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NINO COSTANZO, CI HA LASCIATO
di Armando Munaò
Un amico indimenticabile C hi trova un amico trova un tesoro. E Nino, il mio vero amico, l'ho incontrato il 3 novembre del 1970 quando, 24enne, sono arrivato a Borgo Valsugana per insegnare alla Scuola Media. Una conoscenza occasionale, la nostra, dovuta a un suo amico e collega, Salvatore Meli, anche lui di Bronte, paese natale di entrambi, il quale, saputo del mio desiderio di trovare una sistemazione dove alloggiare, m’informò della possibile disponibilità di Nino Costanzo di condividere con qualcuno il suo appartamento. Mi disse, però, che in molti si erano presentati a lui, ma che nessuno era riuscito a convincerlo. Insistetti e il nostro primo incontro fu davvero originale e per certi aspetti unico. Appena fummo presentati, e saputo della mia necessità, mi chiese in stretto siciliano: «runni veni?» (da dove vieni?) e io... «da Messina». E «picchì si a Borgo?» (perché sei a Borgo?) e io… «ho avuto l’incarico alle Medie». Mi scrutò e subito la terza domanda: «sai cucinari?» (sai cucinare?)... «sì», risposi. Mi scrutò da cima a fondo e abbozzando un leggero, simpaticissimo sorriso mi disse: «ntrasi...» (entra). E fu in quel preciso momento che entrai nella vita di Nino Costanzo e lui nella mia. Fu in quel preciso momento che i nostri destini si saldarono per dare vita a un rapporto di amicizia durato 47 anni, di cui quasi cinque vissuti nella stessa stanza, letto contro letto, augurandoci tutte le sere la buonanotte. Una quotidianità interrotta solo dai nostri reciproci matrimoni che, però, non hanno
affatto menomato, scalfito, o reso fragile il nostro rapporto e la nostra frequentazione. Una vera amicizia che, purtroppo, un destino crudele, ha spezzato venerdì 9 marzo, quando Nino ci ha lasciati. Lui, per andare, dopo tanta sofferenza, in un luogo migliore e certamente più accogliente, e noi, amici, colleghi e familiari, per vivere con tristezza e sgomento la sua dipartita. Per me, però, una interruzione solo fisica perchè “Lui”, il mio “caro” e unico vero amico, vivrà sempre nei miei pensieri, nella mia quotidianità e in quel particolare angolo del cuore dove si conservano i ricordi più belli. Molti asseriscono e affermano, e a volte non a torto, che i ricordi devono essere custoditi gelosamente. Anch’io sono d'accordo, ma nel caso di Nino Costanzo, credo e ne sono fermamente convinto, debba essere fatta la tradizionale eccezione che conferma la regola. Di lui, infatti, mi piace e desidero parlare perché, non solo per me, ma anche per tutti coloro i quali, alunni, conoscenti e amici, hanno avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo, Nino è stato un “uomo” di vecchio stampo, un uomo “tutto d’un pezzo, vero esempio di correttezza, di sincerità, e di onestà intellettuale”. Come docente è stato impareggiabile, inimitabile come personaggio. Da tutti apprezzato e benvoluto, ha saputo, con i suoi comportamenti e insegnamenti, di didattica, di conoscenza e di sapere, dare esempi di vita, di socialità e di altruismo.
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IL SOMMARIO Editoriale...................................................... 3 Sommario..................................................... 5 Punto e a capo ............................................. 7 Intervista a Salvatore Blasco .......................... 9 Pergine: Il Castello da sogno........................ 11 Agrippino Russo .......................................... 14 Grazie da AGIRE per il Trentino .................... 15 Intervista impossibile: Andreas Hofer............ 16 Xicco Polentone........................................... 19 Na tazzulella e caffè .................................... 20 Caffè e società: aroma culturale ................... 21 Come l’uomo ha alleviato il dolore ................ 22 La nuova sede della farmacia di Castelnuovo ... 24 Il bullismo .................................................. 26 Vivere in casa con l’Alzheimer....................... 28 La violenza sulle donne indigene .................. 30 EITSA: alla scoperta delle stelle.................... 31 L’uomo di Neanderthal................................. 66 Le Cronache ............................................... 67 Il forte Pizzo di Levico ................................. 68 Stefano Cocci e il catamarano ...................... 71 Come eravamo............................................ 72 Agire per il Trentino, cresce in Valsugana ...... 73 Informativa “Altroconsumo” ......................... 74 Quando la scuola è un ostacolo .................... 77 Moda oggi: primavera-estate........................ 78 Il taglio capelli “uomo” ................................ 79 Ottica Valsugana: lenti a contatto per bambini .. 80 I numeri della celiachia................................ 81 Girovagando in USA: La Florida .................... 82 Matteo Ferrari: una vita da teatrante ............ 84 Sci Club Cima12 .......................................... 85 Sesto Elemento........................................... 86 Le cronache................................................ 87 Le cronache................................................ 88 GAL del Trentino Orientale ........................... 89 Il miracolo dei bachi da seta ........................ 90 Le cronache................................................ 91 Che tempo che fa........................................ 92 Giocherellando ............................................ 94
ANNO 4 - APRILE 2018
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DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com CONDIRETTORE Franco Zadra - franco.zadra@gmail.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser - Silvia Tarter COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Francesco Cantarella - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Alice Rovati - Mario Pacher Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover Giampaolo Rizzonelli - Laura Fedel Silvia Tarter - Andrea Casna CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE Grafiche Futura srl IMPAGINAZIONE, GRAFICA Grafiche Futura srl STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)
CASA GIARDINO & ARREDO • Il Catasto asburgico ....................... 33 • La casa come spazio del confronto .. 34 • I sassi di Matera ............................ 36 • Che aria tira in casa ....................... 39 • Le abitazioni retiche in Valsugana.... 41 • Dietre Daniele, azienda all’avanguardia .................. 42 • Gli incidenti domestici..................... 45 • Le case a punta ............................. 47 • Ospitalità diffusa ............................ 51 • La cura del giardino........................ 52 • I furti in appartamento ................... 53 • La trasformazione architettonica di Trento................... 54 • Pop art.......................................... 58 • La domotica e la casa intelligente.... 61 • Il giardino Zen ............................... 63
PER LA PUBBLICITÀ SU VALSUGANA NEWS info@valsugananews.com www.valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 5.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
COMUNICATO AI LETTORI All'interno del numero di maggio e poi in tutti i numeri, troverete una o più pagine "il lettore ci scrive". Sono spazi riservati agli articoli che i lettori ci vorranno inviare in merito a tematiche o loro opinioni che riguardano il nostro quotidiano o il mondo sociale. Tutti gli articoli dovranno essere firmati con indirizzo e recapito telefonico e non dovranno superare le 30/40 righe. Il direttore si riserva la facoltà di verifica e della non pubblicazione.
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Punto
di Waimer Perinelli
IL RUMORE DEL VINO
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aldonazzo non superava i duemila abitanti e aveva diciannove bar. Raccontano i meno giovani del bar delle bale sante, quello aperto nell'edificio del cinema parrocchiale, oggi teatro, quando i film avevano un successo travolgente, poi trasferito in via Graziadei. C'era il bar dei Cavai, in via della Polla, detto così perchè non ci si poteva sedere e poi La Carlotta, dove ora ci sono i cinesi; il bar La Speranza e da Clara, quello da Mario Guardia e il bar da Renato; il bar-gelateria dalla Gina e il Giardino; l'Aquila d'oro del Weiss. Fra i più celebri il bar-osteria da Pasqualotto, vicino alla chiesa, dove sabato e domenica c'erano le trippe in brodo e, dicono i nostalgici, venivano da Trento per mangiarle. Oggi non è più così e non solo a Caldonazzo. Non è per fare dell'archeologia del vino e dell'oste che elenco i pubblici esercizi del passato, né perchè oggi manchino i locali, ma per ricordare come in quegli anni, fino alla prima metà del secondo
Novecento, i locali erano dei luoghi di ritrovo e conversazione entrati nella memoria collettiva. Uno stuzzichino, un pezzo di luganega, due cetrioli, un'acciuga, un bicchiere di vino e tante tante chiacchiere. Una partita a morra e una a bocce su campi terremotati. Non mancavano gli affari suggellati da una stretta di mano. Nelle città c’erano i caffè salotto. Il Greco a Roma, il Florian e il Quadri a Venezia, il Dante a Verona, il Bertelli a Trento (ne scriviamo anche a pag.17). Il Caffè era ritrovo della borghesia, molti insegnanti, qualche professionista, alcuni artisti. Spesso c’era un’orchestrina e qualche volta un duo, con l’immancabile chitarra, suonava dal vivo. Oggi i bar sono ancora punti di ritrovo, si può leggere il giornale e sorseggiare il caffè, bere un rosso o un bianco più o meno mosso, ma a pochi privilegiati è riservata la sosta prolungata. Fra loro indugiano i clienti dell’happy hour, ed allora girano fiumi di aperitivi, il club degli amanti del rugby o del calcio e fioccano le urla. Quella che è morta è
la conversazione; naufragata fra le grida di chi si ostina a parlare sopra le note della musica da discoteca. Specialmente in città non c’è locale che non imponga il suono di sotto fondo che si espande in ogni angolo, uccide il silenzio e stordisce la mente.”Bevono di più al suono della musica, mi dice una psicologa sovrastando, in un bar del centro a Trento, la voce di Lady Gaga. Una vera tristezza, e dire che mi facevano pena quegli uomini che, vinti dalla stanchezza della pesante giornata di lavoro, affogavano al bar la fatica e i crucci quotidiani. Spesso sono ritratti dagli artisti, e fra loro Eugenio Prati o Quirino Sacchetti, con la testa fra le mani o appoggiata dormiente sul legno del tavolo. Attorno il silenzio che non era indifferenza. Non era uno spettacolo bello, era esecrato ma accettato. Oggi bevono in gruppo, conversano in molti, si celebrano riti collettivi dove ciascuno è solo nella folla. E sopra tutti la musica che stordisce, soffoca la voglia di comunicare e la testa si perde nel rumore, affogata più che nel vino; e non c’è neppure un pezzo di legno su cui poggiarla.
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INTERVISTA ALL’ECONOMISTA
Salvatore G. Blasco di Adelina Valcanover Siciliano, laureato in scienze economiche e sociali, già assistente Univer sitario di Statistica, e poi Direttore della Banca Commerciale Italiana - Intesa S. Paolo. Oggi libero professionist a. Ha pubblicato due libri: Politica Economica , Saggi, Ed. Il Focolare, e Economia baronaggio e mafia nella terra del rimorso. Ed. Documenta 2000. È autore di centinaia di articoli in materia socio-economica. Collab ora con lapaginaonline.it.
Dottor Blasco, si presenti brevemente. Sono un economista, ho insegnato statistica, fatto pubblicazioni nel settore economico e ora sono libero professionista. Per quale motivo siamo ancora in recessione? La crisi della fine del 2006, partita dagli Stati Uniti, a causa dei mutui cosiddetti subprime, portò alcune banche a “congelare” le quote dei propri fondi di investimento, innescando così la grande recessione (da molti considerata la maggiore crisi economica dai tempi della grande depressione - 1929). I governi italiani hanno affrontato questa problematica con una politica finanziaria fatta da scelte non drastiche, come richiedeva la fenomenologia in discussione, da qui gli strascichi che ancora oggi travagliano la nostra economia. Quali sono le cause delle crisi economiche? Le crisi economiche possono essere cercate probabilmente negli eventi degli
ultimi decenni: storici, economici, antropologici, sociali, nonché la globalizzazione, che hanno contagiato altri ambiti, dando vita a cambiamenti epocali. Per salvaguardare l’economia di una nazione, quali sono i compiti dei politici? Nel nostro caso si intendono quelli a cui sono state affidate le deleghe dell’Economia, delle infrastrutture e dello Sviluppo economico. Alla base di questi politici-governanti ci deve essere l’impegno a salvaguardare la tenuta dei conti (esempio: debito pubblico, sviluppo economico, equilibrio fiscale), nonché l’occupazione, perché senza lavoro, un Paese non solo non cresce, ma crea disequilibri che colpiscono la dignità del lavoratore, cioè dell’uomo nella sua più ampia espressione. I Bitcoin di cui tanto si parla, cosa sono? I Bitcoin sono una cripto-moneta entrata in vigore nel 2009. Chi li ha inventati? Steven Wright con lo pseudonimo di
Satoshi Nakamoto. Il Bitcoin viene contenuto in portafogli da un codice alfanumerico criptato di 33 caratteri. Dove può portare questo sistema? Gli italiani sono ancora diffidenti: pochissimi li accettano. Ma alcune città lo trattano come Milano, Verona, Padova, Firenze, Roma, Napoli, Palermo ecc. Al contrario di quanto avviene all’estero, da noi prevale la preoccupazione sulla convertibilità della moneta digitale in euro. L’uso pervasivo per i pagamenti è ancora lontano. Quindi, se non si stabilizzerà l’utilizzo, l’operazione fallirà. Un esempio per comprendere meglio? Un investimento in Bitcoin è di difficile controllo. Il suo prezzo varia in base a un algoritmo poco accertabile. Le autorità monetarie non lo controllano. Sfugge anche alle leggi fiscali. La bolla economica dei Bitcoin potrebbe essere considerata una truffa? La bolla potrebbe scoppiare, questo sì. Perciò invitiamo a stare attenti nell’impiego dei risparmi in una moneta ancora tutta da scoprire. Parlare di vera e propria truffa, no. Come economista specializzato del settore cosa consiglia? Chi è a digiuno di valute digitali continui a utilizzare, per i propri risparmi, i canali tradizionali, evitando di finire nel porto delle nebbie. Solo quest’anno già tre volte il prezzo della cripto valuta è precipitato di oltre il 20% in poche ore; un tonfo che su altri mercati più tradizionali avrebbe fatto gridare alla crisi. In attesa di capire bene il meccanismo, invito alla prudenza, anzi, alla massima prudenza.
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CIl castello di carte
ASTELLO da SOGNO
asqua al Castello: il sogno si è rinnovato quest’anno il primo aprile grazie a Daniele Tomasi e sua moglie Elisa Bertoldi. Lui capocuoco, lei account manager del portale Booking.com, hanno raccolto l’eredità di Theo Scheneider e Verena Neff gli storici animatori del celebre albergo dell’alta Valsugana e presentato un menù raffinato.Theo e Verena dopo avere gestito la struttura per 25 anni avevano comunicato, all’inizio dello scorso anno, l’intenzione di lasciare il lavoro e dedicarsi ad un meritato riposo e quasi contemporaneamente i proprietari del maniero, le sorelle Anna Katharina, Cornelia e Barbara Oss, mettevano la struttura in vendita.
di Waimer Perinelli
Il doppio annuncio dell’inizio 2017, aveva tutta l’aria di essere preludio alla chiusura dell’albergo-ristorante offerto ai compratori per la non modesta cifra di 7 milioni di euro. Non ci è nota la quantità di offerte inviate ma ci è sembrato di capire che non c’è stata ressa di privati, anche perché i proprietari dei castelli in Trentino investono molto nella conservazione. Il Fai, Fondo Ambiente Italiano, per esempio ha dichiarato di spendere mediamente 160 mila euro l'anno per con servare la sua parte del castello di Avio. L'incasso delle visite non supera i 110 mila euro. Sulle visite, convegni e mostre d'arte puntano i proprietari di Castel Ivano. La stessa soluzione hanno adottato i proprietari di Castel Valer in Valle di Non dopo che il maniero nell’agosto del 2016 era apparso in vendita su un sito internazionale di aste alla cifra di 3,5 milioni di euro. La notizia, ripresa da alcuni giornali inglesi chiariva che il castello era messo in vendita per la pri-
ma volta dopo 650 anni. Poco tempo dopo i proprietari ritirarono l’offerta, ma per gli amatori del genere castellano c’erano altre possibilità. Per la cifra modesta di 5,5 milioni si poteva comperare castel Madruzzo in valle dei Laghi, di proprietà della contessa Saraceni, e per ancor meno, ovvero 2,7 milioni, si poteva avere castel Malgolo posto sulla via che porta a Romeno. La Provincia comunicava a tutti i proprietari intenzionati a vendere che, dopo l’acquisizione di Castel Thun, di impegni ne aveva anche troppi e soldi pochi e perciò non avrebbe fatto offerte e, pareva di capire, non avrebbe esercitato l’opzione di prelazione ovvero acquistato il manufatto nemmeno al minor prezzo. La prelazione oltre che
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arricchire la comunità di beni preziosi contrasta, più o meno consciamente, certi giochini, pensati e non attuati, per esempio dalla proprietaria, ora scomparsa, di una villa castello sopra Trento, la quale aveva avuto un’offerta di quattro milioni di euro ma ne chiedeva 2 in contanti, magari portati all’estero in valige anonime, e due notarili, unici soggetti a tassazione, ma a quel prezzo, la Provincia se attuava la prelazione al costo ufficiale, faceva un grosso affare, e la signora perdeva un capitale. La signora, che alla fine non ha venduto, dimostrava tuttavia un’esagerato timore dell’ente pubblico che nel caso, per esempio di Corte Trapp a Caldonazzo, nel 2006, per bocca dell’assessore provinciale alla cultura, rispose al Sindaco impegnato a portare alla comunità il manufatto, che di ruderi la Provincia ne aveva anche troppi. Castel Pergine è tutt’altro che un rudere e la Provincia non si è dimostrata insensibile quando grazie ad un Comitato di liberi cittadini, presieduto da Michele Andreaus, economista docente univer-
sitario, è partita un’opa pubblica. All’appello hanno risposto in primo luogo le sorelle Oss, eredi dell’ingegner Mario proprietario del castello dal 1956. Dopo estenuanti trattative condotte in prima persona da Andreaus, a fine ottobre riducevano la richiesta a soli 3,8 milioni di euro, con la clausola che il maniero diventasse proprietà della comunità. La Provincia aveva aperto un bando per la concessione di un contributo fino al massimo di due milioni di euro, ma per accedervi bisognava avere firmato il rogito per il quale necessita il preliminare, che, normalmente, impone delle penali per chi lo disattende senza arrivare all’acquisto. La strada era in salita e il 5 novembre del 2017 si chiudeva il termine del bando provinciale senza la possibilità di partecipare. A renderla ancora più ardua l’aver dimis-
A STORIA CASTELLO DI PERGINE NELL Le prime notizie storiche sul castello di Pergine Valsugana risalgono all'845 d.c. Il complesso fu probabilmente costruito sopra un castelliere romano. Il primo documento ufficiale risale al 1155 quando Odorico da Pergine e Ezzelino, probabilmente il capostipite della signoria da Romano, compaiono fra i testimoni di un importante atto pubblico compilato a Riva del Garda. Ezzelino da Romano terzo, lo conquistò nel tredicesimo secolo e il borgo fu dato alle fiamme. Nella seconda metà del 1200 divenne di proprietà di Mainardo secondo di Gorizia fondatore della Contea del Tirolo, e nel 1322 passò ai padovani da Carrara. Nuovi conflitti e cambi di proprietà fino alla piena disponibilità con Bernardo da Cles del principato vescovile che ne riscattò la giurisdizione. Dai Principi vescovi fu amministrato e abitato fino al 1805. Alle pareti del Palazzo gli affreschi degli stemmi del Clesio, dei principi vescovi Cristoforo secondo, Sizzo de Noris, e Pietro Vigilio Thun. Nei primi anni del 900 il castello venne acquistato da una società tedesca di proprietà dall'editore bavarese Julius Friedrich Lehmann che ne avviò il restauro per farne una struttura alberghiera. Il progetto non decollò. Nel 1925 il poeta e mistico indù Jiddu Krishnamurti vi abitò con un gruppo di discepoli. Nel 1956, dopo un periodo in cui la comunità di Pergine ne era diventa proprietaria, viene ceduto all’ingegner Mario Oss, un trentino emigrato in Svizzera. Ora le proprietarie sono le sue tre figlie, Anna Katharina, Cornelia e Barbara.
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sionato, il 14 novembre, il presidente. Da dicembre tutto era sospeso ad un filo. “Le trattative sono proseguite serrate, dice Massimo Oss, vicepresidente del Comitato,con umiltà e responsabilità. Il 25 marzo il nuovo colpo di scena: è stato sottoscritto il preliminare di vendita con la clausola che entro il 31 luglio deve essere firmato il rogito. Per raggiungere questo obiettivo servono alcuni fatti. Il Comitato deve trasformarsi
Opera di Cornelia Bernardi
LA STRUTTURA Il castello sorge in cima al monte Tegazzo, m 659. Ha quattro torri: una all’ingresso della cortina esterna, un’altra, detta della Madonna nella cortina interna, una terza rotonda, detta delle torture, inserita nella cortina esterna e guarda la strada di accesso, la quarta quadrata, detta torre grande si innalza nella parte più elevata del colle. Il Palazzo dove sono ospitati il ristorante e l’albergo, venne edificato nel 1400 in stile gotico . All’interno troviamo la sala delle armi; la prigione della goccia (antica e crudele tortur a); la sala del trono. Ci sono inoltre la sala nera, la sala del giudice o del falco e la camera del camino dove, secondo la leggenda, appare, a sua discrezione, la Dama Bianca.
in Fondazione, ente giuridico di diritto provato con capitale a fine preordinato. La Provincia deve riaprire, possibilmente entro aprile, i termini del bando per accedere al contributo. Un istituto bancario deve garantire la disponibilità della somma in attesa che la Fondazione abbia il proprio capitale da spendere. Questo si compone, oltre al contributo provinciale, dei soldi della sottoscrizione (finora poco meno di 200 mila euro per 700 donatori); la sottoscrizione, da attivarsi, aperta a venti aziende disposte a versare 20 mila euro l’anno ciascuna per tre anni; del contributo del Comune di Pergine che, dice il sindaco Oss Emer è già stato approvato per l’importo di 100 mila euro; il contributo di altrettanti 100 mila euro reso disponibile dalla Cassa rurale Alta Valsugana e la concessione di un prestito bancario per la parte rimanente. Non sono proprio sassolini, ma non sono così grossi come quello scoglio del preliminare che è stato superato. La navigazione rimane tuttavia a vista. “Informeremo i sottoscrittori in una pubblica assemblea, dice il presidente del Comitato Carmelo Anderle che invita i giornalisti al silenzio su cose che ha appena rivelato” Una richiesta ingenua ma che ha una sua motivazione. Nulla esclude, nemmeno la proprietà attuale, che un privato possa avanzare un’offerta con il soldi in mano. “Qualche privato ci ha già provato, ammette il sindaco, è venuto da me promettendomi che il castello sarebbe rimasto aperto al pubblico”. Il Comitato non vacilla! “La nostra azione è ideale, dice Manuela Dalmeri, responsabile comunicazione, rende partecipe la comunità, non ha per ora eguali in Italia”. Il 31 luglio è lì, dietro l’angolo. E se l’obiettivo non fosse centrato? Tutti a casa.“Sarebbe una sconfitta non solo per il Comitato ma per l’intera comunità” dice Silvio Casagrande delegato rapporti istituzionali, ma almeno ci abbiamo provato e tutti siamo cresciuti in esperienza e consapevolezza”: insomma comunque vada sarà un successo.
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AGRIPPINO RUSSO e l’anima dei sogni N
el settembre 2015 su queste pagine pubblicavamo una intervista ad Agrippino Russo che ora servirà a ricordarne la figura in un incontro pubblico promosso anche dalla Biblioteca comunale a due anni dalla sua morte, avvenuta il 23 giugno 2016. Nato a Catania nel 1957 era arrivato a Trento alla tenera età di sei mesi, divenne poi insegnante presso l'Istituto Comprensivo di Levico, dove ha abitato fin dal 1982. Il suo impegno “passionale” erano progetti di cine-laboratorio con i suoi studenti che avvicinava così alle comunicazioni visive. Da Filmaker indipendente, ha realizzato documentari e brevi film a soggetto di cui diamo una lista parziale: 1998 Cortometraggio “Le voci della montagna”; 2000 documentario “Apocalisse minima” sulla vita e le opere del poeta Don Mario Bebber; 2003 cortometraggio “Una storia Zen”; 2005 documetario “Yak Zaàri” - Il lamento (voci dall'Afganistan); 2006 documentario “Una voce americana” (Tribute to Lawrence Ferlinghetti); 2006 cortometraggio “Le luci di Masha”; 2007 film “La guerra di Piero”; 2008 cortometraggio “Tre carte e una storia”; 2009 Documentario “Conversazioni sul neorealismo con Mario Bernardo”; 2010
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documentario “Yol Camp 1941-1946 - Prigionieri trentini in Himalaya”; 2012 Documentario “Una cultura in esilio” (appunti da un Tibet fuori dal Tibet); 2014 documentario “Come radici di un vecchio albero”; 2014 documentario “Il sogno breve di Campochiaro”. In quella intervista Pino diceva, tra le altre cose, che «Quando muoiono gli ultimi testimoni di una tradizione culturale, è finita, si rischia di non poterla più ricostruire. La memoria delle tradizioni, dei valori, viene persa se non si lavora per conservarla. Ne è un esempio un documentario su lo slittone da legna che ho realizzato l'anno scorso, “Come radici di un vecchio albero”, nel quale il protagonista realizza, secondo la tecnica antica che aveva appreso da suo padre, uno slittone da legna come quelli che vengono ancora usati nella festa di san Bastiano a Selva di Levico. L'ho ripreso da quando tagliava gli alberi procurandosi i vari legni per la costruzione e in tutte le fasi di realizzazione. Un testimone prezioso che negli anni '60 era partito per l'India; mentre lavora allo slittone racconta la sua esperienza in Himalaya. Nel documentario vi è infatti un tratto intitolato “niente slitte in Himalaya”. Preservare la memoria storica è importante e l'unico modo in cui io so fare questo è stare dietro a una macchina da presa, cercando di fermare una storia, un attimo di vita, per lasciarlo ai posteri. Sento
di Franco Zadra
come un'urgenza di non far dimenticare, perché nel nostro mondo vogliono che si dimentichi per poterci ingannare ancora. Il ricordo ti dà la possibilità di essere migliore, mentre il non ricordare ti permette di rifare tutti gli imbrogli nuovamente, lasciandoti in balia del revisionismo. Il ricordare, il tenere viva una memoria, è un “sapere come eravamo” così da poterlo rapportare all'oggi e poter essere migliori». Ricordare Pino Russo, come regista con il quale ho collaborato poiché mi ha voluto nel Cast di un paio di cortometraggi che ha realizzato (per bontà sua poiché spesso si è lamentato con me che non sapevo recitare), come amico custode di confidenze, come consigliere “spirituale” poiché coltivava una sua intensa spiritualità, sul filone buddista, pur non essendo cattolico “praticante”, è per me insieme motivo di vanto ma anche il rinnovare una tristezza mai più riassorbita, poiché nell’ultimo periodo della sua vita, il male che lo aveva assalito l’aveva spinto a chiudersi in casa, in una estrema difesa della sua privacy. Così non l’ho potuto salutare. Lo incontro però ancora in sogno. È ancora lui, perché i sogni hanno un’anima.
Lettera di Claudio Cia al direttore
Ancora un grazie per Agire in movimento A
meno di due anni dalla nascita del movimento Agire per il Trentino stiamo per mettere in campo la squadra di quelli che correranno per le provinciali di ottobre. In molti hanno proposto la loro candidatura, soprattutto tra quelli che fin dal primo momento si sono impegnati nei Coordinamenti di zona o hanno rappresentato un punto di riferimento come Referenti nei vari territori, testimoniando con entusiasmo la particolare qualità del nostro esserci tra la gente e per la gente. Quando fui eletto coordinatore, nel maggio 2017, mi resi conto subito della responsabilità di rappresentare una sorta di modello per coloro che si sarebbero avvicinati al movimento per servirlo più da vicino in posizioni direttive. Prima di tutto per non cadere nel solito destino dei molti partiti e movimenti che in questi ultimi anni si sono affacciati sulla scena politica regionale e nazionale carichi di promesse
subito deluse al primo giro di giostra. Ho creduto e voluto che Agire tenesse ben saldi i suoi punti fondanti, in modo da risultare diverso, con una diversa concezione della politica e in moda da operare solo e prima di tutto per il benessere dei cittadini. Un semplice motto ispiratore “Fatti conseguenti alle parole”. Perché le parole bisogna pur dirle, ma senza mai ridurle, o confezionarle, come le tristemente note promesse con un grado di credibilità a scadenza, limitato al tempo pre-elettorale. In Agire ci motiva la consapevolezza di condividere responsabilità e destino comuni rispetto ai valori che ispirano, sorreggono, e sospingono gli appartenenti chiamati a essere sempre impegnati in una rigenerazione della politica, restituendole innanzitutto la dignità di cui è stata spogliata. Un impegno espletato con umiltà, nella consapevolezza di non essere “i migliori”, ma con determinazione, perseguendo l’assoluta necessità di ripartire dall’onestà (e quanti esami di coscienza mi faccio su questo punto), con trasparenza, e coerenza. Valori, questi, non negoziabili perché sono qualità personali e non di gruppo, in quanto ogni individuo che opera per Agire si assume una propria personalità nei confronti della società o di chi ne condivide le idee, le proposte, e gli obiettivi. Può sempre accadere che qualcuno salga sul carro del vincitore, o semplicemente sia attirato dalla freschezza e ge-
di Claudio Cia
nuinità del nostro movimento nei quali intravvede opportunità da sfruttare in senso personale. Per questo la struttura che ci siamo dati tiene in grande considerazione e chiede alle persone dei Garanti di vigilare attentamente sulle candidature, anche se il mio temperamento personale tende spontaneamente a dare fiducia alle persone che valuto di primo acchito impegnate e di valore. Stiamo diventando un punto di riferimento per gli imprenditori locali, oltre che per la cittadinanza e gli amministratori, ma no ci rassegneremo mai alla cultura della delega “tout court”; come non ci faremo dettare l’agenda politica dalle ideologie, né tantomeno dalla logica delle segreterie dei partiti che da tempo hanno rinunciato ai valori etici. Alla politica non chiediamo miracoli, ma che quel poco richiesto sia fatto bene e con onestà. Farsi carico dei sentimenti di rabbia e di delusione che tanta gente trentina esprime perché privata di certezze, di prospettive, di sicurezza sociale e di uguaglianza, non è, e non deve essere mero populismo. Noi vogliamo rappresentare quella parte di mondo che la politica ha smesso da tempo di ascoltare, concentrata com’è a rincorrere, difendere, incrementare, ed estendere il proprio potere, anziché occuparsi indistintamente dei bisogni di ciascun cittadino. Oggi la vera sfida è quella di prendersi cura della dignità delle persone, a prescindere dalle idee che manifestano. L’ardore per la dignità di ognuno guida noi tutti, il nostro Agire, e ne sono convinto, di cittadini prestati alla politica.
Claudio Cia è Coordinatore Provinciale di AGIRE PER IL TRENTINO
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t ei s i r vs i b i l e t in pos im
ANDREAS
HOFER
di Adelina Valcanover
nacque era un oste di San Leonardo in Passiria dove one, Barb erale Gen il e com e anch o sciut Andreas Hofer, cono insor sero contro la Baviera per delle riforme do quan esi tirol ie miliz e dell nte anda com nel novembre del 1767. Fu tato alleato. Catturato, fu condannato diven I era cesco Fran cui te, apar Bon e oleon inique, sfidando il potente Nap considerato il più grande patriota del Tirolo. È 0. 181 aio febbr 20 il to, fucila lì e tova Man a mor te a «Guten Morgen, Frau Adelina. Ich bin Andreas Hofer. Vorrei chiederLe, per gentilezza, un’intervista. È possibile? Possiamo come al solito darci del tu». Ben volentieri. Ti conosco di fama e sono ben felice che tu mi chieda un’intervista. Parla un po’ delle tue origini. Brevemente ti dirò che sono nato a San Leonardo in Passiria, attuale Alto Adige, in un maso, nel 1767 e ultimo di sei figli. Mia madre morì che avevo tre anni, e a sette anche mio padre. Diventato maggiorenne ereditai il maso, come da regola del maso chiuso. Sono andato a scuola regolarmente, perché l’Imperatrice Maria Teresa d’Austria aveva reso obbligatoria la frequenza nel 1774. Fui inviato in Trentino per imparare la lingua italiana, che mi sarebbe tornata utile per il lavoro. Eri considerato un’ottima persona, onesto e anche uomo di spirito, oltre che profondamente credente.
Avevo un buon carattere e vivevo sereno e pacifico. Poi ho incontrato Anna Ladurner, di Lagundo, e mi sono sposato, ho avuto sei figlie e un maschio. Poi le cose cominciarono a diventare difficili. Si temeva l’invasione delle truppe napoleoniche. Purtroppo l’Austria cedette il Tirolo a Napoleone che a sua volta lo assegnò alla Baviera sua alleata che iniziò a introdurre nuove regole pesanti che scontentarono tutti. Come Schützen (soldato tirolese) venni eletto a capo di varie compagnie, e nel 1809 ci sollevammo contro le truppe napoleoniche e bavaresi. Il Comandante Barbone, ti chiamavano, e ben 18000 persone insorsero con te. Fu una battaglia tremenda. Come tutte le battaglie o guerre, ci sono persone che ne approfittano e questo andava contro i miei principi. Così scrissi ai miei compatrioti tirolesi di lingua italiana. Ti cito qualche riga: “… il mio cuore sincero, che pensa in ma-
Come Eravamo
Andreas Hofer niera retta e onesta a tutti voi, detesta bande di briganti e saccheggi, detesta le requisizioni e l’impostazione di tributi, e ogni tipo di offese e pretese nei confronti di coloro che hanno ceduto alle truppe i loro alloggi. Nessuna di queste azioni infami trova posto nel mio cuore patriottico. Ogni bravo e onesto difensore della patria deve guardarsi bene dall’insudiciare od offendere il suo onore e il suo amore verso il prossimo,
il che farebbe cadere su di noi la riprovazione di Dio che ci ha protetto così visibilmente e miracolosamente”. Dopo la pace di Schönbrunn (ottobre 1809), fummo di nuovo aggrediti dai francesi e benché resistessimo disperatamente, capitolammo. Puoi dare una cronologia brevissima di quello che si svolse da quando fosti chiamato al raduno degli Schützen e fosti eletto Comandante? Sì, forse è più chiaro: 10 aprile 1809, dopo la benedizione delle bandiere del Tirolo, guido la sollevazione; il 14 aprile, le truppe austriache si incontrano con noi a Vipiteno, all’indomani della prima vittoria sui bavaresi; 29 maggio, vittoriosa battaglia di Bergisel e riconquistiamo Innsbruck. Mi consegnano anche una catena d’onore (Ehrenkette) e 3000 ducati per la difesa territoriale; 11 novembre 1809 riprendiamo la sollevazione del Tirolo. Pur difendendoci strenuamente siamo travolti e io mi rifugio con la mia famiglia in una baita d’alta montagna e lì sono rimasto nascosto. Poi però purtroppo ti arrestarono. Come successe? Il 28 gennaio 1810 vennero al Pfandleralm (pascolo dove si trovava la baita) e mi arrestarono. Ero stato tradito per denaro da Josef Raffl, che fu poi soprannominato il Giuda del Tirolo! Fui condotto a Mantova, processato e condannato a morte per ordine di Napoleone, e fucilato il 20 febbraio 1810. Nel
1823 le mie spoglie furono traslate a Innsbruck. Pensa che la popolazione di Mantova raccolse 5000 scudi per farmi liberare, ma non servì. Questo per dire che avevo estimatori anche lì. Sostenuto dalla fede, davanti al plotone d’esecuzione, avevo con me un crocifisso ornato di fiori. Non volli essere bendato e dissi: “Io sto davanti a Colui che mi ha creato e in piedi io voglio consegnarGli la mia anima”. Sei riconosciuto e festeggiato come l’eroe del Tirolo. Zu Mantua in Banden (A Mantova in catene) è diventato l’inno ufficiale del Tirolo. Anche il poeta William Wordsword ti dedicò cinque sonetti… Sì, è vero, ma non tutti sono d’accordo. Qualcuno mi ha dato del fanatico e dell’ondivago, ma per fortuna tutti sono concordi nel definirmi persona onesta e retta. Quindi apprezzato da molti e disprezzato da altri. Ho cara la lettera “impossibile” che Albino Luciani (papa Giovanni Paolo I), pubblicò in una sua rubrica sul Messaggero di S. Antonio; ti accenno poche righe: “Vorrei che il vostro eroismo, gentile e cristiano insieme, ispirasse qualcuno. […] La Vostra Fede cristiana, tutta d’un
pezzo, la compattezza di popolo, che, con Haspinger, avete saputo realizzare nell’ora del pericolo, queste sì le desidererei con tutto il cuore.” Certo, nel libro “Illustrissimi” sono raccolte le lettere che il futuro papa scrisse per il giornale. Per concludere cosa vorresti dire ai lettori di Valsugana news? La fede non è per tutti, ma tutti possiamo adoperarci per la nostra indipendenza e dignità. Possibilmente in pace e comunque sempre con rispetto e onore.
Tiroler Landsturm - 1809
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Il monumento di Andrea Hofer a Merano
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Xicco Polentone sullo sgabello poetico
(suo malgrado) di Franco Zadra
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urante l’ultimo “sgabello poetico”, la manifestazione levicense divenuta ormai tradizione grazie alla sempre rinnovata proposta di Lisa Orlandi della Piccola Libreria, un poeta estemporaneo, un po’ titubante e vergognandosi un pochino per il dover misurarsi con gli illustri poeti presenti, ha proposto la sua originale lirica composta attorno alla “sciagura” di abitare in via Xicco Polentone, e chiedendo esplicitamente al sindaco (presente e tra i più apprezzati lettori di poesie dallo sgabello) di cambiare nome alla via del suo domicilio, adducendo di essere quasi succube del senso del ridicolo che lo coglie quando è chiamato a dichiarare il suo indirizzo, il numero 30 di via Xicco Polentone. Gioco facile ha avuto il nostro poeta quando ha chiesto agli spettatori de la sua performance di alzare la mano in quanti avessero mai letto un testo del “famoso” filologo e umanista, nato a Levico Terme nel 1375 e morto a Padova nel 1447 dov’era notaro alla corte dei carraresi e
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della Repubblica di Venezia, considerato (a detta della targa marmorea posta al numero 8 di via Polentone) il maggior latinista del XV secolo, autore de “La Catinia”, prima commedia in volgare stampata, ad autore defunto, nel 1482. Un curriculum siffatto dovrebbe forse far sorvolare sulle tonalità comiche del nome e far piuttosto prevalere “l’onore” di abitare in una via tanto altamente fregiata, considerando che ancora nel 1778 i notai di Padova eressero in Prato della Valle una statua al loro illustre predecessore sul basamento della quale possiamo ancora leggere che Xicco «primum post renatas litteras latinas comoediam restituit». Veniamo un momento a La Catinia. Una storia divertente che Xicco finge di raccontare a Giacomo Badoer da Peraga, nobiluomo veneziano e recentemente iscritto anche nel patriziato padovano, da lui udita in un’osteria di Anguillara, «così come’è stata sentita, per i suoi momenti di svago, lontano dalle preoccupazioni e dagli uffici più seri». Era dunque capitato nell’osteria
Michele Sartori, sindaco di Levico Terme un venditore di scodelle, Catinio, nativo di Como, con la gerla carica fino all’orlo della sua povera merce, composta per l’appunto di piccoli catini e scodelle che cercava di spacciare agli avventori. Riportiamo qui l’incipit di questa “fabula”, perché non si possa più dire che nessuno dei levicensi abbia mai letto almeno un rigo scritto da Xicco Polentone: «Catinius, homo cumanus, cum Anguillarie sub recessu starem, quod illum expectarem qui mihi successurus esset in clarissima pretura illa (me intellegis, Peragine) cui me sors annua designavit, transiens, advenit». (Mentre me ne stavo nella taverna di Anguillara ad aspettare che il successore mi venisse a sostituire in quella nobilissima magistratura (ci siamo capiti vero, Peragino?!) alla quale mi aveva destinato per un anno la sorte, eccoti capitare uno scodellaro di Como, lì di passaggio).
SCRITTE SUI MURI
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Na ta zzulella e caffè...
LE ORIGINI ROVERETANE A Rovereto un’antica bottega di torrefazione e consumo, di Waimer Perinelli una delle prime 25 d’Italia ed un museo prestigioso con 300 pezzi che raccontano la storia della profumata bevanda.
a scena si svolge in un bar lombardo negli anni 50 del 900. “Un cimbalino”, chiede il cliente e il barista serve…. Sapete di cosa stanno parlando? No? ve lo diciamo noi: serve un caffè preparato con la macchina espresso Cimbali, una delle concorrenti della Gaggia, che fu la prima ideata da un ingegnere veneto nel 1948 e la Faema progettata poco dopo. Questi pezzi pregiati, ed altri trecento, li potete vedere al museo Bontadi di Rovereto. Di loro e di tanto altro racconta il giornalista Rocco Cerone nel libro “Bontadi, dal 1790 una storia che continua” dedicato alla caffetteria affacciata sulla roveretana piazza delle Oche. Qui nel 1790 Carlo Bontadi, imprenditore agricolo, dopo avere lasciato le proprietà di famiglia del bresciano e piacentino, apre l’attività commerciale nella quale c’è anche il caffè crudo, una merce co-
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stosa, tostata in casa con la padella e riservata ad eventi eccezionali. Il caffè scrive Edy Bieker, esperto triestino, ha quasi duemila sostanze aromatiche ed è ancora oggi secondo solo al petrolio sul mercato internazionale. Per la famiglia Bontadi l’idea di Carlo divenne per gli eredi una miniera d’oro. Nel 1850 Oddone privilegia il chicco profumato sugli altri prodotti di bottega
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e nel 1890, con Iperide, il caffè diventa la principale produzione della bottega trasformata in azienda per la torrefazione. Poco prima, nel 1885, era stata ideata la macchina del caffè detta a colonna, con la quale la bevanda veniva servita continuativamente nei locali pubblici. Il caffè vergine, crudo, proveniente dall’Africa, dal Sud America veniva tostato a Rovereto a mano, come faceva la nonna con il bussolotto messo sul fuoco, successivamente, grazie all’imprenditorialità di Leo, con apparecchiature mosse da motore elettrico, si è passati da 5 a 30 chilogrammi a tostata. La bottega Bontadi si sviluppa e nel 1954 Remo arriva a produrre fino a 500 chilogrammi a tostata: giusto in tempo per soddisfare la domanda dei consumatori cresciuti a dismisura grazie all’ingegno di Achille Gaggia, ed alla sua macchina espresso capace di offrire quel caffè cremoso diventato oggi parte fondamentale, irrinunciabile del nostro vivere quotidiano. A Napoli la leggendaria Tazzulella ‘e cafè cantata da Pino Daniele. Rocco Cerone ci descrive il viaggio nel tempo e nel consumo sottolineando anche il ruolo sociale della bevanda diventata, nel 1765, il titolo di una prestigiosa rivista letteraria. Una storia che comincia all’inizio del ‘600, e che vediamo molto ben descritto nel 1750 da Carlo Goldoni nella commedia “ La bottega del caffè”. La scena si svolge in una tipica piazzetta veneziana sulla quale si affaccia una bottega del caffè di Ridolfo, che diviene punto d’incontro dei personaggi che frequentano il vicino negozio del barbiere, della bisca e di un albergo. E proprio approfittando della deliziosa bevanda i personaggi, assidui frequentatori della caffetteria, intessono i loro
Rocco Cerone
Chi è Rocco Cerone? Nato a Portici (Napoli) il 5 maggio 1959, da decenni vive a Rovereto ed è giornalista professionista iscritto all’Ordine del Trentino Alto Adige dal 1984. Inizia a lavorare a Milano, al Corriere della Sera, con direttori Franco Di Bella ed Alberto Cavallari per essere, poi, assunto in Rai da Willy De Luca ad appena 22 anni (il più giovane d’Italia) prima al Tg1, poi al Gr unificato, all’Eurovisione/Evelina e, dal 1993, alla Testata giornalistica Regionale di Trento. È stato, tra l’altro insignito, del Premio Giornalistico Carlo Casalegno 2013. Nel 2018 è stato eletto, all’unanimità, nuovo segretario regionale del Sindacato giornalisti del Trentino Alto Adige.
intrecci economici ed amorosi. Oggi il caffè è parte importante della nostra socialità. Si offre agli amici, si sorseggia per concludere un pranzo e riscalda la conversazione. Un rito che si compie ogni giorno in piazza delle Oche a Rovereto nella Caffetteria la cui tradizione è stata raccolta nel 2004 da Stefano De Andreis al quale Remo, l’ultimo dei Bontadi, ha ceduto l’attività. Il libro si avvale delle belle fotografie di Jacopo Salvi e, per la foto di copertina, di un acquerello del pittore napoletano Giuseppe Maraniello.
IL CAFFè E SOCIETà aroma culturale
di Rocco Cerone el caffè, originario dell’altopiano di Kaffa nell’Etiopia meridionale, si hanno le prime notizie certe intorno all’800 A.C. Il suo nome si fa risalire alla regione d’origine ma anche all’etimo arabo di qahwa. Bisognerà attendere il 1615 per l’importazione da parte di mercanti arabi dal Medio Oriente a Venezia, da dove si diffuse poi nella Penisola. Il caffè cominciò a fare parte integrante della cultura italiana dopo la sua introduzione e diffusione, dalla fine del ‘500 agli esordi del secolo successivo. Tra i luoghi che contribuirono alla diffusione del caffè ci sono i salotti letterari che cominciarono a diffondersi in Europa nel XVIII secolo durante il periodo dell’Illuminismo. La storia dei Caffè intesi come luoghi di aggregazione e promozione culturale è interessantissima perché con essa si inaugura la figura dell'intellettuale affrancato dalle richieste del mecenate di turno. In questa mutata prospettiva si inaugurarono spazi fisici, ma anche editoriali, atti ad accogliere pensieri nuovi, progressisti, destinati a dare frutti in molti ambiti e a fondare una nuova visione del mondo. Pietro ed Alessandro Verri in questo senso furono figure straordinarie che caratterizzarono l’Illuminismo in Lombardia; ad essi si deve la fondazione della rivista letteraria che fu intitolata “Il Caffè” appunto. Pubblicata ogni dieci giorni, dal 1° giugno 1765 al 20 maggio 1776, essa ospitava gli scambi di opinione e le discussioni intellettuali, di natura essenzialmente economica e sociale, che
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si creavano all’interno di un immaginario locale gestito da Demetrio, caffettiere di origine greca e uomo dotato di intelletto vivace e aperto. Gli illuministi consideravano il caffè capace di “risvegliare” le persone ma anche le virtù dell'uomo. La caffetteria era un ambiente aperto che non richiedeva particolari requisiti per essere frequentato. Poteva entrare chiunque fosse disposto a pagare il prezzo della consumazione per intrattenersi con la lettura dei giornali italiani ed esteri o, semplicemente, per godersi un'amabile conversazione. Un vivaio di artisti, intellettuali e letterati che passavano ore nei caffè insieme con altre persone con cui condividevano idee artistiche, politiche, letterarie o filosofiche. Di tutto questo fermento troviamo ancora testimonianza nei documenti conservati nei nostri gloriosi caffè storici. Ecco allora comparire, in un’ideale geografia culturale e di gusto, il Caffè Florian a Venezia, il Pedrocchi di Padova, il Caffè delle Giubbe Rosse a Firenze e il Caffè Greco a Roma.
Da un seme tropicale l'aroma dell' Africa Il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi di una pianta tropicale del genere coffea e della famiglia botanica delle rubiacee, un gruppo di angiosperme che comprende oltre 600 generi e 13.500 specie. La specie usata per prima è la Coffea Arabica, originaria dell'Etiopia, dove viene coltivata fra i 1000 e 2000 metri di altitudine. La Coffea Robusta a maggiore contenuto di caffeina è coltivata solo dall'800 ed è originaria dell'Africa tropicale, in particolare della Guinea. La Coffea Liberica è originaria della Liberia ma viene coltivata con successo anche nelle Filippine e Indonesia. Oggi coltivazioni di Coffea sono diffuse anche in Sud America ed in particolare in Brasile.
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COME L’UOMO HA ALLEVIATO IL DOLOREFINO ALL’AVVENTO DELLA MEDICINA MODERNA
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ella Mesopotamia degli Assiri (3000 a.C.) il paziente sottoposto ad amputazione viene narcotizzato con la compressione delle carotidi affinché perda conoscenza. Sono gli Egizi a intuire il potere anestetizzante del freddo utilizzando la neve per ridurre circolazione sanguigna e sensibilità. Successivamente si servono della cosiddetta “pietra di Menfi”, una roccia ricca di silicati da sbriciolare sulla parte da trattare che secondo la credenza lenisce il dolore dell’intervento. Lo sviluppo delle scienze erboristiche permette di scoprire e utilizzare le proprietà di alcune piante in tema di anestesia. Come racconta Plinio il Vecchio grandi poteri sedativi sono attribuiti alla mandragora, radice della famiglia delle Solanacee le cui forme simili al
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Il dolore fisico rappresenta una delle più grandi paure dell’essere umano che da sempre studia i mezzi per alleviarlo. L’anestesia per come la intendiamo oggi è una pratica piuttosto recente se pensiamo che gli interventi chirurgici si praticano fin dall’antichità e si cercava di lenire il dolore in modi differenti e spesso brutali, come la classica botta in testa.
corpo femminile unite ai poteri magici le conferiscono un’aura divina. È utilizzata anche come afrodisiaco e contro la sterilità e in suo onore Dioscoride, medico greco del I sec. d.C., utilizza per la prima volta il termine anestesia per indicare la mancanza di sensazioni e Machiavelli riprende le sue proprietà nell’opera burlesque La Mandragora. L’oppio era già sfruttato dai Sumeri nel 3500 a.C. per alleviare il mal di denti. Il suo uso, tramandato nei secoli, arriva in Egitto, attraversa la Grecia e giunge nell’antica Roma. Si conoscevano già i rischi circa il suo abuso e l’imperatore Marco Aurelio è secondo alcuni studiosi uno dei primi politici oppiomani. Nel Medioevo la mandragora e altre piante dal potere narcotico come papavero e cicuta vengono lavorate per
di Laura Fedel
ottenerne l’estratto da destinare alle spugne sonnifere che, avvicinate al naso, hanno il potere di far addormentare anche il più eccitato dei pazienti. Le dosi devono però essere precise per evitare ch’egli si addormenti per sempre. Dall’America colombiana arrivano nuovi prodotti per sedare i pazienti fra cui le foglie di coca che gli indios masticano per non sentire la fatica e la Strychnos toxifera, una liana della foresta amazzonica da cui si ricava il curaro, usato dai nativi dell’epoca come veleno da freccia per la caccia o per la guerra. L’alcol rimane ancora il grande classico per sopportare il dolore fisico sia per i militari che per i marinai, e alla bottiglia spesso si abbina un sigaro da introdurre nell’ano del paziente. Si spera così di attutire il dolore dell’operazione con lo shock da nicotina. È alla fine del ‘700 che avvengono le svolte importanti in tema di anestesia. Se qualche secolo prima qualcuno
avesse proposto di operare una persona addormentandola e avesse inoltre concluso con successo l’intervento, forse sarebbe finito sul rogo. È probabile che l’associazione a stregoneria e pratiche diaboliche abbia ritardato l’affermarsi dell’anestesia nel campo medico. Tuttavia la scienza non si può fermare e a inizio ‘800 cominciano i primi test con il protossido d’azoto - meglio noto come gas esilarante - e il chimico Michael Faraday conduce esperimenti sull’etere dietilico il cui potere anestetico è scoperto da Paracelso, medico e alchimista del XVI secolo. A metà ‘800 inizia l’uso dell’etere negli interventi chirurgici. Parallelamente per lenire il dolore durante le operazioni si compiono anche studi sull’ipnosi. Nel 1842 il dottor Crawford Williamson Long constata il potere anestetico dell’etere e lo adotta per asportare due piccoli tumori a un paziente e amputare due dita a un altro. Calunnie e critiche lo obbligano però a interrompere le sue pratiche che finiscono così nel dimenticatoio. Poco dopo, nel 1844 il dentista americano Horace Wells impiega il protossido
d’azoto per togliersi un dente senza perta, non hanno una vita facile. Wells, soffrire. Due anni più tardi il dottor diventato dipendente dal cloroformio, William Green Morton, allievo di Wells, muore suicida mentre Morton cercando presenta alla comunità scientifica un’am- di occultare la vera natura dell’etere polla “inalatrice” e si brevettandolo con il nome serve dell’etere per di Letheon si attira l’antipatia l’estrazione di un dente, dei colleghi che addirittura pratica che prima di allora gli attribuiscono la colpa avveniva spesso per della morte del collega mano dei barbieri e senza Wells. Termina i suoi giorni anestesia. L’anno succesdegradato dalla stessa sosivo compare il cloroforstanza che lo ha reso faMichael Faraday mio e con esso il parto moso e muore in povertà. indolore insieme allo È tolto dunque per sempre sdegno dei conformisti. l’orrore alla professione chiNel 1852 però la regina rurgica che necessita di paVittoria chiede per sé zienti immobili che non si il parto indolore che contorcono per il dolore. per questo motivo L’anestesia, oltre a mitigare prende il nome di la brutalità con cui avvenivano Wells Horace Parto della regina. gli interventi, grazie anche alla Nonostante l'innovascoperta dell’asepsi (la preventiva creazione e l'imzione delle infezioni) per opera portanza che da quel di personalità come Louis Pamomento ha assunto steur e Joseph Lister, apre un l’anestesia, Wells e nuovo capitolo della medicina. Morton, contendenQuello della medicina moderWilliam Thomas Green Morton na che noi oggi conosciamo. dosi il merito della sco-
Come Eravamo pio Strigno - vecchia fontana davanti al munici
Da six: Gwenael Thibault, la dott.ssa Silvia Motter, il dr. Gabriele Roberti, la dott.ssa Lucilla Masucci (moglie di Roberti), la dott.ssa Eleonora Eccel e Miriana Coradello.
FARMACIA COMUNALE DI CASTELNUOVO
Inaugurata la nuova sede A distanza di otto anni dalla sua prima inaugurazione, la Farmacia Comunale si è trasferita nella nuova sede. Una sede più ampia, più spaziosa, più organizzata e più funzionale, che, come ha sottolineato il dr. Roberti, direttore della Farmacia, “risponderà nel migliore dei modi alle aspettative di una comunità sempre più attenta e competente. Una struttura dove i nostri clienti, non solo potranno trovare un assortimento completo per una giusta risposta alle loro esigenze di salute e benessere, ma anche spazi adeguati nei quali poter sostare con tranquillità e riservatezza alla ricerca della consulenza più qualificata e personalizzata.
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ggi, grazie a questo indispensabile ampliamento, la Farmacia Comunale di Castelnuovo presenta e offre un “aspetto” dinamico e completo, integrato in nuovi reparti affinchè tutte le esigenze della crescente clientela siano soddisfatte al meglio. Una nuova e funzionale sede a dimensione “cliente” che, come ha evidenziato il Sindaco nel suo intervento, “inizia una nuova storia a vantaggio delle nostre comunità. E noi ci auguriamo, ha sottolineato il primo cittadino, che questo bel rapporto, iniziato otto anni fa, continui con tutti quegli elementi, di attenzione competenza e professionalità hanno caratterizzato il fare di tutto lo staff della farmacia”. E significativo è stato l’intervento del dr. Roberti che ha preceduto la vera inaugurazione della farmacia. ”Otto anni fa, ha detto al numeroso pubblico presente, iniziammo questa nostra esperienza mossi
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da vero entusiasmo che si è potenziato nella quotidianità. Oggi, con il taglio di questo nastro, inizia per noi e per Castelnuovo una nuova storia della “nostra” farmacia con la concreta vicinanza dei nostri clienti che nel tempo ci hanno voluto dimostrare il loro affetto. Sono stati proprio Loro a spingerci a fare questo passo e di questo li ringraziamo perché speriamo di garantire un servizio veramente ottimale, ma soprattutto personalizzato. Credetemi tutto questo, ha continuato il dr. Roberti, non sarebbe stato possibile senza il vostro contributo, il vostro supporto e la vostra vicinanza morale e di amicizia. Ed è a Voi che rivolgo, anche a nome di tutto lo staff che all’interno della Farmacia
Il Sindaco di Castelnuovo con il dr. Roberti Gabriele
opera, il ringraziamento più sincero. Per noi e per tutte le attività commerciali, il cliente è il potenziale attivo che in qualsiasi momento merita ogni tipo di supporto, di attenzione e di rispetto. Ed è in questa ottica che sarà ancora più concreto il nostro impegno ed il nostro fare”. Osservando la Farmacia al suo interno, tutti gli intervenuti hanno notato gli ampi spazi dove ciascuno potrà individuare con facilità il settore di suo interesse e il “suo“ farmacista, Si potrà accedere a tutta una serie di servizi oggi sempre più richiesti: dalla nutrizionistica alla fisioterapia, dalla cosmetologia alla naturopatia, dalla consulenza estetica alla omeopatia, dalle intolleranze alimentari agli esami genetici. Senza dimenticare le attività dedicate alle indagini di prima istanza come profilo lipidico, glicemia, emoglobina glicata, mineralometria ossea computerizzata, elettrocardiogramma, monitoraggio nelle 24 ore della pressione arteriosa (Holter), spirometria.
FARMACIA COMUNALE DI CASTELNUOVO
Viale Venezia, 15/A CASTELNUOVO (TN) Tel. 0461 751300 Orario: dal lunedi al sabato 7.30 / 13.00 e 15.00 / 19.00
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BULLISMO
E DIFESA PERSONALE
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cuole e organizzazioni giovanili, oggi come da sempre, devono fare i conti con un fenomeno diventato all’ordine del giorno: il bullismo. Un problema sociale serio che necessita un intervento attivo a partire dagli adulti; esistono programmi di prevenzione e contrasto rivolti alla scuola intera, alunni, insegnati, personale non docente e genitori, ma nonostante ciò il bullismo coinvolge una quota significativa della popolazione studentesca. Il bullo è colui che colpisce, si diverte a spese degli altri e cerca una posizione di prestigio nel gruppo dei pari. Tale fenomeno può manifestarsi in forma fisica, verbale, emotiva, criminale e cyber bullismo; la sua gravità dipende dalle motivazioni, dalla situazione e dalla risposta della vittima. L’atteggiamento bulletto inizia a prendere forma intorno agli ottonove anni per poi intensificarsi durante le scuole medie e diminuire lievemente in seguito; infatti se da prima uno spaccone è ammirato o temuto dai più piccoli, con il passaggio ad una età più matura la consapevolezza degli altri ragazzi porta lo stesso bullo ad essere emarginato o rilegato ad un sottogruppo rispetto la maggioranza. Scuola, tratte da casa all’istituito scolastico e tram sono i luoghi più a rischio per le vittime e in tali contesti la difesa deve partire dal ragazzo stesso. In che modo?
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Reagire all’ostracismo, dire “no”, prenderli in contropiede, il linguaggio corporeo non deve mostrare paura, sostenere lo sguardo del bullo prendendosi anche un cazzotto e lasciarlo nell’indifferenza; una serie di atteggiamenti che assieme formano quella che è la difesa personale. Lo spaccone sceglie la preda per la fragilità che percepisce nel tempo, di conseguenza assumere un comportamento forte non è impresa facile. Quando si parla di bullismo si deve affrontare il tema dell’educazione, sia se ci si mette nei panni della vittima sia in quelli del bullo. Gli adolescenti non si educano da soli e nemmeno davanti ad un televisore, hanno bisogno di persone che li indirizzano approfondendo e ragionando con loro mirando al senso di responsabilità individuale. Significa che il ragazzo deve sentirsi spronato e autorizzato a comportarsi in modo responsabile, in egual modo ha necessità di percepirsi sostenuto; infatti nell’adolescenza l’io fragile è preda di quel tumulto emotivo che fa perdere ogni sicurezza acquisita precedentemente. Una prevenzione attiva quindi gira attorno all’educazione: far conoscere il fenomeno, ragionare con i ragazzi e rafforzare il carattere (responsabilizzare il bullo, capirlo e canalizzare la sua aggressività; lavorare sulla sicurezza dell’io dell’adolescente in generale). Negli ultimi anni è andata a diffondersi l’dea che la pratica dell’arte marziale possa essere un effi-
di Patrizia Rapposelli
cace mezzo di prevenzione; infatti tale mondo non è solo disciplina di combattimento, ma metodo educativo che insegna valori e rispetto, che punta a far crescere la persona nella sua totalità, mente corpo e spirito per trovare un equilibrio nel proprio io. La pratica marziale insegna quindi la difesa personale; la vittima rafforzerà il suo carattere, il bullo imparerà la responsabilità incanalando l’esuberanza in un contesto regolarizzato che mira a riequilibrare eccessi e insicurezze. Le motivazioni per cui esiste il fenomeno bullismo sono diverse. Si parla di fattore fisiologico legato all’immaturità propria dei ragazzi, i quali hanno per natura un’incapacità nel controllo emotivo, di differenze individuali dove ogni giovane ha per natura una certa forza vitale (aggressività), essa non necessariamente deve trasformarsi in violenza, ma se coltivata può diventare grinta e voglia di fare nell’impegno sportivo o in quello sociale, di modelli educativi violenti che la società attuale promuove con una certa vemenza. Ne consegue l’impossibilità di eliminare tale fenomeno, i bulli ci saranno sempre tra i ragazzi e in forma diversa tra gli adulti, quindi si deve rafforzare il carattere ed educare al miglior modo di reagire: questa è la difesa personale.
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Vivere in casa con
L’ALZHEIMER di Erica Zanghellini
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’Alzheimer è una patologia degenerativa invalidante, che coinvolge non solo la persona colpita dalla malattia, ma anche l’intera famiglia di cui fa parte. Pensate che in occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer del 2016, la federazione internazionale Alzheimer’s Disease International (Adi), ha pubblicato il Word Alzheimer Report, nel quale si riporta che nel mondo 47 milioni di persone soffrono di demenza e che questo numero è destinato a salire, visto che si tratta di una patologia spesso legata all’invecchiamento e l’età media di vita si sta sempre più allungando. Capite che sta diventando una vera e propria emergenza.
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Molti malati vivono a casa, frequentemente, infatti, un famigliare se ne fa carico e si comincia a vivere tutti assieme, non con poche difficoltà. Al di là delle cure primarie ormai consolidate, ci possono essere delle risorse minimizzate che invece possono essere di supporto: una di queste è la casa! Sì, avete capito bene, sembra impossibile, ma l’ambiente in cui la persona vive può compensare, o al contrario accentuare i deficit cognitivi del malato e condizionare di conseguenza il suo stato funzionale e il suo comportamento. La casa può quindi essere o un fattore scatenante di reazioni esagerate e problematiche, oppure dall’altra una risorsa terapeutica che spesso purtroppo è sottovalutata. A livello tecnico si parla di ambiente protesico, proprio perché l’ambiente come una protesi medica risulta essere efficace nel compensare/gestire nella varie fasi di malattia alcuni deficit funzionali o cognitivi che il malato presenta. È un sistema di supporto alla vita della persona affetta da demenza, e l’obiettivo è di incrementarne il più possibile e per il più lungo tempo possibile il suo benessere
rispettando la dignità della persona nella sua interezza. Una precisazione: il termine “ambiente” deve essere inteso nella sua eccezione più ampia; ambiente fisico inteso come casa, spazi, ecc. e ambiente “umano” inteso come tutte le persone che si prendono cura del malato, le attività, o ancora, i ritmi di vita quotidiani. L’idea sottostante è che più riusciamo a rispettare il suo essere, tenendo conto dei bisogni e dei desideri della persona, più questa si ritroverà in un ambiente che lo rispecchierà. Ricordiamoci che spesso anche se il livello linguistico (sia a livello di produzione che di comprensione) è compromesso il mondo emotivo è attivo. Se la persona si sentirà al sicuro nel proprio ambiente ne beneficerà anche il livello comportamentale. La metodologia per attuare un intervento di questo tipo implica tre fasi. La prima fase, di cui di solito si occupa il clinico, è capire chiaramente le alterazioni cognitive che in quel momento la persona presenta e capire su quali si può agire; la seconda fase quindi è identificare in casa tutti gli elementi di stress; l’ultimo step consiste nel rimuovere i fattori di stress e sviluppare metodi e programmi efficaci per rendere la vita di queste persone più confortevole. Ma al di là dell’intervento specialistico, ci possono essere dei piccoli suggerimenti che ognuno di noi può provare a mettere in pratica; vediamoli assieme. Cercare di organizzare lo spazio in modo
semplice. Le nostre case sono ricche di suppellettili, soprammobili, ecc., e possono distrarre o ancora peggio mandare in confusione la persona malata. Diamogli solo quello che è necessario per svolgere quella attività e se non riconosce un oggetto non continuiamo a proporglielo. Ricordiamoci di mantenere l’ambiente familiare. Manteniamo finché è possibile le sue vecchie abitudini e rendiamo ben ac-
cessibili gli oggetti per lui interessanti che lo stimolano a essere attivo; per esempio se mia madre ha sempre lavorato a maglia ed è ancora in grado di svolgere questa attività, mettiamo in bella vista il materiale necessario. Ne beneficerà la sua autoefficacia che a causa di questa malattia è già molto compromessa. Infine cerchiamo di rendere l’ambiente curativo. Proviamo a renderlo sicuro e
che faciliti la mobilità. Solo per citare qualche esempio: via i tappeti, mettiamo in sicurezza il bagno, o ancora cerchiamo di mettere in evidenzia le vetrate con gli appositi adesivi.
Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 3884828675
Il Dottor Alzheimer
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Il problema della violenza contro le donne indigene nel nord America
Charon Asetoyer
Secondo il Dipartimento di Giustizia statunitense, negli USA una donna nativa americana su tre è stata violentata o ha sperimentato un tentativo di stupro. Tre donne indigene su cinque hanno subito un assalto fisico. Ad oggi, le donne native americane vengono uccise con un tasso di dieci volte superiore alla media nazionale. A causa della sotto-segnalazione, i numeri effettivi sono quasi certamente più alti di quelli a disposizione.
IL FENOMENO L’80% degli abusi ai danni di donne native americane sono perpetrati da uomini non-indigeni. “Ci sono camionisti, che vanno e vengono, contadini che vengono a far festa nel fine settimana” dice Charon Asetoyer, attivista della tribù Comanche e amministratore delegato del centro per l'educazione alla salute delle donne native americane in Sud Dakota.
Donna indigena
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“Ma ci sono anche gli accampamenti degli uomini che lavorano nelle piattaforme petrolifere del Dakota del Nord, in cui prolificano magnaccia che fanno da intermediari tra il personale e le ragazze del luogo”. Il più delle volte questi abusi rimangono impuniti. Infatti, con poche rare eccezioni, gli individui non indigeni non possono essere giudicati da una corte tribale. Sebbene l’autorità giudiziaria federale abbia l’autorità di intervenire per crimini gravi come omicidio e stupro, spesso non la esercitano. Molte comunità di indiani d’America vivono in zone remote e poco densamente popolate degli USA. Questo le rende di difficile accesso per le autorità federali. Inoltre tali autorità soffrono di una notevole carenza di personale ed anche per questo faticano ad intervenire prontamente. Nel 2007, una relazione di Amnesty International ha messo in evidenza come le donne indigene vittime di abusi rimangano intrappolate in un complesso labirinto giurisdizionale tra autorità tribali, statali e federali. Tra i fattori che determinano quale di questi sistemi di giustizia abbia l’autorità di intervenire vi sono l’appartenenza di vittima e accusato ad una tribù riconosciuta a livello federale ed il verificarsi del reato su territorio tribale. Determinare in modo chiaro questi fattori non è cosa semplice. Il risultato? Nella confusione ed incertezza nessuno interviene, e alle vittime è negato l’accesso alla giustizia. Il problema, noto da tempo,
di Francesca Gottardi
è stato di recente portato all’attenzione del grande pubblico con il film Wind River di Taylor Sheridan.
LE MISURE PRESE Per far fronte a questo annoso problema, nel 2013 il Congresso statunitense ha reintrodotto una legge contro la violenza nei confronti delle donne, il Violence Against Women Act (VAWA). Considerata rivoluzionaria, la legge permette alle corti tribali di perseguire i responsabili di violenze contro le donne, anche se non indigeni. L’azione a livello nazionale deve andare di pari passo con una su un piano comunitario. Per esempio, Charon Asetoyer si batte quotidianamente a livello locale per rompere il tabù della violenza sulle donne native e renderle consapevoli del problema. La Asetoyer ritiene che per molte ragazze native americane il fatto di venire molestate sessualmente non è un “se”, ma un “quando”. Per questo nel 2016 ha prodotto un manuale illustrato per ragazze native, dal titolo “Cosa fare quando subisci una violenza”. Il manuale ha contribuito a riaccendere il dibattito ed ha attirato l’attenzione della stampa internazionale. I risultati sembrano incoraggianti, ma la strada per sradicare il problema sembra essere ancora lunga.
Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA
EITSA:
di Elisa Corni Foto di Andrea Conci
un anno alla scoperta delle stelle
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ranquilli, non vi faranno l’oroscopo, non è nel loro stile. Ma per tutto il 2018 gli astrofili dell’Alta Valsugana vi proporranno una serie di incontri mensili durante i quali si parlerà di stelle, cielo e astrofotografia. «L’idea è nata dalla voglia di darci, come membri attivi dell’associazione, un appuntamento fisso - spiega Andrea Conci, presidente dell’associazione Eye in The Sky Astronomy -, ma mentre provavamo a stilare un calendario ci siamo accorti che forse il nostro progetto poteva provare a coinvolgere curiosi e interessati che non fanno necessariamente parte del nostro mondo». Così è nato e cresciuto questo progetto che unisce serate e incontri per un pubblico vasto, dai bambini ai curiosi, a eventi dedicati agli “addetti ai lavori”. Due esempi sono gli eventi già realizzati. Durante il primo, due membri dell’associazione hanno raccontato la loro esperienza tutta americana della scorsa estate. Si sono infatti recati in Idaho per assistere a uno dei fenomeni astronomici più affascinanti: l’eclissi totale di sole. Durante l’incontro, che ha avuto luogo in un’affollata Sala Mar-
chesoni, sono state proiettate le fotografie scattate al sole mentre veniva coperto dalla luna. «Il tutto è durato pochi minuti - ha spiegato Martina, una dei due fortunati appassionati di cielo e stelle -, ma che emozione!». Ai primi di marzo, invece, gli astrofili si sono concentrati sull’astro-fotografia, in una serata dedicata ai più esperti. «Si sono affrontati temi specifici - ha spiegato il presidente - per capire, per esempio, perché si facciano più pose nella fotografia del cielo notturno e altre questioni che hanno anche a che fare con la matematica». Un sapore tutto diverso avranno i successivi due incontri organizzati sempre in Sala Marchesoni a Caldonazzo i prossimi 6 aprile e 4 maggio. A intervenire sarà una figura importante nel panorama della ricerca astronomica svolta sotto i cieli delle nostre montagne: Paolo Ochnerr, uno dei responsabili dell’Osservatorio di Asiago, gestito dall’Università degli Studi di Padova. Astronomo, fa parte dello staff fisso all’osservatorio sull’altipiano e da anni si occupa di coordinare l’attività di ricerca, ma anche quelle di didattica e di divulgazione ai visitatori. All’osservatorio di Asiago, infatti, non si guarda solo il cielo. Da tempo una delle due cupole è stata attrezzata per la didattica. Nei due incontri in Valsugana lo studioso affronterà due diversi punti di vista sul cielo. Ad aprile si dedicherà alla parte più storica e romantica dell'astronomia, quella che si può vedere e capire con i nostri occhi e ciò che si può
scorgere con un telescopio. Ochner introdurrà il pubblico alle nozioni base necessarie per capire le stelle, lo spazio e l’universo. Si parlerà di stelle, pianeti, sistemi multipli, eso-pianeti e buchi neri. Spiegherà anche come il lavoro degli studiosi sia cambiato nel tempo; se una volta bastava un telescopio, oggi senza apparecchiature avveniristiche dove si va? Il secondo incontro sarà invece dedicato all’astronomia dell’invisibile, che è anche il campo di studio di Paolo Ochner. «Una serata un po’ più tecnica - ha ammesso Andrea Conci -, ma non per questo meno interessante». Protagonisti della serata saranno la spettrografia e la fotometria, due tecniche diverse che ci permettono di sapere quale sia la composizione di un pianeta, la sua distanza da noi, se si sta avvicinando o allontanando e a che velocità; ma anche di individuare sistemi con più facilità, sistemi multipli, o la presenza di corpi che si frappongono tra noi e l’oggetto del nostro interesse. Per informazioni sulle serate e rimanere aggiornati sull’attività dell’associazione EITSA: info@eitsa.it e sulla pagina facebook @EyeInTheSkyAstronomy
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AMPIO SHOWROOM PERMANENTE
IL CATASTO ASBURGICO, UN’IMPORTANTE EREDITÀ di Chiara Paoli i anni ne ha compiuti 200 lo scorso ottobre, eppure è ancora moderno e soprattutto utile. È il catasto asburgico e funziona solo nelle regioni che facevano allora parte dell’impero Austro-Ungarico. Il resto d’Italia ce lo invidia, perché si tratta di un sistema estremamente funzionale, pratico e corretto per la misurazione delle proprietà, l’identificazione degli edifici e il loro censimento. Era il 23 dicembre 1817 quando l’Imperatore Francesco I d’Austria emanò la cosiddetta Patente Sovrana con la quale si sancì l’introduzione del sistema catastale asburgico. Il Trentino, che all’epoca faceva parte dell'Impero e del Tirolo storico, è stato direttamente interessato da questa importante innovazione. Importante perché pensato e costruito in modo tale da perequare, ovvero dare il giusto valore alle proprietà. Così si specifica il motivo della sua istituzione da parte delle autorità nei documenti dell’epoca: «Presa in consi-
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derazione la sproporzione risultante a danno d'intere province, distretti, comuni nonché dei singoli contribuenti nel ripartimento dell'imposta fondiaria secondo le norme attualmente vigenti...». Sostanzialmente, quindi, gli amministratori volevano creare un catasto geometrico e particellare, basato sulla misurazione oggettiva e sulla “stima stabile” del valore delle proprietà, immobili e terreni. Una volta misurati e suddivisi in particelle, si procedeva con una valutazione “estimale diretta”, ovvero che ne stimasse il valore reale. Un campo coltivabile aveva e ha tutt’ora un valore differente rispetto a un bosco o a un terreno edificabile. Ma per poterne determinare il valore in tutto l’impero cominciarono le misurazioni, che nel Tirolo, e quindi in Trentino, furono svolte tra il 1851 e il 1861. Squadre di tecnici ed esperti si dispersero sugli oltre 300.000 chilometri quadrati dell’impero, appositamente
Francesco Giuseppe di Austria suddivisi in sette zone. Per ciascuna di queste si stabilì un sistema di coordinate piane con un proprio punto di riferimento come vertice trigonometrico: per il Tirolo si trattò del campanile della chiesa parrocchiale di Innsbruck. Il risultato di questo immenso lavoro di misurazione del territorio furono delle mappe che coprivano 288 ettari di superficie, che furono la base per la realizzazione del vero e proprio Catasto. Le autorità disposero una revisione generale dell'imposta fondiaria istituendo la revisione ogni quindici anni. Nel 2006 la Provincia Autonoma di Trento ha completato la digitalizzazione e la georeferenziazione del patrimonio cartografico catastale asburgico.
Francesco Ranzi, Pianta di Trento Antica e Moderna, G.B. Monauni, 1869
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La casa come spazio del confronto La cultura nomade chiama la tenda “casa di pelo”. È una bambina mongola a suggerirci di abitare una “tenda” rotonda, includente, senza spigoli, svelando come l’organizzazione dello spazio nasconda giochi di “potere di genere”.
di Mario Bolognese
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nfastidisce la rimozione collettiva da parte di opinionisti, presentatori, e “uomini” politici circa l'esclusione strutturale delle donne in atto, non solo nelle trasmissioni, prima durante e dopo l'esito del 4 marzo. Abbondano le analisi - ovviamente con diversi livelli di senso di responsabilità - ma sembra che nessuno riesca veramente a “guardarsi intorno” e a notare che siamo sempre e solo “noi”, di genere maschile, a condurre il gioco... Per cui il battibecco diventa finto quando sostanzialmente l'esito concreto è conservare il nostro “potere di genere”. Ho avuto il dubbio di essere un po' sbagliato - o esagerato - io, notando, o credendo di percepire, questo meta-livello delle cose, ma poi mi sono ricordato di Pierre Bourdieu, ma anche di una recente riflessione di Umberto Galimberti. Allora, sentendomi corresponsabile, ho pensato che questa matrice di violenza va finalmente narrata, da parte nostra, perché la radice di ogni femminicidio, comunque agito ed espresso, anche solo a livello educativo, culturale, o psicologico, è l'ecobio-cidio diffuso, di foglie, di senso, di speranza, di vita... E mi sono anche detto confortandomi nel leggere il bel libro di Isabella Guanzini: “Tenerezza, la rivoluzione del potere gentile”, Ponte alle Grazie, 2017, che forse la tenerezza, la poesia, e la bellezza, con cui educativamente lavoro come utopia concreta, potrebbe un domani anche far parte delle “priorità politiche”. Sogno... ma ora so che sono in buona compagnia. E per “buonacompagnia” intendo an-
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che la ritrovata alleanza e complicità culturale con la bambina, con l'aiuto dei suoi amici bambini. Lei, la piccola grande esclusa, vittima di un laboratorio simbolico collettivo gravato da ruoli stereotipati. Per questo aggiungo anche una riflessione di un'antropologa sull'identità personale e sociale della bambina. Nell'immagine una bimba che sa fare “tenda” con il mondo, includendo, e non più escludendo. “La forza dell'ordine maschile si misura dal fatto che non deve giustificarsi: la visione androcentrica si impone in quanto neutra e non ha bisogno di enunciarsi in discorsi miranti a legittimarla. L'ordine sociale funziona come un'immensa macchina simbolica tendente a ratificare il dominio maschile sul quale esso si fonda”. (Da: “Pierre
Tenda mongola
Bourdieu, Il dominio maschile”, Feltrinelli, Milano, 1998, pag. 17). “L'ordine sociale si è sempre retto, dalla notte dei tempi, sull'esclusione delle donne. Vivere nella società come esclusa, anzi come necessariamente esclusa onde consentire il mantenimento di un certo ordine sociale, espone inevitabilmente la donna alla violenza del maschio che, prima di essere politica, economica, sessuale, è strutturale. La struttura dell'esclusione come fondamento dell'ordine. Per questo spesso il maschilismo ha finito per apparire “naturale” perfino alle vittime. Va da sé, a questo punto, che l'emancipazione della donna, il suo ingresso nell'ordine sociale, non potrà avvenire a opera del maschio, perché nessuno si fa sottrarre il potere che possiede e che, misurato sui secoli in cui
è stato in vigore, finisce per apparire naturale, tanto agli occhi degli uomini, che a quelli delle donne perché, come è noto, e la storia l'ha sempre dimostrato, il potere non si basa tanto sull'esercizio della forza quanto sul consenso dei dominati alla subordinazione”. (Da: “Quanto pesano i secoli bui sulla emancipazione”, di Umberto Galimberti, in Repubblica Donna del 23 aprile 2016). “La storia della bambina, quindi, sospesa tra descrizioni di vicende reali, collettive o individuali, e mito, fiaba e romanzo di singoli personaggi, si presenta come una galleria di scene e di ritratti che sfumano da un estremo all'altro. Tutti questi documenti attestano non solo quanto grande sia stata - e sia ancora oggi - la fatica di essere bambine nei luoghi che ad esse sono stati assegnati, ma anche quale sia la fantasia che la figura della bimba ha stimolato e alimentato. E dicono anche - seppure in via affatto indiziaria - quali
siano i potenziali di originalità, inventività ribelle, emotività della piccola qualora i luoghi e i modi della sua pedagogia non siano quelli che da millenni sono sempre stati; qualora la custodia e la riproduzione non siano state privilegiate, e la madre e le altre donne cui la piccola è stata affidata non abbiano voluto ripetere in lei, come in uno specchio, le proprie esperienze, le proprie difese, il loro proprio stile di esperienza. È solo da una generazione che la donna ripensa alla propria infanzia da un punto di vista non meramente di accettazione o ribellione, ma considerandola alla luce di altre storie, non ultima quella delle donne che l'hanno avuta in cura nella sua prima età, di altre infanzie, ritrovando, nelle dimensioni della soggettività, storie reali, dove acquiescenza e ribellione, conformismo e creatività si sono alternati e intrecciati. Spartita tra portraits e severe prescrizioni educative, la documentazione della storia della bambina
fin qui raccolta e le sue interpretazioni rivelano quanto il loro oggetto sia fragile e marginale e l'occhio che l'ha sfiorata ancor oggi distratto e irrispettoso”. (Da: Egle Becchi, “I bambini nella storia”, Edizioni Laterza, Bari, 1994, pag. 89).
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I sassi di Sono Patrimonio Unesco dell’Umanità; Alberto Angela ha dedicato loro una delle puntate del suo seguitissimo programma quest’inverno; la città che li ospita è stata eletta capitale della cultura 2019; sono forse uno dei modi più originali con i quali l’uomo ha deciso di costruirsi delle abitazioni: sono i Sassi di Matera. Incredibili rifugi, utilizzati come dimore dagli abitanti della città lucana fino agli anni Cinquanta.
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ontrariamente a quanto si possa immaginare, con la parola “Sassi” non si indicano le singole abitazioni bensì i due quartieri che le ospitano, e che assieme alla “Civita” e al “Piano” costituiscono la città bianca. A una prima occhiata quasi non le si nota le abitazioni dei Sassi, ma aguzzando la vista ci si rende conto che le fessure e
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le aperture nella viva roccia sono accessi alle dimore degli abitanti di Matera. Perché è proprio questa la loro particolarità: sono scavate direttamente nella roccia viva del colle sul quale sorge l’intera città. Ed è per questo che Matera è detta “la città di pietra”. Colonizzata fin dal Paleolitico, gli scavi archeologici hanno dimostrato come
di Elisa Corni
la città fu sito d’insediamento umano già nel tredicesimo millennio avanti Cristo; già nell’età del Bronzo (tra i cinquemila e i quattromila anni fa circa) alcune delle caverne più antiche furono abitate. Grazie a questo dato le si può annoverare tra le case che sono state abitate con continuità per più tempo. Ma è solo nel Medioevo che a queste strutture venne riconosciuto lo stato di rione abitativo scavato nella roccia. Ma da dove ha origine l’idea di abitare la roccia come in un mondo fantastico? In realtà sono riconoscibili diverse matrici costruttive: i villaggi trincerati dell’età della pietra, le civiltà rupestri orientali (IX-XI secolo) con la struttura che prende forma e rispetta determinati canoni; vi sono anche tracce dell’occupazione normanna (XI-XIII secolo) ma anche dell’epoca barocca del XVII e XVIII secolo. I vari elementi distintivi delle diverse epoche si compenetrano e mescolano, mantenendo però alcune ca-
ratteristiche comuni, soprattutto di ordine funzionale. La civiltà lucana si è da sempre fondata su allevamento e coltivazione di piccoli appezzamenti di terreno, e gli animali erano la cosa più importante di una famiglia. Per questo nei Sassi ogni abitazione definiva uno spazio dedicato al loro riparo. Ma la loro protezione non era l’unico motivo per cui si preferiva dormire con gli animali: questi tengono caldo e producono lo sterco con il quale, in una terra dilaniata dal caldo e dalle scarse piogge, si può alimentare il fuoco non avendo altro a disposizione. Vi era poi un ambiente comune, spesso senza distinzione tra ambiente notturno e diurno, dove tutta la famiglia passava il tempo al di fuori dei campi. Questi ambienti potevano essere più o meno ricchi, ma avevano qualcosa in comune: ospitavano anche il pozzo d’accesso alla cisterna. L’acqua, più preziosa degli animali, era raccolta all’interno dell’abitazione e purificata da un’anguilla, che veniva inserita nella cisterna per man-
giare tutte le impurità. Sembra strano, eppure i Sassi furono abitati fino agli anni Cinquanta. Nel XX secolo gli abitanti erano aumentati mentre la pastorizia era in declino: sulle case nella roccia erano stati sopraelevati più piani e nelle cisterne intere famiglie convivevano con muli e pecore. A partire
dal 1952, per la mancanza di fognature e lo stile di vita precario in cui vivevano gli abitanti dei Sassi, ebbe inizio lo sfollamento. L'abbandono forzato delle loro vecchie abitazioni fu doloroso per molti cittadini, ma oggi Matera e i suoi Sassi adeguati alla modernità vivono un nuovo periodo d’oro.
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CHE ARIA TIRA IN CASA? L’INQUINAMENTO I N D O O R
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di Sabrina Mottes
i preoccupiamo spesso di difenderci da smog e inquinamento esterno, ma difficilmente ci sfiora l’idea di non essere al sicuro in casa o negli ambienti nei quali viviamo la maggior parte del tempo, come scuole, uffici pubblici e privati, ambienti di vita collettiva, mezzi di trasporto, cinema, teatri, banche, biblioteche, piscine. E invece proprio qui l’inquinamento è fino a 50 volte superiore a quello esterno! Con il termine Sick Building Syndrome S.B.S. si intendono le reazioni che si sviluppano a fronte dell’esposizione a tutte le fonti di inquinamento indoor, cioè all’interno di edifici. Negli ultimi 70 anni, infatti, l’uomo ha immesso un’enorme quantità di sostanze chimiche nocive nell’ambiente, molte delle quali vengono utilizzate per la pulizia o addirittura compongono i materiali per la costruzione di abitazioni, complementi di arredo e mobili. I V.O.C., composti organici volatili, sono una serie di sostanze chimiche in forma liquida o volatile che hanno grande capacità di evaporare a temperatura ambiente. Formaldeide, benzene e molti altri sono presenti nei prodotti per l’igiene della casa (spray, detersivi, disinfettanti, deodoranti) ma anche nei materiali da costruzione, nel legno (vernici acriliche, mordenti, diluenti, svernicianti) nei tessuti e rivestimenti. Se inalate, queste sostanze possono causare disturbi sia acuti che cronici quali
irritazione delle mucose di occhi, naso e gola, mal di testa, nausea, vertigini, asma, affaticamento, allergie, calo dell’attenzione, fino a provocare patologie più gravi, nel caso di concentrazione molto alta. Anche batteri e muffe derivanti da umidità e cattiva ventilazione degli ambienti possono causare problemi respiratori e allergici. La buona notizia è che, con alcuni accorgimenti e modificando alcune abitudini, possiamo difenderci in modo adeguato dall’inquinamento indoor abbassando notevolmente le problematiche a esso correlate. Arieggiare spesso garantisce un buon ricambio di aria che evita la concentrazione di muffe, umidità e sostanze dannose. Bastano 5 minuti ogni 5 o 6 ore, anche in inverno, per migliorare la qualità dell’aria. Anche dopo l’acquisto e la posa di moquettes e mobili in truciolato, medium density e compensato, che devono comunque avere un certificato che garantisca standard di bassa emissione di sostanze nocive, si dovrebbero arieggiare molto bene gli ambienti per alcune ore. Inoltre è bene privilegiare detersivi e deodoranti a base naturale, senza contare che a volte bastano un po’ di aceto, limone o bicarbonato per pulire efficacemente e senza danni. Anche per il lavaggio e la conservazione degli abiti sarebbe bene preferire sostanze naturali. Evitare naftalina e canfora e arieggiare i vestiti lavati a secco per disperdere i prodotti
chimici residui. Per stufe e camini, oltre a far controllare ogni anno da personale qualificato lo stato delle canne fumarie e arieggiare spesso per disperdere il monossido di carbonio, inodore e mortale in grossa concentrazione, scegliere legna non verniciata né trattata. Mantenere inoltre una buona aereazione delle cantine dove si forma il radon, gas anch’esso inodore e pericolosissimo. La natura ci soccorre anche con alcune piante anti-inquinamento. La più efficace è lo Spatifillo, che elimina un folto gruppo di inquinanti. Ma anche le piante mangiafumo, il tronchetto della felicità, i filodendri, la palma di bambù, le felci, i pothos, l’areca, la Monstera, la Dieffenbachia, Exotica Compacta, la Phalenopsis (un tipo di orchidea). Sono tutte specie che crescono al chiuso, poco costose e che richiedono poche cure, caratterizzate dalla capacità di assorbire i dannosi V.O.C. e purificare l’aria, portando benefici alla nostra salute.
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Le
abitazioni Retiche inValsugana
di Chiara Paoli
P
roprio nei pressi di Pergine, sulle alture dei Montesei nella frazione di Serso, si trovano i resti di quattro abitazioni retiche, costruite tra il V e il I secolo a.C.. È il 1891 quando in quella zona vengono scoperti frammenti di mura, carboni, e utensili realizzati in ferro e in terracotta. A segnalarli è il parroco, don Ferdinando Ochner, e per un primo esame viene consultato l’archeologo Paolo Orsi, che fa risalire il sito a un abitato di popoli “protoitalici”. Questo nucleo abitativo costituiva probabilmente circa un quarto dell’agglomerato completo. Gli scavi archeologici furono avviati soltanto nel 1962, per iniziativa della “Società di Cultura Preistorica Tridentina”, in collaborazione con il Museo Tridentino di Scienze Naturali (oggi Muse). A condurre le operazioni di scavo che si conclusero nel 1968, fu il maestro Renato Perini. Nella zona sono stati rinvenuti numerosi reperti che hanno permesso di ottenere
maggiori informazioni sulla struttura delle case retiche. Come appare dall’osservazione dei resti in muratura, gli edifici erano realizzati a scacchiera, si trattava di case monofamiliare, separate l’una dall’altra, con pianta quadrangolare e parzialmente interrate. La struttura vanta un corridoio di accesso, pavimenti realizzati in terra battuta, mentre la costruzione si connota come di tipo misto, realizzata con sassi e legname. Tra i reperti sono state riconosciute alcune maniglie in ferro battuto che si collocano proprio nei pressi delle aperture, da ciò si può dedurre che le loro porte fossero munite di impugnature. All’interno di una delle abitazioni sono state rinvenute molteplici corna di cervo e pietre incise; forse più che di una casa d’abitazione si trattava di una sorta di primordiale tempio, o comunque di un luogo di culto. Le campagne di scavo si susseguirono e furono ben sette, attraverso di esse venne messo in evidenza come i Montesei di Serso siano stati abitati per lungo tempo, a partire dal XIX e fino al I secolo a.C.. Questa zona deve il suo nome ai due piccoli dossi gemelli che qui si collocano: Montesei bassi a quota 600 metri, Montesei alti che si
innalzano a 614 metri. I primi abitanti di questa località, vi si stabilirono durante l’età del Bronzo Antico, tra il 2000 e il 1800 a.C. si trattava di minatori, come quelli che successivamente occuperanno l’area archeologica dell’Acqua Fredda al Passo Redebus (XIIIXI sec. a.C.) in Valle dei Mòcheni, zona ricca di calcopirite. Ciò è comprovato dal ritrovamento di una zona riservata alla fusione secondaria, dove sono stati identificati abbondanti residui e un forno in buono stato di conservazione. Nel periodo seguente l’abitato si espande su entrambi i dossi, mentre fra 1050 e 800 a.C. è attestata la cosiddetta Cultura di Luco, con il raggiungimento della massima espansione e la presenza di luoghi destinati al culto. Tutto ciò è confermato dalla scoperta di frammenti di brocca della cultura di Luco mischiati a ossa bruciate che dimostrano l’usanza dei roghi votivi, i cosiddetti Brandopferplätze. Gli ultimi a vivere questi luoghi sono i Reti che per più di tre secoli, tra 450 e 100 a.C., sino all’arrivo dei Romani, abitarono in quelle case di cui noi ancora oggi possiamo ammirare i resti. Il sito è raggiungibile dalla centrale idroelettrica di Serso, con una breve passeggiata che sale ripidamente nel bosco per circa 400 metri, accompagnando il corso del Rio Nero. i reperti venuti alla luce dall’area archeologica dei Montesei di Serso, sono oggi custoditi a Trento, nella Sezione Preistorica del Muse.
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Nel 1988 Daniele, l’attuale titolare, inizia la sua storia imprenditoriale dapprima come falegname alle dipendenze del Mobilificio Tomaselli di Strigno e poi, mettendosi in proprio, creando un piccolo laboratorio artigianale e gettando le basi per l’attuale azienda che gestisce insieme alla moglie e ai due figli. Un crescendo impegno, quello di Daniele, che gli ha permesso, nel corso degli anni, di trasformare la “sua” piccola azienda in una struttura all’avanguardia nel settore in cui lavora.
DIETRE …azienda all’avanguardia s.r.l.
L’azienda di Ospedaletto, ditta leader nella produzione e posa di poggioli, ringhiere per balconi, rivestimenti esterni, scale per interni ed esterni e frangisole, festeggia quest’anno il suo 30esimo compleanno.
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ecnica e tecnologia applicate alla competenza, preparazione, professionalità e conoscenza del proprio mestiere. Sono questi gli elementi portanti e qualificanti della ditta Dietre con due sedi in Valsugana: una operativa a Ospedaletto centro, dove si lavorano gli specifici prodotti d'azienda e l'altra sulla Statale della Valsugana, sempre nel comune di Ospedaletto adibita alla esposizione, vendita e magazzino. In totale oltre 2000 mq. di planimetria utile e funzionale. La Dietre s.r.l.,a distanza di anni può essere considerata oggi un vero punto
Nel corso degli anni, grazie ad un dinamismo commerciale, l’azienda di Ospedaletto ha saputo abbinare alle linee estetiche più classiche anche il design più moderno e funzionale unendo all’alluminio verniciato effetto legno e altri colori, materiali come acciaio, vetro e pannelli hpl. Il tutto per soddisfare nel migliore dei modi anche le richieste più esigenti.
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di riferimento per il grande universo entro cui l'azienda opera e che nello specifico realizza poggioli,parapetti per balconi,rivestimenti esterni,scale per interni ed esterni,frangisole. Nel 1990 Daniele concretizza la prima evoluzione lavorativa: non più falegnameria e piccolo laboratorio artigianale, ma azienda specializzata nella produzione e installazione di ringhiere per poggioli in legno. I tempi però si evolvono e con essi cresce nel “nostro” imprenditore la volontà di essere maggiormente presente in un mercato dinamicamente attivo e sempre alla ricerca di nuove soluzioni e nuove proposte per soddisfare le esigenze di modernità. E nel rispetto di quest’ottica e di una nuova mentalità imprenditoriale, Daniele tra il 2000 e il 2006
Tutte le ringhiere prodotte sono personalizzabili, scegliendo il modello, le forme e i colori. Con DIETRE il “FUORI STANDARD È DI CASA”. apporta la vera evoluzione tecnologica con cambiamenti strutturali alla sua azienda. Al legno abbina l’alluminio per dare vita a prodotti decisamente innovativi, durevoli e senza la tradizionale manutenzione necessaria per i prodotti in legno.
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standard produttivi, qualitativi e di precisione nel rispetto della massima sicurezza.” Una crescita progressiva, quella della Dietre s.r.l., che nel tempo e con continue verifiche e applicazioni, ha saputo trasformarsi da piccola azienda artigianale a struttura all'avanguardia,concretizzando non solo un potenziamento numerico del personale (sono infatti 20 gli addetti che operano al suo interno), ma anche e principalmente nelle proposte di vendita, nella varietà e ricercatezza specifica dei prodotti che quotidianamente vengono realizzati. Lo fa grazie a macchinari di lavorazione all’avanguardia nel settore che bene si sposano con la perfetta competenza degli addetti alla produzione. A proposito di addetti, crediamo
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sente nel depliant illustrativo dell’azienda. Il tutto si concretizza dapprima con la progettazione, usando i migliori e specifici software (con disegni CADCAM), e poi con un' organica lavorazione con macchinari a controllo numerico e verifica di produzione continua, per dare una qualità costante e prodotti finiti a “regola d’arte” . Oggi, la ditta Dietre non solo opera all’interno della nostra zona, ma ha saputo estendere e ampliare i confini di vendita, varcando le frontiere della Valsugana e di tutta la nostra provincia e regione, ottenendo consensi unanimi per la professionalità espressa.
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sia opportuno sottolineare che questa forza lavorativa, in gran parte giovane e dalle idee innovative, forma una squadra veramente dinamica che, usufruendo dei migliori ritrovati della moderna tecnologia, contribuisce all’innovazione e al miglioramento di quanto è pre-
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bambini, quando arrivano in una casa la riempiono, così come riempiono la vita dei genitori. Ma le mura domestiche possono essere anche teatro di incidenti per i piccoli. La maggior parte degli incidenti domestici che capitano ai bambini, impegnano i genitori a prevederli e prevenirli, coinvolgendo tutte le persone che girano per casa, come nonni, babysitter, o fratelli più grandi. Ogni giorno, e da un giorno all’altro, ci sorprendiamo per come i bambini crescono e cambiano, evolvendo e avventurandosi per la casa in modo sempre più spavaldo. Secondo un’indagine Istat sugli “Aspetti della vita quotidiana”, ogni anno in Italia si verificano circa 3 milioni e mezzo di incidenti domestici con altrettante persone coinvolte. Tra le principali cause di morte nei minori tra 1 e 5 anni, gli incidenti domestici vedono più di mezzo milione di bambini in questa fascia d’età ricorrere alle cure ospedaliere in seguito a un incidente dentro casa. Uno studio statistico indica più frequentemente la ricorrenza del trauma da caduta e da schiacciamento, seguito da ferite e da lesioni provocate da animali, e segnala un rischio aumentato in alcune ore del giorno e in alcuni giorni della settimana, i prefestivi e festivi, o durante particolari eventi familiari come un trasloco, un lutto, o la nascita di un fratello. L’assunzione accidentale di sostanze nocive e i traumi, che avvengono soprattutto in cucina, sono prevalenti
al di sotto dei 4 anni, fin da quando il bambino comincia a muoversi in modo autonomo e impara a conoscere gli oggetti che lo circondano mettendoli in bocca. D’altra parte i bambini hanno bisogno di esplorare per capire il mondo che gli sta intorno e i genitori, pur se sorvegliano con attenzione, non possono impedire loro di sperimentare la propria capacità di affrontare le difficoltà, creando invece le condizioni perché possano agire senza rischi, o riducendo al minimo i fattori di rischio, intervenendo nell’ambiente domestico con tutte le trasformazioni necessarie, e adottando comportamenti corretti per creare le condizioni indispensabili di sicurezza, adattandole via via ai cambiamenti del bambino, seguendone le tappe evolutive per farlo vivere in una casa sempre sicura, una casa a misura di bambino. Per riuscire a ovviare alle piccole disattenzioni che possono capitare, occorre tener presente alcuni consigli elementari che considerano che i rischi principali da 0 a 6 anni sono, la caduta, l’asfissia/annegamento, l’ustione. Si consiglia, per esempio, di
far dormire il bambino a pancia in su, e mai nel letto con i genitori. Quando è sul fasciatoio non lasciamolo mai solo neppure per un attimo, avendo a portata di mano tutto quanto serve prima di iniziare qualsiasi operazione, come il cambio del pannolino. Riporre i prodotti per l’igiene lontano dalla sua portata, il borotalco o altre polveri, se inalate, possono essere pericolose. Per evitare ustioni controlliamo sempre la temperatura del bagnetto, quella giusta è 37°C, e mai lasciare i bambini da soli accanto a vasche da bagno piene d’acqua. Attenzione al latte del biberon. Deve avere una temperatura sui 38-40 gradi. Non lasciamo mai da solo il bambino in presenza di animali domestici. Ma per prevenire gli incidenti sono importanti, la conoscenza dell’ambiente in cui li crescete, capire la loro indole, e adottare comportamenti corretti nella gestione del menage familiare.
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Le case a punta di Chiara Paoli
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lberobello, in provincia di Bari, nel cuore della Puglia è divenuto il 6 dicembre 1996 uno dei siti Unesco, dichiarato quindi Patrimonio mondiale dell'Umanità. Ciò è dovuto alla presenza dei trulli, costruzioni caratteristiche del luogo, di forma conica e realizzate in pietra a secco. Si tratta di costruzioni utilizzate come ripari provvisori nelle campagne o anche con funzione di abitazioni stabili per gli agricoltori. Questo modello di edificio è frutto del miglioramento della tipologia del preistorico Thòlos, tomba micenea del Tesoro di Atreo, che può essere fatta risalire tra 1500 e 1250 a.C.. Tali tipologie costruttive si ritrovano in diverse zone d’Italia e in tutto il bacino del Mediterraneo. I trulli più antichi, tutt’ora esistenti in Italia, non sono così antichi e risalgono alla fine del XVII secolo e si collocano in prossimità dell'altopiano pugliese della Murgia. I trulli fioriscono grazie alla facilità di reperimento del materiale da costruzione, il sottosuolo della zona è di tipo calcareo e in superficie è composto da sezioni stratificate. Alberobello, che conta ben 1500 trulli, in tempi lontani era una zona boscosa, feudo dei duchi Caracciolo di Martina Franca sino al 1481, poi divenuto proprietà dei conti Acquaviva di Conversano. La selva di Alberobello si arricchì di trulli soprattutto sotto il dominio del conte Giangirolamo II Acquaviva d'Aragona detto il Guercio di Puglia (1600-1665), ritenuto dai sudditi un crudele tiranno, nel 1648 venne incarcerato a Madrid per ordine di Filippo IV. La modalità di costruzione a secco, venne imposta ai contadini per sfuggire a un ordinanza del Regno di
Napoli che obbligava a pagare imposte per ogni nuovo insediamento urbano. Gli edifici risultando costruzioni precarie e facilmente smantellabili, non erano tassabili. Ma a dire il vero i trulli sono tutt’altro che instabili: la struttura interna, gode di una straordinaria capacità statica. Grazie allo consistenza delle mura e considerata la limitata presenza di aperture oltre la porta d’ingresso, queste abitazioni garantiscono un ottimo equilibrio termico, rivelandosi calde in inverno e fresche in estate. Il borgo da lui innalzato, per lungo tempo rimase uno stanziamento irregolare, dove i signori potevano vantare ogni diritto, a discapito degli abitanti. Tutto cambia nel 1797, quando i suoi 3500 residenti vennero affrancati dalla sottomissione feudale, grazie all’intervento del re di Napoli, Ferdinando IV. Il trullo nasce con un solo piano abitabile, unica eccezione di trullo a due piani è il Trullo Sovrano, denominato anche Corte di Papa Cataldo, costruzione a scopo turistico sorta per volere della famiglia Perta tra 1700-1800. Tuttavia, quando le famiglie andavano allargandosi e veniva a mancare lo spazio, spesso si sceglieva di realizzare piccoli soppalchi, dove mettere i letti per i bambini o utilizzati con funzione di ripostiglio. Importantissima per la struttura è la chiave di volta, spesso decorata con simboli
legati al mondo dell’occulto, mistici, o a scopo propiziatorio. Nel 1910 il governo emanò un decreto per eleggere a Monumento Nazionale Alberobello, ma il termine "Trullo", che deriva dal greco e significa “cupola”, compare ufficialmente per la prima volta nel 1930, in pieno ventennio fascista. Le stesse popolazioni per definire questa tipologia architettonica hanno sempre utilizzato il termine caseddə o casìdde (inteso come piccola casa, al maschile), italianizzando il nome diviene femminile, casedda. Il Rione Monti si arricchisce nel 1927 di una Chiesa a Trullo, quella dedicata a Sant’Antonio e fortemente voluta da don Antonio Lippolis, committente dell’opera. Alberobello, città magica, capitale dei trulli, simbolo di un’architettura diversa che richiama alla spiritualità.
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OSPITALITÀ DIFFUSA:
un nuovo modo per vivere una casa
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l mio bisnonno diceva sempre ai propri figli: “Comprate terra e non case”. Perché? Perché le case non è detto che rendano sempre, e a volte sono dei veri e propri debiti. Questo accade in particolar modo quando si possiede una casa nella quale non si vive. Tra tasse di proprietà, costi di gestione, piccoli lavoretti e sistemazioni che si devono fare, ogni anno si rischia di spendere cifre interessanti. Con il mercato immobiliare che non va proprio alla grande e il fatto che affittare non è quasi mai conveniente per il proprietario onesto che vuole stabilire canoni sensati, i detentori di immobili vuoti e sfitti non hanno certo un futuro sereno. A meno che qualcuno non gli presenti una buona alternativa. È quanto sta accadendo a Calceranica al Lago, dove la giovane giunta che ha in gestione il paese dalle ultime elezioni ha lanciato una proposta che, nella sua modernità, ha il retrogusto della tradizione: l’ospitalità diffusa. Si tratta di un’iniziativa per rilanciare il turismo, ma anche per dare nuova vita a quegli edifici, case e appartamenti, vuoti. A Calceranica al Lago sono davvero tante le situazioni di questo tipo, come ha spiegato il sindaco Cristian Uez. “Abbiamo censito più di 500 alloggi non
utilizzati durante il nostro studio di fattibilità”. Ma cosa dovrebbe accadere a questi immobili nel progetto dell’amministrazione comunale? Dovrebbero tornare al turismo di una volta, quello che vedeva la gente di Calceranica offrire le proprie case, le proprie stanze ai turisti provenienti dall’Italia e dall’Europa. Oggi, a differenza di allora, le famiglie non dovrebbero cedere il letto all’ospite, ma mettere a disposizione quelle case che, altrimenti, nessuno userebbe. “Si tratta di un progetto pilota” ha spiegato il sindaco “ma i passi da compiere ci sono molto chiari. Abbiamo già organizzato alcune serate informative molto partecipate”. Il passo successivo è quello di raccogliere le adesioni e valutarle una per una. “Dobbiamo tenere alta l’asticella della qualità: abbiamo un bellissimo territorio ed è nostro compitovalorizzarlo e gestirlo al meglio” ha spiegato il Primo Cittadino. Il progetto è stato sostenuto dalla Comunità di Valle e dalla Cassa Rurale Alta Valsugana, che viene in contro ai proprietari sostenendo piccoli lavori di sistemazione. Ma il Comune si è anche appoggiato agli esperti del settore: “Siamo affiancati da una start-up trentina, la CBS, e abbiamo preso contatti con i grandi gestori online del settore ospitalità. Abbiamo anche contattato un fotografo professionista che si occuperà di dare il giusto risalto alle varie soluzioni abitative”. Verrà poi creato un portale apposito per le situazioni abitative che hanno aderito all’ospitalità diffusa. Ma a che punto siamo? “Proprio in queste settimane si sta terminando la prima fase del lavoro. Abbiamo
di Elisa Corni
individuato 7-8 appartamenti che, come da progetto, saranno pronti già per la grande occasione di quest’anno: la 91° adunata degli alpini a Trento”. Censiti, sistemati e fotografati, questi appartamenti saranno disponibili sui portali online di turismo e vacanza. “Per il momento ci affidiamo al libero mercato, quindi a Booking e ad altri portali di questo genere”. Ma contemporaneamente l’amministrazione sta dialogando con gli enti locali, come l’APT, per dare una visibilità territoriale a questo progetto. Progetto che, in una prospettiva più ampia, andrà anche a creare lavoro e professionalità che rimarranno sul territorio. Gli immobili andranno gestiti, ordinati, sistemati” ha spiegato Uez “ma ci sarà bisogno anche di personale che accolga i turisti, li introduca al territorio e li informi. Tutte professionalità che speriamo di trovare qui in valle”.
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LA CURA DEL
GIARDINO A
rrivata la primavera, torna la voglia di uscire di casa, di sentire il tepore del sole sulla pelle e di passare più tempo all’aperto, dopo tanti mesi trascorsi rinchiusi al calduccio. Per chi ha la fortuna di avere un bel giardino a casa propria, questo è finalmente il momento giusto per poterselo godere; da soli, leggendo un libro o sorseggiando una bevanda in tutta tranquillità, ma anche in compagnia, insieme alla propria famiglia, o ad un gruppo di amici con cui cenare insieme, magari riunendosi attorno ad un bel barbecue invitante nel fine settimana. Il giardino in fondo non è che un altro angolo della casa, che riveste la stessa importanza di tutte le
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altre stanze. Sin dai tempi antichi è il luogo del relax per eccellenza, dello svago, quello dove ricaricare le batterie se si è troppo stressati, dove ristorare il proprio spirito rallegrandolo con la vista di fiori colorati e del verde brillante dell’erba, all’ombra del fresco riparo offerto dalle chiome degli alberi. Luogo ideale per gli adulti, ma naturalmente anche per i bambini, che possono giocare liberamente e sperimentare la bellezza del contatto con la natura, con la terra, con le piante e i piccoli animali che lo abitano. Trascorrere del tempo in giardino aiuta ad entrare in connessione con una parte interiore di noi che talvolta, travolti dal tran tran quotidiano, tendiamo a tra-
scurare, ma che se ascoltata ed accudita ci fa stare tanto bene, in un modo semplice e alla portata di tutti. È importante però, che come ogni angolo della casa che si rispetti, anche per il nostro giardino nutriamo la stessa cura, togliendo le erbacce infestanti dalle aiuole, tagliando regolarmente l’erba del prato, riempiendolo di fiori profumati da innaffiare e concimare, ma anche di erbe aromatiche utili anche per insaporire i nostri piatti. Rientrare in casa dopo una giornata di lavoro e trovare un giardino pulito, curato, con l’erba tagliata e il profumo dei fiori sbocciati ad accoglierci è sicuramente un toccasana per lo stress quotidiano. (S.T.)
Furti in appartamento, da tre anni sono in calo S embra che per i furti in appartamento in provincia di Trento siano passati i tempi in cui il Trentino si setiva sotto attacco, con un calo delle denuncie di quasi il 10%. Dato da prendere con le pinze e con un certo grado di circospezione poiché riguarda piuttosto l’opinione pubblica che si autoalimenta attraverso il racconto dei Media, oggi soprattutto corroborato dal supporto della rete che poco spazio elargisce alla riflessione sul fenomeno reale. Fatto sta che le denuncie si possono contare, e quando calano di 1500 unità il dato diventa significativo. Occorre però considerare che vi è anche una certa tendenza crescente a non denunciare, con un aumento di quella
fascia “grigia” in cui non è possibile conoscere con esattezza la dimensione reale del fenomeno. Secondo l’Istat, quasi il 70% dei casi di furto in appartamento avvengono in assenza dei residenti, quando cioè in casa non vi è nessuno. Quando capita però di trovarsi faccia a faccia con l’intruso, l’esperienza non è delle più piacevoli e possono scattare meccanismi di difesa dagli esiti imprevedibili, a meno di non trovarsi in un racconto alla Smaniotto, dove il ladro e il derubato arrivano quasi sempre a far prevalere il meglio di se e a mostrare quel poco di umanità che proviamo a conservare. Ma è un gioco letterario che per definizione non si attaglia del
tutto alla realtà. Secondo Andrea Di Nicola, criminologo e docente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, nonché coordinatore scientifico di eCrime, un progetto che ha generato metodologie e conoscenze uniche nel loro genere per la raccolta di dati sul crimine e sui livelli di insicurezza percepita dai cittadini, «i reati “predatori” come furti e rapine, pur in aumento tendenziale negli ultimi quindici anni, sono in calo negli ultimi tre, evidenziando un’inversione di tendenza, con una riduzione della criminalità. Dati che stridono però con la percezione dei cittadini di un elevato rischio di criminalità nella zona in cui vivono». (F.Z.)
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La trasformazione architettonica di Trento nel ventennio fascista
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l regime fascista trasforma Trento attraverso le architetture, è in questo modo che il predominio italiano entra in città. In pieno centro si opera per il rifacimento di quella che oggi prende il nome di piazza Cesare Battisti, ma che fino agli anni ’60 era piazza Italia, e ai tempi del fascismo portava il nome Littorio. Qui tra il 1934 ed il 1937 venne edificato il quartiere del Sas, che prende il nome dalla precedente toponomastica, che faceva riferimento alle costruzioni circostanti, tutte realizzate in sasso per l’appunto. Il progetto vede la collaborazioni di diversi ingegneri e architetti tra cui Emilio Gaffuri e Guido Segalla, cui si aggiungono l’architetto Efrem Ferrari, che si occupa della realizzazione del caffè
Mausoleo Battisti
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Città e dell’Istituto Provinciale Incendi. L’architetto Giovanni Lorenzi si occupa invece del supercinema Vittoria, che viene inaugurato nel 1939. Sul lato opposto della piazza sono gli ingegneri Guido de Unterrichter e Renzo Masè a disegnare il prospetto di casa Rigoni. Sul lato verso via San Pietro, si prospetta la Galleria dei Legionari Trentini, dal corso, guardando in alto appare il grande mosaico rappresentante la cosiddetta donna del Fascio, opera realizzata da Gino Pancheri nel 1937. La figura femminile, allegoria della Vittoria portava un tempo tra le mani il fascio littorio simbolo del Fascismo, che venne rimosso nel 1943 dopo la caduta del regime. La stessa sorte subisce il nome di Mussolini, autore della frase che ancora compare alla base dell’opera: “Il popolo italiano ha creato col suo sangue l’impero lo feconderà col suo lavoro e lo difenderà contro chiunque con le sue armi.” Verso via Giannantonio Manci si apre la splendida Galleria Giuseppe Garbari, decorata da colonne in marmo e dal pavimento a palladiana, in alto una serie di dipinti che raffigurano l'arte della tessitura. Simbolo della nuova dittatura fascista è anche il Mausoleo di cesare Battisti, che svetta nella sua modernità sul colle
di Chiara Paoli
del Doss Trento. L’opera fu progettata dall'architetto veronese Ettore Fagiuoli nel 1934 e venne inaugurata il 26 maggio dell’anno successivo, alla presenza di Vittorio Emanuele III di Savoia e di Achille Starace, segretario del Partito Nazionale Fascista. Il monumento a base circolare, prende ispirazione dal mondo classico, e si caratterizza come un porticato, con sedici colonne alte più di dieci metri in pietra chiara. All'interno del mausoleo è posta la cella di forma ovoidale, che accoglie i resti mortali di Cesare Battisti, il cui busto marmoreo, opera dello scultore trentino Eraldo Fozzer è conservato in una nicchia. Ma a cambiare volto è anche la stazione ferroviaria, luogo simbolo dei collegamenti, della possibilità di raggiungere velocemente tutta la penisola. Ad occuparsi del progetto negli anni 1934-1936, è l’architetto Angiolo Mazzoni, che si era già dedicato tra il 1929 ed il 1934 al rifacimento del Palazzo delle Poste. La stazione pre-esistente, realizzata sotto l’egida austriaca, venne rinnovata, per rendere l’edificio più moderno e corrispondente allo stile fascista.
L’aspetto pratico e funzionale viene messo in primo piano, l’edificio si presenta ancora oggi nella sua prestanza e linearità, dalle forme lineari ed essenziali, che consentono di avere ampi spazi utili ed ariose vetrata. L’attuale Palazzo delle Poste, sempre ad opera del Mazzoni è andato a sua volta a sostituire un precedente edificio costruito su progetto dell’architetto austriaco Friedrich Setz, nel 1888. Il complesso fa perno attorno al cortile interno ed incorpora i resti della cinquecentesca residenza dei baroni a Prato di Segonzano, in buona parte distrutta a causa di un incendio nel 1845, quando lo stabile era adibito a zuccherificio. Sotto la loggia rivolta su via Santa Trinità, una decorazione pittorica di Luigi Bonazza, databile agli anni ’30 del ‘900, commemora le processioni conciliari, mentre la statua di San Cristoforo fu scolpita da Stefano Zuech nel 1934.
Le scuole elementari Raffaello Sanzio, dalla forma simile a quella di una nave, che si innalza a fianco del Castello del Buonconsiglio, sono frutto del periodo razionalista. Vennero realizzate tra il 1931 ed il 1933, su progetto di Adalberto Libera, architetto originario di Villa Lagarina. All’appello non può mancare l’ex Casa Littoria o Casa del Fascio, inaugurata nel 1938 e progettata dal vincitore del concorso, l’ ingegnere Giovanni Lorenzi. La decorazione dell’edificio venne commissionata ad Eraldo Fozzer, creatore delle due Vittorie alate che ornano i lati del balcone e del colossale Legionario in altorilievo, in atto di effettuare il saluto romano, mentre stringe nella mano sinistra una vanga e un fucile, simboli di lavoro e guerra.
Trento - Galleria dei Legionari Trentini
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POP ART
IL TRIONFO DEL COLORE NELL’ARREDAMENTO
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quasi impossibile entrare in un negozio di arredamento o in un grande magazzino, senza imbattersi in un’opera d’arte Pop. Si possono trovare infatti numerose stampe per arredare la propria casa, che richiamano opere di Andy Warhol, maestro indiscusso della Pop Art, o i mitici disegni a fumetti di Roy Lichtenstein. Ma quando nasce questa corrente artistica e su quale concezioni si basa? La Pop Art ovvero l’arte popolare, si sviluppa soprattutto in America nella seconda metà del XX secolo, in pieno boom economico. La prima opera pop è frutto dell’inglese Richard Hamilton che nel 1956 realizza il collage intitolato “Just what is it that makes today's homes so different, so appealing?”. Il movimento emerge
in Gran Bretagna negli anni Cinquanta, e a partire dagli anni Sessanta si diffonde e dilaga negli States. Negli anni Novanta del ‘900, si è avviata una nuova e ulteriore rivitalizzazione del movimento artistico, noto come neo-pop. Gli artisti in questo caso vogliono rappresentare la profondamente mutata realtà che li circonda. Andy Warhol è colui che riforma l'opera d'arte che non si connota più quale manufatto unico e irripetibile, ma diviene al contrario prodotto in serie. L'appellativo "popolare" non va inteso come arte di massa, cioè prodotta in serie; e poiché mira ad accontentare tutti, deve rivelarsi il più possibile anonima, affinché venga capita e accolta dal più grande numero possibile di in-
Roy Lichtenstein (1967)
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ALSUGANA NEWS
di Chiara Paoli
dividui. Tutti voi avete certamente presente la celebre serie dei barattoli di zuppa Campbell, ma anche la serie di molteplici ritratti di Marilyn Monroe o Mao Tse Tung. Ecco che oggi i siti online, i fotografi e le stesse App dei cellulari, ci propongono tra le varie opzioni, quella di replicare in diversi colori la nostra stessa immagine, per realizzare un quadro proprio come quello di Marilyn Monroe. Quella che l’arte popolare mette in evidenza ed esalta è la società dei consumi, al suo interno trovano posto i prodotti del supermercato, ma grande è anche il fascino esercitato dalla nuova arte pubblicitaria. Entra nel mondo degli artisti lo stile sempre più accattivante dei fumetti, ma allo stesso tempo vi trovano collocazione gli oggetti più semplici, quelli della quotidianità, che privati del loro contesto e della possibilità d’uso, acquisiscono dimensioni gigantesche. Le stesse automobili, status symbol di un benessere che avanza, vengono più volte rappresentate e prese quale modello. Un’arte comprensibile a tutti, perché prende spunto dal quotidiano, da ciò che tutti conoscono, ma non solo, un mestiere che diviene commerciale, perché l’artista deve vendere il più possibile. E proprio in quest’ottica è l’introduzione e l’uso di nuovi media, non solo il collage, ma anche la fotografia e soprattutto quelle novità con cui gli artisti non si erano ancora confrontati: il cinema, i video e
la musica che offrono nuovi idoli, protagonisti e materiale utile per questa nuova forma artistica. Andy Warhol, Roy Lichtenstein, James Rosenquist, e Keith Haring, sono solo alcuni dei nomi che, in maniera più o meno forte, hanno contraddistinto questa pratica artistica, gettando le basi dell’arte contemporanea. Nell'epoca industriale ormai avanzata, gli artisti pop si interrogarono sul tema della riproducibilità dell'arte. Fotografia, pubblicità, cinema e tv hanno radicalmente mutato la funzione dell’arte e dell’artista, come è possibile in un tale contesto pensare di conservare il carattere unico dell'opera d'arte? Non è forse meglio arrendersi e adattarsi alla realtà consumistica imperante adeguando il proprio linguaggio? Questo è l’interrogativo al quale gli artisti rispondono, adottando così il proprio stile e la tecnica che appare più adeguata allo scopo. Tutto ciò avviene rifacendosi in parte alle avan-
guardie del Novecento, prendendo spunto dal dadaismo che per primo manipolò arte e realtà, i collage di foto e immagini pubblicitarie sono d’altronde un retaggio del periodo cubista e soprattutto di Braque. Ma è in questo periodo che nascono e si diffondono gli happening o azioni teatrali, in cui l'artista è chiamato a produrre apertamente davanti al pubblico, l'opera d'arte, dando spazio anche all'improvvisazione. Se amate il colore, la modernità e lo stile pubblicitario, l’arredamento Pop Art è quello che fa per voi e soprattutto per la vostra casa. I vostri interni potranno essere arricchiti con stampe policrome,
adesivi murali, divani dai toni accesi e dalle forme particolari, tavoli e complementi d’arredo, che richiamano il mondo dei fumetti o del cinema, particolari che colpiranno sicuramente i vostri ospiti.
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VILLA AGNEDO
VILLETTA SINGOLA con 1400 mq di
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LA DOMOTICA E LA CASA di Sabrina Mottes
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a domotica è una scienza nata negli ultimi decenni con il fine ultimo di controllare, semplificare e migliorare la qualità della vita e la sicurezza in casa (domus), in un mix d’ingegneria edile e informatica, automazione, elettronica, telecomunicazioni. All’interno delle abitazioni, gli impianti tradizionali possono essere utilizzati solo in modo manuale e non possono interagire tra loro. Così interruttori, citofoni, termostati, grandi elettrodomestici, impianti di allarme devono essere azionati o gestiti dall’uomo con singole azioni ripetute più volte e in tempi diversi. La domotica permette di andare oltre, creando un sistema di comunicazione integrato tra i vari impianti: luci, porte, tapparelle, clima, sistemi di sicurezza. L’abitazione diventa “casa intelligente”, cioè un ambiente che consente, tramite telecomandi, telefoni cellulari, internet e altri mezzi informatici, di gestire in maniera sempre più ampia comfort, ri-
sparmio energetico e sicurezza negli ambienti domestici e di lavoro. Uno degli ambiti di applicazione della domotica è la sicurezza dell’ambiente e cioè la protezione da possibili intrusioni, da guasti, incendi, fughe di gas e allagamenti. Grazie al dialogo tra i vari apparati, che si compongono di telecamere, sensori di rilevamento e allarmi che comunicano con sistemi di controllo, è possibile proteggere con efficacia gli ambienti anche quando si è lontani. Ma la domotica, affiancata all’abbattimento delle barriere architettoniche, sta diventando sempre più importante anche per la sua funzione sociale e di supporto alla sicurezza della persona. Essa si propone di supportare la rete relazionale e di protezione verso persone anziane, affette da handicap o da malattie neurodegenerative o traumatiche, fermo restando che l’affetto, la presenza e l’aiuto sono e rimangono condizioni fondamentali e insostituibili da strumenti digitali e tecnologici. L’intento, è dunque quello di sostenere i reali bisogni della vita quotidiana di persone in difficoltà attraverso l’installazione di strumenti studiati per superare le difficoltà e permettere di disporre di un ambiente più fruibile e sicuro, dove la quotidianità si svolga con maggiore au-
tonomia e senza dover modificare o stravolgere le proprie abitudini. Dopo attenta analisi, viene progettato e installato un impianto domotico personalizzato che si può gestire tramite supporti di utilizzo semplice, sicuro e quanto più intuitivo possibile. In una casa domotica, per esempio, una persona con difficoltà motorie o cognitive può utilizzare un telecomando per aprire le finestre, accendere le luci o il riscaldamento. Molte funzioni si attivano tramite sensori e in modo automatico, come in caso di distrazioni che possono provocare allagamenti o fughe di gas. Alcuni dispositivi, soprattutto per la sicurezza personale, si indossano, dando così la possibilità di attivare richieste di aiuto volontarie o automatiche in caso di pericolo o malore. A volte, per preservare la sicurezza della persona, è importante monitorare gli spostamenti nello spazio protetto e vengono dunque applicati sensori alle porte che permettono di rilevare i movimenti. O, al contrario, allarmi passivi che allertano il personale addetto alla sicurezza nel momento in cui non vengano rilevate attività nella stanza o abitazione per un periodo di tempo lungo e anomalo. Pensiamo ancora alle persone sorde, per le quali il campanello o la suoneria del telefono vengono sostituiti con un segnalatore visivo. Le soluzioni che la domotica propone sono ampie e possono essere via via incrementate, adattandosi alle varie esigenze. I recenti studi sui robot aprono nuove, incredibili prospettive per il confort e il benessere di tutti. Soluzioni fantascientifiche che ci avvicinano a un futuro non troppo lontano.
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Zen
Giardino uelli che noi oggi definiamo giardini Zen, sono nati in tempi medievali, in quello che è il Periodo Heian, compreso fra 794 e 1185. Il nome originario di questi spazi è karesansui, e i primi, vengono realizzati nei palazzi nobiliari di Kyoto. Il termine karesansui compare per la prima volta all'interno del trattato di giardinaggio intitolato “Sakuteiki”, elaborato nell'XI secolo e significa letteralmente "natura secca". In realtà al tempo non si trattava di un giardino a sé stante, quanto piuttosto di un settore, che si inseriva in un contesto più ampio. È solo nel periodo successivo, quello Muromachi (13361573) che il giardino karesansui diviene una tipologia a sé stante, strutturandosi all'interno dei monasteri del buddhismo zen. Da questa collocazione prende perciò il nome di Giardino Zen, così come lo conosciamo noi oggi; ed è dentro le mura del monastero che esso diviene espressione e simbolo di visione cosmica. Il giardino Zen, ha un notevole vantaggio, non necessità di acqua e perciò può essere realizzato anche in zone aride. A volte, però, capita che anche l’acqua entri a far parte di questi luoghi dediti alla meditazione, poiché è simbolo di vita, in questo caso essa deve essere immobile, come avviene nel caso degli stagni, oppure il suo scorrere in pendenza, deve procedere da est verso ovest, accompagnando il levarsi e il calar
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di Chiara Paoli
del sole. Oltre al Karesansui, vi sono altre 3 tipologie di giardini giapponesi: il Kaiyu-shiki-teien, in cui il visitatore deve seguire un percorso immerso in un micro-paesaggio attraverso il quale è possibile scoprire le bellezze naturali che lo compongono. I Roji o “giardini della quarta parete”, giardini rustici creati su un lato delle case del tè, come emblema della fine di un percorso, e i Tsubo-Niwa che si caratterizzano come piccoli cortili, realizzati con rocce, muschio e vegetali, cui si aggiungono piccole vasche, necessarie per detergere le mani. I tradizionali giardini giapponesi possono essere concepiti quali “oasi” dove è possibile ritrovare l’equilibrio psico-fisico; fin dall'antichità giardini Zen miravano a ricostruire scenari immaginari in scala ridotta. Quelli ambìti dalla nobiltà o dagli imperatori erano concepiti per dare piacere all’osservatore, mentre nei templi buddisti servono a favorire la riflessione e la contemplazione, trascendendo dal fine estetico. L’idea di fondo di questa cultura è che il benessere assoluto è raggiungibile solo attraverso la relazione con la natura, di cui l’essere umano non solo è parte integrante, ma anche in prima istanza custode. Prendersi cura di un giardino zen corrisponde all’aver riguardo per sé stessi e per il proprio spirito, di fatto esso rappresenta il viaggio trascendentale che ci conduce
verso l’eternità; è quindi un espediente in grado di ristabilire la pace interiore. Proprio per questo, in questi ultimi anni, nelle case vanno di moda i Bonseki, giardini Zen in miniatura, si tratta per lo più di quelli secchi, i Karesansui, considerato che sono più facilmente riproducibili. Vengono forniti su vassoi di lacca nera riempiti di sabbia bianca, sassi e rocce; per prendersene cura vengono forniti adeguati strumenti, come piccoli rastrelli, piume, rametti e setacci. Il rastrellare la sabbia, dando vita a linee curve continue intorno ai sassolini presenti, è espressione dei pensieri che si fronteggiano e dopo aver percorso molteplici strade differenti, conducono a nuove rappresentazioni, innalzandoci a più sagge riflessioni. Lo stesso suono dei sassolini rimanda al fluire dell’acqua, così come lo scorrere delle idee nella nostra testa.
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Carla LO SAPEVATE CHE? I CONSIGLI DI
• Un sacchettino con dentro alcuni chiodi di garofano profumerà armadi e cassetti e terrà lontane le tarme. • Contro i cattivi odori delle scarpe da tennis, mettete dentro le scarpe due sacchettini di cotone pieni di timo secco. • Se avete usato la candeggina e non riuscite a togliere il cattivo odore dalle mani, lavatele con il dentifricio invece del sapone. • La spugna del bagno va disinfettata immergendola in una bacinella con acqua e aceto. • Le borse di pelle chiara si manterranno sempre morbide se le pulirete con un batuffolo di cotone imbevuto di latte detergente. • Se le vostre gambe sono stanche e tendono a gonfiarsi cercate di dormire con le gambe leggermente sollevate rispetto al corpo, ciò favorisce una buona circolazione. • La biancheria di spugna riposta nell'armadio risulterà sempre profumata se inserirete dei sacchetti di cotone pieni di scaglie di sapone di Marsiglia bianco. • Se avete avuto una giornata pesante in ufficio e vi sembra che tutto il mondo poggi sulle vostre spalle, mangiate un quadratino di cioccolata, ha proprietà rilassanti per il sistema nervoso, basta solo non abusarne per non appesantire la linea. • I fagioli secchi vanno lasciati a bagno una notte in acqua fredda prima di cuocerli • Se volete evitare che nei dentini della vostra grattugia restino dei pezzettini di formaggio, mettetela in freezer per una decina di minuti, poi passatela sotto l'acqua molto calda. • Per fermare gli schizzi bollenti quando si frigge, buttate nell'olio alcuni stuzzicadenti. • Se volete eliminare gli odori dai i posaceneri dapprima pulitelo e poi lavatelo con una miscela di acqua e aceto in parti uguali. • Per pulire i vetri senza usare detersivi basta strofinarli con carta di giornale inumidita e poi passare un panno morbido che non rilasci pelucchi. • Per togliere l’odore a un thermos che non è stato usato da tempo basta lavarlo all’interno con una soluzione di acqua calda e bicarbonato di sodio. • Che la buccia degli agrumi tagliata a fette sottili e poi essiccata serve per profumare gli ambienti della casa.
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Castellare Immobiliare
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Neanderthal e Homo Sapiens di Elisa Corni
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’Uomo di Neanderthal ce lo immaginiamo tutti come un bruto, ricoperto di peli e con qualche pelliccia addosso. All’immaginario collettivo, questa specie di ominidi è stata sempre presentata come “indietro” rispetto alla specie Homo sapiens, di cui facciamo parte noi esseri umani. «Non era in grado di parlare»; «Non aveva capacità astratte»; «Espressioni culturali e artistiche erano fuori dalla sua portata»; «Scomparve senza lasciare traccia». Sono solo alcuni dei luoghi comuni più diffusi attorno a questo misterioso ominide; luoghi comuni che, a quanto pare, sono destinati a essere smontati dalla realtà dei fatti. Recenti scoperte stanno infatti mettendo il Neanderthal sotto una nuova luce. Tanto per cominciare quasi tutti gli esseri umani devono un pezzettino della loro esistenza al primo colonizzatore
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dell’Europa. Il nostro Dna ha infatti dimostrato che alcune caratteristiche, come i capelli rossi, derivano direttamente dall’Uomo di Neanderthal e non dal Sapiens. La convivenza di queste due specie, durata tra i cinque e i diecimila anni, ha sicuramente portato a momenti di condivisione e, perché no, di ibridazione. Lo testimoniano quelle piccole parti di Dna comune alle due specie, e quella piccola percentuale di patrimonio genetico (tra l’1 e il 3% negli europei e il 4% negli asiatici) tutto Neanderthal. Una quantità minima, diluita nei 40mila anni della nostra evoluzione come Sapiens. Secondo molti studiosi e antropologi, è giunto il momento di considerare l’incontro tra queste due differenti specie di ominidi come un momento di scambio reciproco. Se il Sapiens portò con sé condizioni socioculturali più elevate, dall’altra il patrimonio genetico dei Neanderthal era più indicato alla sopravvivenza ai climi più freddi e rigidi del continente europeo (Sapiens proviene infatti dall’Africa). Ma siamo davvero sicuri che prima dell’arrivo dell’Homo sapiens, l’uomo che abitava l’Europa fosse in attesa di qualcuno che innescasse i meccanismi sociali e culturali? Una recente scoperta fatta in alcune grotte spagnole sembra sfatare anche questo mito negativo per i nostri cugini neanderthaliani. La notizia ha fatto presto il giro del mondo, e riviste specialistiche e generaliste hanno dato rilevanza a quanto è stato scoperto nella Cueva de los aviones (letteralmente la grotta delle
rondini). Questa grotta è stata per gli esperti fonte di sorprendenti scoperte; sulle sue pareti sono stati individuati qualche tempo fa dei disegni molto molto antichi. A venire incontro agli antropologi ed etnologi il Max Plank Institue di Lipsia, dove un team di esperti nelle datazioni preistoriche ha confermato quanto sospettato: quei disegni sono vecchi di oltre 65 mila anni. Perché questa datazione dovrebbe sorprenderci? Semplicemente perché l’Homo sapiens, ritenuto l’innescatore del processo culturale e sociale nei più arretrati e primitivi Neanderthal, a quell’epoca non aveva ancora lasciato l’Africa. Le pitture rupestri in questione sono le più antiche fin’ora scoperte in tutto il mondo. Se a questa scoperta si aggiungono gli indizi raccolti in passato - come l’utilizzo di gioielli e monili per decorarsi - si può iniziare a tratteggiare un ritratto del nostro lontano antenato completamente nuovo rispetto al passato. Non più un rozzo scimmione incapace di pensiero astratto e di creare cultura, ma un ominide complesso e articolato, non a caso fuorno gli inventori della pittura.
LE CRONACHE
Selva di Levico
MARCELLO DALMASO RIELETTO CAPOGRUPPO
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’è stata grande partecipazione di soci all’assemblea del locale Gruppo Alpini, che comprendeva, fra l’altro, la nomina del nuovo direttivo. L’appuntamento si è svolto presso la sala dell’oratorio e vi hanno partecipato anche diverse autorità: il vice presidente sezionale Carlo Frigo, il consigliere provinciale Gianpiero Passamani, l’assessore comunale Werner Acler e il rappresentante della zona Alta Valsugana Vincenzo D’angelo. Presenti anche due delegazioni degli altri gruppi alpini del Comune, Levico e Barco, con i quali c’è sempre stata collaborazione anche in occasione della gara di tiro a segno “Memorial Giuseppe Magnago e Vito Recchia”, che quest’anno è giunta alla sua 16° edizione. Il capogruppo Marcello Dalmaso nella sua relazione ha elencato le numerose attività che hanno impegnato il gruppo durante tutto il 2017: dalla befana alpina alla festa patronale dei Santi Fabiano e Sebastiano, la festa di Pasqua con la tradizionale gara di tiro alle uova, la scampagnata in baita Busa Verle, la santa Messa in memoria di tutti i Caduti in guerra con deposizione di una corona d’alloro al Cristo eretto in loro memoria, gli auguri di Natale a tutte le famiglie e agli anziani del paese, la partecipazione alle varie adunate e ai raduni. E per quanto riguarda l’Adunata Nazionale di Trento, il Gruppo sarà impegnato nel capoluogo a sorvegliare una delle tante palestre messe a disposizione per i numerosi ospiti e amici che arriveranno da tutta Italia. L’assemblea ha poi riconfermato con unanimità di voti, la direzione uscente, che risulta così composta: Marcello Dalmaso capogruppo da 23 anni. Questi gli altri membri del direttivo: Armando Osler, Mirko Dalmaso, Marco Furlan, Luigi Tressino e Denis Mulas. Rappresentante degli “amici degli Alpini” è stato Pio Murara. (M.P.)
INCONTRO DI AMICIZIA
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l comune di Hard, in Voralberg (Austria) organizzerà, in collaborazione con l’imprenditore locale Josef Armellini, un incontro di amicizia tra la comunità di Hard e il Trentino nei giorni 9 e 10 giugno 2018. Alla fine del XIX secolo Hard è stata una delle mete privilegiate per tanti abitanti dal Trentino e in particolare dalla Valsugana che si sono trasferiti in Voralberg alla ricerca di lavoro e migliori prospettive di vita. Più di 1300 persone in pochi anni sono emigrate in quella regione, dando vita ad una comunità attiva e vitale che oggi rappresenta una importante porzione della società locale nelle istituzioni, nell’impresa e nella cultura. L'incontro prevede, tra le attività più significative, la visita della nuova scuola media, l'apertura di una mostra sull'immigrazione dal Trentino negli anni 1875 - 1910, l'esibizione del coro trentino “Valsugana”, costituito per l'occasione con elementi dei diversi cori della valle e numerosi momenti di festa, d’incontro e reciproca conoscenza. L'evento si svolgerà con il patrocinio dell'Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento e la collaborazione dell'Associazione Trentini nel mondo. Per informazioni: Stefano Armellini - 333 8067536
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di Andrea Casna
Il Forte del Pizzo di Levico L
'intero complesso si sviluppa su un solo piano. Superato l'accesso, passando sotto un suggestivo arco in pietra, si entra nell'edificio - a pianta semicircolare - caratterizzato dalle cannoniere posizionate in direzione di sbarramento per chi proviene da Vigolo Vattaro e dalla postazione osservatorio. Appena entrati, sulla destra, un corridoio conduce ai posti di comando, latrine e magazzini.
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Quello che salta all'occhio è l'abilità degli operai e scalpellini chiamati dal genio militare ad eseguire i lavori di costruzione. Di particolare interesse è proprio l'accuratezza nella lavorazione della pietra: aspetto che emerge visivamente nella navata principale dell'intera fabbrica e nelle cornici esterne a bugnato delle feritoie. Da questo punto di vista, Doss Fornas è un prezioso documento capace di raccontare l'arte di chi un tempo lavorava la pietra. Doss Fornas ha tutte le caratteristiche delle opere permanenti dette in “stile trentino”: casamatta in muratura a prova di scheggia con scudi in acciaio attorno alla bocca dei cannoni, grosse feritore per fucilieri, postazioni per mitragliatrici. Il perimetro
Era chiamato «l'Occhio dell'Altipiano» perché in posizione elevata e quindi capace di osservare e dominare il settore dell'Altopiano di Vezzena e Lavarone. Fu costruito a 1908 metri di altezza, sulla cima del Pizzo di Levico, interamente in calcestruzzo e armato con 5 mitragliatrici in cupole di acciaio. era difeso da reticolato e l'illuminazione esterna avveniva con proiettori ad acetilene. Il rifornimento idrico era garantito da un cisterna, e dal punto di vista delle comunicazioni il forte era in contatto telefonico con Trento, Mattarello, e il vicino forte Bursafer. Infine il suo armamento consisteva in 4 cannoni da 12 cm M 61 e 2 cannoni da 9 cm M 04. La guarnigione in tempo di guerra era di un ufficiale e di 63 uomini. Considerato subito obsoleto, fu disarmato e utilizzato come bersaglio fittizio. La collina mantenne comunque un'importanza strategica in quanto, alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia, nel maggio del 1915, tale settore risultava modernizzato con postazioni e cannoniere in caverna. Nel dicembre del 1914, infatti, erano già state costituire 22 gallerie armate con pezzi di artiglieria e mitragliatrici. Con il fronte in Vallagarina, in Valsugana e sui ghiacciai, le granate della
Grande Guerra non colpirono mai Doss Fornas e nemmeno tutto il sistema difensivo di Trento, costruito fra la fine degli anni settanta e primissimi anni ottanta dell'Ottocento e poi aggiornato nei primi anni del Novecento. Doss Fornas fa parte della seconda sta-
gione di forti costruiti dal Genio Militare Austro-Ungarico. Sono postazioni permanenti detti “stile trentinoâ€? (perchĂŠ costruite con caratteristiche architettoniche presenti solo in Trentino) in posizione rialzata per fare fuoco di sbarramento sull'esercito nemico in avanzata. Entrando maggiormente nel dettaglio, la zona ad ovest dell'abitato di Vigolo Vattaro fu coinvolta nel processo di fortificazione del Trentino attraverso la costruzione di due postazioni in corrispondenza dell'abitato di Valsorda. Sono i forti di Doss Fornas (sul lato sinistro della valle provenendo da Vigolo Vattaro -alle pendici della Vigolana- e di Brusafer sul lato opposto). Due forti, quindi, all'interno della stes-
sa valle per rendere maggiormente efficace, con una strategia incrociata e a tenaglia, la difesa di questo settore. Queste due batterie erano il punto meridionale della difesa del settore orientale di Trento. Una cintura difensiva che partiva dal Monte Calisio e arrivava fino alle pendici della Vigolana: un interessante sistema di sbarramento composto dalle batterie Roncogno, Cimirlo, Maranza. Brusafer, Doss Fornas e Mattarello. Tale settore fu aggiornato nel corso degli anni per arrivare, nel 1915, ad essere un moderno e avanzato sistema di sbarramento completamente scavato nella roccia. Le motivazioni che spinsero il comando militare a fortificare la Valsorda hanno origine, come nel caso di Civezzano, nell'invasione del 1866 quando le truppe italiane del Generale Medici arrivarono fino alle porte di Trento attraverso la Valsugana. La stessa Valsorda fu teatro di un breve scontro fra austriaci e italiani. Ancora oggi un cippo commemorativo ricorda quei drammatici eventi che contribuirono a portare all'UnitĂ d'Italia.
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STEFANO LOCCI E IL CATAMARANO CHIAMATO “DESIDERIO” di Alessandro Dalledonne
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l comandante Stefano Locci ha già rimesso in acqua il suo catamarano, e proprio in questi giorni tornerà a solcare il mare. A soli 30 anni, questo giovane ragazzo “caldonazzese” ha già alle spalle una attraversata oceanica. L’ha fatta nel 2017, comandante dell’imbarcazione “Lo Spirito di Stella”, il primo catamarano al mondo senza barriere architettoniche. Sei mesi in mare, 200 giorni di navigazione percorrendo oltre 8 mila miglia con partenza da Miami, negli Usa, e arrivo a Venezia. Con Andrea Stella e altre 90 persone ha dato vita a 21 equipaggi, i protagonisti del progetto “Wow2017”. Partiti da Miami il 23 maggio, nel suo viaggio Andrea Stella, un giovane vicentino che a soli 17 anni ha perso l’uso delle due gambe, ha ricevuto dalle mani del Segretario dell’Onu, Antonio Guterres, la Convenzione dei Diritti delle Persone con Disabilità approvata nel 2006. La passione per la vela è diventata lo strumento della sua rinascita. Durante la traversata Andrea si è anche sposato e, una volta arrivato a Roma, dopo molte tappe, ha incontrato Papa Francesco. «Ho voluto costruire questo catamarano soprattutto per dimostrare che
anche gli spazi più stretti - ha ricordato a Borgo Andrea Stella possono essere resi accessibili, e con i giusti accorgimenti tutti possono godere del senso di libertà che si prova su una barca a vela. Qui, infatti, puoi solo farti portare dal vento e imparare ad assecondarlo». La passione per la vela accomuna Andrea e Stefano Locci che, fin da piccolo, sul lago di Caldonazzo, passava tante ore sull’acqua sognando un giorno di poter girare il mondo. «Per alcuni anni ho fatto il marinaio - dice Locci - fino a quando, un bel giorno, durante un viaggio nei Caraibi, esattamente a Martinica incontro un ragazzo». Quel ragazzo è Andrea Stella. Un primo incontro, una conoscenza che diventa amicizia vera quando, qualche tempo dopo, i due si incontrano nuovamente sul lago di Caldonazzo. Stefano, da tempo, è un volontario della Cooperativa Archè. «Parlando dei nostri progetti - continua Locci - mi ha accennato del suo desiderio di mettere in acqua questo catamarano. Cercava il personale di bordo e subito ho risposto: presente». Nel 2017 la bellissima esperienza dell’attraversata atlantica. Alla guida del-
Il catamarano -lo spirito di stellal’imbarcazione il 30enne Stefano Locci, al suo fianco Andrea Stella e la sua associazione, ambasciatori nel mondo dei diritti delle persone con disabilità. «Quest’anno - confida Stefano prima di partire - faremo un viaggio che, per sette mesi, ci porterà a toccare le principali città marinare d’Italia. Circumnavigheremo il paese, coinvolgendo in questo nostro viaggio tantissime associazioni, scuole e realtà associative. Una trentina di tappe, un’estate davvero intensa». Il progetto si chiama WheelOnWawes (Wow2018), una iniziativa che può essere seguita sui social, così come l‘itinerario del catamarano “Lo spirito di Stella” con al comando il giovane 30enne di Caldonazzo Stefano Locci. Una nuova esperienza, la prima delle tante che questo giovane “panizaro” ha intenzione di portare a termine. «Un giorno riuscirò - dice - ad avere una barca tutta mia, questo è il mio sogno». Un sogno, Stefano, che ti auguriamo diventi presto una bella, bellissima realtà!
Stefano Locci Equipaggio del catamarano -lo spirito di stella-
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Come Eravamo
OLLE E DINTORNI
1942 - FOTO RICORDO DEI GIOVANI DELL’AZIONE CATTOLICA
Carlo Tomio. Da sx in piedi: Carlo Roat, Ettore Dandrea, Egidio Postai, Daniele Dandrea, Tessari, Tullio Dandrea, Dino Armellini, Dissegna, Giuseppe Molinari, Adriano Dissegna, Carlo Da sx seduti: don Luigi Ossanna, Sergio Tomio, Antonio Faronato, Domenico Faronato. Da sx accucciati: Giancarlo Tomio, Giuseppe Bordignon, Agostino Armellini
GITA DEL CORO PARROCCHIALE
DI OLLE SUL CIAMPEDIE da sx in piedi: Franco Tognolli, don Elio Casag randa, Tullio Rosso, Giovanna Rosso, Claudia Dandrea, Adriano Dandrea, Romana Rosso, Maurizio Tomio. Accucciati da sx: Franco Dandrea, Giancarlo Tomio . (Si ringrazia Giancarlo Tomio per la concession e delle foto)
AGIRE PER IL TRENTINO… …cresce in Valsugana di Armando Munaò
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inaldo Stroppa, Assessore di Borgo Valsugana, con delega alle Foreste, Patrimonio, e al Cantiere Comunale, da tempo simpatizzante e collaboratore del movimento Agire per il Trentino, ha ora ufficializzato la sua posizione. È il terzo amministratore che entra a far parte del Coordinamento della Bassa Valsugana e Tesino. Prima di lui Massimiliano Trentin Consigliere comunale di Telve di Sopra e coordinatore di valle e Luca Bettega, Assessore di Borgo. E anche Loretta Capri, infermiera e candidata alla ultime elezioni della Comunità di Valle Valsugana e Tesino, aderisce al movimento politico fondato dal consigliere Claudia Cia. Ed è lo stesso Cia che, nel corso della conferenza stampa che ha ufficializzato la loro adesione e dopo aver espresso piena soddisfazione e gratitudine ai “nuovi” entrati per la loro scelta, ne ha tracciato i profili umani e politici. «Conosco, personalmente - ha detto Cia -, da tempo l’assessore Stroppa e per lui ho sempre provato grande stima. È un uomo da pochi discorsi, ma dai fatti concreti, e per questo piace alla gente. La sua adesione non solo farà crescere Agire, ma dimostra chiaramente che il nostro movimento è un punto di riferimento per gli amministratori locali, oltre che per la cittadinanza. Di Loretta non solo ho apprezzato le doti di donna, ma anche la sua vicinanza al nostro movimento. Con lei di certo avverrà un altro ulteriore arricchimento importante per Agire per il Trentino che progressivamente, come sta già facendo, sempre di più saprà valorizzare al massimo la componente femminile». «Rinaldo e Loretta sono due persone - ha concluso Cia nel suo inter-
vento -, che tutti noi conosciamo bene e che sono impegnate sul territorio. Proprio per questo il movimento potrebbe anche chiedere un loro impegno per portare in Provincia la voce della Bassa Valsugana. E di questo riprenderemo il discorso in occasione della scelta dei vari candidati per le prossime e future elezioni». Significativi anche gli interventi dei due nuovi “politici”. «Da molto tempo - ha sottolineato Stroppa -, mi sono avvicinato al Movimento Agire, a questo nuovo soggetto politico del Centro Destra che dapprima ha colpito la mia attenzione, soprattutto per la concretezza delle sue idee e dei progetti per la comunità e poi la mia voglia di farne parte. Mi sono reso conto che Agire parla alla gente in maniera chiara e precisa e che il suo operare è mirato al bene comune e al benessere sociale, specialmente dei giovani, degli anziani e dei meno abbienti. Da qui la mia scelta di aderire e di mettermi a completa disposizione».
E Loretta? «Per molto tempo - dice Capri - ho seguito in sordina il movimento fondato da Claudio Cia e poi, riconoscendo costruttivi e molto qualificati gli obiettivi sociali e politici, c’è stato da parte mia un logico approfondimento che mi ha portata a essere parte attiva e quindi a offrire la mia disponibilità. Ed è anche in questa ottica partecipativa che lavoreremo per dare vita a un gruppo “donne” anche nella nostra zona e mettere in evidenza tutti quei valori della famiglia che, purtroppo, molti nostri politici sembrano avere dimenticato». Significativa la presenza di Roberto Paccher, vicesegretario della Lega Trentina, che nel suo intervento non solo ha sottolineato il grande risultato elettorale della Lega, ma soprattutto ha voluto mettere in evidenza l’ottimo rapporto e la sinergia d’intenti che attualmente caratterizza il Centro Destra in Trentino. Stroppa e Capri sono stati designati dal Movimento Agire per il Trentino quali candidati, per la Valsugana, alle prossime elezioni provinciali e regionali del 2018.
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A MARTER DI RONCEGNO
AFFITTASI BAR Il bar VECCHIA TORRE, in attività ad oltre 20 anni, è situato in zona di forte viabilità, adiacente alla fermata degli autobus e sarà libero dal mese di settembre 2018. Completamente arredato, con 40 posti (all'interno e all'esterno) è completo di tutte di tutte le necessarie attrezzature. Usufruisce di ampi parcheggi su entrambi i lati della struttura. Adiacente al bar si trova un negozio di generi alimentari con rivendita tabacchi e valori bollati. Il bar ha una planimetria utile di oltre 140mq ed è formato dal locale bar, 2 salette, 2 wc, ampia cantina e ripostiglio. Nella gestione non ci sono limitazioni d'orario.
PREZZO D'AFFITTO MOLTO INTERESSANTE CON REDDITO GARANTITO OCCASIONE LAVORATIVA “UNICA” INDICATA PER NUCLEO FAMILIARE TRATTATIVA RISERVATA Per info: 0461 771087
PSICOLOGIAOGGI
Quando la
SCUOLA diventa un OSTACOLO
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ueste e altre sono le consuete domande che difficilmente riescono a trovar risposta in chi se le pone. Partiamo col dire che un ragazzo su cinque incontra, durante la sua carriera scolastica, un momento di particolare difficoltà. In tal caso, molto spesso, le preoccupazioni dei genitori verso la riuscita scolastica del figlio sono molto alte. Tuttavia, è bene precisare che non sempre le difficoltà scolastiche dipendono da una causa specifica, in quanto ci possono essere molti fattori che influiscono su un basso rendimento scolastico, anche in presenza di capacità intellettive adeguate. Pensiamo, per esempio, al metodo di studio che per le caratteristiche stesse dell’alunno può risultare inefficace; oppure alla capacità di gestire e organizzare il proprio studio quando si è a casa; altre volte possono incidere una scarsa fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità le quali possono portare a demotivazione fino all’evita-
di Claudia Morandelli
Perché mio figlio legge e scrive così male? Perché non sa le tabelline? Perché non riesce a memorizzare la poesia? Perché non rispetta le regole?
mento del compito; oppure ancora, alle caratteristiche peculiari dell’età che il ragazzo sta attraversando, in cui l’energia psichica è maggiormente investita su altri fronti. In questi casi solitamente il bambino o il ragazzo necessitano di un trattamento specialistico circoscritto nel tempo e focalizzato sugli aspetti sopra riportati, volti a migliorare la propria performance scolastica, temporaneamente compromessa. Accade tuttavia di trovare, nella quotidianità scolastica, bambini e ragazzi che continuino a faticare in maniera persistente su alcuni aspetti dell’apprendimento. Capita infatti frequentemente di imbattersi in bambini intelligenti, ma che faticano nella lettura (difficoltà nel leggere in maniera corretta e fluente), nella scrittura (numerosi errori e/o scarsa leggibilità), o nel calcolo (difficoltà nel calcolo a mente, nella memorizzazione delle tabelline, nello svolgere operazioni in colonna) nonostante le molteplici esercitazioni fatte a casa e a scuola. Alcune volte si associano difficoltà più generali come confusione dei rapporti spaziali, temporali, oppure scarsa attenzione e concentrazione. Il genitore o l’insegnante, spesso, si trovano disorientati di fronte a queste situazioni non riuscendo a trovare delle modalità efficaci per la gestione del
problema e attribuendo al bambino, o a sé stessi, colpe inesistenti. L’accertamento diagnostico, attraverso un’accurata indagine anamnestica, permette di giungere all’effettivo riscontro del disturbo a cui segue la presa in carico del problema che prevede l’attuazione di un programma riabilitativo diretto ad aumentare l’efficienza del processo alterato (lettura, scrittura, o calcolo) attraverso l’acquisizione di specifici strumenti e strategie. Dal momento che solitamente queste difficoltà non vanno scomparendo da sole con il tempo o “con l’età” va sottolineata l’importanza della precocità della segnalazione e del trattamento al fine di evitare il consolidamento di modalità di apprendimento errate e soprattutto per aiutare il ragazzo e la sua famiglia ad affrontare il percorso scolastico con maggior serenità ed efficacia. La Dott.ssa Claudia Morandelli (con studio a Castel Ivano) è Psicologa a indirizzo clinico-dinamico, Perfezionata in Psicologia Scolastica e Perfezionanda in Terapia Clinica Breve Strategica.
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MODA econdo i più grandi stilisti italiani le tendenze moda per la prossima stagione primavera-estate saranno caratterizzate da colori ora brillanti ora delicati e tenui con trasparenze più o meno evidenziate, specialmente per la stagione estiva. Tutti i capi saranno morbidi e fluidi con tinte e cromie a tonalità accese e marcate. Il tutto però, con qualche eccezione, nel rispetto del monocolore, caratteristica questa che spopola da molte stagioni. In merito ai colori della prossima stagione calda, il blu sarà dominante insieme al cobalto in abbinamento a tinte gialle, agrumate e rosa per dare vita a una eleganza decisamente sopra media. A questi colori, secondo alcuni stilisti, si possono abbinare le tinte viola, il ruggine e il verde acqua. Come sempre il rosso è un colore che non man-
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cherà perché riesce a dare quella vivacità tanto cara alle donne di tutte le età. Di particolare interesse l’abbinamento tra giacca e pantaloni e giacca e gonna che trovano d’accordo tutti gli esperti moda. Anche i jeans e le t-shirt faranno parte del vasto assortimento moda primavera-estate 2018 nei colori classici anche se, per alcuni, il colore singolo potrà essere abbinato a borchie, tagli e strappi, tipici dei desideri giovanili e casual. E le fantasie? Queste rimangono sempre nei desideri della donna che ama vestirsi in maniera originale e personale senza essere condizionata dai dettami che ogni anno presentano variazioni, modelli e colori cangianti. E per
l’uomo? Gli stilisti, da Lanvin a Dior Uomo, da Emporio Armani a Versace, tutti sono d’accordo nello stabilire che la moda 2018 sarà etichettata dalle giacche che dovranno essere caratterizzate da spalle con pantaloni molto fluidi e larghi, a volte con cavallo basso il tutto unito a maglie e felpe oversize anche se continuerà a vivere la vestibilità morbida per sentirsi più comodi ed essere comunque alla moda. Per tutti questi la tendenza uomo è: silhouette morbida e atteggiamento disinvolto.
In collaborazione con SALONE MICHELA - Levico Terme
I TAGLI alla MODA per LUI A nche per gli uomini curare la propria immagine è sempre più fondamentale. E al di là di abiti, scarpe ed accessori, c’è un accessorio fondamentale cui non possono non prestare attenzione: i capelli. Quali sono dunque le tendenze per la moda 2018? L’invito per quest’anno è osare, sperimentare con la propria chioma e con la propria immagine, con creatività, ma sempre con stile. Naturalmente, per l’uomo a dominare è come sempre il taglio corto, così come l’undercut, il rasato e il rasato sfumato, per un aspetto sempre in ordine e ben curato. L’elemento di mag-
giore tendenza però sarà il maxi ciuffo laterale o centrale acconciato a regola d’arte, che sta molto bene abbinato ad un taglio rasato ai lati, ma anche ravviato ordinatamente all’indietro. Bene anche la frangetta lunga o dallo stile retrò. Ma oltre ai corti e cortissimi stanno tornando alla ribalta anche i capelli di media lunghezza, specie se un po’ mossi e sbarazzini, dall’effetto spettinato oppure wet, bagnato, e anche i capelli lunghi, il più possibili lisciati in modo da creare un effetto che risulti naturale. E barba e baffi come si porteranno nel 2018? Negli ultimi anni, la barba e i baffi hanno letteralmente spopolato, anche tra i giovanissimi, che hanno adottato un aspetto curato e un po’ hipster. A differenza degli anni passati però la barba molto lunga non sarà più un must; certo sarà ancora possibile portarla -sempre pulita, ben curata ed in ordine- ma saranno più di tendenza le barbe più contenute, per un look più naturale. In
particolare piacciono molto la barba a stoppino, facile da tenere, la barba Van Dick, (dal nome di un pittore olandese) dove barba e baffi sono quasi un tutt’uno e che conferisce un aria più intellettuale. Anche per i baffi vale la regola di maggior naturalezza; tornano quelli ispirati agli anni ’70, anche se qualcuno può osare con dei baffi ricurvi, che puntano verso l’alto, ancora più retrò. Infine le basette: meglio corte, o al più sfumate se si porta la barba lunga.
“Saggio colui che sceglie la natura, perchè la natura gli sarà riconoscente”
a e Sar a l e h Da sinistra: Ilenia, Mic
ORARI
LEVICO TERME - Vicolo Rocche, 42 - Tel. 0461 706347 - michelafuchs@yahoo.it
MARTEDÌ 8.15 - 12.00 / 14.00 - 18.30 MERCOLEDÌ 8.15 - 12.00 / 14.00 - 18.30 GIOVEDÌ 8.15 - 17.00 (continuato) VENERDÌ 8.15 - 12.00 / 14.00 - 18.30 SABATO 8.15 - 17.00 (continuato)
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BENESSERE&SALUTE Rolando Zambelli è titolare dell’Ottica Valsugana con sede a Borgo Valsugana in Piazza Martiri della Resistenza. È Ottico, Optometrista e Contattologo.
di Rolando Zambelli
LENTI A CONTATTO E BAMBINI L’uso delle lenti a contatto per correggere l’errore refrattivo non viene proposto ai bambini con la stessa frequenza con cui viene proposto agli adolescenti o agli adulti. Non solo viene proposto poco, ma anche lo stesso genitore è titubante nel fare applicare lenti a contatto ai propri figli. In realtà, anche grazie allo studio CLIP (Contact Lenses in Pediatrics) ha esaminato i vantaggi delle lenti a contatto per bambini o adolescenti. L'utilizzo delle lenti a contatto ha migliorato sensibilmente la percezione che essi hanno del proprio aspetto e la loro partecipazione a varie attività producendo un livello di soddisfazione maggiore rispetto alla correzione con l’occhiale, sopratutto nell’attività sportiva. Infatti i vantaggi principali sono: una migliore visione pe-
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riferica e un minor rischio di infortuni legati alla rottura degli occhiali quando si pratica sport. Un ulteriore vantaggio è la protezione ai raggi UV che una lente a contatto può dare. I danni provocati dall’espozione prolungata ai raggi UV sono cumulativi e a lungo termine è quindi importante iniziare da subito a proteggere gli occhi. Circa un quarto della quantità di raggi UV a cui l’occhio è esposto durante la vita viene assorbito nei primi 18 anni, inoltre i bambini hanno le pupille più larghe e il cristallino trasparente, sono quindi particolarmente vulnerabili essendo esposti ad una quantità annuale di radiazioni UV tre volte superiori a quella di un adulto. I bambini trascorrendo più tempo all’aperto sono maggiormente esposti alle superfici riflettenti come sabbia, acqua e neve, il rischio di danni oculari è maggiore. La sola lente a contatto, però non protegge completamente dai raggi UV, per avere una protezione oculare completa è bene far indossare ai propri bambini degli occhiali da sole con filtro UV.
In conclusione la lente a contatto è uno strumento da tenere in considerazione non solo per gli adulti ma anche per i bambini e gli adolescenti, soprattutto nell’ambito sportivo, poiché migliora la visione rispetto la correzione con l’occhiale e inoltre la LaC provvede anche ad un’importante protezione dai raggi UV. L'applicazione di lenti a contatto, in particolare in ambito pediatrico, dev'essere preceduta da una visita medico-oculistica al fine di escludere eventuali controindicazioni. Note Bibliografiche: - Young S, Sands J., - Werner JS., - Maddock J - Godar DE, Urbach F, Gasparro FP, - Young RW., - Bova LM, Sweeney MHJ, Jamie JF, Truscott RJW., “ - Sasaki H., - Walline JJ1, Jones LA, Rah MJ, Manny RE, Berntsen DA, Chitkara M, Gaume A, Kim A, Quinn N;
I NUMERI della S
econdo l’ultima relazione annuale del ministero della Salute al Parlamento - anno 2016/17, nel nostro paese si registrano oltre 15mila nuovi malati di celiachia (circa 5mila diagnosi in più rispetto all’anno precedente), ma sono oltre 400 mila i casi non ancora diagnosticati. E c’è sono altri dati sconcertanti: una persona su 100 è o potrebbe essere celiaca mentre quelli diagnosticati in Italia, grazie alla mappatura epidemiologica, sono circa 200 mila e nello specifico 140mila donne e circa 60mila uomini. Purtroppo la celiachia è una condizione permanente che colpisce circa l’1% della nostra popolazione e che si sviluppa quasi sempre in soggetti geneticamente predisposti. Malattia che da anni è stata classificata come cronica tutelata dalla Stato Italiano e che Il rapporto ci dice anche che la difficoltà nel diagnosticare forme di celiachia (soprattutto quelle si-
celiachia
lenti o atipiche) fa sì che a oggi questa patologia sia scoperta quasi esclusivamente “grazie” a sintomi, complicanze, patologie correlate. Da qui una vera e concreta collaborazione tra il Ministero della Salute con le Regioni e le Provincia. Un impegno costantemente mirato non solo a garantire il celiaco durante il percorso diagnostico, condividendo con le Istituzioni quanto necessario per indivi-
duare per tempo questa patologia, ma anche per il migliore utilizzo dei presidi sanitari necessari. E per una informazione completa utile ad individuare per tempo questa “crescente” patologia, riteniamo utile descrivere i possibili tipi di celiachia :Celiachia Tipica, Celiachia Atipica, Celiachia Silente, Celiachia Latente e Celiachia Potenziale. Capita, purtroppo che si arrivi molto tardi alla diagnosi di celiachia (o non vi si arrivi affatto) in quanto tendenzialmente, e non sono pochi i medici di base, ma anche i gastroenterologi, si è portati a curare i singoli sintomi anziché valutare come segnali di un quadro più complesso la compresenza di molti di essi. E quasi sempre questo errore diagnostico dipende dal paziente che non sempre descrive, con estrema precisione e dovizia di particolari, tutti i sintomi che si manifestano.
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Girovagando negli USA
Florida: lo Stato del sole splendente
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a Florida, situata nella costa orientale degli USA, è anche conosciuta come The Sunshine State, ‘lo Stato del sole splendente’. 230 è la media annuale dei giorni di sole in questa parte di mondo dal clima subtropicale. Nel 1513 lo spagnolo Juan Ponce de León, sbarcò sulle coste della Florida e così la denominò, in onore di quel particolare periodo dell’anno, la ‘Pascua Florida’ o festa dei fiori. La Florida è stata ufficialmente integrata agli Stati Uniti nel 1845. Fu teatro di guerre contro gli indiani Seminole, e della segregazione razziale della popolazione afro-americana. Oggi l’economia della Florida si basa principalmente sul turismo e sull'agricoltura. La Florida è famosa per la sua prolifica produzione di arance, tanto che il frutto è diventato il simbolo dello Stato. Celebre per le sue spiagge bianche ed il suo oceano blu, la Florida è anche famosa per i suoi parchi a tema e per ospitare il Kennedy Space Center, rinomato
Murales di Wynwood
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di Francesca Gottardi
centro della NASA. Le mete più conosciuta rimangono la zona di Miami ed Orlando, dove oceano, arte e divertimento si fondono in un amalgama scintillante.
MIAMI L’esagerazione a Miami è la parola d’ordine. Ville immense, yacht e posti esclusivi, Miami è una città piuttosto esclusiva. Il centro finanziario e amministrativo della città, chiamato Downtown Miami, è caratterizzato da lussuosi locali, alberghi e palazzi. La parte marittima di Miami si distingue nella South Beach (SoBe), festosa e trasgressiva, e nella North Beach, più tranquilla. Con le sue acque calde e cristalline, Miami Beach è il luogo perfetto per nuotare, fare surf e passeggiare tra i locali notturni e gli alberghi Art déco. Miami non è solo questo. Storicamente grande meta di immigrazione dal Sudamerica e da Cuba, il gusto latino è ovunque; sulle piste da ballo, in cucina e nell’architettura della città stessa. Little Havana è un intero quartiere a est di Downtown dedicato alla capitale cubana. Cammi-
Casa di Hemingway nando per le vie colorate del quartiere si possono assaggiare piatti tipici cubani, godere della musica dei suonatori di strada e cogliere i profumi dell’isola. Da non perdere anche i quartieri Design District e Wynwood, i posti preferiti degli hipster del posto e non solo. Molti sono gli spazi dedicati a gallerie d’arte e variopinti murales, che fanno di questi distretti luoghi di Miami legati all’innovazione artistica.
FLORIDA KEYS Imperdibili sono le Florida Keys, isole situate nell’estremità sud della penisola della Florida, a pochi chilometri di distanza in linea d’aria da Cuba. La Overseas Highway, una lunga e panoramica autostrada di 127 miglia, collega la Florida continentale con le varie isole Keys, in quello che è un lungo ponte sospeso sull’Oceano Atlantico, intervallato dalle varie isole.
boa rossa e nera ed è forse l’attrazione più fotografata di Key West.
Walt Disney World Le Keys offrono un ottimo clima tutto l’anno e presentano l'unica barriera corallina vivente negli Stati Uniti continentali. La più importante delle isole è senza dubbio Key West. Lo scrittore Ernest Hemingway scelse Key West come luogo di residenza, lì vi visse dal 1931 al 1940, la sua casa è aperta al pubblico. I discendenti del suo gatto a sei dita, che ancora preservano questa caratteristica, sono i padroni indiscussi della casa. Il punto più a sud degli Stati Uniti è segnato con una
ORLANDO Orlando è la capitale mondiale dei parchi a tema. Walt Disney World, Universal Studios e SeaWorld sono solo tra i più famosi dei parchi di Orlando. Ve ne sono anche di più eccentrici, come Holy Land (Terra Santa), un parco interamente dedicato alla rivisitazione di scene bibliche ricreate dal vivo. Il parco riproduce fedelmente i luoghi di culto Gerusalemme, in una cornice molto singolare. Orlando dista solo poche miglia dalla costa atlantica famosa per le turistiche spiagge di Daytona Beach e Cocoa Beach e la più tranquilla New Smyrna Beach F5. Queste spiagge sono molto amate dagli Americani per il surf e per il clima vacanziero che sempre si respira. All’apice della costa si estende la riserva naturale di Cape Canaveral, celebre per la visitabile Kennedy Space Center, sede della NASA. Qui sono avvenuti tra i più importanti lanci spaziali, a partire da quello del razzo Saturn V, che nel luglio 1969 ha portato i primi uomini sulla luna.
Walt Disney World Il Walt Disney World è la punta di diamante dei parchi a tema di Orlando. Una perfetta fuga dalla realtà e un’icona indiscussa degli USA. Il mondo di Walt Disney si estende per 100 kmq e comprende sei parchi a tema separati, ma ben collegati fra loro. Le attrazioni consistono in giostre, spettacoli e rappresentazioni del mondo Disney. Il più celebre tra i parchi è il Magic Kingdom, il parco del famoso castello di Cenerentola, delle principesse e dei personaggi Disney. Il mondo Disney è contorniato dai resort Disney, luoghi di pernottamento che ricreano la magia Disney attraverso attrazioni e attività correlate.
A Baselga di Pine’ 28 - 29 Aprile
XIV FESTIVAL DELLA CANZONE EUROPEA DEI BAMBINI
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utto è pronto per il XIV Festival della Canzone europea dei Bambini, momento conclusivo del concorso Un Testo per noi, promosso dall’Associazione Coro Piccole Colonne e rivolto a tutte le classi primarie d’Italia e del mondo (purché in esse si studi l’italiano). L’evento è strutturato in due spettacoli e si svolgerà sabato 28 (alle 20,30) e domenica 29 aprile (alle 15.00) all’Ice Rink di Baselga di Piné,in collaborazione con l'Apt Altopiano di Piné e Valle di Cembra, l'Ice Rink Piné, la Comunità Alta Valsugana e Bersntol, il Comune di Baselga di Piné, la Provincia Autonoma di Trento e la Regione Trentino Alto-Adige. Presentatore di quest’anno sarà nuovamente Lorenzo Branchetti (che già aveva condotto il Festival nel 2016), noto ai più piccini come il sim-
patico folletto Milo Cotogno, protagonista dello storico programma “Melevisione” in onda su Rai Yoyo. Il bando di “Un Testo per noi” ha invitato i bambini a ideare e comporre, con la guida del proprio insegnante, le parole di una canzone: gli undici componimenti selezionati dalla giuria tecnica tra 251 partecipanti (numero che rappresenta il record di partecipazione nella storia del concorso), sono stati realizzati da classi provenienti da tutta Italia dalla Slovenia e pure dall’Argentina, musicati da grandi artisti del panorama nazionale e, infine, dopo essere stati raccolti nel CD “E’ davvero un tesoro” appena uscito, saranno cantati durante il festival dal Coro Piccole Colonne, composto da una trentina di bimbi tra i 6 e i 14 anni. Coreografia e animazione delle canzoni spetterà invece alle classi autrici, che saranno chiamate a sfoderare la propria fantasia e creatività. Per maggiori informazioni: www.piccolecolonne.it http://festival.piccolecolonne.it Anche su YouTube e Facebook Ufficio stampa: Koiné Comunicazione | Ilaria Tonetto Mob. 348 8243386 | www.koinecomunicazione.it
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MATTEO FERRARI da “Quelli di Grock” al Musical
di Alessandro Dalledonne on il suo coro, gli Highlights di Pergine che dirige dal 2014, Matteo Ferrari si è esibito già un paio di volte a Borgo. Lo scorso anno in occasione del Palio dela Brenta, poi, durante le feste di fine anno nel Tempio Civico di Sant’Anna. Più recentemente al teatro scolastico in occasione della consegna dei diploma del corso per volontari del Gruppo Gaia. Classe 1984, borghesano doc, fino a dieci anni fa era uno dei tanti giovani del paese impegnati nel percorso scolastico. Dopo due anni al Liceo Scientifico di Borgo, altri tre al Rosmini di Trento, e due anni di Università (il primo alla Cà Foscari di Venezia, il secondo a Trento), nel 2008 la sua vita prende una piega ben diversa quando decide di iscriversi alla Scuola di Teatro “Quelli di Grock” di Milano. «Fin da piccolo amavo la musica, la danza, e la recita - dice Ferrari -. Un sogno nel cassetto che a 21 anni sono riuscito a far diventare realtà». Alle spalle già 24 esperienze teatrali (Bologna, Trieste, Benevento, Roma, Trento), altrettanti spettacoli e tournèe che lo hanno visto calcare molti palcoscenici dell’Italico stivale. «Sono affascinato dal musical anglosassone - dice ancora -. L’ho conosciuto quando, dopo la scuola a Milano, ho avuto la possibilità di frequentare la Bsmt (Bernstein Scholl of Music Theatrer) di Bologna. Tre anni fulltime, dalle 9 alle 13 ore di lezione al
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Foto Lisa Pohl giorno, tanto impegno, grande fatica per portare a casa il diploma professionale di Musical Theatre». Il 2011 per Matteo è l’anno della svolta. Passa dalla teoria alla pratica con in testa la grande passione per il musical anglossassone. Dopo qualche spettacolo decide di partecipare a un casting con un produttore di Broadway della Warner che cerca personale per il Musical “Snoopy”. Con Larry Grossman Ferrari registra anche un cd, un anno di lavoro intenso. Per due anni e mezzo vive a Roma e si avvicina al mondo della scuola facendo praticantato. «Sono stati anni davvero impegnativi - racconta - in cui la mia settimana era divisa tra gli impegni romani, dal lunedì al mercoledì, e quelli in Trentino». Con molte scuole primarie, infatti, iniziano delle collaborazioni per portare in aula laboratori di canto, dizione, e di teatro musicale. Borgo, Castelnuovo, Strigno, Roncegno, Pergine. Grigno, Vezzano, Scurelle, ma anche Padova, Roma, e San Lazzaro. Con la regista Teresa Pascarelli, autrice di diversi sit-com teatrali bilingui (italiano e inglese) inizia una collaborazione che lo vede protagonista, insieme ad altri attori, dei workshop per ragazzi messi in scena in vari teatri d’Italia. Uno di questi è il Sistina di Roma. Matteo Ferrari si cimenta anche nel ruolo di doppiatore: lo fa in quattro occasioni per la serie “Fumbles” con Jb Productions, la De Agostini, e il Teatro
dei Servi Disobbedienti. Dal 2014, poi, l’insegnamento lo occupa quasi a tempo pieno: sia Trento con l’Estroteatro che a Castelfranco Veneto con l’Art Voice Academy di Diego Basso. A Borgo Valsugana Matteo ci torna spesso e volentieri. Nel 2013, per la Stagione di Prosa, ha portato in scena “A Musical Theatre Performance” esibendosi, con alcuni progetti solistici, anche a Telve, Larido, e in altri teatri trentini. Nei mesi scorsi, con la Banda Civica di Borgo, ha portato in scena sia a Borgo che a Calceranica al Lago, lo spettacolo “Pinocchio, storia di un burattino”, e a Olle è stato protagonista di uno spettacolo teatrale. A Trento, poi, presso la Sala della Filarmonica ha portato in scena lo spettacolo “L’evoluzione del musical”, una lezione-concerto, dal 1728 ai giorni nostri, scritta in pochi mesi, nel 2017, per le scuole. Sul palco anche Nella Hristova, al pianoforte, Giovanni Trivella alla chitarra, Nicola Ziliani al contrabbasso, e Alessandro Darsinos alle percussioni.
Da parte delle SCI CLUB CIMA XII - OLLE, ci giunge questo articolo che volentieri pubblichiamo
GRANDE IMPEGNO E RISULTATI ANCHE PER LO SCI NORDICO E LO SKIALP
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ontinuano le attività dello Sci Club Cima XII e incominciamo a raccontarle dallo Sci Nordico che grazie alla passione e alla tenacia di Sara, responsabile del settore, seppur con un piccolo gruppo di 6 atleti, continua a portare alto il nome dello Sci Club olato. Da alcuni anni la collaborazione con lo Sci Club di Scurelle (che ringraziamo sentitamente) permette ai nostri di allenarsi sulle piste della Val Campelle dove, sempre accompagnati dall’instancabile Marco Rosso, i nostri piccoli, grandi atleti si sono recati da gennaio in poi due volte alla settimana, anche di sera, grazie alle piste illuminate! È doveroso rivolgere un grosso e sincero ringraziamento, da parte di tutti, a Marco «perché senza di lui non esisteremmo!», come ha sottolineato qualcuno. Grande l’impegno e la costanza dei nostri che, partecipando a diverse gare, sono sempre stati premiati da buoni risultati, con soddisfazione di tutti. Le gare sono incominciate in gennaio a Brentonico e poi a Tesero con la Skiri (ex Topolino), per continuare in febbraio a Lenzumo, e in Val Campelle con la Gara Sociale. Marzo è stato caratterizzato da una gara Fisi, sempre in Val Campelle, con un tracciato tipo gimkana, molto divertente e apprezzato dai partecipanti. La prossima e ultima gara sarà il Trofeo Laurino al passo Lavazè. E qui vogliamo spendere poche parole per convincere altri bambini, ragazzi, e non solo, a intraprendere questa attività nelle file dello Sci Club Cima XII: la compagnia, il fare gruppo, il contatto con la neve, e la natura, le amicizie che si creano valgono la fatica che questo sport richiede… provare per credere! Concludiamo, ultimo, ma non per questo meno importante, anzi, con lo SkiAlp: ecco il resoconto della stagione de “Le Favolenze” così come l’ha vista
e vissuta il nostro Agostino Pasqualini. «Abbiamo partecipato a parecchie gare in Trentino e fuori regione con il solito Camillo Campestrini a primeggiare nella categoria Master. Si sono comportati bene anche Andrea Mattiato e Alessandro Landolfi nella categoria Senior. Comunque, la cosa più interessante della stagione, a parer mio, è stato l’arrivo in squadra di Stefano Dalvai, ragazzo che si è subito fatto voler bene da tutti e che, pian pianino, è riuscito a partecipare ad alcune gare, tra le quali la tre giorni “Epic Ski Tour” con risultati di assoluto rilievo per essere il primo anno; la sua caparbietà lo ha portato a essere uno sportivo in tutto e per tutto e a non mollare mai, come dice sempre la sua compagna Valentina. Inoltre, la sua presenza ha portato una ventata di allegria e di amicizia in tutto il gruppo, il che non guasta!». E non finisce qui, i nostri Sci Alpinisti vi aspettano numerosi alla 4^ edizione della Superziolina che si terrà in occasione della Festa del Palio dela Brenta a Borgo!
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SESTO ELEMENTO 1998-2018 Vent’anni sulle VIe del rock di Alessandro Dalledonne
mbre Randagie è l’ultimo lavoro della band. Loro sono i Sesto Elemento, un gruppo musicale levicense che quest’anno festeggia i 20 anni di vita. Tutti rigorosamente vissuti sulle VIe del rock. Da quando, nel 1998, alcuni amici decisero di trovarsi a suonare. Il primo quartier generale fu negli scantinati dell’Hotel Cristallo di Levico, grazie all’ospitalità di Daniele Acler, da poco avvicinatosi alla chitarra. Con lui anche Luca Lorenzi, Alessandro Sester, Simone Magri, e Alessandro Andreello. Decisero di chianarsi “Comerider” che, in chiave dialettale, significa “Suoniamo per ridere e divertici”. Ben presto due delle tre chitarre decisero di abbandonare il gruppo e fu chiamato Raffaele “Jimmy” Cetto alla chitarra solista. Alle porte della prima uscita pubblica, nell’aprile 1999 in piazza a Levico, anche Luca Lorenzi abbandona la formazione, al suo posto arriva Roberto Pasquini, fino ad allora insospettabile voce. Nella primavera del 1999 arriva anche il tastierista Matteo “Kabra” Lorenzi con il gruppo che fa da spalla agli amici del Fantida con un repertorio di pezzi propri (oltre a “Fravort” già presente nel primo live) e le nuove idee portate da Matteo e Roberto. Nel 2000 lascia anche Daniele Acler e la band cambia nome: diventa il Sesto Elemento (con acronimo VIe) proprio perché sembrava essere giunto il momento di dare la svolta, scrollandosi di dosso l’etichetta di “gruppetto”. Se ne va anche Sester, arriva Daniele Moschen, protagonista con il gruppo, durante il biennio 2002-2003, di svariati concerti lungo la Valsugana. Nell’autunno del 2004, poco dopo la registrazione del primo singolo “Cielo nel cielo”, Roby se ne va. Matteo diventa la voce abbandonando le tastiere. Passano gli anni. Nel 2006 lascia la band anche Jimmy, rimpiazzato, in autunno, da Emiliano “Tallu” Mazzagatti, con i Sesto Elemento impegnati in vari concerti in Valsugana nell’estate del 2007. Poi, nei primi mesi del 2008, si torna alla line-up con lo scarno trio composto da Matteo alla voce e chitarra, Simone al basso, e Daniele alla batteria. I dieci anni di vita vengono festeggiati con il primo cd “Arie Insane”, una raccolta dei principali pezzi storici reinterpretati e registrati dal trio. Un nuovo punto di partenza che rilancia i Sesto Elemento. A dar man forte alle tastiere arriva Stefano “Squizzo” Quiri (già nel giro del gruppo in qualità di mixerista), con Franco Perini che collabora come fonico. Nel settembre del 2010, dopo varie ricerche, la formazione accoglie il chitarrista Michele “Lesto” Pasquali. Arrivano nuove composizioni e riconoscimenti in tutta la regione. Tra un'esibizione e l’altra, c’è la registrazione del secondo cd “Squame” (pubblicato postumo nel 2015) che però si bloccò a inizio 2013 quando “Lesto” decise di rinunciare al progetto Sesto Elemento.
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La formazione prima dell'esordio ufficiale a Levico
Sesto Elemento in sala prove a Campiello
Bosentino, concerto al WICO bar
Taio, Rocking Street Festival
Pochi mesi dopo ecco un nuovo arrivato: Michele Virgilio che ci mise pochissimo a entrare in sintonia con il gruppo già rodato. Durante l’autunno e l’inverno 2013-2014 il quintetto porta avanti una grande e intensa attività in sala prove per farsi trovare pronto per la stagione estiva. Alle porte del 2015 l’uscita dal gruppo di Stefano Quiri apre una riflessione sull’impronta che si voleva dare al nuovo corso dei Sesto Elemento. Alla fine arriva Mario Gaigher, storico chitarrista levicense degli Alfa 48 che accetta di
buon grado la sfida. L’impostazione diventa sempre più rock con l’inserimento di molte cover pescate dai grandi classici del panorama italiano e internazionale. L’ultimo biennio si rivela uno dei più prolifici in termini di esibizioni live, costellato da moltissime uscite e un crescente riscontro. Nuove canzoni, tanti apprezzamenti: era il momento di tornare a “fermare” questi nuovi brani e si decide di incidere un nuovo disco in forma di Ep con 6 brani inediti. Ombre Randagie vede la luce nell’estate
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del 2017, un lavoro in cui si percepisce la maturazione e la predisposizione al rock di matrice italiana tipico degli anni ‘90: Timoria, Litfiba, Rats, Ritmo Tribale, Estra, con richiami al rock internazionale dei Pink Floyd, Deep Purple, Scorpions, Neil Young... I testi, mai banali, sono storie di vita vissuta e per questo risultano diretti, anche se non immediati. Cercate i Sesto Elemento sulla pagina facebook SestoElementoVIe o sul sito web: www.sestoelemento.altervista.org
Levico Terme
Presentata la tesi sulla SPA alla Masera
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i è svolta lo scorso 7 marzo la serata “Una nuova vita per la Masera”, dedicata all’incontro con Federico Dallago, neolaureato che ha per l’appunto realizzato una tesi di laurea nella quale immagina un meraviglioso futuro per la Ex Macera tabacchi di Levico Terme. Grazie alle sue capacità e agli studi in Ingegneria edile e architettura terminati proprio all’inizio di questo 2018, Federico ha immaginato che la gigantesca struttura, abbandonata da tempo, sia nel prossimo futuro trasformata in una moderna e accattivante SPA, dotata di terme, piscine di acqua calda, sale fitness, meditazione e anche di un ristorante all’ultimo piano. Il progetto, un’esercizio di stile per completare il percorso universitario, ha visto lo studente, classe 1992, dedicarcisi per una decina di mesi tra elaborazione dell’idea, recupero delle informazioni sulla storia e sulle attuali condizioni dello stabile, elaborazione del progetto e fase definitiva (che ha visto la scrittura della tesi, il rendering del video, l’elaborazione
delle presentazioni). L’idea di tramutare l’edificio in cui si essiccava il tabacco in un edificio dedicato al benessere e alla cura di sè stessi è frutto di un’attenta analisi. «Da un lato c’è la storia di Levico come località termale curativa» ha spiegato il neo-laureato al numeroso pubblico in sala. Ma non è tutto. «Mi sono chiesto cosa mancasse a Levico e, più in generale al Trentino. E mi sono accorto che strutture come le grandi terme di Merano, dell’Aquadom a Bressanone o altri complessi di questo genere non sono ancora stati realizzati nella nostra provincia». Da questa consapevolezza è nata l’idea fantasiosa di realizzare quindi una SPA a Levico, punto di attrazione sia per il turismo sia per la popolazione locale, costretta a spostarsi a lungo per trovare strutture in grado di offrire servizi come questi. Federico Dallago ha ottenuto il punteggio massimo grazie a questo interessante progetto, e ora affronterà gli Esami di Stato per divenire Ingegnere e Architetto. (E.C.)
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Levico Terme
IL GRUPPO MICOLOGICO BRESADOLA B.CETTO
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na fra le più attive ed amate associazioni levicensi, è senza dubbio il gruppo Micologico Bresadola “B.Cetto”, guidata con grande dedizione, competenza ed entusiasmo fin dalla sua fondazione avvenuta nel 1976, dal presidente Marco Pasquini. I soci attualmente sono quasi 300 non solo di Levico e frazioni ma anche da diverse altre città italiane. Recentemente si è tenuta l’assemblea generale ordinaria alla quale hanno partecipato una sessantina di iscritti. In apertura dei lavori il presidente ha ringraziato i vari enti e le persone che hanno contribuito a rendere attuabile il nutrito programma di attività, ricordando in particolare le uscite micologiche, le mostre dei funghi e dei fiori, la “strozegada de santa Luzia” e tante altre. Anche il progetto per il 2018 prevede una nuova serie di iniziative che ricalcano sostanzialmente quelle dello scorso anno. Ecco le principali: 17 giugno uscita naturalistica in una regione ancora da stabilire. 24 giugno uscita micologica in zona di Torcegno con base al baito di Romeo; 7 e 8 luglio 31^ mostra dei fiori di montagna a Levico; 22 luglio uscita micologica nei boschi di Vetriolo; 4 e 5 agosto “Funghi d’oro” mostra micologica a Levico Terme; 26 agosto uscita micologica in val di Sella; 8 e 9 settembre 43^ mostra micologica a Levico Terme; 16 settembre uscita naturalistica in località da definire; 30 settembre mostra micologica a Telve Valsugana in occasione della Sagra di San Michele; 14 ottobre 17^ giornata micologica nazionale - festa del socio con pranzo di chiusura della stagione. 12 dicembre 40^ strozegada de Santa Luzia. Nei mesi di luglio, agosto e settembre, ha poi ricordato il presidente, la sede sarà aperta dalle 20 alle 21 nei giorni di lunedì, giovedì e sabato, per il servizio di informazione e consulenza micologica per tutti. Inoltre, durante tutto il periodo estivo funzionerà l’esposizione di funghi freschi nelle vetrinette di viale Dante e presso il ristorante “Il cacciatore” ai Prati di Monte. Poi il segretario Roberto Coli, per conto del carriere Amos Cetto, ha illustrato il bilancio al 31 dicembre 2017 che chiude in leggero attivo. Hanno quindi preso la parola il consigliere provinciale Gianpiero Passamani e l’assessore Werner Acler e, al termine, è stato offerto a tutti gli intervenuti in piccolo rinfresco.
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I FANTI IN ASSEMBLEA Levico Terme
Alla presenza di una quarantina di soci, si è svolta presso la propria sede a Barco, l'annuale assemblea degli iscritti alla sezione levicense del Fante. Dopo il saluto di benvenuto e la nomina di Paolo Andreatta a presidente dell'assemblea, il vice presidente dell'associazione Andrea Paoli a nome del presidente Orsingher impossibilitato a partecipare, ha tenuto un'ampia relazione sull'attività svolta nel 2017 mettendo in risalto le principali iniziative portate a termine. Poi ha illustrato il programma per l'anno 2018 evidenziando in particolare la più significativa delle manifestazioni, la commemorazione dei Caduti della battaglia del Basson che si terrà, come ogni anno, a Passo Vezzena nel mese di agosto. Gli iscritti alla sezione del Fante di Levico, ha continuato, sono ben 78 e provengono da tutta la Valsugana. Sono seguite le relazioni del segretario Enzo Natale e del cassiere Enrico Fontana. Presenti ai lavori anche il sindaco di Levico Terme Michele Sartori e il consigliere provinciale Gianpiero Passamani che hanno lodato lo spirito di iniziativa di questa attiva associazione. (M.P.)
NOVALEDO Il Gruppo Alpini di Novaledo ha rinnovato il proprio direttivo che resterà in carica per i prossimi due anni. Capogruppo è stato riconfermato Domenico Frare, così come anche il suo vice Giamino Margon è stato riconfermato. Queste le altre cariche: Cassiere Lorenzo Baldessari, segretario Ivan Pallaoro. Questi i consiglieri, fra riconfermati e di prima nomina: Andrea Pallaoro, Fiorenzo Margon, Italo Dalprà, Salvo Rapisarda, Stefano Carlin, Vanni Nervo, Mario Pedenzini, Vigilio Cestele, Attilio Pallaoro e Fabio Cestele. (M.P.)
GAL del Trentino Orientale
di Chiara Paoli
Distribuiti altri 2 milioni e mezzo di euro
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l 7 marzo sono state pubblicate le ultime due graduatorie dei bandi proposti nel 2017 da parte del Gal del Trentino Orientale, che il 22 marzo festeggia anche il suo primo anno di attività. I due bandi che chiudono in bellezza il primo ricchissimo anno di questa realtà sono: quello per gli “Interventi di riqualificazione delle infrastrutture turistiche”, azione 7.5 e quello per la “Tutela e riqualificazione del patrimonio storico - culturale del territorio”, azione 7.6. Molte realtà hanno potuto ottenere sostanziosi contributi grazie alla Strategia di Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo definita “I grandi cammini sulle tracce della storia”. 17 quelle che hanno ottenuto aiuti, partecipando al primo bando citato, che metteva in palio 1.500.000 €. Tra di essi il Comune di Roncegno riceve 135.272 € per la realizzazione di un itinerario turistico-sportivo e circuito golfistico, Telve ottiene 60.022,274 € per il progetto “Dal fondovalle ai monti Nuovi percorsi di mobilità alternativa” e 145.694,79 vanno al programma di completamento e manutenzione del percorso escursionistico presentato dal Parco Paneveggio Pale di San Martino.
Si aggiudicano 40.000 € rispettivamente: la Comunità di Primiero per provvedere alla predisposizione della segnaletica per un nuovo percorso bike e per sistemare quelli già esistenti, il Comune di Palù del Fersina per la riqualificazione dell’edificio accessorio miniera-museo Gruab va Hardimbl e il Municipio di Scurelle per completare il Parco tematico sull'acqua in Val Campelle. La stessa cifra viene concessa ai Comuni di: Caldonazzo per la realizzazione di un punto informativo turistico, Frassilongo per il progetto di riqualificazione dei percorsi turistici e Baselga di Pinè per nuova segnaletica per percorsi ciclopedonali. La Comunità Alta Valsugana ottiene 36.560 euro per il progetto di comunicazione “Lagorai Parco Miniere”, il Comune di Sagron Mis ottiene 165.760 € per la Valorizzazione eco museale dell'Alta Valle del Mis: riqualificazione di sentieristica ciclopedonale, punti di osservazione panoramici e bike point. Per la strada "Coradela", il Comune di Primiero San Martino di Castrozza ottiene 137.413,74 €, mentre quello di Folgaria ne incassa 62.657,01 per il recupero del percorso turistico Mulino Novo. 21.680 € sono riservati al progetto accoglienza digitale del Comune di Mezzano e quello di Frassilongo potrà averne 79.776,59 per il recupero e la riqualificazione dei percorsi tematici.
Otto invece quelli che potranno godere dei finanziamenti grazie all’azione 7.6 che aveva come limite di spesa, il milione di euro. Tra questi l’Istituto di Cultura Mòchena che ottiene 41.150,47 € per la realizzazione della segnaletica presso gli edifici museali, l’APT Pinè Valle di Cembra che potrà fruire di 23.989,98 € per il progetto “Buongiorno sono Francesca”. Il Comune di Calceranica al lago si aggiudica 176.207,63 € per l’allestimento ed i lavori presso la miniera; 114.119,16 € vanno a quello di Telve per il recupero di Castellato e 199.044,91 al municipio di Lavarone per il nuovo centro didattico culturale. Al Forte Colle delle Benne e Busa Grande di Levico vengono assegnati 29.279,20 €, mentre 199.987,70 € vanno al Comune di Baselga di Pinè, per essere investiti nei lavori presso l’Albergo Alla Corona: museo del turismo trentino. Gli ultimi 200.000 € vanno al Comune di Primiero San Martino di Castrozza per la Casa del cibo a Palazzo Scopoli. Il Gruppo Azione Locale del Trentino Orientale si è rimesso in moto ed ha promosso un nuovo ciclo di incontri sul territorio per comunicare i risultati sinora raggiunti e mietere nuove dichiarazioni di interesse progettuali.
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Caldonazzo IL “MIRACOLO” DELLA CROCE COSTRUITA DAI BACHI DI SETA bbiamo da poco festeggiato la solennità della Pasqua e per questo ci sembra opportuno ricordare un evento che si addice a questa ricorrenza perchè ne è protagonista la Croce. Si tratta di un fatto eccezionale e senza precedenti del quale ancora oggi le persone non più giovani ne parlano e che sarebbe avvenuto a Caldonazzo nel lontano 1923 in via della Villa, in casa di Gilio Martinelli. Era il tempo in cui i bachi da seta, normalmente chiamati “cavaléri”, passavano alla fase più importante, quella della costruzione del bozzolo. Mentre tutti i bruchi di casa Martinelli si appartavano fra i sarmenti posti sui grandi tavoli per facilitarli in questo loro lavoro, otto bachi si allontanavano dal gruppo e si portavano su di un ripiano posto in un angolo dello stesso stanzone dove costruirono, anziché il tradizionale bozzolo, una grande croce perfettamente regolare di circa 150 centimetri di altezza e 70 di larghezza. Un fatto straordinario che molti all’epoca amavano parlare di “miracolo”. La figlia di Gilio, signora Tullia Martinelli coniugata Begher, classe 1924, e la sorella Emma, classe 1920 che abitavano nella stessa casa al civico 28, erano rimaste tanto emozionate per questo fatto che a tutti
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ricordavano che quando erano bambine, la sua casa fu per diversi anni luogo di preghiera e di devozione non solo fra la gente del posto ma anche per tanti devoti che venivano in processione da altri paesi della Valsugana. Alcuni decenni più tardi quella croce, incorniciata e protetta dal cristallo in una vetrinetta, fu donata dalla famiglia alla Chiesetta dedicata a San Rocco situata a Monterovere sull’altopiano di Lavarone, costruita nell'anno 1884 dalla comunità di Caldonazzo quale voto per lo scampato pericolo del colera dell'anno 1855. La chiesetta è passata poi di proprietà della comunità di Luserna. Nella parte bassa della croce, due scritte: “Da otto bachi fui tessuta, di Gesù parlo benchè son muta“ e, a destra, la data: “Caldonazzo 26 giugno 1923”. La croce è rimasta lì per lunghi decenni ma poi, alcuni anni fa, come ci ha testimoniato di recente l’ex parroco di Luserna don Enrico Pret, venne affidata ad una artista restauratrice perché provvedesse ad una generale pulizia. Ora quella straordinaria croce è stata restituita e si trova, sempre custodita nella sua urna originale, appesa ad una parete della sagrestia di Luserna dove tutti la possono osservare.
PERGINE
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iù di cinquanta iscritti all’Auser di Pergine guidati dal presidente Elia Bernardi, hanno partecipato lo scorso 8 marzo alla “Festa della Donna” organizzata dalla stessa Associazione presso la propria sede in via Tre Novembre. All’appuntamento hanno partecipato soci di ambo i sessi che hanno poi danzato allegramente con le musiche di Mirta e Umberto. L’appuntamento si è concluso con un’abbondante merenda offerta dall’Associazione a tutti i presenti. (M.P.)
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LE CRONACHE
di Mario Pacher
LE CRONACHE
Barco di Levico
PENSIONATI IN ASSEMBLEA
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ecentemente si è svolta a Barco l’assemblea degli iscritti al locale Gruppo Pensionati. Dopo il saluto di benvenuto a soci ed autorità, la presidente Elda Gina Moser ha fatto osservare ai numerosi intervenuti, un minuto di silenzio in memoria dei soci che nel 2017 hanno concluso la loro vita terrena. Ha ricordato poi che nell’anno da poco trascorso ricorreva il 30^ di attività del Gruppo, essendo stato fondato nel 1987 per volontà di alcune persone capeggiate da Ester Giongo, che fu poi anche alla guida fino all’anno 2000. Ha quindi elencato le varie iniziative portate a termine nel 2017 e presentato il programma per l’anno 2018 che comprende, fra l’altro, anche i festeggiamenti per il 30^ di fondazione.(M.P.)
BRAVA CORINNA Levico Terme
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n occasione della festa dei compleanni che presso l’APSP di Levico Terme si tiene sempre nel pomeriggio dell’ultimo venerdì del mese, è stata pubblicamente ringraziata e premiata la signora Corinna Costa per i suoi 25 anni di volontariato. A dirle grazie per la sua disponibilità ed impegno a nome dell’Istituto, è stata la signora Cristina Trentini nella sua qualità di membro del consiglio direttivo. Un ringraziamento è venuto anche dalla signora Mara Sandri in rappresentanza del Gruppo famigliari degli ospiti. Corinna infatti da ben un quarto di secolo è sempre disponibile in maniera del tutto disinteressata, due giorni alla settimana e anche in altre giornate su richiesta, ad aiutare gli ospiti dell’Istituto nell’accompagnarli nelle passeggiate, alle visite mediche, a far loro compagnia ed altro ancora. E poiché in quella stessa giornata la signora Corinna festeggiava pure il compleanno, ha voluto portare dei dolci caserecci per offrirli a tutti gli ospiti dell’Istituto. (M.P.)
Come Eravamo
LEVICO TERME In occasione dell’adunata nazionale degli Alpini che si terrà a Trento nel mese di maggio del corrente anno, gli alpini di Levico che prestarono solenne giuramento alla Patria nel 1963, appartenenti al 12^ CAR 4^ plotone di Montorio Veronese, desiderano ricordare quel lontano momento che fa parte dei ricordi del loro passato. Eccoli da sinistra in alto: Aldo Arnoldo, Roberto Dietre, Renzo Passamani, Ferruccio Galler, Arturo Dalvai e Attilio Bampa. (M.P.)
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Che tempo che fa a cura di Giampaolo Rizzonelli
Il FREDDO IN TRENTINO E IN EUROPA DI FINE FEBBRAIO INIZIO MARZO 2018 Da dove ha avuto origine l’aria fredda continentale che ha raggiunto il Trentino e gran parte d’Europa tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo? Si è trattato di uno “Stratwarming” (in italiano “Riscaldamento Stratosferico” fig. 1), ovvero un forte innalzamento della temperatura della stratosfera nei pressi del Polo Nord che ha generato una vasta alta pressione portando alla spaccatura in due parti (“split”) del Vortice Polare. Questa spaccatura del Vortice Polare ha avuto come conseguenza una rapida discesa di due aree di bassa pressione verso Sud, una di queste dalla Siberia ha raggiunto l’Italia. Alcune nozioni di base sul Vortice Polare e sugli scambi di temperatura tra le diverse latitudini della Terra. Vortice Polare: è una zona di bassa pressione che staziona in modo quasi permanente sopra il Polo Nord (ne esiste uno analogo al Polo Sud) che è par-
stratwarming - fig.1
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ticolarmente “forte” nella stagione invernale, è caratterizzato da temperature molto basse. Va innanzitutto detto che se non ci fossero interazioni tra le masse d’aria fredda presenti ai poli e quelle calde presenti nella fascia equatoriale, probabilmente la terra non sarebbe abitabile in quanto contraddistinta da zone troppe fredde e troppo calde. Questa circolazione di masse di aria viene definita con il termine “Circolazione Generale dell’Atmosfera” ed è schematizzata nelle figure 2 e 3. Per riequilibrare il differente gradiente termico su scala planetaria, l'atmosfera terrestre spinge le masse d'aria a spostarsi tra l'equatore e i poli. Lo spostamento non è però diretto, bensì intervallato da zone di bassa e alta pressione, va inoltre detto che la Forza di Coriolis dovuta al moto di rotazione della Terra, devia le masse d’aria. La circolazione generale dell’atmosfera si può riassumere in “tre celle”; La cella di Hadley, detta anche sistema equatoriale, si estende dalla fascia equatoriale a quella tropicale ed è una cella convettiva. A causa del riscaldamento solare si crea una corrente ascensionale calda che lascia in basso una zona di bassa pressione, detta calma equatoriale, nei pressi dell'equatore. Una volta in alta quota, le correnti calde si spostano progressivamente verso le medie latitudini, nel nostro emisfero verso Nord, durante questo spostamento la massa d'aria si raffredda e ridiscende verso la
superficie terrestre in corrispondenza delle latitudini subtropicali (fra 25°-35° lat.). Si creano due aree anticicloniche sopra gli oceani come l’Anticiclone delle Azzorre e l'Anticiclone subtropicale africano, una volta raggiunta la bassa quota, la massa d'aria fredda comincia a spostarsi nuovamente verso le zone di bassa pressione, verso l'equatore (alisei) e le regioni subpolari (controalisei o venti occidentali). La cella di Ferrel, detta anche sistema temperato, si estende sulle medie latitudini. Dalla zona di alta pressione tropicale (25°-35° lat.) le masse d'aria si spostano verso le basse pressioni subpolari poste alle medie latitudini (35°60° lat.) dando luogo ai venti occidentali. La cella Polare, detta anche sistema polare, si estende sulle alte latitudini subpolari fino al circolo polare artico. La massa d'aria calda sopra la zona di bassa pressione subpolare comincia a salire verso l'alto. La massa d'aria in alta quota comincia a raffreddarsi e si sposta verso il circolo polare dove, in virtù del minore irraggiamento solare, torna a cadere a bassa quota. Ognuna di queste celle comunica con le altre scambiando masse d’aria con temperature e umidità differenti, questo scambio avviene grazie al “Jet stream” o correnti a getto.
LE CORRENTI A GETTO E LE ZONE DI CALMA Le correnti a getto sono venti molto forti che si formano in alta quota. Si tratta di correnti occidentali che si muovono da Ovest verso Est seguendo i paralleli, deviando per effetto del moto di
circolazione generale atmosfera - fig. 2
rotazione terrestre (Coriolis…). Le correnti a getto più importanti sono quella subtropicale al 30° di latitudine e quella del fronte polare tra il 50° e 80° di latitudine. Le correnti a getto influiscono sulla formazione degli anticicloni nelle medie latitudini e non da ultime sono quelle che “spingono” gli aeroplani nelle rotte intercontinentali.
COSA È SUCCESSO QUINDI A FEBBRAIO? Gli anticicloni subtropicali, sono saliti fino al Polo e hanno portato il calore in essi contenuto nella stratosfera provocando un aumento della temperatura. Quando il riscaldamento stratosferico è veramente molto forte, le temperature salgono anche di oltre 40/50°C, in questo caso si parla di “Midwinter Major Warming”, a febbraio 2018 la temperatura è aumentata a circa 30 km dal suolo raggiungendo anche 0°C (quando solitamente è compresa tra -50°C e -80°C). Si è quindi creato uno stravolgimento della circolazione atmosferica troposferica portando l’inversione dei venti da zonali ad antizonali (da Est verso Ovest). Non sempre per l’Italia ci sono delle ripercussioni a seguito di questi eventi, ma nel passato ci sono stati alcuni riscaldamenti stratosferici che si sono propagati in troposfera, come nel febbraio 2012, gennaio 1985 e inverno 1929.
In questi casi si verificano delle irruzioni gelide di aria artico-continentale molto fredda anche a livello del suolo e non solo in quota. Questa dinamica è possibile solo con la presenza dell’anticiclone delle Azzorre che si eleva verso Nord in pieno Atlantico per poi piegarsi verso Nord-Est per isolare una cella di alta pressione sul Nord Europa; si crea così una “connessione” tra le correnti perturbate atlantiche e le masse d’aria gelida continentale. Queste masse d’aria gelida dalla Siberia con moti antizonali vengono spinte verso Ovest, come detto precedentemente si tratta di una
parte di Vortice Polare che scende in Europa dopo che si è frammentato a causa degli anticicloni che ne hanno spostato il centro e lo hanno spodestato dalla sua sede originaria, cioè il Polo Nord. Commento per la fig. 1 Un modello dell’8 febbraio relativo alle temperature previste nella stratosfera per il 13 febbraio con ben evidente la spaccatura del Vortice Polare e lo Stratwarming (a sinistra gli Usa, al centro in basso l’Europa, a destra la Siberia).
Giampaolo Rizzonelli è Presidente di MeteoTriveneto, creatore e webmaster del sito Meteolevicoterme.it
circolazione generale atmosfera - fig. 3
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Cristini io iz r u a M a cura di
! A C R E IC R A L L A
In ognuna delle frasi sotto elencate è celato il nome di una città italiana capoluogo di Provincia: riuscite ad individuarlo? Le terze lettere di tali parole, lette nell'ordine, daranno il nome di un altra città. 1. Il color grigio si ottiene miscelando il nero col bianco. 2. Giocare ad acchiapparsi e nascondersi. 3. Ingressi di tane ben nascosti fra le rocce. 4. Fermati lì: oltre vi sono punti molto pericolosi. 5. Tronchi di abete davvero vigorosi. 6. Avari e tirchi vecchiacci. 7. Leggere alcune opere di Boccaccio e Petrarca. 8. Consumare pasti caldi in mensa. 9. Grosse torri difensive poste agli angoli del castello.
A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome di un'Associazione culturale molto attiva in Valsugana. ORIZZONTALI: 1. Un piatto come le lasagne al ragù - 11. Si tracciavano prima di imparare a scrivere - 12. Nel 1972 venne interpretata in un film“... tutta nuda e tutta calda” da Edwige Fenech - 14. Targa di Sassari - 15. Tagliare i capelli a zero - 18. Una marca di benzina - 19. Si abbassa chiudendo il negozio - 23. Lo sono le parallele usate nella ginnastica femminile - 25. A inizio e fine caos - 26. I punti cardinali a ore 9 e 3 - 27. Il Vittorio Emanuele che è stato il primo re d'Italia - 28. Un lungo Stato del Sud America - 30. Il Reparto dei Carabinieri che effettua investigazioni scientifiche (sigla) - 32. Anche Levico Terme ne è un esempio - 33. La quarta preposizione semplice - 34. Il più classico frutto estivo! - 37. Voce onomatopeica che riproduce il sibilo di chi dorme - 38. La città patria del limoncello - 40. Un comune saluto - 41. Il nomignolo affibbiato da Gianni Brera al calciatore Gianni Rivera - 43. Un fiume siberiano - 44. Il secondo nome dell'inventore Edison - 46. C'è quella di sole e quella di luna - 47. Famosa cittadina iraniana il cui nome è legato alla fattura di pregiatissimi tappeti - 48. La cantante Aretha Franklin ne è considerata “la regina” - 49. Associazione che classifica i professionisti mondiali del tennis (sigla) - 50. Coloranti rappresentanti la più vasta classe di vernici e pigmenti sintetici - 51. Voce onomatopeica che indica meditazione o perplessità.
VERTICALI: 1. Varietà di pera grossa, tondeggiante, profumata - 2. Omicida - 3. Famosa bambina prodigio che fu attrice, cantante e ballerina a partire dagli anni '30 (iniziali) - 4. Il Gran Sasso sorge nella sua provincia - 5. Spaziose e vaste - 6. L'ufficio amministrativo di un reparto militare - 7. Sono sovrappeso - 8. Si ripetono nell'aratura - 9. Sigla dell'Olanda - 10. Carducci scrisse le Barbare - 13. Si spostano a sciami con una regina - 16. Lo stadio culminante di una malattia - 17. Lo è un tipo insopportabile - 20. Al margine dei ricami - 21. La vecchia sigla dell'URSS - 22. E' espressione di dolore - 24. Il nome della Taylor - 29. Il Bearzot che fu C.T. dell'Italia nel 1982 - 31. Alleggerimento fiscale - 32. Un riassunto in poche parole - 35. Gli agenti... vigili! - 36. Donna carcerata - 37. Personaggio della propaganda militare USA noto per I want you - 39. Non ha scopi di lucro (sigla) 42. Olio inglese - 45. La Lazio nelle abbreviazioni sportive in TV.
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Il numero di aprile di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 2 aprile 2018
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