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Prologo dell’autore

Questo è un libro di pettegolezzi. Personalmente, ritengo che il gossip sia uno dei generi letterari più dignitosi del nostro secolo e, probabilmente, il più divertente. È stato coltivato da penne tanto illustri quali Truman Capote, Gore Vidal, Tom Wolfe, Kenneth Anger, Anita Loos e tanti altri. Ora, non ho intenzione di paragonarmi a colleghi tanto mirabili, ma spero di far loro compagnia negli scaffali delle librerie (almeno per un po’), il che, se non è un ravvicinamento a livello qualitativo, lo è sul piano geografico. E poiché tutto si trasmette, salvo la bellezza…

Il mio unico obiettivo, mentre scrivevo questa storia informale dell’occultismo a Hollywood, era di divertirmi e divertire il lettore appassionato spingendolo a ingerirsi nelle vite degli altri. Le vite dei ricchi e famosi, ovviamente, degli unici dèi e semidei che sono rimasti all’uomo del ventunesimo secolo nel suo spopolato Olimpo contemporaneo. Era solo una questione di tempo, considerato che sono sempre stato un appassionato di cinema (o, per meglio dire, quello che molti chiamano “cinefago”, un divoratore di film), un avido lettore di storie esoteriche, saggi sciocchi e manuali occultisti, che entrambe le mie passioni, o ossessioni, convergessero per poi sbocciare in questo libro. L’unica cosa che spero è che il risultato sia tanto gratificante per il lettore come lo è stato per me il lavoro di spulciare centinaia di libri, decine di biografie, memoir e interviste, estraendo un dato qui, uno lì, per poi correlarli tutti fino a formare un quadro approssimativo, ma convincente, del panorama occulto della storia del cinema.

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Tuttavia, prima che il lettore si tuffi nelle pagine che seguono, conviene chiarire due questioni. Prima di tutto, questo non è un libro sul cinema, in senso stretto. È un libro sul mondo del cinema nel suo significato più ampio, che include attori, produttori, registi e la loro dimensione sia pubblica sia privata, piuttosto che sui loro film. Ossia, come accennato, quello che ci interessa

in questa sede sono gli aneddoti, i pettegolezzi, non i film e il loro contenuto. Naturalmente, talvolta analizzo nel dettaglio alcuni film, quando si tratta dell’opera di un autore particolarmente legato al mondo della magia, quando i film hanno un chiaro messaggio esoterico, come nel caso di Kenneth Anger, Andy Warhol, se non di Steven Spielberg. Tuttavia, insisto, la cosa più importante è la relazione che gli illustri membri della fauna hollywoodiana hanno mantenuto e mantengono con altri membri non altrettanto illustri della medesima fauna: i guru, gli stregoni, i santoni orientali e i medium, i teorici dell’impossibile, oltre a sette e a società esoteriche varie. Perché, come ho capito una volta terminato il libro, sono tutti soci dello stesso club: il mondo dello spettacolo. Lo show business.

Ecco perché questo non è nemmeno un libro sull’esoterismo. È un saggio nel quale compaiono ogni genere di personaggi che appartengono alla sfera dell’occultismo, della parapsicologia, della stregoneria del satanismo… Ma solo ed esclusivamente quando hanno una relazione chiara con i loro concittadini e amici del mondo del cinema. Per questo, salvo quando l’ho ritenuto necessario, non abbondano nemmeno le spiegazioni teoriche o approfondite sulle diverse fedi mistiche citate lungo il libro. Vi sono personaggi legati a entrambi i mondi, come è il caso di Anton LaVey, del quale è dunque inevitabile illustrare le idee in modo più specifico. Nessuno deve aspettarsi, quindi, un “saggio esoterico cinematografico” o qualcosa di simile. Tutt’al più, chi è interessato alle oscure relazioni che uniscono l’arte cinematografica alle arti magiche troverà idee che forse reputerà utili. O almeno spero. Così come chi è interessato alla storia del cinema e al suo sviluppo economico, industriale, ideologico e sociale troverà una buona quantità di aneddoti, molti dei quali inediti, che ampliano l’ordinario panorama di Hollywood e dei suoi abitanti singolari.

Dato che a volte il libro penetra in territori pericolosi come le sabbie mobili, dove è facile ferire o offendere qualcuno, mi sembra opportuno avvisare che tutte le opinioni espresse in questo volume sono, evidentemente, personali e discutibili. Di fronte al mondo del soprannaturale la mia posizione è quella del più ingenuo degli scettici e quella del più scettico dei credenti. Ho assistito a cose tali da poter conservare un ampio margine di ragionevole dubbio quanto ai temi di ordine esoterico o parapsicologico. Mi ritengo inoltre un razionalista nato, sospettoso di natura e cinico per scelta. Purtroppo, conosco imbroglioni tali da riuscire a mantenere senza sforzi il mio scetticismo. Va da sé che questo non mi ha mai impedito di lasciarmi affascinare dal mondo del paranormale e di riconoscere il valore di molti dei suoi aspetti estetici e intellettuali.

Certo, nel trattare temi come quelli delle religioni tradizionali (buddismo, induismo ecc.), delle sette più recenti (la Chiesa di Satana o Scientology) o certe posizioni ideologiche connesse con il misticismo (l’ecologia, il pacifismo ecc.), può succedere che le mie affermazioni risultino offensive.

Ebbene, non è mia intenzione risultare offensivo, ma non lo è nemmeno sorvolare su ciò che in molti casi è evidente per qualsiasi mente lucida: gli alti livelli di incoerenza e lo scarso rigore che raggiunge la maggior parte dei sostenitori, ma soprattutto i fondatori, di un certo culto o di alcune impostazioni religiose. Anzi, a volte è l’autore che si sente insultato dalle affermazioni di guru o credenti i quali danno per scontato che chi non condivide le loro idee abbia nei loro confronti un atteggiamento intollerante.

Al contrario, spero sia chiaro che la mia posizione è quella di una persona che ancora crede in temi tanto elementari e antiquati come la libertà d’espressione e la libertà di culto. Non credo che un seguace della Scientology di Ron Hubbard meriti una condanna maggiore di un membro del vecchio Partito socialdemocratico tedesco.

Da un punto di vista intellettuale trovo entrambi ugualmente sbagliati, ma sul piano politico e sociale penso che entrambi abbiano lo stesso diritto di schierarsi sulla base delle proprie convinzioni. Se esistono individui disposti a dare soldi e persino la vita per la teosofia, per Dianetics o Sai Baba, hanno lo stesso diritto di farlo di coloro che danno tutti sé stessi in quanto cattolici irlandesi o ecologisti di Green Peace. Qualora, come pretendono alcune forze sociali, fossero vietati gli uni, ci ritroveremmo coinvolti in una infinita catena di proibizioni che finirebbe per soffocarci tutti.

Tornando a questioni più concrete, a dire il vero Satana a Hollywood è molto meno serio di questo prologo. In un certo senso, questo libro può essere letto come un lunghissimo romanzo poliziesco, poiché, come un detective scrupoloso, ho raccolto dati apparentemente insignificanti, aneddoti oltremodo brevi o dettagli appena rilevanti, per poi penetrare in un panorama di grande complessità e imperscrutabile profondità. Così, all’improvviso, ognuno di questi elementi ha iniziato a incastrarsi nell’altro, e la struttura cronologica si è determinata da sola, considerato che, man mano che cresceva il mondo del cinema, cresceva altresì un mondo fatto di misticismo e scienze occulte con il quale, ho poi scoperto, conviveva con estrema prossimità e in relazione promiscua. In tal modo, dal mondo del cinema muto a quello della Hollywood delle multinazionali e degli effetti speciali, da Greta Garbo e Jean Harlow fino a Richard Gere e Tom Cruise, passando per i luciferini anni Sessanta, il piede caprino di Satana mi ha guidato lungo una strada interminabile.

Già, perché anche se ha caratteristiche di un puzzle o di un thriller, l’aspetto migliore di Satana a Hollywood è che non ha fine. Nel corso di oltre un anno di lavoro, e dopo un inizio arduo durante il quale avevo cominciato a pensare che l’argomento fosse sufficiente per un semplice articolo, i dati e gli aneddoti raccolti hanno finito per accumularsi quasi per magia, al punto che ho dovuto lasciarne da parte parecchi. Come se non bastasse, mentre scrivevo, giornali e riviste non cessavano di sbattermi in faccia nuove notizie legate al tema. Una volta qualcuno mi ha detto che «il meglio è nemico del bene», pertanto ho dovuto accontentarmi e lasciare da parte una notevole quantità di materiale decisamente interessante.

Per altro, alla fine ho pensato bene di non annoiare o distrarre il lettore con note a piè di pagina o a fine libro. Satana a Hollywood non è, insisto né un sofisticato saggio esoterico né un ancor più sofisticato libro sul cinema. È essenzialmente un libro di gossip. Può essere letto tutto di seguito, seguendo la struttura cronologica, oppure saltando da un capitolo all’altro, poiché nella maggior parte dei casi, ciascun capitolo ha vita propria. Si può sfogliare, si possono guardare le foto, cercare i personaggi o i film che più interessano il lettore… In ogni caso, come ogni opera dello stesso genere, ciò che l’ha messo in moto è stata la curiosità, la morbosità per la vita altrui e, soprattutto, il peccato più salutare: l’invidia. Mentre scrivevo Satana a Hollywood, e mi auguro che succeda anche al lettore sfogliandone le pagine, mi sentivo più vicino all’universo mitico delle stelle del cinema, dei ricchi e stravaganti, delle bellezze della celluloide e delle ville di Beverly Hills, degli intellettuali raffinati e dei registi di serie B, dei salotti intellettuali e dei milionari eccentrici. Che io sappia, questo è l’unico modo (salvo la rivista «Hola») con cui alcuni di noi possono avvicinarsi a quell’invidiato universo di splendore e glamour. E forse anche il migliore.

Poiché è nato, inevitabilmente, all’ombra di un classico del pettegolezzo quale Hollywood Babilonia, di Kenneth Anger, confesso che non mi dispiacerebbe, tra un po’ di tempo, scrivere il seguito di questo infinito roman à clef, ossia un Satana a Hollywood II. Se ne vale la pena, lo deciderà il lettore.

Ciò detto, l’autore si dilegua silenziosamente e lascia le luci della ribalta a tutti coloro che desidera ringraziare per l’impagabile aiuto e la grande pazienza: Isabel Andrade, che ha messo a mia disposizione la sua biblioteca di cinema; Ignacio Armada, che mi ha prestato il libro di Symonds e alcune preziose riviste messicane degli anni Settanta; Carmen Asensio, perché senza il suo aiuto e sostegno non avrei mai avuto il coraggio di scrivere questo libro; Julen Azpitarte, rappresentante in Spagna della casa editrice Nueva Era, che

mi ha fornito generosamente il materiale su Ron Hubbard e la Chiesa di Scientology; Pedro Calleja, al quale anni fa ho sequestrato la biografia di Ed Wood, ma non si è ancora arrabbiato; Pedro Duque, che ha ascoltato tutte le mie lamentele e idee, ma continua a essere mio amico; Fama, il mio negozio di cinema di fiducia, i cui angeli custodi, Nacho e José Luis, mi lasciano sbirciare, rovistare e sguazzare tra foto, riviste e libri; la rivista «Fotogramas», un nome magico che quando si pronuncia apre tutte le porte, e tutti i miei colleghi, sempre disposti a darmi una mano; Jorge Gorostiza, che ha esplorato tutti i suoi CD alla ricerca di qualsiasi dato potesse essermi utile; Miguel Hernández, della libreria Antonio Machado, un libraio eccezionale: se un libro è in vendita in Spagna, lui lo trova; Alfredo Lara, scettico quanto o più di me, che pure mi ha messo in contatto con vari membri di Scientology, che ringrazio per la collaborazione; Vicente Molina Foix, per la prontezza nel leggere il manoscritto originale e la cortesia del suo prologo; Federico Palacios, che mi ha prestato la sua copia di Rosemary’s Baby; Joaquín Palacios, mio padre, che ha letto il libro, lo ha corretto e lo ha anche apprezzato; Paco Plaza, che mi ha fatto scoprire la rivista «Qué Leer», attraverso la quale (grazie a tutti quelli che vi lavorano) ho avuto facile accesso a case editrici e editori; Francisco G. Rubio, vera e propria autorità in fatto di temi esoterici; Marcy Rudo, della casa editrice Minotauro; Manuel Valencia, il primo a credere in questo progetto, destinato alla sua collezione di libri, che non si è infuriato quando questo è passato in altre mani; Rafael Díaz Santander e Juan Luis González Caballero, di Valdemar, che con la loro fiducia e amicizia hanno reso possibile la pubblicazione di questo volume; e José Luis Yubero, che ha messo a mia disposizione la sua eccellente raccolta di testi di pettegolezzi, le sue preziose opinioni e il suo senso dell’umorismo. Un grazie di cuore a tutti voi, così come a molti altri che con i loro piccoli contributi sono stati, a volte, tanto utili quanto necessari.

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