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ALCOL E GIOVANI.
Perché è un problema? Patrizia Rapposelli
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i parla di emergenza. Il consumo smodato di alcol lo vediamo in netta crescita tra i giovani, ma tra loro è consuetudine e motivo di vanto. Bere per bere, a qualunque ora senza alcun limite non è ai loro occhi motivo di preoccupazione, anzi di derisione per chi lo ritiene problema reale. Secondo gli ultimi dati Istat la fascia di popolazione italiana che eccede nell’utilizzo di bevande alcoliche evidenza giovani tra i 18 e i 24 anni (22.8% uomini - 12.8% donne) oltre adolescenti tra gli 11 e i 17 anni (22.9% uomini – 17.9% donne); sicuramente il marketing delle industrie che producono tali bevande fa bene a considerare il mondo giovanile target d’eccellenza. Si inizia a bere in compagnia di amici e la motivazione di base è la ricerca di un miglior rapporto con gli altri; nei momenti di euforia o di noia si innesca l’idea che sbronzarsi vuol dire dare un gusto diverso alla vita. In realtà non sarebbe un problema in sé il consumo di alcol, ma l’abuso diventato quotidianità; qualcosa è cambiato rispetto alle generazioni precedenti e ciò lo possiamo vedere in tre elementi chiave del bere. Bere oggi è tra i giovani considerato comportamento normale e non più trasgressivo; infatti lo accreditiamo ad un fenomeno di moda, ricercato e immagine di socialità che da azione ribelle è passata ad essere pura forma di conformismo. Un altro aspetto interessante è l’uso dell’alcol al mero e crudo fine di sbronzarsi: se c’è
una festa l’obiettivo è ubriacarsi. I ragazzi lo considerano come un rito, si beve tutti insieme aspettando di intontirsi fino a vomitare per poi ricominciare lo sballo, un modo per socializzare e sentirsi al centro dell’attenzione nel gruppo dei coetanei. L’ultimo elemento vede l’alcol sostanza d’ingresso nel mondo della droga; il suo consumo si accompagna spesso a quello della cannabis, cocaine e all’ecstasy, soprattutto nei luoghi di aggregazione per eccellenza. Tale affermazione sembrerà lontana e derisoria per molti giovani, questo accade perché essere adolescenti e giovani significa dover giocare una partita con le fantasie di onnipotenza tipiche (“a me non succede”) alimentate da una realtà sociale in cui tutto sembra possibile. Lo scenario della nostra società propone a livello mediatico/ educativo una realtà che disconosce il senso e la necessità del limite, accrescendo l’illusione di poter controllare gli eventi e le condizioni. Senso di potere e spavalderia che racchiude la vulnerabilità del giovane d’oggi. La vera debolezza che li porta ad accettare la legge del branco; l’alcol è un lasciapassare per non sentirsi diversi dagli altri e la pressione degli amici
è determinante. Ubriacarsi è forma di aggregazione perversa e valvola di sfogo a mancanze e problematiche emotive-psicologiche. Leggiamo e sentiamo belle parole, sensibilizzazione e propagande contro l’alcol, ma rari sono gli esempi su larga scala che tengano i giovani lontani dallo sballo: pressioni mediatiche, pubblicitarie e sociali propagandano modelli educativi incoerenti. L’alcol è un problema? Si, abusarne è piaga sociale, danneggia l’organismo, priva di inibizione e fa compiere azioni non lucide: crea “paradisi artificiali” che non esistono. Il fenomeno dell’etilismo è emergenza e il suo parlarne appare banale; genitori proibizionisti e giovani derisori, ciò che manca è lo spazio dell’ascolto, un modello educativo che insegna a non essere insicuri ad essere diversi e che ascolta i messaggi silenziosi che i ragazzi inviano.
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IL SOMMARIO Alcol e giovani ...............................................3 Sommario......................................................5 Punto e a capo ..............................................7 Marcello Mastroianni ......................................9 Lettera al direttore .......................................11 Intervista a Elena Fia Fozzer .........................12 Ambasciatori del Trentino..............................15 Medicina e salute: la nascita di un bullo .........16
ANNO 4 - GIUGNO 2018
Speciale
LA VALSUGANA IERI E OGGI • L’industria del forestiero in Valsugana...29 • Il rifugio Dalmeri.................................31 • Il Trincerone di Strigno........................32 • Le bandiere blu di Levico e Caldonazzo.34 • Spiagge sicure in Valsugana.................35 • Il manicomio di Pergine.......................36 • Le aree protette della zona laghi ..........39
Scout Masci Strigno ......................................18
• La Valsugana Model Club.....................40
Trentino Book Festival Libri per ogni passione.....20
• Il Museo pietra viva.............................43
Il (disp) piacere della lettura .........................21
• Il Rifugio Crucolo ................................44
Chi più investe più guadagna ........................23
• La miniera di Calceranica.....................46
Lettera al direttore .......................................25
• Il parco delle Terme e il Gand Hotel......49
La peste a Trento del 1630 ...........................26
• I balconi panoramici della Valsugana ....51
Ottocento ragazzi cantano: “Stonato sarai tu” ....56
• Logistica della Grande Guerra ..............52
Patch Point ..................................................58
• Il Tesino tra flora e fauna ....................53
Un viaggio nella cultura americana ................59
• Il Forte Busa Granda ...........................54
Intervista impossibile: Giovanni Segantini.......60 Altroconsumo risponde: le bollette di luce e gas .64 Rari Nantes: quando l’acqua incontra la musica..67 Gli uccelli migratori.......................................70 Vegani e vegetariani .....................................72 Veri artisti in erba.........................................74 Le cronache .................................................77 Riflessi d’acqua e olio ...................................78 Qui e ora .....................................................78 Le cronache .................................................79 Come eravamo.............................................79 Il personaggio: Carla Segnana ......................80 Le cronache .................................................81 Come eravamo.............................................81 Girovagando ................................................82 Il premio Pulitzer..........................................82
I testi dello Speciale “La Valsugana IERI e OGGI” sono di Chiara Paoli, Elisa Corni, Sabrina Mottes, Andrea Casna.
DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com CONDIRETTORE Franco Zadra - franco.zadra@gmail.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Francesco Cantarella - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Alice Rovati - Mario Pacher Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover Giampaolo Rizzonelli - Laura Fedel Silvia Tarter - Andrea Casna CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE Grafiche Futura srl IMPAGINAZIONE, GRAFICA Grafiche Futura srl STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN) PER LA PUBBLICITÀ SU VALSUGANA NEWS info@valsugananews.com www.valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 5.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
Che tempo che fa.........................................84 Giocherellando .............................................86
Tutta la redazione di Valsugana News si unisce e partecipa al dolore del nostro Condirettore Franco Zadra per la perdita del caro Papà Ferdinando. A Lui e alla famiglia giungano le nostre più sentite condoglianze.
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Punto
di Waimer Perinelli
LA BISCA DELLA MUSICA LO SCIAME POLITICO
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lisabetta Wolf, vicesindaco di Caldonazzo ed assessore alla cultura, ha deciso di riaprire la Bisca. Nulla di illegale, non si tratta di un locale clandestino per il gioco d'azzardo, bensì di una pagina della storia del paese e della Valsugana. Si attribuì questo nome un gruppo di amanti della musica suonata con il plettro, mandolino e chitarra, ma anche con violino e cornetta. La loro storia venne raccontata nel 1987 da Luciano De Carli, recentemente scomparso, che aggiunse la sua voce a quella dello storico Umberto Mattalia. Entrambi raccontano delle orchestrine nate negli anni Venti, ispirate a Giacomo Sartori, valente compositore, e direttore dell'orchestra mandolinistica del Club Armonia da cui nascerà la compagnia teatrale. Qualunque fosse l'ispirazione certo le note trovarono terreno fertile a Caldonazzo dove tra il
1920 ed il 26 si esibirono il Quartetto Satana e il Gruppo a Plettro e dove nel 1927 per iniziativa del pittore Luigi Prati Marzari si suonava anche il Jazz. La Bisca è l'unica che sopravvive alla Seconda Guerra Mondiale e giunge fino ai nostri tempi con performance anche in Rai nel 1974 e nel 1978. Rovistare fra questi ricordi ha entusiasmato Silvano Rigon, uno degli ultimi componenti dell'orchestrina, e Roberto Murari che vanta in Davide Murari, nel 1930, un direttore della Bisca e suo primo mandolinista. La polvere viene scacciata dagli spartiti, i ricordi affiorano e c'è chi spera nella rinascita. In fondo un'orchestra con un nome che tanto richiama la malavita e il gioco d'azzardo, sarebbe una goccia di acqua pulita fra le molte note urlate delle notti sul lago al ritmo della disco music.
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a regina delle api invecchia e perde fertilità. A due anni ha esaurito il ruolo riproduttivo e nel suo alveare le più giovani nutrono con pappa reale alcune neonate rendendole fertili. E' a quel punto che la vecchia ape decide o è costretta ad allontanarsi. E' lo sciame. Con lei sciama un gruppo di fedelissime. Chissà perchè questo mi ricorda la politica italiana ma non solo. Alcuni partiti sono veri alveari dove però si pratica soprattutto la soppressione delle larve, salvo poi lamentarsi di non avere eredi. Se poi un giovane emerge e attorno si forma un bel gruppo, il vecchio leader sciama e con lui un gruppetto di fedelissimi. Le statistiche ci dicono che avranno vita breve. Più tenaci sono altri leader o regine rimaste nell'alveare. In natura fanno una brutta fine ma in politica riescono a rigenerarsi diventando i primi oppositori del nuovo corso. Peccato che spesso non siano stati nutriti a pappa reale e la loro specificità stia nella presunzione o nella ricerca di una cella personale, il che ha poco a che fare con la politica è il bene della società.
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MARCELLO MASTROIANNI
di Sabrina Mottes
“Apprezzo molto il termine che usano i francesi: per dire “recitare” loro dicono “jouer” che in italiano sarebbe “giocare”. Questo è un mestiere meraviglioso: ti pagano per giocare”
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no già passati quasi ventidue anni da quando, il 19 dicembre 1996, morì Marcello Mastroianni, uno dei divi italiani per eccellenza. Sempre in bilico tra timido e sornione, la sua innata capacità espressiva lo ha portato a ricoprire ruoli assai diversi, passando con disinvoltura dal drammatico al comico, dal patetico de “Le notti bianche” all’astuto di “Divorzio all’italiana”, dal latin lover impenitente al difficile ruolo dell’impotente nascosto ne “Il bell’Antonio”. Nato il 28 settembre 1924 a Fontana Liri, in provincia di Frosinone, Marcello è primogenito di Ottorino e Ida Mastrojanni. Suo padre fa il falegname e la famiglia non è certo benestante. Fin da bambino, partecipa come comparsa ad alcuni film di Vittorio De Sica. Anche il fratello più piccolo Ruggero si occupa di cinema e diverrà uno dei più grandi montatori cinematografici italiani, lavorando con Fellini e Visconti. Dopo il diploma di perito edile, Marcello fa il disegnatore tecnico e, finita la Seconda Guerra mondiale, inizia a prendere lezioni di recitazione. A questo periodo risale la breve storia d’amore con Silvana
Mangano, allora sconosciuta quanto lui. Debutta nel cinema nel 1948 con I miserabili e al contempo recita a teatro, prima con compagnie dilettantistiche e poi nella compagnia di Luchino Visconti. Sul palco del teatro Eliseo di Roma, interpretando Un tram che si chiama desiderio, conosce Flora Carabella che sposa nel 1950. Nel 1951 nasce la figlia Barbara. I due si separano nel 1970 ma Mastroianni non divorzierà mai dalla moglie. Di quegli anni le prime parti importanti al cinema dove, sul set di Peccato che sia una canaglia, incontra Sophia Loren, sua partner artistica in ben 12 memorabili interpretazioni. Il film che lo porterà alla notorietà è I soliti ignoti di Monicelli, del 1958. Ma è con La dolce vita e 8 e ½ del grande Fellini che consoliderà il suo successo, diventando una delle icone della cinematografia italiana a livello internazionale. Collaborerà con numerosi altri registi del calibro di Risi, Antonioni, Ferreri, interpretando più di 140 film. Con Fellini avrà però un lungo sodalizio artistico che culminerà con la magistrale interpretazione di Snaporaz in
Con la Loren in Ieri, oggi, domani (1963)
La città delle donne, Marcello Mastroianni del 1980. Attraente ma molto riservato, quasi timido, vive con alcune delle donne considerate tra le più belle del mondo rapporti tormentati. Nel 1968, sul set del film Amanti, mentre ancora convive con la moglie, inizia una relazione con Faye Dunaway che lo lascia un paio d’anni dopo perché lui non vuole divorziare. Nel 1971, interpretando La cagna, si innamora di Catherine Deneuve. Dalla loro storia, che durerà fino al 1975, nasce Chiara. Dal 1976 e fino alla morte, si lega alla regista Anna Maria Tatò che girerà per il compagno il film omaggio Marcello Mastroianni – Mi ricordo, sì io mi ricordo. Nella sua lunga carriera, Mastroianni ha sfiorato per ben tre volte l’Oscar con Divorzio all’italiana, Una giornata particolare e Oci ciornie. Ha vinto 2 Golden Globe, 8 David di Donatello e numerosi altri premi fino al Leone d’Oro alla carriera, consegnato nel 1990 proprio da Federico Fellini. L’ultimo riconoscimento sarà il David nel 1995, come migliore attore protagonista di Sostiene Pereira. Si ammala di tumore al pancreas e, a seguito di un malore, si ritira dalla tournée dello spettacolo teatrale Le ultime lune. Muore a Parigi alla fine del 1996 dopo 50 anni di successo ininterrotto, ed è sepolto nel cimitero del Verano a Roma. In suo ricordo, nel 1998, è stato istituito al Festival di Venezia il Premio Marcello Mastroianni per il miglior giovane attore o attrice.
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Da parte di Claudio Cia, consigliere regionale e fondatore di AGIRE per il TRENTNO ci giunge questa lettera che volentieri pubblihiamo
IMPEGNO PER I DEBOLI, IL LAVORO E GLI ANZIANI
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aro direttore, è indubbio che la politica stia attraversando un momento estremamente delicato e le modalità che forse hanno portato a questo governo fanno temere per una deriva partitocratica con «involuzioni che travolgono traguardi di civiltà faticosamente raggiunti», come si è espresso in una recente intervista il presidente emerito della Corte costituzionale, Gustavo Zagrebelsky. Particolarmente delicato risulta il tema della sicurezza così come emerge dalla lettura del “contratto” di Governo di Lega e 5 Stelle. Un tema caro al Centro Destra e che pare rispondere in pieno a quella idea di “sicurezza” che da Sinistra viene utilizzata in genere per etichettare la Destra. Non so se il Presidente sottoscriverà il concetto di autodifesa proposto in quel contratto, fino all’uso del Taser, un’arma in uso alla polizia statunitense che genera una scossa elettrica per rendere inoffensiva la vittima e immobilizzarla, ritenuta non
letale, ma che secondo la denuncia di Amnesty avrebbe provocato, dal 2001 a oggi, la morte di ben 864 soggetti con patologie cardiache. Quello però che mi preme sottolineare è che oggi, nella nostro quotidiano impegno, maggiore attenzione dobbiamo dedicare ai deboli e a “diversi”. Deboli e diversi che a me e alla politica che cerco di implementare stanno particolarmente a cuore, anzi, ne costituiscono il centro e il primo motivo d’interesse. Non è quindi per parlare di altro che insisto nel voler sottolineare le vere emergenze di cui si dovrebbe occupare la politica oggi. Il lavoro, la famiglia, gli anziani, e i diversamente abili. Il lavoro, fondamento dell’art. 1 della nostra Carta Costituzionale, è l’essenza della dignità, perché dà la capacità di mantenere se stessi, la propria famiglia, di guardare con orgoglio i figli, e di partecipare alla crescita del territorio. L’obiettivo di Agire per il Trentino è la creazione di nuovi strumenti per favorire la ripresa economica e, di conseguenza, nuove opportunità, con posti di lavoro non assistiti dalla Pat, perché non crediamo in certe politiche “innovative” che dopano il mondo del lavoro, bensì in nuovi modelli di redistribuzione del lavoro. Politiche che diano la garanzia di un lavoro onesto, che è un’altra cosa dal reddito di garanzia, perché chi è senza lavoro non vuole la carità, ma che sia riconosciuta la sua dignità. Non parliamo d’altro neppure
quando con fermezza, chiarezza, e rispetto, ci distinguiamo da quelli che vogliono una società liquida in cui annullare la famiglia naturale, e cerchiamo di vivere il compito morale di essere un segno di distinzione (lo dobbiamo ai nostri figli) nel mondo dell’odierna politica. Agire per il Trentino si contrappone infine a quella mentalità che considera l’anziano come una fonte di problemi, un costo, o, al limite, qualcuno da sopportare e amorevolmente servire, basta che se ne stia zitto e buono e faccia “il pensionato” senza disturbare. Riconosciamo invece gli anziani come i più capaci di esercitare quell’arte sopraffina del fare politica e di consigliare i giovani. Chi, per motivi che esulano dal suo specifico stato di salute o da altro di strettamente contingente la sfera privata, si sente invece allontanato dalla politica solo perché “anziano”, in Agire troverà sempre il suo posto.
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Intervista ad Elena Fia Fozzer 81 anni pittrice e poeta
La vita è un’opera cromosettoriale La vita è un’opera cromosettoriale
Studi classici ed artistici, figlia dello scultore Eraldo, insegnante e cofondatrice del Madì Italia.
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Non c'è angoscia, incertezza, malinconia nella pittura di Elena”. Questo pensa Arden Quin storico fondatore del movimento Madì di Parigi, del lavoro di Elena Fia Fozzer. Nata a Trento il 13 luglio del 1937 l'artista è stata nel 1991 fra i fondatori europei del Madì, movimento ideato in Sud America negli anni 30 del secolo scorso come espressione della libertà creativa. I principi fondamentali si riassumono nella convinzione che “L’opera è, non esprime; l'opera è, non rappresenta; l'opera è, non significa”. L’opera dunque vive di vita propria. E’ fine a se stessa. Eppure cerca una collocazione specifica e perché no, un mercato, un mercante, un committente. Sono soggetti fortunatamente presenti nella ricerca di Elena alla quale sono andati riconoscimenti importanti. Il primo lo ebbe a quindici anni quando approfittò dello studio di suo padre Eraldo, già affermato scultore, per realizzare una testa a tutto tondo. “In classe, racconta, mi aveva colpita il profilo di Lucia che teneva la testina eretta e se la scuoteva. La coda di cavallo accentuava il gesto. Fu facile: il collo, le guance, il profilo, la foggia dei capelli, ma arrivata alle orecchie …come si faceva un orecchio? Lo chiesi a mio padre: Papà come si fa un orecchio? Lui senza dire “bif” venne verso di me. Lo ricordo ancora nitidamente: nel suo camice bianco, la figura
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eretta, il viso dall'espressione seria di chi è concentrato nel suo lavoro. Venne accanto al mio cavalletto e con due piccole qualità di creta applicate rapidamente … Tac Tac, ecco l'orecchio fatto! Presi un’altra pallina di creta e senza fatica automaticamente imitai il suo gesto. Tac Tac e il secondo orecchio era fatto!” Con quella testina Elena vinse il primo premio di un concorso, riservato agli studenti, indetto dalla Provincia. Era la fortuna di avere il maestro in casa. Un insegnante benevolo ma severo. Quando il mattino dopo egli lesse la notizia giornalistica del successo disse “Prima si deve lavorare molto poi
di Waimer Perinelli
si possono fare concorsi”. Severo ma orgoglioso della figlia capace di percorrere una strada diversa, in parte alternativa. “Eravamo al Palazzo delle Albere, racconta Elena, il Mart appena fondato mi aveva dato la possibilità, di fare una personale. Per quell'occasione, io dipinsi “Il Pentagramma blu”. Un cromo plastico di venti metri quadrati. Mentre,il giorno dell’inaugurazione, le persone si aggiravano nella sala, io presi mio padre sotto braccio e uscimmo fuori nella bella sera, all'imbrunire. Cosa pensi,chiesi?“ Te l'hai sottradi tuti!” rispose mio padre.” Uomo ed artista singolare Eraldo ha
Museo Reina Sofia (Madrid) - Mostra internazionale Madi 1996 - Lorenzo e Elena
Nel 1983 con Arte Struktura è inserita in catalogo dallo storico Carlo Belloli e viene segnalata in “proposte” alla seconda Internazionale Biennale d’arte expo di Milano. Per il progetto dipingere la terra esegue interventi nelle piazze, strade e palazzi di Mosca e Trento. Un suo intervento del 1991, ideato per accogliere in Trentino gli amici che l’avevano ospitata a Mosca, coincide con la morte di un amico. La performance avviene in piazza Dante sotto il monumento del sommo poeta. L’atmosfera era grigia, ricorda Elena, il mio intervento doveva essere, all’ombra del monumento ad Alighieri, la mano del poeta nell’atto di spingere nel cosmo i magnifici versi, rappresentati da un mazzo di palloncini. Alle sei di sera tutto era pronto quando un bimbo correndo verso i Attraversamento - 1993 - Acrilico su acciaio (600x300 cm) palloncini ne staccò uno e questo lentamente salì Nella vita gli esami non finiscono mai, verso il cielo. In quell’ora esatta Bruno ha scritto il grande Eduardo De Filippo, Kessler spirava.” E’ in quell’anno che e quella di Elena Fia Fozzer è una vita troviamo Elena Fozzer cofondatrice del dove le prove non sono mai mancate. Gruppo Madì-Italia e tra loro Carmel Arden Quin che scopre nella sua opera Ma nemmeno i successi. Nel 1975 esegue le prime opere non figurative con ricerca analitica e studio del colore dove le tematiche sono oggettuali e prevalgono le tendenze al movimento, al colore e all’impianto geometrico. Realizza opere per privati ed enti pubblici ed esposizioni curate dallo storico Toni Toniato. Nel 1980 a Milano entra in contatto con Arte Struktura e costruisce i primi “cromosettoriali dislocabili” giocati sullo spettro cromatico con passaggi sfumati, un effetto ottenuto componendo la luce bianca per surriscaldamento. Formelle quadrate munite sul retro di magnete, con cui giocare molteplici combinazioni. abbellita anche Trento con le sue opere. “Mia madre, dice Elena, era attenta ma sconcertata della famiglia composta interamente da artisti”. Anche la sorella Maria Luisa minore di quattro anni aveva scelto infatti un percorso artistico diventando cantante lirica. “Una donna bellissima, sottolinea Elena Fozzer, aveva studiato canto diventando una bravissima mezzosoprano. Era entrata nel Teatro dell’Opera di Roma dove è stata apprezzata interprete di tante opere da Dalila e Sansone a Carmen. Una bellezza affascinante e una bravura impressionate.” Doti con le quali aveva vinto il concorso al Teatro Sperimentale A. Belli di Spoleto.
Aironi - 1959 - Tempera su carta
Testina “ La gioia di vivere, creare e lo slancio appassionato verso l’avvenire”. Sono queste le qualità che l’hanno portata al successo non solo nell’arte pittorica, ma anche nella poesia. In quel concorso del 1952 dove si affermò con la scultura dell’amica di scuola, la troviamo infatti terza nella sezione dedicata alla poesia. E’ del 1977 il suo primo libro di versi. Del 2002 è il secondo libro, curato da Renzo Francescotti, dal titolo Il ventre scavato. Pittrice, scultrice, artista a tutto tondo, poetessa ma, “in un’altra vita,dice con forza, vorrei fare l’attrice”. Lo scorso anno l’ennesima soddisfazione con la mostra “Forma, colore, luce” a Torre Mirana e il riconoscimento alla carriera assegnato dal Comune di Trento. La sua città! Il suo cuore è qui, le sue opere sono in musei e collezioni di tutto il mondo.
Ritratto di Antonietta - 1964 - Olio su tela
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hissà se Giuseppe Casagrande, decano dei giornalisti enogastronomici trentini, con più di 50 anni di professione giornalistica «cinquant’anni vissuti pericolosamente tra cantine, ristoranti e… peccati di gola», darà, idealmente, le 5 stelle per il loro ristorante agli studenti dell’Istituto di Formazione Professionale Alberghiero di Levico Terme, dirigente Federico Samaden, per il pranzo al quale ha preso parte a conclusione del percorso formativo intitolato “Ambasciatori del Territorio” cui ha collaborato con la scuola anche Strada del Vino e dei Sapori del Trentino (Svst), presente il vicepresidente Rosario Pilati. Un percorso pensato per supportare la formazione di figure professionali che conoscano il proprio territorio e i prodotti eno-gastronomici che lo caratterizzano, diventando a tavola i primi ambasciatori del Trentino per gli ospiti delle strutture ristorative e ricettive. A parlare sono stati i piatti di portata. Una cinquantina gli ospiti del ristorante didattico, tra istituzioni, produttori, e associati alla Svst. Protagonisti principali sono stati gli studenti, per l’occasione e con l’obiettivo professionale di essere un giorno Maître, Chef, Commis, ma anche Sommelier, Hostess, e Steward, più l’intera brigata
di cucina, occupandosi con professionalità e competenza di tutto ciò che serve per rendere un pranzo al ristorante quel momento quasi magico di piacere e bellezza, partendo dall’accoglienza dei clienti, fino al semplice ed elegante gesto di portare i piatti, servire il vino, o sbarazzare i tavoli. Questa terza edizione del progetto ha coinvolto tutte le classi terze dell’istituto, ben 80 tra ragazzi e ragazze poco meno che maggiorenni. Tema del percorso di quest’anno sono stati i salumi, e alcuni produttori locali hanno tenuto lezioni per una analisi sensoriale di una selezione di prodotti di norcineria locale, rivelando agli studenti i loro segreti produttivi. Cinque aziende trentine, infatti, associate a Svst, hanno rappresentato nel percorso formativo diverse tipologie di prodotto proveniente da vari ambiti della nostra provincia, e sono Crucolo di Scurelle, Macelleria Paolazzi di Altavalle, Macelleria Sighel di Baselga di Pinè, Salumificio Parisi di Bleggio Supe-
riore, e Salumificio Val Rendena di Porte di Rendena. Un pranzo, degna conclusione di un anno di studi dedicato alle carni lavorate e ai salumi del territorio, valorizzati nelle prelibatezze realizzate e presentate dagli studenti, naturalmente coadiuvati dai loro docenti. Una tra tutte il filetto di maiale bardato con pancetta arrotolata stagionata, riduzione di Müller Turghau, purea di patate con sedano rapa e il giardinetto di ortaggi all’olio extravergine di oliva. Un piatto che apre delle prospettive “vegane” forse al centro del percorso del prossimo anno.
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MEDICINA&SALUTE
Come lo stile educativo può favorire la nascita di un BULLO I l fenomeno del bullismo si può verificare nelle diverse fasi di socializzazione e/o di vita dell’individuo, per combatterlo occorre una lavoro di rete dove professionisti, genitori, scuola ed educatori lavorino in maniera preventiva . Dobbiamo puntare a capire le cause per fare una buona prevenzione. Siamo abituati infatti, a sentire notizie sul bullismo, ad analizzare le caratteristiche del bullo o il bullizzato ma, siamo poco avvezzi a chiederci per esempio le basi dal quale può nascere un futuro bullo. Numerose ricerche hanno verificato che frequentemente le famiglie di adolescenti bulli, prediligono uno stile educativo dove la disciplina passa dal lato fisico. Noi genitori siamo un esempio per i nostri figli, per cui un’ educazione di questo tipo può indurli ad imitare le nostre azioni con i coetanei e quindi utilizzare loro stessi condotte aggressive. Certo non è l’unico fattore in gioco in questo caso, ma di certo è un fattore sul quale possiamo sicuramente lavorarci.
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Se analizziamo meglio questo fenomeno vedremo che ci sono delle caratteristiche nel modo di condividere il tempo in famiglia, di confrontarsi e interagire con i genitori, nonché nella gestione delle emozioni che posso predisporre soprattutto i più piccoli verso comportamenti antisociali.
di Erica Zanghellini
Vediamo assieme alcuni esempi di modelli famigliari disfunzionali, che assieme ad altri fattori di rischio, possono quindi fungere da probabili presupposti per lo sviluppo di comportamenti da bullo. Di solito la persona bulla ha delle carenze nella stima di sé stessa, nella sicurezza o ancora nella percezione di essere amato; insomma in generale possiamo dire nei bisogni fondamentali. La presenza di relazioni “fredde” che sono relazioni caratterizzate da adulti emotivamente assenti, così come mancanza di condivisione possono bloccare l’apprendimento dell’empatia e della reciprocità emotiva che sono le fondamenta per creare delle relazioni sane e basate sul rispetto. Anche genitori rigidi e controllanti, che magari hanno dei problemi con la gestione della rabbia e che puniscono incessantemente, possono passere invece il concetto sbagliato che il comportamento da tiranno è vincente. Ed infine ,come accennavo sopra genitori che usano comportamenti correttivi fisici im-
portanti, possono essere paragonabili loro stessi a dei bulli che fanno bullismo nei confronti dei figli. Da li capirete che il passo è breve per poi riproporre le stesse dinamiche con i loro pari. Facciamo una riflessione, c’è una linea sottile che separa i comportamenti correttivi dei genitori dal bullismo nei confronti dei figli. Come dice Baras Ronit, “la disciplina è un modo per educare, ma quando viene usata per far fare ai bambini quello che si vuole, la sua natura si trasforma”. Per capire la diffe-
renza tra bullismo genitoriale e stile educativo dobbiamo partire dal presupposto che dà origine a questi tipi di comportamenti. Di solito i bulli sono persone deboli che usano il loro potere sugli altri per sentirsi forti, quindi se anche i genitori che si trovano in condizioni di debolezza, per le più disparate cause, come ragioni interpersonali o economiche o ancora lavorative, utilizzano la loro autorità in modo eccessivo per sentirsi forti allora il confine è stato oltrepassato.
Una precisione la violenza può essere di due tipi: fisica o anche emotiva, ma non per questo quest’ultima sarà meno pesante o lascerà segni meno tangibili nella persona. In questa categoria rientrano tutti quei comportamenti che creano sottomissione e paura, come l’uso di minacce, l’ umiliazione, gli insulti ma, anche il criticare, l’ignorare e il trascurare. La buona notizia è che gli studi indicano che un intervento precoce di sostegno genitoriale riduce sensibilmente la probabilità se non addirittura blocca il rischio, di crescere un figlio bullo o comunque un figlio che compia atti di violenza, per cui credo che sia una responsabilità di ogni adulto riflettere e intervenire. Il miglior antagonista del bullismo è aver fiducia nelle proprie capacità genitoriali, bisogna trovare dentro di noi le risorse per il cambiamento e farle emergere. Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento - Tel. 3884828675
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La lunga storia degli
Scout Masci di Strigno P
er celebrare i 70 anni del Gruppo scout Borgo 1, e i 20 anni della sua fondazione, la Comunità Masci di Strigno ha curato e allestito una mostra nei locali al piano inferiore della locale biblioteca comunale. L’esposizione, divisa in tre sezioni, ha ottenuto il patrocinio del Comune ed è stata sponsorizzata dalla Cassa Rurale. La prima sala è stata dedicata a don Gianni Chemini che può essere definito un pioniere dello scoutismo in Bassa Valsugana; qui erano presenti divise, ma anche molto materiale storico a lui appartenuto: diari di campo, sistemi radio, alcune pellicole Super 8, con filmati d’epoca, donate al Museo storico
di Trento che ha curato la digitalizzazione dei filmati e ha creato il fondo storico don Gianni Chemini, accessibile a tutti. Un filmato era disponibile anche in mostra. Si trattava di scorci dei filmati originali che la comunità ha raccolto in un video per far conoscere ai visitatori il contenuto dei filmati originali. Nelle altre due sezioni continua poi il viaggio tra le moltissime fotografie, circa 800, che raccontano settant’anni di associazionismo. Esposti anche molti documenti e materiale storico, diverse tipologie di divise, evolutesi nel tempo, e documentazione inerente le opere benefiche portate
di Chiara Paoli
Don Giovanni Chemini - da Ladigetto avanti negli anni per sostenere i più bisognosi. Nel 1945 i primi aderenti all’iniziativa di don Luigi Clappa furono: Giorgio Dalsasso, Aristide Poli, Giancarlo Comunello, Renato Solenni, Paolo Betoschi, Mitia Cermelj, Adriano Ciola, Ruggero Lenzi, Dino Pedrotti, Lorenzo Calandriello, Mario Michelini, e Fortunato Molinari, che si riunirono la prima volta il 30 luglio 1945. In seguito aderirono Remo Segnana e i seminaristi Gianni Chemini e Giuseppe Smaniotto; Adriano Caumo e Giovanni Toller. Don Gianni, con la sua vivacità e il suo impegno per la comunità, coglie l’importanza di questo movimento internazionale ideato da Robert Baden Powell.
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Tullio Slompo, primo tesserato in Valsugana (1924) che ha fatto da scorta a Baden Powell a Levico, Maurizio Slompo suo figlio Salvatore Salvadori, capo scout d’Italia Paolo Carraro, caporiparto del Strigno primo
Lo scoutismo diviene un vero e proprio stile di vita da insegnare ai giovani, un metodo educativo che mira alla loro formazione fisica, morale, e spirituale. «È qui dunque lo scopo più importante della formazione scout: educare. Non istruire, si badi bene, ma educare; cioè spingere il ragazzo ad apprendere da sé, di sua spontanea volontà, ciò che gli serve per formarsi una propria personalità», queste le parole di BadenPowell. Fra i primi tesserati valsuganotti nel lontano1924, fu Tullio Slompo che fece da scorta proprio al padre dello scoutismo quando venne a Levico per le cure termali. Nel 1947 viene allestito il primo campo estivo sul Passo Brocon, dove si celebra la prima cerimonia della «promessa», e a breve distanza vi è testimonianza fotografica anche del fortuito incontro con Alcide De Gasperi in Val di Sella. Tra i documenti anche il primo francobollo Scout fatto stampare dal senatore trentino Giovanni Spagnolli, allora ministro delle Poste e Telecomunicazioni.
Moltissime fotografie che ritraggono i campi estivi e invernali sulla neve, i raduni e gli incontri di San Giorgio, tutti segni tangibili di esperienze di vita che hanno accomunato moltissimi valsuganotti, cresciuti a pane e scoutismo. Seguendo il pensiero del fondatore dello Scoutismo anche don Gianni Chemini e tutti gli scout della Valsugana, hanno lasciato dietro di sé una traccia, segnata da azioni, che “sono pietre miliari fissate in modo permanente”, da frasi dette o scritte, come “tacche coscientemente lasciate sugli alberi”. Una mostra che è servita a mostrare uno spaccato di vita della Valsugana in questi ultimi 70 anni, non solo ricordi, ma grandi auspici perché lo scoutismo possa essere una via da percorrere anche per quei giovani d’oggi che sembrano aver Scout Borgo - Degasperi 1950 perso la bussola.
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1965 - Don Gianni Chemini
Scout Masci
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TRENTINO BOOK FESTIVAL
LIBRI PER OGNI PASSIONE di Waimer Perinelli
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Piccoli contributi e pensieri con Pino Loperfido che annuncia una lunga pausa di riflessione
tto anni e 80 mila euro, sono due numeri di Trentino Festival Book che di numeri ne dà tantissimi con la giostra di pensieri, opere ed autori che gira dal 14 al 17 giugno a Caldonazzo e dintorni. Otto sono gli anni di replica rinnovata ed innovativa del Festival letterario ideato da Pino Loperfido. Ottantamila euro il costo di ogni edizione. Sembrano molti, mai troppi, ma sono piccola cosa davanti al milione e duecentomila euro spesi ogni anno dal Festival dell'Economia che, sia chiaro porta in Trentino grandi economisti, studiosi e politici. Vietato cedere ai facili confronti, ma un piccolo elogio va fatto al Circo più piccolo sotto il cui tendone si affollano alcune decine di volontari e in pista scrittori, critici, filosofi ed attori si muovono con discrezione e semplicità. Lo ha fatto qualche edizione fa anche il Nobel Dario Fo, lo fanno a metà giugno Massimo Cacciari, Moni Ovadia, Manolo, Franco Di Mare..... Attorno a loro di corsa o comodamente seduti, ogni anno si scambiano posti, impressioni ed idee circa ventimila spettatori.
Accesi i riflettori Pino Loperfido punta l'occhio di bue al centro della pista e illumina i due convitati di pietra, Regione e Provincia, dagli uffici dei quali, attraverso labirinti burocratici, gocciolano i finanziamenti. Loperfido, nelle vesti del domatore - direttore artistico non si lamenta
Ezio Mauro
della quantità dei soldi, anche se sottolinea, grandi progetti richiederebbero maggiori contributi, ma chiede diverse sensibilità. Per esempio l'interesse reale degli enti pubblici per quanto avviene sotto ed intorno al tendone del Festival e magari un supporto tecnico organizzativo qualificato e mirato. “ Il problema è di tutte le organizzazioni del volontariato la cui carica emotiva, dice Loperfido, si va spegnendo davanti alle difficoltà burocratiche, i problemi Michela Marzano di sicurezza da cui
Loperfido con Elisabetta Wolf, vicesindaco Caldonazzo e Stefano Ravelli Apt Valsugana scaturiscono giustificate paure”. Esempi positivi vengono da Mantova e Pordenone dove il Comune ed altri enti, come la Camera di Commercio, si assumono la maggior parte del costo organizzativo lasciando libere e rispettando le idee, le energie creative. “Sarà l'età che avanza, dice Loperfido, classe 1968, ma sento crescere la disillusione e il nono anno,il prossimo, potrebbe essere l'ultimo. Potrei prendere un lungo periodo di riflessione” Una minaccia, per ora, che nasce dalla Passione, tema principale dell'ottava edizione, a cui seguirà “Il valore della nostalgia” preludio forse all'addio, di cui si occuperà l'edizione 2019. Tuttavia, chiosa il direttore, tutto questo ha senso solo se La nostalgia è un valore.
Tiziana Ferrario
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PASSIONE E ARTE Trentino Festival Book s'inaugura il 14 giugno alle 19 al Bue Coffee di Caldonazzo con Wolftraud de Concini che presenta “ Le scarpe di Klara”. Alle 20 nella Casa della Cultura, Renzo Francescotti ed il Gruppo Neruda leggono “Le avventure di un Pierino trentino”. Per la sezione arte alle 18.00 nella sede del Centro d'Arte La Fonte in piazza Vecchia, spazio ad Aldo Pancheri, artista ideatore dell'arte Timbrica. Propone un viaggio fra poesia, eros e castigo. Seguono fino al 17 giugno appuntamenti con Massino Cacciari, Claudia Locatelli, Ezio Mauro, Michela Marzano, Umberto Galimberti, Claudio Locatelli, Darwin Pastorin, Manolo, Maria Romana Degasperi, Franco Di Mare, Massimo Bubola, Tiziana Ferrario, Chiara Francini. Una kermesse fatta di poesia, letteratura, teatro, musica. Tutti gli appuntamenti, ad esclusione dei 3 spettacoli al teatro S. Sisto, sono ad ingresso gratuito.
Il (dis)PIACERE della LETTURA di Irene Chin
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arcare l’entrata di una libreria, fare un respiro profondo e assaporare quel profumo intenso di carta stampata, ruvida, ma piacevole al tatto. Inoltrarsi tra gli scaffali e sfiorare delicatamente con le punte delle dita i dorsi dei libri, in attesa di trovare il prediletto. Sembra che questo piacere in Italia stia scom-
parendo, secondo i dati Istat del gennaio del 2016, solo il 64,4% delle famiglie italiane ha al massimo 100 libri in casa ed il 9,1% non ne possiede neppure uno. I dati sono preoccupanti, gli italiani spendono sempre meno nell’acquisto di libri e l’Italia a livello europeo è tra le ultime in classifica per quanto riguarda la lettura; eppure leggere è indispensabile per la maturazione del pensiero e stimola la curiosità. Valentino Bompani, famoso editore e scrittore del 1900, affermò che” un uomo che legge ne vale due”; aveva capito che leggere oltre a essere un piacere della vita, completa l’uomo. Umberto Eco, grande scrittore contemporaneo, deceduto da pochi anni, ribadisce che la lettura è un atto fondamentale e sosteneva che i libri sono i nostri vecchi, perché ci permettono di vivere, anche se solo virtualmente, molte esperienze estremamente di-
verse e provare sentimenti che neppure vite intere basterebbero per viverli tutti. Come gli antichi si affidavano all’esperienza degli anziani, tramandata di padre in figlio, oggi noi ci affidiamo all’esperienza dei libri. La lettura allunga la vita, allarga i nostri orizzonti, ci rende più empatici nei confronti degli altri, ci aiuta a riconoscere e gestire le nostre emozioni e sviluppa la nostra capacità critica, dunque i libri non possono essere considerati oggetti vintage, perché sono una risorsa indispensabile. Solo con i libri, la cultura e l’informazione, ognuno di noi può costruire una propria personalità e un modo di pensare consapevole. I libri ci donano una chiave di lettura per interpretare la realtà che ci circonda, ci permettono di capire il contesto in cui viviamo e ci aiutano a costruire una nostra opinione imparando dal passato, per orientare meglio le nostre scelte.
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Turismo in Alta Valsugana
Chi più investe, più guadagna! S
i è svolta nella bella sala Senesi al palazzo delle terme l’ottava edizione del convegno sul settore turistico organizzato da Cassa Centrale Banca in collaborazione con Scouting, una società che di consulenza alle piccole medie imprese per attività relative ai mercati nazionali e internazionali, e la Cassa Rurale Alta Valsugana. Un incontro portatore di un messaggio importante, per cui l’ottimizzazione delle offerte turistiche sul territorio si ottiene solo attraverso un’intesa sempre più coinvolgente e circolante tra gli enti preposti a promuovere questo settore tanto importante per la nostra economia. Anfitrione del convegno il presidente della Cassa Rurale Alta Valsugana, Franco Senesi, fratello dell’autore dei pannelli dipinti che danno il nome alla grande sala multimediale, oggetto di una simpatica battuta della presidente di Levico Fin, Donatella Bommassar, che prospettava la possibilità di riorganizzarla orientando in modo diverso la platea, così da mostrare completamente la vista dei dipinti di
Senesi ora in parte coperti da uno schermo gigante, «se e qualora la Cassa Rurale ci desse un contributo». Moderatore d’eccezione il giornalista pubblicista Daniele Lazzeri, esperto di studi geopolitici e di economia internazionale, il quale ha stimolato il confronto tra Daniele Corsini del Consorzio Turistico della Vigolana, Luca De Carli dell’Apt Altopiano di Piné e Valle di Cembra, Mauro Pintarelli del Consorzio delle Pro Loco della Valle dei Mocheni, Stefano Ravelli per Apt Valsugana e Lagorai, in seguito all’analisi presentata da Fabio Grazioli di Scouting Spa. Il breve intervento introduttivo di Donatella Bommassar ha invocato un «ampliamento dell’offerta termale – ha detto la presidente delle Terme ricordando che la Cassa Rurale è proprietaria di due quote societarie -, tenendo conto che quella della Valsugana è la terza Apt del Trentino per presenze con un soggiorno medio più alto che sul lago di Garda e a Molveno, arrivando fino a 12 giorni per i clienti termali, che sono il 27% dei clienti alberghieri con punte fino al 37% delle presenze. Quasi la metà delle presenze italiane soggiornano poi negli alberghi vicini alle terme». «Il turismo – ha detto Franco Senesi – è il settore che mostra le maggiori possibilità di sviluppo». I contenuti del convegno sono stati indirizzati a favore dei numerosi albergatori
di Franco Zadra
intervenuti, grazie alla visione di un video «che ci aiuta a renderci conto – ha detto Massimo Tarter della Cassa Rurale – in che bella terra abbiamo la fortuna di vivere». Un video, prodotto da Enrico Costanzao, forse troppo lungo, 18 minuti, quasi un documentario naturalistico con tanto di gallo forcello, commentato dalla suadente voce di Andrea Castelli. Tra le molte riflessioni e considerazioni proposte da Grazioli, una, forse la più scontata, ma certamente la più evidente e significativa per chi opera nel turismo è che l’utile cresce per gli alberghi migliori, cioè per quelli che sono stati lungimiranti e hanno investito nella loro struttura. Uno dei concetti più interessanti del convegno è stato quello di “Web reputation”. «Internet – ha detto Fabio Grazioli – è il canale più utilizzato per scegliere dove andare in vacanza, e la reputazione che si ha nella rete, cioè le recensioni che i clienti lasciano sul web, sono lo strumento che permette agli albergatori di simulare la propria performance d’impresa». La domanda più intrigante posta da Lazzeri: «Davvero le squadre di calcio portano aumento di turismo nelle nostre valli?».
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Lettera al Direttore Da parte di una lettrice, ci giunge questa lettera che volentieri pubblichiamo
Caro don Daniele, ti scrivo... Caro don, ti stupirà questa mia lettera, ma spero che ti porterà anche un po’ di consolazione in questo momento di grande travaglio per te. Quello che è successo e che tutti credono di sapere, compresa me, non può essere considerato se non come un vero e proprio terremoto nella tua vita. Anche per la tua comunità lo è stato, ma quella ha le spalle grosse e sopporta bene questi eventi “tellurici”. Sappi innanzi tutto che non intendo giudicarti, nello stesso senso che tu ci indicavi pronunciando le tue belle omelie, quando ci ricordavi che neppure san Paolo giudicava se stesso, ma si affidava alla misericordia di Dio, sola capace di comprendere e salvare questa nostra umanità, tanto misteriosa, favolosa, eppure così precaria. La tua partenza non la voglio leggere come la fine di una relazione, non ne saprei elaborare il lutto. Io sono nata in questa comunità che tu ha presieduto per tanti anni, e mi hai insegnato tu che con la nascita si entra in relazione, si vive quella concretezza di essere fratelli che riempie di senso la vita, e che il battesimo ci dona innanzitutto questa consapevolezza felice di essere amati. Una relazione, però, che a ogni istante si può spezzare facendoci cadere nella disperazione perché pensiamo di non riuscire più a ricostruirla. Allora lasciamo che sia la morte ad
avere l’ultima parola. Ma, sempre tu, predicavi che Gesù ha vinto la morte, che l’amore è più forte della morte, che vivere insieme, amarsi nel suo nome ci rende capaci di vincere il male. Io ci credo ancora, come spero anche tu. Anzi, continuo a pensare che sia l’unico modo sensato di vivere. Lo so, hanno scritto dalla Curia che hai fatto cose “moralmente inaccettabili”… La morte è inaccettabile. Il resto lo dobbiamo accettare sempre, per forza o per amore. Qualcuno dice che in fondo non hai fatto nulla di male; altri ribattono però che questi ultimi la penserebbero diversamente se fosse stata la loro di moglie ad avere avuto una relazione con te. Io penso che tu non abbia colpa semplicemente perché il male non esiste, o meglio, esiste nella misura in cui noi gli diamo modo di essere “male”. Non è stato Gesù a definire una prostituta come “colei che ha tanto amato”? E proprio perché aveva amato tanto, le è stato perdonato tanto! In che mondo viviamo se quelli che amano (e tu hai amato dando tutto te stesso, seguendo una chiamata che ti veniva da ciò che per il mondo è invisibile), semplicemente li mandiamo in esilio, li espelliamo aspettando che l’opinione pubblica si quieti, che ci si dimentichi di te? Non riconosco questa autorità superiore che risolve le questioni allontanando le persone. Tu
dovresti essere qui con noi, a continuare questo cammino iniziato, portando assieme a noi tutte le tue e le nostre contraddizioni, perché nessuno si salva da solo. Se quello che hanno scritto i giornali è vero, tu stesso avresti riconosciuto di aver sbagliato… avresti detto che «ho avuto delle relazioni, è giusto che me ne vada». Ma perché? Dov’è la giustizia in tutto questo? Non sarebbe più giusto che tu continuassi ad avere relazioni con la tua comunità invece di sopprimere queste a causa di quelle che hai avuto con alcune donne? Va bene, hai sbagliato! Ma io ti perdono, perciò ritorna con noi perché il tuo posto è qui! Un abbraccio sincero (lettera firmata)
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LA PESTE A TRENTO NEL 1630 di Sabrina Mottes
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a peste è una delle malattie che ha provocato più morti nel corso dei secoli ed ancora oggi ne rimane qualche focolaio, controllato dall’OMS, in zone parti-
tuita allora per la prima volta a Venezia la quarantena, che imponeva ai velieri carichi di merci di sostare fuori dal porto per 40 giorni prima dell’attracco, per verificare la salute dell’equipaggio. Furono necessari alcuni secoli prima che la popolaMelchiorre Gherardini, Piazza San Babila zione tornasse a salire, fino alla a Milano durante la peste del 1630 seconda epidemia, ampiamente descritta dal Manzoni ne I promessi Sposi, che dal 1630 imperversò nuovamente in tutta Europa. I medici non sapevano come affrontare la peste con i mezzi praticamente inesistenti dell’epoca. Disorientati, si affidarono a pratiche dettate spesso da pure intuizioni, alcune delle quali si rivelarono però efficaci come, per esempio, colarmente disagiate del mondo. Il cospargersi di erbe aromatiche contagio avviene, in prima battuta, che sono effettivamente repellenti tramite le pulci infette dei topi. Sucper le pulci. Tra il cessivamente si 1630 e il 1636, trasmette rapidal’Italia subì una mente da uomo grande carestia a uomo, con dovuta alla piccola un’incubazione glaciazione. Questo che va da 2 a 12 favorì lo sviluppo del giorni, periodo di contagio, che arrivò tempo che facilita anche in Trentino, l’allargamento probabilmente atdell’epidemia. Nel traverso i soldati corso del 1300, i impegnati nella commerci via mare guerra dei trent’antra Asia ed Europa ni a Mantova. erano floridi e queA quel tempo, sto favorì la prima Trento era in preda pandemia di peste ad una grossa crisi che, tra il 1347 e il economica dovuta Il medico della peste, acquaforte di agli sprechi della 1359, sterminò cirPaulus Fü rst, 1656 (da J. Columbina). corte vescovile e ca un terzo della I medici ritenevano che questo agli scarsi raccolti popolazione. Fu isti-
abbigliamento proteggesse dal contagio.
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Stendardo votivo trentino per la peste del 1630 dovuti al clima. Le due massime autorità territoriali erano allora Il Principe Vescovo e la Magistratura consolare. Già negli anni precedenti il 1630, Innsbruck aveva messo sull’avvisato il
Trentino del diffondersi del contagio, con alternarsi di dispacci positivi e negativi. All’inizio del 1630, giunsero notizie di epidemie a Venezia, Padova, Verona, Vicenza e, dall’altra parte, a Milano, Brescia Cremona e Mantova. Il passaggio in territorio trentino dei lanzichenecchi, mercenari tedeschi diretti verso Mantova che derubavano i morti al loro passaggio, accentuò il diffondersi di peste e tifo. I Deputati della sanità di Trento inviarono dispacci a nord e a sud per porre guardie ai passi e vietare il transito a persone, animali e cose dai luoghi contagiati, poiché si era intuito che
gli abiti e le merci erano in qualche modo veicolo del morbo. Vennero istituiti cancelli di sbarramento con soldati in armi, prima al ponte di S. Lorenzo e a Romagnano, poi al Bus de Vela quando il male arrivò a Riva e Arco. Nel frattempo, fu aumentato in città il numero di Deputati alla sanità a guardia della salute pubblica, con funzione di controllo e coordinamento sanitario. Essi non erano necessariamente medici ma notabili, poiché poco o nulla si poteva contro la peste, e si dovevano dunque più che altro prendere decisioni di buon senso per il bene comune. Dalle porte di accesso a Trento, passava solo chi aveva un Passaporto sanitario di buo-
contagiate. In Valsugana il morbo passò ma non attecchì. Avrebbe invece stroncato molte vite durante l’epidemia del 1636. Le valli di Non e Sole, da dove arrivavano granaglie per sfamare Trento e dove il Vescovo si era trasferito ai primi accenni di epidemia, bloccarono immediatamente il ponte sull’Avisio a Lavis, rischiando di gettare nella fame i trentini, già in preda all’emergenza sanitaria. A poco valsero i proclami per impedire la chiusura degli scambi con il territorio. Anche Calavino e la valle di Cavedine rimasero chiuse per tutto il tempo del contagio. Chi ne aveva la possibilità, fuggì, e solo pochi consoli, medici, Proclama sopra la Sanita - aprile 1630 speziali e “picigamorti”, cioè i becchini, na salute. A giugno, non restarono ad indirizsi accettarono mercanti zare gli infetti e i soalla fiera di S. Giovanni spetti al lazzaretto, e, per cercare di ripulire creato nella zona della la città, si istituì a PiediPrepositura, e a tenere castello una casa per aci conti delle spese oltre cogliere i mendicanti, ad un libro dei malati con sussidi per chi decie dei morti. Il lazzadeva di trasferirvisi. Noretto fu allestito in nostante tutto, il 29 fretta e furia in un praagosto 1630 la peste to all’aperto, con cofece le prime vittime in perture in legno di forContrada Borgonuovo tuna per ospitare i mae nelle Androne, zona lati e, in alternativa, povera a ridosso delle botti vuote in cui gli mura. Il borgo venne appestati potevano riimmediatamente isolapararsi da sole e piogto ma senza risultato. gia. Fondamentale Libro di quelli che Alcune valli vennero l’opera dei religiosi nel son stati al lazzaretto
Proclama contro li Distrittuali di Trento dare conforto ai contagiati. Ovunque bruciavano roghi di erbe aromatiche per purificare l’aria. Né gli ospedali di Trento né i cittadini contribuirono alle enormi spese sanitarie e i consoli dovettero indebitare la città, ricorrendo a prestiti da mercanti e cittadini facoltosi. Poco si sa, per l’evidente gravità della situazione e il conseguente vuoto di incartamenti, dei mesi di massimo pericolo. Alla fine di novembre 1630, l’epidemia calò, probabilmente perché le pulci non sopportarono il freddo, e così il lazzaretto viene chiuso. I decessi, in circa 90 giorni, furono circa il 35% dei 4500 residenti stimati a Trento in quel periodo. Dei ricoverati nel lazzaretto, circa il 60% non ne usciva vivo. Il periodo successivo fu altrettanto complesso, per il dissesto economico e sociale dovuto ai debiti contratti per affrontare l’emergenza sanitaria e per la drastica diminuzione della popolazione, che mise in crisi l’economia già precaria del territorio. BIBLIOGRAFIA: Trento, Archivio Storico presso la Biblioteca -La peste a Trento nel 1630 – tesi di laurea in: Storia dell’Età della Riforma e Controriforma - presentata da Roberta Filippi – relatore prof. Ottavia Niccoli – anno accademico 1990-91 Università degli Studi di Bologna Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di laurea in Storia Moderna. Documenti dall'Archivio Storico presso la Biblioteca di Trento.
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oggi ieri LA VALSUGANA e
L’industria del forestiero in Valsugana
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a Valsugana è oggi meta di turisti da tutto il mondo: i paesaggi montani, i laghi, le terme, e le località culturali attraggono viaggiatori di tutte le età. La storia turistica di questa valle ha radici profonde che affondano negli ultimi due secoli. Tutto ebbe inizio nell’Ottocento; allora la maggior parte delle famiglie sopravviveva grazie alla viticoltura e alla bachi-seri coltura, con i gelsi e la lavorazione dei bachi da seta. A partire dalla seconda metà del secolo, però, una pesante crisi economica e la diffusione di malattie della vite e del gelso misero in ginocchio la Valsugana; fortunatamente era già cominciata la cosiddetta “industria del forestiero”, ciò che noi oggi chiamiamo turismo. Il turismo all’epoca si muoveva lungo due distinti percorsi: uno riservato alla nobiltà che esplorava il mondo, le capitali d’arte, i luoghi ameni e incontaminati; dall’altra c’era invece il turismo di cura. I Kurorte (luoghi di cura) avevano una specificità caratteristica: oltre a offrire veri e propri servizi curativi erano anche luoghi ove staccare dal trambusto delle città, fare passeggiate o giri in bicicletta, stare all’aria aperta e fare il bagno. Soprattutto a cavallo tra i due secoli questo
tipo di turismo non fu più a esclusivo appannaggio delle classi ricche, ma si diffuse anche nell’alta e media borghesia. La vacanza salubre in Valsugana fu trainata dalla presenza di due località termali: Roncegno e Vetriolo. In particolare per le terme di Vetriolo un primo progetto fu presentato alle autorità già nel 1810, e fu di pochi anni dopo (1818) la proposta di compiere delle analisi chimiche sull’acqua di Vetriolo per stabilirne i principi curativi. Le terme dovettero aspettare il 1860 per essere realizzate, e in pochi anni portarono a Vetriolo oltre tremila turisti all’anno. Collegata a Vetriolo era la città di Levico.
Si presentò sul mercato turistico un po’ in ritardo rispetto alle più rinomate località di Merano e dell’Alto Garda, eppure ben presto riguadagnò terreno anche grazie agli ingenti investimenti e alla modernità che ne conseguì. Si pensi per esempio che nel 1910 le strade della città erano illuminate da lampioni elettrici e che i villeggianti potevano addirittura andare al cinematografo. Al lago si costruirono moli e pontili, nonché bagni cabinati per proteggere le donne da sguardi indiscreti; in paese sorsero alberghi e locande, mentre sempre più privati affittavano abitazioni e appartamenti. E così gli ospiti della
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cittadina termale passarono da poco più di mille registrati nel 1871 ai cinquemila alla vigilia del primo conflitto mondiale. Tutto ciò anche grazie agli ingenti capitali che arrivavano dai paesi di lingua tedesca. Si pensi, ancora, che l’Albergo delle Terme con il suo immenso parco (ora distrutti) furono edificati grazie all’intervento dell’imprenditore berlinese Julius Pollascek. Sempre tedeschi erano i capitali che portarono San Cristoforo a essere un vero e proprio centro turistico. I primi
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investitori di origine trentina - che possedevano anche il Castello di Pergine e una buona quota delle sponde del lago - a partire dal 1905 vendettero le proprietà a imprenditori tedeschi, che edificarono alberghi, lidi, e grandi ville ancora oggi magnifiche nel loro stile eclettico. Il turismo era anche, quindi, motivo di scontro politico. Se infatti San Cristoforo era isola della Tiroler Volksbund (un’organizzazione politica pangermanista fonadata a Innsbruck nel 1905), la sponda opposta del Lago di Caldonazzo era invece luogo di investimento della Lega Nazionale, il movimento politico a difesa dell’italianità del Trentino. Assieme alla Sat la Lega Nazionale promuoveva anche un turismo di stampo italiano e puntava verso ospiti provenienti
dal Trentino e dal Regno d’Italia. La storia del turismo a Caldonazzo è infatti molto diversa rispetto a quella delle altre località che sorgono sulle sponde dei laghi della Valsugana. Questa comunità dovette infatti far fronte alla presenza della famiglia Trapp, i feudatari della zona, che possedeva anche la proprietà delle sponde del lago e ne determinava l’utilizzo da parte dei cittadini. Nel 1895 la Società per l’abbellimento di Caldonazzo ottenne di poter utilizzare una porzione della sponda meridionale del lago a fini turistico-ricreativi. Fu quindi costruito un cosiddetto casino da bagno con sei cabine per i bagnanti. Di lì a vent’anni le cabine erano diventate venti. Anche il paese ne guadagnò, dato che gli alberghi triplicarono e aumentarono anche gli esercizi commerciali rivolti ai turisti. Ma il turismo a Caldonazzo non decollò mai fino in fondo; la distanza dal paese, la mancanza di servizi, la presenza dei militari anche negli anni precedenti la guerra e il conflitto mondiale frenarono l’industria turistica; industria che si riprese solo alcuni decenni dopo. (E.C.)
oggi ieri LA VALSUGANA e IL Riparo Dalmeri
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on l’arrivo dell’estate ripartono le attività al Riparo Dalmeri che apre ai visitatori da domenica 10 giugno e fino al 9 settembre 2018. Grazie alle visite guidate, che si terranno ogni domenica (e mercoledì 15 agosto) dalle 11 alle 13 e dalle 14 alle 16 si potrà visitare l’affascinante sotto roccia accompagnati da un esperto del MUSE. Dopo un breve percorso fino al sito archeologico, si giunge al Riparo dove è possibile scoprire la vita e la spiritualità degli uomini che lo abitavano, osservare le diverse espressioni artistiche elaborate nella Preistoria e i materiali utilizzati, formulare ipotesi sull’interpretazione delle immagini dipinte che caratterizzano il sito e conoscere le chiavi di lettura utilizzate dagli archeologi. Durante le giornate 17 e 24 giugno, 8 e 22 luglio, 5 e 19 agosto e 2 settembre è prevista la partecipazione dell’Associazione Guide Altopiano con possibilità di escursione naturalistica pomeridiana sulla Piana della Marcesina. Tra le proposte, ad esempio, percorsi dedicati ai Cippi della Marcesina, alle Torbiere della piana, che rivestono un’importante valenza naturalistica e al Labirinto di pietra dedicata a un vero e proprio “labirinto di roccia” dove all’interno delle insenature naturali si sono scritte alcune pagine di storia vissuta. Sulle pareti si trovano le iscrizioni di pastori e briganti, soldati e “antichi” passanti. Il programma dell’estate 2018 propone infine alcuni speciali appuntamenti: sabato 4 agosto alle
20.30 “Sotto le stelle della Marcesina” in collaborazione con astronomi MUSE. Le stelle che vedevano i cacciatori-raccoglitori
Conosciamo il più affascinante accampamento di cacciatori preistorici della fine dei tempi glaciali
che 13mila anni fa frequentavano il Riparo Dalmeri, sono le stesse che vediamo noi oggi?
Domenica 5 agosto, torna la “Festa della montagna” organizzata in collaborazione con i vigili del fuoco di Tezze Valsugana.
delle Scienze di Trento. La ricerca ha restituito - tra gli atri reperti - il più ricco cor-
redo di pietre dipinte mai rinvenuto nei siti preistorici europei e i resti di una capanna dove i nostri IL RIPARO Situato al margine settentrionale dell’Altipiano di Asiago in terra trentina, il sito preistorico del Riparo Dalmeri (1.300 m s.l.m.) è stato oggetto di 20 anni di scavi continuativi da parte del MUSE - Museo
antenati preistorici cacciavano, macellavano la carne e vivevano circa 13.000 anni fa. Le pitture in ocra a silhouette, ben 265 pezzi, sono realizzate su pietra locale e riproducono uomini, animali, piante o segni schematici. Il ritrovamento ha dato impulso a una serie di studi sulla vita artistico-religiosa degli uomini dell’epoca. I rinvenimenti e le ricerche condotte su questo sito hanno permesso per la prima volta di leggere le stagioni e le abitudini di vita dei clan preistorici che frequentavano le valli alpine verso la fine dei tempi glaciali. La ricostruzione dell’accampamento, dei suoi abitanti e i dettagli della loro vita quotidiana sono oggi stati collocati e sono visitabili tutto l’anno all’interno del
MUSE. INFO: Muse - Museo delle Scienze www.muse.it / 0461 270311
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oggi ieri LA VALSUGANA e
Il Trincerone
di Grigno I
n località Martincelli a Grigno viene fissato nel 1866, il confine tra l’Impero d’Austria ed il Regno d’Italia. Quando l’Italia dichiara guerra all’Austria nel 1915, le truppe austriache arretrano e Grigno diviene immediatamente territorio italiano. I soldati italiani vennero accolti con diffidenza; ed in breve tempo i civili vengono allontanati e inviati in Veneto e in altre zone del Regno d'Italia. Gli italiani realizzano qui la nuova linea difensiva che gli austriaci non erano riusciti ad organizzare: il “sistema” di difesa viene preparato su più linee di fortificazioni campali, che scorrono su tutta la valle, terminando in prossimità delle pendici dei monti (altopiano dei Sette Comuni da una parte, Monte Lefre dall'altra) con avamposti che fungono da caposaldi per posizioni di artiglieria e mitragliatrice, in grado di coprire con fuoco incrociato le trincee situate più in basso. Una di queste è lo sbarramento di Grigno, una sorta di linea Maginot, come la definisce nel suo libro, lo storico della Grande Guerra Luca Girotto. La chiusura era costituita da due fasce: una prima linea difensiva a cielo aperto, era stata rinforzata con sacchi di sabbia
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e legname, mentre una seconda e più massiccia resistenza era assicurata dal cosiddetto “trincerone”. Questa costruzione è paragonabile ad un lungo corridoio con pareti in calcestruzzo e numerosi accessi posteriori, uno ogni 10 metri circa, che partendo a monte dell’abitato, passava senza interruzioni sotto la strada imperiale e la linea ferroviaria, dove furono realizzate opere di consolidamento ora non più visibili. Illuminato elettricamente e dotato di numerose postazioni telefoniche, al suo interno sono stati ricavati ad intervalli regolari tre grandi ambienti dove potevano trovare riparo i comandi e le riserve del presidio. In occasione dell’arretramento imposto dal disastro di Caporetto, il Trincerone avrebbe potuto affrontare la prova del fuoco e invece, secondo le disposizioni del Comando supremo italiano, non fu mai utilizzato durante il conflitto. L’evacuazione forzata della struttura avvenne tra il 5 e l’8 novembre 1917; tutto ciò che era asportabile venne portato via, il resto distrutto. Quando il 9 novembre le prime truppe austriache superarono cautamente Grigno, accedendo al famoso e temuto Trincerone, rimasero colpite dalla totale assenza di resistenza. Il Trincerone di Grigno, documento di eccezionale valore sulla Grande Guerra in Valsugana, si
è conservato in maniera ottimale, snobbato dai “recuperanti” perché povero di materiale ferroso. I lavori di recupero e di restauro, hanno riguardato soprattutto lo svuotamento degli spazi interni, lo sgombero dei detriti che avevano bloccato l’accesso e la riapertura degli ingressi nella sua parte posteriore. Il Trincerone è visitabile, è aperto tutte le domeniche di luglio e agosto a cura dell’Associazione culturale Forte Colle delle Benne con orario: 10 - 12.30 e 14 – 18. Sono inoltre previste visite a cura della dott.ssa Lucia Dellagiacoma nei seguenti sabati: 9 e 24 giugno, 21 luglio ore 10.00, 4 e 18 agosto ore 10.00 (iscrizioni presso la biblioteca di Grigno). L'ingresso è gratuito e l’accesso si trova presso la spiaggetta sul Brenta vicino alla ciclabile. Informazioni: 0461 765414 grigno@biblio.infotn.it Per approfondimenti: Luca Girotto, Il “Trincerone di Grigno”: una “linea Maginot di Valsugana”: 1915-1917: costruzione, vita di guerra, decadenza e rinascita dello “sbarramento di Val Brenta a Grigno”, Primolano di Cismon del Grappa (VI), Associazione culturale Tagliata della Scala, 2008. (C.P.)
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oggi ieri LA VALSUGANA e Alta Valsugana con laghi Levico e Caldonazzo
2018: confermate le bandiere blu di Caldonazzo e Levico
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due laghi valsuganotti non deludono le aspettative, e anche per quest’anno le spiagge di Levico e Caldonazzo si aggiudicano l’ambita “Bandiera Blu”. Un vessillo che ci dice che facciamo il bagno in acque pulite e che le nostre amministrazioni si impegnano attivamente nella protezione ambientale e nello stimolare la sensibilità di cittadini e turisti. La Bandiera Blu, però, non va considerata come un premio a chi ha le spiagge più belle: sotto lo sventolare della stoffa azzurra, nasconde amore per il territorio e attenzione per la comunicazione ambientale. Sappiate, infatti, che il premio internazionale non è assegnato ai luoghi più suggestivi sulla base di meri criteri estitico-paesaggistici, ma va a premiare quei luoghi ove l’uomo ha sviluppato il turismo nel pieno rispetto dell’ambiente che lo ospita. E così chi si candida (sono infatti i singoli comuni a presentare la propria candidatura) è posto sotto esame da nientepopodimeno che da tre degli enti più prestigiosi del mondo: l’Onu (le Nazioni Unite con le sue agenzie dedicate a turismo e protezione ambientale), l’Unesco (l’organizzazione internazionale che si occupa di premiare e proteggere la cultura, la scienza e l’educazione) e il
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Fee (la Fondazione internazionale per l’Educazione Ambientale). Tre colossi che hanno il compito di visionare il materiale consegnato dalle realtà che si candidano, e verificare che siano rispettati i criteri e le norme per ottenere l’ambìto premio. Ma quali sono questi criteri? Be’, sappiate che poco hanno a che fare con le suggestioni evocate e con la bellezza del panorama, che però rimangono comunque fattori importanti. Tanto per cominciare ci sono quattro aree che vengono scansionate con il lanternino da chi ha il compito di assegnare i premi: la qualità dell’acqua, la gestione ambientale, i servizi di sicurezza, e l’educazione ambientale. Per esempio, per quest’ultima categoria valgono punti la realizzazione di attività informative ed educative, ma anche la presenza di pannellistica a proposito degli ecosistemi limitrofi alla spiaggia, mentre sotto la categoria della gestione ambientale ricadono tutte quelle politiche di tutela degli habitat e delle specie animali e vegetali che coabitano con l’uomo. «Promuovere la consapevolezza che possiamo godere del nostro lago in maniera sostenibile è uno degli obbiettivi più rilevanti che noi amministratori ci siamo posti - ha commentato
il sindaco di Calceranica Cristian Uez sia a livello locale sia come Comunità di Valle e Provincia». Hanno un certo peso anche l’accessibilità, la raccolta differenziata, la presenza di mezzi di trasporto ecosostenibili e l’attenzione per la tutela dell’ambiente. «Uno dei tasselli per una visione più ampia della realtà in cui viviamo - ha continuato il primo cittadino - consiste nella realizzazione di reti di riserva che comprendano modi differenti anche di pensare al trasporto. Promuovendo sempre di più la ciclopedonale che costeggia il lago, per esempio; o anche creando un protocollo d’intesa che riguardi tutto l’asse del Brenta. Ci stiamo muovendo in questa direzione, ed è una direzione che ci piace». Ovviamente, è importante la qualità dell’acqua. Per quest’ultimo fattore, la Fee si appoggia alle agenzie locali (provinciali e regionali) per la tutela ambientale (rispettivamente Appa e Arpa) che effettuano le analisi e i controlli sulla purezza delle acque. Tutti questi criteri fanno sì che, nel 2018, le spiagge Bandiera Blu in Italia siano 365, oltre il 10% del totale mondiale. Il Trentino Alto-Adige, con le sue 10 spiagge, è primo in Italia per quanto riguarda gli ambienti lacustri. (E.C.)
oggi ieri LA VALSUGANA e Spiagge sicure in Valsugana P
artito in via sperimentale nel 1990, il servizio “Spiagge Sicure”, viene portato avanti dalla Comunità Alta Valsugana e Bersntol, che garantisce la sicurezza sulle spiagge libere dei laghi di Caldonazzo, Levico Terme, Serraia di Baselga di Pinè e Piazze di Bedollo. Ma dunque chi sono questi angeli custodi dei nostri laghi? Formato e abilitato dalla Federazione Italiana Nuoto, sezione Salvamento, l’Assistente Bagnanti è lo specialista che veglia sulla sicurezza di chi frequenta piscine e stabilimenti balneari marini o lacustri; capace ed esperto negli interventi di soccorso di chi si trova in situazione di pericolo in acqua. Lo scorso anno la Grande Balena allestita sul lago di Caldonazzo ha attirato numerosi bagnanti e turisti, dando molto lavoro a quelli che comunemente chiamiamo bagnini, per il recupero di nuotatori poco capaci che volevano arrampicarsi sull’installazione artistica, atti purtroppo che hanno danneggiato la struttura. Security Srl di Calceranica, incaricata del servizio «Spiagge Sicure» nell’estate 2017
ha garantito 63 giornate di lavoro, coprendo 19 postazioni sulle spiagge libere dei diversi laghi. Il bilancio finale è stato di 281 medicazioni, 136 recuperi di individui in acqua o imbarcazioni in difficoltà, 48 interventi complessi che hanno previsto l’intervento di Trentino Emergenza ed elisoccorso. Numeri che fanno capire quanto sia utile questo servizio. Questo ruolo richiede l’assunzione di una grande responsabilità: l’Assistente Bagnanti deve essere sempre vigile ed attento, pronto ad intervenire in caso di bisogno e lucido nel mettere in atto le procedure necessarie per salvare la vita ad un'altra persona. Le competenze acquisite nel corso di formazione gli consentono di intervenire in modo adeguato per praticare il primo soccorso, anche in caso di asfissia e arresto cardiaco. Ma è soprattutto dall’abilità di prevenire che li contraddistingue: convincere con gentilezza e simpatia a rispettare semplici accorgimenti ed scongiurare comportamenti potenzialmente pericolosi. Apposite leggi e circolari ministeriali prevedono la figura dell’Assistente Bagnanti, la presenza è obbligatoria in ogni struttura di balneazione aperta al pubblico, riconoscono la competenza della FIN nella formazione degli stessi e stabiliscono il numero di operatori necessari in base all’impianto.
COME SI DIVENTA ASSISTENTI BAGNANTI? Per partecipare al corso è richiesta un’età compresa fra i 16 e i 55 anni; è prevista una prova pratica di ammissione; chi è in possesso della certificazione “SA NUOTARE DUE”, può partecipare al corso
senza sostenere la prova pratica. Va naturalmente prodotto un certificato di idoneità all’attività sportiva non agonistica. A fine corso l’allievo è tenuto a sostenere un esame teorico e pratico, per ottenere il brevetto di Assistente Bagnante, che può essere di tre tipologie: • CORSO P: per l’assistenza bagnanti in piscina; • CORSO IP: per l’assistenza in piscina e acque interne (fiumi/laghi) • CORSO MIP: che ai due precedenti aggiunge l’assistenza in acque aperte (mare) I corsi prevedono 20 ore di teoria, 50 di esercitazioni pratiche e 30 di tirocinio. I tecnici in possesso di brevetto FIN, gli atleti agonisti e i possessori dell’attestato di Abilità al Nuoto per Salvamento rilasciato da una Scuola Nuoto Federale possono frequentare il corso SPECIAL FIN con programma ridotto. Maggiori informazioni per divenire assistenti bagnanti: www.fintrentino.it http://www.fintrentino.it/assistenti/portali.asp (SEZIONE SALVAMENTO). (C.P.)
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oggi ieri LA VALSUGANA e Pergine Valsugana - Ospedale Psichiatrico - da Trentino Cultura
IL MANICOMIO DI PERGINE DALL’IDEA ALL’APERTURA
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gli inizi del 1800, i territori del Trentino Alto Adige facevano parte dell’Impero d’Austria. A quell’epoca, dopo il Congresso di Vienna, gli Asburgo non erano più esponenti dell’illuminismo politico e giuridico ma agivano cercando in ogni modo di mantenere la disciplina e il controllo nei loro territori. Nell’ottica di gestione dell’ordine pubblico, dunque, nell’aprile del 1824 Francesco I d’Austria incluse tra i compiti dello Stato l’assistenza agli infermi di mente e la conduzione dei manicomi pubblici che, fortunatamente, vennero concepiti in maniera accettabile e non carceraria, sia dal punto architettonico che ospedaliero, con una nuova attenzione alle esigenze e alla dignità dei malati. Nacquero dunque istituti isolati e distinti dall’organizzazione ospedaliera, costruiti con particolare attenzione alla custodia e al benessere dei malati mentali. Sorse così nel 1830, ad Hall, un manicomio che fu il primo luogo di ricovero dei malati del Tirolo. Prima, infatti, nell’intero territorio da Kufstein a Borghetto non vi era mai stata un’iniziativa
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in favore del miglioramento delle condizioni dei pazzi. Essi venivano gestiti, faticosamente e spesso in modo inadeguato e violento, dalle loro famiglie che
di Sabrina Mottes
abbandonati a loro stessi. Ad Hall, dunque, vennero ricoverati da tutto il Tirolo i malati che era impossibile gestire in famiglia, cercando di dar
Il manicomio di Pergine agli inizi del Novecento - da Vita Trentina
vivevano la malattia mentale senza alcun aiuto pubblico, come una sciagura enorme da nascondere o di cui liberarsi. I poveretti veniva maltrattati e nascosti, oppure vagavano per i campi,
loro la possibilità di ritrovare il senno perduto o quanto meno una relativa pace. Fin da subito la struttura di Hall si dimostrò insufficiente a contenere tutti i
bisognosi di cure e già nel 1866 si discuteva, all’interno di apposito comitato di medici incaricati dalla dieta di Vienna, se ampliare il manicomio già esistente o costruirne uno nuovo, nella parte meridionale del Land e cioè in Trentino. Molte furono le spinte, in favore e contrarie. Da parte austriaca si sosteneva che i malati potevano godere ad Hall di ottimo trattamento e che la costruzione di una nuova struttura avrebbe comportato costi molto alti. I trentini, dal canto loro, rimarcavano la necessità dei malati italiani di rimanere più vicino possibile ai parenti, nello stesso ambiente culturale in cui erano cresciuti, potendo parlare la propria lingua come strumento indispensabile per spiegare e risolvere i loro disagi. Nel 1874, un comitato di nove deputati incaricati di trovare una soluzione, deliberò confermando la necessità di un secondo manicomio a sud del Land, in Trentino. I luoghi individuati, attorno ai quali si discusse ampiamente per tre anni, furono molti. Via via scartati per vari motivi, rimasero in lizza Rovereto, San Donà, Pergine e Civezzano. Alla fine della seduta della dieta del 17 aprile 1877, venne confermata la costruzione del nuovo manicomio sui terreni di Maso San Pietro, a Pergine. La cittadinanza accolse con gioia la notizia, intravedendo nuove possibilità di sviluppo, prestigio e lavoro per la zona. La proprietà, di circa nove ettari, era
Suore e pazienti dell'istituto di cura di Hall, primi del '900 - foto Carlo Romeo appartenuta al Conte Crivelli fino alla primavera del 1875 quando Francesco Crivelli (al quale, per questo, è intitolata una delle vie più belle di Pergine) la cedette al Comune per 26.678 fiorini, in parte in contanti e in parte sotto forma di una rendita vitalizia. Il Comune, con questa operazione, poté offrire alla dieta un terreno non privato ma pubblico, per metà a titolo gratuito e per metà a titolo oneroso, cosa che favorì indirettamente la scelta di Maso S. Pietro sugli altri. I lavori del manicomio, progettato dall’ing. Karl Lindner, furono affidati all’Impresa Cesare Scotoni di Trento e a diverse ditte tirolesi. Nella primavera del 1881 si ravvisò la necessità di un edificio a sé per bagni e lavanderia, che sorse in aggiunta agli
Da L'Adigetto - Il direttore di allora del manicomio di Pergine (a destra), insieme con altri medici. Sono le prime ore del mattino del 26 maggio 1940
altri, all’interno del cortile. Sempre nell’aprile del 1881, venne approvata la sistemazione dei giardini su progetto del Conte Carlo Lodron di Trento. L’Istituto cominciò ufficialmente la sua attività il 19 settembre 1882 con la direzione del dott. Heinrich Sterz e il supporto delle suore della Congregazione della divina provvidenza. I primi malati accolti furono 47 uomini e 44 donne. Si era progettata, per quel giorno, l’inaugurazione della struttura che però non ebbe luogo a causa dell’alluvione che il 18 settembre 1882 colpì una larga parte del Trentino. A Trento la città fu inondata dal Fersina che in Valsugana ruppe gli argini in sette punti diversi. Il 7 ottobre le autorità vennero in visita al manicomio ma sottraendo qualche ora al sopralluogo ai danni dell’alluvione e dunque in un clima tutt’altro che positivo. Il dott. Sterz, all’inizio della sua attività, si rese conto che avrebbe potuto ben lavorare solo con l’appoggio e la fiducia dei medici delle valli trentine e dunque, nel giugno 1883, invitò a visitare il manicomio di Pergine tutti i medici iscritti all’associazione medica trentina. Fu un gesto apprezzato, che pose le basi per il futuro di questo ospedale psichiatrico che, fino agli anni Settanta del Novecento, ha ricoperto una grandissima importanza per la sua funzione sociale e medica e per l’intero territorio trentino.
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AttivitĂ ella Storichgeand a Valsu Le
1968
BORGO VALSUGANA (TN) Piazzale Dante Alighieri, 3 Tel. 0461 753177
oggi ieri LA VALSUGANA e Le aree protette della Zona Laghi
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a Valsugana nasconde molti tesori naturali. Ci sono quelli grandi e vistosi, come i laghi e l’immenso Lagorai, ma anche quelli piccoli, semi-nascosti: sono le arre protette, le riserve naturali. In questi luoghi ci sono delle situazioni particolari, degli ambienti naturali unici, flora e fauna delicate… tutte situazioni che richiedono l’intervento dell’uomo per proteggere queste aree naturali dall’uomo stesso e dal suo effetto distruttivo. Nella vasta zona pianeggiante che comprende i laghi di Levico e Caldonazzo le aree protette sono ben quattro: tre riserve naturali provinciali vere e proprie e un biotopo ancora non istituito. La più famosa di queste è sicuramente la Riserva Naturale
Biotopo inghiaie - vista sentiero
Provinciale delle Inghiaie che si trova ai piedi dell’altipiano, sul versante meridionale della valle tra Santa Giuliana e Quaere nel Comune di Levico. Il nome potrebbe evocare un paesaggio aspro, arido e ciottoloso, ma quest’area protetta in realtà ospita un ambiente completamente diverso: è un lembo di memoria di quel vasto complesso di paludi, stagni, e acquitrini che fino alla fine del Settecento contraddistingueva il fondovalle di tutta la Valsugana. Da allora le bonifiche e le rettificazioni del Brenta hanno tra-
sformato gli acquitrini in zone dedicate all’agricoltura. Ma nella riserva c’è acqua ovunque: numerosi rii e sorgenti scorrono nell’area protetta, alimenBiotopo inghiaie tando il Rio Vena (uno tra i più belli e "selvaggi" torrenti del fondovalle) e inzuppando letteralmente i prati su cui prosperano specie botaniche rare e incantevoli, come le orchidee o la genziana di palude. Oltre a questa vasta area dove l’acqua la fa da padrona si ergono i boschi di ontano nero e bianco, i salici, i gelsi e le viti ormai selvatiche, testimoni degli antichi coltivi ora rinaturalizzati nella riserva. Inghiaie fu istituita formalmente come biòtopo nel 1992, ma la sua storia è più lunga: qualche anno prima Germano Carpentari, attento conoscitore degli ambienti naturali della Valsugana, s’impegnò per conto del Wwf di Caldonazzo ad acquistare una piccola porzione di terreno. Questo perché le Inghiaie sono un luogo importante per la tutela del patrimonio naturale caratteristico del fondovalle valsuganotto, un’oasi ideale per molti animali: abbondanti sono i pesci, in particolare la trota e lo scazzone; vi vivono bene gli anfibi come il rospo e la rana di montagna; qui si riproducono il germano reale, la gallinella d’acqua, il porciglione, il martin pescatore, l’upupa, e non mancano nemmeno il nibbio e lo sparviero. A fare compagnia a questa zona verde dal nome arido ci sono due importanti canneti: uno sempre nel Comune di Levico, e l’altro a San Cri-
stoforo. Quest’ultimo, con i suoi nove ettari, è un luogo perfetto per la tutela dell’avifauna lacustre. Fu istituito già nel 1988 per proteggere le specie vegetali e animali che, con l’an- punto_osservazione tropizzazione e la costruzione di strade e ferrovia nel corso degli ultimi decenni, stavano scomparendo. In particolare a San Cristoforo la cannuccia di palude cresce fitta e rigogliosa, accennando al glorioso passato delle paludi perginesi, che un tempo arrivavano a lambire l’abitato di Pergine - vi siete mai chiesti come mai Spiaz delle Oche si chiama così? Svassi, folaghe, germani, e cannarccioni, nidificano in questo canneto, come in quello di Levico, istituito sempre nel 1988. Ultimo, ma non per questo meno importante, il biotopo di Caldonazzo: l’inizio del fiume Brenta, sito importante per avifauna e ittiofauna locale, è ancora in attesa di un riconoscimento ufficiale. Nonostante le forti alterazioni compiute dall’uomo, la piccola area ospita decine e decine di specie di uccelli e pesci, e forse meriterebbe un giorno di essere tutelata a dovere. (C.P.)
Biotopo inghiaie - vista palude
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oggi ieri LA VALSUGANA e
La Valsugana Model Club… Un modellino di 100 anni fa! ntrando all’ex asilo di Via Montessori a Pergine Valsugana ci si può sentire un po’ come Gulliver, l’eroe partorito dalla penna di Jonathan Swift. Esattamente come il viaggiatore di mondi, varcando la soglia dell’edificio si viene proiettati in un mondo fantastico, popolato da lillipuziane figure in movimento: aerei, carretti da miniera, funivie, e trenini. Fanno tutti parte del meraviglioso plastico che
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il Model Club di Pergine ha realizzato negli ultimi mesi e che ci offre uno sguardo quasi del tutto realistico di come la Valsugana appariva cento anni fa. «Questo plastico - ha spiegato il neo eletto presidente di Model Club, Alessandro Bertoldi - è un progetto nato nel 2017, quando ci siamo posti un obbiettivo: volevamo realizzare qualcosa in occasione del centenario della fine della guerra. Ci siamo poi resi conto che il 2018 avrebbe ospitato un’altra importante ricorrenza: la 91a Adunata Nazionale degli Alpini. E così abbiamo voluto fare le cose in grande». E in effetti ci sono riusciti, dato che il plastico ha una lunghezza di circa 100 metri complessivi; passeggiandovi attorno ci si imbatte in alcune delle più importanti strutture realizzate per la logistica di quella che fu la più sanguinosa guerra della storia del Trentino. I binari partono
da tre grandi capannoni, quelli dell’aeroporto di Cirè, soprannominato dagli italiani “nido di vespe”. Gli hangar, fedelmente ricostruiti, e le piste di atterraggio, ospitano modellini in scala degli aerei dell’epoca, degli aggeggi non troppo sicuri che fecero da destrieri a veri e propri eroi dei cieli, i primi aviatori. Mentre la locomotiva con il suo fumo in ovatta prosegue il suo viaggio, il visitatore incontra l’ospedale militare dei “Paludi”. Oggi lì ci passa la SS47 della Valsugana, ma all’epoca una serie di binari permetteva ai treni di condurre i feriti dal fronte sugli altipiani fino a questo luogo di ricovero, ben distinguibile dalla croce rossa dipinta sul tetto. Il viaggio prosegue, e, tra Villa Ortensie e Calceranica, ci si imbatte nel lago. Sembra vero, viene quasi voglia di tuffarcisi. «In realtà è fatto di una resina speciale - spiega Diego, l’addetto all’acqua - che può essere trasparente e mostrare il fondale dipinto, ma che può anche essere colorata per sembrare più realistica». Alle spalle del lago si alza un monta-
rozzo con carrucole, uomini al lavoro e ascensori: è la miniera. Facendo il giro ci si rende conto che i modellisti hanno realizzato anche l’interno, con tunnel, minatori e anche un trenino che fa il giro portando il suo prezioso carico. Ma il complesso della miniera e i trenini non sono l’unica cosa a muoversi in questo plastico. Si rimane a bocca aperta di fronte alla ricostruzione di Monte Rovere con la bellissima strada del Menador-Kaiserjäger Strasse sormontata dalle due teleferiche che, partendo da Caldonazzo, portavano uomini, armi e cibo verso gli altipiani, verso il fronte. Non possono mancare, in una fedele ricostruzione della Valsugana dell’epoca, i fortini, il Forte delle Benne e il Lange Georg, il cannone navale che da Calce-
ranica sparò e distrusse l’abitato di Asiago. Ma ci si può perdere anche nei più piccoli particolari: i vialetti acciottolati, le latrine con i cuoricini scavati nel legno, gli animali selvatici e da soma, i campi coltivati, gli alberi, le luci… un lavoro immenso. «Ci sono voluti otto mesi per portarlo a termine - ha spiegato Bertoldi - alcuni di noi venivano qui tutti i giorni; altri si sono portati a casa i pezzi per lavorarci anche nei ritagli di tempo. È stata una faticaccia ma ne è valsa la pena». Non sono certo mancati i momenti di difficoltà. A quanto pare, il tasto dolente è l’elettronica. Ma per fortuna ci sono le nuove leve come Riccardo, classe 1984, il più giovane della squadra operativa. «Ho ereditato questa passione da papà ha raccontato Riccardo -, mi diverte soprattutto provare a programmare gli scambi e tutto il resto». Un progetto gargantuelico che ha visto la partecipazione e il sostegno finanziario della Provincia, della Comunità di Valle e del Comune di Pergine che ha anche messo a disposizione gli spazi. E che è anche
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accompagnato da una bella mostra fotografica realizzata dal Circolo Fotoamatori di Pergine. In una serie di pannelli, i fotografi presentano lo stesso scatto a cento anni di distanza: Levico e Caldonazzo con le vie percorse allora dai militari e oggi dai turisti, le strade di montana allora strette e bianche oggi sono carreggiate ampie e comode, forti e strutture oggi distrutti o scomparsi; ovunque si nota la mano dell’uomo che, in cento anni, ha occupato tutto lo spazio disponibile. La mostra e il plastico saranno visitabili a giugno nelle seguenti giornate e con i seguenti orari: 2, 3, 9, 10, 23 e 24 dalle 9.30 alle 12. (E.C.)
Il Ristorante Sapori D’Abruzzo si trova a Canzolino di Pergine Valugana. Rappresenta il luogo ideale dove trascorrere dei rilassanti momenti in famiglia in compagnia di amici all’insegna del buon cibo italiano preparato come tradizione culinaria insegna per riscoprire i sapori autentici della cucina tipica abruzzese mediante i migliori piatti tipici preparati seguendo le antiche ricette e utilizzando esclusivamente ingredienti freschi, genuini e provenienti da piccole aziende abruzzesi. E’ possibile gustare i fantastici primi piatti di carne e di pesce, gli appetitosi secondi integrati dai famosi arrosticini di filetto di pecora fatti a mano, dagli affettati, dal tipico formaggio pecorino, assaporando l’eccellente vino rosso Montepulciano D’Abruzzo. Per poi concludere con i deliziosi dessert preparati dalle sapienti mani dello chef.
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oggi ieri LA VALSUGANA e Il museo Pietra Viva
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l Museo Pietra Viva non è solo un luogo dove ammirare splendidi esemplari di minerali, ma sono ben quattro piani di tesori da scoprire. Si trova a Sant’Orsola, in località Stefani ed è ben segnalato. L’edificio che funge da scrigno alla collezione è a sua volta un complesso ritenuto di interesse storico-culturale, per le sue decorazioni parietali. A guidarvi in questo viaggio attraverso le diverse sale espositive sono i fratelli, anzi, i gemelli Pallaoro, grandi appassionati del mondo dei minerali. Sarete quindi anche voi, novelli canopi (minatori), accompagnati in un entusiasmante viaggio a ritroso nel tempo, attraverso il quale si potrà “scoprire” come mai la nostra valle si chiama Valsugana. Questo nome deriva dalla sugarina, polvere che veniva utilizzata per far asciugare l’inchiostro e che conferiva quell’aspetto metallico che ancor oggi si nota nei documenti antichi. La storia di Franz vi condurrà alla scoperta del fuoco, o meglio, della pietra focaia, nota anche come pirite, e spesso “confusa” con l’oro per il suo colore splendente. Ma le pietre non servono soltanto per questo, fin dall’antichità esse vengono utilizzate per disegnare, perché il richiamo dell’arte è stato forte fin dalla preistoria, si scopre quindi l’uso dell’ocra rossa, e non solo. E poi le pietre sono preziose, e nella modernità vengono utilizzate anche per scopi industriali e tecnologici. Un viaggio che non vogliamo svelare per intero. Vi mettereste forse in tenta di sapere già tutto e magari pensereste di non avere motivo di andare a visitarlo? Vi basti sapere che Mario e Lino Pallaoro sono due personaggi d’eccezione, che vi farà piacere conoscere, la loro passione per i minerali, nata quando erano ancora ragazzini, è contagiosa. Esperti indiscussi, più volte ospiti alla trasmissione Geo&Geo, curatori di mostre a livello nazionale e internazionale. L’esposizione è arricchita dalla ricostruzione del più grande geode (cavità naturale in roccia ricoperta di cristalli) recuperato dai due fratelli sulle alpi, negli anni ’90. All’ultimo piano una grande sala con un imponente dinosauro, ai piedi del quale potersi avventurare alla ricerca dei suoi denti aguzzi. Qui è anche possibile fare un piccolo laboratorio, ovviamente dedicato al mondo dei minerali. Questo è il luogo ideale per i curiosi e per le famiglie con bambini che vogliono andare alla ricerca di pietre preziose nella galleria esterna realizzata in legno e nel ruscello, (come i veri cercatori d’oro!) grazie ai setacci messi a disposizione. Un modo diverso e alternativo per conoscere la Valle dei Mòcheni, territorio ricco di miniere e risorse sotterranee, che sono state volano per l’economia locale. L’arrivo di canopi specializzati dalla Boemia per l’estrazione e lavorazione dei minerali, ha disegnato la storia di questi luoghi incantati. E poi una volta stanchi di cercare, è possibile scendere verso il fiume Fersina, attraverso il sentiero della Valle Incantata, il percorso ad anello è ben segnalato, adatto a tutti e percorribile in un’ora circa. La visita guidata dura circa un’ora, in caso di gruppi di più di dieci persone, è consigliata la prenotazione. Diverse anche le attività dedicate alle scuole o ai campi estivi. Orari d'apertura: lunedì, mercoledì, sabato e domenica: 9 - 12 e 13 - 16 martedì 13 - 16. Per info: www.museopietraviva.it - (C.P.)
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Rifugio Cr
Una storia di passione, accoglien Il Crucolo ieri...
Il Rifugio Crucolo è la più antica osteria a gestione familiare, situata ai piedi del Lagorai in Val Campelle, “da sempre” luogo di ritrovo di caradori, di boschieri, e pastori, ai quali offrire piatti succulenti e un’occasione di ritrovo. Un realtà, che nel tempo e con il tempo, ha saputo superare i confini della nostra regione proponendosi come un vero punto di riferimento dove la tradizione culinaria, delle cose buone e genuine, trova la sua massima espressione e concretezza.
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lla fine del 1700 nasceva Germano Purin, figlio di un certo Bate, diminutivo di Giovanni Battista, che di mestiere faceva l’oste; Giordano, figlio di Germano, con gli zii Isidoro ed Eustachio, continua ora la tradizione di famiglia. «Dalla seconda metà dell’Ottocento – raccontano al Crucolo -, qui “si sbaraccava”, cioè si festeggiava, cimentandosi anche in lunghe e divertenti partite di bocce, di morra, di briscola, e di “tre 7”. Il Crucolo era già punto di riferimento per chi trascorreva parte dell’anno nelle baite di mezza montagna, tra i prati che caratterizzavano questi luoghi, ora divenuti bosco». L’oste del “Crucolo” faceva il formaggio e i salumi e preparava tanti altri prodotti, tra i quali i crauti, le grappe, e i vini, direttamente “dal produttore all’ospite”! Nel 1916 gli eventi bellici della prima guerra mondiale il “Crucolo” viene a trovarsi letteralmente tra due fuochi, quello austriaco e quello italiano. Tornati dall’Austria, i profughi trovano ciò che rimaneva della struttura bruciata durante la guerra: la tettoia, provvidenziale riparo per carri e animali, è intatta e al suo posto; sui pochi muri che si erano salvati dalle fiamme qualcuno
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aveva scritto “RIFUGIO”. Da quel momento nasce il “Rifugio Crucolo” e la sua storia continua con più energia di prima! Antonio sposa Maria Pecoraro, originaria di Telve «dove se fumega i salami», espressione di una certa perplessità verso un metodo un po’ “discutibile” usato per garantire la conservazione e, al tempo stesso, la genuinità di questi prodotti. I figli di Antonio e di Maria, Rina, Celsio, e Giordano, si occupano della gestione
Giordano prepara il Parampampoli
La Famiglia 1929
fino al ’1956, anno in cui l’attività si incentra nelle mani di Giordano, aiutato dalla moglie Angelina, alla quale si aggiungeranno poi i figli Quirino, Maria, e Danilo. Una coincidenza fortunata, nel 1960, origina la famosa bevanda conosciuta come ”Parampàmpoli”. «Un giorno, vicino al fogolar – raccontano -, mentre Giordano mescola il caffè, il vino e la grappa in una ramina, s’incendia il tutto e… continuerà a “fare scintille”!». Con gli anni ’60 cominciano a giungere turisti e fungaioli da Trento e da Bassano e la notorietà del “Crucolo” si lega sempre più con i salumi e i formaggi, rinnovati nei gusti ma, mantenendo le semplici emozioni di un tempo. Il contatto con i Bassanesi porta anche ad adottare le padele de smalto, prodotte dalle smalterie venete; la preparazione del Parampàmpoli diviene un rito, grazie al quale “si fa anima” in un’atmosfera di festa, e col gusto di ritrovarsi in allegria. Servito in principio in semplici tazze da
rucolo Since 1782
nza e buona tradizione culinaria ... e oggi.
caffè, vengono poi utilizzate tazzine particolari, ideate in quegli anni da un
Cantica Rifugio Crucolo responsabile della fabbrica di porcellana di Ospedaletto, Berto Baldi. Il “Crucolo” – il cui nome può trovare origine nel “cocuzzolo” della montagna - continua ad accogliere gli ospiti locali e i foresti, soddisfatti da ciò che viene loro proposto in un’atmosfera
che fa sentire a tutti il calore di un rifugio, dove la cucina a vista rende il clima particolarmente accogliente. E i losti (i gestori) fedeli alla lunga tradizione familiare, non intendono abbandonare la via della continua ricerca di miglioramento, convinti come sono che “da ‘na roba fata ben, par farla mejo, basta ‘na nina de passion”. E infatti, ispirati ed animati dalla passione e amore per il proprio lavoro, i gestori sono orgogliosi di poter offrire la possibilità di “entrare” nel cuore della loro attività; la cantina, piena di vini, salumi e formaggi dove il profumo inebria la mente di sapori. Lo spirito d’intraprendenza dei titolari ha dato vita ad altre realtà collegate col Crucolo, come l’Hotel Spera, nato inizialmente dall’idea di accogliere gruppi di ospiti anziani provenienti dall’Emilia Romagna e come la “Bottega” di Scurelle che vende formaggi, salumi, liquori, cioè i prodotti “riconosciuti” da chi apprezza il marchio “Rifugio Crucolo” perché sa che è garanzia di genuinità; piace ricordare, fra i tanti estimatori, la famiglia Gugliemi del locale “Amici del Rifugio Crucolo” di Gavasseto in provincia di Reggio Emilia: qui, l’entusiasmo dei gestori ha saputo davvero ricreare “un pezzetto” del Crucolo, “evocato” dai valori dell’ospitalità che solo una famiglia può dare, proponendo anche nuovi sapori, frutto di un’alchimia tra i prodotti emiliani e quelli trentini. Sempre più ospiti chiedono di poter
Il caminetto acquistare il Parampàmpoli, spesso per donarlo agli amici, con i quali ricreare l’atmosfera di festa che ha caratterizzato i momenti trascorsi nelle sale e nelle cantine del Crucolo, magari anche in occasione del vero e proprio “spettacolo” di cui “il salame più lungo del mondo” (Guinnes dei primanti nel 1992-1994) e “il formaggio più grande sono gli indiscussi protagonisti di un momento di goliardica e sana trasgressione. (P.R.)
Il formaggio del Crucolo
RISTORANTE RIFUGIO CRUCOLO Località Val Campelle - Scurelle - TN Tel.: 0461 766093 - Cell.: 348 1766447 Email: rifugiocrucolo@crucolo.it
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oggi ieri LA VALSUGANA e Tanti auguri,
miniera di
Calceranica D
ieci anni fa la miniera di Calceranica riapriva i battenti dopo anni e anni di chiusura, pronta ad accogliere visitatori e curiosi anche con le visite guidate. Una storia non così antica, che in realtà ne nasconde una tutt’altro che giovane. Il giacimento, ricco di solfuri quali la pirite (un composto di zolfo e ferro), la calcopirite (che vede anche la presenza di rame), la galena (nella quale allo zolfo si aggiunge il piombo), era forse noto fin dall’antichità. Ne sono testimonianza
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alcuni ritrovamenti archeologici in zona, dove sottoterra sono state rinvenute tracce di scorie di fusione. Il sito acquisì sempre più importanza dal punto di vista economico a partire dal XVI secolo; i secoli successivi videro un costante incremento della redditività della miniera. Nell’Ottocento, per esempio, la famiglia Schmid di Calceranica per decenni riuscì a estrarre una media di 500 quintali di pirite all’anno. Ma il periodo nel quale lo sfruttamento fu più intenso fu nel corso dell’ultimo secolo: nella prima metà del Novecento la miniera di Calceranica fu importante fonte di diversi elementi e minerali. Inizialmente i gestori della miniera puntarono all’estrazione del ferro dalla pirite; poi si passò all’estrazione dello zolfo per la sintesi dell’acido solforico, composto impiegato nel campo Museo e Parco Miniera Calceranica dei fertilizzanti, foto Enrico Gremes - APT Valsugana nella preparazione
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Museo e Parco Miniera Calceranica (foto M. Fernetti -APT Valsugana) del solfato di rame, nel decapaggio delle lamiere, nell’industria manifatturiera e metallurgica, nonché nella produzione di esplosivi nel periodo che
MINATORI a Calceranica - da Lombardia Beni C comprende le due guerre mondiali. Quel labirinto di cunicoli che per decenni aveva dato lavoro agli abitanti di Calceranica è stato definitivamente chiuso nel 1964; quarant’anni dopo la miniera è diventata oggetto di un am-
bizioso piano di recupero. Grazie a finanziamenti europei, nel 2004 sono iniziati i lavori di ripristino dei primi 100 metri della galleria Leyla, lunga 750 metri e costruita tra il 1924 e il 1925 per consentire ai minatori di raggiungere più agevolmente i giacimenti minerari. Da allora è stato anche risistemato l'antico “sentiero dei minatori” percorso da chi scendeva dall’Altipiano per infilarsi nella terra ed estrarre materiali preziosi. Purtroppo alcuni crolli hanno negli ultimi anni ridotto il percorso di visita, ma non per questo si è ridotta l’attività culturale. Dal 2008 un progetto culturale permette l’animazione della miniera; negli ultimi anni se ne è occupata Albatros, una realtà fondata nel 1987 e che si occupa di ambiente, natura, scienze naturali, e geologia. Uno dei membri, Claudio Torboli, ha scambiato quattro chiacchiere con noi. «L’attività della miniera – dice Torboli - riprenderà in occasione della Notte Blu. Il 9 giugno riapriamo i battenti per una serie di eventi e attività. Ma l’attività di visita guidata riprenderà con il 28 di giugno. Fino al 2 settembre, dal giovedì alla domenica, sarà possibile visitare assieme a una guida esperta la parte di miniera aperta al pubblico». Il progetto originario per la riapertura della miniera prevedeva uno sviluppo sotterraneo del percorso di circa 130 metri; oggi questo è ridotto solo a un trentina di metri a causa di crolli; il recupero appariva dieci anni fa molto incerto. «La domanda sul Gal per accedere ai fondi del progetto Leader Europeo è andata a buon fine - ha spiegato il sindaco di Calceranica, Cristian Uez - e presto daremo il via alla sistemazione della parte di galleria crollata. Ma modernizzeremo anche l’area espositiva, nell’ottica della realizzazione di un progetto diffuso per un geoparco del Lagorai». L’idea sembra piacere anche a Torboli, che ha così commentato: «Questo finanziamento ci sta come il Culturali cacio sui maccheroni! Come anche il progetto per una narrazione collettiva delle miniere in Valsugana: si va dai siti preistorici della zona del Lagorai a quelli medievali della Valle dei Mocheni, all’età moderna e contemporanea qui a Calceranica». (E.C.)
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oggi ieri LA VALSUGANA e Il Parco delle Terme e il Grand Hotel tra natura e storia
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uando dai colli e dalle montagne attorno a Levico si ammira la cittadina lacustre, lo sguardo non può che indugiare su quella grande macchia verde, di forma regolare, che risalta in mezzo ai tetti delle case. È il grande parco asburgico delle terme, un’oasi di natura che racchiude e racconta un importante capitolo della storia trentina e valsuganotta. Quel capitolo che vide il fiorire del turismo rivolto alla medioalta borghesia tra Otto e Novecento. Oggi, a più di cento anni dalla costruzione del parco, esso è diventato un bene provinciale nel quale i secolari e magnifici alberi e le strutture in stile Liberty che spuntano tra le rigogliose chiome sono tutelati e curati. Ma è anche un luogo dove avvengono numerose manifestazioni nel corso dell’anno: dai vivaci e luccicanti mercatini di Natale, alla rinomata manifestazione Ortinparco, ai festival e agli eventi culturali. Quest’eredità viene da un passato non troppo remoto. Era infatti l’inizio del nuovo secolo quando Levico divenne una realtà rivolta al turismo. Ci si rese ben presto conto che le strutture alberghiere erano insufficienti e, con l’andare degli anni si rese necessario ammodernare e arricchire l’offerta turistica di Levico, divenuta città nel 1894 per editto imperiale. Ma il fattore che innescò la crescita esponenziale della cittadina termale fu l’inaugurazione, due anni più tardi, della nuova linea ferroviaria - la Ferrovia della Valsuagana, della quale vi abbiamo parlato qualche numero fa. Con essa sempre più turisti poterono raggiungere Levico e le sue moderne terme da tutta Europa attraverso il Brennero e lo snodo ferroviario di Trento. Nel 1898 il berlinese direttore della società che gestiva le acque termali, Giulio Adriano Pollacsek, acquistò il terreno ove sorge il parco, un “arativo con
viti e gelsi di metri 120.000 circa, al prezzo convenuto e accettato di 100.000 fiorini”. La sua idea era quella di creare una nuova struttura per le cure termali con uno stabilimento con funzione anche di albergo, possibilmente immerso all’interno di un verdeggiante parco. Per la progettazione di quello che è oggi uno dei parchi più suggestivi del Trentino venne convocato a Levico un grande giardiniere tedesco: Georg Ziehl. Questi proveniva da Norimberga e si era già cimentato nella progettazione e realizzazione di parchi che soddisfacessero a pieno il gusto e i canoni estetici di quell’epoca sfavillante. Ziehl disegnò quindi un grande parco in grado di adattarsi al terreno in salita, con una rete di graziose passeggiate che si snodavano allora come oggi alla scoperta dei luoghi più segreti e affascinanti del parco. Questo perché il concetto di Kurort ottocentesco (luogo di cura) vedeva non solo il sottoporsi alle cure termali, ma anche le passeggiate all’aria aperta, il relax, e lo svago. E così il giardiniere realizzò un parco “all’inglese”, che si sviluppa in ampi prati nei quali, a sorpresa, spuntano gruppetti di alberi differenti, con un reticolo elegante di vialetti atti alla sua esplorazione. Due costruzioni sorsero all’interno del parco. In basso, nei pressi del cancello rivolto verso la stazione, Villa Paradiso, che ospitò il giardiniere Ziehl durante tutta la costruzione del parco. Nella parte alta, invece, il sontuoso e moderno Grand Hotel, ancora oggi utilizzato come albergo. Ma lo spettacolo del parco sta nei magnifici alberi che da oltre un secolo crescono in quel terreno: sequoie giganti della California, magnolie, il monumentale faggio rosso, i cedri e le conifere provenienti da tutto il mondo. Per una passeggiata a ritroso nel tempo. (E.C.)
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oggi ieri LA VALSUGANA e I balconi panoramici della Valsugana
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n estate non c’è nulla di più bello per scattare fotografie, dell’appostarsi sui balconi panoramici della Valsugana che consentono di vedere l’intera vallata, con i suoi laghi e le sue alture. Tra i punti panoramici più belli di sempre, la Kaiserjagerstrasse, strada di MonteRovere o anche nota col nome di Menador, che da Caldonazzo porta sull’altipiano di Lavarone-Luserna. Dal belvedere lassù è possibile ammirare entrambi i laghi di Caldonazzo e Levico. La strada stessa ha il suo fascino, conla sua forte pendenza e le gallerie scavate nella roccia dai militari austriaci. Molti di questi punti panoramici, sono legati alla Grande Guerra; come è facile comprendere, i soldati per costruire le proprie postazioni militari hanno sfruttato i luoghi da cui la veduta è ottimale e da cui si poteva scorgere quanto prima il nemico. Questo vale anche per il noto Pizzo di Levico o Spitz Vezzena, definito l’occhio dell’Altipiano proprio per l’ampia visuale che da qui si può godere. La strada che da Selva di Grigno sale verso l’altipiano della Marcesina offre splendid panorami, percorribile dai resi-
denti, per gli altri è possibile transitarvi solo con apposito permesso da richiedere al Comune di Grigno. Splendido anche il belvedere del Monte Lefre, posizionato al di sopra della galleria-osservatorio, la cui apertura si affaccia sulla bassa Valsugana. Anche dalla Rocchettta di Borgo Valsugana è possibile godere di un bellissimo ed ampio panorama sulla vallata. Partendo dal centro di Tenna e seguendo le indicazioni per il forte, proseguendo sulla strada in direzione della chiesetta di San Valentino, lo sguardo può alternarsi tra il lago di Levico e quello di Caldonazzo. Anche il forte Colle delle Benne di Levico e la Torre dei Sicconi di Caldonazzo hanno splendide terrazze panoramiche. Panoramica è anche la strada che costeggia il lago Pudro e sale verso Montagnaga donando allo sguardo uno splendido scorcio del lago di Canzolino, dei suoi terrazzamenti coltivati a vigneto, con le sue rustiche e tipiche abitazioni in sasso. Dalla località Buss, la vista si estende verso Pergine con il suo castello, mostrando il lago di Caldonazzo e la natura che lo circonda. Una bellissima passeggiata è quella che da Canale di Pergine porta al Maso Puller e con una breve salita nel bosco giunge a Maso Pianezza, dove si può godere dalla chiesetta un’ampia veduta del lago di Caldonazzo. Dalla Cros de Mala è possibile contemplare l’intera Valle Incantata, ed una bellissima vista si può godere anche praticando alcune semplici passeggiate, come quella che dal Van Spitz di Kamauz, conduce al rifugio Kaserbisn in località Prati Imperiali. Ma anche cam-
minando dal Passo Redebus verso malga Cambroncoi, si scorge la valle dei Mòcheni ed il perginese. Il ponte poi che collega Palù a Fierozzo consente un veloce collegamento sospeso tra le due località, con un ampio prospettiva della valle che si estende ai suoi piedi. Vi è poi in Valsugana un balcone molto apprezzato, soprattutto da chi ama lanciarsi con il parapendio, parlo della località Vetriolo, sulla Panarotta. Un poggiolo sempre ampiamente frequentato, anche solo per ammirare quei coraggiosi ed impavidi che scelgono di librarsi in volo sulla Valsugana. Numerosi gli scorci della Valsugana, di cui potrete godere nelle terse giornate estive, molti i punti panoramici da cui poter scattare foto ricordo di qualche gita o passeggiata in zona. Forse non sono riuscita ad esaurirli tutti e sicuramente ce ne saranno molti altri da aggiungere a questa prima lista di punti panoramici valsuganotti. Se volete segnalarci qualche “balcone” che nell’articolo ho dimenticato, ben venga che l’elenco che venga ampliato. (C.P.)
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oggi ieri LA VALSUGANA e Logistica della Grande Guerra in Valsugana tra il 1815 e il 1915
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Caldonazzo nella settimana dell’Adunata Nazionale degli Alpini le associazioni Chiarentana e Forte delle Benne hanno esposto la prima parte di una mostra storico-documentaria frutto di un’approfondita ricerca negli archivi italiani, trentini, e austriaci. Il tema della mostra, che offre nuovi spunti storiografici ma che ha anche mostrato agli oltre 430 visitatori immagini inedite di questi luoghi, prende le mosse da un’idea di fondo: la preparazione alla guerra ha portato grandi investimenti e innovazione nella
Valsugana allora piuttosto arretrata. «La militarizzazione del territorio - ha spiegato il coordinatore scientifico del progetto, il professor Gustavo Corni dell’Università di Trento - ha fatto sì che in questo territorio a prevalenza agricola si costruissero strade e ferrovie; si portasse la modernità del telegrafo e degli acquedotti; si progettassero veloci teleferiche per trasportare sugli altipiani tutto quanto serviva alla guerra». Guerra per preparare la quale c’era bisogno di mezzi, vie di comunicazione, strumenti tecnologici. Come appare
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nella mostra, questa progettazione cominciò già nel corso del secolo precedente. «Prendiamo l’esempio della linea ferroviaria del Brennero e di quella a noi più vicina della Valsugana, - ha raccontato Francesco Frizzera, uno dei ricercatori impegnati nel progetto di ricerca - esse furono progettate e costruite decenni prima dello scoppio della guerra. Il perché sta nei moltissimi documenti che abbiamo trovato». Infatti, nella prima sala della mostra, gli storici hanno guidato i visitatori alla scoperta di quella che è la progettazione della guerra, con le sue cause e le sue conseguenze. Tutto ebbe inizio nel 1866, quando il Trentino divenne zona di confine con il Regno d’Italia. Dopo la prima sala dedicata al contesto storico, politico, sociale e militare, si passava alla sala dedicata alla teleferica tripla di Monte Rovere, un colosso dell’epoca, in grado di trasportare dalla valle agli altipiani, dove si combatteva, rifornimenti di ogni genere per un peso pari a decine e decine di tir, ogni giorno. «Questa hanno spiegato Davide Allegri e Andrea Casna, altri due ricercatori - era una delle teleferiche pesanti imperiali, e da sola trasportava quotidianamente il 20% del peso totale di tutto il sistema, via fune sul fronte meridionale». Nell’ultima sala, invece, lo spettatore s’imbatte in una serie di fotografie. Grandi e piccole, lunghe e strette: moltissime inedite. Tutte, però, in grado di raccontarci oggi l’ambivalente e difficile rapporto tra civili e militari. Se infatti la presenza dei soldati e la costruzione di infrastrutture offrivano
lavoro alla popolazione locale, dall’altra non mancavano i momenti d’attrito. «Era un problema che i giovani soldati passassero il loro tempo libero al lago facendo il bagno nudi», ha spiegato Carolina Cattoni, giovane storica e membro del team di ricerca. «Sì - ha continuato la collega Silvia Sartori - non mancavano i problemi di ordine pubblico dovuti alla presenza di giovani uomini». A corredo della mostra, una serie di video presentano alcuni aspetti peculiari della logistica; mirabili le riprese con drone delle fortificazioni in Trentino. Se vi siete persi la mostra, tranquilli, tornerà: «Questo primo capitolo - ha spiegato il coordinatore - è stato realizzato in occasione dell’adunata e si concentra sul periodo precedente la guerra. In autunno realizzeremo una mostra più estesa che si concentrerà soprattutto sugli anni del conflitto». Un progetto che prevede anche la pubblicazione di uno o più volumi. «Abbiamo preso questo impegno con chi ci ha finanziati e sostenuti, Provincia, Comunità di Valle, Comune di Caldonazzo e Cassa Rurale, e siamo sicuri di non deludere le aspettative».
oggi ieri LA VALSUGANA e Il Tesino tra flora e fauna
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l centro permanente flora e fauna si trova a Castello Tesino, in località Le Parti vicino al centro sportivo, un luogo immerso nella natura e nel verde che si può raggiungere partendo dal paese con due differenti e semplici camminate dotate di aree sosta con tavoli e panche. Al suo interno viene proposta e offerta al visitatore la ricostruzione degli ambienti alpini, per dare spazio e visibilità a buona parte delle specie animali caratteristiche di queste zone montane. La visita, non solo piacevole e dilettevole, è anche un momento per approfondire
le conoscenze grazie all’apparato descrittivo che fornisce una precisa e completa relazione di quanto mostrato. Non solo animali alpini, ma anche i pesci che nuotano nelle acque di montagna, una sezione è riservata poi ai rettili, vi sono vetrine destinate agli insetti, libellule, maggiolini, e farfalle, e una ricca collezione di minerali. Se in questi ultimi anni il bosco sta prendendo il sopravvento, molti prati vengono ancora falciati per conservare estese aree a prato, regno indiscusso delle farfalle. Una particolare attenzione è dedicata alla vipera, per comprendere come identificarla, riconoscerne il morso, riconoscibile
dai due piccoli fori, quasi invisibile, ma che scatena un immediato dolore. Vengono fornite quindi ulteriori informazioni per comprendere come comportarsi in caso di morso. I consigli si ampliano prendendo in considerazione un altro essere che spesso “attacca” le persone, la zecca. Piccola e a volte nascosta, ma che va subito rimossa con pinzetta per evitare contagi e la zona interessata va tenuta monitorata, meglio ancora sarebbe effettuare comunque un consulto medico. Imperdibile poi la ricostruzione della grotta dell’Orso Speleo, che nella preistoria ha abitato gli altipiani del Tesino. A tal proposito è stato pubblicato nella Strenna Trentina del 1935, un articolo facente riferimento a un manoscritto del 1840, in cui si narra dell’uccisione di un orso che da tempo si aggirava nella zona di Cima d'Asta. Tre i cacciatori che ingaggiarono la lotta con l’orso, due dei quali furono feriti alle gambe e costretti a letto per parecchi giorni. A tal proposito nel centro vi è una sala dedicata alla caccia, con trofei locali, teche contenenti reperti geologici, e animali imbalsamati come la lince e il gipeto; appena fuori la sala è posto un esemplare di orso bruno. È possibile anche ammirare e fare una passeggiata nel parco esterno, di notevole valore paesaggistico, con i suoi alberi, le diverse specie floreali, gli arbusti, e le curate aiuole fiorite.
Importante è il bosco per l'economia locale, e risorsa indispensabile, legna da ardere, ma utile anche per le costruzioni, per lo strame da usare nelle stalle. Allo stesso modo è fondamentale anche quello che all’interno del bosco vive, come i piccoli frutti e i funghi; nella zona si trovano finferli, porcini, chiodini, e non solo. La raccolta è libera per i residenti mentre i turisti devono procurarsi il relativo permesso a pagamento, il quantitativo massimo giornaliero è di 2 kg a persona. Nel parco anche un anfiteatro naturale che in estate ospita momenti musicali e di animazione per bambini. L’ingresso al Centro Flora e Fauna è gratuito ed è possibile effettuare visite guidate per gruppi su prenotazione. (C.P.)
ORARI DI APERTURA 11 MAGGIO - 14 GIUGNO 2018: Venerdì 16 - 19 Sabato e domenica: 10 - 12.30 / 16 - 19 Luglio / Agosto: Lunedì 16 - 18.30 Ven e sab: 10 - 12.30 / 16 - 18.30 / 20-22. Domenica 10 - 12.30 / 16 - 18.30. Info: Biblioteca Comunale - Tel. 0461 593232 Apt Valsugana - Ufficio di Castello Tesino Tel. 0461 593322.
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oggi ieri LA VALSUGANA e
Forte Busa Granda I
l vecchio sbarramento di Tenna, con i forti delle Benne e di Tenna, realizzato fra il 1884 e il 1889, fu considerato, nel corso degli ultimi anni del XIX secolo, già obsoleto e incapace di resistere ai colpi delle moderne artiglierie che l'industria bellica iniziò a produrre già negli anni '80 e '90 del XIX secolo. Lo sbarramento di Tenna basava la propria forza di fuoco su un sistema difensivo che aveva al centro i due forti di Tenna e delle Benne: questi chiusi e disarmati nella primavera del 1915. La realizzazione dei forti dell'Altopiano e i progetti di fortificazione del settore orientale della Valsugana, che vedevano la realizzazione di cinque fortezze a Grigno e una sulla Panarotta, avevano di fatto messo fuori uso i due forti dell'era Vogl, realizzati per sbarrare una
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possibile avanzata italiana, com’era successo nel 1866, proveniente da Est. Per una serie di fattori (mancanza di soldi e lo scoppio della guerra nel 1914, con il conseguente utilizzo di risorse e uomini da mandare sul fronte orientale), il sistema difensivo della Valsugana (Grigno-Panarotta) non vide mai la luce. A causa dell'imminente guerra con l'Italia, il sistema difensivo di TennaBenne fu rinforzato con la costruzione di trincee e postazioni in calcestruzzo per mitragliatrici e punti di osservazione. L'intero sistema arrivò a estendersi fino al monte Sommo (fra Calceranica e Caldonazzo) e sul Monte Persico (a Est di Caldonazzo sotto il Monte Vezzena). Tale linea difensiva, in collegamento con i forti dell'Altopiano (Pizzo di Levico, Verle, etc, etc), rien-
di Andrea Casna
trava nel settore di confine VI: Kesseljoch-Fravort-Weitjoch-SemperspitzPanarotta. Al posto del forte previsto in Panarotta il comando militare austroungarico decise di rinforzare le difese con postazioni, bunker, e campi trincerati: stessa cosa sul Lagorai. La linea di resistenza tirolese, per il settore della Valsugana, si estendeva, infatti, dai forti dell'Altopiano, scendeva dal Pizzo di Levico lungo la Valsugana per poi risalire sul Lagorai passando per la Panarotta. Ed è in questo contesto che s’inserisce la postazione della Busa Granda. È un'opera moderna e completamente scavata nella roccia, e quindi a prova di bomba. L'esperienza della guerra contro la Russia, iniziata nell'estate del 1914, aveva dimostrato l'inadeguatezza delle fortezze austro-ungariche
costruite sul fronte orientale. L'incapacità delle fortezze in calcestruzzo di resistere per molti giorni a colpi di grosso calibro, costrinse il genio militare austriaco a pensare a un nuovo sistema di difesa. Si decise, quindi, di trasformare le montagne in vere e proprie fortezze. Nei primi mesi del 1915, infatti, il comando militare decise di costruire un caposaldo di artiglieria (una batteria con obici corazzati), in località Compet sopra Levico: la Busa Granda. L'armamento fu trasferito, nell'aprile del 1915, dal Forte delle Benne. Il caposaldo della Busa Granda - completa-
Forte delle Benne
mente scavato nella roccia - era armato con i due obici corazzati del Forte delle Benne (17 tonnellate di peso), 8 cannoni da 9 cm (M75) e da due cannoni 12cm/M80 (anche questi presi dal forte delle Benne). Tutto il perimetro era protetto e difeso da reticolati e da un sistema intricato di trincee, un bunker per osservatorio e mitragliatrice, e cupola osservatorio-corazzato. L'interno è caratterizzato da una galleria principale con accessi ai pozzi di artiglieria e caverne per magazzino munizioni. Lungo la galleria centrale si aprono le caverne laterali: alloggi, cucina, latrina, depositi. Con i suoi cannoni da 9 cm, con una gittata di 6 km, Busa Granda riusciva a ricoprire un raggio difensivo fino a Caldonazzo, Marter, e Sant Osvaldo. I lavori di progettazione e di realizzazione furono seguiti dal Capitano Emil Heutter della Direzione del Genio di Trento. Nel marzo del 1915 i lavori iniziarono e durarono solo tre mesi. Il 12
aprile del 1915 arrivò l'autorizzazione per il trasferimento delle due cupole corazzate dal Forte delle Benne. Stesso sistema di batteria corazzata fu realizzato anche a difesa di Trento, come la postazione costruita nel cuore del Monte Celva e armata con le cupole corazzate del Forte Tenna. Ancora oggi Busa Granda, facilmente raggiungibile a piedi dalla località Compet, ci racconta le fatiche e gli sforzi di civili e militari nelle operazioni di militarizzazione di un territorio che subì i drammi di una guerra mondiale.
Come Eravamo
Vigolo Vattaro - Chiesa 1902
STONATO SARAI TU!
Ottocento ragazzini nel progetto ogni classe un coro: Imparano ad amare la musica e la propria voce.
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Due note si muovono nel cielo come due rondini”, così cantava Mina nel 1961. Cinquantasette anni dopo al Palalevico, fra maggio e giugno, hanno volato le rondini di ottocento bambini delle classi terza, quarta e quinta della scuole primarie di Caldonazzo, Levico, Calceranica, Tenna e Borgo. Ragazzini della Valsugana coinvolti dalle scuole di musica di Borgo, Levico e Caldonazzo, nel progetto “Ogni classe un coro” realizzato con il contributo della Provincia autonoma e in collaborazione con gli Istituti Comprensivi. Certo un'occasione per scoprire che i cosiddetti stonati sono meno di quanto si creda. Due indagini, una canadese e l’altra polacca, hanno verificato che sono il 10 per cento delle persone, le quali hanno difficoltà nell’azzeccare la nota giusta ma che in maggioranza, se seguiti riescono a ravvedersi. Giancarlo Comar, direttore della Scuola di Musica, riduce il numero degli stonati all’uno per cento. “ Si tratta però di pura diseducazione, dice, le difficoltà nascono dalla scarsa abitu-
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dine al canto. Un tempo si cantava in gruppo con la chitarra, sui pulman in gita, oggi si mettono le cuffiette e si ascolta la musica. Tutti i presunti stonati possono però essere recuperati con l’educazione. Nei casi più recidivi dovuti a fattori neurologici si seguono percorsi personalizzati”. Anche a questo servono iniziative come Ogni classe un coro. Per un anno gli insegnanti delle scuole musicali e le maestre delle elementari hanno avvicinato i giovani al canto corale che, dice Comar, è “ il miglior modo per ottenere un'alfabetizzazione musicale ampia e di immediata fruibilità.” Per ottenere questo ogni classe è diventata un coro e poi tutti assieme sul palcoscenico a festeggiare la musica con prestazioni di grande buona volontà e allegria per insegnanti e genitori. Gremita, con quasi mille persone, in tutte le serate la vasta platea del Palalevico. Per le orecchie
più raffinate i gruppi della Scuola di Musica hanno eseguito concerti con musiche di grandi autori. Con la disponibilità e semplicità che contraddistingue chi ama la musica hanno poi accompagnato i ragazzini in un coro collettivo fatto di impegno, buona volontà e ambizione. E le note sono volate, alte, in qualche passaggio sopra le nuvole, confondendosi con gli applausi del pubblico di genitori e nonni. Una festa musicale che, augura Comar “ costituisca un momento bello e significativo nel percorso scolastico e didattico di ognuno”. (W.P.)
Patch Point e il Mimillo per Marafiki di Chiara Paoli
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na primavera emozionante per l’associazione levicense Patch Point che ha affrontato un lungo viaggio verso il Kenya per consegnare a Elisabetta e Valentina di Marafiki Primary School Onlus le offerte raccolte tra il 2017 e gli inizi del 2018. La raccolta fondi è stata possibile grazie alle manifestazioni in cui l’associazione propone laboratori per bambini, e con la vendita del Mimillo, un simpaticissimo e originale peluche realizzato completamente a mano dalla presidente Marlies van Vugt e dallo Staff di Patch Point di Levico Terme.
Ogni esemplare è numerato per riconoscere la sua originalità, e grazie a questo viaggio, anche i bambini di Marafiki hanno potuto stringere tra le braccia un colorato e dolcissimo Mimillo. Marlies e Sofia sono partire con le valigie piene di regali: forbici, colle, pennarelli, vestiti, e scarpe. Con il loro
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arrivo hanno portato sull’isola una ventata di colore e creatività, immancabile infatti il materiale di riciclo e le numerose e riconoscibili buste con cartoncini da ritagliare, per creare simpatici animali della foresta. La Onlus non ha potuto fare a meno di ringraziare lo staff di Patch Point, con un bellissimo dipinto murale, realizzato sul muro dell’orfanotrofio. Molte le persone di Levico e dintorni che hanno contribuito alla raccolta di vestiti, scarpe, e giochi per i bambini di Marafiki Primary School Onlus. Durante la permanenza a Marafiki è arrivato il piccolo Talmon, un bambino abbandonato che ha solo pochi mesi, Patch Point se ne è innamorato e il team ha deciso di sostenere a distanza questo bambino, per potergli garantire tutto quanto necessario per farlo crescere in buona salute. Un’esperienza di due settimane che ha permesso all’associazione di portare un ulteriore aiuto sull’isola, ma anche di conoscere e convivere un breve tratto di esistenza con questi bambini e con gli “angeli” dell’isola che se ne prendono cura. Quante volte sosteniamo organizzazioni, senza sapere dove i nostri soldi vanno a finire e senza instaurare un rapporto con le persone che aiutiamo? Troppo spesso. Per questo Patch Point ha deciso di sostenere un progetto che propone un contatto e un’esperienza diretta, Marafiki, un progetto nato quasi per caso, quando Mario nel 2001 fa un viaggio in Kenya. «Qui, una tettoia fatta di rami secchi era la scuola dei bambini del luogo. Quella tettoia dà vita al sogno di realizzare
una scuola». (marafikischool.weebly.com) Ma le cose, si sa, non succedono mai per caso, al suo impegno si aggiungono altre persone che credono nel progetto, e questo cresce sempre più fino a quando viene costituita, il 14 giugno 2012, la Marafiki Primary Onlus. Ora sono Elisabetta e Valentina che portano avanti con passione le diverse proposte, in favore degli abitanti della piccola isola di Kadaina circondata dalle mangrovie. La scuola è suddivisa in infanzia, primaria, e secondaria, ed è frequentata da più di 600 bambini e ragazzi, si è poi aggiunto un orfanotrofio. Per i ragazzi dell’Orfanotrofio è stata creata una catena di sostegno a distanza che prevede un contributo economico fisso e continuativo destinato a un singolo bambino.
«L'obiettivo primario della Marafiki Primary School Onlus – si legge nel sito marafikischool.weebly.com - è di aprire la strada di questi bambini verso un futuro migliore e diverso, senza strapparli dalla loro Terra ma rispettando la loro cultura e soprattutto salvaguardando la loro dignità di persone umane». Chi volesse sostenere Marafiki lo può fare attraverso l’associazione Patch Point. Per richiedere un Mimillo e finanziare così il progetto, potete scrivere a patchpoint@live.it, oppure visitare il sito www.patchpoint-levico.com.
Vivere negli US A
UN VIAGGIO NELLA CULTURA AMERICANA
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ivere negli Usa è il sogno di molti di noi cresciuti a pane e film americani. Tutto dall’altra parte dell’oceano sembra brillare un po' di più. Ma la vita quotidiana non sempre corrisponde all’immaginario comune. Il viaggio nella cultura americana comincia già in aeroporto. La bandiera americana subito accoglie il viaggiatore, e lo accompagna per tutta la sua permanenza negli States. Di bandiere usa se ne vedono davvero ovunque, dai luoghi pubblici fino al supermercato. Il viaggio prosegue poi in autostrada, dove ci si trova coinvolti in un groviglio di strade a cinque corsie, superati da macchine con cilindrate importanti e con il cambio rigorosamente automatico. L’utilitaria negli Stati Uniti non è comune, ritenuta poco sicura e poco adatta alle lunghe distanze. Inoltre, i quasi inesistenti trasporti pubblici rendono l’automobile una necessità. Nel quotidiano è frequente imbattersi in pubblicità di ospedali e medici ed il viaggiatore italiano si può chiedere il perché. Ecco una grande differenza: la sanità negli Stati Uniti è privatizzata, quindi il malato è in realtà un cliente. Anche lo studio universitario è solo in parte finanziato dallo Stato. Così per
frequentare l’università lo studente americano si laurea con una media di $40,000 in debiti. Non tutti ne hanno la possibilità. Non è raro terminare di pagare il mutuo universitario raggiunta la mezza età. L’americano vi è avvezzo, in quanto gli Usa sono una cultura basata sul debito e non sul risparmio. La mentalità è quella dell’investimento. Lo stile usa è in genere molto casual, non è impensabile vedere lo studente universitario che si presenta a lezione in infradito, o persino una famiglia in pigiama al cinema. Il turista italiano che viaggia in estate deve essere preparato a vestirsi a cipolla. Se all’esterno ci sono 40 gradi, in locali, mezzi pubblici e negozi il clima è artico. Gli Americani sull’aria condizionata non risparmiano, e in sua assenza vanno in crisi. Il cibo è un altro elemento di differenziazione importante per l’italiano dalle sane abitudini. Se da noi mangiare al ristorante è cosa riservata alle occasioni importanti, negli Stati Uniti è una frequente abitudine. A casa si cucina relativamente poco. I ristoranti a gestione famigliare sono poco diffusi, il campo della ristorazione è riservato alle grandi catene. Le porzioni sono in genere abbondanti, ma se non si riesce a finire tutto ciò che si è ordinato si può chiedere una "box", per portare a casa gli avanzi. Mangiare per molti americani non è un rito, quanto una necessità da espletare in fretta, per poi dedicarsi all’attività successiva. Con le bevande negli usa c’è l’imbarazzo della scelta: Coca-Cola, Doctor Pepper, e chi più ne ha più ne metta! È un trionfo di bibite gassate, zuccherate e rigorosamente ghiacciate, che a volte co-
di Francesca Gottardi
La nostra Francesca negli USA
stano meno dell’acqua. Quanto al caffè, altro rituale tutto italiano, negli usa è servito molto allungato, da prendere al volo e portar via. Se si va in un bar è per lavorare al computer o persino studiare, raramente per socializzare. Altra differenza con cui il viaggiatore italiano deve presto fare i conti è la mancia. Ad ogni prestazione in ristoranti e bar va aggiunto un 18%-20% di mancia. Non farlo è considerato un comportamento socialmente reprensibile. Inoltre, quando si fanno degli acquisti negli Stati Uniti occorre tenere presente che le tasse sono calcolate alla fine. Per questo il costo finale del prodotto può variare in maniera significativa. Infine, il sistema di pesi e misure statunitense si distingue da quello europeo. Chili, chilometri, litri e gradi centigradi diventano libbre, piedi, miglia, galloni, pinte e gradi Fahrenheit.
Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA
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t ei s i r vs i b i l e t in pos im
REBECCA LA MOGLIE DI ISACCO
di Adelina Valcanover
i divisionismo (tecnica pittorica dell’uso dei color del tanti esen rappr simi mas i tra re pitto un Giovanni Segantini fu nasce il 15 gennaio 1858 ad Arco (Trento) da Egli à). nosit lumi sima mas la e mett per che i puri ma tenuti tra loro divis a Milano con la madre a sette anni, viene mandato dal padre della no orfa sto Rima ini. i orig umil di iglia una fam a Borgo to viene affidato al fratello Napoleone che vive segui In o. atori riform in e finisc anni ci dodi sorellastra. A anno torna o. E’ lì che si appassiona alla pittura. Dopo un rafic fotog rio rato labo suo nel are lavor fa lo dina Valsugana e che dei pittori più famosi. Muore a Maloja in Enga uno ta diven to segui In a. Brer di ia adem l’Acc a Milano e frequenta . (Svizzera) il 28 settembre 1899, di peritonite Bondì, endovina chi che voleria na intervista da ti. Beh, se ti dico che mi ricordi un autoritratto di Giovanni Segantini, mi avvicino? Brava, ci sei riuscita al primo colpo. Deduco che mi conosci allora. Bene, lo prendo come un sì. Ma certo! Comincia con la tua infanzia… Mio padre Agostino Segatini (la enne l’ho aggiunta al mio cognome in seguito) era originario del Veronese ed era venuto a Trento e vendeva vino, formaggio e frutta in una rivendita che aveva aperto in rione San Martino. Si sposa con Maddalena Fronza e ha parecchi figli, tutti morti da piccoli, tranne due, Napoleone e Irene. Rimasto vedovo, mio padre sposa in seconde nozze mia madre Margherita Girardi,
Giovanni Segantini (1858-1899) - Ritratto
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che mi lascia orfano all’età sette anni. I tuoi sono finiti ad Arco per una serie di circostanze avverse. I miei erano molto poveri e vivevano con un sussidio, poi nel gennaio del 1858 sono nato io. Mia madre dopo il parto non si è più ripresa. Come ebbi a scrivere di lei: “Io la rivedo con l’occhio della mente quella sua figura alta, dall’incedere languido”. Era bella, non come aurora o meriggio, ma come tramonto di primavera”. Mio padre con i figli di primo letto se ne va a Milano e lei resta sola con me ad Arco. Non so se lo sai, ma a quattro anni sono caduto nel canale davanti a casa e Domenico Morghen mi ha salvato dall’annegamento. Mio padre torna con i miei fratellastri. Rimasto orfano, emigro con mia sorella Irene in Italia, a Milano. Poi, dato che non trovavi requie ed eri sempre in giro, a dodici anni fosti arrestato per ozio e vagabondaggio e mandato al riformatorio Marchiondi. Sì, fu terribile per me essere rinchiuso. Tentai anche la fuga, ma purtroppo mi presero subito e dovetti restare altri due anni. Non riuscirono a rovinare la mia anima, invece mi fece sentire più vicino alle anime meschine dei derelitti. Grazie all’interessamento di mio fratello Napoleone esco dal Marchiondi e vado presso di lui a Borgo dove aveva aperto una bottega fotografica. Un anno dopo, però, decido di tornare da Irene
Segantini 1890 a Milano. Lavoro presso un decoratore e la sera frequento i corsi dell’Accademia di Brera. Voglio diventare un pittore. Così dopo aver “attraversato tutta l’eterna pianura della tristezza e del dolore” realizzo le prime tele ottenendo risultati importanti.
Dimmi come sei diventato divisionista. Il coro di Sant’Antonio, un quadro che mi fece vincere una medaglia a Brera nel 1879, m’ispirò questo pensiero: “Non avevo certamente inteso di fare un’opera d’arte, ma semplicemente di provare a dipingere. Da una finestra aperta entrava un torrente di luce, che illuminava gli stalli intagliati in legno del coro: dipinsi questa parte, e la resi con efficace ricerca della luce. Qui subito compresi che, col mescolare i colori sulla tavolozza, non si ottenevano né luce né aria: trovai il modo di disporli schietti e puri avvicinandoli sulla tela gli uni agli altri, nella stessa dose che avrei adoperato mescolandoli sulla tavolozza, lasciando che la retina dell’occhio li fonda guardando il dipinto a sua natural distanza”. Descrizione chiara e precisa. Quindi ti mantenevi dipingendo? No, ma sono tornato al Marchionda a insegnare geometria. Credo che sia
stata una scelta doverosa verso persone che erano destinate a restare dei reietti. Ma per fare questo dovetti depositare tre medaglie e ricevetti in cambio 20 lire dall’economo dell’istituto. In quel periodo ebbi anche un incontro fondamentale: Vittore e Alberto Grubicy. Soprattutto il primo promosse i miei dipinti e così potei diventare un pittore conosciuto e stimato. Tu avesti anche un altro incontro fortunato, vuoi parlarne? Sì tratta dell’incontro con la donna della mia vita, Luigia Bugatti che io chiamo Bice.Finalmente posso essere me stesso sia nella dimensione artistica sia affettiva. Ci trasferiamo in Brianza e nascono i miei figli Gottardo e Alberto e poi anche Bianca e Mario. La mia fama cresce sempre di più e così le soddisfazioni. Purtroppo a 2.700 m. sullo Shafberg in Engadina… Era il 18 settembre del 1899. Ero alla ricerca di una luce che mi servita per il Trittico. Avevo appena cominciato a dipingere quando mi prese un violento attacco di peritonite. Non ci fu niente da fare e anche se assistito dal mio amico medico Oskar Bernhard, dalla mia amata Bice e da mio figlio Mario, me ne sono andato verso la luce assoluta: sono morto il 28 settembre, proprio quando la natura espone i suoi colori più suggestivi.
Nell’intervista non hai quasi nominato i tuoi quadri. Perché? Ritengo che i miei quadri siano molto conosciuti e non potevo fare un elenco e raccontare la storia di ognuno. In Engadina c’è un museo con un’ importante collezione dei miei quadri. Se qualcuno ha piacere può cercare per conto suo… figurati che fino all’adolescenza era analfabeta! Se uno è motivato e vuole travalica le difficoltà e riesce a fare quello che si prefigge. Ero povero, orfano, senza istruzione, ma sono riuscito a diventare qualcuno. So bene che non è possibile a tutti, ma provare vale sempre la pena.
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Altroconsumo risponde
LE BOLLETTE DI LUCE E GAS… COME SI LEGGONO? Altroconsumo è la più grande organizzazione italiana di consumatori, con oltre 370.000 soci. “Piccole e grandi risposte quotidiane a portata di mano”: questo è l’impegno di Altroconsumo nei confronti di tutti i consumatori che vogliono fare scelte più consapevoli ed efficaci. Altroconsumo mette la sua indipendenza, la scientificità, il senso critico del consumo, la volontà di difendere sempre i diritti delle persone al servizio dei consumatori e dei suoi soci. In un mondo pieno di domande, Altroconsumo dà risposte. La sede nazionale è a Milano, ma vi sono anche rappresentanti regionali in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Lazio, Trento, Bolzano, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia, Sardegna e Puglia.
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n buon modo per cominciare a gestire la spesa dell’energia in casa è quello di imparare a leggere le fatture, così da avere più chiara la situazione dei propri consumi. La comprensione della bolletta, nonostante gli sforzi compiuti dall’Autorità Energia e dai fornitori per una maggiore chiarezza e semplicità, continua a rimanere un'operazione complessa per la maggior parte degli utenti. La fattura che riceviamo a casa è una "bolletta sintetica" che contiene le informazioni essenziali necessarie a capire quanto si paga, la data di scadenza del pagamento, a che periodo si riferiscono i consumi e quanto si è consumato. Viene inviata secondo la periodicità prevista dal contratto. Non contiene tutte le informazioni di dettaglio, disponibili invece nella versione estesa della bolletta che si può ottenere richiedendola al proprio fornitore. Nel primo foglio della bolletta sono contenute le informazioni sul tipo di contratto e sulla fornitura. Troviamo la “Tipologia di cliente” (ad es. domestico residente, o non residente...) e la specifica se si è in maggior tutela o nel mercato libero dell'energia con, in questo caso, anche il nome dell’offerta sot-
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Inizia, con questo numero, la nostra collaborazione con Altroconsumo, i cui esperti saranno a disposizione dei nostri lettori per rispondere alle piccole e grandi domande della vita quotidiana: come scoprire i costi nascosti in bolletta? Come scegliere gli elettrodomestici più adatti alle tue esigenze? Quali spese si possono detrarre nella dichiarazione dei redditi? Quando una multa è ingiusta e come far valere i tuoi diritti? Questi sono solo alcuni esempi, qualunque sia la tua domanda di consumatore e cittadino, in questa rubrica riceverai la risposta per essere sempre informato e fare le scelte migliori per te. Utilizza le email qui di seguito per fare tua domanda: direttore@valsugananews.cominfo@valsugananews.com. Non si accettano domande anonime ovvero tutte le richieste dovranno essere firmate e contenere sia i dati anagrafici del lettore e sia l’indirizzo e il numero di telefono.
toscritta. Sono indicati anche i dati relativi all'intestatario dell'utenza, i codici che identificano la propria fornitura come il POD (sigla inglese che sta per Point of Delivery, ovvero Punto di Consegna) per l'energia elettrica e il PDR per il gas e altre notazioni tecniche, tipo: la potenza disponibile e quella impegnata, per l’elettrico; il potere calorifico e il coefficiente di conversione, per il gas. In bolletta devono essere ben visibili i recapiti del servizio di pronto intervento, quello per i reclami o le richieste di informazioni. Nella voce “Totale della bolletta” troviamo quattro sotto-voci: • Spesa per la materia energia o gas naturale, che comprende le voci di costo i cui importi sono definiti dal fornitore, ed è prevalentemente costituita dal "prezzo dell'energia" o dal "prezzo del gas" applicati ai consumi. È su queste componenti di costo che si gioca la concorrenza tra i diversi fornitori. • Spesa per il trasporto e la gestione del contatore, che si riferisce al costo del trasporto dell'energia dalle centrali alle case (in pratica l’utilizzo dei cavi della rete elettrica o della rete
di distribuzione del gas metano) e le spese per la lettura e la gestione dei contatori. Sono costi che paghiamo tutti allo stesso modo perché definiti e aggiornati periodicamente dall’Autorità dell’energia, a prescindere dal fornitore con cui si ha un'utenza attiva, e variano in base ai consumi. • Spesa per oneri di sistema. Anche questo è un importo definito dall’Autorità e non dai singoli operatori del mercato, ed è una voce che copre tutte le spese che servono per mantenere in equilibrio il servizio elettrico e del gas. Rientra in questa categoria anche quanto si paga per finanziare la produzione di energia da fonti rinnovabili. • Iva e accise. Sono le imposte che devono essere evidenziate sempre separatamente dagli altri importi parziali nelle fatture. • Abbonamento canone Rai. È presente solo nelle fatture dell’elettricità di chi possiede un televisore, ovvero di coloro che non hanno comunicato ufficialmente alla Rai, ogni anno, di non averne uno. Si può applicare solo nelle bollette di clienti domestici scai (non ad altre tipologie di utenti).
Nella parte della fattura che riporta le “Indicazioni su consumi e letture” troviamo le informazioni relative alla natura delle letture del contatore: se si tratta di letture effettive, o di autoletture (cioè di dati comunicati dal cliente direttamente al venditore, che di solito, invece, deve riceverle dal distributore che gestisce i contatori) oppure letture stimate. In questo caso, gli importi saranno soggetti a conguaglio e pertanto va indicato in bolletta. Fino a marzo 2018, il fornitore di energia poteva emettere bollette di conguaglio risalenti ai consumi di 5 anni precedenti, ma da marzo le cose sono cambiate. La legge di Bilancio dello scorso anno, infatti, ha stabilito nuove regole che riducono a due anni l'arco di tempo che può essere oggetto di conguaglio da parte del venditore. D'ora in poi, quindi, i fornitori potranno richiedere i consumi arretrati di massimo due anni: un beneficio importante per i clienti domestici che rischiavano di vedersi arrivare delle bollette esagerate per il lungo arco temporale a cui poteva risalire il conteggio dei consumi. L’applicazione della nuova norma sarà, però, graduale: si è iniziato con la fornitura di energia elettrica, già con le bollette emesse da marzo 2018, seguiranno poi le utenze gas, a partire dal 1° gennaio 2019, e quelle dell'acqua dal 2020. Per scongiurare l'ipotesi di bollette spropositate, ci sono tre cose da tenere sott'occhio: 1) Controllare sempre il dettaglio dei consumi. Se si ricevono fatture sempre dello
stesso importo, il motivo potrebbe essere legato al fatto che il fornitore sta addebitando costi relativi a consumi stimati (o presunti). È possibile verificarlo già con la bolletta sintetica, verificando la natura delle letture indicate (effettiva o presunta) nel riquadro dei consumi. Se è così questo significa che, prima o poi, si dovrà fare un conguaglio per addebitare quanto effettivamente consumato. Meglio comunicare un'autolettura per evitare di incappare in maxi bollette di arretrati. 2) Prestare attenzione alle comunicazioni del venditore di energia. Tra le motivazioni che spingono i fornitori di energia elettrica a inviare bollette con consumi presunti c'è anche il possibile malfunzionamento del contatore elettrico. Se non si riesce ad effettuare una lettura da remoto (tramite quella che viene definita telegestione) il distributore, ovvero il responsabile delle letture, ha il dovere di effettuare un certo numero di tentativi di lettura, inviando del personale sul posto. Nel caso in cui il distributore non provveda, o non riesca (vedi il punto successivo), ad effettuare la lettura si rischia di accumulare ritardi che poi generano conguagli anche elevati. È bene controllare la voce "Ulteriori informazioni" della bolletta: potrebbe contenere diciture (scritte molto in piccolo e poco evidenti) come "tutti i valori possono essere
oggetto di conguaglio" oppure "La informiamo che a causa di una momentanea indisponibilità del servizio di telelettura il distributore non ha acquisito le letture reali del suo contatore". 3) Accessibilità del contatore e autoletture. Un'altra discriminante riguarda la posizione del contatore. Se si trova all'interno dell'appartamento o oltre il portone d'ingresso del palazzo, gli incaricati non potranno effettuare le letture autonomamente. In questi casi, perciò, deve essere cura dell'utente comunicare i consumi effettivi. Questa raccomandazione vale soprattutto per il contatore del gas: l'autolettura in questi casi può evitare i salassi delle bollette invernali.
Cosa fare in caso di problemi? Se si è ricevuta una maxi bolletta: inviare subito un reclamo contro il fornitore e richiedere l'accertamento dell'addebito. Se il problema non viene risolto è anche possibile farsi aiutare da uno dei nostri legali: il servizio di consulenza giuridico è gratuito per tutti i soci di Altroconsumo.
Rubrica a cura di Altroconsumo. Rappresentante per la Provincia di Trento: ALICE ROVATI (rappresentantetrento@altroconsumo.it)
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Quando incontra la Musica Cinquantatré appuntamenti per allietare un’estate trentina in Valsugana dal 13 giugno al 30 agosto 2018 il titolo della rassegna musicale che Rari Nantes Valsugana organizza dal 2014 nelle sedi delle piscine a propria gestione. Da allora questo appuntamento si è annualmente ripetuto concretizzando una progressiva crescita non solo in numero, ma anche in qualità degli eventi. Una rassegna che ha come precipuo compito quello di perseguire la filosofia di base definita fin dagli esordi, ossia l'originalità, la qualità delle performance, e il vasto numero di generi proposti. Il tutto mirato a soddisfare pienamente ogni tipo d'ascoltatore. Per la cronaca, nel 2018, saranno 53 i concerti suddivisi in 5 eventi live alla settimana (uno per sede) per la durata di 12 settimane. In ogni sede si è deciso di dare un taglio e una caratteristica specifici alla rassegna in modo di coprire una vasta gamma di generi musicali (con predilezione per le composizioni originali, eventualmente cover, ma in versione personalizzata), a soddisfazione di un ampio pubblico, dal più generico al più specifico. Una rassegna che di certo, nei vari appuntamenti, porterà momenti di vita
È
Nicola Sartori e Giusy Locatelli in comune. «L'idea di fondo -, sottolinea Nicola Sartori, uno dei direttori artistici nonché storico organizzatore della rassegna -, è quella di fare delle sedi delle piscine in Valsugana un polo culturale di attrazione per le comunità locali fornendo un servizio aggiuntivo ai clienti delle piscine e creando aggregazione tra i residenti e intrattenimento per i turisti. E volutamente ogni evento è organizzato a ingresso gratuito e per allargare il senso di convivialità e di accoglienza». Un depliant che mette in evidenza altri e qualificati aspetti che emergono dalle parole di Giuseppina Locatelli che è l’altro direttore artistico della rassegna. «Al fine di fornire vera cultura al pubblico – dice Locatelli - e non soltanto mero intrattenimento, evidenzia la direttrice artistica, si è data molta importanza all'aspetto qualitativo delle esibizioni musicali: gli artisti sono per lo più professionisti del
settore, nomi noti nei vari generi proposti, non soltanto locali ma anche provenienti da altre regioni d'Italia oltre che artisti internazionali. E mi preme anche sottolineare che particolare attenzione non solo è stata dedicata al mondo musicale femminile, ma anche all’universo giovani e delle persone diversamente abili. Ecco perché nel calendario abbiamo volutamente lasciato spazio anche alle nuove leve, se meritevoli, mentre, per quest’estate, non mancherà la presenza del gruppo blues della sezione A.N.F.A.S.S. di Bolzano». Numerose sono le collaborazioni allacciate negli anni da Rari Nantes con scuole musicali (CDM, Rovereto), Conservatori (F.A. Bonporti, Trento) o progetti dedicati al mondo dei giovani. Di quest'anno l'interessante collaborazione con l'Associazione UploadSounds di Bolzano, progetto transfrontaliero legato all'Euregio e che permette di far esibire musicisti provenienti dall'Alto Adige e dal Tirolo, (Vienna e Innsbruck).
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Quando incontra la Musica
GLI APPUNTAMEN TI
DI GIUGNO LUGLIO
I concerti si svilupperanno, settimanalmente, lungo l'asse della Valsugana, seguendo una retta che idealmente parte il martedì a Castel Ivano per arrivare il sabato alla sede di Pergine Valsugana. Entrata ad ingresso libero CASTEL IVANO (Strigno) - I Martedì ore 19.30 -Blues, Country, Folk Piscina Comunale di Castel Ivano (TN), Fraz.Strigno, V.Pretorio 55 In caso di pioggia l'evento potrà essere annullato - Per informazioni 320-8490893 19.6.18: MASSIMO PALA Trentino, Country music 26.6.18: THE RIFF & THE RAFF Trentino, Indie cover anni '90-'00 e brani originali 03.7.18: PERIN-BARBAROSSA DUO Val Pusteria, chitarra e fisarmonica, Acoustic folk rock 10.7.18: PUNTO GEZZ Trentino, quintetto Jazz
BORGO VALSUGANA - I Mercoledì ore 19.30 - Classica con piano, Jazz, Rock Piscina Comunità di Valle, V. Gozzer 52, Borgo Valsugana (Tn). I concerti avranno luogo anche in caso di condizioni atmosferiche avverse: Per informazioni 0461-751227 13.6.18: PRINCIPATO-VIGNALI Treviso, chitarra e piano, Drone music 20.6.18: DANUBIO BOHEME TRIO Paesi dell'Est, piano e voci, Classica Corale Ceca 27.6.18: MATTEO MARGON Trentino, chitara-piano-voce, Cantautorato pop 04.7.18: PLETNEV-STEFANONI Mosca e Pordenone, sax e piano, Standard jazz
RONCEGNO TERME - I Giovedì ore 18.00 -Classica, Jazz, Popolare Piscina Comunale di Roncegno Terme (TN), V. del Parco - In caso di pioggia l'evento potrà essere annullato o spostato in altra sede - Per informazioni 320-8490893 21.6.18: VIANINI-ROBOL Trentino, chitarra e fisarmonica, Cover Cantautorato Italiano 28.6.18: CAMPAGNA-VALLE Trentino, chitarra duo, Jazz 05.7.18: YELLOW ATMOSPHERES Trentino, arpa e handpan, World 12.7.18: BARBARA BERTOLDI Trentino, violoncello, Classica
LEVICO TERME - I Venerdì ore 20.30 - Alternativo, Sperimentale, Elettronica Piscina Comunale di Levico Terme (TN), P.zza Gen. Dalla Chiesa 1 - In caso di pioggia l'evento potrà essere spostato in altra sede - Per informazioni 0461-700373 15.6.18: QQQ0QQQ Treviso, duo di Elettronica/Ambient-doom 22.6.18: BORATTI-GORETTI Trentino, keyboards duo, Teatro musicale/jazz 29.6.18: MAKE LIKE A TREE Ukraina, chitarra solo ed elettronica, Indie-folk 06.7.18: CUMINO Milano, Folktronica
PERGINE VALSUGANA - I Sabato ore 19.00 - Cantautorato, Rok, Pop Piscina Comunale, V. Marconi 51, Pergine Valsugana (Tn) -I concerti avranno luogo anche in caso di condizioni atmosferiche avverse - Per informazioni 320-8490893 23.6.18: MITEINANDERS Alto Adige, A.n.f.a.s.s. band, Rock/blues/country ORE 18 30.6.18: RAINY DAY IN A TEACUP Trentino, chitarra solista, Cantautorato 07.7.18: MIM Tirolo, quintetto di Elettropop, R&B, Nu-jazz
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CEO RNV: Dott. Daniele Armelao ART DIRECTOR S: Nicola Sarto ri e Giuseppina Lo catelli CONTATTI: Nico la Sartori 3470809563 UFFICIO STAMPA : giusyl@teletu. it PISCINA DI BO RGO VALS.: 04 61-751227 PISCINA DI LEVI CO TERME: 0461 -700373 SITO UFFICIALE RNV: www.rarinante svalsugana.com FACEBOOK: www.facebook .com/livemusicv alsugana
Forse non tutti sanno che…
Curiosità sugli
UCCELLI MIGRATORI
di Elisa Corni
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a bella stagione è ormai arrivata e i nostri cieli, i nostri laghi, e i nostri boschi sono tutto un cinguettare. Certo, perché con il caldo l’attività degli uccelli del Trentino si fa più intensa. Ma anche perché sono di più rispetto all’inverno. Infatti, sono da qualche tempo tornati a casa tutti quegli uccelli che non amano la neve e il ghiaccio: gli uccelli migratori. Non tutte le specie di volatili, sia grandi che piccoli, sono stanziali come merli, passerotti, e pettirossi. Moltissime, al contrario, nei mesi più freddi sono abituate a spostarsi verso zone di nidificazione e riproduzione migliori, ma anche in aree dove le risorse di cibo non scarseggiano. In questo modo i piccoli appena nati potranno ricevere tutto il nutrimento necessario a crescere sani e forti, per tornare nei luoghi d’origine. È questo il motivo che porta migliaia e migliaia di uccelli a percorrere distanze, alle volte lunghissime, per svernare in luoghi più adatti alla crescita della prole. C’è chi dall’Europa meridionale si sposta verso Sud, come gli storni che regolarmente ogni autunno si preparano alla partenza, o le rondini il cui ritorno indica anche l’arrivo della primavera; e poi c’è chi, invece, scende da luoghi ancora più freddi e inospitali. È il caso per esempio delle gru cinerine o degli aironi, ma anche delle oche e gli altri grandi uccelli che dalle zone artiche scendono a svernare nell’Europa mediterranea. Alle volte, quindi, il Trentino con i suoi bei laghi è la casa a cui fare ritorno; altre volte è l’albergo dove svernare. Pensate che il nostro lago di Caldonazzo, nel suo
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piccolo, ospita secondo i ricercatori del Queste specie, in particolare gli svassi, le Muse una quota non irrilevante di quegli folaghe, e i cormorani, amano le acque uccelli che scelgono l’Italia come luogo di tranquille e tiepide dei nostri laghi anche villeggiatura nei mesi più rigidi. È il caso, nel periodo riproduttivo. Negli ultimi ancora, della moretta, un uccello acqua- anni, i ricercatori hanno registrato un nutico: il 3% dei suoi rappresentanti in ter- mero sempre più elevato di coppie di ritorio nazionale è stato censito proprio nelle acque del Lago di Caldonazzo. Ma non è l’unica specie presente in inverno. ora anche A fare loro compagnia ci sono i germani reali, le folaghe, gli svassi, e i moriglioni, tutti uccelli che alle volte decidono di 1) POLIZZE On-Line RCA trasferirsi qui in pianta stabile. 2) POLIZZE sulle abitazioni con la garanzia terremoto; Com’è accaduto 3) Polizze RCA con estensione all’urto con animali ad alcune specie selvatici e veicoli non assicurati. di gabbiani: sono 4) Polizze RCA con franchigia divenuti prevalentemente stanziali i gabbiani comuni e reali, mentre mantengono le loro Corso Centrale, 72 - 38056 Levico Terme (TN) abitudini girovaTel. e Fax 0461/702226 ghe i gabbiani paccherassicurazioni@gmail.com nordici e le gavine.
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svassi che vengono a riprodursi qui, e che, nella stagione degli amori, ci incantano con le loro armoniose danze acquatiche. Se non vi è mai capitato di vederli, vi consigliamo di fare la passeggiata tra Calceranica e Valcanover la mattina presto: è un vero spettacolo! C’è chi poi frequenta i laghi trentini nel suo viaggio di andata: scendendo verso Sud, prima di riprodursi e per fare incetta di cibo che servirà loro durante il faticoso e lungo viaggio verso le regioni più calde, si fermano da noi ben quarantatré
specie differenti di uccelli. È il caso dei delicati e carini piovanelli pancianera, che quando arrivano sulle sponde del lago di Caldonazzo non hanno ancora assunto la loro tipica livrea riproduttiva con le vistose macchie nere sull’addome. E poi c’è chi, invece, fa tappa a Caldonazzo e Levico durante il faticoso viaggio di ritorno. Durante i censimenti, i ricercatori sono stati in grado di individuare ben 33 specie diverse di uccelli migratori, per lo più della famiglia degli Anatidi, uccelli
acquatici di dimensioni e forma simili alle oche - come l’alzavola e il fischione. Il più grande segreto della migrazione degli uccelli è la loro straordinaria capacità di orientarsi, seguendo rotte sicure attraverso continenti e oceani. Ma come fanno a non perdersi? Come ci dice la scienza, la risposta a questa domanda non è una sola. Sappiate, per esempio, che alcuni uccelli posseggono speciali sensori chimici nel cervello, negli occhi e nel becco, in grado di allinearsi con i campi magnetici del nostro pianeta. Altri sono esperti geografi con una memoria di ferro in grado di seguire le coste, le montagne e i corsi dei fiumi per non perdere la rotta. Altri uccelli sono invece fini astronomi, e usano le stelle come gli antichi naviganti. Infine possono contare su un fattore importantissimo, quasi culturale: la memoria collettiva. L’oca delle nevi, impara la rotta da chi gliela ha insegnata la prima volta, e la tramanda poi alle generazioni successive. La prossima volta che alzate gli occhi al cielo e vedete uno stormo di uccelli in volo, augurategli buon viaggio!
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VEGETARIANI E VEGANI
Tra alimentazione e filosofia di vita ggirandoci tra gli scaffali dei supermercati o leggendo un qualsiasi menù al ristorante, ci troviamo sempre più spesso a leggere le proposte rivolte a vegetariani e vegani. Ma cosa significano i due termini? Al giorno d’oggi non si può non conoscere la differenza. E se la scelta dei vegetariani è solo alimentare, quella dei vegani ha implicazioni assai diverse e diviene una filosofia di vita che abbraccia anche ma non solo l’alimentazione. Partiamo dai vegetariani, che assumono solo cibo di origine vegetale e dunque escludono la carne di qualsiasi animale dalla loro alimentazione. Si nutrono però anche di prodotti che derivano, direttamente o dopo lavorazione umana, dal mondo animale come le uova, il miele, il latte e i latticini. Il termine vegetariano è stato coniato durante l’Ottocento. Prima di tale periodo, chi osservata una dieta a base vegetale veniva chiamato “pitagorico”, poiché il pioniere di questo regime alimentare in occidente fu il matematico Pitagora. I vegani, invece, non mangiano carne né pesce, come i vegetariani, ma nemmeno prodotti di origine animale come uova,
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latticini e miele. Da qui il consumo di verdura e frutta, oltre alle proteine alternative, presenti in legumi, cereali e semi oleosi come mandorle, noci, arachidi. Ma il termine vegano si lega più che altro ad uno stile di vita globale che, per il bene del genere umano, animale e dell’ambiente, si propone idealmente di escludere, per quanto possibile, tutte le forme di sfruttamento, sofferenza e crudeltà verso gli animali messe in atto principalmente per produrre cibo ma anche per altri scopi. La filosofia vegana si estese dunque, oltre all’alimentazione, all’utilizzo di alternative per l’abbigliamento, rifuggendo abiti in lana, seta, pelle, pelliccia e piumini e proponendo, in alternativa, cotone, lino, canapa ma anche fibre sintetiche come nylon, pile, viscosa. Il rifiuto, si estende, a livello ideale, a tutti i prodotti che in qualche modo sono composti di parti animali, come ad esem-
di Sabrina Mottes
pio i cosmetici. Ma, essendo di radice animalista, respinge anche l’utilizzo di animali negli spettacoli o per qualsiasi lavoro. Al bando allora zoo e circhi, ma anche le passeggiate a cavallo. La scelta, è legata a ragioni non solo etiche ma anche sociali ed economiche che tendono ad influenzare l’acquisto di prodotti al fine di non sostere l’industria zootecnica e della pesca, in modo particolare gli allevamenti intensivi che causano sofferenza agli animali. Questo, in senso estremo e difficilmente
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praticabile nel quotidiano, è lo stile di vita promosso dai vegani ma, non essendo una religione ma più che altro una scelta etica, ciascuno può scegliere in libertà fino a che punto praticarla. Ovviamente, seguendo questa logica, non sono moltissimi i vegani a tutto tondo e la maggior parte di essi si limita alla sola dieta. Questi, vengono definiti vegetaliani, cioè consumatori di frutta, verdura, cereali e semi. Il crudismo, invece, propone di non cuocere a temperatura superiore a 42° poiché ciò mantiene intatte le qualità e i
nutrienti degli alimenti. Ecco, in sintesi, alcune tra le principali correnti di pensiero legate all’alimentazione che al giorno d’oggi stanno prendendo forte piede. Difficile fare una stima della presenza di vegetariani e vegani nel mondo ma, secondo dati del 2016, in Italia la percentuale di vegetariani si attesta sul 7 per cento circa e quella dei vegani circa sull’1 per cento. Il cibo è fonte di vita, e deve sicuramente essere sano, non provocare danni all’organismo e rispettare quanto più possibile il pianeta e tutti i suoi abitanti. E’ dunque corretto farsi delle domande sulla quantità e qualità degli alimenti che costituiscono la dieta umana, tenendo conto dell’equilibrio dell’ecosistema e anche delle necessità di nutrienti che, soprattutto in alcuni casi, come per i bambini, gli anziani, le donne in gravidanza, risultano fondamentali e
si assumono quasi esclusivamente attraverso una dieta equilibrata. Come in tutti i settori della vita, anche la scelta alimentare non deve essere perciò affidata solo al fai da te ma sempre dettata da una corretta informazione e attenzione, che supporti in egual modo le scelte etiche e la buona salute di tutti gli esseri viventi.
Come Eravamo
Borgo - Piazza S. Anna
Trentasette ragazzini tra i 6 e 12 anni hanno partecipato alla quarantesima edizione di Artisti in Erba, il concorso di pittura e disegno organizzato dal Centro d'Arte La Fonte di Caldonazzo diretto da Waimer Perinelli. Giovani delle classi elementari e medie e, fuori concorso, anche sette debuttanti delle scuole materne. La manifestazione inserita fra gli appuntamenti della giornata “Meli in fiore” organizzata dalla Pro Loco Lago di Caldonazzo guidata da Giovanni Walter Marmo, si è svolta presso la Casa della Cultura. Ai partecipanti sono stati distribuiti gratuitamente i fogli, matite ed altro materiale adatto a dipingere. Dopo circa due ore gli elaborati sul tema “Primavera intorno ai laghi” sono stati esaminati dalla giuria composta dagli insegnanti e artisti Domenico Biondi, Amedeo Soldo, Beppi Toller, Teresa Marostica, Aurelio Micheloni, Laura Mansini e Silvano Mattè. I giurati hanno sottolineato l'entusiasmo e l'impegno dei giovani concorrenti, provenienti dalle scuole di Caldonazzo, Calceranica, Pergine, e alcuni ospiti venuti da Bologna e da Brescia. Ai primi classificati, grazie al contributo della Cassa Rurale Alta Valsugana, è stato regalato un cavalletto con tela, colori e pennelli. Nella fascia delle classi medie il primo posto è andato a Chiara Volpe di Caldonazzo. Fra le prime tre classi delle elementari, podio alto per Beatrice D'Agostini di Canale. Primo posto nelle classi quarta e quinta elementare a Sara Loss. Premiati anche Emma Coretti, Nicolò Baldo, Pietro Coretti e Emma Gamberoni. Un omaggio degli sponsor Bici Ghesla, Murara, Tosolini, e Famiglia Cooperativa, è stato consegnato a tutti i partecipanti, compresi gli aspiranti artisti della scuola materna. La Pro Loco di Caldonazzo ha offerto panini, dolci e bevande.
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CALDONAZZO
VERI ARTISTI in erba In merito a questo concorso, abbiamo realizzato un’intervista con Waimer Perinelli, presidente del Centro d’Arte La Fonte dal 2010, sociologo e giornalista (è stato vicecaporedattore in Rai).
Come nasce la passione per l’arte? “Nasce come per tutti quando si è colpiti dalla bellezza della natura e la capacità dell’uomo di armonizzare il pensiero, la creatività e la manualità. Non si pretende di essere tutti colpiti dalla sindrome di Stendhal, ma di avere almeno la capacità di gioire, di emozionarsi.” Le prime esperienze artistiche? “Non ho avuto esperienze artistiche ma solo la fortuna di frequentazioni importanti fin da giovanissimo di musei e gallerie d’arte. Poi ho approfondito le mie esperienze culturali come antropologo esercitatore all'Università di Trento svolgendo nel 1978, il seminario Arte e Rivoluzione Industriale.“ Una scelta casuale o un percorso specifico. “L’uno e l’altro. Alle spalle avevo due importanti esperienza nelle estati del 1976 e 77 presso la Casa degli Artisti a Calvola di Tenno. Presidente era Orlando Lucchi già senatore socialista, un uomo aperto e curioso, custode della tradizione di Giacomo Vittone, pictor dominicus, ma capace di accettare una piccola rivoluzione culturale portata da artisti lombardi e stranieri. Fra loro, Zita Ritossa, compagna di Marcello Petacci, Claudio Anarratone, il tedesco Maximillian Wagner. La loro azione concettuale fu appoggiata da Guglielmo Achille Cavellini, artista e collezionista, e dal critico Luigi Serravalli.”
Uno dei disegni premiati
I ragazzi al lavoro Allora un passato da Artista? “No se per artista s'intende l'artigianalità e creatività. A Tenno venni cooptato come addetto stampa. In quegli anni, dopo la chiusura del settimanale milanese Tempo Illustrato, collaboravo con il quotidiano l'Alto Adige. Tuttavia il Movimento Concettuale permetteva il confronto sulle idee e sul concetto stesso di creatività. E' la creatività il pregio principale della giovinezza il tempo in cui i paradigmi sono fragili e la ricerca è spontanea”. Questo ci porta a parlare dei ragazzini del concorso Artisti in Erba. “Si è un concorso ideato da Luigi Prati Marzari fondatore del Centro la Fonte. Ho cercato ri rilanciarlo e potenziarlo.Sono stato spinto dalla fiducia per la creatività infantile e adole-
ospiti della Valsugana di Bologna e Milano ma e soprattutto oltre ai 37 concorrenti, cinque giovanissimi della scuola materna, appassionati e volonterosi, ai quali abbiamo consegnato un premio alla simpatia. Con il prossimo anno la loro presenza sarà formalizzata”. Un' apertura più grande al mondo giovanile?. “Non la sola. Questa per fascia d'età è importantissima, ma non dimentichiamoci che lo scorsa estate abbiamo collaborato con il villaggio SOS Kinderdorf-Feriendorf, diretto da Carmen Eberle, e abbiamo partecipato al progetto creativo. L'esperienza di lavorare con oltre cento bimbi di 11 nazionalità la ripeteremo anche la prossima estate. E ne sono sicuro sarà un successo perchè i bimbi sono germogli e la cultura fatta di gioco e colori è il propellente per la crescita”.
scenziale, dalla volontà di scoprire talenti, dal desiderio di incentivarne e dai ricordi di tante persone grate a Prati Marzari per l'esperienza vissuta proprio nei concorsi scolastici. Mi Il sindaco di Caldonazzo Giorgio Schmidt con Waimer Perinelli hanno aiutato i membri del direttivo, gli storici, l'architetto Paolo Franco, Paolo Campregher, Beppi Toller, Amedeo Soldo, Michela Bortolini, Stefania Simeoni, i neofiti Giampaolo Balista e Giancarlo Curzel”. Il paese di Caldonazzo ha risposto positivamente? “Tutti i paesi del lago hanno risposto positivamente. Certo Caldonazzo è maggiormente presente per tradizione, ma anche quest'anno non sono mancati giovani delle scuole di Levico, Calceranica e Pergine. Abbiamo accettato anche
LE CRONACHE
LEVICO TERME
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ra le diverse decine di premiati per oltre 50 anni di guida senza “incidenti stradali e mai preso multe”, provenienti da tutto il Trentino e quindi considerati pionieri della guida, c’è anche un valsuganotto lo storico Ferruccio Galler di Levico Terme. Anche Galler è stato premiato con diploma di merito rilasciato dall’ACI di Trento a firma del commendatore Roberto Pizzinini. Alla cerimonia di consegna erano presenti il sindaco di Trento Andreatta, il comandante della polizia municipale Giacomoni e il comandante della Polizia Stradale di Trento. (M.P.)
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LE CRONACHE
CALCERANICA AL LAGO
OTTANTA CANDELINE LUMINOSE In occasione della festa dell’Anziano organizzata dalla locale Associazione Pensionati e Anziani di Calceranica al Lago, in collaborazione con l’amministrazione comunale, sono stati festeggiati i cittadini che durante il 2018 hanno raggiunto o raggiungeranno gli 80 anni di vita. Dopo la solenne Messa celebrata nella parrocchiale del paese dal parroco don Emilio Menegol e solennizzata dai canti eseguiti dalla locale Corale Polifonica, i sei neo ottantenni accanto ad altri 54 ultraottantenni intervenuti, hanno raggiunto l’albergo Micamada per un pranzo collettivo offerto dall’Associazione. Qui, dopo il saluto della presidente Gilia Fontana, il sindaco Cristian Uez ha donato a nome del Comune ai nati nel 1938, un quadretto in ceramica dipinto a mano dall’artista
Wanda Moschen. Sono stati ricordati anche i quattro coscritti che per indisposizione od altre cause, non hanno potuto partecipare alla loro festa. (M.P.)
LEVICO TERME
LEVICO TERME
AUGURISSIMI LIVIA
LA MOSTRA “ARTE DONNA”
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H
nche se ormai gli ultracentenari si contano a decine, raggiungere e superare il secolo di vita costituisce sempre un rispettabile traguardo. E così recentemente presso l’APSP san Valentino di Levico Terme, s’è fatta festa per i 101 anni di Livia Avi, nativa di Tressilla nel comune Baselga di Pinè, ma dal 16 dicembre 2013 ospite dell’Istituto levicense. Attorno a Livia, rimasta nubile, si sono stretti i nipoti, pronipoti, altri parenti e conoscenti venuti dall’altopiano di Pinè. Il direttore dell’Istituto Fabrizio Uez le ha donato un bel mazzo di fiori, così come anche l’assessore comunale di Baselga Giuliana Sighel, venuto appositamente. Il festoso momento si è concluso con il taglio della torta e un brindisi al quale ha partecipato pure la festeggiata. Nei prossimi mesi presso l’APSP San Valentino di Levico ci saranno altri importanti compleanni: il 18 di agosto compirà 105 anni l’ospite Giuseppina Tomasi, mentre Gioseffa Irma Curzel raggiungerà i 103 anni il 28 di novembre. (M.P.)
a avuto anche quest’anno grandi apprezzamenti da parte dei tanti visitatori, la seconda edizione della mostra denominata “Arte Donna”, organizzata dal locale Gruppo Pensionati a Anziani di Levico Terme ed allestita per alcuni giorni presso la saletta dell’ex cinema. Vi erano esposti tanti lavori a maglia, dipinti, ceramica, punto croce, ad uncinetto ed altro ancora, realizzati da una ventina di aderenti al Gruppo e anche da esterne. Fra le espositrici, è il caso di ricordare, le pitture della signora Carla Dalvai di 92 anni e di Carmela Vettorazzi di 88 anni. All’inaugurazione avevano presenziato, oltre al presidente del gruppo Marco Francescatti con gran parte del direttivo e tanta gente, anche il sindaco Michele Sartori e la sua vice Laura Fraizingher che hanno espresso lode per questa bella iniziativa. (M.P.)
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RIFLESSI
d’acqua e olio
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na nuova manifestazione promossa dalla Proloco di Madrano e Canzolino, e dall’Albergo Aurora per animare lo specchio d’acqua e il bosco che lo circonda nella giornata di sabato 14 luglio 2018. Si tratta della prima edizione dell’evento intitolato “Riflessi d’acqua e olio”, che propone una cena lungo il lago, a cui si aggiunge l’esposizione di numerose opere d’arte, frutto del lavoro di artisti locali. Dipinti e sculture che invadono gli spazi della natura, colori, olio che galleggia sull’acqua. Un evento pittorico - gastronomico con un ricco programma che inizia alle ore 16 con un laboratorio di pittura dedicato ai bambini. Alle 17 è previsto il saluto delle Autorità, a cui seguirà la realizzazione estemporanea di murales. Dalle 17 alle 20 è inoltre prevista una gara di pesca, per i pescatori all’ascolto, o meglio in lettura; e a partire dalle 18, Happy Hour con musica live e piano bar, fino a mezzanotte. Non mancherà ovviamente il cibo, dalle 19, sarà infatti possibile cenare a lume di candela, lungo le sponde dello splendido specchio lacustre, ma bisogna prenotare, sotto trovate tutti i riferimenti per non rimanere a bocca asciutta! Un’occasione per fare una passeggiata serale attorno al lago vestito di luci. Sarà un momento speciale per ammirare i riflessi dell’acqua, i terrazzamenti a vigneti e quelle antiche case rurali in pietra che conferiscono alla zona di Canzolino il sapore di un tempo sospeso. Per informazioni e prenotazioni: Antonello: antonello.serra@yahoo.it - 339.2811904; Nicoletta 348.50255; Mariano - 349.5302879. In caso di maltempo, l’evento verrà posticipato alla settimana seguente. (C.P.)
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QUI E ORA…
alla scoperta di Levico
È
stato pubblicato da pochi giorni un volumetto che non potrà mancare nelle vostre librerie; un agile libretto che vi inviterà alla scoperta di Levico Terme e dei suoi dintorni. Edito dall’Associazione Culturale Forte delle Benne, che già lo scorso anno aveva pubblicato la “Guida del Forte”, è stato scritto da Michele Passerini, che nella vita fa tutt’altro e che però si è rivelato uno scrittore capace di evocare toccanti suggestioni. Ad accompagnare il testo, una serie di fotografie scattate dalla fotografa amatoriale Raffaela Rosas. A chi dovesse obiettare che di guide della cittadina termale già ce ne sono diverse, si potrebbe rispondere così: non come “Qui e ora…”. Già il titolo ci dice che questo volume è diverso dagli altri, ma scorrendone le pagine, tra testi e fotografie suggestive, ci si rende conto che non è uno strumento per conoscere Levico ed esplorarla da turista. La sensazione evocata è quella di un compagno di viaggio, un abitante della cittadina lacustre, che ci accompagna in una passeggiata serena per le vie del borgo vecchio, su per i colli, lungo le stradine meno note. E ci indica le sottigliezze, ci mostra dove bere un caffè, ci suggerisce dove fermarsi per ammirare un panorama particolare, o attraverso quale prospettiva osservare la realtà. Più che una guida, questa, è un leggero compagno di viaggio, anzi, di passeggiata. Anche le fotografie di Raffaela sono estremamente particolari. Il loro intento non è quello di descrivere il paesaggio, la storia e la geografia del luogo, ma piuttosto di evocare emozioni, immortalare luci e momenti particolari, quasi unici; ma anche suggerire prospettive nuove e insolite per guardare fino in fondo la cittadina di Levico. «Questa nostra ultima pubblicazione - ha spiegato Leonardo Vinciguerra, presidente dell’associazione Forte delle Benne - si inserisce in un progetto editoriale che vedrà nel corso dei prossimi mesi, fondi permettendo, l’uscita di altri libri e volumi dedicati al nostro territorio».
LE CRONACHE VIGOLO VATTARO
L’ORCHESTRA MULTIETÀ E MULTIETNICA
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on l’arrivo della bella stagione, è ripartito il tour dell’allegra orchestra ultracentenaria di Casa Santa Maria che per l’occasione si è arricchita di un’importante novità. Oltre allo “zoccolo duro” della band composto da Darius, Dario Ravagni, Umberto Rover, Paul Sark , Antonio Maule e i dieci orchestrali che in totale compiono 860 anni, si sono aggiunti, come ci scrive l’animatrice della Casa Luisa Tamanini, alcuni nuovi componenti con un più che dignitoso “pedigree” musicale. Si tratta di quattro giovani percussionisti africani: Konè, Aboubakar, Moustapha e Napo che con la loro energia vitale hanno portato una ventata di gioventù all’orchestra d’argento. La prima uscita di primavera è già avvenuta presso l’affollato centro servizi anziani “Contradalarga” di Trento, dove l’orchestra si è esibita al ritmo di tanghi, mazurke e musica folk ritmata in modo originale dai musicisti multietà e multicolor. “Quando suoniamo, sostiene l’intramontabile centocinquenne Corinna Ioriatti, ogni acciacco scompare e i pensieri diventano più leggeri. Ciò sta a significare che veramente la musica è ancora una volta uno straordinario mezzo che unisce le diversità e che abbatte ogni limite di età, culture e appartenenze”. Il prossimo appuntamento per l’orchestra, sarà in estate durante una manifestazione organizzata dalla residenza dove vivono i ragazzi, e poi in autunno durante un importante seminario sull’”anzianità felice” che si terrà a Levico Terme. Intanto i quattro giovani, che risiedono da circa un anno presso la residenza Fersina di Trento, si sono attivati oltre che come musicisti, anche come volontari presso Casa Santa Maria, impegnandosi soprattutto nelle attività di laboratorio degli anziani e affiancando i volontari Mirko, Pia, Livia, Lidia, Carla, Giusi e Letizia, con i quali hanno costruito diversi ed originali manufatti che verranno venduti per autofinanziare le attività della casa. Di valido sostegno è anche il servizio di trasporto dei componenti l’orchestra che viene sempre offerto da Lorenzo Laner del CTA. (M.P.)
Come Eravamo
iosa amo recuperato questa prez organista Eugenio Conci, abbi , ed lire tro risa a maes del citi uto rius o l’ai Con , e siam di Caldonazzo dell’anno 1938 i, con il quale erano molt di me foto del coro parrocchiale anno sopr il hé e cognomi nonc i a fianco di ciascuno. quasi per tutti, ai loro nomi è stato indicato fra parentes conosciuti dalla gente e che
Coro Parrocchiale di Caldonazzo - 13 febbraio 1938
, Da sinistra a destra . iniziando dall’alto possibile 1 (?) Non è stato re ali ris 2 Romano Conci (Regoi) 3 Ezio Baldessari rlon) (Pe i per Gas i 4 Bep i (Pezata) 5 Alberto Marcheson ara Mur o oni Ant 6 (Orbagar) 7 Giovanni Curzel (Baleco) zel 8 Emanuele Cur ssi olu Nic sco nce Fra 9 ) ina reg (Salve no) 10 Aldo Costa (Bambi nzatar) (Pi sla Ghe o Gin 11 12 Giovanni Broso squaloto) 13 Gino Curzel (Pa (Orbagar) zel Cur do mon Rai 14 r (Morio) ghe pre Cam ni 15 Giovan (Morio) r ghe 16 Fausto Campre in) rot (Pe la Cio ico 17 Enr ) nio (Da a Pol 18 Damiano 19 Edoardo Ciola (Giachela) 20 Leopoldo Costa la Cio 21 Silvio (Perlon) 22 Edoardo Gasperi a Pol ore 23 Ett (autorita comunale) 24 Maestro Ianeselli ntin (Parroco) 25 Don Rodolfo Tre 26 Guido Conci organista) (maestro del coro ed r ghe zor Val tro 27 Pie (autorita comunale) le 28 Segretario comuna o lan 29 Cappel
Il Personaggio
CARLA SEGNANA E LE SUE LAVANDERIE Q
uando si parla di lavanderie in Valsugana, non si può fare a meno di richiamare alla mente la persona che più di ogni altra ha saputo interpretare questo ruolo “artigianale”: Carla Segnana. E il riferimento non tanto è dovuto alla sua indiscussa competenza, professionalità, simpatia, gentilezza e cordialità che ha saputo maturare e dimostrare ai suo “affezionati” clienti, quanto al fatto che Lei con i suoi vari negozi ha decisamente mo-
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vimentato questo particolare universo. Ecco perché la storia e il percorso lavorativo di Carla Segnana, meritano davvero di essere raccontati. La nostra Carla inaugura circa 40anni fa la sua prima lavanderia in Via Fratelli a Borgo Valsugana. E sin dai primi mesi, la Lavanderia Splendor, sempre di più riesce a dare luce alla sua insegna grazie agli unanimi riconoscimenti che la clientela le indirizza. Dopo alcuni anni, Carla costituisce una società e considerando la crescente clientela sposta la sede sempre in Via Fratelli mantenendo però la stessa insegna. Un logo e un marchio che oramai sono entrati nella quotidianità delle famiglie borghesane e dei paesi viciniori. La nomea della Splendor cresce e per fare fronte alle
numerose richieste inaugura una filiale in quel di Roncegno. Il tempo passa e la “nostra”, dopo aver ceduto le sue quote della “Splendor” e con esse il marchio che aveva creato si trasferisce e inaugura a Levico Terme, in Via Garibaldi 6, la Lavanderia Perla, una nuova insegna che sarà foriera di riconoscimenti e soddisfazioni. E il calendario scorre e la “nostra” Carla, sicura delle sue doti e circondata da unanimi riconoscimenti compie un altro importante passo, anzi due: decide di aprire a Borgo, in Via Cesare Battisti, una filiale del suo nuovo marchio e una seconda sede sempre a Levico Terme in Via Garibaldi, 95. Il tempo continua a trascorrere e Carla, oramai soddisfatta per i risultati raggiunti decide che è giunta l’ora di rallentare il suo impegno. Chiude la seconda sede di Levico, cede quella di Borgo e decide di operare in una sola sede, in quella iniziale di Via Garibaldi, dove ha saputo dimostrare anche ai levicensi le sue doti, le sue capacità, la sua competenza e la sua professionalità.
LE CRONACHE LEVICO TERME
UN PRESEPE ESTIVO
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n tanti paesi del Trentino sono state prese iniziative per salutare gli alpini in occasione della loro grande adunata nazionale che si è tenuta a Trento dall’11 al 13 maggio scorso. Bandiere e bandierine in segno di patriottica festa si son viste un po’ ovunque, sulle case, negli angoli più impensati, nei crocevia. A Levico Terme, Marco Pasquini, da lunghi decenni presidente del Gruppo Micologico Bresadola, ha pensato di salutare gli Alpini realizzando nella centralissima via Dante, un presepio estivo che è stato oggetto di grande ammirazione sia da parte dei locali che dai turisti che già frequentavano la cittadina termale. Oltre all’immancabile bandiera italiana e gli “evviva gli Alpini”, Pasquini vi ha posto pure la scritta “Natale in trincea” con accanto alcuni simboli che ricordavano la guerra. (M.P.)
CALCERANICA AL LAGO
PENSIONATI: ELETTO IL DIRETTIVO Nel corso dei lavori della recente assemblea dell’Associazione Pensionati e Anziani di Calceranica al Lago, è stato rinnovato anche il direttivo. Alla carica di presidente per i prossimi tre anni è stata riconfermata Gilia Fontana, già alla guida dell’Associazione da più di un ventennio. Suo vice è stato eletto Carlo Lombardi mentre segretaria e cassiera è risultata Liliana Borella. Questi i consiglieri: Graziella Tomasi, Cecilia Martinelli e Lucia Cetto. Revisori dei conti Enrica Malpaga e Giovanni Andreatta. Il Gruppo pensionati di Calceranica, che vanta ben 170 iscritti provenienti anche dai paesi vicini, è particolarmente attivo e spesso nelle sue iniziative coinvolge l’intera comunità. (M.P.)
Come Eravamo
Hotel Levico - 1909
Girovagando negli USA
New York
una città tutta da scoprire “La città che non dorme mai”, così è definita New York. Questa movimentata città attira ogni anno milioni di turisti, lavoratori e studenti da tutto il mondo. Caratterizzata da grattacieli altissimi, parchi sconfinati, eccellenti musei e dalla sua indole creativa, New York è una città dai mille volti e dalle mille opportunità. A New York nascono ogni giorno tendenze e mode che influenzano tutto il mondo.
LA STORIA Prima dell’arrivo degli europei, la regione era abitata dalla tribù nativa Americana dei Lenape. Pare che il primo europeo a giungere a nella zona fu l’italiano Giovanni da Verrazzano, nel 1524. Il primo insediamento europeo avvenne nel diciassettesimo secolo, ad opera degli olandesi, che fondarono la città di Nuova Amsterdam. Successivamente, gli inglesi conquistarono la regione e ribattezzarono la città Nuova York.
Ellis island_
I QUARTIERI New York City è divisa in cinque distretti: Manhattan, Bronx, Queens, Brooklyn e Staten Island. Manhattan è il cuore della grande mela, ed a sua volta è divisa in una ventina di caratteristici quartieri, ognuno con le sue peculiarità. C’e’ SoHo, a sud-ovest di Manhattan, conosciuto come un quartiere creativo, famoso per la qualità artistica delle sue gallerie. Il quartiere di Tribeca dà invece il nome al famoso Tribeca Film Festival. Il FiDi è il Distretto Finanziario, la punta a sud di Manhattan. Lì si trovano alcuni tra i luoghi più noti di New York, come Wall Street, l’accesso al ponte di Brooklyn ed il memoriale delle torri gemelle. Non possono poi mancare Chinatown e Little Italy, quartieri storicamente legati all’immigrazione Cinese e Italiana a New York. LE ATTRAZIONI PRINCIPALI Innumerevoli sono i luoghi d'interesse di Manhattan. Times Square affascina per i caratteristici schermi che di notte illuminano a giorno l’intera piazza. Central Park è il grande parco nel cuore della grande mela che offre un’oasi di pace nella trafficata e frenetica Manhattan. Il MoMa, il Guggenheim ed il MET sono tra i musei
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di Francesca Gottardi
Toro di Wall Street più noti dell’isola, assieme al museo di storia naturale. Non può mancare una visita all’Empire State Building, il celebre grattacielo reso noto dal film king Kong, che offre vedute spettacolari della città. Ulteriore punto panoramico è l’osservatorio della Freedom Tower, nell’area dove un giorno sorgevano le torri gemelle. Attraversando il ponte di Brooklyn su può poi godere di un’eccellente vista dello Skyline di Manhattan. Altri celebri edifici sono il Chrysler Building, uno dei simboli più celebri di New York per il suo singolare tetto in stile art déco, ed il Flatiron Building, celebre per la sua singolare forma a “ferro da stiro”. È poi di dovere una visita al toro di Wall Street, considerata di buon auspicio. Il Rockfeller Center è invece noto per il celebre albero di Natale che ogni anno viene innalzato di fronte all’edificio, e per la pista di pattinaggio
Skyline Brooklyn con ponte
che attrae turisti di tutte le età. Punto simbolico dell’immigrazione italiana a New York, non può mancare una visita ad Ellis Island ed alla famosa Statua della Libertà. La Statua fu donata dai francesi agli americani a fine ottocento, per celebrare la vittoria dell’Unione e l’abolizione della schiavitù negli usa. È oggi simbolo del-
l’America e delle sue contraddizioni. L’isola artificiale di Ellis Island fu per decenni il principale punto di ingresso degli immigrati negli Stati Uniti. Dal 1892 al 1954 ne sbarcarono più di 12 milioni. Ellis Island è oggi monumento nazionale ed una delle attrazioni più popolari di New York. La High Line è invece un’attrazione
contemporanea. Sorta al posto di una sezione della ferrovia dismessa, la High Line offre una moderna passeggiata sopraelevata che per 2 km costeggia la parte ovest di Manhattan. Nel tragitto vi sono diversi punti panoramici, e ci si imbatte in opere architettoniche come quella dell’iraniana Zaha Hadid.
L’importanza del giornalismo locale A volte capita che siano molteplici autori, provenienti da realtà locali meno conosciute a fare la differenza. È il caso del team di oltre 60 giornalisti del Cincinnati Enquirer, che lo scorso aprile ha vinto il premio Pulitzer per miglior giornalismo locale. Il premio Pulitzer è un premio americano, considerato come una delle più prestigiose onorificenze per il giornalismo. In questo caso, il reportage ha documentato la piaga del consumo di eroina a Cincinnati, città del midwest nel cuore dell’America rurale e provinciale. Sono 18 i morti e 180 i casi di overdose che si sono registrati in una sola settimana in questa città dell’Ohio, e che il servizio ha documentato. "Era la notizia più locale che si possa immaginare", ha affermato Dan Horn, uno degli autori del reportage. Questo premio sottolinea come il giornalismo locale sia in grado di fare la differenza, dando rilievo a fenomeni locali che altrimenti non avrebbero voce. Senza questa importante forma di informazione la prospettiva locale verrebbe infatti persa, oscurata dal tram-tram delle notizie nazionali. (F.G.) Joseph Pulitzer
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Che tempo che fa a cura di Giampaolo Rizzonelli
UN MESE DI APRILE TRA I PIU’ CALDI DI SEMPRE Il mese di aprile 2018 è risultato essere uno dei più caldi da quando abbiamo rilevazioni, in particolare per quanto ri-
guarda l’Italia è stato il più caldo di sempre (dal 1800) con un’anomalia di temperatura di ben +3,5°C rispetto alla
media 1971-2000 (fig. 1), mentre per Levico Terme si è “piazzato” al quarto posto dopo 2011, 2007 e 1961.
Fig. 1 (differenze di temperatura aprile 2018 rispetto a valori medi 1971-2000)
Perché ha fatto così caldo? L’ondata di calore è stata provocata da un anticiclone di origine africana che ha convogliato masse d’aria calda sul bacino del Mediterraneo, a questo si è unito il fenomeno della subsidenza, ovvero del riscaldamento delle masse d’aria per compressione e in Trentino in parte anche l’effetto riscaldante del foehn. Per quanto riguarda i valori registrati, le temperature in alcuni giorni sono state superiori anche di 10°C alle medie del periodo. Nella mappa qui di seguito fig. 2, sono riportate le anomalie di temperature per l’Europa per il periodo 15-21 aprile 2018, ben evidente che nessuna zona ha registrato temperature inferiori alla media, ma in molte zone le anomalie sono state superiori ai +9°C.
I valori di temperatura sono risultati in particolare in montagna più vicini a temperature di luglio che non di aprile, mentre in fondovalle se i valori delle massime non hanno superato i record, ma vi ci sono molto avvicinati (+30,2°C è la massima record per Levico Terme del mese di aprile, registrata nel 2000) , per trovare minime così elevate bisogna tornare indietro di qualche decennio. Qui di seguito le temperature rilevate a Levico Terme nel mese di aprile 2018: PERIODO
MEDIA DELLE MINIME
MEDIA DELLE MASSIME
MEDIA DEL MESE
MINIMA ASSOLUTA
MASSIMA ASSOLUTA
APRILE 2018
+6,6°C
+21,3°C
+13,9°C
-0,8°C
+28,1°C
VALORI NORMALI DAL 1939
+5,3°C
+17,0°C
+11,1°C
Fig. 3: Temperature Levico Terme
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Fig. 2 Anomalie di temperatura Europa periodo 15-21 aprile 2018 Davvero impressionanti le differenze sulle temperature massime, con ben 4,3°C in più rispetto ai valori normali dal 1939 e di ben +5,2°C rispetto alla media 1961-1990. Effetti dell’ondata di calore, oltre alla fioritura, letteralmente esplosa, è stato il forte scioglimento della neve in quota e l’aumento delle portate dei fiumi. Qui di seguito alcuni grafici presi dai nivometri automatici di Meteotrentino. Dai grafici si vede lo scioglimento nella settimana compresa tra il 19 e il 26 aprile, in particolare: a) ai Coi de Paussa Canazei, si è passati da 118 cm a 70 cm (48 cm persi) b) al Ghiacciaio Presena si è passati da 375 cm a 314 cm (61 cm persi) c) al Passo del Tonale si è passati da 91 cm a 13 cm (78 cm persi) Per quanto riguarda le portate dei fiumi, qui di seguito una tabella presa dal sito del Servizio Prevenzione Rischi – Ufficio Dighe della Provincia di Trento. Si può vedere che la portata del fiume Adige è passata da un minimo di 290,88 metri cubi al secondo del 21/04 ai 470,45 metri cubi al secondo del 26/04. Anche l’altezza idrometrica è passata da 134 cm a 202 cm.
Fig. 4 nivometri, altezza neve, scioglimento tra il 19 e il 26 aprile
Ultima curiosità, la temperatura dell’acqua di superficie del lago di Levico a fine mese risultava essere di ben 7°C più elevata rispetto allo stesso periodo del 2017, +19°C vs +12°C.
Fig. 5 Portata fiume Adige dal 21 al 26 aprile.
Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli anche su dati forniti da Meteotrentino Provincia Autonoma di Trento e Fondazione Edmund Mach.
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o d n a l l e r e h c o i G
Cristini io iz r u a M a cura di
QUESITO A SCHEMA Trovate le parole rispondenti alle definizioni date, aiutandovi con le sillabe qui elencate alla rinfusa. Dalle lettere nelle colonne a sfondo grigio, si otterrà una domanda alla quale dovrete dare la risposta.
Leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo rosso, si otterrà il nome di una classica manifestazione ciclistica trentina. ORIZZONTALI: 1. Animale da compagnia... inglese - 3. Il Fleming di 007 - 6. Un Passo con piste da fondo presso Folgaria - 8. Lavorano fra... gloria e stecche! - 13. Il suo nome altoatesino è Jochgrimm - 15. Articolo per... signore - 16. Canzone della tradizione musicale tedesca - 17. La Riserva Naturale presso Besenello dove si snoda la salita ciclistica più dura d' Europa - 20. Cosmetico per gli occhi - 23. Abile o capiente - 27. In alternativa - 29. Generoso e pregiato vino della Valpolicella - 31. Dio egizio del Sole - 32. Il ciclista di Borgo V.S. vincitore della più lunga tappa del Giro d'Italia 2016 - 35. Quando scattano non si ha più la libertà - 36. Abitanti di Nuoro - 37. Unione Ciclistica Internazionale - 38. Sfortunate - 40. Il ponte D. Alighieri lo scavalca a Levico - 41. Sarcasmo - 43. Una farina molto bianca - 44. Tipico contorno della tradizione gastronomica trentinotirolese - 45. Si esclama come stimolo a saltare.
bec, cal, cef, co, cut, de, de, di, do, e, e, fo, gi, gi, glia, gu, guay, i, le, lo, ma, mo, nar ni, niu, no, per, plen, que, ra, ri, ru, sau, schet, si, si, sra, ste, sup, ta, te, tie, to, u, u, u. ORIZZONTALI: 1. Lo stato con la stella di Davide - 2. Voluto, agognato - 3. Il sostituto di un docente - 4. Stato che ha per capitale Montevideo - 5. Sono sempre a caccia di alieni e dischi volanti! - 6. Famoso complesso beat italiano da sempre legato alla Valsugana - 7. La città che accoglie le spoglie di Madre Teresa - 8. Il loro motto era Tutti per uno, uno per tutti - 9. Passar sopra ad un peccatuccio che abbiamo commesso - 10. La più estesa provincia canadese - 11. Così si sentono le persone che si sono sottoposte a grandi sforzi fisici - 12. Un pinnacolo del Duomo di Milano - 13. Festeggiano le nozze d'oro dopo cinquant'anni di vita insieme - 14. Il Fondo dell'ONU per l'infanzia.
VERTICALI: 1. La frazione di Giovo dove è nato F. Moser - 2. La parte superiore del bikini - 3. La prima e più grande libreria italiana online dal 1998 (sigla) - 4. L'arte latina - 5. Macchiolina sulla pelle - 6. Centotré... per Ovidio - 7. L'Adige... dalla foce alla sorgente! - 9. Il Curzio autore di Kaputt e La pelle - 10. Era un lago e ora è una palude a sud di Trento - 11. La targa di Lecco - 12. Dicesi di uomo alto e molto magro - 14. Sono uguali nel neutrone - 17. Il Riccardo di Mio fratello è figlio unico - 18. Il Pablito Pallone d'oro nel 1982 (iniz.) - 19. Organizzano spettacoli teatrali o musicali 21. Le ali... dell'emù! - 22. Legge Regionale - 23. Copricapo papale in velluto rosso - 24. Così è definito il suolo natío - 25. Aderenti, uniti - 26. Acetone al contrario! - 28. Così è la cucina di altri continenti - 30. Lite al contrario - 33. Lo è il Minuetto della Valsugana - 34. La sciarpa che aveva al collo ne causò la morte accidentale (iniz.) - 39. Il wagon dove si dorme - 41. L'Italia nei siti Internet - 42. Cuore di trippa.
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Il numero di giugno di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 1 giugno 2018
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