aree coltivate fu indispensabile condurvi l’acqua 3) con canalizzazioni, come del resto altre canalizzazioni, per meglio dire acquedotti, si resero necessari allorquando i concentramenti umani divennero molto numerosi. Canali e acquedotti, reti di distribuzione e macchine di sollevamento, macchine per muoversi sull’acqua e macchine per funzionare con l’acqua. E sempre più spesso bisognò occuparsi anche del contrario, ovvero di come prosciugare l’acqua in eccesso sui terreni, nelle miniere e nelle navi: in quei casi la preziosa risorsa, senza adeguati interventi, si sarebbe trasformata in gravissimo danno. Ben di rado le macchine utilizzate per sollevarla furono efficaci anche per evacuarla o drenarla: altre macchine, quindi, e altri contributi tecnici, tutti fondamentali per l’evolversi della tecnologia.
movement was facilitated according to the shape and profile of the body exposed to that wind. This taught man to understand the energy and the motive potential of wind, or air, which would soon make its own contribution to mechanics. From a biological aspect water is the only mineral that is absolutely essential to all living beings, vegetable included, every day. It is the basic condition for life on this planet: therefore, without detriment to the most ancient era, when man limited itself to remaining in the vicinity of the shores of large rivers (witness the civilisations of the Nile, the Tigris-Euphrates and the Indian) it soon became necessary to study how to move water. As cultivated areas expanded water had to be brought to the soil 3) by means of canalizations, or aqueducts, crucial when the concentration of humans increased drastically. Canals and aqueducts, distribution networks and lifting equipment, machines to move on the water and machines to function using water. It also became increasingly important to study the opposite, how to remove excess water from the soil, from mines and from ships, when the precious resource could be a hazard. Very rarely were the same machines used to raise it effective in evacuating or draining water: thus other machines were needed, more technical work and technicians, all crucial to the progress of technology.
LE PRIME MACCHINE IDRAULICHE ELEMENTARI
THE FIRST HYDRAULIC MACHINES ALL SERVED BASICALLY THE SAME PURPOSE: THEY RAISED WATER. AL-
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THE FIRST ELEMENTARY HYDRAULIC MACHINES
THOUGH THERE WERE DIFFERENT METHODS FOR
LE
PRIME MACCHINE IDRAULICHE EBBERO IN SO-
STANZA IL MEDESIMO COMPITO: SOLLEVARE L’ACQUA.
DIVERSI I MODI PER POTERLO FARE, UNICO IL RISULTATO. IN BREVE DA QUEI REMOTI CONGEGNI DERIVÒ UN’AMPIA GAMMA DI MACCHINE SEMPRE PIÙ PICCOLE ED EFFICACI, ELABORATA PER UN PARTICOLARE SOLLEVAMENTO DELL’ACQUA: QUELLO DALLE SENTINE E, PIÙ IN GENERALE, DAGLI SCAFI ALLAGATI. SI DEFINIRONO SIFONI E POMPE E SONO ALLE SPALLE DEI NOSTRI MOTORI ALTERNATIVI. Difficilmente l’acqua dei grandi fiumi era anche ideale da bere, perché persino peggio di quella delle pozze in zone aride. Tuttavia al di sotto del terreno quasi
ACCOMPLISHING THIS TASK, THE RESULT WAS THE
SAME.
FROM
THESE REMOTE DEVICES THERE FOL-
LOWED A LONG SERIES OF INCREASINGLY SMALLER AND EFFECTIVE MACHINES DEVELOPED TO RAISE WATER: FROM THE BILGE AND, MORE GENERALLY,
TO EVACUATE FLOODED HULLS. THEY WERE CALLED SIPHONS AND PUMPS AND ARE THE BASIS FOR OUR RECIPROCATING MOTORS.
Rarely was the water from the large rivers suitable to drink and the water found in wells of the arid zones was even worse. Nevertheless, there was almost always water underneath the soil and it was certainly better than what filtered out 4); but
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227-228. Mosaici di epoca romana custoditi in Libia e raffiguranti il Tigri e l’Eufrate. Tra i due grandi fiumi, grazie alla loro potenzialità fertilizzante prosperò una lussureggiante vegetazione, non a caso identificata come il paradiso terrestre. 229. Affresco custodito nel museo archeologico di Alessandria d’Egitto, di epoca romana, raffigurante una noria azionata da una parigli di buoi. É la prima rappresentazione iconografica relativa ad una macchina idraulica di una certa complessità.
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227-228. Roman era mosaics from Libya depicting the Tigris and the Euphrates. The two great rivers had such a powerful fertilising capability and the area in their vicinity had such luxuriant vegetation that it was known as a terrestrial paradise. 229. Roman Era fresco from the Archaeological Museum of Alexandria, Egypt, depicting a water-wheel operated by oxen. This is the first image of a complex hydraulic machine.
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PARTE SECONDA - ACQUA
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sempre stava l’acqua, ed era di gran lunga migliore in quanto filtrata dallo stesso 4); per attingerla bastava sollevarla. A tale scopo fu usato l’otre caprino che vuoto pesava pochissimo, quando colmo risultava pesante e scomodo da alzare; ovviò a questo inconveniente un ramo fungente da carrucola prima e da bilanciere poi.5) Nel primo caso si trattò di una antesignana carrucola che deviava lo sforzo da verticale ad orizzontale; nel secondo di una vera macchina che, tramite un contrappeso ed una leva, riduceva lo sforzo. Nel Vicino Oriente comparve così lo shaduf, testimoniato da remotissimi geroglifici: col tempo si perfezionò poco e si diversificò tanto! Quel congegno, infatti, si può ancora intravedere nei mostruosi bilancieri che aspirano senza sosta il petrolio; ma si colloca pure alle spalle del trabocco medievale, la più potente artiglieria meccanica della storia. Anzi, a voler essere pignoli, il suo avvento, proprio nelle aree orientali è accertato in epoca molto più antica e con caratteristiche motrici ancora più simili a quelle del bilanciere dei pozzi.
to get at the water it needed to be raised. For this purpose they used a goatskin, which was very light when empty but extremely heavy and difficult to lift when full. To obviate this inconvenience, a branch was used, first as a pulley and later as an equalizer.5) In the first case it was a forerunner of the pulley that transformed vertical stress to horizontal stress; as an equaliser, it decreased stress by means of a counterweight and lever. The Near East had what was called a shaduf, present in numerous and very old hieroglyphics: in time it was slightly improved and greatly diversified. This same device is still evident in the huge equalisers that now continuously extract oil, but was also the basis for the medieval trabuch, the most powerful mechanical artillery in history. Actually, its advent in the eastern areas of the world has been confirmed in even more remote times and with motive features very similar to those of the equaliser used for wells.
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IL TRABUCCO Lo shaduf, è una macchina rudimentale che funzionava, e funziona ancora, tramite un’asta sospesa asimmetricamente a un montante verticale. Sostituire all’otre la fionda, più arcaica e diffusa presso le società pastorali, non dovette richiedere eccessive elucubrazioni come pure l’adozione di contrappesi. Non a caso anche il trabocco nella sua prima fase non li ebbe, ma li acquisì solo dopo e progressivamente li portò a masse sempre maggiori. Stando alle fonti accertate il trabocco comparve in Asia fra il V ed il III secolo a.C., al tempo della dinastia Zhou.6) A farlo funzionare era lo strappo simultaneo effettuato da numerosi serventi sulle funi: il braccio ruotava perciò di scatto, scagliando un pesante proietto. L’arma, sempre a strappo, raggiunse il Mediterraneo quando l’Impero romano d’occidente era ormai in piena dissoluzione, per cui furono i Bizantini a studiarne le applicazioni militari. Dal punto di vista meccanico il criterio costruttivo appare semplicissimo, consistendo in sintesi in una trave rotante, imperniata su un montante che la suddivideva in un braccio lungo ed uno corto. Quello lungo terminava con una imbracatura e quello corto con tante funi di trazione, sostituite in seguito da un contrappeso. Per rendere il braccio lungo ancora più lungo, alla sua estremità venne applicata la fionda per il proietto. Ricordava vagamente l’onagro e forse furono proprio i Bizantini ad
THE TRABUCH The shaduf is a rudimentary machines that functioned, and still functions, by using a rod suspended asymmetrically from a vertical post. Replacing the goatskin with the sling, older but more widely used by pastoral societies, must not have required excessive work, nor did the adoption of counterweights in a later phase. According to confirmed sources, the trabuch appeared in Asia between the V and the III century B.C., during the Zhou dynasty.6) It was made to function by the simultaneous pulling of ropes by numerous servants: when pulled the arm rotated forcefully , launching a heavy projectile. The weapon reached the Mediterranean when the western Roman empire had almost completely disintegrated but was studied by the Byzantines, for its military applications. From the mechanical aspect, its construction appears to be extremely simple, basically consisting of a rotating beam inserted into a post that divided it into two arms, one longer than the other. The longer section ended in a harness while the short one ended in a number of traction ropes, later replaced by a counterweight. To extend the length of the longer section, they also attached a sling for the projectile. It was vaguely similar to the onagro (onager) and perhaps it was the Byzantines who applied the counterweight and modified the sling so that the mechanism could launch containers filled with Greek fire. It is signifi-
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230. Raffigurazione egiziana del I millennio a.C. in cui compare un shaduf. 231. Nordafrica, ultimi scorcio del secolo scorso: un indigeno preleva l’acqua da un pozzo utilizzando ancora lo shaduf. 232. Concettualmente identico allo shaduf è il gigantesco bilanciere per l’estrazione dai pozzi del petrolio.
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230. Egyptian drawing of the I st millennium B.C., depicting a shaduf. 231. North Africa, end of the last century: a native raising water from a well still using a shaduf 232. Conceptually similar to a shaduf , a giant equaliser to extract oil from oil wells. 232
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INDICE - INDEX PRESEnTAZIOnE................................................... p. PREFAZIOnE.......................................................... p. PREFAZIOnE........................................................ p. PREMESSA............................................................ p.
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Introduzione: La Scintilla Divina Costruzione e distruzione: il ruolo del mare.............. p. Dai Greci ai Romani......................................................... p. Dinamica della tecnologia militare............................. p. Le incongruenze dell’attuale pubblicistica.................. p. Le incongruenze delle interpretazioni........................ p. Riservatezza e tabù...................................................... p. Le protesi tecnologiche................................................ p. Un minimo di chiarezza: scoperte ed invenzioni...... p. Meccanica e macchine.............................................. p. Cronologia relativa.................................................... p. Disprezzo o superiorità della tecnica?....................... p. La meccanizzazione mancanta.................................. p. Il motore.................................................................... p. Motore e ambiti naturali............................................ p. Premesse e promesse................................................. p. Un mito da sfatare...................................................... p. Il passato non passato................................................ p. L’enigmatico cannone a vapore di Archimede.......... p. Analogie e differenze................................................. p. La mancanza di una rappresentazione tecnica........... p. Principi di sussidiarietà............................................. p. Ambiti cronologici d’indagine................................... p. Convenzioni grafiche................................................. p. I quattro elementi classici.......................................... p. NOTE............................................................................ p.
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Introduction: The Divine Spark 16 20 28 32 40 42 46 50 52 56 62 66 70 74 76 78 80 84 86 88 92 92 98 100 102
PARTE PRIMA: Terra - Stato Solido L’accampamento legionario...................................... p. Le tende dei legionari................................................ p. Strumenti topografici................................................. p. Archipendolo............................................................. p. Odometro................................................................... p. Odometro di Erone.................................................... p. Baculo........................................................................ p. Groma........................................................................ p. Squadro agrimensorio.................................................. p. Corobate....................................................................... p. Diottra di Erone......................................................... p. Strumenti calcolatori................................................. p. Abaco romano............................................................ p. Mesolabio.................................................................. p. Calcolatore di Antikythera......................................... p.
PRESEnTATIOn.................................................... p. PREFACE.............................................................. p. PREFACE.............................................................. p. FOREWORD........................................................... p.
Construction and destruction: the role of the sea...... p. From Greeks to the Romans....................................... p. Dynamics of military technology.............................. p. The incongruties of modern writings......................... p. The incongruties of interpretation.............................. p. Secrecy and taboos..................................................... p. Technological prostheses............................................ p. A minimum of clarity: discoveries and inventions...... p. Mechanics and machines........................................... p. Relative chronology................................................... p. Disdain or superflousness of mechanics?................... p. The missed mechanisation......................................... p. The motor................................................................... p. Natural motors and environments.............................. p. Premises and promises............................................... p. A myth to disprove...................................................... p. A past not forgotten..................................................... p. Archimedes’ enigmatic steam cannon....................... p. Analogies and disparities.......................................... p. The lack of technical illustrations.............................. p. Subsidiary principle................................................... p. Chronological context................................................ p. Graphic conventions.................................................. p. The four classical elements....................................... p. NOTES........................................................................... p.
17 21 29 33 41 43 47 40 53 57 61 67 71 75 77 79 81 85 87 89 93 93 99 101 102
PART OnE: Earth - Solid State 108 110 112 112 114 114 116 118 118 122 122 126 126 128 130
The legionnaire camp................................................. p. Legionnaire tents....................................................... p. Topographical instruments........................................... p. Plumb rule................................................................. p. Odometer................................................................... p. Hero’s Odometer........................................................ p. Baculum....................................................................... p. Groma........................................................................ p. Surveyor’s crosshead................................................... p. The chorobate............................................................... p. Hero’s dioptre............................................................ p. Calculators................................................................. p. Roman abacus.............................................................. p. Mesolabium.................................................................. p. Antikythera’s calculator............................................. p.
108 110 112 112 114 114 116 118 118 122 122 126 126 128 130
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Strumenti cronometrici.............................................. p. La clessidra di Ctesibio.............................................. p. L’utensile per costruire.............................................. p. Supporti contro l’attrito............................................... p. Macchine per sollevare.............................................. p. Imballaggi ruotati....................................................... p. I carri romani............................................................... p. I binari di Pompei...................................................... p. La comparsa del semovente...................................... p. I motori dello stato solido......................................... p. Motori a gravità......................................................... p. Motori elastici a flessione........................................... p. Motori elastici a torsione............................................ p. Motori elastici a flessione metallica.......................... p. Piccoli motori a molla............................................... p. Serrature e lucchetti................................................... p. Cinematismi ed automatismi..................................... p. NOTE............................................................................ p.
132 135 140 142 142 148 152 160 162 164 164 168 170 172 174 174 180 184
132 135 140 142 142 148 152 160 162 164 164 168 170 172 174 174 180 184
PART TWO: Water - Liquid State
PARTE SECOnDA: Acqua - Stato Liquido I due terzi della superficie del pianeta........................p. Le prime macchine idrauliche elementari...................p. Il trabucco..................................................................p. Macchine per il sollevamento dell’acqua..................p. La noria.......................................................................p. Sifoni e pompe.......................................................... p. Pompe a bindolo........................................................p. Volano e manovella................................................... p. Pompa a doppio effetto...............................................p. Organo ad acqua........................................................p. Pompa a vite senza fine.............................................p. Acquedotti e cisterne.................................................p. Le grandi cisterne.......................................................p. La Piscina Mirabilis.....................................................p. Tripartitore idrico di Pompei.....................................p. Pressione e tubature...................................................p. Le torrette piezometriche.......................................... p. Tubature.....................................................................p. Diametri e definizioni dei tubi di piombo..................p. Chiavi d’arresto..........................................................p. Miscelatore monocomando........................................p. Telecomunicazioni.....................................................p. Telegrafo ad acqua......................................................p. I motori dello stato liquido..........................................p. Girante ad asse verticale e pale dritte.........................p. Girante ad asse verticale e pale oblique.....................p. Girante ad asse orizzontale........................................p. Ruote idrauliche per caduta e per trascinamento...... p. La ruota di Venafro....................................................p. Il mulino galleggiante.................................................p. Il battello a ruote........................................................p. Osservazioni meccaniche...........................................p. NOTE............................................................................p.
Chronometric instruments........................................... p. The clepsydra of Ctesibius........................................... p. Building tool: the lathe................................................ p. Friction bearings........................................................ p. Lifting machines......................................................... p. Railed cargo............................................................... p. Roman carts.................................................................. p. The rails of Pompeii..................................................... p. The advent of self-propelled vehicles......................... p. Solid state motors....................................................... p. Gravity driven motors................................................. p. Flexion elastic motors............................................... p. Torsion elastic motors.................................................. p. Metal flexion elastic motors....................................... p. Small spring motors................................................... p. Locks and padlocks..................................................... p. Kinematic and automatic motion............................... p. NOTES........................................................................... p.
190 192 194 198 200 204 204 206 208 210 212 214 216 218 220 222 222 226 228 228 230 232 232 236 236 238 240 242 244 246 248 250 252
Two thirds of the surface of the planet........................p. The first elementary hydraulic machines...................p. The trabuch..................................................................p. Machines to raise water............................................. p. The water wheel...........................................................p. Pumps........................................................................ p. The chain-pump.........................................................p. Flywheel and crank................................................... p. Double-acting pump..................................................p. Water organ................................................................p. Worm screw pump.....................................................p. Water and civilisation: the aqueducts.........................p. The great cisterns........................................................p. The Piscina Mirabilis..................................................p. Pompeii’s three-way water distribution system..........p. Pressure and pipes..................................................... p. Piezometric turrets.....................................................p. Pipes...........................................................................p. Measurements of lead pipes.......................................p. Shut-off valves.......................................................... p. Single control mixers.................................................p. Telecommunications...................................................p. Water telegraph..........................................................p. Liquid state motors....................................................p. Vertical axis rotor with straight blades.........................p. Vertical axis rotor with oblique blades.......................p. Horizontal axis rotor...................................................p. Drop force waterwheels and drag force waterwheels..p. The wheel of Venafro...................................................p. The floating mill........................................................p. The wheeled boat.........................................................p. Mechanical Observations...........................................p. NOTES...........................................................................p.
190 192 194 198 200 204 204 206 208 210 212 214 216 218 220 222 222 226 228 228 230 232 232 236 236 238 240 242 244 246 248 250 252
PARTE QUARTA - IMMAGINI
PART FOUR - IMAGES
PARTE TERZA: Aria - Stato Aeriforme L’involucro del pianeta.............................................. p. Vele sul mare............................................................. p. Il mulino cretese........................................................ p. Vele nel cielo............................................................. p. Attività subacquee........................................................ p. La campana pneumatica di Aristotele........................ p. Ponti e battelli pneumatici......................................... p. L’aria compressa........................................................ p. Mantici a stantuffo..................................................... p. Armi pneumatiche..................................................... p. Balista a molle d’aria................................................. p. L’aria come supporto: le telecomunicazioni.............. p. Torrette semaforiche.................................................. p. Telegrafia ad asta........................................................ p. Telecomunicazioni mobili.......................................... p. Posta aerea.................................................................. p. Bloccare l’aria: le lastre di vetro................................ p. I motori dello stato aeriforme.................................... p. Motori primari: la girante afgana.............................. p. NOTE............................................................................ p.
PART THREE: Air - Aeriform State 258 260 264 266 270 272 274 278 280 282 282 287 290 294 298 298 298 302 303 306
PARTE QUARTA: Fuoco - Stato del Plasma Dal fuoco al plasma................................................... p. Accensione del fuoco................................................. p. Acciarini ottici........................................................... p. Fuoco marino............................................................. p. La candela romana...................................................... p. Lanterne a vento........................................................ p. I fari dell’antichità...................................................... p. Fuoco per essere visti: i fari romani........................... p. Fuoco per riscaldarsi: il riscaldamento domestico..... p. L’acqua calda.............................................................. p. Sistemi di riscaldamento termale............................... p. Il doppio samovar da sala........................................... p. Fuoco per combattere: specchi ustori......................... p. Il lanciafiamme navale di Tucidide........................... p. La pompa di Valverde................................................. p. Il lanciafiamme di Ctesibio........................................ p. Un altro probabile lanciafiamme................................ p. Motori termici............................................................ p. La turbina a vapore..................................................... p. La turbina a vapore a reazione................................... p. NOTE............................................................................ p.
351
The sheathing of the planet........................................ p. Sails on the sea............................................................. p. The cretan mill............................................................ p. Sails in the sky: giant kites........................................... p. Air in the absence of air............................................... p. The pressure tank of Aristotle.................................... p. Pneumatic bridges and boats........................................ p. Compressed air.......................................................... p. Piston bellows............................................................ p. Pneumatic weapons...................................................... p. Air spring ballista....................................................... p. The air as support: communications.......................... p. Semaphore turrets...................................................... p. Rod telegraph............................................................. p. Mobile telecommunication.......................................... p. Air mail...................................................................... p. Blocking the air: glass panes..................................... p. Motors in the aeriform state...................................... p. Primary motors: the afghan rotor............................... p. NOTES........................................................................... p.
258 260 264 266 270 272 274 278 280 282 282 287 290 294 298 298 298 302 303 306
PART FOUR: Fire - Plasma State 310 312 312 316 316 318 320 320 324 324 324 330 332 332 336 336 340 342 342 343 344
Ringraziamenti........................................................ p. 347
From fire to plasma................................................... p. Fire ignition................................................................ p. Optical flints............................................................... p. Marine fire................................................................. p. The roman candle........................................................ p. Wind-lanterns............................................................ p. Lighthouses of antiquity............................................... p. Fire to be seen: roman lighthouses............................ p. Fire for warmth: domestic heating............................. p. Hot water.................................................................... p. Thermal heating system.............................................. p. The double samovar................................................... p. Fire for combat: burning mirrors............................... p. Thucydides’ flamethrower......................................... p. The Valverde pump..................................................... p. Ctesibius’ flatethrower............................................... p. Another probable flamethrower................................. p. Thermal motors............................................................ p. The steam turbine....................................................... p. The steam reaction turbine........................................ p. NOTES........................................................................... p.
310 312 312 316 316 318 320 320 324 324 324 330 332 332 336 336 340 342 342 342 344
Acknowledgments................................................... p. 347
Finito di stampare nel mese di Dicembre del 2007 presso la tipografia Cangiano Grafica - Napoli col patrocinio dell’ALLIED MARITIME COMPONENT COMMAND - NAPLES ISBN 978-88-95430-05-8 E.S.A. - Edizioni Scientifiche e Artistiche www.edizioniesa.com
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