Rilievi archeologici in Umbria

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Roberto de Rubertis

RILIEVI ARCHEOLOGICI IN UMBRIA PERUGIA - ASSISI - ORVIETO - OTRICOLI - SPOLETO

EDIZIONI SCIENTIFICHE E ARTISTICHE





Roberto de Rubertis

RILIEVI ARCHEOLOGICI IN UMBRIA PERUGIA - ASSISI - ORVIETO - OTRICOLI - SPOLETO

EDIZIONI SCIENTIFICHE E ARTISTICHE


Direzione dei rilievi Roberto de Rubertis Equipe operativa Vincenzo Angeletti (capogruppo) Roberto Angeletti, Bruno Cantale, Renata Colizzi, Stefano Filippi, Adriana Soletti, Fabio Quici Schede dei siti archeologici e dei monumenti Luana Cenciaioli [L.C.] Consulenza archeologica per la pubblicazione Tiziana Caponi Informatizzazione, editing e curatela del DVD Marco Filippucci Progetto grafico ed impaginazione Ferruccio Russo

I diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, archiviata anche con mezzi informatici, o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico, con fotocopia, registrazione o altro, senza la preventiva autorizzazione dei detentori dei diritti.

ISBN 978-88-95430-38-6 ESA - Edizioni Scientifiche e Artistiche © 2011 Proprietà letteraria artistica e scientifica riservata www.edizioniesa.com - info@edizioniesa.com


SOMMARIO 5 Premessa Mario Pagano 6 Presentazione Francesco Scoppola 8 Presentazione Anna Eugenia Feruglio 9 Presentazione Carlo Colaiacovo 10 Rilievi archeologici in Umbria Roberto de Rubertis 15 PERUGIA 55 ASSISI 73 ORVIETO 103 OTRICOLI 139 SPOLETO 150 Didascalie integrali Luana Cenciaioli 158 Bibliografia essenziale Luana Cenciaioli 159 Nota biografica dell’Autore



PREMESSA

Allorquando il prof. arch. Roberto de Rubertis, da molti anni docente presso le Università di Roma e di Perugia e consulente e, oso dire, storico collaboratore della Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria, mi ha avanzato la proposta di pubblicare l’insieme dei 600 rilievi archeologici eseguiti da lui e dai suoi collaboratori in Umbria in 30 anni di attività, dal 1970 al 2000, ho subito accettato con entusiasmo. La mia continua collaborazione con i, purtroppo ormai pochi, architetti che si occupano di archeologia, mi ha convinto che il rilievo accurato è il mezzo più immediato, adeguato e profondo per la conoscenza dei monumenti antichi, e una fondamentale base conoscitiva. D’accordo con l’Autore, si è deciso di selezionare i 140 disegni più significativi, riprodotti in ordine geografico, e di allegare al volume un DVD con l’intero archivio, che potrà essere di base a successivi studi, aggiornamenti ed elaborazioni. È forse inutile sottolineare l’importanza e l’accuratezza di questo insieme grafico, unico nel suo genere: dalle mura e porte urbiche di Perugia, con la celebre Porta Marzia e il basamento dell’arco di Augusto, che è ora oggetto del più importante restauro sponsorizzato in Umbria, grazie all’amore per la cultura di Brunello Cucinelli, alla tomba dei Cutu, alla necropoli del Palazzone, all’anfiteatro inglobato in Palazzo Penna, ai numerosi e imponenti monumenti archeologici di Otricoli e Assisi, alle ricche e complesse necropoli di Orvieto, al teatro di Spoleto. Si è deciso, di comune accordo, di accompagnare i rilievi con stringate annotazioni complete dei principali rimandi bibliografici, redatte dal nostro funzionario archeologo Luana Cenciaioli che, senza interferire con la lettura dei rilievi, costituissero una base per una lettura più approfondita ed eventuali ricerche. È mia profonda convinzione, documentata da anni di lavoro del MIBAC, che la tutela senza adeguata conoscenza e divulgazione di quanto si acquisisce, allontana il pubblico e emargina il ruolo istituzionale delle Soprintendenze. Già Giuseppe Fiorelli sentiva il peso delle centinaia di reperti chiusi nei magazzini dei Musei e poco accessibili al pubblico. Con questo volume, l’Autore e la Soprintendenza da me diretta offrono agli studiosi e al pubblico un patrimonio di conoscenze, che è paragonabile ad un tesoro ritrovato. Il volume non avrebbe potuto essere pubblicato senza il decisivo cofinanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, che è sempre attenta nel supportare progetti culturali di spessore, e benemerita nel coadiuvare l’opera della Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria. Mario Pagano Soprintendente per i Beni archeologici dell’Umbria

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PRESENTAZIONE

Per ogni lavoro cospicuo svolto, si pone la questione di quanto, come e in che forma sia meglio pubblicare. Non tanto e non solo per la giusta soddisfazione degli autori, quanto soprattutto per offrire a chiunque lo voglia opportunità ed occasioni di studio che sempre più spesso, anche nel giro di pochi anni soltanto, risultano irripetibili. La fretta non giova, ma nemmeno aiutano il perfezionismo e l’attesa dell’occasione ideale. Questa edizione, corredata da un disco che integra quanto non è stato possibile riprodurre su carta (si tratta di oltre quattrocento rilievi) mostra, fra archeologia e architettura, come infine al di là di ogni pur ragionevole dubbio - sia sempre prudente e preferibile pubblicare, non foss’altro per evitare il rischio di perdite che tanto spesso si sono verificate in passato. Al punto che perfino nel caso di rilievi o progetti già pubblicati non è infrequente lo smarrimento dell’originale. Per altro verso questa raccolta indica quale e quanta sia la mole del lavoro svolto, come pure quella di quanto resta ancora da compiere. Vi sono ad esempio alcuni interrogativi ai quali occorre rispondere, tanto più se si considera che siamo a cavallo tra archeologia e architettura e che si richiedono quindi doppie cautele. Sono tutti monumenti per i quali si sia provveduto ad adeguato censimento, schedatura, catalogazione, a dichiararne l’interesse pubblico? Sono cioè adeguatamente tutelati, direttamente nella materia costitutiva e nel loro intorno? E per le scoperte vi è stato modo di procedere all’immissione dei manufatti ritrovati nel patrimonio indisponibile dello Stato? Sono stati corrisposti i premi di rinvenimento previsti dal Codice? Sono visitabili? Ma anche trascurando quanto invocano i manufatti rappresentati e fermandosi alla sola pubblicazione dei rilievi occorre considerare altro ancora. Si tratterebbe infatti di passare da pur lodevoli iniziative di singoli, che comprensibilmente tengono alla diffusione di quanto nel corso del tempo hanno prodotto su incarico della pubblica amministrazione, ad iniziative organiche degli stessi uffici pubblici committenti, che potrebbero presentare allora la materia non per autore, secondo cioè l’incaricato delle ricognizioni e dei rilievi, o delle ricostruzioni, o dei progetti, ma in base ad altri criteri, quali ad esempio l’epoca dei manufatti rilevati, la loro ubicazione, la loro tipologia, la loro età, perfino l’epoca in cui fu eseguito il rilievo. Non sono infatti cambiati di poco, nel corso del tempo, i modi e le tecniche del rilevamento archeologico e dell’architettura antica. Il confronto immediato, senza sconfinare nella competizione, può però aiutare il miglioramento. E sarebbe molto interessante, raggiungendo comunque l’obiettivo di non perdere e diffondere il lavoro svolto, perseguire contestualmente anche altri fini, al punto da poter abbozzare una storia pratica sulla tecnica del rilievo archeologico. Tutto questo è per ora solo un voto, ma non è escluso possa trasformarsi, col tempo e progressivamente, in realtà. Vi è intanto questo risultato raggiunto, che – specie considerandolo parte del tutto, quale è – impressiona non foss’altro per la mole delle ore spese nella tutela e nella valorizzazione (quella vera, finalizzata a riconoscere e far riconoscere il valore delle opere, non quella orientata a ritorni economici: quella esprimibile cioè in qualità, come medaglia, e non per quantità di moneta). Se si pensa al numero impressionante di quanti hanno lavorato e lavorano su incarico della pubblica amministrazione, interni o esterni che siano all’organico dei pubblici uffici, si comprende che ad ogni istante prosegue la tessitura di una vastissima trama, che utilizzando l’espressione resa in un geroglifico dall’epigrafista aulico del quale ha scritto Cesare Brandi (I giubilei di Ramsete, in: Verde Nilo), davvero può riconoscersi, di volta in volta, tassello dopo tassello, come “il tempio di milioni di anni”, indipendentemente dal fatto che possa trattarsi del periodo e dell’impegno necessario all’accumulo delle conoscenze presupposte, ovvero occorrente alla sua edificazione, alla sua conservazione e manutenzione o di quello relativo alla sua potenziale durata. E’ una trama che, come la tela di Penelope, non può al tempo stesso, ad ogni ora, mentre la si tesse, disfarsi più in fretta dell’inevitabile: deve rimanere disponibile più a lungo possibile. Una cosa è certa: come specie non siamo sopravvissuti per milioni di anni all’ordalìa di durissime prove e privazioni,

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attraverso cataclismi, guerre, stragi, carestie, pestilenze e glaciazioni, per produrre una distratta e pigra ignoranza incapace di tramandare perfino i propri stessi saperi, inetta addirittura nel contemplare e preservare i suoi stessi interessi. Si può quindi ordinatamente tornare alle consolidate distinzioni, tra architettura antica e moderna, tra disegni dal vero, ricostruttivi e di invenzione (trovamenti e progetti), nella consapevolezza che il passato e il futuro vadano in ogni presente - per quanto possibile - accuratamente sondati e contemperati. Con la speranza che in questa perenne ricognizione d’insieme anche queste pagine di dettaglio possano a lungo giovare. Francesco Scoppola Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesagggistici dell’Umbria

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PRESENTAZIONE

Desidero esprimere la mia soddisfazione nel vedere qui pubblicati i rilievi eseguiti per la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria dal prof. arch. R. de Rubertis; nel corso di molti anni, per documentare ed illustrare monumenti, scavi e restauri archeologici nel territorio della regione. I rilievi sono il risultato di molti anni di lavoro e di impegno, non solo del prof. de Rubertis e dei suoi collaboratori, ma anche, in particolare, della Soprintendenza, che ha sempre considerato questa importante documentazione come uno degli impegni scientifici (e di tutela) più utili e rilevanti dell’ufficio. Al momento della sua istituzione (con molto ritardo, solo nel luglio 1964!) la Soprintendenza alle Antichità dell’Umbria riunì, sotto la propria direzione, territori periferici di altri uffici di tutela e dovette costruire una struttura operativa efficace con mezzi scarsissimi e con personale quasi inesistente. (Per molti anni rimase in servizio presso la Soprintendenza un solo disegnatore, anche se assai valido. Alcuni pochi rilievi pervennero, al momento dell’istituzione, dalla Soprintendenza alle Antichità d’Etruria). In alcuni casi, la documentazione grafica delle aree e dei monumenti archeologici fu affidata (per quanto limitata dalla scarsità dei mezzi a disposizione) a rilevatori esterni alla Soprintendenza, fra i quali, col tempo, apparve particolarmente efficace la collaborazione con il prof. de Rubertis. I primi rilievi, relativi all’area archeologica di Otricoli, furono affidati al de Rubertis dal primo Soprintendente, dr. Umberto Ciotti. Assunta personalmente la direzione della Soprintendenza nel 1976, affidai l’esecuzione dei molti rilievi successivi al prof. de Rubertis, con il quale la collaborazione, nel corso dell’esecuzione dei rilievi e – successivamente – della resa grafica e dello studio dei monumenti, risultò sempre di stimolo per suggerimenti e interpretazioni e per la risoluzione dei problemi che man mano si presentavano durante i lavori. In tal modo, nel corso del tempo, è stato realizzato il rilievo dei monumenti della più importante area archeologica della regione non coincidente con un centro moderno, Otricoli, che forse meriterebbe uno studio più approfondito – anche alla luce delle nuove acquisizioni – dopo il valido volume del prof. C. Pietrangeli ed i più recenti studi (soprattutto ad opera della Soprintendenza e del funzionario competente per territorio, L. Cenciaioli). Particolare attenzione fu dedicata alla documentazione dei monumenti di Perugia, sia dei monumenti ancora visibili (in particolare cinta muraria e porte urbiche), sia degli scavi e dei nuovi trovamenti (tempietto in località S. Faustino, tratto di mura in piazza Matteotti, resti in piazza Cavallotti, cisterna di via Caporali, tomba dei Cai Cutu, necropoli del Palazzone), sia di quelli “nascosti” nel tessuto urbano, come i resti dell’anfiteatro sotto Palazzo della Penna e soprattutto il muro di sostruzione dell’area centrale di Perugia, in via delle Cantine, che io riuscii fortunosamente a “scoprire” in locali interni del Vescovado, allora quasi inaccessibili. Importanti furono in particolare i rilievi del centro antico di Orvieto e delle necropoli orvietane, soprattutto quelli degli scavi nella necropoli di Crocifisso del Tufo, che ci hanno impegnati per molti anni e nei quali la collaborazione è stata particolarmente intensa. A questi dobbiamo aggiungere gli scavi di Cannicella e di via della Cava, i resti sotto S. Andrea e le tombe del territorio. Importanti i numerosi rilievi relativi ai molti e rilevanti resti romani conservati all’interno dell’attuale tessuto urbano di Assisi, e quindi il teatro di Spoleto, il tempio di Villa San Silvestro, alcuni resti di Amelia. Ma è inutile proseguire l’elencazione dei rilievi che ora ognuno può esaminare nel presente volume, che rivela – al pari dei monumenti nascosti sotto terra o all’interno del tessuto urbano dei centri antichi – quanto e quanto impegnativo lavoro “sotterraneo” esiste nell’attività di conoscenza e di tutela della Soprintendenza. Anna Eugenia Feruglio già Soprintendente per i Beni archeologici dell’Umbria

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Architetto e archeologo di grande competenza tecnico-scientifica e con una grande passione, non solo professionale, per l’Umbria. Questo è, in estrema ma efficace sintesi, il profilo del prof. Roberto de Rubertis, del quale questo volume – fortemente e meritoriamente voluto dalla Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria – raccoglie, a stampa e in formato DVD, le centinaia di rilievi archeologici che nell’arco di trent’anni egli ha eseguito con i suoi collaboratori in tutte le principali aree della regione: da Perugia a Orvieto, da Assisi ad Otricoli, per finire con Spoleto. L’Umbria, come è noto, accanto ad un patrimonio storico-artistico di raro pregio possiede anche un vastissimo patrimonio archeologico, che ancora non è stato indagato sino in fondo. Grazie al lavoro del prof. de Rubertis disponiamo per fortuna di una vasta documentazione sui monumenti, sugli scavi e sui restauri archeologici presenti nel territorio della regione. Una documentazione d’interesse indubbio per gli studiosi e gli esperti, ma non priva di fascino anche per i non specialisti, che però sono egualmente attratti dalle testimonianze del passato, a partire da quello etrusco, di cui l’Umbria è piena. Sostenendo la pubblicazione di questo volume, che si avvale di un prezioso supporto informativo all’interno del quale sono stati raccolti tutti i rilievi presenti nell’archivio di de Rubertis, la Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia ha inteso ovviamente proseguire nel suo tradizionale impegno a salvaguardia dei beni storico-culturali del territorio. Un impegno iniziato nel 1992, mai interrotto nel corso degli anni, e infine divenuto uno dei tratti qualificanti della sua azione di politica culturale. Carlo Colaiacovo Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia

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RILIEVI ARCHEOLOGICI IN UMBRIA

In questo volume è pubblicato, quasi per intero, l’archivio dei rilievi archeologici da me eseguiti in Umbria tra il 1970 e il 2000. Sono documenti in gran parte connessi con le campagne di scavo e di restauro condotte dalla Soprintendenza Archeologica per l’Umbria, sotto la direzione della dr. Anna Eugenia Feruglio, ma in larga misura sono anche esiti della mia attività didattica e di studio o sono stati promossi da curiosità personali. Le pagine a stampa contengono gli elaborati che illustrano i monumenti di maggior interesse, o che esemplificano in modo particolare le forme di rilevamento adottate, il DVD allegato raccoglie invece la totalità dei disegni da me prodotti, consistenti in 330 tavole, d’insieme e di dettaglio, e illustranti un patrimonio conoscitivo che ritengo doveroso rendere noto e consultabile. I rilievi sono tutti eseguiti a seguito di esplorazioni dirette, oltre che con l’ausilio di tecniche avanzate di misurazione, e sono tutti rappresentati con disegni a tratto realizzati a mano, nella convinzione che i documenti archeologici abbiano lo specifico obiettivo di registrare, non ciò che appare, ma ciò che si è personalmente capito dei monumenti studiati. Per descriverli con compiutezza e utilità è infatti necessario che ogni singola annotazione, ogni singolo segno, siano il risultato di un atto mirato di comprensione e di una cosciente volontà chiarificatrice. Le procedure grafiche adottate in questi disegni espongono perciò le osservazioni attente e le riflessioni meditate del rilevatore; ciò che da lui è ritenuto inessenziale, o estraneo al fine conoscitivo del lavoro, qui non appare. In questo modo l’incerto, l’irrisolto, l’approssimativo non figurano nella registrazione, così che gli elaborati risultano essere la testimonianza esplicita solo di osservazioni consapevoli, di cui il rilevatore assume la piena responsabilità. Dall’intento di questa documentazione sono infatti escluse quelle procedure di raccolta dei dati, oggi tanto in uso, che affidano a forme varie di automatismo la rappresentazione della realtà esperibile, e nelle quali non è sempre presente il vigile controllo di un operatore, rinviandosi a successivi momenti interpretativi la decriptazione dei segni raccolti dalle macchine. Non figurano pertanto in questo volume neanche le riproduzioni fotografiche, comunque eseguite, dei monumenti studiati, ma solo quei disegni a tratto che garantiscono di rappresentare solo ciò che si vuole. Sulla base di queste premesse ogni linea tracciata sulla superficie del foglio indicherà inequivocabilmente un contorno, oppure una fessura, oppure un cambiameto di materiale o ancora il confine di una campitura, ma sempre con chiarezza solo quella cosa, mai alluderà ad un’incerta attribuzione di significato capace di restituire solo un’impressione genericamente figurativa; pur essa perseguibile nel campo del rilievo, ma con diverso intento documentativo. Non devono infine ricercarsi qui notizie inerenti ai valori storici, artistici o critici di quanto presentato, ma solo l’illustrazione consapevole delle osservazioni del rilevatore; osservazioni che risultano dar luogo così a un’interpretazione che si deve definire onestamente soggettiva, ma chiara, inequivocabile e responsabile.

Roberto de Rubertis Ordinario di Disegno dell’Architettura nell’Università degli Studi di Roma “Sapienza”

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PERUGIA

Perugia sorge a circa 500 m. s.l.m. su un colle formato da un terreno sedimentario di origine alluvionale. La sua sommità è articolata in due alture, oggi appena delineate, colle del Sole e colle Landone, divise, fino al Medioevo, da un profondo avvallamento, ora colmato. Considerata tra le città più importanti della dodecapoli etrusca, cioè delle 12 città iscritte alla lista dei populi formanti la federazione, viene messa in relazione alla espansione etrusca nell’area padana nel VI sec. a.C. Fu fondata secondo alcune fonti dagli Achei, secondo altre da Auleste, padre o fratello di Ocno, fondatore di Felsina (Bologna); la letteratura medievale attribuisce la nascita di Perugia a Euliste l’etrusco, che Bonifacio da Verona celebra nel poema epico l’Eulistea composto nel 1293. Servio afferma che fu abitata dai Sarsinati, cioè da una popolazione umbra. Perugia, con la sua posizione eminente rispetto al fondovalle, deve aver favorito un sistema abitativo stabile, consistente in piccoli nuclei, posti in varie zone del colle (via del Verzaro, viale Pellini-piaggia Colombata, Capitolo della Cattedrale, Monteluce) come dimostrano numerosi reperti, inquadrabili al IX-VIII sec. a.C. (età villanoviana), presenti anche in zona Cupa e Pincetto rinvenuti in strati di terra, scivolati per cause naturali o artificiali (sbancamenti) dal colle soprastante che comprovano implicitamente le fasi insediative più antiche del colle perugino.

Nella seconda metà del VI sec. a.C. mentre nel territorio la società è organizzata secondo gruppi di principes, che esercitano un controllo sui latifondi e sui traffici, Perugia sta organizzando la città con un polo urbano, come dimostra la presenza di necropoli e di terrecotte architettoniche pertinenti a templi. La testimonianza più significativa è l’alfabetario in bucchero proveniente da viale Pellini, all’inizio della Piaggia Colombata, databile alla fine del VI sec. a.C. Il centro dell’antica città ha restituito testimonianze di età arcaica e classica, ma il momento della sua maggiore espansione si colloca in età ellenistica, sviluppo documentato dalla grande cinta muraria in travertino lunga 3 km, che corre intorno al colle, seguendone la morfologia, e della quale rimangono ampi tratti, come le porte monumentali, rispettose delle direttrici viarie di accesso. L’organizzazione interna dell’abitato ci giunge da documenti di varia natura e cronologia, pervenuti da trovamenti fortuiti e scavi: strade, opere idrauliche e domus (case). Tra i monumenti spiccano, per importanza e impatto architettonico, due opere di alta ingegneria idraulica, la cisterna di Via Caporali ed il pozzo Sorbello, posti agli estremi della città. [L.C.]

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Fig. 1. Perugia, Porta Marzia: prospetto e iscrizioni. III sec. a.C.

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1. 2. 3. 4. 5.

Porta Marzia Mura etrusche Porta Trasimena Porta del Giglio Porta Eburnea o arco della Mandorla 6. Postierla della Cupa 7. Palazzo della Penna (anďŹ teatro) 8. Muro di via delle Cantine 9. Tratto di mura in via Oberdan 10. Arco Etrusco o di Augusto 11. Pozzo di via Caporali 12. Stipe votiva di piazza Cavallotti

Fig. 2. Perugia, tracciato delle mura etrusche, pianta. III sec. a.C.

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ASSISI

Le prime tracce di frequentazione del sito della città sono documentate da materiali databili tra l’età del Bronzo e la prima età del Ferro, provenienti dall’area della Rocca; all’età arcaia si riferiscono contesti archeologici identificati al centro dell’abitato in via Arco dei Priori e sul colle S. Rufino, relativi ad un santuario. Assisi, centro umbro governato da collegi magistratuali all’inizio del III sec. a.C., diviene municipio romano nel 90 a.C. appartenente alla tribù Sergia. Da i natali intorno al 50 a.C. al poeta Properzio, che poco più che ventenne si trasferisce a Roma accolto nel circolo di Mecenate. In età augustea la città, inclusa nella Regio VI, prospera e si arricchisce di monumenti ed edifici. L’ultima notizia sulle fonti della storia di Asisium riguarda i fatti della guerra greco-gotica: nel 545 la città viene occupata da Totila. La città umbra e romana occupa lo stesso sito del centro medievale, alle pendici meridionali del Monte Subasio. Lo sviluppo urbanistico segue un programma unitario, formulato agli inizi del II sec. a.C. e completato in due secoli. Le mura della città, costruite con blocchi quadran-

golari di calcare rosa locale del Subasio, di cui sono visibili vari tratti, seguono un circuito di 2.300 m. circa; l’unica porta urbica nota si apre all’interno dell’attuale palazzo Fiumi-Roncalli ed è presente una postierla nell’orto del Vescovado. All’interno della cinta muraria, l’abitato era sistemato a terrazze, sorrette da sostruzioni in grandi blocchi di travertino e qui, secondo la concezione urbanistica ispirata ai canoni ellenistici, un grande complesso edilizio di carattere pubblico conferiva alla città un’eccezionale veste monumentale. Il tempio c.d. della Minerva, mirabile esempio di architettura sacra romana e il foro sottostante occupano la terrazza centrale; la cattedrale di S. Rufino, che ingloba l’antica cisterna, quello superiore; il quartiere meridionale è quello residenziale dove si collocano le domus. Nella città sono inoltre presenti il teatro e l’anfiteatro, le terme, numerose cisterne, vari complessi architettonici e i monumenti funerari. [L.C.]

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Fig. 1. Assisi (PG), pianta della cittĂ

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Fig. 2. Assisi (PG), assonometria della cittĂ

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ORVIETO

La sede della città etrusca di Volsinii coincide con quella dell’attuale centro di Orvieto. All’interno dell’area urbana sono presenti vestigia di strutture antiche, riferibili spesso a edifici di carattere sacro, indiziati dal rinvenimento di terrecotte architettoniche. La traccia più consistente dell’abitato etrusco ci viene fornito dalla fitta rete di pozzi e cunicoli, scavati nella rupe, relativi all’articolato sistema di infrastrutture idriche della città. Sono inoltre presenti fortificazioni di epoca etrusca, in rapporto con le mura, le porte e la viabilità antica, come il muro a grossi blocchi di tufi, allettati a secco, databile alla seconda metà del VI sec.a.C. Le necropoli, in relazione con l’insediamento urbano, sono localizzate alle pendici del pianoro, disposte intorno alla rupe. I nuclei più importanti si collocano nel

settore sud-ovest in loc. Crocefisso del Tufo e in quello Est a Cannicella. Nei dintorni di Orvieto, in loc. Campo della Fiera, indagini tutt’ora in corso stanno portando alla luce un notevole complesso archeologico con lunga frequentazione dall’età arcaica all’età romana: templi, strada basolata. In quest’area, occupata in età medievale dalla Chiesa di S. Pietro in Vetera è da identificare la sede fanum Voltumnae volsiniese. Inoltre, tombe e sepolcreti sono da localizzare in loc. Settecamini, Castel Rubello e Baidano. A Pagliano sono i resti di un importante porto fl uviale alla confl uenza tra i fiumi Paglia e Tevere. [L.C.]

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Fig. 1. Orvieto (TR), necropoli di CroceďŹ sso del Tufo, planimetria con curve altimetriche. VII-III sec. a.C.

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Fig. 2. Orvieto (TR), necropoli di CroceďŹ sso del Tufo, planimetria complessiva. VII-III sec. a.C.

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Fig. 3. Orvieto (TR), necropoli di CroceďŹ sso del Tufo, sezione dell’intera necropoli. VII-III sec. a.C.

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Fig. 4. Orvieto (TR), necropoli di CroceďŹ sso del Tufo, vedute prospettiche. VII-III sec. a.C.

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Fig. 5. Orvieto (TR), necropoli di CroceďŹ sso del Tufo, assonometria complessiva coperta. VII-III sec. a.C.

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Fig. 6. Orvieto (TR), necropoli di CroceďŹ sso del Tufo, assonometria complessiva scoperta. VII-III sec. a.C.

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OTRICOLI

Otricoli, è una delle zone archeologiche più importanti non solo dell’Umbria attuale, ma dell’Italia antica, per l’estensione dell’area archeologica, per lo stato di conservazione, per i suoi monumenti, e si inserisce in un paesaggio naturale di notevole bellezza per la varietà delle colture e della vicinanza del Tevere. L’antico centro umbro sorto sul colle tufaceo, occupato dall’attuale paese, domina la valle del Tevere; era difeso da una linea di mura, costruite con grandi blocchi squadrati di tufo, databili al IV-inizi III sec. a.C. e continuò ad essere abitato anche in età romana. Otricoli alleata di Roma nel 308 a.C., dopo la battaglia di Mevania, svolse funzione strategica come città di confine tra l’Umbria e la Sabina e come punto di scambio tra la viabilità fl uviale e quella terrestre lungo la via Flaminia, che aperta nel 220 a.C., attraversava il centro. Si estese alla fine dell’età repubblicana, con il rango di municipium nella piana sottostante, presso una grande ansa del Tevere, su cui sorse il porto della città, il cosiddetto «porto dell’Olio» che a seguito degli spostamenti del fiume, è ora occupato da coltivazioni agricole. Le bellezze dei suoi dintorni la resero luogo adatto per la villeggiatura: avevano una villa Tito Annio Milone, personaggio politico della prima metà del I sec. a.C. e Pompea Celerina, suocera di Plinio il Giovane. Ricordata nel 69 d.C. durante le lotte tra i partigiani di Vespasiano e Vitellio, venne a far parte in età dioclezianea della Tuscia et Umbria. Distrutta durante l’invasione longobarda, fu abbandonata nel VII sec. d.C., in seguito ad

alcune circostanze, a cui non furono estranee le inondazioni del Tevere. I ruderi di Otricoli, visibili per chi transita sulla via Flaminia, sono ricordati nei testi dal Cinquecento al Settecento che parlano di antichità umbre e sabine: l’anfiteatro, il teatro, le grandi e le piccole sostruzioni, l’area del foro e altri edifici pubblici come la basilica, le terme, il ninfeo. I primi scavi regolari furono condotti durante il pontificato di Pio VI, nella seconda metà del Settecento, diretti dall’arch. Giuseppe Pannini. Vennero esplorati molti edifici monumentali come la Basilica e le Terme e le opere d’arte rinvenute trasportate ai Musei Vaticani, dove ancora oggi arricchiscono le collezioni. Altri materiali si trovano in musei italiani e stranieri (Parigi, Louvre; S. Pietroburgo, Ermitage). Importanti nuclei di reperti si trovano tuttora ad Otricoli, in parte riutilizzati nell’attuale borgo, in parte nelle collezioni comunali e private. La città, non recintata da mura, è attraversata dalla via Flaminia, fiancheggiata prima del suo ingresso nell’area urbana, da monumenti funerari e individuata per vari tratti; l’antica strada insieme al «porto dell’olio», usato anche per tutta l’età imperiale, favoriva i rapporti commerciali con Roma. Il Tevere, infatti fino al secolo scorso venne utilizzato per il trasporto di minerali, di legname, di prodotti alimentari e di materiale da costruzione. [L.C.]

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1. Teatro 2. Gradi sostruzioni 3. AnďŹ teatro 4. Monumento funerario rotondo 5. Tomba a colombaia 6. Tomba a pilone 7. Terme

Fig. 1. Otricoli (TR), planimetria generale dell’area archeologica, occupata dalla Ocriculum romana

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Fig. 2. Otricoli (TR), planimetria generale di Ocriculum romana con curve di livello

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Fig. 3. Otricoli (TR), area archeologica. Teatro romano, assonometria ortogonale isonometrica dello scavo nel 1964 ed ipotesi ricostruttiva. EtĂ augustea

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Fig. 4. Otricoli (TR), area archeologica. Teatro romano, assonometria cavaliera militare isometrica dello scavo. EtĂ augustea

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SPOLETO

Fu occupata stabilmente fin dall’età del Bronzo, come documentano i materiali provenienti dalla Rocca e le tracce di fondi di capanne individuate nell’area del convento di S. Nicolò. Il centro umbro, più ristretto rispetto alla futura città romana, ha restituito tombe databili tra il VII ed il IV sec. a.C. Nel 241 o nel 238 a.C. venne dedotta da Roma la colonia latina di Spoletium, amministrata da un collegio di praetores. Ebbe un ruolo importante nella marcia verso Roma di Annibale, reduce della vittoria sul Trasimeno, che fu fermato dalla resistenza della città nel 217 a.C. Interessata dal percorso della via Flaminia, nel 90 a.C. divenne municipium, retto da quottuorviri e gli abitanti furono iscritti alla tribù Horatia. Viene ricordata nelle guerre tra Mario e Silla, e tra Ottaviano e Antonio, e menzionata da Strabone tra i municipi più importanti dell’Umbria. In età tardo antica, dopo il favore goduto presso Teodorico all’inizio del VI sec. a.C., il centro diviene roccaforte bizantina; fu occupata da Totila nel 545 e intorno al 571 divenne capitale del granducato longobardo.

La città venne sistemata in età romana con un sistema di terrazze, servite da strade secondo un reticolo regolare. La cinta muraria lunga oltre 2 Km. è costruita in opera poligonale e quadrata di calcare locale, con fasi e restauri dalla fine del IV al I sec. a.C. In corrispondenza dell’attuale piazza del mercato va localizzata l’area forense: sul piazzale si affaccia il pronao di un tempio (inglobato nella chiesa di S. Ansano) e a fianco l’arco ad un solo fornice, dedicato a Druso Minore e Germanico. A nord della piazza i resti di una casa romana supposta di Vespasia Polla. Degli edifici per spettacoli rimangono il teatro, presso il monastero di S. Agata, sede del Museo Archeologico, e l’anfiteatro, occupato nel Medioevo dalla chiesa e dal monastero di S. Gregorio. Interessante la presenza di mosaici di VI-VII sec. d.C. che attestano la presenza di un battistero Dal territorio da menzionare il monumento funerario all’interno del recinto in loc. Cortaccione databile al I sec. d.C. [L.C.]

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Fig. 1. Spoleto (PG), Teatro romano, pianta. Seconda metĂ del I sec. a.C.

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Fig. 2. Spoleto (PG), Teatro romano, assonometria. Seconda metĂ del I sec. a.C.

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Fig. 3. Spoleto (PG), Teatro romano, sezione A-A. Seconda metĂ del I sec. a.C.

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DIDASCALIE INTEGRALI

PERUGIA Fig. 1. Perugia, Porta Marzia: prospetto e iscrizioni. III sec. a.C. La Porta Marzia, una delle sei porte principali della cinta muraria etrusca, di cui rimane la parte superiore, è inserita nel bastione della Rocca Paolina; fu spostata di circa 4 metri in avanti rispetto alle mura etrusche e ricomposta pietra su pietra da Antonio da Sangallo. L’arco, a semplice giro di conci limitati da una modanatura esterna, è fiancheggiato da due teste, forse di divinità protettrici della città. Sopra una loggia chiusa in basso da transenne e sostenuta da pilastri scanalati con capitelli del tipo a volute, sono inseriti i busti scolpiti di tre personaggi, Giove e i Dioscuri o secondo recenti interpretazioni Ocno e Auleste, fondatori di Perugia, e alle estremità due teste di cavallo. Le due iscrizioni romane AUGUSTA PERUSIA e COLONIA VIBIA, come sull’Arco Etrusco, ricordano i benefici ricevuti da Augusto e lo ius coloniae concesso da Treboniano Gallo. Fig. 2. Perugia, tracciato delle mura etrusche, pianta. III sec. a.C. Il nucleo etrusco della città di Perugia, si imposta su due alture, Colle Landone a sud e Colle del Sole a nord ed è cinto da potenti mura in travertino, ancora visibili per lunghi tratti, che sviluppano un percorso quasi tutto identificato, di circa tre chilometri, databili al III sec. a.C., con tratti di epoca precedente risalenti alla fine del IV sec. a.C., almeno per il settore settentrionale; si adattano alla impervia morfologia del terreno, disegnando un tracciato murario caratterizzato da profonde rientranze in corrispondenza di fossi e da altrettante sporgenze, con il caratteristico disegno a trifoglio. Alcuni recentissimi saggi in prossimità dell’arco etrusco permettono la datazione alla seconda metà del III sec. a.C. Impostate a metà costa, le mura sono costruite con grandi blocchi di travertino, disposti in filari abbastanza regolari, a secco; larghe, dove è possibile verificare, circa m. 2,60-2,80, si rastremano alla sommità, dove corre un camminamento di ronda indicato da un filare aggettante, al di sopra del quale erano impostate almeno due assise, come è possibile vedere in Via Cesare Battisti e nel tratto della Cupa. Sei sono le principali porte: Arco Etrusco o di Augusto, Porta Trasimena, Arco della Mandorla, Porta Marzia, Porta S. Ercolano, Arco dei Gigli. Di recente ne

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è stata individuata una anche in prossimità dell’arco di via Appia. Due le postierle identificabili come cloache (fognature) localizzate in loc. Cupa e Conca. Alcuni blocchi presentano, sulla superficie esterna, scolpite lettere dell’alfabeto etrusco, interpretate come segni destinati a contrassegnare settori di cava o gruppi di forniture di blocchi: A, X, S… Il luogo di approvvigionamento del materiale usato per la costruzione delle mura è da ritenersi, anche a seguito di recenti studi, il deposito travertinoso di S. Sabina. Fig. 3. Perugia, Porta Marzia, dettaglio centrale. III sec. a.C. Particolare della decorazione dell’arco e stemma di Papa Paolo III, che fece costruire la Rocca Paolina nel 1540, inglobando la porta etrusca. Fig. 4. Perugia, Porta Trasimena, prospetto C-C’, prospetto D-D’. III sec. a.C. È la porta occidentale della cinta muraria etrusca. L’arco è stato ricostruito in età medievale. Due blocchi sporgenti in travertino separano i piedritti antichi dell’arco. Fig. 5. Perugia, Porta del Giglio, prospetti D-D, B-B, E-E. III sec. a.C. L’arco è stato ricostruito in età medievale. Fig. 6. Perugia, Porta del Giglio, prospetti C-C, A-A. III sec. a.C. Fig. 7. Perugia, Porta del Giglio, pianta. III sec. a.C. Fig. 8. Perugia, Porta Eburnea, prospetti A-A, B-B, CC, D-D. III sec. a.C. Detta anche Arco della Mandorla è piuttosto rimaneggiata; rimangono alcune lettere scolpite sui travertini che fanno riferimento all’iscrizione colonia vibia, già presente sull’arco etrusco e sulla porta Marzia. I due blocchi sporgenti che separano i piedritti dall’arco, quest’ultimo rifatto in età medievale, sono un reimpiego, e potrebbero essere stati presi dalla copertura della cisterna di via Caporali. Fig. 9. Perugia, Postierla della Cupa, prospetto e stralcio catastale. III sec. a.C. Inglobata nel lungo tratto di via della Cupa, il passaggio immette in un vano quadrangolare, ricavato nello spessore delle mura. Le indagini svolte fanno ipotizzare che fosse utilizzata come sbocco di canale di drenaggio del colle.


Fig. 10. Perugia, Postierla della Cupa, profilo C; sezioni A-A, B-B; pianta. III sec. a.C. Fig. 11. Perugia, Palazzo della Penna, resti dell’anfiteatro; piante e sezioni. Anfiteatro romano. I sec. d.C. Rimangono tratti di muratura in opera cementizia con andamento curvilineo, pertinente al muro perimetrale della galleria anulare, su cui si aprivano gli accessi della cavea. È stato proposto di riconoscere l’anfiteatro nell’arena dove si svolge la scena narrata nell’affresco di Benedetto Bonfigli, raffigurante l’uccisione del vitello e la sepoltura di S.Ercolano, durante l’assedio di Perugia da parte di Totila, re dei Goti. Fig. 12. Perugia, muro di via delle Cantine, piante e sezione. II sec. a.C. L’area occupata attualmente dalla Cattedrale di S. Lorenzo e da Piazza IV Novembre, coincidente fin da età antica con il settore centrale della città, è costituita da un ampio terrazzamento sostenuto da monumentali sostruzioni in opera quadrata di travertino (100 x 70 m.). Il limite settentrionale è delimitato da un muro di sostruzione con orientamento est-ovest; la struttura, conservata per una lunghezza di circa 40 metri e per un alzato di circa 15 metri è costruita con blocchi di travertino disposti a secco in filari regolari e aggettanti di alcuni centimetri, dall’alto verso il basso, per motivi di staticità. Lo spessore del muro di circa 2,40 m. è riempito da spezzoni di travertino disposti in piano, almeno nel tratto visibile, ma non squadrati; sui blocchi, sono incisi marchi di cava costituiti da lettere dell’alfabeto etrusco C A. Il materiale usato, proviene dalle cave di Santa Sabina, come dimostrano gli studi fatti in proposito. Della struttura si conserva anche l’angolo occidentale, in corrispondenza del quale il muro piegava per raccordarsi al tratto di sostruzione visibile all’interno dei locali affacciati lungo Via Maestà delle Volte. All’interno della terrazza stutture murarie e materiali indicano la presenza di edifici templari, mentre ai piedi corre il principale asse viario est-ovest dell’urbanistica di età etrusca e romana, ricalcato dall’attuale allineamento di Via Bontempi - Via Baldeschi - Via della Stella e destinato a collegare cardo e decumanus e due delle porte aperte nella cinta muraria etrusca: l’Arco dei Gigli e Porta S. Luca. Del percorso, identificato anche lungo via Bontempi, si conserva per circa 40 metri un lungo tratto che corre fino di sotto dell’attuale piazza Cavallotti, passando per i locali affacciati sul chiostro inferiore della Cattedrale. La strada, della larghezza di quasi 4 metri, è pavimentata a grandi basoli che recano evidenti tracce del passaggio dei carri nei due sensi di marcia. Il basolato, databile all’inizio dell’età imperiale, è da attribuire al restauro della via nei decenni successivi all’incendio del 40 a.C. ed in alcuni punti è impostato sulla pavimentazione più antica. Il percorso stradale continua in piazza Cavallotti dove sono i resti pertinenti ad una stipe votiva, con materiali di III-I sec. a.C., riempita a seguito di una ristrutturazione di un luogo di culto dalle vicinanze.

Fig. 13. Perugia, mura etrusche. Tratto di via Oberdan, pianta; sezione; particolare assonometrico del cardine. III sec. a.C. Conservato per un lungo tratto, rintracciato all’interno degli edifici. È stata individuata la parte sommitale. Fig. 14. Perugia, mura etrusche. Tratto di via Oberdan, pianta del tratto murario; sezione A-A’, B-B’, C-C’, D-D’; pianta edificio annesso; particolare assonometrico del cardine. III sec. a.C. Fig. 15. Perugia, mura etrusche. Tratto di via Oberdan, pianta X-X’ e sezione A-A’; Pianta Y-Y’ e sezione B-B’. III sec. a.C. Fig. 16. Perugia, Arco di Augusto, pianta; sezione; 3 sezioni con lettere. III sec. a.C. L’arco Etrusco o di Augusto, tra le sei porte cittadine, è l’unica a non aver subito forti modifiche, se non per la costruzione in età rinascimentale, nel torrione di sinistra, di una graziosa loggia rinascimentale, e di una fontana collocata in basso. Costruito come le mura con grandi blocchi di travertino disposti in filari, abbastanza regolari, a secco, rivolto verso settentrione, in direzione di Gubbio, è formata da due torri di forma trapezoidale, rastremate superiormente e da una facciata ornamentale con arco, impostato obliquamente rispetto alle mura. I due possenti torrioni, presentano una lavorazione differenziata e travertino di diversa consistenza. L’arco costruito con volta a tutto sesto e formato da una doppia armilla di stretti cunei accuratamente levigati è delimitato da una cornice modanata a semplice cavetto liscio. Sulle due ghiere è incisa l’iscrizione AUGUSTA PERUSIA, aggiunta in età romana. Ai lati sono inseriti due blocchi informi, in arenaria, resti di due teste, pertinenti a divinità protettrici della città, come documentato a Volterra, a Falerii, a Perugia stessa nella porta Marzia, e attestato in alcune urne etrusche. Sopra l’arco corre un fregio, formato da metope con scudi rotondi e triglifi con pilastri, sormontati da capitelli del tipo ionico italico, delimitato da due cornici aggettanti; sull’inferiore è l’iscrizione COLONIA VIBIA, aggiunta con l’imperatore di origine perugina C.Vibio Treboniano Gallo (251-253 d.C.). Lo stato di conservazione ed il degrado non ne consentono più la lettura e si intravedono solo alcune lettere. Al di sopra del fregio si apre un secondo arco, delimitato da una cornice e fiancheggiato da lesene lisce e capitelli con grande fiore centrale. Databile alla seconda metà del III sec. a.C., sarebbe un ampliamento di una cerchia più antica, posta a monte di quella attuale, della fine del IV sec.a.C. Alcuni blocchi dei tratti sopradecritti presentano segni di cava, cioè lettere dell’alfabeto etrusco, destinati a contrassegnare settori di cava o gruppi di forniture di blocchi: A, X, S... Fig. 17. Perugia, cisterna di via Caporali, pianta; sezione A-A; dettaglio A-A. III sec. a.C. La cisterna, ubicata all’inizio di via Caporali, si rinvenne fortuitamente nel 1989, lungo uno degli assi viari est ovest, identificato come uno dei decumani della città. Scavata nel

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“tassello”, è profonda m. 8 ed ha un diametro di m. 3,64 2,98; le sue pareti sono rivestite da una muratura, formata da pietre legate da malta molto povera, rivestita da intonaco idraulico, cocciopesto. In alto sono conservate due canalette per la raccolta ed il convogliamento delle acque all’interno. Il fondo della cisterna ha un piano in cocciopesto, raccordato alla canna da un bauletto. La copertura, in travertino, è formata da grandi lastre poggiate sui bordi della canna, sorrette da puntoni, con una sorta di “doppia capriata”, inseriti nella parete e raccordati al centro da un cuneo. Costruita nella stessa tecnica di pozzo Sorbello, ma di dimensioni minori, è databile al III sec. a.C. e può essere considerata una importante opera pubblica, ubicata all’aperto; fu inglobata nel II sec. a.C. in una struttura privata e ricoperta da un pavimento in cementizio a base fittile di colore nero, con tessere bianche disposte a reticolo. Fu abbandonata insieme all’edificio intorno al IV sec. d.C. Fig. 18. Perugia, cisterna di via Caporali e pavimento, pianta; sezione. III sec. a.C. Fig. 19. Perugia, piazza Cavallotti, stipe votiva, pianta, prospetto, sezioni. III sec. a.C. – V sec. d.C. I resti rimessi in luce e ora visibili al di sotto della piazza contribuiscono alla ricostruzione dell’assetto urbanistico della città dal III sec. a.C. all’età medievale. Sono pertinenti ad una stipe votiva, con materiali di III-I sec. a.C., riempita a seguito della ristrutturazione di un luogo di culto dalle vicinanze, ad un tratto stradale basolato, che si ricollega ad un altro al di sotto del Capitolo della Cattedrale e ad una fontana semicircolare rivestita con lastre di marmo. Alimentata da una tubatura in piombo, che reca il nome dell’esecutore e del committente, replicata in due punti: IUCUNDUS LANI FORT, da collegare probabilmente ad una delle famiglie più importanti di Perugia, la gens Annia, attestata nel II sec. d.C. e assunta ai ranghi senatoriali. Nel corso del V sec. d.C. fu pavimentata con un mosaico monocromo color rosa. Accanto è una canaletta in cotto che sfocia in un cunicolo, che a sua volta passa sotto la strada, e si collega ad altri due creando una specie di trivio sotterraneo, proprio al di sotto della piazza, dove la strada romana era prossima a delle diramazioni. Tale sistema di scarico, serviva la zona pubblica della città ed è da legare alla cisterna di Piazza IV Novembre, assolvendo, data la poca profondità, alla funzione di drenaggio. Fig. 20. Perugia, S. Faustino, tempietto. Ipotesi ricostruttiva del tetto. II sec. a.C. Le terrecotte rinvenute documentano la presenza di un tempio del tipo a timpano aperto. Rimangono terrecotte modulari pertinenti a sima frontonale con decorazione vegetale, terminante con mostro marino; inoltre antefisse raffiguranti satiri e menadi. L’area attesta una continuità di culto dalla fine del VI sec. a.C. fino al II d.C., rappresentata da bronzetti votivi e monete, riconducibili ad una stipe votiva. Fig. 21. Magione, loc. Pasticcetto, Stipe votiva. IV-III sec. a.C.

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La presenza al suo interno di materiale bronzeo, soprattutto votivo, offerenti ed animali, e di terrecotte architettoniche la lega ad una piccola struttura templare dedicata alle acque, che domina il lago Trasimeno. Fig. 22. Perugia, Tomba dei Cai Cutu, pianta. III-I sec. a.C. L’ipogeo dei Cai Cutu fa parte della necropoli di Monteluce, utilizzata dal VI sec. a.C. all’età romana, collocata lungo l’asse viario per l’antico municipio di Arna. La tomba è del tipo a camera, scavata nel tassello, con pianta cruciforme formata da vestibolo centrale e tre celle minori; l’ingresso con dromos all’aperto era chiuso da lastrone in travertino. All’interno erano deposti un sarcofago in arenaria pertinente ad un inumato e cinquanta urne in travertino di incinerati. Sono tutti membri maschili della gens dei Cai Cutu, di lontane origini servili. Nella tomba erano conservati anche un kottabos in bronzo (gioco in voga nei banchetti etruschi), resti dell’armatura completa, e numeroso corredo ceramico. Fig. 23. Perugia, Tomba dei Cai Cutu, assonometria. III-I sec. a.C. Fig. 24. Perugia, Tomba dei Cai Cutu, sezione B-B r-v; sezione D-D r-v. III-I sec. a.C. Fig. 25. Perugia, Tomba dei Cai Cutu, sezione A-A rv; sezioni E-E, G-G, F-F. III-I sec. a.C. Fig. 26. Perugia, Tomba dei Cai Cutu, sezione C-C. III-I sec. a.C. Fig. 27. Perugia, necropoli del Palazzone, planimetria generale. VI-I a.C. A poca distanza dalla città, presso Ponte S.Giovanni è la cosiddetta necropoli del Palazzone che annovera tra le tombe l’Ipogeo dei Volumni, uno degli esempi più significativi dell’architettura funeraria etrusca di età ellenistica. Dopo il rinvenimento dell’Ipogeo, il 5 febbraio 1840, furono condotte fortunate campagne di scavo dal conte Baglioni, allora proprietario del terreno circostante e della vicina villa del Palazzone, da cui prese il nome la necropoli, e misero in luce molte tombe le quali con il passare del tempo vennero chiuse e ricoperte. Gli scavi ripresi dal 1963 in poi, hanno permesso di accertare che la necropoli, che dominava la sottostante valle del Tevere, si estendeva ampiamente intorno all’Ipogeo dei Volumni, con tombe a camera, scavate nel terreno naturale, assai numerose e frequenti, soprattutto di età ellenistica, circa 200, ma in parte riferibili anche ad età arcaica e perciò di eccezionale interesse per la storia della città di Perugia nell’antichità. Queste ultime attestano la presenza di un gruppo aristocratico emergente, con il controllo del guado sul Tevere. Si è perciò provveduto ad espropriare la parte più importante della necropoli, in modo da destinare l’area a zona archeologica, aperta al pubblico, comprendendo anche un edificio destinato ad antiquarium e spazi per i magazzini, riambientando la vecchia cava di prestito.


Fig. 28. Perugia, necropoli del Palazzone, Zona C, sviluppo tomba 91; tomba 88; tomba 90; tomba 94. II-I sec. a.C. Tombe scavate nel terreno naturale. Presentano pianta quadrata con banchina su tre lati, solo una presenta due nicchie laterali e lungo dromos di accesso. Fig. 29. Perugia, necropoli del Palazzone. Zona A, “Tomba Bella” (tomba 62) pianta, sezioni C-C, D-D, E-E. III sec. a.C. Tra le tombe ellenistiche della necropoli, solo una ha un aspetto architettonico, la cosiddetta “tomba Bella”. Scavata nel terreno naturale ha copertura a doppio spiovente con columen centrale e travature ortogonali, ad imitazione del tetto ligneo. La camera presenta sui lati lunghi e sul fondo nicchie, divise da lesene scanalate e capitelli a volute con foglie alla base e fiore centrale. In prossimità dell’ingresso sono scolpiti due cippi a pigna con lungo fusto e due armature con corazza e machaira (spada). Gli elementi architettonici della tomba, i capitelli, ricordano la decorazione della porta Marzia della cinta muraria di Perugia, datata al III sec.a.C. Fig. 30. Perugia, necropoli del Palazzone. Zona A, “Tomba Bella” (tomba 62) sezioni A-A, B-B. III sec. a.C. Fig. 31. Perugia, necropoli del Palazzone. Zona D “colombario”, pianta e sezioni. Età ellenistica. Tombe a camera scavate nel terreno naturale, distrutte nel tempo ed utilizzate in epoca posteriore come colombaie. Fig. 32. Perugia, necropoli del Palazzone. Zona D “colombario”, sezioni A-A, B-B, C-C, D-D. Età ellenistica. Fig. 33. Perugia, necropoli del Palazzone. Zona D “colombario”, sezioni A-A, B-B, C-C, D-D. Età ellenistica. Fig. 34. Perugia, necropoli del Palazzone. Zona D “colombario”, prospetto e sezione. Età ellenistica. Fig. 35. Perugia, necropoli del Palazzone. Zona D, “tomba in rovina”, tomba n.11. pianta. Età ellenistica. Grande tomba ipogea che presenta: dromos di accesso, camera rettangolare, fiancheggiata su due lati da un corridoio e cella sul fondo. La tomba fu utilizzata durante la seconda Guerra Mondiale come macello. Fig. 36. Perugia, necropoli del Palazzone. Zona D, “tomba in rovina”, tomba n. 11 sezioni. Età ellenistica.

ASSISI Fig. 1. Assisi (PG), pianta della città. Fig. 2. Assisi (PG), assonometria della città.

Evidenziato il polo centrale tempio della Minerva – foro romano e in alto l’anfiteatro Fig. 3. Assisi (PG), Tempio di Minerva, prospetto esterno. Terzo quarto del I sec. a.C. Fig. 4. Assisi (PG), Tempio di Minerva, prospetto interno. Terzo quarto del I sec. a.C. Il tempio, trasformato nella chiesa di S. Maria sopra Minerva è rimasto sostanzialmente integro per tutto l’alzato. Edificato sul terrazzamento centrale dell’antica città si affaccia sul piazzale sottostante, identificato come il foro e raggiungibile tramite due scalinate. Presenta sulla fronte sei colonne scanalate, poggianti su plinti, coronate da capitelli corinzi. L’architrave reggeva l’iscrizione dedicatoria con lettere in bronzo, andate perdute, che fa riferimento ai quattuorviri Cn. Cesio Tirone e T. Cesio Prisco a cui si deve la realizzazione. Il sovrastante frontone sorreggeva una decorazione bronzea consistente in un clipeo o una corona. L’ingresso alla cella quadrata, costruita in opera vittata, è fiancheggiato da due ante con capitelli corinzi e agli angoli lesene anch’esse corinzie. Fig. 5. Assisi (PG), Tempio di Minerva, pianta. Terzo quarto del I sec. a.C. Dietro la cella è visibile un tratto della terrazza in corrispondenza della cappella di S. Reparata: qui si apre una fessura ad arco, interpretabile come sbocco di un canale di adduzione dell’acqua funzionale a una fontana collocata alle spalle dell’edificio termale. Fig. 6. Assisi (PG), ex Convento di S. Antonio. Assonometria, pianta, prospetti e sezioni. Età imperiale. Il convento venne costruito in un’area già occupata da preesistenze archeologiche di età romana. Gli scavi hanno messo in luce un complesso archeologico piuttosto articolato, in una zona della città dove è evidente uno sviluppo urbanistico di età imperiale: grandi archi di sostruzione, cunicolo, cisterna e muro di terrazzamento. Gli archi di sostruzione sono costruiti in opera cementizia foderata con mattoni. Fig. 7. Assisi (PG), Convento di S. Antonio in via S. Paolo, prospetto del muro romano. I sec. a.C. Muro di sostruzione della terrazza centrale, dove è emersa anche parte della pavimentazione originaria a lastre di calcare rosa del Subasio. Sulla muratura si apre una cisterna. Fig. 8. Assisi (PG), Convento di S. Antonio in via S. Paolo, pianta. I sec. a.C. Fig. 9. Assisi (PG), Foro romano, progressione assonometrica ricostruttiva. La parte centrale è occupata dal tempio c.d. della Minerva con il sottostante foro romano, pavimentato con lastre di calcare e circondato da un porticato con colonne doriche. Al centro era collocata una edicola tetrastila con statue di Dioscuri, che suggeriscono l’ipotesi

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che proprio queste divinità fossero onorate nell’edificio sacro assisiate. Sull’alta parete che staccava i due livelli, accentuando l’effetto scenografico dell’intero complesso, si aprivano due cisterne. Fig. 10. Assisi (PG), ex Convento di S. Antonio. Assonometria della cisterna. Età imperiale. Cisterna a pianta quadrata coperta con volta a botte a tutto sesto e aperta sul davanti con parapetto in travertino. Costruita in opera vittata mista e la volta con blocchi di travertino, era rivestita con lastre di marmo, come indicano la presenza di chiodi e grappe. Fig. 11. Assisi (PG), Santureggio, ninfeo. Assonometria. Seconda metà I sec. a.C. Ninfeo monumentale con bacino chiuso da due ante e alle spalle muro di fondo in opera quadrata, in cui si aprono tre bocche per la fuoriuscita dell’acqua. Il ninfeo è in rapporto ad un santuario legato al carattere salutare della fonte, tuttora sfruttata ai fini termali.

ORVIETO

Fig. 7. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, assonometria sezionata prima del restauro. VII-III sec. a.C. Fig. 8. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 2-3, piante. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 9. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 2-3, prospetti. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 10. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 2-3, sezioni trasversali. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 11. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 2-3, sezioni longitudinali. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 12. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 25-26, prospetti e sezioni. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 13. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 129-130-131-132-133, pianta al suolo e sezioni. Metà VI-V sec. a.C.

Fig. 1. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, pianta con curve altimetriche. VII-III sec. a.C. La necropoli, indagata a più riprese a partire dall’Ottocento, è quella che ha restituito il maggior numero di tombe. Organizzata secondo un piano urbanistico regolare, le tombe sono raggruppate in isolati e si dispongono ordinatamente lungo strade che si incrociano ad angolo retto; i singoli lotti di proprietà delle famiglie sono segnalati da cippi infissi nel terreno ai lati delle facciate. Le tombe, destinate di norma ad un singolo gruppo familiare, sono a camera quadrata semi-ipogea realizzata in blocchi di tufo squadrati e commessi a secco con copertura a pseudovolta, composta da filari progressivamente aggettanti, fermati al sommo da conci con funzione di chiave; all’interno una o due banchine per le deposizioni. Il coronamento del dado all’esterno è modanato, mentre sul tetto è uno strato di terra argillosa. Sull’architrave al di sopra della porta, chiusa da un lastrone in tufo, corre l’iscrizione con il nome della famiglia. La maggior parte delle tombe si data dalla metà del VI al V sec.a.C.; ma la necropoli è in uso dal VII al III sec. a.C.

Fig. 14. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 129-130-131-132-133, prospetti prima e dopo il restauro. Metà VI-V sec. a.C.

Fig. 2. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, planimetria complessiva. VII-III sec. a.C.

Fig. 20. Orvieto (TR), Chiesa di S. Andrea, pianta con ricostruzione del mosaico. VI sec. d.C. Al di sotto della Chiesa di S.Andrea è visibile una complessa stratificazione archeologica indagata a più riprese dall’inizio del Novecento. Presenti testimonianze già in età villanoviana, con un recinto in mattoni crudi che, insieme ai livelli etruschi, con i resti del tempio vengono sigillate da uno strato di distruzione databile alla prima metà del III sec. a.C. Nel VI sec.d.C. viene realizzata la basilica paleocristiana, a tre navate, pavimentata da mosaici geometrici in bianco e nero.

Fig. 3. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, sezione dell’intera necropoli. VII-III sec. a.C. Fig. 4. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, vedute prospettiche. VII-III sec. a.C. Fig. 5. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, assonometria complessiva coperta. VII-III sec. a.C.

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Fig. 6. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, assonometria complessiva scoperta. VII-III sec. a.C.

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Fig. 15. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 125-124-123, piante delle coperture e pianta del suolo. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 16. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 125-124-123-122, prospetti prima del restauro e prospetti interni. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 17. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tomba 72 con corredo interno. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 18. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, tombe 125-124-123-122, prospetti interni. Metà VI-V sec. a.C. Fig. 19. Orvieto (TR), necropoli di Crocefisso del Tufo, iscrizioni sulle architravi delle tombe. Metà VI-V sec. a.C.


Fig. 21. Orvieto (TR), Chiesa di S. Andrea, particolare del mosaico. VI sec. d.C.

Fig. 5. Otricoli (TR), area archeologica. Teatro, pianta a livello superiore e a livello inferiore. Età augustea.

Fig. 22. Orvieto (TR), Chiesa di S. Andrea, pianta dello scavo al di sotto della Chiesa. VI sec. d.C.

Fig. 6. Otricoli (TR), area archeologica. Teatro, sezione visibile ed ipotesi ricostruttiva. Età augustea.

Fig. 23. Orvieto (TR), Chiesa di S. Andrea, sezioni dello scavo al di sotto della Chiesa. VI sec. d.C.

Fig. 7. Otricoli (TR), area archeologica. Grandi sostruzioni. Schema assonometrico con dettagli e sezioni. Età tardo repubblicana. Le “grandi sostruzioni” rappresentano uno dei monumenti più imponenti e caratteristici di Otricoli. Costruito in opera reticolata si presenta attualmente quasi nelle stesse condizioni in cui fu visto nel Settecento. L’edificio, che il Guattani intendeva appartenere ad un “alloggiamento antico militare”, fa parte di una grande terrazza pertinente ad un santuario. Lungo 80 metri, consiste in 12 ambienti a volta disposti su due piani, comunicanti tra di loro tramite archi a tutto sesto. L’imponente costruzione di età tardo repubblicana doveva sostenere un edificio pubblico, forse un tempio; suggestiva sarebbe l’ipotesi che la celebre testa del Giove di Otricoli, trovata durante le campagne di scavi 1781-82 provenisse da qui. Ma è probabile che fosse dedicato ad altra divinità, alla dea Valentia il cui culto è caratteristico della città.

OTRICOLI Fig. 1. Otricoli (TR), planimetria generale dell’area archeologica, occupata dalla Ocriculum romana. Segnati i monumenti in parte già visibili dal cinquecento. I primi scavi regolari furono condotti durante il pontificato di Pio VI, nella seconda metà del Settecento, diretti dall’arch. Giuseppe Pannini, che eseguì anche la pianta della città e di alcuni monumenti; le indagini compiute dal 1775 al 1783 furono pubblicate ad opera di G. C. Guattani. Dopo sporadici interventi nel corso dell’Ottocento le indagini ripresero nel Novecento, seconda metà e nell’ultimo decennio da parte della Soprintendenza per i beni Archeologici dell’Umbria. Fig. 2. Otricoli (TR), planimetria generale di Ocriculum romana con curve di livello. Fig. 3. Otricoli (TR), area archeologica. Teatro romano, assonometria ortogonale isometrica dello scavo nel 1964 ed ipotesi ricostruttiva. Età augustea. Il teatro venne costruito ai primi del I sec. d.C. come indica una iscrizione dei ludi organizzati da Passenius Atedius, in opera reticolata, rafforzata con blocchi squadrati in tufo. Degli scavi effettuati nel Settecento si traggono solo notizie sporadiche, alcuni disegni e l’elenco dei reperti rinvenuti per lo più lapidei (cornicioni, capitelli, colonne). Il teatro si addossa con la parte superiore al pendio del terreno; la cavea (gradinate), ora priva dei gradini, occupa una terrazza artificiale sorretta da sostruzioni che copre il cunicolo sotterraneo dove scorre il rio S. Vittore. La cavea ha un diametro di m. 79, ed è divisa in tre parti: summa (parte più alta), media (mediana) ed ima (inferiore). È percorsa sul retro da ambulacri, parzialmente visibili che collegavano la galleria tramite aperture: a destra la parodos (ingresso) alla scena costruita con grandi blocchi di tufo. Dall’ambulacro con volta a botte, si dipartono radialmente gli ambienti che sorreggevano la cavea, disposti a ventaglio. In alto era collocata la porticus in summa cavea. Della parte scenica sono stati individuate alcune parti. Recenti studi avrebbero individuato anche una fase in età sillana. Fig. 4. Otricoli (TR), area archeologica. Teatro romano, assonometria cavaliera militare isometrica dello scavo. Età augustea.

Fig. 8. Otricoli (TR), area archeologica. Grandi sostruzioni. Prospetto laterale e sezioni. Visibili le cavità per l’impalcato delle volte. I sec. a.C. Fig. 9. Otricoli (TR), area archeologica. Grandi sostruzioni. Pianta e prospetto complessivo. I sec. a.C. Fig. 10. Otricoli (TR), area archeologica. Anfiteatro, planimetria. Età augustea. L’anfiteatro al di fuori dell’area urbana è ricordato fin dal Cinquecento dagli autori che si occupano di Otricoli. Il Guattani nel 1784 pubblicò i disegni del Pannini e poi il monumento fu oggetto di scavi e ricerche dal 1958 in poi ad opera della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria. L’edificio (120 x 98 m.) si presenta in parte costruito in parte addossato alla collina, scavata per consentire l’appoggio delle strutture murarie. Le murature sono in opera reticolata con ammorsature di tufelli agli angoli. Del monumento, il cui muro perimetrale è completamente perduto, rimangono le due gallerie anulari interne ed alcuni ambienti voltati di sostruzione della cavea oltre ai resti dei due ingressi principali collocati lungo l’asse maggiore. È conservato il piano dell’arena e parte del podio. Dall’anfiteatro proviene anche un calzare in bronzo pertinente ad una statua di dimensioni di maggiori del vero, la cosiddetta caliga, scarpa dei militari romani allacciata sul davanti. Fu rinvenuta insieme ad altri frammenti bronzei appartenuti alla stessa statua, tra cui parte di un arto e di corpo. Considerate le dimensioni e l’ottima fattura si può attribuire ad un personaggio di alto rango di prima età imperiale. Fig. 11. Otricoli (TR), area archeologica. Anfiteatro, pianta; sezione-prospetto e assonometria obliqua. Età augustea.

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Fig. 12. Otricoli (TR), area archeologica. Anfiteatro, prospetto e assonometria isometrica. Età augustea. Fig. 13. Otricoli (TR), area archeologica. Anfiteatro, sviluppo cilindrico dei prospetti e sezioni. Età augustea. Fig. 14. Otricoli (TR), area archeologica. Anfiteatro, sezioni sulle campate. Età augustea. Fig. 15. Otricoli (TR), area archeologica. Anfiteatro, ricostruzione in assonometria cavaliera isometrica di un settore. Età augustea. Fig. 16. Otricoli (TR), area archeologica. Monumento funerario rotondo, pianta in una delle fasi di scavo e rimontaggio. Età augustea. Il monumento prospiciente la via Flaminia, di cui si conosceva solo il perimetro superiore è del tipo a tamburo su base quadrata, o a tumulo; costruito in opera cementizia è rivestito da blocchi di tufo, e presenta un paramento in blocchi di calcare locale disposti per testa e taglio, sovrapposti e ben allineati, alcuni hanno anathyrosis perimetrale. Il basamento quadrato di 19 x 19 m. è sormontato da un tamburo del diametro di 16 m. con modanatura di base. Del rivestimento rimangono solo alcuni blocchi, risistemati nella loro collocazione originaria; gli altri sono stati oggetto di spoglio, perduti o scomparsi. Facevano parte probabilmente della decorazione del tamburo alcune cornici decorate con fregio a girali floreali, uno reimpiegato in via Rosella e due rinvenuti negli scavi della cripta della Collegiata. Il monumento a cui si accedeva da un ingresso architravato, era racchiuso da un recinto, in parte condiviso dai monumenti vicini ed aveva sul davanti due celle per le deposizioni ed un sedile con zampe leonine per banchetti funebri. In base a recentissimi studi il monumento apparterebbe a L. Cominius Tuscus, figlio di Caio, appartenente alla tribù Arnense come indicano tre iscrizioni, già note, ma non messe in connessione con il monumento, reimpiegate in altri edifici. Databile alla prima età augustea rientra nella tipologia dei monumenti funerari romani a tumulo e trova attestazioni in Umbria e variamente in Italia. Fig. 17. Otricoli (TR), area archeologica. Monumento funerario rotondo, pianta in una delle fasi di scavo e rimontaggio. Età augustea. Fig. 18. Otricoli (TR), area archeologica. Monumento funerario rotondo, pianta in una delle fasi di scavo e rimontaggio. Età augustea. Fig. 19. Otricoli (TR), area archeologica. Monumento funerario rotondo, urna cineraria marmorea e particolari. Età augustea. Il tamburo del monumento funerario è costruito all’interno con un sistema contro tavole; al suo interno non è presente la cella per la deposizione del defunto ma un’urna cineraria in marmo a forma di anfora, con corpo baccellato e coperchio con lunghe anse sopraelevate:

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sulla spalla corre una decorazione a girali in cui rimangono tracce di cromia rossa. Le ceneri del defunto erano conservate all’interno dell’urna, protetta da una muratura in opera cementizia a forma di campana, sistemata proprio sul bustum, che ha restituito frammenti del letto funebre in osso lavorato. Fig. 20. Otricoli (TR), area archeologica. Monumenti funerari. “Tomba a colombaia”. Tarda età repubblicana prima età imperiale. Numerosi sono i monumenti funerari conservati lungo la via Flaminia, i primi ruderi visibili nella campagna per chi proviene da Roma. Per un lungo tratto rettilineo fiancheggiano insieme ad alti alberi la strada consolare, permettendo così di ricostruirne il tracciato stradale. Sono ubicati lungo la via a varie distanze, o raggruppati, come il loc. Pianacci, allineati alla strada e disposti su entrambi i lati: quattordici sono ben riconoscibili, per dimensioni e rilevanza. Delle tombe rimangono i nuclei, per lo più in opera cementizia, di varie tipologie, a torre, a nicchia, a dado, a tamburo, con rivestimenti in blocchi di travertino e marmo reimpiegati nell’attuale borgo attuale o conservati in musei e collezioni private. In massima parte risalgono alla tarda età repubblicana, prima età imperiale. La cosiddetta “tomba a colombaia” è un monumento del tipo a torre, di grandi dimensioni, a pianta quadrata, sormontato da un corpo cilindrico con colombaia, risultato di riutilizzo in età moderna. Il nucleo cementizio era rivestito da blocchi di marmo, alcuni ancora in situ. Il tipo di sepolcro è piuttosto diffuso in Oriente e si rifà a prototipi ellenistici dell’Asia Minore. Fig. 21. Otricoli (TR), area archeologica. Pilone. Ultimi decenni I sec. a.C. Alto pilastro facente parte della porta monumentale che indicava l’ingresso dell’area urbana. Costruito in opera reticolata con ricorsi e ammorsature di tufelli agli angoli, presenta sul lato Nord una profonda cavità rettangolare che doveva ospitare una iscrizione. La via Flaminia passava all’interno della porta, dove è stato trovato anche un capitello ionico di colonna che si lega alla decorazione architettonica. Fig. 22. Otricoli (TR), area archeologica. Terme, assonometria. II sec. d.C. Fig. 23. Otricoli (TR), area archeologica. Terme, pianta. II sec. d.C. Le Terme sono l’unico monumento antico ricordato con sicurezza dalle fonti epigrafiche, relativamente alla costruzione e ai restauri. Costruite nel II sec. d.C. da L.Iulius Iulianus, furono restaurate ed ampliate nel IV e nel V sec. d.C. Sorgono su un’area pianeggiante artificiale, sistemata e livellata in età romana con opere che hanno permesso di convogliare le acque del Rio S. Vittore in un canale sotterraneo. Rimane ora visibile la cosiddetta sala ottagonale, costruita in opus latericium con quattro nicchie agli angoli; la copertura è del tipo a conchiglia. Da questa sala proviene il mosaico policromo ora


conservato nella Sala Rotonda del Vaticano, raffigurante al centro una Medusa e scene con lotta di Centauri e Greci, Tritoni, Nereidi e mostri marini. A sinistra è una sala rotonda del diametro di 9 m. circa costruita in opus latericium, racchiusa in un corpo murario quadrato, sulla cui muratura esterna restano tracce di rivestimenti in cocciopesto.

Fig. 25. Otricoli (TR), area archeologica. Terme, pianta. II sec. d.C.

Il teatro fu costruito su di una terrazza artificiale all’estremità meridionale della città antica. Realizzato in opera vittata necessitò di opere di consolidamento documentati da setti in opera reticolata. La cavea, di cui rimangono solo alcuni tratti, era delimitata da un ambulacro coperto a volta e l’accesso avveniva tramite due archi, inseriti in un prospetto architettonico a semicolonne tuscaniche addossate a pilastri. Dall’ambulacro si accedeva alle gradinate tramite tre vomitoria. L’orchestra pavimentata in marmo colorati era isolata dalla cavea da paramenti marmorei e la fronte chiusa dal muro del proscenio da sei nicchie, in origine decorate da affreschi e crustae marmoree.

Fig. 26. Otricoli (TR), area archeologica. Terme, sala ottagonale, prospetto e sezione. II sec. d.C.

Fig. 2. Spoleto (PG), Teatro romano, assonometria. Seconda metà del I sec. a.C.

Fig. 27. Otricoli (TR), area archeologica. Terme, sala ottagonale, prospetto e sezione. II sec. d.C.

Fig. 3. Spoleto (PG), Teatro romano, sezione A-A. Seconda metà del I sec. a.C.

Fig. 28. Otricoli (TR): area archeologica. Terme, sala ottagonale, prospetti e sezioni. II sec. d.C.

Fig. 4. Spoleto (PG), Teatro romano, sezione B-B. Seconda metà del I sec. a.C.

Fig. 24. Otricoli (TR), area archeologica. Terme, sala ottagonale, pianta. II sec. d.C.

Fig. 5. Spoleto (PG), Teatro romano, sezione C-C. Seconda metà del I sec. a.C.

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Fig. 6. Spoleto (PG), Teatro romano, sezione D-D. Seconda metà del I sec. a.C.

Fig. 1. Spoleto (PG), Teatro romano, pianta. Seconda metà del I sec. a.C.

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NOTA BIOGRAFICA DELL’AUTORE

Roberto de Rubertis è Ordinario di Disegno dell’Architettura nell’Università degli Studi di Roma “Sapienza” dal 1981. È architetto dal 1965 e ha svolto attività progettuale realizzando tra l’altro grandi centri residenziali e di servizio (Pesaro 1968-78) e strutture museali. È presidente del Corso di Laurea in “Grafica e progettazione multimediale” della facoltà di Architettura di Roma Valle Giulia. Insegna “Disegno dell’architettura” e “Percezione e comunicazione visiva” nella facoltà di Architettura di Roma Valle Giulia, nonché “Progettazione architettonica per il recupero degli edifici” nella facoltà di Ingegneria di Perugia. Ha insegnato anche “Disegno e rilievo” e “Applicazioni di geometria descrittiva”. Ha fondato e dirige (dal 1986) la rivista “XY, dimensioni del disegno”. Conduce ricerche nel campo della percezione visiva, del rilievo, della computergrafica e della riqualificazione urbana. Tra le sue pubblicazioni: Progetto e percezione (Officina, Roma 1971) Il disegno elettronico (Kappa, Roma 1975) Geometria Descrittiva (Kappa, Roma 1975) Il disegno dello spazio (Kappa, Roma 1978) Temi e codici del disegno d’architettura (con A. Soletti e V. Ugo, Officina, Roma 1992) Il disegno dell’architettura (NIS, Roma 1994) De vulgari architectura (Officina, Roma 2000) Percezione e Comunicazione visiva dell’architettura (con M. Clemente, Officina, Roma 2001) La città rimossa (Officina, Roma 2002) La riva perduta (Officina, Roma 2004) La città mutante (Franco Angeli, Roma 2008) In narrativa: Se un giorno un robot (Kappa, Roma 2003) La bistilloide (Kappa, Roma 2004)

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Contenuti Extra

Finito di stampare nel mese di Febbraio del 2012 presso la tipografia Cangiano Grafica - Napoli da ESA - Edizioni Scientifiche e Artistiche per conto della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Umbria ISBN 978-88-95430-38-6





€ 28,00

ISBN 978‐88‐95430‐38‐6

9 788895 430386

> edizioniesa.com


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