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Il regista da un altro mondo

capitolo 1

Il regista da un altro mondo

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John Carpenter è un regista fuori dal tempo, il suo modo di vedere le cose è sempre legato a un passato cinematografico dal fascino mitico, quello della “frontiera”. I suoi film spesso sono stati degli insuccessi commerciali che lo hanno messo in attrito con le grandi major, perché erano film usciti in anticipo sui tempi, compresi e metabolizzati dal pubblico John Carpenter, © Tutti i diritti riservati solo in un secondo momento.

In America, Carpenter non ha mai avuto vita facile neanche con i critici che, rispetto a quelli europei, non l’hanno mai capito veramente. È un regista che cerca il conflitto. Il suo è un cinema politico, proprio perché decide di partire sempre da una prospettiva diversa per raccontare la realtà, insegnandoci a diffidare dei nostri sensi. Fuori dalla certezza dei nostri canoni e delle nostre abitudini, ci sono altre possibilità, altri mondi. C’è l’ignoto sterminato, che atterrisce. Quello che ha fatto Carpenter lungo la sua carriera è stato raccontare la natura del Male, come questo penetri nella nostra realtà, lasciando interdetta la nostra razionalità, costringendoci a porci delle domande alle quali non riusciamo mai a dare risposte certe. I film di Carpenter non sono mai consolatori, il regista non ci concede mai il lieto fine: la redenzione non è nello spettro delle ipotesi possibili.

Carpenter in Body Bags, © Tutti i diritti riservati

Il Male in Carpenter è spesso legato al mondo dell’infanzia, perché è il più fragile e può condizionare l’intera esistenza futura. Si veda la maledizione di Michael Myers da dove ha inizio, da un bambino deluso durante la notte di Halloween.

Della sua infanzia Carpenter dirà:

Tutto quello che avevo bisogno di imparare sul male l’ho imparato nelle strade della cittadina in cui sono cresciuto. Ed era sia fuori che accanto a me. Era ovunque. Ma appariva in posti strani. Dai bulli del liceo agli orribili razzisti che vivevano lì… perché quello era un postaccio. […] E non riuscivo a capacitarmene: “Ma che cos’è questa cosa? Che cosa vuol dire?”. Poi ho dovuto farmene una ragione, perché erano i miei compagni di scuola. Era la gente che conoscevo. C’è una spiegazione per quest’ossessione della paura del male, del “che cos’è la realtà”. C’è una ragione concreta nella mia vita, in certe cose che combattevo da bambino. Ed erano battaglie grosse, lo sono ancora. Lo sono ancora. Almeno sono riuscito a convogliarle in una

Carpenter sul set di Vampires con Sheryl Lee, © Tutti i diritti riservati

professione e a trasporle sullo schermo, invece di reagire facendo qualcosa di particolarmente distruttivo3 .

La prima vittima dei banditi di Distretto 13 è una bambina, il male di Hobb’s End ne Il seme della follia parte dai bambini e ancora i bambini sono gli assassini feroci di Villaggio dei dannati. Tutto questo per raccontarci di come il Male si nasconda nelle pieghe più strane e inaspettate della realtà, mettendo in discussione i nostri principi, le nostre aspettative. Il Male è l’entità che si appropria delle identità, come accade ne La Cosa, in Essi vivono, ne Il signore del male, minando le nostre certezze, renderci fragili perché incapaci di comprendere dove sia realmente il pericolo. Allora comprendere il male, prima ancora di poterlo affrontare, diventa una questione prima di tutto di prospettive, ovvero di sguardi. Dal piano sequenza di Halloween, agli occhiali di Essi vivono, dal telescopio di Pericolo in agguato al volto riflesso nello specchio ne Il signore del Male, la questione è sempre cosa stiamo guardando noi spettatori.

3 G. D’Agnolo Vallan, R. Turigliatto, John Carpenter, cit. pag 32.

John Carpenter in concerto, © Tutti i diritti riservati

Per mettere in scena la sua visione della realtà Carpenter ha sempre optato per la scelta di spazi chiusi, di mondi isolati, costantemente sotto assedio, poco importa se siano fisicamente circoscrivibili come il distretto 13 o più astratti ma altrettanto reali, come la mente ne Il seme della follia. Afferma il regista: «Mi viene in mente pensando al Male, un capo tribù che seduto davanti al fuoco dice agli altri: “il Male è lì fuori nelle tenebre�. Ci sono due modi di affrontare il Male, pensarlo come un’entità che arriva dall’esterno o cercarlo dentro di noi accettando l’idea che l’uomo ha in sé un alto potenziale di cattiveria. Io ho sempre lavorato sulla prima ipotesi, sull’idea di un Male assoluto, perché individuare le cause della seconda è più difficile»4 . Un’idea che prende forma anche grazie alla passione per il western, genere preferito che lo ha influenzato fortemente, insieme alla fantascienza e all’horror. In lui coabitano Howard Hawks e Roger Corman come punti di

4 L. Esposito, Carpenter, Romero, Cronenberg. Discorso sulla cosa, Editori Riuniti, Roma, 2004. pag 72.

riferimento creativi, ma anche Jack Arnold e Terence Fisher, Lovecraft e i fumetti della EC Comics. Il più grande desiderio della sua vita da regista è stato quello di girare un western e non ne ha mai avuto la possibilità, ma ha fatto di ogni suo film un film western. Del resto è proprio dal western che prende il formato usato pra- John Carpenter, © Tutti i diritti riservati ticamente in tutti i suoi film, il Cinemascope, 2:32:1. Quel rettangolo allungato, che ricorda tanto Sergio Leone, nel quale distribuisce i diversi piani della realtà e nel quale prendono forma le paure e le ossessioni della nostra civiltà.

Unendo le ambizioni artistiche alle necessità materiali di tenere bassi i costi e ridurre i tempi di lavorazione, il regista è finito per diventare autore anche delle colonne sonore dei suoi film (le pellicole in cui non è autore delle musiche sono poche). Caratterizzate dal gusto minimalista e dai suoni cupi del sintetizzatore, le sue composizioni risultano sempre perfettamente integrate con il materiale visivo, finendo per fornire a ciò che vediamo

John Carpenter in concerto, © Tutti i diritti riservati

ulteriore profondità, ’riuscendo, con il passare del tempo a influenzare persino il mondo della musica.

Ultimamente alcuni dei brani più importanti sono stati raccolti in una antologia: Anthology: Movie Themes 1974-1998, che di fatto costituisce il terzo album musicale di John Carpenter. Sì, perché il regista pare non abbia più voglia di tornare a dirigere film, sostenendo che è ormai un’attività troppo stancante, ma in compenso ha deciso di dedicarsi alla musica, incidendo tre album di tracce inedite, Lost Themes, Lost Themes II e Lost Themes III: Alive After Death, e suonando in tournée in giro per il mondo con una band in cui c’è anche suo figlio Cody. E quando non suona? Passa il tempo a guardare l’NBA (è tifoso dei Lakers) e a giocare ai videogames. Fra gli ultimi progetti a cui ha preso parte c’è la sceneggiatura del fumetto Joker: Year of the Villain #1, speciale di quaranta pagine scritto insieme ad Anthony Burch e disegnato da Philip Tan.

Ma il mondo del cinema non sembra essersi comunque dimenticato di lui, tant’è che il 15 maggio 2019, durante la cerimonia d’apertura della sezione parallela del Festival di Cannes, ha ricevuto il premio alla carriera della Quinzaine des Réalisateurs. E per l'occasione è stato proiettato La Cosa, film scelto proprio dal regista come una sorta di “vendetta”, perché all’epoca dell’uscita fu odiato da pubblico e critici.

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