Valsugana News n. 4/2016 Maggio

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L’EDITORIALE

A tutti voi...

...GRAZIE

Q

uando un direttore di un giornale, sia esso quotidiano, settimanale o mensile, scrive il suo editoriale, di solito lo fa per evidenziare uno o più aspetti non proprio positivi della nostra quotidianità. Questa volta il mio scrivere non è per informarVi di fatti negativi o avvenimenti di cronaca nera, politica o istituzionale o di ruberie varie, ma per sottolineare e dare giusto merito a coloro i quali, con spirito di solidarietà e altruismo, contribuiscono a rendere meno triste di chi soffre. Questo mio editoriale, e sono felice di farlo, è rivolto a quanti hanno concretamente collaborato per permettere all'Associazione Altri Orizzonti di Borgo Valsugana, di cui mi onoro di essere il Presidente, di portare a termine e quindi realizzare un significativo progetto umanitario in Etiopia. L'obiettivo fissato lo scorso anno era quello di riqualificare e potenziare il reparto maternità della Clinica di Modjo, scarsamente utilizzabile non soltanto per le precarie e fatiscenti condizioni strutturali, ma anche e principalmente per la mancanza di attrezzature utili e indispensabili sia in caso di visite urgenti, sia di ricovero e sia in caso di nascite. Ed è stato appunto grazie alle offerte spon-

 di Armando Munaò

tanee dei borghesani e ai contributi della CASSA CENTRALE BANCA-Credito Cooperativo del Nord Est di Trento, al BIM di Borgo, alla COMUNITA’ VALSUGANA E TESINO e alla CROSS - Cassa Rurale Olle-Samone-Scurelle di Borgo Valsugana, che questo importantissimo progetto sanitario è stato ultimato. Oggi, nella cittadina etiope e all'esterno della clinica di Modjo, si trova affissa, e ben visibile, una targa ricordo portata personalmente da Giovanni Demarchi, Vicepresidente di Altri Orizzonti, in occasione della sua recentissima visita e che testimonia quanto è stato fatto per rendere meno infelice la quotidianità di queste sfortunate persone. E sono state proprio le parole di Demarchi che, al suo rientro ha Borgo, ci hanno confermato quanto era indispensabile concretizzare questa riqualificazione. Quanto utile e apprezzato l’intervento dei nostri cittadini e delle varie Istituzioni. E quanto tutta la comunità di Borgo ha realmente fatto, non solo per la salute delle future mamme, ma anche e principalmente per i nascituri che, all’interno della clinica, potranno usufruire di idonee e appropriate cure. A tutti Voi…grazie

Il reparto maternita’ di Modjo

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IL SOMMARIO Editoriale.................................................... 3 Universitari e Reality show ......................... 12 Per non dimenticare .................................. 15 Come è messa la nostra penisola................ 20 Anche in Europa non si scherza .................. 23 Il Fantastico Viaggio di Isacco .................... 24 Biblioteche trentine ................................... 25 Se succedesse a mio figlio ......................... 26 No alle centrali in Valsugana ...................... 29 Bambini come delfini ................................. 31 Emergenza sanitaria .................................. 34 Intervista impossibile - Pinocchio................ 36 Movin Sound............................................. 38 BUON COMPLEANNO VALSUGANA NEWS .... 48 Canzone europea dei bambini .................... 58 F.lli Dalmaso e Bagno Design...................... 60 Le cronache .............................................. 61 Progetto Giovani ....................................... 62 Le cronache .............................................. 63 Le cronache .............................................. 65 Ruggero Marzatico .................................... 66 Le cronache .............................................. 67 Le cronache .............................................. 68 Le cronache .............................................. 69 CASTEL IVANO..........................................70 Mattia Rosso ..............................................72 I VIGILI DEL FUOCO DI BORGO ................. 74 La ragazza Immagine ................................ 76 Lo scavo Brenta ........................................ 78 COMBATTIAMO L’ALZHEIMER ..................... 79 Santa Apollonia in Spera ............................ 82 Medicina & salute ...................................... 86 Benessere e salute .................................... 88 Giovani e Valori ......................................... 89 Girovagando - La Toscana .......................... 90 Archeologia............................................... 92 Giocherellando .......................................... 94

Sanità in prognosi riservata PAG. 7 L’EVASIONE FISCALE IN ITALIA - PAG. 19 SPERA, STORIA DI UNA COMUNITÀ PAG. 84

LO SPECIALE MOTORI Storia dell’automobile .............. 41 LaValsugana.................................. 45 Immatricolazioni ........................ 47 Autovelox .................................... 50 Auro elettriche SI o NO? ........ 51 Traguardo green in Olanda ...... 52 Non desiderare l’auto di lusso .. 54 Motori e giardini ........................ 56

ANNO 2 - MAGGIO 2016 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munao’ - 333 2815103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Roberto Paccher COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Luisa Bortolotti - Elisa Corni - Erica Zanghellini Alessandro Dalledonne - Mario Pacher - Franco Zadra Laura Fratini - Francesca Schraffl Eleonora Oss Emer - Chiara Paoli - Tiziana Margoni Patrizia Rapposelli - Zeno Perinelli - Adelina Valcanover CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE Edizione Printed srl Viale Vicenza, 1 - Borgo Valsugana IMPAGINAZIONE, GRAFICA Grafiche Futura STAMPA Grafiche Futura PER LA PUBBLICITÀ SU VALSUGANA NEWS info@valsugananews.com www.valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright EDIZIONI PRINTED e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a EDIZIONI PRINTED, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra EDIZIONI PRINTED si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

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Sarà Paolo Bordon, 52 anni, originario di Rovigo, il nuovo direttore dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. Lo ha nominato il 18 aprile scorso, su proposta dell’assessore Luca Zeni, la Giunta provinciale. La commissione, incaricata dalla Giunta di effettuare la selezione, ha lavorato nel mese di marzo, vagliando i circa 100 curricula pervenuti alla chiusura del bando. La procedura è stata rigorosa e approfondita; la commissione ha ascoltato i 10 migliori candidati e ha selezionato una rosa di 6 nominativi, stilando un profilo con le caratteristiche di ognuno, tutti professionisti molto solidi. «È stato fatto un lavoro di valutazione molto approfondito. ha chiarito il presidente Ugo Rossi La commissione ha sentito, uno a uno, i dieci migliori professionisti che avevano superato la prima selezione».

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Paolo Bordon - precisa l’assessore Zeni - è quello che ha le caratteristiche migliori per guidare l’Azienda in questo momento, a cui unisce una forte motivazione per un lavoro impegnativo e sfidante. Si apre una nuova fase di rilancio della sanità trentina. Il nuovo direttore possiede una notevole capacità organizzativa, necessaria per questo incarico, vista la complessità della nostra azienda e del nostro territorio. Ha, inoltre, propensione all'innovazione, specie nel rapporto con il territorio, con attenzione alla cronicità, alle cure primarie, al rapporto col sociale e allo sviluppo di progetti legati a prevenzione e stili di vita. Ha dimostrato, inoltre, nel corso della sua carriera, capacità di creare squadra, unendo l’apertura a nuove professionalità alla valorizzazione di quelle presenti e propensione al dialogo e alla comunicazione nei rapporti con i cittadini, valorizzando il merito nelle Paolo Bordon scelte dei professionisti.

Siamo certi che in tal modo saprà restituire nuove motivazioni agli 8000 operatori, vero cuore della sanità trentina». «C’è stata infine - ha chiarito Zeni ampia condivisione sulla necessità di coniugare sostenibilità e capillarità dei servizi sul territorio, secondo un principio di sussidiarietà, anche tenendo conto della nostra "specialità" e diversità di disciplina nel rapporto con lo Stato». «Il sistema sanitario trentino è riconosciuto come di elevata qualità a livello nazionale, e il percorso aperto e rigoroso di selezione che ho affrontato è una conferma dell'approccio serio dell'amministrazione», queste le prime dichiarazioni del nuovo direttore generale. «Ho scelto il Trentino per l'opportunità di una sfida professionale complessa, ma appassionante: non è la semplice guida di una delle tante aziende sanitarie, ma la possibilità di lavorare su un intero sistema socio-sanitario, grazie all'azienda

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L'assessore Zeni e il Presidente Ugo Rossi

unica, con una visione d'insieme. Nelle prossime settimane mi confronterò con i tanti attori della sanità trentina, per costruire insieme una squadra consapevole della responsabilità che abbiamo verso i cittadini trentini». Una sfida impegnativa, proprio quando la Sanità Trentina fa i conti con un buco da 209 milioni di euro negli ultimi 15 anni (nel 2013 sono stati persi 17,8 milioni per la fuga dei pazienti verso altre regioni). «Quanti di noi hanno preferito Sudtirolo, Veneto o Lombardia? - si chiede Manuela Bottamedi in un post su Facebook - E perché? Perché là in efficienza, strutture e tempi d'attesa sono meglio di qua. Anche nella Sanità abbiamo creato una macchina elefan-

tiaca, che vive di burocrazia e procedure, dimenticando che nella Sanità bisogna investire prima di tutto sul capitale umano, sulla velocità di risposta, sulla semplificazione delle procedure, su strutture moderne, su un'organizzazione efficiente». Una domanda che troverà forse una risposta analizzando il quadro ancora più deprimente della Sanità Nazionale. «In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi». Così recita uno stico dell’antico giuramento d’Ippocrate risalente al IV secolo A.C. che, nella sua versione moderna, giurano ancora i medici di oggi. Un giuramento fa della profes-

sione medica quella che forse più di altre esprime il senso dell’umanità come ultima conquista della coscienza. Nonostante questo però, non ha impedito al nostro Sistema Sanitario Nazionale di venire pesantemente infiacchito da fenomeni di corruzione rilevati nel 37% delle aziende sanitarie italiane, solo negli ultimi cinque anni, con frodi per 300 milioni di euro accertate dalla Guardia di finanza e dove sono i bambini a pagare lo scotto più drammatico. Un sistema sanitario con prestazioni d’eccellenza, preso a modello e guardato con invidia persino dagli Stati Uniti, infiltrato da mazzette, tagli e sprechi, che diventa addirittura dannoso se, come denuncia il Tribunale del malato, «l’accesso alle cure è divenuto più difficile anche per pazienti oncologici». C’è chi aspetta fino a 13 mesi per una risonanza magnetica con servizi e prestazioni divenute ormai delle chimere, tanto che nel 2013, secondo l’Istat, il 9,5% dei richiedenti addirittura ha rinunciato a curarsi, oppure si è rivolto al privato. Un sistema sanitario che ha perso di vista la sua “mission”, nel quale la corruzione, ancora più abominevole trattandosi della salute di tutti, mangia in continuazione fondi per strutture, farmaci e assistenza, di norma oggetto di tagli da parte della politica in nome della spending review. Secondo il rapporto intitolato con il migliore degli auspici e un senso di leggerezza ironica, “Curiamo la corruzione”, realizzato da Transparency Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc, presentato a

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Roma il 6 aprile scorso in occasione della prima Giornata nazionale contro la corruzione in sanità, un’azienda sanitaria su tre negli ultimi cinque anni ha registrato al proprio interno fenomeni corruttivi. Quasi l’ottanta per cento dei dirigenti sanitari ritiene che nella propria struttura il rischio sia concreto, soprattutto nel settore degli appalti e delle assunzioni del personale. Nell’ultimo anno la Guardia di Finanza ha accertato frodi nel settore sanitario e della previdenza per più di 300 milioni di euro, mentre la Corte dei Conti ha segnalato che le sentenze di condanna in primo grado del 2015, da sole, hanno raggiunto la cifra di circa 87,7 milioni di euro di danno all’erario. In questa palude melmosa di tagli, sprechi e corruzione nessuno è risparmiato, né anziani, né bambini, né categorie particolari come i malati oncologici, che oggi sempre di più fanno fatica ad accedere a medicinali o trattamenti di radio e chemioterapia. «L’aspetto più drammatico è che i costi della corruzione nel sistema sanitario talvolta si traducono in vite umane»

spiega Alberto Vannucci, membro dell'Advisory Council del Progetto biennale “Monitoring AntiCorruption in Europe: Bridging Policy Evaluation and Corruption Measurement” (MO&AC), European Commission, DG HOME Action Grants e professore di Scienza politica a Pisa, tra i massimi esperti di corruzione in Italia. Secondo Vannucci «è stata dimostrata una forte correlazione tra il tasso di mortalità infantile e la diffusione del malaffare. Il rapporto tra tangenti e morti infantili è evidente, visto che la corruzione redistribuisce nelle tasche di corrotti e corruttori quote dei fondi che altrimenti sarebbero destinate a finanziare programmi di cura, assistenza e prevenzione delle malattie». Il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, ascoltato in senato nel marzo scorso dalla Commissione Igiene e Sanità, ha dichiarato che «nessuno

può dubitare del fatto che i fenomeni distorsivi possono avere un’incidenza rilevantissima sui costi della sanità». Il fatto è lapalissiano, ma diviene grottesco quando si scopre per esempio che dei funzionari dell’Asl di Foggia hanno speso 1,5 milioni di euro per acquistare 900 flaconi di disinfettante, moltiplicando per 10 il bisogno reale, pagandoli 2000 (duemila) euro a flacone, quando sul mercato si acquistano a 60 (sessanta).

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Oppure che alcuni medici di Caserta hanno speso un milione e mezzo di euro in prestazioni assistenziali per pazienti morti o emigrati all’estero e che quattro alti dirigenti dell’Asl 10 di Firenze hanno ottenuto 25 milioni di euro come rimborso non dovuto per una serie di interventi eseguiti come libero-professionisti, per non parlare del sistema di false fatturazioni per più di 8 milioni di euro per prestazioni sanitarie mai effettuate riscossi dall’Ospedale Israelitico di Roma, come si evince dall’ultima relazione della Corte dei Conti che ha aperto il vaso di Pandora, lasciando il più che ragionevole sospetto che non sia tutto qui. Ogni euro finito nelle tasche sbagliate è un euro in meno dedicato alla cura dei pazienti, talvolta costretti persino a pagare mazzette per vedere riconosciuti i propri diritti. Nel 2012 il 4% degli italiani, intervistato per il sondaggio Eurobarometro di Transparency international, ha dichiarato di aver pagato una tangente per accedere al servizio sanitario. Sono gli stessi dirigenti ad ammetterlo. «Nel 37 per cento delle aziende sanitarie italiane si sono verificati episodi di corruzione negli ultimi cinque anni e in circa un terzo dei casi non sono stati affrontati in maniera adeguata» è scritto nel rapporto Curiamo la corruzione. Le liste d’attesa sono state indicate dall’Autorità anti-corruzione come una delle aree più a rischio del settore sanitario, insieme agli appalti pilotati, ai conflitti d'interesse e i favoritismi nei rapporti con i privati accreditati.

Il catalogo delle zone a rischio presentato da Raffaele Cantone lo scorso ottobre punta il dito anche contro le possibilità di abuso legate agli incarichi e le nomine di vertice decise dalla politica locale con criteri spesso non trasparenti e meritocratici, all’attività libero professionale che unita a una gestione opaca delle liste d’attesa può dare origine a “comportamenti opportunistici”. Su tutto questo i tagli dei piani di rientro e la spending review non hanno sortito alcun benefico effetto. Secondo la ricerca Curiamo la corruzione la riduzione dei fondi non ha prodotto «alcuna inversione di tendenza per quanto riguarda il peso degli sprechi all’interno del totale speso». «Non c’è stata l’aggressione selettiva e chirurgica degli sprechi ma alla contrazione e soppressione di prestazioni e servizi» dice Nardi di Cittadinanzattiva. Secondo Curiamo la corruzione gli sprechi delle Asl e Aziende ospedaliere in beni e servizi non legati in modo diretto alla cura dei pazienti ammontano a circa un miliardo di euro l’anno. Anche se la stragrande maggioranza delle strutture sanitarie si è adeguata alle norme predisponendo appositi strumenti di trasparenza e prevenzione,

molto si è tradotto in adempimenti formali nella cui efficacia non sembrano credere neppure gli stessi dirigenti sanitari. Ben tre su 10, tra gli intervistati, hanno dichiarato che le richieste dell’anticorruzione potrebbero tradursi solo in un appesantimento della burocrazia ed essere del tutto inutili. Resta il fatto che solo una su quattro delle strutture sanitarie ha adempiuto agli obblighi di legge in merito alla stesura e gestione del piano triennale anticorruzione. Se si è investito sulle persone, dunque, forse erano le persone sbagliate.

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UNIVERSITARI VS

REALITY SHOW

 di Patrizia Rapposelli

Giacomo Leopardi, poeta dell’Ottocento italiano, scrive che il più solido piacere di questa vita, è il piacere vano delle illusioni. Nei primi anni Duemila l’illusione leopardiana, fatta propria dal mondo televisivo, conquista il pubblico immettendo sulla scena mediatica il Reality Show. “La finzione diventa realtà, il mondo reale diviene distante e illusorio”.

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l Reality Show è un genere di programma televisivo nascente negli Stati Uniti e successivamente diffuso su scala mondiale, in cui sono trasmesse situazioni drammatiche e umoristiche vissute da protagonisti come fosse vita reale. Dagli anni Duemila ad oggi siamo stati bersagliati da una grande vastità di questi, ma quelli di maggior successo, sul suolo italiano, rimangono il Grande Fratello e l’Isola dei Famosi. Programmi molto criticati, ma che all’esame dei numeri quantificano un grande audience che attira un pubblico desideroso di curiosità o di altre

DI TOLLER DEBORAH E PACCHER ROBERTO

particolari emozioni. Sulla base di ciò, vediamo cosa ne pensano i giovani universitari dell’ateneo trentino. La domanda per tutti è… “Guardi Reality Show? E cosa ne pensi?” Tra le vie universitarie di Trento i giovani accademici hanno dato voce al loro pensiero, muovendosi contro l’idea comune che classifica i Reality Show come programmi televisivi più apprezzati e guardati in qualsiasi fascia d’età. “Non coerenti con la realtà, diseducativi, insignificanti”, sono le parole più gettonate per descriverli e inserirli nella sfera della tv , che molti definiscono “spazzatura”. Concordi nel ritenerli un passatempo e forse una forma d’intrattenimento, li considererebbero tali per

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un target di ragazzi più giovani o per una media di età superiore ai 40 anni. Grande fratello e Isola dei Famosi, i più popolari e i più rilegati nell’angolo diseducativo portatori di una realtà distorta e costruita, si strutturerebbero in base al loro parere, su una mancanza totale di valori, dove uomo e donna offrirebbero una brutta immagine di sé. Agli spettatori più giovani non può che piacere, uno schermo che trasmette fatti di vita quotidiana e protagonisti all’insegna del ridicolo, mi dice un ragazzo, modelli che possono essere presi come riferimento in un’età che come spugne attirano tutto ciò che desta curiosità e ribellione dagli schemi ritenuti concordi dall’ambiente circostante. Ascoltando con interesse le

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varie opinioni, mi perdo in una riflessione che forse è da condividere con voi lettori. I Reality Show, programmi simili uno all’altro, con lo scopo d’intrattenere il pubblico banalmente, forniscono immagini che rischiano di costruire la nostra idea di mondo. Uno studente mi chiede se può parlare liberamente e col mio consenso dice: ”A mio modesto avviso nulla di istruttivo e di educativo hanno. Non ci sono parole… donne mezze nude, uomini palestrati a petto nudo… vip su un’isola che fanno sopravvivenza. Uno sputo per chi è davvero in condizioni pietose nella realtà vera. E di quale messaggio si fanno promotori?” Soffermandomi sulle parole degli intervistati, concentrati sulla cattiva presentazione dell’uomo e della donna, vedo coincidere con l’idea di una realtà distorta e illusoria che rompe la scena televisiva, ma il modello cui passa allo spettatore è ben preciso. Corpi mortificati e senza vita ripresi come oggetti. Prendiamo a esempio il Grande Fratello; trasmesso dal 2000 sulle nostre

televisioni, prodotto dalla Endemol e basato sul format olandese Big Brother, vede la chiusura in una casa, costantemente sorvegliata da telecamere, di persone, uomini e donne di varia estrazione sociale e collocazione geografrica, nella loro quotidianità. Realtà o finzione? Da un lato i personaggi, desiderosi di uscire dall’anonimato, essere famosi a qualsiasi costo, dall’altro un pubblico che si rispecchia nei protagonisti, simpatie e antipatie, fino a provare empatia per essi, e dall’altra ancora l’occhio critico e riflessivo. Il Reality Show fa leva sull’ esasperazione delle situazioni e sulle reazioni eccessive per un coinvolgimento emotivo e sociale. Un ragazzo con aria rassegnata mi dice che i Reality sono fatti per immedesimarsi, usando le sue parole:”Promuovono ciò che dovrebbe essere disincentivato.... bei modelli. Allora se rispecchiano la società d’oggi fa schifo.” Il pensiero della maggioranza dei giovani universitari

trentini è ben chiara a questo punto e non lascia che a una riflessione. Vanni Codeluppi, sociologo italiano, scrive in “Stanno uccidendo la tv”, che la televisione italiana negli ultimi anni cerca di non fare partecipare le persone, mantenendole nell’ignoranza e riservando ad esse un ruolo passivo e subordinato. I Reality Show esistono ed esisteranno, siano essi diseducativi o stupidi, d’intrattenimento o di passatempo, non importa, perché il ruolo centrale lo abbiamo noi spettatori. Possiamo scegliere cosa farne. Basta premere il telecomando.

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Clito Boso Aldo Carraro Bruno Carlini

I civili valsuganotti deportati nel Terzo Reich 1939 - 1945

PER NON DIMENTICARE Negli ultimi venti mesi della Seconda Guerra Mondiale si calcola che siano stati 900 mila gli italiani e le italiane che si trovarono in territorio tedesco contro la loro volontà: internati militari, catturati dopo l’armistizio, civili precettati o rastrellati e inviati al lavoro coatto, deportati nei campi di concentramento, di sterminio, di transito, satellite o di rieducazione. Di questi 202 sono le schede di altrettanti trentini recuperate nel volume “Almeno i nomi” (*) edito dalla Provincia e dal Laboratorio di Storia di Rovereto: 109 sono morti. Gli altri liberati, sia pure stremati, e rimpatriati dopo qualche settimana, generalmente trascorsa in una infermeria o in un ospedale militare o della Croce Rossa. La maggioranza sono della Bassa Valsugana e del Tesino. In tutto 33, così suddivisi per paesi di origine: 12 di Castello Tesino, 4 di Borgo, 3 di Roncegno, altrettanti di Levico e di Pieve Tesino. Due (di cui una donna) sono originari di Villa Agnedo, altri sono nati a Ivano Fracena, Caldonazzo, Tenna, Torcegno, Telve e Strigno.

Terza ed ultima punta del nostro racconto dedicato ad alcuni Valsuganotti che nel corso della seconda guerra mondiali sono stati deportati e/o internati nei campi di concentramento e di sterminio subendo, insieme ai loro sfortunati compagni, le più atroci angherie e torture da parte dei nazisti.

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iniziamo ricordando Ennio Ballerin, nato il 19 febbraio 1924 a Castello Tesino e morto 21 anni dopo, il 14 febbraio. Operaio nello stabilimento Lancia di Bolzano, si sottrae al servizio di leva nell'esercito tedesco e si rifugia nel Tesino, dove si avvicina al movimento partigiano con il nome di battaglia di “Nives”. Arrestato il 3 novembre 1944, come si legge nel volume, è tradotto a Roncegno, poi in Germania, a Prien am Chiemsee, dove è insediato un tribunale delle SS che lo condanna a 10 anni di lavori forzati per diserzione. Trasferito a Buchenwald, il 14 febbraio è assegnato al sottocampo di Oldruf dove scompare lo stesso giorno. La storia di Clito Boso è ben diversa. Nato anche lui a Castello Tesino, il 12 ot-

tobre del 1924, falegname, viene chiamato alle armi il 18 agosto 1943 e assegnato al deposito del 7° reggimento Fanteria di Milano. Sbandatosi dopo l8 settembre, milita in una formazione partigiana con il nome di “Ola”. Arrestato a Castello il Capodanno del 1945 viene deportato a Bolzano e poi a Mauthausen dove arriva il 4 febbraio. Il 20 aprile è trasferito a Gusen e lì liberato dalla truppe americane. Albino Fattore nasce a Castello Tesino il 20 febbraio del 1911. Elettricista, nel gennaio del 1941 viene chiamato alle armi e assegnato al 57° Reggimento Fanteria “Vittorio Veneto”. Il suo servizio militare è tribulato, ospite degli ospedali di Torino e Vicenza. Insofferente alla disciplina militare, subisce gli arresti e il defe-

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rimento al Tribunale Militare di Verona per diserzione, furto e insubordinazione. Rinchiuso nel forte di San Leonardo, nel '43 è trasferito a Gaeta dove è condannato a 4 anni di reclusione, più 3 anni di co-

Lucillo Castegnaro lonia agricola a pena scontata. Nello stesso anno arriva a Peschiera, catturato dai tedeschi viene deportato a Dachau e, successivamente, a Sachsenhausen e Ravensbruck prima di essere liberato dagli alleati. Ben diversa, e tragica, è la sorte di Gaspare Fattore. Nato il 2 maggio del 1905 a Castello Tesino, cugino di don Narciso Sordo, fa il chauffeur. Chiamato alle arme tra il 1925 ed il 1926, dopo l'armistizio prende parte alla Resistenza in Tesino. Il 10 novembre 1944 è arrestato insieme alla sorella Teresa e don Narciso Sordo. Portato a Borgo, a Roncegno, internato al lager di Bolzano, Nel gennaio del 1945 è deportato a Mauthausen e l'8 febbraio viene assegnato al sottocampo di Gusen. Liberato dagli americani, è ricoverato nell'ospedale militare dove muore il 15 giugno. Sepolto a Mauthausen in una fossa comune, la salma verrà riesumata e riconosciuta dieci anni dopo da una missione governativa francese. Mario “Balota” Moranduzzo, nato a Castello Tesino il 9 settembre 1923, è il primo detenuto italiano che muore nel campo di concentramento di Dachau. E' il 1

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novembre del 1943. Venditore ambulante, nel gennaio dello stesso anno Mario viene chiamato alle armi e assegnato al 79° Reggimento Fanteria di Verona. Insofferente alla disciplina militare, a marzo viene condannato a 4 anni e due mesi di reclusione per diserzione e 800 mila di multa per alienazione di effetti militari. Da Verona passa a Peschiera e, dopo l'8 settembre, viene deportato a Dachau. Assegnato all'Aussen Kommando di Kottern, il 25 ottobre tenta la fuga ma è ripreso il giorno dopo, bastonato, ridotto in fin di vita. Cessa di vivere pochi giorni più tardi. Vittorio Sordo nasce il 30 ottobre del 1918 a Levico. Studente universitario in ingegneria, dal dicembre 1941 al marzo del 1943 è sottotenente di completamento in territorio metropolitano. Dopo l'8 settembre, come si legge nel volume del Laboratorio di Storia di Rovereto, è partigiano e fa parte del Comitato indipendentista trentino. Arrestato dalla Gestapo, è processato insieme ad altri attivisti e condannato a 6 anni di lavori forzati. Deportato nel penitenziario di Bernau am Chiemsee (Baviera), viene liberato a fine guerra dagli americani. Raccontiamo ora la storia di due civile originari di Pieve Tesino. Il primo è Alberto Rio, nato il 7 maggio del 1926. Lavoratore coatto a Innsbruck, abbandona il lavoro il 15 dicembre del 1943. Fermato al Brennero, è rinchiuso nell'AEL di Reichenau: maltrattato e ricoverato in infermeria, il 25 luglio del 1944, in precarie

Alfredo Dall' oglio

Mario Moranduzzo Balota condizioni di salute viene rilasciato e rimpatriato. Muore all'ospedale di Pergine, per TBC, il 14 dicembre del 1944. Di professione operaio, invece, Elio Rizzà nasce il 3 giugno del 1913, Dispensato dal servizio militare, dal 9134 al 1936 è più volte richiamato e ricollocato in congedo. Definitivamente mobilitato nel 1940,

Alberto Rio è assegnato alle Camicie Nere 309 Legione Novara. Nel gennaio del 1943 è trasferito alla Legione Milizia Centurioni e assegnato alla difesa territoriale. Dopo l'8 settembre è catturato dai tedeschi e internato, nello Stammalager VI come I.M.I. In Germania il 20 giugno del 1944. Trasferito nel lager Thuringer Hof di Kahla , in Turingia, lavoratore coatto nel Rustingsbetrieb, muore per “Tuberkulose” il 27 febbraio del 1945. Nato a Ivano Fracena il 24 novembre del 1911, Leopoldo Baratto muore a Gusen il 24 dicembre del 1941. Di famiglia contadina, nel 1928 emigra in Francia e nel


PER NON DIMENTICARE maggio del 19367 si arruola nella XII Brigata Internazionale Garibaldi che combatte in Spagna. Nel 1939 il Ministero degli Interni italiano ne

Albino Fattore dispone l'arresto, ma è tardi perchè Baratto - come si legge nel volume - risulterebbe già prigioniero in una Stalag in Germania. Arriva a Mauthausen il 25 gennaio del 1941 e muore, alla vigilia di Natale dello stesso anno, all'età di 31 anni a Gusen. Nato a Villa Agnedo il 17 settembre del 1943, fin da giovane Aldo Carraro emigra in Francia, cancellato dall'anagrafe comunale il 1 luglio del 1937. Di professione pittore, viene deportato il 17 gennaio 1944 a Buchenwald e l'11 febbraio assegnato al Kommando “Anna”. Il 2 aprile del 1945 è trasferito al cam-

Leopoldo Baratto

po Dora-Mittelbau II a Nordhausen, un Kommando esterno dipendente da Dora. E' liberato l'11 aprile 1945. Lucillo Castagnaro nasce a Pieve Tesino il 5 luglio del 1922, dispensato dal servizio di leva, il 6 novembre del 1943 fa rientro nel Tesino dove, dall'agosto all'ottobre del 1944, fa parte di una formazione partigiana con il nome di “Zorro”. Catturato a Castello Tesino, condannato da un tribunale delle SS viene deportato a Buchenwald. Alfredo “Fredo” Dall'Oglio è l'ultimo civile di cui parliamo. Forse il più famoso, non fosse perchè alla sua memoria è stato intitolato il Parco della Pace di Borgo. Nasce il 6 luglio del 1921 ed all'età di tre anni emigra in Francia ottenendo la cittadinanza francese. Nel 1940 diviene attivista della Joc (Gioventù operaia cattolica) ed è chierico nella diocesi di Saint-Denis. Ingaggiato per il lavoro obbligatorio in Germania, a Berlino, in una fabbrica di colori, a Weinssensee, il 6 giugno 1944 - come si legge nel volume - è arrestato dalla Gestapo, per il suo attivismo antinazista di ispirazione religiosa. Rinchiuso in carcere e poi nel lager di Berlino Wulheide, un “Arbeitserziehunglager” gestito dalla Gestapo. Lì muore il 31 ottobre del 1944.

Vittorio Sordo

Gaspare Fattore

Ferruccio Arturo Marchesoni

NOTA DI REDAZIONE: La loro storia e quella di tutti i trentini, è stata tratta dal libro ALMENO I NOMI - Civili trentini deportati nel Terzo Reich, 1939-1945, edito nel 2013 dal Laboratorio di Storia di Rovereto e dalla Presidenza del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento. Coordinatore della ricerca Giovanni Tomazzoni, a cura di Sergio Baldo, Claudia Boscarato, Gianni Canepel, Giancarla Deflorian Candelpergher, Caterina De Meio, Dolores Fait Rosa, Franco Filippini, Diego Leoni, Graziella Lestani Canepel, Armando Luzzi, Gianfranco Nicoletti, Rossano Recchia, Sandro Slaghenaufi, Elisa Trenti, Anita Vedovi e Guido Vettorazzo.

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Tra Nord e Sud passando per il Centro

L'EVASIONE FISCALE IN ITALIA  di Armando Munaò

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no studio pubblicato dalla CGIA di Mestre , una associazione che da anni si occupa nel monitorare non solo i cambiamenti occupazionali, ma anche e principalmente i mutamenti economici che interessano il nostro paese, ha evidenziato quali i comportamenti delle 20 regioni italiane rispetto al rapporto con l'erario e quindi con l'evasione fiscale. E per farlo ha preso in esame e ha considerato valori e fattori che fanno parte della quotidianità sia dei lavoratori sia delle imprese ed attività commerciali, compresi i liberi professionisti: il reddito, il lavoro nero, i consumi e i tanti temuti e odiati studi di settore. E alla fine di questa importante analisi ne è emerso un panorama che di fatto smentisce come alcune regioni considerate “evasori” siano di fatto tra le più ligie al pagamento delle tasse ed imposte varie. La CGIA di Mestre ha considerato che la sommatoria degli elementi presi in considerazione sia uguale al riferimento 100 e quindi chi è al di sopra di questo indicatore è più corretto verso il fisco, chi invece è al disotto, deve rivedere il suo rapporto con le tasse. L'indice più elevato di positività appartiene al Trentino Alto Adige con un punteggio di 166,4 che se fosse applicato da tutte le regioni italiana grande parte dei nostri problemi economici sa-

rebbero di fatto risolti. Al Trentino segue il tanto vituperato Veneto che insieme al Piemonte quantifica un coefficiente di 133,5. Segue il Friuli Venezia Giulia (127,9). Quindi alla luce di questi dati è inconfutabile che tra le regioni più virtuose d'Italia tre di questa appartengono al Nord-Est. Altro dato importante, riferito al Centro-Nord è che le regioni centrali hanno quasi tutte un coefficiente che si avvicina al 100, ovvero senza lode e senza infamia. Purtroppo da Roma in giù e vero il Sud i dati evidenziano un vero disastro economico che ha nelle regioni Molise, Campania, Sicilia l'indice più basso. Fanalino di coda con il 73,8 è la Calabria. Secondo alcune stime l'evasione italiana si aggira su una cifra che non è inferiore ai 90 miliardi di euro all'anno. Altre, più approfondire, fanno aumentare questa cifra a oltre 180 miliardi. Da quanto pub-

blicato dalla CGIA di Mestre si evince che il nostro paese è spaccato in due. Al Sud il rapporto tra evasione e gettito d'imposta non supera mai il 60%, ovvero su un euro che dovrebbe essere regolarmente versato 60 centesimi sono puntualmente evasi. Altro considerazione, analizzando questi dati, è che in maniera inconfutabile si dimostra che le Regioni del Nord-Est assieme al resto del Settentrione sono i veri trascinatori della nostra economia vale a dire che metà paese vive e campa sulle spalle dell'altra metà.

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L'EVASIONE FISCALE IN ITALIA

Come è messa la nostra penisola?  di Elisa Corni

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i avvicina l’estate e con essa non solo le vacanze, ma anche il tanto temuto momento di pagare le tasse. Nel nostro Paese siamo purtroppo famosi per essere poco ligi a questo dovere, che però permette allo Stato di investire in infrastrutture, sanità, scuola. Ma tra “Panama Papers" e “furbetti” quanto ci costa chi non paga le tasse? E, più nello specifico, chi evade di più? Nel 2013 chi non ha pagato le tasse, secondo l’Agenzia delle Entrate, ha sottratto alle casse dello Stato circa 180 miliardi di Euro. Una cifra impressionante se confrontata con i 424 miliardi di entrate fiscali “in bianco” di quello stesso anno. Tra scontrini non emessi, “sconti” sulle fatture e, solo per gli evasori più ricchi, “paradisi fiscali”, le perdite per il nostro paese sono state superiori alla spesa nazionale per la sanità: nel 2013, infatti, lo Stato Italiano ha investito tra i 110 e i 120 miliardi di Euro in ospedali e assistenza. Ancora più preoccupanti i dati dell’Istituto di ricerca Eurispes secondo il quale il cosiddetto PIL sommerso (ovvero il

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prodotto interno lordo derivato dal mercato nero del Bel Paese) nel 2014 ha raggiunto la cifra astronomica di 540 miliardi di Euro. Più di un terzo del PIL ufficiale, che con i suoi 1.500 miliardi è il 3% del prodotto interno lordo della terra. Facendo un passo avanti, nel 2015, secondo l’ultimo rapporto del Centro Studi di Confindustria, l’evasione sarebbe calata fermandosi a 122 miliardi di Euro; la cifra è così composta: 40 miliardi di IVA evasa, 23,4 di Irpef, 24,5 di altre imposte e ben 34,4 miliardi di contributi previdenziali non versati. Sempre secondo questo studio, semplicemente dimezzando l’evasione si incrementerebbe il nostro PIL del 3,1%, e si potrebbero creare oltre 300 mila posti di lavoro - altro che Jobs Act che in un anno ne crea solo 135 mila. Cos’altro si potrebbe fare con oltre 120 miliardi di Euro? Abbassare le tasse del 30%, oppure eliminare la povertà in Italia. Come rilevato da uno degli ultimi rapporti ISTAT, nel nostro paese esistono oltre 8 milioni di poveri, ai quali si potrebbe devolvere una cifra superiore ai 1.000 € al mese, permet-

tendo quindi a queste persone di vivere decorosamente. Lo studio di Confindustria ci permette anche di rispondere alla nostra seconda domanda. Infatti, nello studio si racconta un’Italia nella quale il cosiddetto “sommerso economico” albergherebbe soprattutto in questi settori: quello dei servizi (32,9%), quello del “commercio, trasporti, attività di alloggio e ristorazione” (26,2%) e nel settore dell’edilizia (23,4%). A evadere sono tra i 10 e gli 11 milioni di contribuenti -su un totale di 40. Dipendenti e pensionati, che rappresentano oltre l’80% di chi paga le tasse, sono una categoria nella quale l’evasione è praticamente inesistente. Al contrario, secondo gli studi dell’Agenzia delle Entrate, il 3040% dei professionisti e il 50-60% delle imprese individuali tenderebbero a non dichiarare tutte le entrate. Ma dove, in Italia, si evade di più? La risposta arriva da una simpatica mappa dell’Italia -realizzata sempre dall’Agenzia delle Entrate- che fa corrispondere il “rischio evasione” a evocativi titoli di film famosi. La trovate qui sotto assieme a qualche altro dato.


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L'EVASIONE FISCALE IN EUROPA

anche in Europa non si scherza

 di Elisa Corni

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talia, pizza, mandolino e sole, ma anche evasione fiscale. O per lo meno questa è una delle immagini che l’Europa si è fatta di noi. Eppure, a ben guardare, non tutti gli altri paesi sono onesti. In generale, le stime fatte dalla Comunità Europea fanno ammontare l’economia sommersa nel vecchio continente a mille miliardi di Euro. Questo significa che grossomodo ogni cittadino europeo evade circa 2.000 € l’anno. Se voi pagate tutte le tasse, sappiate c’è qualcuno che si prende anche la vostra quota. Con questi mille miliardi si potrebbe tranquillamente coprire il deficit -la dif-

ferenza tra entrate e uscite- dell’Europa del 2012, che ammonta a 514 miliardi. E, se abbiamo fatto bene i conti, ne avanzerebbero ancora per investire in occupazione, lavoro e ambiente. Oppure, con i mille miliardi evasi si coprirebbe l’intero bilancio dell’UE per il 2014-2020. Del nostro paese abbiamo lungamente parlato, ma come siamo messi nelle classifiche internazionali? Sempre restando in Europa, secondo l’inglese “Tax Research”, proprio a noi toccherebbe la maglia nera dei big del vecchio continente. Con il nostro 27% (tra sommerso, eluso ed evaso) ci piaz-

ziamo al primo tra i principali paesi europei. Dietro di noi, a pari merito sul podio in questa particolare gara al negativo, il Belgio e la Spagna (22%). Se invece prendiamo in considerazione l’intera Europa, non siamo messi così male. Ci battono in ordine: Romania (41%), la Lituania (37,7%) e la Slovacchia (34,9%). Però forse bisognerebbe puntare a vincere un’altra classifica: quella dei paesi dove pochissimi evadono le tasse. Qui vince a man bassa la Finlandia, dove l’evasione è ferma al 4,1%. Qui sotto alcuni dati sull’evasione in Europa e nel mondo.

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LO SCAFFALE

E’ un romanzo fantasy e di formazione per ragazzi e parla di un viaggio molto, ma molto speciale che certamente calamiterà l’attenzione dei bambini e dei loro genitori. Il racconto, a cura di Armando Munaò, direttore del mensile Valsugana News, e illustrato da Licia Zuppardi, presenta una semplicità nei testi e nel racconto che invita a entrare nel vivace mondo di Isacco e a soffermarsi all’interno di esso riscoprendo un fantastico panorama che affascina ed appassiona. Stampa Grafiche Futura di Mattarello.

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Il fantastico viaggio di Isacco

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critto dalla giornalista Adelina Valcanover che, della sua esperienza d’insegnante, pratica della didattica e di psicopedagogia, la passione per la lingua italiana e l’azione teatrale, ha fatto motivazioni profonde sia professionali sia personali. Quest’aspetto risulta da subito nella scrittura: ricca nelle immagini e nei vocaboli, dialoghi veloci e interessanti; dalla lettura scorrevole, per capitoli brevi che si leggono come bevendo un sorso di …pozione magica. Di primo acchito una narrazione tutta fantasiosa, che in più ha spunti e riflessioni ed esperienze su cui fare una lettura a un secondo livello, più profondo e personale, dove ogni particolare ha un richiamo preciso a concetti psicologici e filosofici. La trama del racconto prende le mosse dalla richiesta di un elfo salito fino al mondo degli umani a chiedere a un bambino, Isacco, di aiutarlo a liberare il proprio figlio prigioniero nel castello di una strega cattiva e maligna. Isacco, generoso e curioso, sarà accompagnato dal padre in questo viaggio. Con slancio tipico dell’infanzia non ha alcuna esitazione nell’affrontare l’avventura e scendere nel mondo magico e sotterraneo a lui sconosciuto. Mondo in cui, tramite la ricerca complessa e piena di imprevisti, prove da superare, tranelli e aiuti, diventerà grande maturando una saggezza, un coraggio e una consapevolezza che non sapeva di possedere. Forte della protezione degli affetti -quello paterno per primo- e del sentimento della compassione arriverà a liberare il piccolo elfo, di cui diventerà amico inseparabile. Il racconto, di cui Isacco è l’eroe, si dipana in ambienti diversi: dal tunnel dove si perdono le radici del tiglio del parco, a gallerie, canali, cascate, grotte, ruderi di castelli, di-

more antiche e giardini con fiori ed erbe medicamentose, sentieri irti e pericolosi. La descrizione dei dettagli dei luoghi e dei momenti del tempo, in perfetta sintonia con l’avventura o l’emozione in corso, porta per mano il lettore piano piano all’empatia con i personaggi e le mete da raggiungere e conquistare, rendendolo…tutt’uno con il nostro eroe.


biblioteche trentine

Le

 di Luisa Bortolotti

L

’antico e suggestivo Palazzo delle Albere di Trento, vicino al moderno Museo di Scienze Naturali Muse, prende vita dal 21 al 25 aprile. Ospita "biblioè, 150 luoghi comuni". E’ una festa aperta a tutti per evidenziare "quanto la biblioteca sia perno della comunità e assolva a funzioni di accoglienza e integrazione fra culture": così l’aveva presentata in conferenza stampa l'assessore alla cultura Mellarini. Il titolo dell'iniziativa - biblioè, 150 luoghi comuni - "nasce dal fatto che non esiste una corretta interpretazione di cosa sia realmente la biblioteca oggi, non è una collezioni di volumi sugli scaffali. 150 luoghi comuni in quanto non solo le oltre 150 biblioteche contribuiscono al bene comune, ma sono luoghi aperti alla comunità, stimolano l'accoglienza, senza pregiudizio e senza divisione di sorta, la creazione di pensiero, l'elaborazione di idee", afferma Sara Guelmi responsabile dell'ufficio sistema bibliotecario trentino. La data, il

periodo in cui si svolge biblioè, 150 luoghi comuni, è obbligatorio poichè il 23 aprile è la “Giornata Mondiale del Libro”. E’ una festa collettiva che vede le biblioteche presenti sul territorio provinciale, le associaTrento - Porta su an zioni culturali e i protico viale d'ingress o a Palazzo delle fessionisti partecipare Albere ad un variegato calendario fatto di incontri gratuiti, reading, esposizioni bibliografiche, laboratori e seminari per e di centri studi - con un patto di colladiscutere delle sfide che la società con- borazione e solidarietà sono riunite in temporanea richiede a questi luoghi sistema già dal 1977 nel corso della VII° comuni, presentazioni di libri musiche legislatura quando assessore alla cule spettacoli, spazi di pubblica lettura tura era Guido Lorenzi. Oggi "le bibliosono presidi culturali ma anche punti di incontro, opportu- teche fondamentali sul territorio, i processi di nità, formazione, studio e ricerca. Intento della manifestazione è quello di cambiamento della nostra società si rirendere visibile la varietà delle proposte flettono a tanti livelli sulle biblioteche delle nostre biblioteche ma contempo- che diventano elementi di coesione raneamente permettere a chi lo desi- forti". Numeri significativi riassumono dera di frequentare le l'importanza di questo sistema cultusale di Palazzo delle Al- rale: oltre 1.500.000 prestiti l'anno, bere anche solo per leg- 138.000 iscritti al prestito, più tutti gli gere, guardare, altri utenti che in biblioteca ci vanno ascoltare o conoscere per leggere, usare wi-fi, vedere film e una temporanea biblio- altro; una rete di biblioteche con oltre teca pubblica, ideal- 150 strutture, un patrimonio documenmente rappresentante tale con 1.907.297 titoli per un totale tutte le oltre 150 bi- di 5.131.606 esemplari fisici, una molteplicità di servizi da quelli più tradizioblioteche territoriali. Tutte le biblioteche del nali, come il prestito, a quelli più nostro territorio - co- innovativi. Una rete di biblioteche difmunali, provinciali, ferenti che dialogano e collaborano tra universitarie, di istituti di loro per offrire un sistema di servizi scolastici e religiosi, di bibliotecari considerati di eccellenza a delle Albere zo laz Pa le nta orie so res ing fondazioni, di musei livello nazionale. Trento -

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E SE

succedesse

anche A

mio figlio

 di Erica Zanghellini

Prendendo spunto dalla cronaca degli ultimi tempi, questo mese ho deciso di affrontare un argomento molto delicato: i maltrattamenti dei più “deboli”. Abbiamo sentito queste notizie avvenire in luoghi che noi adulti crediamo e speriamo essere sicuri per i nostri cari e invece, in molti casi non è stato così..

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rendendo spunto dalla cronaca degli ultimi tempi, questo mese ho deciso di affrontare un argomento molto delicato: i maltrattamenti dei più “deboli”. Abbiamo sentito queste notizie avvenire in luoghi che noi adulti crediamo e speriamo essere sicuri per i nostri cari e invece, in molti casi non è stato così.. Sono tantissime le circostanze in cui sono presunti dei maltrattamenti in asilo nido o scuole dell’infanzia e quasi sempre sono i genitori che denunciano tali avvenimenti traumatici. Questo tipo di violenze hanno permesso l’emergere di tanti interrogativi su come affrontare tale emergenza; dalla valutazione preliminare delle insegnanti, tramite test attitudinali, fino ad arrivare a inserire come obbligo un sistema di videosorveglianza nelle scuole. Mentre aspettiamo che gli organi preposti assieme alle varie associazioni di tutela dell’infanzia, studino le loro proposte e che queste facciano il loro corso, vediamo a che cosa però può star attento un genitore nella quotidianità. Qualcosa che permetta di attivare in lui dei campanelli d’allarme per poi spingerlo ad ap-

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profondire se dietro a manifestazioni specifiche del proprio bambino ci sia come causa un possibile maltrattamento. Non tutte sono espressioni di un malessere che si verificano solo ed esclusivamente in questo tipo di casi, ma sicuramente non vanno trascurate perché comunque segno di disagio. Dopo la famiglia, la prima istituzione educativa che incontra un bambino è l’asilo nido oppure la scuola materna. I bambini più piccoli hanno bisogno di incontrare del personale qualificato non solo sulla carta ma, anche a livello emotivo, che abbiamo una sensibilità e che riescano a mettersi nei loro panni per facilitare quel processo di fiducia, di guida e di sostegno di cui necessitano per crescere armoniosamente. Pertanto venire continuamente sgridati, malmenati, aggrediti verbalmente, puniti e magari percossi crea delle forti ripercussioni sia nel breve termine ma, anche nel lungo termine, cioè quando saranno adulti. Ma come faccio io genitore a capire che c’è qualcosa che non va? A quali segnali devo stare attento? Queste sono le domande che ogni genitore si

pone, soprattutto se i figli sono piccoli. In realtà la risposta è veramente complessa, perché ognuno di noi è unico e quindi questa unicità si manifesta con sfaccettature diverse anche nel caso di essere coinvolti ad eventi traumatici. Se dovessimo però, fare un discorso generale e indicativo potremmo trovare questi o comunque una combinazione tra questi “sintomi” come segnali d’allarme: • Cambiamenti nel comportamento abituale con esibizione di atti aggressivi. Le espressioni più comuni sono imitazione dei gesti violenti subiti, sui pupazzi o cominciare a litigare “con le mani” con i coetanei o i fratelli; • Reazioni psicosomatiche come mal di pancia o mal di testa che non possono essere ricondotte ad una motivazione specifica; • Una protesta continua: si oppone o manifesta disagio ogni mattina quando comprende che è giunta l’ora di essere accompagnato a scuola. Questa dimostrazione di malessere può prendere forma anche come rifiuto ad alzarsi al mattino, oppure, come un pianto inconsolabile


ogni volta nel tragitto casa-scuola che tempo prima non era presente; • Disturbi del sonno. Incubi ricorrenti sono le manifestazioni emotive che segnalano un disagio, così come continui risvegli. Può presentarsi inoltre, sempre nell’ ambito relativo ai disturbi del sonno l’enuresi. Il controllo dello sfintere era stato raggiunto e poi perso improvvisamente; • Atteggiamenti regressivi, il bambino comincia a manifestare comportamenti o usare il linguaggio di quando era più piccolo; • Sviluppo di un temperamento pauroso e poco attivo nell’esplorazione dell’ambiente. Evitamento di qualsiasi attività, soprattutto se da attuare in posti nuovi, con continui e massicci comportamenti di rassicurazione e tentativi di controllare la situazione; • Condotte oppositive e/o irritabilità per la maggior parte del giorno e la presenza di tali segni quasi tutti i giorni. Questi atteggiamenti non devono essere direttamente attribuibili a cause concrete e/o specifiche; • Riluttanza o protesta quando qual-

cuno cerca di toccarlo fisicamente. Spesso e volentieri i bambini maltrattati non vogliono essere né abbracciati o stretti o qualsiasi altra forma di contatto fisico, frequentemente anche per il dolore provocato dall’essere stato malmenato; • Chiusura in se stesso: si può manifestare una tendenza all’isolamento e una riluttanza ad interagire con gli altri. Una volta rilevati e appurati i maltrattamenti è importante se non, oserei dire, fondamentale, impedire lo sviluppo da parte del bambino di un’immagine di sé come una vittima designata, che potrebbe protrarsi fino l’età adulta se interiorizzata. La priorità è quindi di intervenire immediatamente sui bambini coinvolti con progetti terapeutici specifici per facilitare l’elaborazione di quanto avvenuto. Elemento importante però, è la tempestività del-

l’intervento, non ci deve essere, né paura né vergogna che tiene, l’unico obiettivo è il benessere e la qualità di vita del bambino che dobbiamo tener a mente. Fondamentale è il lavoro con i genitori per indirizzarli e sostenerli nell’attuare strategie specifiche visto il coinvolgimento dei propri figli, dall’altra risulta di conseguenza necessario supportare loro stessi visto lo shock, il trauma e la possibile presenza di sensi di colpa e senso di impotenza. Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 3884828675

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BASTA CENTRALINE IDROELETTRICHE IN VALSUGANA  di Alessandro Dalledonne

© Ed. Printed

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el corso degli ultimi anni i torrenti della Valsugana sono stati oggetto di attenzioni sempre maggiori e sono sorte una serie di iniziative per la creazione e la progettazione di nuove centraline idroelettriche. Tra i torrenti già sfruttati, in tal senso, o in procinto di esserlo si ricordano il Maso, il Chieppena, il Moggio, il Ceggio, il Grigno e anche il fiume Brenta. Ma adesso basta! A dirlo è l'Associazione Valsuganattiva. “La risorsa idroelettrica è sicuramente una fonte di entrate molto importante per le deboli economie dei comuni della nostra zona e rientra in quella categoria di energia definita sostenibile e rinnovabile. Il concetto di sostenibilità rimane però tale, solo se vengono rispettati alcuni parametri che la normativa provinciale si è data negli ultimi anni, proprio per non intaccare la risorsa idrica in modo indiscriminato e quindi per preservarla da forti impatti ambientali e paesaggistici.” ValsuganAttiva pone l’attenzione su due progetti che andrebbero ad interessare due torrenti nel Lagorai: si tratta del torrente Masolo in Val Calamento,a Telve, e del torrente Larganza a monte di Roncegno Terme. “Già nel 2007 il torrente Larganza è stato difeso dai servizi provinciali e dall’allora Giunta Provinciale ma, incurante della precedente bocciatura, il comune di Roncegno Terme ora prevede un nuovo progetto, ancora più ampio rispetto a quello bocciato nove anni fa. Per quanto riguarda il torrente Masolo - prosegue Valsuganattiva - è l’Amministrazione Comunale di Telve che si è fatta promotrice di un progetto per la realizzazione di una centralina idroelettrica. Noi diciamo no al rilascio di queste concessioni idroelettriche ed alla concessione di una deroga speciale alle norme PGUAP, in quanto queste opere di presa non hanno a monte un bacino di captazione di almeno 10 km quadrati”. Per avere la deroga le due amministrazioni devono creare un piano compensativo, destinando parte degli introiti per sostenere progetti di sviluppo sostenibile della comunità. “Le opere in programma sono valide ma, per quanto ci riguarda, così come proposte risultano un mero specchietto per le allodole, in quanto dovrebbero essere messe in pratica indipendentemente dalla creazione o meno di una centralina idroelettrica”. Valsuganattiva dice no “a chi pensa di rovinare pesantemente quei pochi tratti di torrenti alpini rimasti ancora biologicamente integri e che rappresentano il valore aggiunto del paesaggio del Lagorai. Chiediamo agli amministratori di rivedere le loro politiche di sfruttamento idroelettrico su questi due importanti corsi d’acqua e auspichiamo che l’ente preposto al controllo dell’ambiente (S.A.V.A.) si esprima con parere negativo a salvaguardia del nostro territorio”.

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Bambini come

delfini inLevico Terme

 di Franco Zadra

«Nemo propheta in patria» mai vorremmo vederlo applicato a Joseph Porrino, ideatore e iniziatore nel 1989 a Levico Terme del “Kids as Dolphins”, una didattica specifica rivolta ai più piccoli messi a contatto con la dimensione “acqua”. Proprio a Levico Terme che non solo nel nome porta un saldo riferimento all'acqua, non ci si dovrebbe dimenticare di questo avvenimento che tanta cultura, anche pedagogica, ha portato e continua a mettere a disposizione di chi si occupa di bambini.

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ssieme a Joseph vanno menzionati altri pionieri di questa didattica, come Carlo Gottardi, Piergiorgio Bertoldi, Matteo Zangoni e la collaborazione di ATASUB, che con il pluriprimatista mondiale di apnea, Umberto Pelizzari e lo staff scientifico della scuola da lui fondata, Apnea Academy, hanno fatto di “Kids as Dolphins” un metodo e un’attività innovativa rispetto a quanto proposto nel panorama delle attività acquatiche. Presentato a livello nazionale in cinque seminari patrocinati dalla Provincia Autonoma di Trento, dal Comune di Levico Terme e Dan Europe, svoltisi a Castel Ivano nel 2003, 2007, 2009 e a Levico nel 2011 e 2015 con la presenza di tutto il gruppo di ricerca tecnico/scientifico del progetto Kids as Dolphins composto da medici, un docente universitario in Scienze Motorie, psicologi, educatori sportivi e tecnici dell’apnea, tutti professionisti del settore bambini. Sono stati cinque i corsi per istruttori KAD nazionali nel 2005, 2007, 2009, 2011 e 2015, tutti organizzati nel comune di Levico Terme. «A sessant'anni - dice Joseph - ho scelto di non insegnare più agli adulti e di dedicarmi solo al progetto educativo

“Kids as Dolphins”. Dopo averlo sperimentato e perfezionato con i miei collaboratori per un settennio lo abbiamo presentato al direttivo di Apnea Academy nel 1996 all’isola d’Elba dove si è tenuto il primo corso istruttori della storia di AA. Apnea Academy, come scuola, è molto attenta e sensibile al mondo dei piccoli. L’educazione e la prevenzione sono due degli obiettivi più importanti che questa persegue».

L’apnea di per se è un fatto più mentale che fisico. «Il subacqueo s’immerge per guardare. - ama dire Umberto Pelizzari - L’apneista per guardarsi dentro». Ma quali sono le principali differenze tra il KAD e le più conosciute didattiche rivolte agli adulti? «La differenza sta nel suo aspetto educativo. L’andare sott’acqua, per il piccolo allievo, non è la finalità principale, ma un'esperienza vissuta all’interno di un percorso didattico. Nella nostra proposta tutto gravita intorno al bambino. Un lavoro semplice, ma allo stesso tempo in-

novativo che tiene conto delle reali esigenze del bambino senza tuttavia perdere di vista lo scopo principale, l’educazione alla sicurezza». Educare alla sicurezza divertendosi in acqua? «Il progetto KAD si prefigge come obiettivo principale l’educazione alla sicurezza in acqua, misurando tutta l'attività didattica sulle reali capacità psico-fisiche del bambino. Attraverso un percorso guidato e strutturato il bambino acquisisce nuovi schemi motori e apprende nuove conoscenze che disciplinano il modo di pensare, di agire e di reagire nel mondo acquatico. Il

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percorso didattico favorisce il lavoro di gruppo e di coppia come elementi fondamentali per la propria sicurezza in acqua. Il tutto “giocando”, esplorando gli oggetti e facendo attenzione al modo di esprimersi dei bambini». A quale età si può iniziare? «Sin dai primi anni di vita vengono proposti giochi di acquaticità che prevedono brevi momenti d'immersione nell’acqua con conseguente apnea, ma si tratta di esercizi propedeutici all’attività natatoria. Per quanto riguarda i giochi di sub-acquaticità, ritengo che la prima fascia di età da prendere in considerazione parta dai 7 anni, quando si possano recepire contenuti più astratti senza troppe difficoltà. Anche un solo anno di scuola completo porta vantaggi sia al linguaggio che alla socializzazione e la conseguente capacità di adattamento. Anche lo sviluppo motorio e le capacità coordinative sono migliori». Quand'è che il gioco diventa qualche cosa di più? «Il “gioco” è parte attiva nell’educa-

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zione psicomotoria, stimola la destrezza fisica, l’uso dei sensi, oltre a risvegliare una grande capacità creativa. Di qui l’importanza di integrare sempre l’insegnamento con il gioco, per incentivare il grado di attenzione e stimolare le motivazioni di ogni singolo allievo al raggiungimento finale degli obiettivi primari. Il bambino si trova a “lavorare” in una dimensione nuova che è quella tridimensionale, sopra, sotto, orizzontale. Verso i 10 anni avvengono mutamenti fondamentali nello sviluppo cognitivo per effetto del quale il bambino ha la capacità di processare le i n f o r m azioni e le conoscenze non solo attraverso l’esperienza. I processi di apprendimento cambiano, soprattutto in qualità, consentendo al bambino di rappresentare in modo anticipato il risultato di una azione per poi inserirla all’interno di un progetto più ampio». In che senso più ampio? «Il progetto KAD all’interno del suo percorso didattico valorizza anche temi di carattere sociale quali la solidarietà, l'unità, il rispetto delle norme comportamentali, l'educazione alla prevenzione, al rispetto dell’ambiente marino/lacustre, all’ascolto del “respiro”, all’ascolto del “pensiero” e quello che si chiama “Self-Government”, ossia la capacità di sapersi autogestire in

piena autonomia in caso di necessità. Tutti questi “input” si integrano in modo naturale nella vita del bambino, influenzando in positivo le sue relazioni con l'altro». La filosofia di Apnea Academy KAD - Levico Terme in sintesi? «Ciò che individua la nostra scuola è che non facciamo proselitismo. Portiamo l'educazione alla sicurezza in acqua anche nelle scuole. Parliamo di sub-acquaticità e non di apnea, così come viene intesa per gli adulti. Infine, formiamo e indirizziamo alla pratica sportiva dell'apnea, solo quei giovani che desiderassero continuare la nostra attività dopo aver compiuto i 14 anni, sempre e comunque con le necessarie cautele». Colgo l’occasione per ringraziare gli altri membri del direttivo di AAKAD A.S.D.: Matteo Zangoni, Sara Pinamonti, Paolino Deriu, Giacomo Porrino, l’istruttore KAD e Salvamento FIN Silvio Battaini e Francesco Putzu.


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L'EMERGENZA UMANITARIA N

el nostro decanato sono presenti da alcuni mesi giovani provenienti da paesi in guerra, con instabilità politica, dittatoriali o con altre situazioni che non permettono una vita libera e dignitosa, Come sappiamo nei cosiddetti “ viaggi della speranza” hanno perso la vita molte persone, tra cui molti bambini innocenti. La nostra provincia si è fatta carico di questa emergenza umanitaria e ha accolto con generosità queste persone che sperano di poter ricostruire la propria vita dopo tanta paura e sofferenze subite. Anche nel nostro decanato sono stati accolti alcuni gruppi di richiedenti asilo, alcuni ospitati in strutture delle parrocchie (per esempio a Strigno), altri in alloggi privati. Possiamo affermare che nella maggior parte dei casi hanno trovato una buona accoglienza, attenzione e sostegno da parte di persone che hanno dato e stanno tuttora dando una mano nel loro inse-

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Da parte del Consiglio pastorale del Decanato della Valsugana Orientale ci giunge questo comunicato, che è stato indirizzato a tutte le parrocchie del Decanato, e che volentieri pubblichiamo.

rimento sociale e nell'affrontare i problemi quotidiani. Purtroppo accanto a gesti di solidarietà si sono verificati anche episodi di intolleranza e critica aperta nei confronti di chi ha accolto queste persone. Come Consiglio pastorale decanale desideriamo ribadire con forza, come ripetuto più volte da Papa Francesco, che accogliere chi è in stato di bisogno è un dovere umano prima ancora che cristiano. Siamo consapevoli che questa situazioni nuove che investono le nostre comunità non sono prive di fatiche e di difficoltà, ma siamo altrettanto convinti che solo attraverso la conoscenza reciproca e il rispetto di tutti si possono costruire comunità sane, aperte e solidali. La cultura del sospetto, dell'indifferenza e dell'autosufficienza non potrà che portarer a divisioni e steccati, anzicchè costruire ponti che, ne siamo convinti, sono l'unica strada da percorrere per stringere relazioni che rendano umane e civili le nostre comunità. Il tessuto sociale trentino è generoso e lo dimostrano le

tante associazioni di volontariato presenti nel nostro territorio. Ci auguriamo che ognuno di noi, come singolo o come membro di un gruppo e/o associazione senta “giusta compassione” per questi fratelli “viandanti della speranza”, come li ha definiti il nostro neo Vescovo Mons. Lauro, e si adoperi per alleviare le fatiche di chi ha già molto sofferto e ha davanti un futuro incerto, impegnandosi a essere costruttore di bene e solidarietà.



t ei s i v ibil r e i n tp o s s im

PINOCCHIO

 di Adelina Valcanover

avventure di Pinocchio, storia di un “Le i azz rag per anzo rom del ale incip pr Pinocchio è il protagonista favola che ha lo Lorenzini detto Collodi. Una par ticolare Car da 93 19 nel cato bli pub e o scritt ” burattino pazzo che si Pinocchio è una vera marionetta cioè un pu o. nd mo il o tutt in io nar rdi strao so cces avuto un su questa figura si muove manovrata da sotto è ich po no atti bur un ce inve un è n No fili. manovra con i riamente, burattino, da qui l'equivoco. Il rop imp , ato chiam è ò, per , libro Nel tro. den infilandoci una mano solo, cammina, parla, mangia e che nella da e uov m si che no leg di o pezz un da pinocchio di Collodi nasce osciuta di re vivente . La caratteristica più nota e con esse in fino per a sform tra si e tor ll’au de fantasia suo ndo dice le bugie . Nel romanzo, in merito al qua a isur dism a nga allu si che o nas suo il Pinocchio è rappresentato con un cappello a punta, una esso sp ò per E’ ce. os con si o ecis pr di la abbigliamento nul cchietti”) ghi fino al ginocchio (da qui chiamati “pino casacca colorata e un paio di pantaloni lun

Da dove salta fuori quella marionetta sul mio divano? Marionetta? Ma che dici? Io sono un burattino! Così disse il mio babbo Geppetto e così dico pure io”. Ma allora sei Pinocchio! E che ci fai qui? Non indovini? Ma un’intervista! Credo di essere una personaggio abbastanza famoso da poter avere questo, per così dire, onore. Oh, se per questo, sei addirittura celebre. Sei diventato perfino un modo di dire. ‘Sei un pinocchio’, per intendere bugiardo matricolato. Ma com’è questa storia delle bugie? Una scemenza, ecco cosa! Non mi venire a dire che non hai mai raccontato bugie, soprattutto da bambina quando in qualche modo volevi cavartela senza danno! Bugie piccine che io definirei innocenti. Legittima difesa, dai. Va bene e dimmene almeno un paio per capire. E che ci vuole? Non hai letto il libro delle mie avventure? Le ha scritte Collodi, ovvero Carlo Lorenzini. Comunque l’autore è stato proprio bravo. Mi conoscono in tutto il mondo. Hanno tradotto il libro in tantissime lingue.

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Sì, ma non hai risposto alla mia domanda. Lo dico per i lettori che altrimenti pensano che tu sia un bugiardo. Sì, sono stato calunniato spesso e volentieri: pigro, ignorante, bugiardo, ingrato, pessimo scolaro, vagabondo e ne avrei anche altre da dire. Sempre redarguito, sempre criticato. Vedi Grillo parlante e Fata dai capelli turchini. Parlami di loro visto che delle tue bugie non ne vuoi parlare Non dirmi che anche tu sei come tutti gli altri, sempre a criticare. Comunque non mi incalzare, lasciami essere me stesso. Preferisco. Sono stato fabbricato con un pezzo di legno da Geppetto, un falegname un po’ anziano che aveva voglia di avere compagnia. Io, però ero ‘vivo’, capisci? E ero nato, già grandicello, per cui ho dovuto capire il girar del mondo in pochissimo tempo. Posso anche fare qualche sbaglio, diamine? Ma ho pagato caro lo scotto: fame e mi sono bruciato i piedi!

Pinocchio della Disney Certo, ma ti sei comportato da monello, scappando dal tuo babbo. Macché monello! Mi dai addosso anche tu? Non mi deludere! Voglio pensare che fai apposta a fare queste domande per far capire chi sono io, ai lettori! La mia fuga, è stato un gesto di libertà. Pensare quanto è stato buono e comprensivo, voglio fare una dichiarazione solenne: Geppetto è il miglior babbo del mondo! Quando mi catturò il carabiniere, prendendomi per il naso, mi consegnò a Geppetto che giustamente


minacciò di punire la mia scappatella, ma venne arrestato, povero babbino. Ma non era colpa mia. No! Fu la gente incuriosita da quanto accadeva che si mise in mezzo. Io, inesperto e sventato, sono tornato a casa con una fame che non ci vedevo. Io sono andato in giro a domandare un tozzo di pane e ripagato con una secchiata di acqua ghiaccia in testa! Tornato a casa, cerco di scaldarmi e mi trovo con i piedi bruciati. Ah, quasi mi scordavo di quel saccente di Grillo, che mi ha fatto montare la bizza dandomi della ‘testa di legno’, ma l’ho sistemato. Ma il tuo babbo tornò a casa, ti rifece i piedi e ti diede da mangiare. Ti voleva un gran bene e ti ha comprato l’abbecedario vendendo la sua giacca rattoppata pur essendo inverno, per mandarti a scuola e tu invece… E io ho venduto il libro per andare a vedere lo spettacolo di Mangiafoco. Ma lì ho trovato i miei amici, tra cui Arlecchino, che stava per finire tra le fiamme, ma io ho detto di no, che conoscevo il mio dovere e non sia mai che un amico finisse bruciato al posto mio. Mangiafoco si è commosso e ha salvato anche Arlecchino e a me a dato cinque monete d’oro da portare al mio babbo. E invece di portargliele ti sei fatto convincere dal gatto e la volpe a seminarle del campo dei miracoli. Ma tu non ti sei mai fatta abbindolare da nessuno? Comunque sono riuscito ad andare verso casa per portare le quattro monete che mi erano rimaste. Il fantasma del grillo mi mette in guardia: “guardati dalla guazza e dagli assassini”. Io non avevo punto paura di loro, ma mi inseguirono e arrivato alla casa della fata, quella non mi apre. Prima mi lascia impiccare, poi mi salva e

Carlo Collodi

siccome mi era venuta una febbre da cavallo mi vuole dare la medicina amara. Non la volevo! E allora cosa fa? Mi spaventa a morte con i conigli neri e la bara. Poi mi chiede conto delle monete e io non glielo volevo mica dire dove le avevo e ho raccontato una piccola bugia, e lei, mi fa crescere il naso a dismisura. Che spavento! E lei rideva. Poi però magnanima ti Mangiafuoco ha fatto accorciare il naso dai picchi. E poi sei tornato a scuola e eri anche molto bravo. Ma i secchioni anche ai tuoi tempi erano malvisti e sei dovuto scappare. E hai avuto tantissime avventure e soprattutto disavventure. Ma te la sei sempre cavata, poi il paese dei balocchi e Lucignolo. Povero amico mio. In fondo La grande Gina Lollobrigida nel ruolo della non era mica cattivo sai, solo FataTurchina nello sceneggiato televisivo di Luigi svogliato, ma se guardo molti Comencini che raccontava la storia di Pinocchio dei bambini di oggi, altro che Lucignolo! Lo sai che siamo diventati due ciuchi? Lui poverino è fi- Finiscimi il discorso e non divanito a girare la ruota di un mulino ed è gare, suvvia. morto di sfinimento davanti a me (ero Va bene, non divago più. Dentro la pangià tornato burattino quando successe). cia del pescecane c’era pure un simpaHa fatto davvero una brutta fine, pur- tico tonno, un tonno filosofo, che non troppo. Io invece sono stato ceduto a un stava tanto a criticare, era diretto. Io ho circo, la fata si è fatta vedere tra il pub- trovato il modo di scappare con il mio blico e io mi sono azzoppato, e poi ven- babbo e lui ci venne dietro e quando io duto per la mia pelle. Me la sono cavata non ce la facevo più a nuotare mi ha lo stesso e sono tornato burattino final- aiutato. Lui sì che era un vero amico, mente e sono andato dalla mia fatina, con la sua vociaccia da chitarra scorma si era fatta credere morta per colpa data, ma con un gran cuore. Per fartela breve mi sono dato da fare. mia. Che crudeltà! Non si trattano così Ho risparmiato e ho regalato alla fata che ho saputo povera e malata i miei 40 i ragazzi, quando sbagliano. Appunto, tu mi capisci, e io allora sono soldi. La mattina dopo mi sono trovato andato a cercare il mio babbo. Lui sì che bambino in carne ed ossa e con 40 momi voleva bene, così come ero con i miei nete d’oro, e il babbo guarito. Regalo difetti e le mie virtù. L’ho trovato nella della fata. pancia del pescecane. Mica della balena Ma non credere che fossi poi così concome ha detto l’americano, come si tento. Come vedi mi preferisco buratchiama, quello… ehm… ah, Walt Di- tino. Io, sono io e mi va bene così e con sney, ma ti rendi conto che mi ha illu- questo saluto te e tutti i lettori di Valsustrato vestito da tirolese?! Va beh, gana News, cui invito a passare qualche ora lieta, rileggendo le mie avventure. lasciamo stare.

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Quando musica e arte si mettono in gioco

 di Elisa Corni

Nasceva otto anni fa un’associazione unica nel suo genere: promossa da un gruppo di giovani musicisti, appoggiata dal Tavolo delle Politiche Giovanili, dai Comuni della Zona Laghi e coadiuvata da una realtà solida, l’APPM di Levico, muoveva i suoi primi passi Movin’Sounds.

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n realtà come racconta Adriano, che fra l’altro è stato il contatto tra APPM e il gruppo che ha gettato le fondamenta per Movin’Sounds, “le prime riunioni le abbiamo fatte già l’anno precedente”. Proprio durante quegli incontri informali alla Pineta di Caldonazzo o in casa di qualcuno è emerso il problema dei musicisti: come fare musica qui in Valsugana? “Locali dove suonare -spiega Daniele, nuovo presidente dell’associazione- allora come

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oggi erano pochi. Altrettanto, scarseggiavano le possibilità di ascoltare della buona musica senza fare centinaia di chilometri in una sera”. Per una realtà come quella valsuganotta, dove tutti sanno suonare uno strumento e moltissimi hanno almeno una volta fatto parte di un gruppo, c’è il rischio di perdere un’importante tradizione. E così una decina di appassionati, spinti da chi domandava loro “perché non lo fate?!” hanno messo in piedi un movimento (Il nome dell’associazione significa “suoni in movimento”) che è arrivata a riempire i palazzetti della Valsugana con eventi sempre diversi. In questi otto anni l’associazione ha cercato di creare un terreno fertile affinché si riacquisti quell’attenzione verso i giovani e la musica andata purtroppo perduta. I ragazzi di Movin’Sounds l’hanno fatto attraverso eventi musicali, incontri, seminari, concerti, manifestazioni. Inutile domandare loro quale ha portato più soddisfazioni, perché tutte hanno avuto un ruolo importante nella storia

dell’associazione. “Anche se -ammette il presidente- vedere il Palalevico pieno per il tributo a Fabrizio De André ha fatto un certo effetto”. Palalevico soldout anche per il concerto dei Modena City Ramblers. “Ci teniamo però a sottolineare che in entrambe le occasioni ad appoggiare il gruppo famoso venuto da fuori sul palco c’era una band locale” prosegue Adriano. E così, assieme al gruppo folk-rock modenese si sono esibiti i valsuganotti Cocha Banda; mentre la “spalla” al tributo a De André sono stati gli Eterogenea, attivi sempre nella zona laghi. Negli otto anni della sua storia, Movin’Sounds non ha organizzato solo concerti. Ci sono stati una serie di interessanti seminari rivolti in particolare a chi la musica la fa: dalla scoperta dei suoni con il corso per fonici, agli incontri con un esperto liutaio. “In tutto quello che abbiamo fatto abbiamo ricevuto degno riconoscimento del nostro impegno e del nostro duro lavoro” commenta soddisfatto Daniele, che anche se è presidente da pochi mesi, ha sempre svolto un ruolo attivo nell’associazione. Associazione che, inoltre, riesce stare in


piedi con le proprie gambe. Infatti gran parte delle attività sono finanziate con fondi propri, come spiega Adriano: “Qualche anno fa abbiamo avuto l’occasione di acquistare un’ impianto audio completo di casse, mixer e tutto il necessario. È stata la nostra fortuna”. Infatti con quell’impianto è possibile realizzare il service per piccole manifestazioni e altre associazioni, raccogliendo così i fondi necessari per le proprie attività. Movin'Sounds il prossimo 4 giugno è pronta a scendere in campo con una manifestazione con la “M” maiuscola: “Fai la tua parte”, una giornata dedicata alla libera espressione artistica. Non solo musica, ma anche teatro, danza, pittura, scultura, fotografia e molto altro. “Siamo arrivati alla quinta edizione -racconta soddisfatto Danielee quest’anno ripetiamo la formula dello scorso anno”. Ovvero l’”occupazione” del centro storico di Levico. “Nel 2015 è andata molto bene, e tanto il Comune quanto l’Associazione Commercianti ci hanno offerto sostegno e assistenza”. Quindi, dalle 5 del pome-

riggio a mezzanotte le arti si impossesseranno delle vie, dei vicoli, delle piazze del centro della città termale. Cosa dobbiamo aspettarci? “Dai trampolieri ai musicisti, dagli astrofili al body-painting, dalle sculture con la motosega ai gruppi di danza, dal truccabimbi ai suonatori di campane di vetro; vogliamo accontentare tutti”, conclude il presidente. Un momento per dare spazio alle arti, che in questi tempi ne hanno sempre meno. Ma anche un’occasione per conoscere le tante realtà associative e culturali del territorio e, chissà, trovare una nuova passione.

Fai la tua parte: 4 giugno 2016 dalle 17 alle 14 nel centro storico di Levico Terme.

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Storia automobile dell'

 di Armando Munao’ e Franco Zadra

L'automobile, chi l'ha inventata? Se non è difficile ritrovare i nomi di celebri studiosi, di tecnici, di costruttori legati alla storia dell'automobile, non è possibile individuarne uno che possa arrogarsi il titolo di inventore. Perché l'automobile è un'idea, una concezione di tutti e di nessuno. La sua realizzazione compiuta è certamente recente, ma vecchia come l'umanità è l'aspirazione al carro semovente, al veicolo in grado di muoversi senza ricorso alla forza muscolare, dell'uomo o dell'animale. Da Bacone a Leonardo Il carro automotore fu pensato tra le altre cose, nel 1247 da Roger Bacon, noto con l'appellativo latino di Doctor Mirabilis (Ilchester, 1214 circa - Oxford, 1294), filosofo, scienziato, teologo e alchimista inglese. «Arriveremo a costruire - scrisse nel De secretis operibus artis et naturae IV - macchine capaci di

spingere grandi navi a velocità più forti che un'intera schiera di rematori e bisognose soltanto di un pilota che le diriga. Arriveremo a imprimere ai carri incredibili velocità senza l'aiuto di alcun animale. Arriveremo a costruire macchine alate, capaci di sollevarsi nell'aria come gli uccelli». Una previsione di grande ispirazione per Giovanni Fontana, figlio di Michele da Venezia, nato a Padova intorno al 1395 che figura nei registri dell'Università di Padova negli anni dal 1417 al 1421 dove è Rettore delle Arti. Appassionato di esperimenti a volte ritenuti magici, la sua carriera a Padova fu probabilmente stroncata da accuse di stregoneria, rimane sconosciuto fino a tutto il Settecento. Personalità tipicamente rinascimentale, aristotelica, dotato di un notevole bagaglio culturale, interessato alla conoscenza e alla scienza sperimentale, Fontana utilizza fonti greche, latine e arabe. Spaziando

dalla meccanica alla storia naturale, dalla comunicazione all'arte della memoria. Sono notevoli il suo studio della camera oscura, i suoi sistemi idraulici, i meccanismi per costruire giocattoli ed effetti speciali. Nel suo Bellicorum instrumentorum è contenuta una grande varietà di strumenti bellici. Nel 1420 disegna il suo carro meccanico, un antenato della bicicletta o piuttosto del triciclo, nel quale un ingegnoso sistema di verricelli, doveva imprimere il movimento alle ruote. Un carro in grado di sfruttare la forza del vento, raccolta da una ruota a pale, più vicino alla profezia baconiana, fu ideato nel 1450 da Roberto Valturio e Jacopo Mariano, detto il Taccola. Ma allo studio di carri di “facile movimento” dedicò gran parte del suo ingegno Leonardo di ser Piero da Vinci (Vinci, 15 aprile 1452 - Amboise, 2 maggio 1519), considerato uno dei più grandi geni dell'umanità. Pittore, inge-

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gnere e scienziato italiano. Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento che incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza. Con lui si delinea finalmente il veicolo automotore di cui si trovano chiare tracce nei disegni raccolti nei Codici Leonardeschi. Erano gli anni tra il 1482 e il 1484, quelli del suo primo soggiorno milanese. Per la prima volta un uomo ha pensato a un congegno motore da adattare a un carro. Non conoscendo altra forma di energia, ha concepito l'impiego di un sistema di molle che restituisse lentamente l'energia di cui erano state caricate, imprimendo un moto di traslazione al veicolo.

Prima e dopo l'automobile Una invenzione che coincide con la fine del Medioevo e l'inizio dell'era moderna e, se vogliamo, dà un posto di prim'ordine all'automobile nella storia dell'umanità. Qualche cosa di cui si possa dire che c'era un prima e c'è stato un dopo, segnato nei calendari in maniera precisa, un po' come, ma l'accostamento non vuole essere irriverente, un prima e dopo Cristo. L'automobile, con Leonardo, inizia a esistere non più come semplice “idea”, ma come un fatto concreto. Raccogliendo i dati essenziali, per quel-

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l'epoca, della locomozione, e cioè che occorre trovare un “motore”, ossia un generatore di potenza che possa essere montato su un carro, non troppo pesante, né troppo ingombrante, Leonardo ha segnato il punto di partenza dal quale poi si è sviluppata l'automobile moderna, certamente implementando dati essenziali, soprattutto per quel che riguarda la sicurezza del conduttore, ma poi con lo sviluppo del motore, a vapore prima e a scoppio poi, infiniti dettagli e approfondimenti, sui carburanti, il rispetto per l'ambiente, i materiali, le meccaniche e gli ingranaggi, per non parlare dei dettagli come l'invenzione dei tergicristalli o dei fari anteriori e posteriori, della copertura rientrabile o di tutta la tecnologia cresciuta intorno agli pneumatici, non da ultimo, l'impianto frenante e mille altri accorgimenti legati alla guida di un'automobile.

Il terzo elemento Ai tempi di Leonardo si conoscevano i mulini ad acqua e a vento per macinare il grano, i soli “motori” disponibili alimentati da elementi naturali. Quando si comincia a giocare anche con il fuoco ecco apparire la macchina a vapore imprimendo un formidabile impulso al progresso meccanico.

Giovanni Branca (Sant'Angelo in Lizzola, 22 aprile 1571 - Loreto, 24 gennaio 1645) è stato un ingegnere e architetto italiano, noto per aver ideato una macchina che precorreva il principio del motore a vapore. Sir Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth, 25 dicembre 1642 - Londra, 20 marzo 1727), matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo e alchimista inglese, intorno al 1680 si diletta a ideare un pentolone riscaldato a legna e disposto su un carro a quattro ruote.


Il vapore, uscendo a fortissima velocità da un tubo a forma di cono, dovrebbe far avanzare il carro in direzione opposta a quella del getto di vapore. È il principio della “reazione” che troveremo trecento anni dopo applicato agli aeroplani a “getto” e ai missili. L'automobile di Newton è rimasta però sulla carta come quella di Leonardo nei Codici. Le prime realizzazioni effettive di macchine a vapore e le successive ap-

plicazioni pratiche alla navigazione e alla nascente industria meccanica si devono a Denis Papin (Chitenay, 22 agosto 1647 - Londra, 1712), matematico, fisico e inventore francese che fornisce una prima teoria di una macchina funzionante per mezzo del moto alternato di un pistone, e a Robert Fulton (Little Britain, 14 novembre 1765 - New York, 24 febbraio 1815), ingegnere statunitense, inventore della nave a vapore.

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Sul battello Clermont, in navigazione sul fiume Hudson nel 1807, Fulton montò l'apparato motore ideato da James Watt. Il petrolio Il motore a vapore era però legato a un focolare e a una caldaia nella quale l'acqua veniva trasformata a vapore, un handicap che spinse presto la ricerca verso un motore a combustione interna. Gli italiani Padre Eugenio Barsanti e l’ingegner Felice Matteucci cominciano a lavorare insieme nel 1851. Intendono realizzare un motore più pratico della macchina a vapore, che utilizzi l’esplosione di una miscela gassosa per produrre movimento. Nel 1853 costruiscono il primo motore a scoppio. In assenza di un Ufficio Brevetti nazionale, per tutelare la priorità dell’invenzione depositano una memoria alla prestigiosa Accademia dei Georgofili. Nel 1854 ottengono a Londra una prima certificazione, a cui seguono brevetti in diverse nazioni europee. Nel corso degli anni continuano a migliorare il motore, sviluppano vari modelli

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e li depositano. Fondano una Società e realizzano i loro dispositivi presso importanti officine meccaniche italiane ed estere. Nonostante i documenti sulla priorità dell’invenzione, la sua superiorità tecnica e il riconoscimento ricevuto dagli ambienti specializzati, solo i motori di Jean Etienne Lenoir (1860) e di Nikolaus Otto e Eugen Langen (1867) ottengono ampia fama. Però ancora non si può parlare propriamente di carri semoventi azionati da motore a combustione interna. Nel 1886 il tedesco Gottlieb Daimler aveva brevettato una vettura automobile da lui costruita l'anno precedente nelle officine Cannstatt presso Stoccarda, preceduto da Karl Benz che nel 1885 aveva posto in circolazione a Mannheim un triciclo mosso da un motore a petrolio. Da quel momento parte la valanga e negli ultimi dieci anni del secolo le fabbriche più note di vetture a vapore, come la francese De Dion-Bouton, cominciano a rivolgere la loro attenzione al nuovo motore, il quale rivoluzionerà anche la tecnica costruttiva del veicolo, la sua forma, il suo aspetto. Molto ci sarebbe ancora da scrivere per arrivare all'automobile di oggi, elettrica, costruita intorno all'idea di sicurezza che si guida da sola e che con fatica si può accostare ai primi modelli di inizio Novecento. Un accostamento che più di altri rende l'idea dell'accelerazione impressionante che la storia dell'umanità ha subìto negli ultimi cento anni.


Una nuova sede per l'agenzia di pratiche automobilistiche

“LAVALSUGANA” CRESCE E SI POTENZIA

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iù ampia, più spaziosa, ma soprattutto più funzionale. Il riferimento è per l'Agenzia di pratiche automobilistiche “ LAVALSUGANA” che in questi giorni ha inaugurato la nuova più funzionale sede in via della Fossa,4 a Borgo Valsugana. Una planimetria di oltre 100 mq, all'interno della quale sono stati sistemati, in maniera decisamente organica, i vari spazi utili per garantire ai clienti un servizio pratico, veloce e all'insegna dell' indiscussa competenza e professionalità che da anni sono elementi portanti e caratteristica saliente degli addetti che all'interno della nuova struttura operano. “Deus ex machina” de “LA VALSUGANA” è Mario Dalsasso che, con giustificato orgoglio e soddisfazione evidenzia come “ per effetto di questo potenziamento la “sua” agenzia diventa di fatto una delle più ampie realtà presenti in Valsugana. Una struttura che potenzia, con nuove proposte e offerte, i suoi servizi che fanno parte del grande universo auto e motori. Gli addetti ai vari settori, con la loro maturata esperienza, sono a disposizione dei clienti per l’espletamento di tutte le varie pratiche che riguardano il settore automobilistico. Ed è utile ricordare che LAVALSUGANA, che è la Delegazione ACI della Valsugana Orientale e Tesino, da anni garantisce i servizi che nello specifico riguardano: tutte le pratiche auto, patenti, bolli di circolazione, servizi assicurativi e per tutti i soci ACI, nonchè un soccorso stradale.

I SERVIZI ACI

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NUOVA SEDE: BORGO VALSUGANA - Via della Fossa, 4 Tel. 0461 751172 - Fax 0461 756644

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Con le grandi monovolume alimentate a benzina

Immatricolazioni,

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l Mercato dell'automobile in Italia, considerando i primi tre mesi dell'anno, a marzo 2016 ha visto, secondo uno studio elaborato da UNRAE su dati al 31/03/2016, una crescita del 21% con 524.141 immatricolazioni rispetto alle 433.155 a marzo 2015. Nel dettaglio è cresciuta di più, con una variazione del 48,8%, la vendita delle auto Ibride, in ragione del 50,6% delle benzina+elettrica, passate da 6.627 a 9.977, mentre le diesel+elettrica hanno subito una contrazione del 13,8%, passando da 181 a 156. Forte incremento, del 34,9%, hanno avuto anche le auto alimentate a benzina, passate da 130.172 a 175.667 nel periodo considerato. Per le auto alimentate a diesel l'incremento è stato del 22,1%, passate da 241.757 a 295.113 rimanendo sempre al vertice del mercato con un dato molto simile al totale dell'incremento rispetto al 2015. Per le alimentazioni così dette “green” si parla solo di contrazione, a cominciare dal GPL che ha visto un calo del 19,6%, passando da 35.466 a 28.504. Anche il

SUD

Metano registra un –22 % passando da 18.348 immatricolazioni a marzo 2015 a 14.317 nei primi tre mesi 2016. Un vero e proprio tonfo del 32,6% hanno visto le auto elettriche, passate da 604 a 407, evidentemente in relazione a una politica che ha fatto venir meno gli incentivi dell'anno scorso. Si sono poi vendute più auto ai privati rispetto alle società. Questi hanno incrementato le immatricolazioni del 29,5 % passando da 255.005 dei primi tre mesi 2015 a 330.186 dello stesso periodo 2016. Le società hanno visto una crescita di solo l'8,9%, passando da 66.981 a 72.957, dato molto simile per il noleggio a lungo e breve termine. Se consideriamo il Mercato dal punto di vista del segmento relativo alla gamma, troviamo che l'incremento maggiore nel periodo considerato lo hanno avuto le auto di media cilindrata con un +27,8% rispetto ai primi tre mesi 2015, passate da 114.689 a 146.572 e in netta controtendenza riguardo agli studi di settore che danno per morto il mercato medio. Molto simile però è l'incremento delle piccole passate da 77.076 a 96.521 che segnano un +25,2 %

seguite dalle Medie superiori con +22,2% e dalle Alto di gamma con +18,3, passate da 1.212 a 1.434. Le Superiori sono cresciute del 16,5% mentre le utilitarie del 14,9%. Se consideriamo l'area geografica, l'incremento maggiore di immatricolazioni si è avuto, nel periodo considerato, in Meridione con un +29,9%, passato da 41.922 a 54.468, seguito dalle Isole con un +27,5%, passate da 20.663 a 26.355 e dall'area Nord Orientale con +22,2%, da 151.686 a 185.341, mentre l'incremento nell'area Nord Occidentale è stato del 16%, passando da 131.975 a 153.092 e al Centro abbiamo un +20,7%, passando da 86.909 a 104.885. Interessante è anche la considerazione del Mercato dal punto di vista della carrozzeria dove vince la Monovolume Grande con un +142%, passata da 1.159 a 2.806, al contrario della Monovolume Piccolo che registra invece un -12,4%, passando da 29.241 a 25.625. Il dato che più si avvicina alla Media ponderale della variazione di Mercato vede le Berlina con +21,4%.

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Buon compleanno, mare magnum di Internet non è capace di garantire pur con l'estrema pervasività della Rete. È grazie anche a loro e alle loro pubblicità che questo strumento d’informazione riesce a svolgere al meglio il suo servizio. In questo primo anno con Valsugana News, uscita col primo numero nel maggio 2015 e mantenendo sempre fede al suo stile di Free Press non schierata politicamente, la Valsugana ha incontrato personaggi di caratura nazionale e internazionale come il Premio Nobel Dario Fo, il Vicepresidente della Camera dei Deputati Luigi Di Maio, Mons. Giulio Viviani, Matteo Salvini, Chiara Avanzo, Mario Bolognese, Agrippino Russo, Daniela Scandurra, Tania Cagnotto, Giorgio Cagnotto, Klaus Dibiasi, Luca Zaia, Fernando Orlandi, Fabio Nones, Piergiorgio Bortolotti, e grandi artisti della musica nazionale quali gli Stadio, Enrico Ruggeri, Valerio Scanu e Patty Pravo, solo per citare quelli più noti. Molti altri meno conosciuti, con le loro storie, le loro vicissitudini, le loro imprese altrimenti destinate all'oblio, le loro vite che attraverso la rivista rivivono e parlano ancora. Quindi, cosa dire ancora… Buon compleanno Valsugana News e altri 100 di questi giorni. titoli cronache come

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DOMENICO FERRARI: ARTISTA DI CASA NOSTRA

- Borgo Valsugana

interlinea 14 pt

Un ringraziamento a Berto e a Mara, che si sono assunti l’impegnativo compito della distribuzione del giornale in tutti i comuni della Alta e Bassa Valsugana, Pinetano, Tesino e Vigolana e allo Studio Commercialisti Sembenotti di Trento.

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no titoli troppo grand

Foto Trintinaglia

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alsugana News compie un anno. Nata dall'esperienza del direttore, Armando Munaò, che per oltre un quarto di secolo ha accompagnato il giornale “La Finestra” dopo averlo fondato, Valsugana News raccoglie la missione di raccontare questa nostra valle aprendola agli avvenimenti del mondo. Una bella sfida nell'era di Internet, ma che i moltissimi lettori che hanno mostrato di apprezzare Valsugana News, accogliendola subito con favore, danno sempre più coraggio d'affrontare. Per questo sono loro i primi da ringraziare in occasione di questo compleanno. Sfogliare il giornale e leggerne i contenuti è un piacere, grazie al formidabile contributo che ogni mese (ma lavorando ogni giorno) i suoi collaboratori si sono sforzati di dare, nel tentativo, spesso ben riuscito, di trovare tematiche e argomenti d’interesse generale che rappresentino un plus valore culturale nel panorama della carta stampata locale. Al momento, permetteteci di sottolinearlo con una punta di orgoglio, il nostro periodico è l’unico esistente in tutta la Valsugana. Un doveroso e sentito grazie va anche agli inserzionisti, i quali hanno colto nella rivista quel potenziale di visibilità capillare per attività commerciali e di artigianato che il

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Autovelox multa o nuova tassa? L

’evoluzione recente del governo locale, i Comuni, si presenta contrassegnata da misure indotte dalla crisi economica che incidono non solo sui flussi di risorse disponibili, ma sugli stessi assetti strutturali degli enti locali. Tra questioni come la dimensioni dei Comuni e lo studio di forme associative, le amministrazioni locali sono più concretamente toccate dalla necessità di far quadrare i conti. Per questo non sono pochi a pensare che un certo aumento nelle multe stradali, soprattutto per eccesso di velocità, tanti limiti passati da 50 a 30 Km/h e l'installazione di speed-check che spuntano un po' ovunque come i funghi, siano una contromisura per sopperire alla scarsità di risorse, più che una soluzione pensata per la sicurezza degli utenti della strada. Stando alla statistica, purtroppo povera di dati, nei capoluoghi italiani si sta scatenando una vera e propria campagna della Polizia locale che piazza autovelox a sorpresa lungo le strade più trafficate, con migliaia di contravvenzioni inflitte ogni giorno. Autovelox fissi o mobili che fotografano migliaia di vetture “pizzicate” a superare il limite di velocità, si suppone facciano crescere a di-

smisura gli incassi dei gestori delle strade senza alcun obbligo di rendicontazione. Soprattutto questo ultimo punto che impone il rilievo poco “scientifico” di sensazioni più che di dati certi, favorisce le polemiche e mette in crisi un rapporto sereno dei cittadini con la Pubblica Amministrazione. Chi fa questo per mestiere, i vigili urbani, tende a giustificarsi dicendo che gli autovelox sono piazzati là dove più numerosi sono gli incidenti stradali, ma di fatto quanti sono i controlli dopo la mezzanotte? Quando praticamente il traffico è assente e certe strade diventano delle vere e proprie piste da gara per scavezzacollo notturni? Con un limite di 70 in media i “pizzicati” a superarlo viaggiano a 85 chilometri orari, mentre con un limite di 50, in media vanno a 65 km/h. Mediamente il 59 % degli automobilisti che supera il limite lo fa entro i 10 chilometri orari e il 40 % fra gli 11 e i 40. Qualcuno però è stato fotografato mentre sfrecciava a 190 chilometri orari. Lapidario il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, spiega che «Questi metodi servono più ai Comuni per far cassa, che alla sicurezza stradale. Se

davvero si vuole combattere l’eccesso di velocità, occorre aumentare il numero di vigili e installare il Tutor come avviene sulle autostrade, sistema che registra le violazioni dei limiti in base al tempo di percorrenza di un tratto stradale». Certi limiti di 30 Km/h sono oltremodo sospetti, soprattutto su carreggiate a doppia corsia per ogni senso di marcia, con buona visibilità e in presenza di incroci con rotonde. Il gioco sembra quello di abbassare il limite per aumentare il numero di multe. Davvero gli autovelox sono una soluzione? E dei vigili in carne e ossa che fermano i trasgressori, chi non rispetta la distanza di sicurezza, chi guida col cellulare in mano, o in stato d’ebbrezza?

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AUTO ELETTRICHE

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ero-Emission Vehicle Alliance aggrega i Paesi che puntano ad abolire i veicoli a benzina e gasolio entro il 2050 e annovera tra i partecipanti, British Columbia, Oregon, Massachusetts, California, Québec, Connecticut, Rhode Island, New York, Germania, Inghilterra, Norvegia, Maryland, Vermont e ultimamente, 5 mesi fa, anche l'Olanda. Infatti, mentre l'Italia pensa ancora al petrolio (vedi l'ultimo referendum sulle trivelle), anche i Paesi Bassi hanno avviato un percorso legislativo, già in parte approvato nonostante l’ostruzionismo della destra e lo scetticismo di alcuni ministri, che ha l'ambizioso obiettivo di abolire entro il 2025 la commercializzazione di auto alimentate a benzina e gasolio in fa-

vore di quelle a emissioni zero. Il mercato dei veicoli elettrici, soprattutto in Cina, Paesi Bassi e Norvegia, è fortemente dipendente dagli incentivi statali desiderosi di provare le nuove tecnologie o ridurre le emissioni. 1,3 milioni di veicoli elettrici sono ormai stati venduti in tutto il mondo con una forte crescita nel 2015, ma che ancora rappresenta meno dell'1% delle vendite di veicoli leggeri. Con una prospettiva di portare questo dato al 35% entro il 2040, la terra dei mulini, una delle più ambientaliste del Vecchio Continente, è impegnata in una strategia di riduzione delle emissioni inquinanti e risparmio energetico. Lo dimostra ancor di più unendosi alla ZEV Alliance, con piani d’azione comunemente pianificati e adeguati alle legislazioni dei vari paesi. Una voce critica rileva però che il boom delle macchine elettriche in Olanda ha aumentato il fabbisogno energetico del paese. Una singola ricarica dell’automobile green per eccellenza consuma

tanta elettricità quanto un frigorifero in un mese e mezzo. Così, per soddisfare la crescente domanda con il minimo della spesa, il governo olandese ha inaugurato tre nuove economiche ma super inquinanti centrali a carbone, due delle quali costruite a Rotterdam. Le macchine elettriche, dunque, rischiano semplicemente di spostare il problema dai centri delle città piene di macchine alle periferie dove le centrali a carbone che forniscono l’energia vengono costruite. Il nodo delle emissioni di Co2 resta uguale. Nonostante questo, la rivoluzione rappresentata dai veicoli elettrici potrebbe rivelarsi più sorprendente di quanto governi e compagnie petrolifere abbiano ipotizzato. Una nuova ricerca condotta da Bloomberg New Energy Finance suggerisce che ci attendono ulteriori grandi riduzioni dei prezzi delle batterie, già oggi deprezzate del 65% rispetto a 6 anni fa e che entro il 2030 potrebbero costare un terzo rispetto a oggi, così che l'auto elettrica diventerà un'opzione più economica rispetto alle auto a benzina o diesel, nella maggior parte dei paesi. Un trend che potrebbe essere la vera chiave di volta per l’elettrificazione di massa.

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traguardo green per l’Olanda  di Elisa Corni

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eno di dieci anni per eliminare gasolio e benzina dalla circolazione. No, non in Italia. A fare notizia è la proposta di legge del partito laburista olandese, che ha già ottenuto ampio consenso anche da parte di altri partiti. Se il disegno di legge dovesse andare a buon fine, entro il 2025 ci sarà il passaggio completo dalle auto a benzina o diesel al “green”: in un futuro quanto mai prossimo solo auto elettriche circoleranno sulle pianeggianti strade olandesi. Ma gli orange vanno oltre. Infatti, la proposta prevede che dal 2025 comprare auto a combustione interna sarà legalmente proibito. Stiamo parlando non solo di auto a benzina o diesel, ma anche di vetture ibride, e più in generale di tutti i veicoli non a emissioni zero. Certo, si tratta di un obiettivo impegnativo. Infatti, al momento le auto elettriche rappresentano una piccolissima parte del parco macchine nei Paesi Bassi, come nel mondo, dove la quota è ferma ad un misero 1%. Secondo le stime di importanti e affidabili centri di ricerca, nel 2035 questa cifra potrebbe salire al 35% delle auto sul nostro pianeta, a patto che le politiche globali incentivino l’abbandono dei motori a scoppio. Un sogno irrealizzabile, quello del centro-sinistra olandese? Secondo il ministro degli affari economici Kamp, questo è un “piano folle da realizzare, perché tra dieci anni in Olanda nella migliore delle ipotesi ipotizziamo di raggiungere quota 15%”. Eppure quanto accade nel mondo offre qualche motivo di speranza. Basti pensare al Costarica, dove, da più di 360 giorni, si è detto “addio” ai combustibili fossili. E anche a Dubai l’emirato (grande produttore di petrolio) ha in mente una città realizzata tutto con tetti solari per produrre solo energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Vogliamo guardare a paesi dove le temperature sono più rigide in inverno? Bene, eccoci serviti. La Danimarca dal 2012 si sta impegnando per diventare un paese a impatto zero. Obiettivo raggiunto per quanto riguarda l’elettricità, la cui richiesta lo scorso 9 luglio è stata interamente soddisfatta con il prodotto dei numerosi parchi eolici che decorano le coste del regno. Ma i danesi non si fermano qui. Vogliono essere il primo paese a

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foto by Håkan Dahlström “rifiuti zero”, a ridurre le emissioni di CO2 del 34% e il consumo energetico del 12%. È in questo contesto che si colloca l’Olanda, che è sempre stata molto attenta all’ambiente. Famoso per le piste ciclabili e i centri storici chiusi al traffico, è un paese dove lo scorso anno si è approvata una rigida normativa sull’edilizia; cappotti, isolazione e vetri a tripla camera sono ormai obbligo di legge. Ma a quanto pare, è un paese che non si accontenta. Ed è in buona compagnia, tra grandi ditte produttrici dalla Nike alla P&G- che si impegnano nell’utilizzo esclusivo di energia rinnovabile, alla Toyota che userà pale eoliche e simili per produrre l’idrogeno per le sue auto a impatto zero.

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l'auto di lusso F

orse passerà alla storia come l'undicesimo comandamento di papa Francesco o comunque come la sua più originale interpretazione del decalogo biblico, visto che in più occasioni se l'è presa, soprattutto con qualche monsignore, con chi se ne andava in giro con macchine anche di poco più lussuose di una panda, tanto che ha fatto sparire persino la “papamobile”. Ma quali sono queste auto di lusso? Vediamolo per scoprire quanto inutile sia per la maggior parte di noi questa tentazione, visto che quasi certamente non arriveremo mai a possederne una. Al Top vi è la Lamborghini Veneno Roadster che arrivò in versione coupé al Salone di Ginevra 2013 e in quell'anno

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venduta a tre clienti in tutto il mondo i quali per 3 milioni di Euro avrebbero preferito forse una LaFerrari o una McLaren P1, molto più accattivanti. Per questo si è passati subito alla versione Roadster con più di 9 esemplari in produzione quest'anno, una potenza di 750 cavalli e prestazioni da missile supersonico. Accelerazione da 0 a 100 in 2″9, oltre 355 km/h di velocità massima, 1490 kg di peso e un rapporto peso-potenza di 1.99 kg/cavallo. Nel 2015 è l'auto più costosa al mondo con un prezzo di 3.600.000 Euro. Al secondo posto con circa 3 milioni di euro (e 59 sono per il portachiavi fir-

Lamborghini Veneno Roadster mato W Motors) troviamo la Lykan Hypersport con diamanti incastonati nei gruppi ottici anteriori, inserti in oro sui sedili e un display olografico. Motore derivato da un’unità Porsche, elaborata da Ruf con sei cilindri boxer bi-turbo da

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750 cavalli, realizzata in appena 7 esemplari confezionati con un gadget esclusivo: un orologio da 200 mila euro. Al terzo posto c'è la Bugatti Veyron 16.4 Grand Sport Vitesse, la prima auto da strada ad abbattere il muro dei 1000 cavalli. Si è vista per la prima volta al salone di Shanghai del 2013. Ha una velocità massima di 408 km/h con un motore W16 8 litri da 1200 cavalli, prodotta in appena 8 esemplari per un prezzo di 2.000.000 di Euro. Decisamente più abbordabile la Koenigsegg Agera R che ti porti via con poco più di 1.200.000 Euro, un motore V8 biturbo da 5 litri, progettato e realizzato dalla stessa casa svedese. Velocità massima teorica fissata in 440 km/h con 1100 cavalli e 1330 kg di peso a secco. Da qui in poi ci facciamo bastare un elenco per arrivare a dieci, anch'esse inarrivabili, con LaFerrari che comunque potranno avere solo i 499 già super clienti Ferrari per 1.050.028 Euro; quindi la Pagani Huayra con 1.027.293 Euro; la Hennessey Venom GT con 960.000 Euro; la McLaren P1 con 880.052 Euro; la Porsche 918 Spyder con 786.954 Euro per chiudere con la Rolls Royce Phantom Drophead Coupé a soli 475.028 Euro, tappettini in astrakan inclusi.

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Il giardino, un angolo da vivere el grande universo dei motori quasi mai vengono inserite e considerate tutte quelle macchine, piccole o grandi che siano, che sovente vengono usate per molti piccoli lavori che fanno parte del nostro quotidiano, specialmente quelle che nella nostra abitazione vengono utilizzate per lavoro di giardinaggio. In questi ultimi anni la tecnica e la tecnologia applicata alle macchine agricole di uso domestico hanno fatto passi da gigante e raggiunto livelli e perfezione impensabili. Taglia siepi, decespugliatori, trattorini, rasaerba e attrezzi vari, vengono utilizzati nelle nostre abitazioni per rendere più bello, più curato e più accogliente il nostro giardino. Un particolare angolo che in estate di-

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venta luogo di riunione con tutta la famiglia e amici, per trascorrere in assoluto relax momenti di vera allegria specialmente con l’arrivo della bella stagione. E in quest’ottica moltissime sono le operazioni che devono essere periodicamente fatte. La preparazione del terreno, la concimazione, la semina, ma soprattutto il taglio dell’erba quando questa è in avanzato stato di crescita. Operazione, quest’ultima, che non può essere fatta a mano o con attrezzi non appropriati. Per farlo necessita l’uso di attrezzi specifici e idonei allo scopo. Da qui la necessità di rivolgersi a persone esperte

che in grado di dare i giusti e appropriati consigli e indirizzarci sul migliore acquisto e appropriato uso dell’utensile da usare per tosare l’erba, che ricordiamo, è un’operazione indispensabile non solo per eliminare le infestanti, ma anche per rendere più folto il tappeto erboso e che deve essere ripetuta almeno due volte al mese e per tutto il periodo primaverile-estivo.

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Appuntamento sabato 21 e domenica 22 maggio a Baselga di Pinè

Festival della

CANZONE EUROPEA DEI BAMBINI Gli obiettivi del Festival sono quelli della condivisione dei medesimi fini del concorso, ossia coinvolgere gli alunni della scuola primaria in un progetto (il testo di una canzone) da realizzare in gruppo con la guida del proprio insegnante, avvicinare i bambini alla musica in modo creativo, creare nuove canzoni per l’infanzia che costituiscano un efficace mezzo di comunicazione permanente, promuovere la dimensione europea creando occasioni di dialogo interculturale fra coloro che diverranno i cittadini di domani e contribuire alla diffusione della lingua italiana in Europa (per regolamento i testi elaborati all'estero infatti devono contenere almeno una parte in italiano). Durante il Festival il protagonista è solo ed unicamente il bambino, attraverso tre forme espressive diverse: la creatività (i testi delle canzoni sono "inventati dai bambini" e frutto di un lavoro scolastico di gruppo), la vocalità (le canzoni vengono cantate dai bambini del coro Piccole Colonne), l’espressione corporea (alle classi vincitrici spetta anche il compito di "animare" la propria canzone vestite a tema).

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utto è pronto per il Festival della Canzone europea dei bambini, momento conclusivo della XIII edizione del concorso “Un Testo per noi”, indetto dall’Associazione Coro Piccole Colonne e rivolto a tutte le classi primarie d’Italia e del mondo (purché in esse si studi l’italiano). Il grande evento internazionale è strutturato in due spettacoli che si terranno sabato 21 (alle 20,30) e domenica 22 maggio (alle 15.30) all’Ice Rink di Baselga di Piné, sull’Altopiano di Piné e Valle di Cembra (Trento). Presentatore di quest’anno sarà Lorenzo Branchetti, noto ai più piccini come il simpatico folletto Milo Cotogno, protagonista dello storico programma “Melevisione” in onda su Rai Yoyo. Il bando di “Un Testo per noi” ha invitato i bambini a ideare e comporre, con la guida del proprio insegnante, le parole di una canzone: i dieci componimenti selezionati dalla giuria tra gli oltre 200 partecipanti, sono stati realizzati da classi provenienti da tutta Italia e una anche dalla Croazia, musicati da grandi artisti del panorama musicale nazionale e, infine, dopo essere stati raccolti in un CD di prossima uscita, saranno cantati durante le due giornate

del festival dal Coro Piccole Colonne, composto da una trentina di bimbi tra i 5 e i 13 anni. Dei dieci brani selezionati, nove sono a tema libero - spaziando dall’amore per i nonni al mondo delle emozioni - mentre uno è ispirato all’argomento “acqua”, introdotto con la collaborazione del Gruppo Alcuni che ne hanno fatto un cartoon. Il Festival è stato realizzato in collaborazione con il Comune di Piné, l'Apt Altopiano di Piné e Valle di Cembra, l'Ice Rink Piné, la Provincia Autonoma di Trento e la Regione Trentino AltoAdige. Ecco nel dettaglio le classi vincitrici: “Aiuto, che paura!”, classe IV A della scuola primaria “Gianni Rodari” di Robbiate - Lecco; “Calzini a gogò”, classe II della scuola primaria italiana “Galileo Galilei” di Umago - Croazia; “Il girotondo delle sillabe”, classe I dell’istituto comprensivo “Dante Alighieri” di San Donaci - Brindisi; “Il mio amico divano”, classe III della scuola primaria “Monforte” di Monforte d’Alba - Cuneo; “La buonanotte dei nonni”, classe II dell’istituto comprensivo statale di Praia a Mare - Cosenza; Paoletti

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LE PICCOLE COLONNE

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Lorenzo Branchetti “La danza del mal di panza”, classe I A della scuola primaria “Elisabetta Vendramini” di Pordenone; “La fiera del fantasma”, classe II B della scuola primaria “Elisabetta Vendramini” di Pordenone; “Ombrelli o cervelli?”, classe IV A della scuola primaria “Giuseppe Dalla Fior” di Baselga di Pine’; “Pizza cha cha cha”, classe IV della scuola primaria “Casa del Fanciullo”, Piacenza; Vincitrice della sezione dedicata al tema dell’acqua è risultata: “Chi spreca l’acqua è matto”, classe IV della Scuola primaria San Francesco Saverio di Sarno (Salerno). Le parole dei giovani studenti sono state tradotte in musica da artisti di prim’ordine della scena musicale nazionale: l’amatissimo cantante Al Bano, il cantuatore emblema della melodia italiana nel mondo Toto Cutugno, il compositore veneziano Maurizio Piccoli, il cantautore Franco Fasano, il trombonista Sandro Comini, il maestro, arrangiatore, compositore e direttore d’orchestra Alterisio Paoletti, il musicista Paolo Baldan Bembo, la direttrice del Coro Piccole Colonne e direttrice artistica del Festival Adalberta Brunelli. Tutte le classi premiate sono vincitrici a pari merito e riceveranno, oltre all’ospitalità a spese dell’organizzazione il 21 e 22 maggio, anche il il Trofeo “Un Testo per noi”. Durante le due giornate a Baselga di Piné verranno assegnati anche numerosi premi speciali. Di particolare interesse saranno anche le iniziative collaterali: la sfilata dei bambini per le vie del centro di Baselga di Piné, e lo spettacolo teatrale “Pollicino”. Dal 16 maggio, vi sarà il coinvol-

Era l’8 dicembre 1987 quando un coro “improvvisato” di quaranta bambini si esibì al Teatro Concordia di Povo (Trento) per il lancio della musicassetta “Ascolta, disegna e canta”, realizzata in occasione del Natale dalla musicista Adalberta Brunelli. Doveva essere un episodio isola to, ma i bambini manifestarono la voglia di con tinuare a cantare insieme: nascono LE PICCOLE COLONNE fondato a Trento nel 1988 da Adalberta Brunelli (direttrice) e da Luciano Anesi (preside nte): da allora sono stati più di 400 i bambini che ne han no formato le fila. il debutto ufficiale avvenne il 25 aprile 1988, nuovamente al Teatro Con cordia, con una presentatrice e madrina di ecce zione: la giornalista Rai Maria Concett a Mattei. Le Piccole Colonne è un coro di voci bian che formato da una trentina di bambini , ma è anche, soprattutto, un progetto form ativo, che vuole offrire la possibilità ai bambini di incontrare la musica divertendosi, sper imentando la condivisione delle fatiche e delle soddisfazioni che il canto porta con sé con i coetanei, sempre nel rispetto della loro età. Dal 1991 l’associazione culturale Coro Ritmico Piccole Colonne, in sintonia con quelli che sono gli obiettivi educativi del coro , organizza il concorso “Un Testo per noi” , rivolto a tutte le classi della scuola prim aria italiane ed estere, invitate a realizza re assieme ai propri insegnanti il testo di una canzone. Il pensare insieme - alun ni e insegnante - ad un soggetto, sviluppare una breve storia e trasformarla in un test o facendo attenzione alla sua musicabilità rappresenta un vero e proprio progett o scolastico, che può essere declinato in base ai programmi che le classi seguono . Il concorso si conclude con il Festival dell a Canzone europea dei Bambini: in que sta occasione le Piccole Colonne interpre tano le canzoni realizzate con i testi vinc itori ed arrangiate da importanti nomi della mus ica italiana e le classi autrici si occupano dell’animazione. Dalla nascita ad oggi il coro ha effettuato più di 950 concert ie registrato più di 30 nuove produzioni disc ografiche tra musicassette, cd e dvd, che contengono oltre 250 canzoni. Il tutto con la collaborazione di grandi musicist i. gimento dei negozianti di Baselga di Piné in “Gira la vetrina”, una simpatica iniziativa che vedrà le vetrine allestite dagli alunni della scuola primaria del comune in base ai temi delle dieci canzoni del Festival. Gli ospiti presenti sull'Altopiano di Piné saranno invitati a indicare la vetrina preferita attraverso un’apposita cartolina: nel corso dello spettacolo di domenica 22 maggio verrà consegnata una targa al negoziante più votato e saranno estratte a sorte tre cartoline per l’assegnazione di altrettanti cesti di prodotti trentini. Per finire, l’allestimento dell’Ice Rink che ospiterà le due serate sarà realizzato dalle scuole dell’infanzia dell’Altopiano di Piné.

Per maggiori informazioni: www.piccolecolonne.it | www. festival.piccolecolonne.it Anche su YouTube e Facebook Ufficio stampa Koiné Comunicazione | Ilaria Tonetto Mob. 348 8243386 www.koinecomunicazione.it Associazione Coro Piccole Colonne Via Olmi, 26 - 38123 Trento (Italy) Tel. 0461 935133 - Fax 0461 394756

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IL CONVEGNO SULLE STAMPE IN BELGIO

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i parlato della storia dei Tesini in Belgio a Bruxelles. Un convegno internazionale nato dalla collaborazione fra il Museo Per Via, gestito dalla Fondazione Trentina Alcide De Gasperi, e l’Institut Royal du Patrimoine Artistique (IRPA) del Belgio. Nell’aula magna della sede dell’Irpa storici ed appassionati trentini, italiani e belgi ne hanno parlato anche il direttore della Fondazione Marco Odorizzi insieme a Elda Fietta e Alberto Milano, componenti della commissione scientifica del Museo. “Gli studiosi belgi, anche giovani e dottorandi - ricorda Alberto Milano - che sono intervenuti, sono partiti con l’intento di rintracciare le proprie radici e hanno capito che esse sono intrecciate con quelle di altre tradizioni, in questo caso con l’epopea dei Tesini”. Si è discusso dell’esperienza del commercio tesino in Belgio. “Il Tesino è testimone di una cultura della mobilità che è essenzialmente europea. Le comunità locali - ha sottolineato Marco Odorizzi, direttore della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi - non devono temere questa apertura al confronto, che non ne ridimensiona la grandezza e l’unicità,

AUSER IN ASSEMBLEA

ma è anzi la porta d’accesso per ritrovare il loro posto come fondatrici della storia del continente europeo”. Muovendosi a cavallo tra due secoli, il Settecento e l’Ottocento e battendo gli archivi trentini e quelli delle maggiori città belghe, il convegno ha ripercorso le varie tappe di questa storia. I primi tesini arrivarono in Belgio come commercianti di stampe e seppero dare vita ad imprese commerciali strutturate. Da negozianti molti diverranno poi editori, ritraendo specialmente i luoghi simbolici delle maggiori città belghe dove operavano. Le genealogie familiari, ricostruite da Elda Fietta e arricchite dai lavori degli studiosi belgi, parlano di una presenza che durò per più generazioni, realizzando una rete tra imprese presenti in diverse città, ma unite dalla comune origine e dal fatto che i legami con la terra di partenza non vennero mai recisi. Tanti spunti, suggestioni ma anche i materiali inediti che verranno presentati alla popolazione trentina nella mostra annuale del Museo Per Via che sarà inaugurata il 1 luglio a Pieve Tesino. (a.d.)

LEVICO TERME

Si sono svolti a Levico Terme i lavori dell’assemblea dei Soci Soci, che attualmente sono 174, di cui 117 di Levico, 48 di della locale associazione Auser. Dopo il saluto di benvenuto, Caldonazzo e 9 di altri comuni. Il sindaco Michele Sartori, il presidente Fabio Recchia ha ricordato i due soci recente- l’ex assessore Arturo Benedetti, nominato presidente delmente scomparsi: Marco Martinelli del direttivo e Margherita l’assemblea, e il vicesindaco di Caldonazzo Matteo Carlin, Conci che fu cofondatrice dell’Auser di Levico. Poi ha hanno elogiato l’operato di questa importante associazione illustrato l’attività svolta nel 2015, evidenziando i momenti verso le persone più deboli della comunità. Sono stati poi più significativi ad iniziare dagli accompagnamenti nei vari premiati i soci con 20 anni di anzianità: Livia Marchesoni, ospedali ed ambulatori di persone in difficoltà, per i quali Felice Conci, Nadia Tomasi, Nella Lucca, Alba Quaglieri, sono stati percorsi complessivamente 6.077 chilometri. Pierilva Berti, Dolores Conci, Rita Rizzi, Gemma Pedrotti, Maria Anna Marchelli e Anna L’Auser inoltre ha partecipato alla Maria Andreatta. Con 10 anni di festa delle associazioni, ai merappartenenza: Carlo Moresco, catini di Natale, ha organizzato Maria Pedrotti, Gianni Eccel. Si è una gita sociale, ha collaborato quindi proceduto alla nomina con telefono azzurro, con l’APSP della nuova direzione che risulta di Levico Terme. Anche per il ora così composta: Fabio Recchia 2016 sono in programma anariconfermato presidente. Rosellina loghe iniziative e il bilancio, ha Dalmaso vice; segretaria Eleonora continuato Recchia, è in positivo Lorenzini. Consiglieri: Stefano grazie ai contributi del Comune Carotta, Chesia Martella, Nadia di Levico, di Caldonazzo, delle Tomasi, Paola Carotta. Revisori: Casse Rurali di Levico e di CalRoberto Turri, Marisa Gasperazzo donazzo, dell'AUSER Regionale I soci premiati per la loro anzianita’ e Maria Elisa Zaccarelli. (m.p.) e della SPI, nonché offerte dei

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PROGETTI

 di Mattia Frizzera

GIOVANI I

l tema scelto per il 2016 è "Sto bene se...", come e quando i ragazzi esprimono il loro star bene: l'accettazione del proprio corpo, l'accettazione del diverso, la sensibilità verso nuovi stili di vita (alimentazione, sport), l'armonia con l'ambiente, l'armonia con sé stessi, lo star bene in famiglia e a scuola. “Io sto bene se alleno il corpo e la mente” è il progetto dell'associazione Valsugana Lakes di Calceranica, che propone 8 escursioni nei mesi di giugno e luglio: Pineta di Alberè, Chiesetta di San Valentino, parco fluviale del Centa, zona delle Rive e Torre dei Sicconi, miniera di Calceranica, Forte delle Benne e parco delle Terme. Saranno coinvolti

Dieci progetti per il Piano giovani zona Laghi Valsugana nella sua nona edizione, anno 2016. Le iniziative sono state approvate il 20 gennaio dal Tavolo delle politiche giovanili ed attualmente sono al vaglio dell'Agenzia provinciale per la famiglia, la natalità e le politiche giovanili.

G co e se ci tu M ge b co

addetti della Forestale, studenti di ingegneria ambientale e preparatori atletici che daranno ai ragazzi partecipanti nozioni sul piano motorio e ambientale. “Sto bene se mi alleno alla salute: cibo sano e sport” è la proposta dell'Istituto alberghiero di Levico. Verrà realizzato un ricettario di cucina salutistica grazie alla collaborazione degli studenti con un medico nutrizionista. Quattro incontri nella zona Laghi Valsugana su colazione, pranzo, spuntini, cena. Il progetto si concluderà con una festa al parco delle Terme alla quale parteciperanno associazioni sportive e scuole, con stand per riassumere quanto appreso durante il percorso.

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Gli alpini di Calceranica assieme al Comune ed alle forze che compongono la Protezione civile di Calceranica, Caldonazzo e Tenna organizzeranno “Noi protagonisti del domani”, serate informative sulle attività di volontariato ed una esercitazione finale che coinvolgerà tutta la comunità in autunno. Movin'sounds ha scelto una tematica ostica, con un progetto dal titolo “La mafia uccide, il silenzio pure! Sto bene se ne parlo!”. Ci saranno una mattinata a scuola con Libera ed un personaggio distintosi nell'attività antimafia ed una serata musicale a tema con gruppi musicali del sud. “Per un'identità collettiva. Il benessere di ognuno per la salute di tutti” è il titolo dato all'idea progettuale dell'Istituto comprensivo di Levico. È previsto un percorso di educazione interculturale per le seconde medie. Verranno quindi selezionati due tutor che seguiranno i ragazzi stranieri e le loro famiglie nell'orientamento legato alla scelta della scuola superiore ed in altre questioni della quotidianità scolastica. Nel progetto anche una serata all'Oratorio di Levico dedicata alle danze popolari ed una festa interculturale al Polo scolastico a giugno. La sesta proposta è ancora musicale. “Music4all Festival” sarà una maratona musicale organizzata a luglio dalla Pro Loco Lago di Caldonazzo, con gruppi musicali giovanili locali. Interverranno anche la scuola musicale di Borgo-Levico-Caldonazzo, la Banda di Caldonazzo ed il Coro La Tor. L'obiettivo del progetto è quello di spingere i ragazzi delle scuole medie ad avvicinarsi alla musica e salire su un palco. Una nuova associazione di Levico, “La treccia”, si occuperà di “Relazioni e legami”. Momenti di incontro con la disabilità, per creare relazioni e legami tra mondi fra loro distanti. “Chi ben comincia è alla metà… dell'Opera” prevede il 31 maggio al PalaLevico una festa durante la quale vengono riassunti 18 mesi di viaggio alla scoperta delle associazioni locali. Un progetto dell'Opera Armida Barelli, che si avvarrà anche della collaborazione dell'Istituto alberghiero di Levico per i cocktail analcolici che verranno serviti durante la manifestazione. Altro progetto biennale è “Animiamo la comunità” dell'Oratorio di Tenna, con il viaggio della durata di due giorni ad Arona (Novara) per visitare un centro giovani e carpire i segreti dell'animazione. Un evento finale riassumerà tutte le attività svolte all'interno del progetto “Animiamo la comunità”. Decimo progetto è lo sportello, l'attività d'informazione online su: • laghivalsugana.blogspot.it • www.facebook.com/giovanilaghivalsugana e dal vivo incontrando le associazioni locali e partecipando a giugno a “Fai la tua P-arte”, evento dedicato alla creatività giovanile.

PERG IN E

L’ASSEMBLEA DEI PENSIONATI

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rano presenti un gran numero di soci dei 509 iscritti, alla recente assemblea dei Soci del Circolo Comunale Pensionati e Anziani di Pergine Valsugana. Dopo il saluto di benvenuto, la presidente Carmen Osler Carmen Osler, che guida questa associazione ininterrottamente da ben 22 anni, ha fatto osservare un minuto di silenzio in memoria degli iscritti che nel 2015 hanno concluso la loro vita terrena. Ha poi ricordato che il Circolo, iscritto ai Circoli della provincia di Trento, “è un’associazione di volontariato che si occupa delle iniziative culturali, ricreative ed umanitarie in favore di tante persone anziane”. All’interno del Circolo, ha continuato,” è presente il “Coro Edera” diretto attualmente da Daniele Paoli, che si esibisce spesso nelle case di riposo, in occasione di feste ed altre ricorrenze. Collabora con il Comune nella assegnazione degli orti e la sede, in viale degli Alpini, è aperta tutti i giorni dalle 14 alle 17,30”. Parlando dell’attività svolta nel 2015 ha ricordato in particolare le gite, i pomeriggi musicali, le gare di bocce e carte, il soggiorno al mare e tanto altro. Un programma di attività particolarmente ricco che sostanzialmente si ripropone anche per il 2016. Si è quindi proceduto alla nomina del nuovo direttivo che resterà in carica per i prossimi tre anni e che è stato in gran parte riconfermato. Presidente è stata riconfermata Carmen Osler così come Vincenzo Giuriali il suo vice. Segretario Paolo Debortoli, cassiere Renato Martinelli. Consiglieri: Ida Badocchi, Clara Degasperi e Maria Zanei. Presenti ai lavori dell’assemblea il sindaco Roberto Oss, l’arciprete don Antonio Brugnara, un rappresentante del Coordinamento Provinciale Circoli di Trento e il presidente dell’Auser Elia Bernardi, che hanno elogiato l’attività che questa importante associazione svolge in favore delle persone non più giovani di Pergine e di tanti altri paesi della Valle e anche di Trento.

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IL BALLO CHE PREMIA!

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a danza è una grande passione e la maestra Anna Pertile, assieme al suo compagno di ballo e di vita Silvio Osti, è proprio questo che trasmettono ai loro allievi. Un grande amore ed una sana dedizione, che hanno accompagnato il 10 aprile scorso, il Gruppo Danze Sportive Le Farfalle al Campionato Regionale Trentino Alto Adige F.I.D.A. (federazione italiana danza amatori). L’evento si è svolto presso il Palazzetto dello Sport Palaferroli a San Bonifacio in provincia di Verona ed ha permesso all’associazione che ha sede a Sant’Orsola Terme di fare il pienone di medaglie. Nel ballo liscio si sono classificati primi nella loro categoria, la coppia formata da Bertoldi Giorgia e Martini Simone, che nonostante la giovane età, (14 e 15 anni) hanno già all’attivo numerose vittorie. Nei balli di coppia hanno primeggiato anche Paola Ganassin, accompagnata da Bruno

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Fedrizzi, e Arianna Bertoldi, assieme a Nico Carlin. Nel ballo moderno sono state premiate con un primo posto per la loro esibizione in combinata Gloria Martini e Arianna Bertoldi. Gli splendidi risultati degli allievi sono stati confermati anche nel Campionato Interregionale e nella Gara Open. Un grande traguardo, ma se vediamo i trascorsi del Gruppo Le Farfalle, semplicemente una riconferma della bravura di questi ottimi ballerini, che sono seguiti con passione convinzione da Anna Pertile e Silvio Osti che sono entrati con sole altre due coppie trentine a far parte dell’Albo d'Oro dell'agonismo professionistico, per quanto riguarda il ballo liscio. Dall’alto della loro esperienza, che li ha portati a girare il mondo per partecipare a moltissime gare e campionati sino ai più alti livelli, ora seguono presso le scuole Andreatta di Pergine, gli allenamenti di questi meritevoli ballerini, che hanno dimostrato ancora una volta, che con l’impegno e la passione è possibile vincere. (c.p.)

RECUPERO DEGLI EDIFICI

SELVA DI LEVICO

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econdo un piano di recupero di alcuni edifici che l’amministrazione comunale di Levico Terme intende attuare, c’è anche lo stabile ex scuole elementari di Selva. Le altre importanti opere sono il restauro dell’edificio ex caseificio tournario di Barco da poco completate, l’adattamento dell’ex cinema ad uffici comunali, mentre Villa Immacolata sarà destinata a scuola materna. Lo stabile Scuole di Selva ospitò per lunghi anni e fino agli inizi degli anni ’90 le elementari della frazione. Poi dall'anno scolastico 1992-93, la scuola venne chiusa così come quelle delle altre frazioni e tutti i ragazzi vennero riuniti nelle nuove scuole elementari e medie di Levico. L’intero edificio fu quindi abbandonato per alcuni decenni. Tre mesi fa un tecnico specializzato ne ha verificato la staticità e controllato il carico dei solai che sono risultati idonei ad ogni portata. Nell’ottica di rendere agibile la struttura, quanto prima verranno eseguite alcune opere ad iniziare dalla messa a norma dell’impianto idraulico ed elettrico. L’obiettivo dell’Amministrazione è quello di poterlo destinare in un futuro abbastanza prossimo, a sedi delle varie associazioni che operano nel volontariato. E, dato l’ampio spazio adiacente, verrà realizzato anche un parcheggio ed un campo sportivo polivalente

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Pittore paesaggista regionale, tempere e “vinarelli”

Ruggero Marzatico

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er la prima volta incontrai Ruggero Marzatico con la signora Carllotta ad un incontro di poesia “la nossa vecia Trent” presso la Camera di Commercio, incontro organizzato dal cav. Gino de Mozzi. Mi disse che dipingeva e che avrebbe voluto fare una sua mostra alle Terme. Ne parlammo con l’allora presidente Terme di Levico Vetriolo e Roncegno comm. Pallaoro e l’indimenticabile direttore dr. Alcide Saltori. Marzatico arrivò così al palazzo di Viale Vittorio Emanuele dopo le mostre di Othmar Winkler, Corè, Baldessari, Oss Emer, e fu subito un successo. Quei suoi paesaggi morbidi, diafani, evanescenti, con le immagini che sembravano uscire da aloni e volute di nebbia, avevano affascinato i visitatori, sempre numerosi alle Terme. Seguirono anni di sue frequentazioni e mostre in terra di Carnia, in Cadore, nell’Ampezzano , in Pusteria e nel Meranese.,in Val Badia , in gallerie a Milano ed in Piemonte. Le sue “ casare” disegnate o dipinte, i suoi “tabià”, sagome di case antiche o castelli, i suoi “stavelis carnici”, quelle sue radure, ricche di fleon dalle tinte misteriose, accennate e sinuose, sapevano fermare molte persone interessate a quelle emozioni colorate. Un giorno capitò alla sede delle nostre associazioni e ci propose d’ effetturare dei corsi di disegno “en plein aire”..Ci accordammo per l’organizzazione e le iscrizioni con la locale APT. Era l’estate del ’96 .Si iscrisse un buon numero di “ futuri disegnatori- acquerellisti- pittori. in erba.” .

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Ruggero ci condusse sulla montagna di Roncegno che conosceva a menadito per aver passato lassù molte stagioni da adolescente. S’arrivò alle “casare degli Scali “di Roncegno, al Maso Gionzeri con l’immarcescibile Zelestin Montibeller e fratelli, cognati, fino al maso Rincher ed alle Pozze, a malga Trenca, per poi passare al “ maso della maga “ sopra i Rincher ,e giungere al laghetto delle Prese .Ci conduceva per le chine del monte, fermandosi per invitarci a disegnare alberi, scorci, fienili, polle d’acqua. Lassù sulla montagna di Roncegno era il regno delle Aguane, le ninfe delle sorgenti, quelle“fade bionde o brune”, creature che hanno ispirato poeti, pittori, scultori e musicisti..Nelle pause assieme a “Ciccio“ Franzoi, allenatore oltrechè calciatore del Trento, ci faceva gustare le partite della poderosa squadra che entusiasmava il Briamasco . Ci raccontava quando giovane, durante la seconda guerra, con diverse bottiglie di petrolio passava a fornire le case ai Gionzeri, Postai , Fraineri, Montibelleri, Beberi, Zotteli, casa Pendola; Tesobbo, santa Brigida e Monte di Mezzo, ai

 di Luciano De Carli

roccoli, su su fino alla “casara dei sfulmini”. Ester e Roberta, Renato e Claudio, “Ciccio” e lo scrivente, Alma e Sergio, Iginio e Franco, ebbero così un delizioso percorso, con Lui a fare da maestro avveduto e consapevole. Passati i racconti e le pause, si riprendeva a disegnare, dipingere fino al tramonto e nei giorni seguenti, fino alla mostra finale del corso. Ma non si può dimenticare l’incontro che seppe organizzare con Melitta Gianotti e Tullio Panciòli al Grand Hotel Imperial di Levico Terme o al Palace Hotel di Roncegno, per la “realizzazione dei vinarelli”- non dipinti con acquerelli -ma con diverse qualità di vini trentini e toscani. Una giornata memorabile! Non trascuriamo la serie delle Sue cartoline con “ i francobolli disegnati “da Lui stesso, tanto reali da far arrivare posta a casa senza pagare multa! Ruggero era infaticabile, come quando passò e ripassò a nuoto il lago di Caldonazzo, volendo imitare il pittore Oddone Tomasi, che soggiornava a Villa Stella al Monte Rive. E’ bello ricordarlo sempre giovane, col suo foulard al collo, elegante, immaginifico nella battuta, sempre attento a cogliere il particolare dimenticato di un ambiente, di un paesaggio, attratto da luoghi misteriosi su cui sapeva creare Lui stesso leggende . Ora Ruggero ha terminato la partita, ma chi ha in casa un Suo quadro potrà gustare la vicinanza di quel giovanottone- nonno e sentirlo ancora almanaccare racconti con sfumature amicali.


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 di Mario Paccher

Gli ex dipendenti APSP “San Valentino” si ritrovano

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i è tenuto recentemente presso l’APSP “San Valentino” di Levico Terme, il “Raduno degli ex dipendenti” andati in pensione dall’anno 1981 in poi, un’occasione per tutti di ritrovarsi e ricordare i momenti passati insieme negli anni di servizio prestati alla San Valentino, ma anche per rinsaldare i legami con questa importante Istituzione che oggi impiega stabilmente circa 150 lavoratori. Ed è stata anche un’opportunità per l’Istituzione di esprimere a tutti gli ex dipendenti la gratitudine per il servizio svolto e per aver contribuito, con il proprio lavoro, al progresso ed alla crescita dell’Azienda in seno alla comunità. Il direttore Fabrizio Uez ha ricordato gli importanti cambia-

menti intervenuti negli anni sia nell’assetto istituzionale con le riforme che hanno condotto dallo scioglimento degli ex E.C.A. (Enti comunali di assistenza), all’istituzione dell’IPAB “Pierina Negriolli”, alla trasformazione nell’attuale APSP “San Valentino”, sia nelle modalità di erogazione dei servizi di fronte ai bisogni cui sa rispondere. “Anni formidabili”, ha af-

fermato, di grandi cambiamenti, ma anche di grande coesione e senso di appartenenza, gli stessi sentimenti che hanno portato oggi tante persone a partecipare al raduno ed a rinnovare questo attaccamento all’Istituzione”. La Presidente Martina Dell’Antonio, presente con tutto il Consiglio di Amministrazione, ha espresso a tutti gli intervenuti il ringraziamento della San Valentino per quanto fatto per l’APSP ed in particolare per tutte le persone assistite in tanti anni di servizio. Sui volti di tutti era evidente la commozione nel ricordare gli ex collaboratori scomparsi, il cui ricordo è ancora presente e vivo nella memoria dei colleghi.

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ntine e r T e h cronac

ASSOCIAZIONE NAZIONALE FANTI

AMEDEO FUMANA, IL COLLEZIONISTA

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n via degli Olmi 26 l'Associazione Nazionale del Fante condivide la sede con L'Aureonautica Militare. Nell'ultima assemblea sono state rinnovate le cariche sociali che hanno visto un cambio al vertice nella persona del Presidente Cav. Enzo Libardi al quale è succeduto per nomina Giorgio Iob, classe 44. A Libardi, che per quattro anni ha retto la presidenza dell'Associazione è stato riconosciuto, con il conferimento delle opportune onoreficenze, il merito di aver «rinvigorito la “nostra famiglia”, dimostrandole uno straordinario attaccamento e affetto, avendo contribuito alla crescita e all'affermazione della Federazione provinciale nell'ambito sociale, militare e politico della nostra Provincia, e di averci rappresentato in ambito nazionale creando rapporti di amicizia e fraterno rispetto con le Federazioni consorelle e con la sede Nazionale». Stesso delicato e impegnativo compito è consegnato ora nelle mani di Giorgio Iob che da subito ha fatto suo il motto «Onorare i caduti operando per i vivi», affiancato dal vice presidente vicario Tarcisio Casagranda, dal vice presidente cassiere Franco Taddei, dal segretario Roberto Bagozzi e dai consiglieri Carlo Giovannini, Loris Trentini e Giorgio Zucol. Vi sono poi i revisori dei conti Sandro Lorenzi e Vittorio Tonidandel con il Collegio dei probiviri, Pietro Fedrigotti e Angelo Piva. Si preannuncia quindi un palinsesto già collaudato di feste sezionali e altre ricorrenze come quella del grande Raduno di Assoarma tenutosi a Udine e il Raduno Interregionale di Castelnovo Neo Monti nell'Appennino Reggiano, oppure in commemorazione dei caduti del 115° Reggimento Fanteria, nell’assalto al Basson il 25 agosto 1915 celebrato anche come 10° Raduno Interregionale Montano, o anche il Raduno del Monte Piana organizzato dalla Federazione dei Fanti di Treviso e il Raduno a Castel Condino. Vi sono poi le cerimonie sui cimiteri militari di Costalta (Luserna), Cesuna e Valmagnaboschi di Vicenza dove quest'anno sarà ricordata la “Strafexpedition”, oppure ai sacrari militari del Montegrappa e sul Monte Pasubio. «Quest'anno - ha detto Giorgio Iob - avremo un evento molto importante in occasione del 33° Raduno Nazionale dei Fanti che si terrà a Brescia dal 19 al 22 maggio 2016. Credo che vi sarà una grande partecipazione dei nostri visto la vicinanza con Brescia. L'invito è esteso a tutte le sezioni soprattutto per il venerdì 20 maggio quando una parte delle cerimonie si svolgerà sul passo del Tonale a partire dall'alzabandiera alle 10 cui seguirà alle 11 una cerimonia al sacrario dei caduti». (f.z.)

Giorgio Iob

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È

sempre più ricca la collana del noto baritono trentino Amedeo Fumana, appassionato collezionista di abiti da concerto e cimeli teatrali indossati dai protagonisti più famosi del panorama lirico, come Mario Del Monaco, Beniamino Gigli, Rosetta Noli, Giuseppe Di Stefano e tanti altri. In questa sua originale raccolta sono presenti diverse decine di costumi, foto ed altro dell’opera lirica. Tutti indumenti preziosi raccolti attraverso gli anni direttamente dai cantanti o donati dalle famiglie stesse in ricordo dell’artista. Il tutto ben distribuito in un grande locale della sua abitazione di Trento. In passato il celebre artista aveva esposto anche in Valsugana, a Levico Terme. In quell’occasione la rassegna era stata visitata da musicisti, parenti di cantanti lirici, persone che si sono dedicate professionalmente alla musica, direttori d’orchestra e studenti dei più importanti Conservatori Italiani in vacanza nel nostro Trentino. Per me, ha detto il cantante, “è una grande emozione possedere tutti questi preziosi capi che delle volte, quando sono in mezzo a loro, mi sembra che mi parlino e mi ascoltino”.(m.p.)


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LEVICO

Lo sgabello poetico

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ella “giornata mondiale della poesia”, per iniziativa della Piccola Libreria di Levico Terme in collaborazione con l’Associazione culturale Chiarentana e il patrocinio della Biblioteca comunale, si è tenuto presso l’APSP “San Valentino”, lo “sgabello poetico”, un evento partecipativo di lettura ad alta voce di poesie e racconti brevi per i residenti, famigliari e amici. All’evento denominato “DeclAmiamo!”, hanno partecipato numerose persone, volontari e poeti che si sono alternati in maniera spontanea nella lettura di poesie proprie ma anche di grandi autori come Alda Merini o Chandra Livia Candiani. Poesie di Nino Dallagiacoma, poeta levicense scomparso qualche mese fa proprio presso la San Valentino, sono state declamate con grande

commozione dalla figlia Romana. Emozione ha suscitato anche la lettura di alcune rime della Signora Maria Parisi di 95 anni, ospite dell’Istituto levicense. Il tutto accompagnato dalla chitarra e dalla voce del maestro Ferdy Lorenzi che ha reso il pomeriggio ancora più piacevole e leggero. La scrittrice Bruna Franceschini ha presentato un suo racconto breve “Viaggio allucinante”, storia di profughi trentini in Moravia nella prima guerra mondiale, una vicenda che molti residenti hanno rivissuto nel ricordo dei racconti dei loro avi. Un pomeriggio culturale e d’intrattenimento molto apprezzato che ha

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suscitato l’interesse di tutti i presenti che hanno ricambiato con copiosi applausi. Il direttore Fabrizio Uez, nel ringraziare tutti i partecipanti, ha ricordato che questo momento d’incontro è stato un’occasione per favorire la socialità e portare, all’interno dell’APSP levicense, il senso di vicinanza dei cittadini verso i propri anziani. (m.p.)

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Castel Ivano e i personaggi che in questo luogo hanno soggiornato

 di Chiara Paoli

I castelli hanno qualcosa di magico e profondamente romantico che invita a sognare, forse proprio per questo sono una delle location preferite per i matrimoni. Castel Ivano non è da meno; è uno dei manieri della Valsugana che non passa inosservato a chi percorre la statale 47, dall’alto della sua posizione, sul promontorio del monte Lefre.

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a porzione più antica del castello, che prende il nome dai Signori d’Ivano, è stata innalzata tra l'XI e il XII secolo d.C. e comprende il mastio, che si connota come la torre principale del maniero e luogo di rifugio in caso di attacco, l'ingresso, la cerchia muraria ed il cortile circostante. Leggenda narra che il castello a partire dal 1187 divenisse monastero di padri Templari e monaci Benedettini; Jacopino de Yvano, il 13 giugno di quell’anno viene infatti nominato Testimone (dal greco µάρτυς, da cui deriva anche il termine di martire). Numerosissime i passaggi di proprietà del castello che vedono susseguirsi nei secoli la giurisdizione dei Vescovi-conti di Feltre, dei Conti di Tirolo, degli Scaligeri, di Gian Galeazzo Visconti, dei Da Carrara che intorno al 1375 appongono il proprio stemma e della Repubblica Veneta. Nel 1365, all'interno del castello, trova

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riparo il conte Biagio delle Castellare, signorotto locale detestato dalla popolazione locale che stufa dei suoi soprusi, chiede la sua testa. Solo l’intervento di Francesco da Carrara, preserva Biagio da una terribile fine; la popolazione si deve accontentare di veder bruciare un fantoccio che ne riproduce le sembianze. E’ così che ha inizio una rievocazione storica in costumi trecenteschi, che ancora oggi viene messa in scena ogni anno, per le vie di Castello e Pieve Tesino, nel primo giorno di quaresima e in occasione del Carnevale, ogni cinque anni. Nel 1452 Giacomo Trapp avvia i lavori di ristrutturazione del maniero, ampliando e incrementando gli spazi abitativi e quelli di servizio. Nel 1525, la rivolta innescatasi a Bressanone e nota con il nome di guerra Rustica, infuria anche in Valsugana; i contadini che chiedono l’abolizione dei dazi e vo-

gliono vedere aboliti i privilegi dei nobili, assaltano il castello e uccidono Giorgio Pucler. Dopo ulteriori e numerosi passaggi di proprietà, il maniero viene acquisito nel 1750 dall'imperatrice Maria Teresa d’Austria e nel 1829 si colloca sotto la potestà del comune di Strigno. Nel corso del primo conflitto mondiale, il maniero ha subito pesanti bombardamenti, che hanno causato ingenti danni all’edificio. Nel primo dopoguerra il complesso viene acquistato da Franz Staudacher, che provvede ad avviare i fondamentali ed indispensabili lavori di restauro. Fortunatamente i bombardamenti effettuati durante la Seconda Guerra Mondiale e, hanno prodotto danni di minor entità e limitati essenzialmente ai tetti. Il castello è uno scrigno che nel tempo ha ospitato personaggi illustri ed artisti, come il pittore Eugenio Prati (1842-

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1907), cui è stata dedicata una mostra a cura di Elisabetta Staudacher, nel centenario della morte (2007). L’artista, originario di Caldonazzo rappresenta il maniero in alcune opere, quali Nozze d'oro, dove appare come sfondo visto da Strigno; la tela verrà presentata all'Esposizione Nazionale di Milano nel 1881. Un’altra opera dal titolo Inverno, di qualche anno più tarda, raffigura Castel Ivano che si innalza sulla collina soprastante Agnedo, paese in cui risiede Prati con moglie e figli. E’ lo stesso Prati che in Solitudine (conservato al Mart di Rovereto), raffigura all’ombra di un faggeto trentino, uno degli illustri ospiti di Castel Ivano, Richard Wagner (1813-1883), celebre compositore tedesco che nel 1882 si trasferisce con la moglie a Venezia, effettuando alcuni brevi soggiorni in Valsugana. La stanza che ospita il musicista, era a quei tempi dotata di un'intercapedine in carbone che garantiva al suono, un'acustica ottimale. Una sala nel “Complesso Antico Archi-

vio” è stata dedicata a Eleonora Duse (1858-1924), attrice simbolo del teatro moderno, nota per essere stata l’amante di Gabriele D’Annunzio; la celebre prima donna ama soggiornare presso i conti Antonio e Maria Wolkenstein a Castel Ivano, in occasione dei periodi di cura trascorsi presso le rinomate terme di Roncegno. Castel Ivano è l’ambientazione che fa da sfondo alla sontuosa cena, portata in scena dal Maestro Ermanno Olmi, per il film del 1987 Lunga vita alla Signora, vincitore del Leone d’Argento a Venezia. Attualmente il castello è adibito ad abitazione privata, proprietà della famiglia Staudacher, si può affittare per matrimoni ed eventi ed è visitabile previo appuntamento al numero di telefono 0461 763432 o 3347425960, via mail a info@castelivano.it

Le foto sono state gentilmente fornite dai proprietari di Castel Ivano

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Mattia Rosso

 di Alessandro Dalledonne

il cinema e i ragazzi

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uanto il tempo glielo permette, ogni mercoledì mattina, Mattia Rosso fa l’uomo sandwich al mercato settimanale di Borgo. Da tre anni lavora come proiezionista al teatro del polo scolastico. La passione per il cinema ce l’ha nel sangue fin da bambino. Non passa inosservato, lo fa per far conoscere la programmazione del “suo” cinema. Ha un sogno nel cassetto. Riportare a Borgo il cinema “povero”. Far provare, come una volta, soprattutto ai ragazzi, l’emozione di entrare in una sala cinematografica. “Perché non possiamo tornare a far rivivere quei spazi? Le multisale oggi sono diventate anonime, luoghi di consumo. Il cinema deve essere vissuto, dare emozioni!”. Modenese, da 5 anni è arrivato in Trentino. Da marzo del 2014 anche a Borgo è arrivato un proiettore 2D. Prima di fare il proiezionista Mattia ha fatto di tutto. Laureato in lingue, la sua tesi l’ha fatta sul cinema e su

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un progetto di multiculturalità. Nel 2007 si trasferisce a Torino per un master ed inizia a lavorare come animatore nelle scuole. “In Piemonte racconta Mattia - sono entrato in contatto con il cinema teatro Baretti, una vecchia struttura parrocchiale che proponeva dei film di qualità”. Quando si trasferisce a Cuneo, per lavorare in una comunità per minori, conosce la donna della sua vita. Anche lei fa l’educatrice ed ora, dopo aver vissuto per alcuni anni a Borgo, hanno trovato casa a Maso Sasso, a Roncegno. E da tre anni è diventato

padre. Nel 2010 arriva in Trentino, per qualche anno lavora a Roncegno ed al Centro Aperto di Borgo. Ma la passione per il cinema resta. Nell’ottobre del 2012 comincia a lavorare a Borgo per il Coordinamento Teatrale Trentino. “I primi mesi sono stati difficili, poi mi sono reso conto che fare il proiezionista non era sufficiente. Per riempire le sale di persone, e non solo di consumatori di film, bisogna tornare a fare anche l’educatore”. E così, un po’ alla volta, mette mano al foyer del teatro, lo spazio diventa più accogliente. “Siamo presenti su Facebook e sui social network - ci racconta - ma mi rendo che questo non

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donne

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basta. Ci vogliono le relazioni, andare incontro alle persone, parlarci, farsi conoscere e far conoscere quello che facciamo. Chi viene al cinema non sono solo dei consumatori, persone che servono per far botteghino, quei spazi devono tornarli a viverli. E, nel caso degli adulti, i bambini di ieri, riviverli!”. Una volta era così anche a Borgo. C’era il cinema Garibaldi, anche quello parrocchiale. Ora non ci sono più, sono sparite anche le pellicole dei film. Appena può, prima o dopo il film, Mattia porta i ragazzi a visitare la sala di proiezione. Ha recuperato vecchi poster, organizzato piccoli laboratori per i bambini. Tutto a costo zero, recuperando materiali dalla biblioteca, dal comune o dalla scuola. Mattia si ispira al cosiddetto “slow cinema”. Cosa significa? “Vedere un film deve essere come bere un bicchiere di vino, per gli adulti, o una bibita: va gustato, assaporato. Bisogna dare alla discussione la stessa importanza della visione”. Mattia sta lavorando molto sui ragazzi, sui giovani. Ad ogni film di animazione, a Borgo, c’è quasi sempre il tutto esaurito. “E’ normale, qui le famiglie si fidano ancora di noi, ci lasciano i figli. Gli adulti di oggi erano i ragazzi che frequentavano il cinema Bellesini. Gli spazi ci sono, perché non tornare a riempirli come una volta? Perché non recuperare spazi già esistenti, come il cinema ed il foyer del teatro, per vivere nuove relazioni, emozioni e conoscersi?”. Ma da solo, però, Mattia non ce la può fare. Qualcosa però sta cambiando. In sala e nel foyer si vedono facce nuove, più gente. Anche i sogni, talvolta, possono diventare realtà!

MOTORE IN OMAGGIO FINO AD ESAURIMENTO SCORTE

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VIGILI DEL FUOCO di BORGO VALSUGANA

150 ANNI DI STORIA Q Grande festa a Borgo per un compleanno speciale: il Corpo dei Vigili del Fuoco Volontari compie 150 anni. Fondato nel 1866 il Corpo dei Pompieri annovera tra le proprie fila una quarantina di vigili attivi, sette pompieri onorari e dodici vigili allievi. Sono invece 350 i vigili che si sono succeduti negli ultimi 150 anni e questo evento è soprattutto a ricordo di essi. Un appuntamento cui tutta la popolazione è chiamata a partecipare, e non solo per vivere insieme questo importantissimo avvenimento, ma anche e soprattutto per ringraziare chi, con altruismo, sacrificio, solidarietà e abnegazione, ha operato, con spirito di corpo e a sprezzo del pericolo, per la sicurezza di tutta la comunità.

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uella in programma è una manifestazione ricca di eventi dove non mancheranno momenti culturali e di sport uniti a quelli in cui ufficialmente si ricorderanno le persone e gli avvenimenti passati del corpo dei Vigili del Fuoco. Si inizia domenica 5 giugno nella chiesa arcipretale di Borgo Valsugana, dove sarà celebrata la Santa Messa a ricordo di tutti i vigili che si sono succeduti in questi ultimi 150 anni. Seguirà un momento conviviale aperto a tutta la popolazione nel piazzale antistante. La celebrazione del 150° del Corpo si aprirà ufficialmente, venerdì sera, 10 giugno, con la presentazione del

Libro “Pompieri al Borgo: tra incendi, alluvioni ed altre malaventure” scritto da Franco Gioppi sulla base di una ricerca storica di Luciano Capraro (ex Comandante del Corpo ed ex Ispettore Distrettuale). Una pubblicazione che, attraverso documenti storici inediti integrati da foto recuperate nel corso della ricerca, racconta la storia dei Pompieri, della comunità borghigiana e della valle. Un volume di vero pregio che verrà distribuito a prezzo di costo a tutti gli interessati. Seguirà nel capannone di piazzale Bludenz un momento di gioia all'insegna delle musica e della buona gastronomia con prelibati piatti preparati per l'accorrenza.

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Le manifestazioni proseguiranno il sabato mattina con l’apertura, presso il chiostro comunale e lo spazio Klien, di una mostra sulle attrezzature pompieristiche degli anni passati e di un'esposizione di disegni creati dagli alunni delle scuole elementari. Un concorso di disegno che culminerà il prossimo anno con la pubblicazione dei migliori sul calendario dei pompieri 2017. Sempre da sabato mattina e per tutta la durata della manifestazione, in piazza Degasperi, sarà in funzione uno spazio dedicato al divertimento dei bambini e un esposizione di mezzi storici dei Pompieri provenienti da tutto il Trentino. Nel pomeriggio invece entreranno i scena pompieri provenienti da tutta la provincia che si cimenteranno in una gara di abilità tecnica in una competizione, aperta a tutti i Corpi VVF del Trentino, che animerà il centro storico del paese. I Vigili, attrezzati di tutto punto, partendo da Piazza Degasperi affronteranno degli ostacoli nelle vie del centro e saliranno le pendici del Ciolina fino all'arrivo situato presso il Castel Telvana. Successivamente ci ritroveremo tutti presso il tendone in Piazzale

Bludenz per le premiazioni e un momento conviviale allietato da alcuni gruppi musicali. Domenica mattina altro momento particolare perchè vedrà la sfilata, per le vie del paese, dei vigili e dei loro mezzi, sia quelli storici sia quelli moderni moderni. Sfilata che sarà seguita, in Piazza Degasperi, dalle manovre dei Vigili del Fuoco Volontari di Borgo e dell'intera val-

lata. All'interno di questo appuntamento si terranno sia il Convegno Distrettuale che i momenti ufficiali previsti. Per tutta la durata della manifestazione resteranno aperti il punto ristoro, le esposizioni e la zona giochi per i più piccoli. Il programma specifico dell'evento sarà disponibile sul sito ufficiale del Corpo all'indirizzo web: www.vvf-borgovalsugana.it

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La ragazza immagine

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Per contattare CHIARA come hostess in convegni, promoter, e ragazza immagine: chiara.bella84@yahoo.it

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La ragazza immagine

CHIARA BELLA gioia, allegria e voglia di vivere Chiara Bella, un nome e cognome che nella loro essenza descrivono il carattere della ragazza immagine di questo mese. Un carattere estroverso, il suo, che da tutti i pori sprizza energia vitale in mille sfaccettature. ncontrandola per strada o in un qualsiasi momento di dialogo, subito si è attratti dall’estrema simpatia di Chiara, dal suo fisico, dai suoi lineamenti che coinvolgono l'osservatore o chi le sta davanti. Soprattutto, però, si è colpiti dalla sua allegra voglia di vivere che, con il sorriso e il “dolce” parlare, emana e sempre coinvolge. Chiara è una ragazza come tante altre e come tante sue coetanee è ben conscia del suo presente e di quello che sarà il suo “desiderato” futuro. Uno spazio di vita all'interno del quale brilla il suo biglietto da visita e le scritte che in esso sono presenti: ragazza immagine, hostess, promoter. Una professione certamente non facile poiché, come lei stessa sottolinea, il suo modo di porsi e presentarsi è sovente frainteso non solo per il comportamento disinvolto e sbarazzino, ma anche perché molte persone hanno di questo particolare lavoro una idea sbagliata. La “nostra” ragazza proviene da una famiglia e da un'educazione solida. A di-

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ciotto anni, dopo essersi diplomata al suo paese (Chiara è originaria dell'est Europa), inizia a lavorare mantenendosi agli studi universitari. Non riesce però a laurearsi perché a causa di profonde crisi economiche che colpiscono il suo paese di origine, decide di trasferirsi in Italia, abbandonando gli affetti e le amicizie e sperare in un futuro migliore. Nel nostro paese, inizia a muovere i primi passi dapprima come cubista nelle discoteche, (ci confida che ama la musica in maniera “sfegatata), poi come hostess e promoter e infine come ragazza immagine. E sin dall’inizio dimostra di possedere innegabili doti di professionalità, serietà e amore per il proprio lavoro. Da allora è stata una crescita professionale che l’ha portata a progredire e a farsi ammirare. Nel 2009 avviene per lei la svolta decisiva grazie all’agenzia di spettacolo Music Show che la lancia e la proietta in tutto il Trentino per iniziare un’intensa e richiesta attività sia nell’animazione sia nell’immagine e sia in spettacoli di vero richiamo. E la sua crescita continua non solo in Italia (Roma, Bologna e Rimini, nelle Marche e in Puglia, molto spesso in Alto Adige), ma anche all’estero con lavori in Spagna, Austria e Grecia dove gli organizzatori apprezzano e ammirano le capacità professionali di Chiara. Doti che nel tempo e con il tempo le hanno permesso di ottenere consensi

ed applausi unanimi. E in questo suo percorso, indiscutibilmente non facile se non è sorretto da vera passione per la musica e lo spettacolo, Chiara dimostra di possedere doti di spettacolo, originali e personalizzate che hanno pochi simili. E il suo lavoro continua in un girovagare che però non ha affatto cambiato i valori del suo essere, che da sempre le appartengono e che sono rimasti immutati. Come immutati sono rimasti il desiderio di costruirsi una famiglia, la voglia di vivere in serenità e avere dei figli ai quali trasmettere tutti i valori che Lei, la “nostra” Chiara, ha appreso dai suoi e sono sempre presenti nel suo DNA.

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LO SCAVO

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ono molte ed interessanti le pagine di storia che si occupano delle grandi opere in Valsugana realizzate soprattutto per salvaguardare il patrimonio e che nel contempo sono state provvidenziali per il sostentamento di vita di tante famiglie. I più anziani ricordano ancora oggi, ad esempio, quanto importante fu per la Valsugana l'opera conosciuta come lo "Scavo Brenta", attorno alla quale tanta gente potè lavorare per anni traendo, in un’epoca sicuramente più difficile della nostra, linfa vitale per il vivere quotidiano. Anche Novaledo, in epoche ancora più remote, fu impegnato in altre costruzioni, altrettanto importanti per l'economia di allora. Negli archivi abbiamo trovato recentemente dei documenti autentici riguardanti i lavori attorno al Torrente Roggia per difendere molte case e campi dalle inondazioni e dalle piene di quel Rio. Lavori questi che sarebbero stati eseguiti in due riprese: prima con il "Consorzio Torrente Roggia Sponda Destra" nato nel 1.846 e successivamente con il progetto del "Consorzio Torrente Roggia Sponda Sinistra", il cui atto costitutivo porta la data di approvazione del 9 marzo del 1.871. E’ quindi facilmente intuibile come anche il Torrente Roggia di Novaledo, che dallo stato di abbandono è stato di recente parzialmente recuperato a cura del Servizio Ambientale della Provincia, costituì un tempo un’impor-

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tante bacino di difesa dalle abbondanti acque piovane che minacciavano sia le campagne adiacenti che le abitazioni. Negli atti si trova scritto anche che per poter eseguire questi lavori si dovette logicamente occupare il suolo di privati e procedere a diversi espropri creando grande malcontento e proteste dei proprietari per possibili sperequazioni nella quantificazione degli indennizzi. Proprio a questo proposito nel fascicolo storico abbiamo trovato un ricorso manoscritto datato 20 gennaio 1.907 indirizzato all'Inclito ( Inclito = illustre, nobile ) Imperial Capitanato Distrettuale di Borgo in cui si nota però una particolare sottomissione del cittadino verso le istituzioni, e che per questo usa modi oggi ritenuti di esagerata soggezione, come “al riverente ufficio” e, al momento della firma, “umilissimo e devotissimo servo”. Molte definizioni poi contenute nel ricorso, non fanno più parte del nostro parlare quotidiano, mentre, come lo si riscontra spesso anche in altri scritti, i nomi di famiglia dei nonni rispuntano quasi di regola attraverso le generazioni. Durante la Grande Guerra le opere

 di Mario Pacher

furono gravemente danneggiate per colpa anche dell’esercito che, spinto dalla necessità di procurarsi acqua potabile, creò delle aperture sulle tubature in legno dell’acquedotto comunale poste all’interno del torrente, lasciando poi scorrere l’acqua lungo i versanti. Nell’alveo del torrente Roggia i tedeschi inoltre avevano costruito degli sbarramenti e trincee per impedire l’avanzata dell’esercito italiano. Un’azione militare questa che si rivelò determinante. Verso gli anni ’30 vennero rinforzati e in parte rifatti gli argini sul conoide perché il Torrente Roggia, in presenza di abbondanti piogge, possa ritornare ad essere ancora una garanzia sia le abitazioni che per la campagne circostanti.


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 di Armando Munao’

Inaugurato a Borgo il Nucleo Gravi Demenze. è il primo in Valsugana

PER COMBATTERE L’ALZHEIMER Secondo una recentissima indagine, effettuata nel 2015, si stima che, a livello mondiale, sono otre 47 milioni le persone affette da una forma di demenza (con un aumento di 9,9 milioni di nuovi casi all’anno. Una cifra, che secondo il “Rapporto Mondiale Alzheimer 2015” è destinata quasi a raddoppiare ogni 20 anni. In Italia l’Alzheimer, nelle sue varie forme, ha già colpito oltre milione di persone. In Trentino, secondo quanto rivela l’Associazione Alzheimer Trento Onlus, viene colpita 1 persona su 8 sopra i 65 anni e 1 su 2,5 oltre gli 85 e il numero di malati sarebbe compreso tra le 7.000 e le 7.500 unità. Un dato, questo, che secondo l’Associazione è per difetto perché le persone che soffrono di demenza sono in continuo aumento e crescono, purtroppo, alla media di oltre 500 l’anno.

Crediamo siano stati questi dati, ma soprattutto quelli allarmanti degli anni precedenti, che hanno spinto e suggerito ai responsabili Apsp S. Lorenzo e S. Maria della Misericordia, Presidente Mario Dalsasso in testa, di dare vita a un progetto che, partendo dalla consapevolezza che questa patologia è in continua crescita e che necessita di particolare attenzione, fosse in grado di offrire agli ammalati di Alzheimer un particolare e funzionale spazio quotidiano per garantire una qualità di vita migliore e più indicata alle loro esigenze personali creando una vera sinergia di intenti tra ospiti, famiglie e operatori. “Una idea, la nostra, sottolinea infatti Dalsasso, già pensata alcuni anni fa ma che abbiamo dovuto momentaneamente sospendere per fare posto ad un’altra urgente ed impellente necessità ovvero dare vita alla Casa di soggiorno Arcobaleno. Oggi il progetto, allora accantonato, è diventato una “concreta” realtà” e la nostra nuova struttura, che è la prima in Valsugana, può offrire a questi pazienti un vera e concreta opportunità per un vivere migliore”.

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l Nucleo Gravi Demenze di Borgo nasce con l’intento preciso di dare una concreta risposta ad un problema, quello della Malattia di Alzheimer e delle altre demenze, che nei prossimi anni, secondo statistiche mondiali, assumerà dimensioni sempre più importanti. Scopo e finalità principale del Nucleo, evidenziano i responsabili, è la gestione e riduzione dei disturbi del comportamento associati alle demenze (ad es. agitazione, disturbi del sonno, ecc.) attraverso il raggiungimento di tre precisi obiettivi:

1) La promozione delle condizioni di benessere della persona sia per attenuare il disagio connesso ai disturbi e sia per migliorare il livello di autonomia. 2) La riduzione dei mezzi di contenzione farmacologica e fisica. 3) La riduzione dello stress dei familiari che lo assistono (o il disagio gestionale qualora il paziente provenga da una struttura) E per raggiungere queste mete tre sono gli ambiti rispetto ai quali l’investimento è stato maggiore.

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Il personale: gli operatori socio-assistenziali impiegati nel nucleo sono tutte persone che hanno dato un’adesione volontaria ad un percorso forma-

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tivo centrato non solo sul miglioramento dell’approccio al paziente demente, ma anche e soprattutto su di una maggiore consapevolezza del proprio coinvolgimento emotivo. Il corso di preparazione è stato condotto da due psicologi esperti nel campo dei disturbi comportamentali nelle demenze. Importante è il fatto che il personale verrà costantemente seguito nel corso dell’evoluzione del nucleo, sia attraverso periodici momenti di aggiornamento, sia con una supervisione di tipo psicologico. L’ambiente: Sono le parole dell’Arch. Marcello Barbafiera, (ha curato la fase progettuale rispettando i principi che stanno alla base di un Nucleo per Demenza Gravi) che ne descrivono le caratteristiche e le peculiarità: “L’ambiente dove i pazienti dovranno vivere è parte integrante della cura, in un contesto nel quale gli arredi, l’illuminazione e la disposizione dei diversi spazi che concretizzano la facilità di orientamento, la sicurezza, la libertà di movimento, l’assenza di rumori ed affolla-

mento e la stimolazione sensoriale funzionano da supporto alle autonomie ancora presenti negli ospiti, limitando al contempo tutte quelle forme di iperstimolazione sonora e visiva che hanno un ruolo fondamentale nella genesi e/o intensificazione dei disturbi comportamentali”. L’organizzazione: il principio organizzativo intorno al quale si strutturano gli interventi assistenziali e sociali è quello della flessibilità. Infatti, allo scopo di limitare interventi percepiti come costrittivi ed interferenti con il ritmo individuale dell’ospite, l’alzata mattutina, i pasti e gli interventi rivolti all’igiene personale sono caratterizzati da orari non rigidi. E’ e deve essere l’istituzione ad adattarsi pienamente al paziente e non viceversa. “Nel nostro progetto e nelle idee operative, ci evidenzia la dott.ssa Anna Corradini, che dell’Apsp S. Lorenzo e S. Maria della Misericordia è la direttrice, abbiamo considerato la presenza di dieci posti letti usufruibili e finalizzati non solo al trattamento di pazienti provenienti dal loro domicilio, ma anche in caso d’impellente e urgente necessità. Per questo un letto sarà lasciato

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sempre libero e utilizzabile. E’ utile anche precisare, dice la dott. Corradini, che con i nostri psicologi e con i responsabili dell’azienda sanitaria abbiamo individuato e condiviso tutti i possibili criteri che determinano sia l’ingresso sia la dismissione dal Nucleo”. E a proposito degli esperti che all’interno del nuovo “Centro” operano, di particolare interesse è quanto ha evidenziato il dr. Alessio Gomiero: “Questo particolare “reparto” è e deve essere inteso come un luogo di accoglienza temporanea, tale da offrire un ambiente relazionale favorevole e quindi dare le appropriate risposte alla

malattia, sia in fase iniziale sia in quella acuta che determina situazioni difficili da gestire anche in una casa di riposo. Purtroppo, continua, i disturbi del comportamento quasi sempre pregiudicano la vita all’interno delle mura domestica e la quotidianità. Anche per questo, compito nostro, sarà quello di un continuo monitoraggio, attraverso specifiche schede valutative affinchè possa essere verificata l’efficacia dei nostri interventi per meglio identificare il momento nel quale il paziente potrà

uscire dal nucleo per far posto a chi in quel momento ne può beneficiare maggiormente”. E alle parole del dr. Gomiero si aggiungono le precisazioni del dr. Alessio Pichler il quale ribadisce “come la vita in un ambiente favorevole e idoneo può non solo migliorare la vita dell’ospite, ma anche acquisire le giuste informazioni e problematiche per ottenere risultati concreti che sempre di più devono mirare al miglioramento e al benessere fisico e mentale dell’ospite”.

da destra il presidente Mario Dalsasso, la dott.ssa Anna Corradini, l'Arch, Marcello Barbafiera, il dott. Alessio Pichler e il dott. Tiziano Gomiero.

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Santa Apollonia in Spera Ci sono sindaci che hanno fortemente a cuore il proprio paese, credono nella cultura e si impegnano per dare alla comunità dei contributi utili a ricostruire le proprie radici e a sottolineare l’importanza del patrimonio storico artistico che il territorio conserva e custodisce.

 di Chiara Paoli

Chiesa dopo il restauro

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n questo senso ha operato l’amministrazione comunale di Spera ed il sindaco Alberto Vesco, chiamando Vittorio Fabris, appassionato storico dell’arte e autore di numerose pubblicazioni, ad operare per realizzare un prezioso volume sulla chiesa di Santa Apollonia. Il volume edito da Litodelta, è opera del lavoro di Vittorio Fabris, con contributi di Ileana Ianes ed Enrica Vinante, è stato realizzato grazie al contributo del Comune di Spera e dell’Ecomuseo Valsugana, consta di 397 pagine ed è stato presentato il 28 giugno 2014. In realtà il volume tratta più ampiamente del comune di Spera, descrivendo il gonfalone, lo stemma del paese e il significato del toponimo, passando poi ad analizzare le origini del centro storico, la sua storia e le costruzioni che lo caratterizzano. Il tema centrale del volume resta comunque la chiesa cimiteriale dell’Invenzione della Santa Croce e di Santa Apollonia che si colloca poco fuori dell’abitato, in località Paterni. La prima dedicazione sembra fare riferimento al tempo delle crociate, in particolare la IV cui partecipa il principe vescovo Federico Vanga, morto in Terra Santa nel 1218. Si può quindi presumere che essa sia stata realizzata intorno agli inizi del XIII secolo, come ex voto di un crociato al ritorno nel paese natale. La chiesetta ha subito nel tempo numerosi

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rimaneggiamenti che ne hanno modificato la struttura; sopra le finestre con inferriate che si trovano ai lati dell’ingresso è infatti presente la data di realizzazione che non coincide con l’edificazione: 1603. A partire da questa data, e fino al 1607, l’edificio è stato interessato da importanti lavori di rifacimento e ampliamento. Tra le opere effettuate abbiamo la rimozione del muro divisorio che distingueva la navata dal presbiterio, la sopraelevazione del pavimento, che in questo frangente viene ricoperto di piastre calcaree, l’abbattimento e la riedificazione con pianta quadrangolare della zona presbiteriale, ampliata e arricchita da una volta a crociera in muratura. Altare L’ampliamento e lo spostamento in altezza dell’ingresso principale hanno causato la mutilazione degli affreschi presenti sulla facciata e sulla controfacciata interna. E’ probabilmente in questo periodo che vengono scialbate le pitture murali interne che verranno riportate alla luce in occasione dei restauri del 1966. Gli affreschi, stilisticamente attribuibili al periodo tardo gotico, sono stati realizzati tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV e raffigurano numerosi

Maggiore santi, un Cristo passo, angeli e diverse Madonne in trono con Bambino. Sulla facciata esterna, in seguito al restauro operato dalla ditta Enrica Vinante nel 2008-2009, sono stati individuati un San Cristoforo, di cui è visibile solamente il Bambino che porta in spalle, assieme ad una piccola porzione della testa e dell’aureola del santo, ed un’immagine di Santa Elena

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Ritorno dalla sagra di Santa Apollonia

Altare di Santa Apollonia con la Vera Croce, la cui testa appare mutilata a causa dell’apertura di una finestra circolare. All’interno della chiesetta trovano sede tre preziosi altari lignei databili al XVII secolo. Il più antico è quello maggiore con Crocifisso che è lievemente anteriore al 1642, data in cui appare citato nella Visita Pastorale come realizzato di fresco. Come stile l’altare sembra potersi riferire all’ambito dell’intagliatore perginese Giovanni Antonio Minati. Nel 1651 don Simone Paterno dona alla chiesa la pala d’altare, attribuita al Maestro di Vigolo Vattaro, raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Apollonia e Lazzaro e il ritratto del committente Simone Paterno, collocata inizialmente sopra un finto altare dipinto, a sinistra dell’arco santo. Successivamente, il dipinto viene degnamente inserito in un apposito altare ligneo, forse proveniente da un’altra chiesa. Nel 1660 don Simone Paterno ottiene la patente vescovile per fondare, presso l’altare da lui eretto, il Beneficio di Santa Apollonia, come si legge nella lapide marmorea murata a lato dell’altare. In seguito il nome di Santa Apollonia, protettrice in particolare dal mal di denti, sarà esteso a tutta la chiesa. L’altare dei Santi Vittore e Corona, realizzato negli anni ’70 del XVII secolo dagli scultori, Giovanni e Melchiorre Zugna, originari della Val Badia,

custodisce la pala d’altare di Lorenzo Fiorentini junior, firmata e datata 1679, che rappresenta, in alto, la Madonna col Bambino tra i Santi Antonio di Padova e Rocco e, sulla terra, i Santi Vittore, Giovanni Evangelista e Corona. All’interno della piccola chiesa trova collocazione una Via Crucis, realizzata dal pittore di Telve Carlo Sartorelli tra il 1810 e l’anno successivo, donata da Anna Maria Torghele, che viene a mancare nel 1811, come riportato nella dodicesima Stazione. La chiesa di Santa Apollonia appare anche in un’opera del noto pittore Eugenio Prati, conservata in collezione privata; la tela raffigura due giovani che rientrano dopo la sagra paesana della santa, che dalla seconda metà del XVII secolo, si svolge ogni anno il 9 febbraio. Dopo aver analizzato in maniera esaustiva la chiesetta cimiteriale, i monu-

menti che trovano collocazione nell’adiacente cimitero e le manifestazioni della devozione popolare, cioè i capitelli e le edicole, l’autore dedica una sintetica descrizione alle frazioni del comune di Spera, Paterni, Valle e Torgheli, non tralasciando di parlare della montagna di Spera e della località Primalunetta. Nella ricca Appendice Documentaria, tra i molti documenti riportati, trovano ampio spazio gli Atti Visitali, dei Vescovi di Feltre, prima, e di Trento, poi, riferibili alla chiesa di Santa Apollonia in Spera. Un capitolo a parte è dedicato all’elevazione della Curazia di Spera a Parrocchia, anche in vista del centenario dell’avvenimento, festeggiato nel luglio del 2014.

Le foto sono state gentilmente concesse dall’autore Vittorio Fabris

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Spera storia

comunità

Pausa ricostruzione

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 di Chiara Paoli

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completamento del volume dedicato alla chiesa cimiteriale di Santa Apollonia, l’amministrazione comunale di Spera ha voluto realizzare questo volume, frutto dell’opera di Claudio Fedele; ben 290 pagine realizzate con il contributo del Comune di Spera e dell’Ecomuseo Valsugana, il cui editore è Litodelta sas di Scurelle, ed è stato presentato assieme al volume su Sant’Apollonia di Vittorio Fabris il 28 giugno 2014. Questa piccola comunità ha così potuto ricostruire, nonostante l’assenza di un archivio locale, le vicende religiose, sociali, economiche e culturali che l’hanno interessata a partire dalle origini e sino agli anni ’20 del XX secolo. Dopo aver presentato lo stemma e

Chiesa Spera 1918

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l’inno del paese, l’autore dedica un paragrafo all’etimologia del toponimo, che appare assai incerta e presenta numerose ipotesi interpretative. La prima prova certa dell’esistenza di un nucleo abitato si ha nel 1220 in un documento conservato nell’Archivio Diocesano Tridentino che riporta il contratto di affitto stipulato tra i canonici del Duomo di Trento ed un certo Albertino da Spadra (antico toponimo da cui deriva Spera) La seconda volta che ritroviamo il toponimo, nel 1312, appare già modificato in Spayra in occasione di una controversia per i confini con i comuni di Scurelle e Strigno. La prima segnalazione che testimonia l’esistenza di una carta di regola di Spera risale al 1396, purtroppo del documento non rimane traccia. L’economia degli sperati viene definita di sussistenza e si basava sulla coltivazione di cereali, vite, mais e leguminose. Veniva praticato l’allevamento da cui si ottenevano prodotti utili per la sopravvivenza e che venivano impiegati per il pagamento delle imposte. Per quanto riguarda gli esercizi commerciali, risalgono al 1840 le prime notizie relative alla presenza di due osterie in paese. Del 1857 è la licenza di fluitazione lungo il torrente Brenta, concessa a Candido Pesco (Vesco), l’unico commerciante di legname della zona, vista la modesta porzione di superficie boscosa. La Cassa Rurale di Spera apre nel 1903, la Latteria Sociale nel

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Licenza fluitazione 1910; dal 1917 si hanno notizie del Caffè gestito da Pietro Paterno e di un negozio di alimentari e generi vari di Francesco Purin. Le notizie sull’amministrazione portano a pensare che Scurelle, Spera e Castelnuovo rientrassero inizialmente in un’unica comunità, cui segue l’istituzione di una carta della regola che rende autonomo il nucleo. Con l’annessione alla Baviera, Spera viene accorpata con Carzano al comune di Scurelle fino al 1814. Segue un capitolo dedicato alla vita quotidiana che narra di liti, matrimoni, contratti dotali e limitazioni, passando poi alle questioni di consanguineità per cui alcuni abitanti di umili condizioni chiedono la dispensa, ma toccando anche la questione degli annullamenti, la difficile condizione delle vedove e


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Baraccone scuole

trattando di testamenti e divisioni ereditarie. Tutte questioni che fanno parte della quotidianità di una comunità, ma che rendono bene il senso della storia, venendo affiancate da tematiche quali le epidemie e le guerre, ma anche relative ai cognomi qui diffusi, ai medici che operano in paese e alla nascita del locale corpo dei pompieri. Il capitolo dedicato alla vita religiosa, parte dal presupposto che il decanato di Strigno come il resto della Valsugana ha fatto parte della diocesi di Feltre fino al 1786. Il parroco di Strigno era tenuto a

dire messa in quel di Spera una volta al mese, nei documenti traspaiono lamentele della popolazione, che si trovano spesso senza una guida spirituale o con alla guida persone che non erano dotati di una reale vocazione. Tra le più antiche testimonianza relative a Spera si trovano le controversie per i confini con le comunità limitrofe che a partire dal XIII secolo si protraggono fino alle soglie del XX secolo. Nel volume trovano spazio anche i documenti relativi alla scuola e agli edifici scolastici, cui segue un capitolo dedicato all’emigrazione ed in particolare al commercio ambulante, che ha inizio nel corso del settecento e li vede affiancarsi ai tesini nella vendita di libri e stampe dei Remondini di Bassano. L’ultimo capitolo che si pone a chiusura del volume riguarda la Prima Guerra Mondiale e la deportazione all’interno dell’Impero o verso l’Italia, un triste capitolo che riporta l’elenco dei caduti di

guerra e riferimenti al cimitero militare di Spera. Il tutto si conclude con la fase della ricostruzione e della nuova italianità, che vede il rientro degli sperati al proprio paese natale e costituisce la rinascita di quello che si presenta come un paese devastato dal conflitto.

Salvacondotto Faustina Purin

Le foto sono state gentilmente fornite dall’autore Claudio Fedele

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MEDICINA&SALUTE

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la dipendenza affettiva

 di Laura Fratini

''Amor, ch'a nullo amato amar perdona''.

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Dante scriveva questa frase nella Divina Commedia: come dargli torto? L'amore é una forza straordinaria e, "muove il Sole e le altre stelle", così come l'animo di ciascuno di noi. ggi voglio esplorare un tema che ad esso si lega, ma che sconfina in un disturbo di cui purtroppo molti soffrono: il concetto di dipendenza affettiva, o love addiction, è molto diffuso e popolare in diverse culture, e descritto da secoli in letteratura nelle forme dello struggimento e dell’eccessiva sofferenza legata alla perdita della persona amata. L’elemento più evidente, sul piano cognitivo, emotivo e comportamentale di questo tipo di dipendenza consiste nella ricerca costante di figure protettive, accudenti e incoraggianti, con cui stabilire e mantenere un legame significativo e stabile nel tempo. A seguito di un timore esagerato di rifiuti e perdite e dell’estrema ansia con cui viene vissuta la possibilità della rottura dei legami affettivi, la persona dipendente arriva, infatti, ad essere accondiscendente per non dispiacere l’altro - salvo sperimentare, però, emozioni di ansia e risentimento se criticata o disapprova. Spesso si manifesta come una vera e propria dipendenza: molte similarità

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Sp tiv de con la dipendenza da sostanze in cui si manifesta un'iniziale euforia e desiderio sfrenato in presenza della persona amata o a oggetti ad essa legati; umore depresso, irritabilità, ansia e rabbia, anedonia e senso di vuoto quando subentra la separazione. Nella dipendenza affettiva, o “love addiction”, è la relazione stessa a costituire l’oggetto di dipendenza; i soggetti “dipendenti d’amore” non riescono ad avere una vita piena e soddisfacente, vivono in balia delle emozioni, vengono ingoiati dalle storie d’amore arrivando anche all’autodistruzione, non sono autonomi e sono incapaci di prendere decisioni; senza l’altro si sentono persi, smarriti, senza significato. Spesso chi è affetto da dipendenza affettiva non dimostra autonomia, e non riesce a vivere l'amore nella sua profondità e intimità. La paura dell'abbandono, della solitudine generano un continuo stato di tensione ed è per questo che la presenza dell'altro diventa una questione di vitale importanza e non più una libera scelta: i propri desideri vengono

cancellati dalla relazione simbiotica. Non raramente si sentono pronunciare frasi di questo tipo: '' mi maltratta ma mi ama, per questo devo stargli vicino perchè il mio amore lo cambierà''. Le persone che soffrono di dipendenza affettiva, rimangono intrappolati in legami d'amore autoditruttivi pur di non perdere l'illusione di avere un punto di riferimento. Alcune volte la persona amata è un soggetto svalutante, irraggiungibile, spesso sposato o non interessato alla relazione, ciò che diventa seducente è la lotta che si viene a creare: il desiderio di essere amati proprio da chi non ci ricambia, probabilmente per accrescere la propria autostima, se dovesse vincere, che in genere è molto bassa. La difficoltà di queste persone diventa la ''speranza'' che fa sopravvivere il problema. La speranza in un cambiamento impossibile, dove il vero cambiamento, paradossalmente, è quando la persona arriva a toccare il fondo a sentire quella disperazione che scioglie ogni illusione che avevano deposto su quella relazione.


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Spesso le cause della dipendenza affettiva sono da ricercare nella storia di vita del soggetto, ferite basate sull’appren-

dimento di un rifiuto precoce legato alla propria inadeguatezza, e per questo si perpetuano nella relazione di coppia. Il dipendente idealizza l'altro, unico e indispensabile per il suo benessere vitale: ama l’altro idealizzato, lo stesso amore che ha provato nella propria infanzia per un genitore irraggiungibile, che lo ha abbandonato, dal quale si è sentito tradito. la dipendenza si alimenta e si nutre del rifiuto, della svalutazione, dell’umiliazione, del dolore: non si tratta di provare piacere nel vivere tali difficoltà, ma di dare corpo al desiderio di essere in grado di cambiare l’altro, di convincerlo del proprio valore. Amare un partner realmente affettuoso e gentile porta ad annoiarsi, invece lo stare sulla corda, il rifiuto, la mancanza di certezza muove il desiderio. Ma è una dinamica che va superata, perché l'amore deve essere condivisione, gioia, bellezza e non struggimento!

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Chi vive questo tipo di dipendenza attribuisce all’altro, oggetto d’amore, una importanza tale da annullare se stessi, non ascoltando i propri bisogni e le proprie necessità. Tutto questo per evitare di affrontare la paura più grande: la rottura della relazione! I sintomi della dipendenza affettiva sono: • terrore dell’abbandono e della separazione • evidente mancanza di interesse per sé e per la propria vita • paura di perdere la persona amata • devozione estrema • gelosia morbosa • isolamento • incapacità di tollerare la solitudine • stato di allarme e di panico davanti alla minima contrarietà • assenza totale di confini con il partner: la relazione è simbiosi e fusione • paura di essere se stessi • senso di colpa e rabbia

ALLOPATIA

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BENESSERE&SALUTE

I DIFETTI DELLA VISTA

Rolando Zambelli è titolare dell’Ottica Valsugana con sede a Borgo Valsugana in Piazza Martiri della Resistenza. È Ottico, Optometrista e Contattologo.

 di Rolando Zambelli

LA PRESBIOPIA La presbiopia in realtà non è un vero e proprio difetto visivo, è infatti una modificazione fisiologica legata all’invecchiamento dell’occhio, in particolare di alcune strutture che perdendo in elasticità riducono la nostra capacità di messa a fuoco a distanze ravvicinate. La capacità di focalizzazione prende il nome di accomodazione ed è legata all’elasticità del cristallino. Più avviciniamo un oggetto e maggiore è la quantità di messa a fuoco necessaria e quindi maggiore è l’accomodazione richiesta. La presbiopia insorge attorno i 40/45 anni per continuare a peggiorare indicativamente fino ai 65 anni. L’insorgenza varia anche in ragione della razza, si manifesta prima in soggetti ipermetropi, non o solo parzialmente corretti, mentre si presenta più tardi nei miopi. Questi ultimi si troveranno inoltre nella particolare condizione di poter compensare in parte o completamente il grado di presbiopia con quello del difetto miopico presente, per cui un miope di 2 diottrie compenserà un valore di presbiopia di uguale entità, e così via.

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I soggetti che svolgono attività lavorative che impegnino particolarmente la visione da vicino, normalmente manifestano prima i sintomi legati alla presbiopia, in particolare alla sera in condizione di maggior stanchezza. In questa situazione infatti la capacità accomodativa può ancora essere sufficiente, ma non lo sono più le riserve, per cui subentra la difficoltà a mantenere nitida e confortevole per lungo tempo la visione. Tipicamente l’insorgenza della presbiopia si manifesta con sintomi da affaticamento visivo nella lettura o similari, necessità di allontanare il piano di visione per mantenere la nitidezza dei particolari, la ricerca di una condizione ottimale di illuminazione. In particolare la visione alla luce naturale, solare risulterà facilitata.

Va ricordato che la presbiopia si aggiunge agli eventuali difetti presenti, di cui abbiamo parlato nei precedenti interventi, ovvero miopia, ipermetropia e astigmatismo. La correzione, come vedremo si può fare per mezzo di vari tipi di lenti, sia per occhiali che a contatto.

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GIOVANI E VALORI Un giorno un filosofo greco ordinò al suo discepolo di continuare per tre anni a dare soldi a chiunque lo insultasse. Quando tale periodo di prova fu finito, il maestro disse:” Ora puoi andare ad Atene a imparare la Saggezza”. Mentre stava per entrare in Atene, il discepolo vide un saggio che sedeva davanti alle porte della città e insultava tutti quelli che passavano. Insultò anche il discepolo, che scoppiò a ridere. “Perché ridi quando ti insultò?” chiese il saggio. “Perché per tre anni ho pagato per essere insultato e ora tu mi insulti gratis” rispose il discepolo. “Entra nella città” disse il saggio. “È tutta tua.” (Storia dei monaci del quarto secolo d.C.)

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el quarto secolo d.C dei monaci eccentrici nel deserto di Scete raccontavano questa storia ai discenti come insegnamento; educavano ai valori propri della loro comunità, nell’ottica di usufruire di questi nel condurre una buona vita. In quel tempo era considerato valore la sofferenza e la privazione, concetti capaci, se fatti propri e vissuti, di rendere forte un uomo in qualsiasi situazione, anche la più difficile. Così fece il discepolo della storia; i principi appresi hanno guidato la con-

siderazione della condizione e di conseguenza il suo risultato. Perché questo racconto? Per parlare dei giovani e dei valori e di come questi debbano essere interiorizzati e non solo appresi per avere un senso. Ruolo fondamentale lo ha la famiglia e la società, così nei tempi comunitari ad oggi. Si parla di giovani senza valori e senza convinzioni profonde, un non sapere ciò che è giusto o sbagliato per loro stessi, un non aver appreso principi di condotta per trasformarli in principi morali, ossia valori interiorizzati, ma io sposterei l’attenzione da giovani senza valori a confusi. In sociologia, si è soliti definire il valore come un insieme di idee e convinzioni condivise da una collettività riguardo ciò che è giusto, buono, apprezzabile; indica un criterio di valutazione che direziona le azioni di un individuo nella sua condotta di vita. Si possono tradurre come orientamenti dai quali derivano i fini delle azioni, fatti sociali, in quanto vengono fatti propri da individui e gruppi sociali tramite processi di scelta e come forze operanti che forniscono le motivazioni dell’agire. Detto ciò ritorno alla questione dei giovani confusi, ritengo sia banale parlare di una generazione povera di convinzioni e idee profonde, non può

 di Patrizia Rapposelli essere così: amore, salute, fiducia, soldi, ambizione, famiglia, ecc., sono valori cui ognuno ha ben in mente. E dunque, come mai nonostante la conoscenza di ciò, le nuove generazioni appaiono senza principio? Perché il modello sociale stesso apparendo contraddittorio, non può che creare una generazione confusa, caos che non permette l’interiorizzazione di principi guida chiari, solidi e sicuri. Se nella storia riportata erano ben chiare le idee della comunità, sofferenza e privazione, nel moderno il grappolo dei valori universali vede l’allargarsi, riconosce una frammentazione data dalla complessità, dalla differenziazione, la secolarizzazione, la fine delle “grandi narrazioni”. Il peso del modello economico, della globalizzazione, dei cambiamenti nella coppia e nella famiglia, delle rappresentazioni della sessualità, l’impatto della musica e dei media, influenzano, unificano gli individui e confondono. Apprendimento e conoscenza senza interiorizzazione, non vuol dire scegliere un valore che guidi, ma solo saperne l’esistenza. Nella società che coltiva il dubbio e il caos, non parlerei di giovani privi di valori, ma di generazione inabile nello scegliere.

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TOSCANA

 di Tiziana Margoni

Firenze - Il Davide Piazza Signoria - Firenze

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erra di equilibrio, sia dal punto di vista geografico sia economico, regione di transizione tra nord e sud. E’ parte significativa del Bel Paese per il “mito toscano” che resiste nel ricordo di artisti e studiosi. Della Toscana ancora si vedono le tradizioni storiche, la cultura, l’origine della lingua italiana, nata con Dante, e il genio di uomini ispirati dal paesaggio toscano, luminoso e dolce. Fra i tanti: la famiglia de’ Medici, Macchiavelli, Galilei, Dante, Leonardo da Vinci, Michelangelo e Masaccio, Boccaccio. Giotto -col Campanile di S. Maria del Fiore- e il maestro Cimabue. Brunelleschi -con la porta del Battistero, la cupola di S. Maria del Fiore e le “sue chiese” a Firenze. Donatello e Botticelli, di cui la Primavera e Nascita di Venere sono esposte negli Uffizi, vicino a Ponte Vecchio sull’Arno. E Cellini, scultore del Perseo con la testa di Medusa che si trova sotto la loggia in Piazza della Signoria… Questi capolavori fanno del centro di Firenze una delle “7 meraviglie” Unesco!

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Firenze, “la Bella”, sin dal ‘700 è meta di studio per i viaggiatori del Nord; contatto tangibile con storia, arte, scienza, archeologia, stili architettonici e pittorici del Rinascimento... Piazza della Signoria, Uffizi, Piazza del Duomo e Battistero dalle porte in bronzo dorato. Poi Palazzo Pitti, il “bugnato” dei muri, i giardini rinascimentali con statue, fontane, stagni fioriti, nicchie mitologiche...Ammirata, la città, dal Belvedere sopraelevato di Piazzale Michelangelo, e dalla Chiesa di San Lorenzo in Miniato, in cima a una larga scalinata, nel verde! L’ambiente toscano è vario, ha clima perlopiù uniforme: morbide colline tra la Costa degli Etruschi e la valle d’Arno, i promontori come l’Argentario, e gli Appennini senza asprezze. La natura qui nasce mediterranea verso il mare, con palme spontanee, pini ad ombrello, mirti, cipressi battuti dal libeccio sulla

costa tirrenica, e in alto conifere alpine e d’inverno vento di tramontana nelle lunghe valli appenniniche. Il dieci per cento del territorio è dedicato a parchi nazionali e ad aree protette d’interesse anche locale o marino. Ci sono zone umide come i laghi di Burano e Orbetello, mentre vicino all’etrusca Volterra, precisamente a Larderello, nella “Valle del Diavolo”, l’uscita di gas e fiumi sulfurei dal terreno - i soffioni

Duomo di Pistoia

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Duomo di Lucca boraciferi- viene sfruttata in centrali elettriche. Biotopi e paludi, verso Bolgheri, suggestiva meta turistica che fu immortalata dal Carducci per “I cipressi …alti e schietti van da San Guido in duplice filar, quasi in corsa giganti giovinetti …”. La Maremma, tra la bassa Toscana e l’Alto Lazio: sinonimo di malaria, poi di bonificazione nel periodo fascista. E’ ora macchia mediterranea e boschi con cinghiali e caprioli- e pascoli estesi dove, cavalli, vitelli e mucche di razza maremmana, Chianina, pascolano allo stato brado. Gli animali sono controllati

dai butteri a cavallo -ancora oggi nell’immaginario i pochi guardiani rimasti per pochi capi di bestiame in via d’estinzione appaiono come la versione nostrana dei cow boy del far west. E pianure, come la Versilia nota per la costa e i centri balneari e turistici eleganti, collocata ai piedi delle Alpi Apuane con i bianchi marmi di Massa e Carrara, dove Michelangelo -ma anche altri noti scultori- scelse i blocchi per le sue ispirazioni artistiche, trasformandoli nel giovane eroe David, sito a Palazzo della Signoria; la Pietà e Mosè, invece, a Roma. Altri siti patrimonio materiale e immateriale Unesco sono il centro di Siena, Pisa, Pienza, San Gimignano, Ville medicee, val d’Orcia. Siena: la Piazza del Campo con la torre del Mangia -fra le più alte d’Italia- e il Palazzo Pubblico. Qui due volte l’anno si rinnova il Palio: stesso entusiasmo e antica rivalità fra contrade: suono di campane, cortei di sbandieratori in co-

stume medioevale, colori e simboli per quella sorta di “gara” che tanto è radicata nei contradaioli, e sin da bambini in giochi d’imitazione; “gara” che esplode come una febbre emotiva ogni estate. Non meno noto il Duomo dell’Assunta di Siena, per magnificenza e preziosità: romanico-gotico, pavimento a “tarsia” bianco e nero; d’atmosfera mistica, incantevole il Battistero, la cupola a cassettoni blu e stelle di rame; affreschi, vetri-cattedrale, figure sacre, loggiato e la facciata imponente in tre stili diversi. Pisa: la Piazza dei Miracoli, la Torre Pendente e il Camposanto Monumentale. E poi Arezzo, Lucca, Livorno, Prato, Pistoia e borghi antichi cinti di mura e torri in cima ai colli, da raggiungere in un saliscendi, tra filari o vitigni: Monteriggioni, Montepulciano, Cortona e Volterra. Da certi vigneti: il Chianti, esportato in tutto il mondo. Coltivato dal Mugello fino a Cortona, e sul Montalbano verso S. Gimignano e Montalcino fino alle colline dell’Aretino al Senese, Pistoiese, Pisano e Pratese.

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Turismo e cultura

tuffo Un nell’Acqua Fredda A 1440 metri sul livello del mare, il Passo del Redebus collega la Valle dei Mocheni con l’altipiano pinetano e chi transita da questo valico, non può fare a meno di osservare una tettoia che spicca nel verde dei prati d’intorno.

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dell’archeologia!

a copertura serve a preservare l’area archeologica, individuata nel 1979 da Renato Perini, in seguito all’avviamento dei lavori per la realizzazione della strada provinciale che collega le due vallate. Quella che porta il nome di Acqua Fredda, come la vicina fonte che scaturisce dalle pendici della catena del Lagorai, si presenta come una tra le più importanti fonderie preistoriche di tutto l’arco alpino, risale alla tarda età del Bronzo ed è databile tra il XIII e l’XI secolo a.C. In questo splendido angolo di Trentino si colloca quella che appare come uno dei siti archeologici più alti d’Europa, che ha riportato alla luce ben nove forni fusori di forma quadrangolare, i cui lati misurano circa 50 cm. L’area si propone come documentazione che mette in luce l’intensa e diffusa attività di lavorazione dei minerali di rame, metallo che in Trentino non si trova allo stato puro ma che si può ricavare attraverso un complesso processo di fusione, con tecniche che appaiono assai raffinate per l'epoca. In realtà, come testimoniano le tonnellate di scorie rinvenute in numerosi siti archeometallurgici della

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 di Chiara Paoli

zona orientale del Trentino, il rame veniva estratto dalla calcopirite già nel III millennio prima della venuta di Cristo. Trenta metri più a valle del sito archeologico è stata individuata anche qui, un’enorme discarica di scorie, prodotto residuo dell’estrazione del metallo. Gli strumenti e gli oggetti realizzati in metallo si rivelano indispensabili per l’attività quotidiana, ma il loro uso costituisce soprattutto un fondamentale elemento di innovazione nella storia del genere umano, che è strettamente correlato agli aspetti economici, sociali e religiosi. La conoscenza degli elementi e le capacità di sfruttamento delle risorse costituiscono un forte impulso evolutivo che si ripercuote su tutte le sfere della vita di una popolazione. Nella zona oggetto di scavo sono stati recuperati anche alcuni strumenti utilizzati per la lavorazione del minerale di rame, come ad esempio le macine che venivano utilizzate per ridurre in polvere il minerale o le parti terminali realizzate in materiale ceramico, dei mantici, che servivano per alimentare il fuoco e mantenere una temperatura costante che si aggirasse intorno ai 1.200° C. Tra i ritrovamenti, numerosi sono i fram-

menti lignei come pali, assi ed un tavolone, che sono verosimilmente interpretabili come ciò che rimane di tettoie, recinzioni e piani di lavoro utili al processo di lavorazione. Di rilevante interesse è poi uno spillone realizzato in bronzo decorato, presumibilmente di proprietà di un metallurgo che qui operava e databile all’età del Bronzo finale, intorno all’XI sec. a.C. Il sito è aperto al pubblico e visitabile liberamente tutto l’anno, si presenta corredato di pannelli esplicativi, che accompagnano il visitatore alla scoperta del funzionamento dei forni fusori e forniscono un quadro che ripropone la quotidianità della vita delle popolazioni dell’epoca. L’estate prevede inoltre la possibilità di vivere l’area Acqua Fredda in maniera diversa, grazie ai percorsi e laboratori ideati e realizzati dai Servizi Educativi dell’Ufficio Beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia Autonoma di Trento. Le iniziative sono organizzate in collaborazione con l’A.p.T. Altopiano di Piné Valle di Cembra, il Consorzio delle Pro Loco Valle dei Mòcheni e l’Istituto Culturale Mòcheno.

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Turismo e cultura Questo è il programma: • 22 luglio e 19 agosto, ore 15.00 ESPLORARE AD ACQUA FREDDA: ARCHEOLOGIA E NATURA Un modo per conoscere divertendosi tantissime curiosità legate al mondo della metallurgia e della natura. Laboratorio per bambini dai 6 agli 11 anni. In collaborazione con Paola Barducci accompagnatore di territorio. • 12 agosto, ore 15.00 UNA CAPRA PER AMICA Spettacolo teatrale interattivo per famiglie a cura di EstroTeatro e visita guidata al sito. • 29 luglio e 26 agosto, ore 15.00 LA SPADA È NELLA ROCCIA Visita guidata al sito e laboratorio di archeologia sperimentale per scoprire i segreti della lavorazione dei metalli. Il programma non è definitivo e potrebbe essere ampliato, si invita pertanto a verificare sul sito www.aptpinecembra.it Per l’iscrizione è possibile chiamare entro le ore 17.00 del giorno precedente, l’A.p.T. di Piné Cembra al numero di telefono 0461.557028.

Si consiglia un abbigliamento sportivo e comodo, come conviene in caso di attività all’aria aperta in montagna. Referenze fotografiche: archivio Ufficio beni archeologici PAT

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CHI LO SA... IN PROVINCIA? Ciascuna delle parole qui elencate alla rinfusa, è la risposta ad ogni domanda sotto riportata. Trovatela e collocatela nella sua giusta posizione. Le iniziali di tali parole, lette di seguito, daranno il nome di una caratteristica costruzione di Trento. Erbe; Refavaie; Ortinparco; Emissario; Viote; Dalla Chiesa; Tosela; Russula; Enantio; Ri 1. Quale latticino fresco viene usato tipicamente nella cucina trentina? ................................................................................................................................................ 2. Quale manifestazione tipica primaverile si tiene a Levico Terme? ................................................................................................................................................ 3. Quale rifugio del Tesino si trova in alta Val Vanoi? ................................................................................................................................................ 4. Il moreleto, che genere di fungo è? ................................................................................................................................................ 5. Qual'è una DOC del Trentino meridionale? ................................................................................................................................................ 6. Come si chiama il Giardino Botanico presente sul Bondone? ................................................................................................................................................

Leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome di una storica Cima che domina la Valsugana da sud.

7. In quale piazza di Trento si tiene un mercato settimanale al giovedì? ................................................................................................................................................

ORIZZONTALI: 1. Fu Primo Ministro donna del Parlamento inglese - 9. Grasso cutaneo - 10. Tutti gli anni le si paga un canone di abbonamento - 13. Grappolini di uva - 14. Il Baldwin attore - 15. Quarantanove romani - 16. Un accessorio del PC - 18. Il Marte dei Greci - 20. Abbreviazione di nostro - 21. Spicca nel panorama di Borgo Valsugana - 26. Il mare delle Cicladi - 27. Non qui - 28. Fu redenta con Trento (sigla) - 29. Lo si prende per errore - 31. Sono opposti sulla bussola - 32. Gli ultimi di voi - 33. L'Olanda sulle targhe auto - 34. Le sue opere pittoriche avevano tagli caratteristici (iniz,) - 36. Una valle trentina piena di meli 38. Così sono gli occhi fissi e inespressivi - 40. Ravenna - 41. Un fiume del Reggiano - 43. Quercia… inglese - 44. Una puntata alla roulette - 46. Il complesso coi fratelli Gallagher 48. Di quello d'Africa fa parte la Somalia - 49. Nella tradizione trentina, la sua pomata è un classico rimedio per dolori e traumi muscolari - 50. Sì in Russo - 51. Imposta che si pagava prima dell'IVA - 52. Fiumiciattolo - 53. Una pianta per gli uccellatori.

8. Quale è un piccolo frutto a grappolo? ................................................................................................................................................ 9. Chi sposò Elisabetta Setti Carraro a Ivano Fracena? ................................................................................................................................................ 10. Cosa rappresenta il Brenta per i laghi di Levico e Caldonazzo? ................................................................................................................................................

SOLUZIONI DEL NUMERO DI APRILE 2016 Soluzione Cruciverba: VALTRIGONA Soluzione..Chi lo sa in Provincia: Riccardo Zandonai

VERTICALI: 1. Opera difensiva della I° Guerra Mondiale costruita a Grigno - 2. Il computer di “Duemilauno: Odissea nello spazio” - 3. Scolpì le Tre Grazie (iniz.) - 4. Lo si può dire “cecchino” se è scelto - 5. Novecento ai tempi... di Traiano - 6. Ospita i vacanzieri - 7. Caratterizza la gomma– 8. Svolgono indagini scientifiche per i Carabinieri (sigla) - 9. Le vesti monacali - 10. Fu prescelta da Paride - 11. La camminata enogastronomica e culturale che si snoda sui sentieri della Val dei Mócheni - 12. Una Contrada senese - 17. Sono simili alle vongole - 19. Una nota... nella monarchia - 22. Agrigento - 23. Localmente, le sue piramidi di terra sono chiamate òmeni - 24. Lo strumento di Paganini - 25. L'arsenico - 30. Lo è una storia che fa sbadigliare - 35. Isole fra Scozia, Norvegia e Islanda - 37. C'è chi sale a quelli della cronaca - 39. Le consonanti di Eureka! - 42. Déi nordici - 45. Aeroporto presso Bergamo - 47. Il ghiaccio degli inglesi - 48. Centro Addestramento Reclute - 49. Sono uguali nello scartare - 50. Alcuni lo pigliano di petto.

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STORIA DEI PIU' DIFFUSI GIOCHI ENIGMISTICI BIFRONTE (dal latino bis = duplice, frons = capo) Già noto al tempo di Cicerone, fu confuso col Palindromo sino agli anni ’30, quando venne differenziato da questo per il fatto che presenta due soluzioni enigmatiche anziché una. E' un gioco nel quale la prima parola, se letta da destra a sinistra, ne dà luogo ad un’altra totalmente diversa (enoteca, acetone). Le varianti più comuni e diffuse sono: Bifronte senza capo: è come il Bifronte, ma la seconda parola si ottiene eliminando la lettera iniziale (capo) della prima parola per poi leggere da destra a sinistra quanto rimasto (n-otte, etto); Bifronte senza coda: è come il Bifronte, ma la seconda parola si ottiene eliminando la lettera finale (coda) della prima parola per poi leggere da destra a sinistra quanto rimasto (elic-a, Cile); Bifronte senza capo né coda (o senza estremi): è come il Bifronte, ma la seconda parola si ottiene eliminando le lettere di inizio e fine (estremi) della prima parola, per poi leggere da destra a sinistra quanto rimasto (d-ital-e, lati).

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