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Le famiglie di casa nostra: i Tommaseo
Le famiglie di casa nostra di Waimer Perinelli
I TOMMASEO
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"Un giorno, anni fa, un uomo che non aveva mai nessuno che girava per casa conobbe una famiglia di nome Tommaseo piena di genitori, figli, zii e nipoti che stavano attenti l’uno all’altro in una villa in campagna ..." Comincia così il racconto "Famiglia "nella raccolta Sillabari di Goffredo Parise, e la numerosa e antica famiglia di Ponte di Piave è quella che fa capo ai quattro fratelli Piero, Tommaso, Marino e Giorgio, amici che lo scrittore ha frequentato a lungo nella loro grande casa, affascinato e attratto dal calore familiare che vi regnava. Era l'inizio degli anni Settanta quando Parise, vicentino(1929-1986) iniziò la scrittura dei racconti pubblicati dal Corriere della Sera. Oggi la villa citata appartiene all'avvocato Alvise, figlio di Piero. Alvise Tommaseo Ponzetta, 62 anni, la moglie Michela, giudice di Pace, quattro figli e due passioni: la tradizione di famiglia e la terra. La famiglia ha origini dalmate. I Tommaseo sono di antica nobiltà (conti), originaria della Dalmazia dove la famiglia fin dal 1400 possedeva terreni nei dintorni di Postire, un Comune della Regione spalatino-dalmata sull’isola di Brazza. I Tommaseo si trasferirono a Venezia intorno alla metà dell' 800 e lì, come prima, rimasero sempre fedeli al Leone di San Marco. Una famiglia ambiziosa ma tranquilla di nobili terrieri e commercianti, con una certa simpatia per l'Impero di Francesco Giuseppe, ma, come in tutte le buone famiglie, con una pecora nera, una testa calda, quel Niccolò Tommaseo (Sebenico 1802-Firenze 1874) appassionato studioso della cultura italiana , amico di Antonio Rosmini e di Alessandro Manzoni; tanto affascinato dalla cultura del bel paese da diventare accademico della lingua italiana ed essere arrestato e imprigionato per attività anti austriaca. Nel 900 un ramo dei Tommaseo si trasferì a Feltre dove Gerolamo diventò primario nel locale ospedale; un altro ramo nella Marca Trevigiana dove Milone divenne sindaco di Ponte di Piave ai tempi della Prima Guerra Mondiale. E proprio la grande guerra darà un grosso dispiacere ai Tommaseo Ponzetta perché, fra cannonate ed espropri, la bella villa Weil, comperata nella metà dell'800, venne distrutta. L' antica dimora veneziana era non solo bella ma anche utile. Alvise racconta, con orgoglio, di come mentre il fronte italiano crollava a Caporetto, una brigata di riserva di stanza a Padova, formata da due Reggimenti di cavalleria (Novara e Genova) e da uno di fanteria (Bergamo), partiva alba verso il nemico invasore. I 1400 soldati ed i circa 800 cavalli da
Le famiglie di casa nostra
cui era formata trovò ristoro nella notte tra il 26 ed il 27 ottobre 1917 a Ponte di Piave proprio nella villa Tommaseo e nelle adiacenti grandi barchesse. Il mattino successivo la Brigata, superato il Tagliamento, raggiunse il piccolo abitato di Pozzuolo del Friuli, dove affrontò agguerrite e più numerose forze austroungariche bloccandole per diverse ore, permettendo così al Terzo Corpo d'Armata del Duca d'Aosta di ritirarsi quasi senza perdite ed attestarsi sul Piave bloccando la Strafexpedition. Nel 1920 la villa venne ricostruita con disegno dell'ingegner Antonio Sardoni ispirato al Liberty. Malgrado abbia subito molte vicissitudini durante la Seconda Guerra Mondiale quando venne requisita dai fascisti, poi da tedeschi infine dai partigiani, oggi si presenta in tutto il suo splendore come modello dello stile del primo Novecento e le due barchesse di antica costruzione, tornate alla loro funzione di abitazione e deposito per la produzione della proprietà. "La terra non tradisce mai" dice Alvise Tommaseo Ponzetta, avvocato, giornalista e Consigliere comunale, ma con il pallino terriero di famiglia. "Lo ha lasciato scritto nel testamento del 1893 il mio bisnonno Pietro al figlio Gigi: la terra non ti abbandona". Ma evidentemente devi trattarla bene, come fa Alvise che da appassionato agricoltore valorizza in particolare le produzioni della zona del Piave, come i suoi antenati facevano in Dalmazia, dove avevano grandi proprietà terriere coltivate a vigneti ed ulivi che producevano vino ed olio, commercializzati in tutta la costa adriatica. Nelle fertili campagne del Piave, Alvise mette in pratica le secolari esperienze soprattutto in campo vitivinicolo. Nel Comune di Salgareda si trovano i cinque ettari coltivati a vigneto con la produzione di antichi autoctoni del Piave, meno conosciuti ma di grande interesse enologico: “Oltre al Raboso, al Manzoni Bianco e al Manzoni Rosso, dice Alvise, ci sono il Grapariol, la Rabosina bianca che sarebbe tipica della Destra Piave, della zona di Zenson". Non manca la sperimentazione e due anni fa l'avvocato-agricoltore ha trasformato il frutteto o brolo, retrostante la casa, in un campo di asparagi. La scelta è caduta sugli asparagi verdi, la cui coltivazione richiede minori interventi rispetto ai bianchi che vanno protetti e condizionati con i teli. Quest'anno la prima raccolta, precoce perché gli asparagi come la vite fruttificano dopo tre anni, ma generosa con il raccolto di 20-30 chili al giorno nei momenti favorevoli. Il terreno di Casa Tommaseo Ponzetta ha delle caratteristiche ottimali per l'asparago. “Un terreno sabbioso, dice Alvise, molto adatto . Fino al 1500 il Piave passava fin dove ci sono gli alberi che vediamo al confine del campo, poi i veneziani lo hanno tagliato, perché faceva una grande ansa, e per quattro secoli del fiume hanno portato la sabbia. Quindi un terreno fertile, ben drenato e ricco di humus nel quale, ho visto che la qualità Cimadolmo aveva un gran successo. Questa è la zona Dop dell’asparago. Perciò ho fatto questo esperimento, cercando anche di invogliare i figli ad appassionarsi alla terra”. I figli sono avvisati, vanno bene le grandi giuste ambizioni ma come diceva bisnonno Pietro mai dimenticare la terra. Senza scordare la letteratura, altra passione di famiglia, visto che Alvise è autore di alcuni racconti di caccia.