Valsugana News n. 9/2018 Novembre

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DOPO IL VOTO IMPEGNO E LAVORO

acchito perché ininfluente. Venendo alla vittoria di tutto il Centro Destra, al grande risultato della Lega e alla elezione di Maurizio Fugatti, ci permettiamo di augurare il meglio a lui come a tutti gli eletti, nessuno escluso, per un buon governo del nostro territorio, fatto di uomini e donne, bambini e bambine dalle grandi aspettative e che è facilissimo deludere. Un incoraggiamento speciale e le più sincere congratulazioni vanno a Roberto Paccher, primo vice direttore della nostra rivista e nostro collaboratore, che ora saprà rappresentare al meglio gli interessi della Valsugana senza che si debba però per forza appioppare a qualche altra valle il ruolo di cenerentola nella politica a venire. Come non possiamo che essere felici per l’elezione di Claudio Cia, di Stefania Segnana e Walter Kaswalder, maestri di vicinanza e grandi esempi di coerenza riguardo a quanto vanno raccogliendo dallo stare in mezzo alla gente. Che sia un cambiamento sano oltre che necessario (ma nel rispetto reciproco le alternanze sono sempre necessarie, come una gamba deve seguire l’altra per camminare) ce lo auguriamo tutti. I vincitori non scordino mai di ascoltare e rispettare i vinti che continuano a servire dagli scranni di piazza Dante assieme a loro, la convivenza di chi si trova a vivere in questo meraviglioso angolo di mondo. Tutti noi siamo chiamati a fare la nostra parte e non è detto che l’occasione di domenica 21 nella quale è avvenuto il più largo coinvolgimento attivo della popolazione, debba rimanere per il prossimo lustro e per buona parte dei cittadini l’unico atto politico di qualche significato. Nessuno dimentichi che, avuta la bicicletta, tocca pedalare.

EDITORIALE

Chi la domenica 21 ottobre scorso è stato anche a messa, oltre che alle urne, non avrà potuto fare a meno di notare la pertinenza, oltre che la coincidenza temporale, del discorso di Gesù proclamato nel Vangelo tratto dal capitolo 10 di Marco. Un giudizio severo su coloro che «sono considerati i governanti delle nazioni» che rappresenta una formidabile prospettiva per cogliere il vero significato di quanto è successo e accade continuamente tra di noi, anche ora in quello che viene già identificato come un passaggio storico, un ribaltone, quasi una rivoluzione dell’assetto politico del Trentino che votava a sinistra. Spiegavamo il mese scorso da queste pagine che le elezioni sono un meccanismo per scegliere i comMaurizio Fugatti ponenti di organi monocratici o collegiali, ma in ambito democratico non sono solo uno strumento di selezione dei titolari di cariche, quanto piuttosto il principale strumento della rappresentanza e del controllo popolare sui governanti. Sono anche un modo collaudato per ritualizzare e “addomesticare” il conflitto politico, attenuandone le asperità, e che, a elezioni avvenute, si apre una fase che è spesso di cambiamento e d’incertezza negli assetti delle istituzioni politiche. Su questi fronti, il servizio della stampa è di primaria importanza perché permette di fissare la memoria e mantiene traccia di discorsi e proclami dando al lettore uno strumento in più per farsi una opinione e cogliere il più possibile la realtà dei fatti. Se dunque alle parole seguiranno i fatti, noi di Valsugana News ci troveremo sempre al fianco dei lettori per gioirne, nel caso, o far emergere quella lamentazione che il “potere” troppo spesso tende a non considerare, o a scartare di primo

 di Franco Zadra

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IL SOMMARIO

ANNO 4 - NOVEMBRE 2018

Editoriale •••••••••••••••••••••••••••••••• pag. 3 Sommario •••••••••••••••••••••••••••••• pag. 5

Punto e a capo •••••••••••••••••••••••••• pag. 6

Trentatrè giorni da PAPA •••••••••••••••••• pag. 9 Intervista a Pia Luciani •••••••••••••••••••• pag. 12

Il museo di Papa Luciani •••••••••••••••••••• pag. 15 Dal Tesino a Shanghai•••••••••••••••••••••• pag. 17 La tragedia del Vajont•••••••••••••••••••••• pag. 22 Bisca e biscazzieri •••••••••••••••••••••••• pag. 25 Martin Luther King •••••••••••••••••••••••• pag. 28

Giovani, sesso e affitto gratis•••••••••••••••• pag. 30 Monica Vitti •••••••••••••••••••••••••••••• pag. 31 Medicina & Salute: sonno e bambini •••••••• pag. 32 La Grande Guerra •••••••••••••••••••••••• pag. 35 Il Nearderthal che c’è tra noi •••••••••••••••• pag. 36 Grazie Trentini! Intervista a Fugatti •••••••••• pag. 38

Elezioni in Trentino 2018 •••••••••••••••••• pag. 40

Il parere sulla eleggibilità di Fugatti •••••••••• pag. 42 Il Cardinale a braccetto con la trans •••••••••• pag. 43

Il Maestro Giuseppe Calvino •••••••••••••••• pag. 45 Quando i migranti eravamo noi •••••••••••• pag. 50 Coro “Piccole Colonne”•••••••••••••••••••• pag. 52 Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. 53

Giù le mani dal Lagorai •••••••••••••••••••• pag. 54 Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. 55

Io e l’economia Green •••••••••••••••••••• pag. 57

Gli Alpini di Scurelle •••••••••••••••••••••• pag. 58 Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. 59 Agraria Trentina •••••••••••••••••••••••••• pag. 60 I Guglielmo Tell •••••••••••••••••••••••••• pag. 62

Le Funivie Lagorai: tutte le novità •••••••••••• pag. 65

Emigrazione e Immigrazione •••••••••••••••• pag. 67 Brava Katia: complimenti •••••••••••••••••• pag. 68 Gran Casinò•••••••••••••••••••••••••••••• pag. 69 Banda Telve •••••••••••••••••••••••••••••• pag. 70

Girovagando negli USA: Washington DC•••••• pag. 72 Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. 74

DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com CONDIRETTORE Franco Zadra - franco.zadra@gmail.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Francesco Cantarella - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Alice Rovati - Mario Pacher Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover Giampaolo Rizzonelli - Silvia Tarter - Andrea Casna CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE Grafiche Futura srl IMPAGINAZIONE, GRAFICA Grafiche Futura srl STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN) PER LA PUBBLICITÀ SU VALSUGANA NEWS info@valsugananews.com www.valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

Benessere & Salute: occhiali da bambino •••••• pag. 75 Che tempo che fa •••••••••••••••••••••••• pag. 76 Le cronache •••••••••••••••••••••••••••••• pag. 78

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LADRI DI CICLABILI

 di Waimer Perinelli

IN BICI SULLA FUNIVIA

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ccade in Paganella dove gli impianti a fune hanno funzionato tutta l'estate per trasportare appassionati di Mtb, Fatbike e E-bike sull'altipia-

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n ciclista sportivo è seduto sul prato a lato della strada, le gambe insanguinate. Poco più avanti con le ruote sull'erba una vettura e il suo guidatore accanto al ciclista. L'investimento è accaduto sulla provinciale uno del lago di Caldonazzo, nel punto esatto dove la ciclabile attraversa a raso la strada. Detto che le ferite fisiche non sono gravi bisogna spiegare che da quell'incrocio, in estate, passano famiglie di cicloturisti italiani, tedeschi, olandesi... : sereni perché pedalano su quella rete di piste decantate come le migliori e più sicure di ogni altra. Bugie, e anche sulla lunghezza totale e sull'estensione si scrivono sogni: da Pergine a Primolano e poi in Veneto. Ma non si dice che buona parte della rete è strada comunale incuneata fra i frutteti ed umidificata dai trattamenti antiparassitari. Molti cicloturisti pedalano lungo il lato la statale 47, lungo la sponda orientale del lago di Caldonazzo, sfiorati dai 42 mila vei-

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coli che vi transitano ogni giorno. E' proibito, ma non ci sono alternative per esseri normali, perché il colle di Tenna ha pendenze del 18 per cento. Questo lo stato delle ciclabili nel secondo distretto turistico del Trentino. Ma anche il primo non ride. Il tratto del Garda da Riva a Limone è ancora nella fantasia di tecnici e amministratori. Recentemente è stata inaugurata, dopo un solo anno di lavori, un'ardita ciclabile che collega Capo Reamol al confine trentino, costruita dai bresciani con i soldi della Provincia di Trento, dalla quale, prima delle elezioni di ottobre sono arrivate ironia ed accuse di scarso rispetto dell'ambiente. Ma, nei capaci cassetti dell'assessorato, ci sarebbero anche progetti fantastici da realizzarsi in quattro anni. D'altra parte ha detto lo scorso luglio l'assessore competente “ Nemmeno Londra e Parigi sono state fatte in una settimana”. Forse se fosse dipeso da lui non esisterebbero nemmeno.

no. L'idea piace anche in Valsugana dove l'associazione Avianova vorrebbe trasferire con o senza bicicletta i turisti dai laghi di Levico e Caldonazzo, fino alle terre dei cimbri Luserna e da qui con autobus o trenini elettrici Lavarone, Folgaria e forse Asiago. Un'idea vecchia di oltre cento anni pensata dagli austriaci e distrutta dalla guerra. Oggi le opportunità ambientali, turistiche e lavorative, per molti abitanti degli altipiani, rendono la funivia importante se non indispensabile. Sull'altro versante della valle dominante il Trentino orientale c'è la catena del Lagorai, 950 Kq complessivi, dalla val Cismon, alla Valsugana, Val di Fiemme. Una montagna ricca di laghetti e 688 chilometri di sentieri, boschi e prati: un paradiso per il turista. Una fortuna per la Valsugana e Levico in particolare la cui amministrazione da anni sogna una cabinovia fino alla Panarotta. Attorno al progetto per ora solo liti fra operatori turistici e disaccordo con la vicina Pergine che ha bocciato una propria iniziativa. In questo la Valsugana rispetta lo sport nazionale dove si gioca a chi boccia maggiormente i progetti altrui e propone soluzioni tanto belle e perfette nelle quali il mondo non è reale e il sogno è antico o irrealizzabile.



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«Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile. È papà; più ancora, è madre». Papa Giovanni Paolo I Angelus del 10 settembre1978

Trentatré giorni da PAPA  di Chiara Paoli

lbino Luciani nasce nell’agordino a Forno di Canale, il 17 ottobre 1912; di lì a poco scoppierà il primo conflitto mondiale che segnerà gli anni della sua infanzia. «È stato ricordato dai giornali, anche troppo forse, che la mia famiglia era povera. Posso confermarvi che durante l'anno dell'invasione ho patito veramente la fame, e anche dopo; almeno sarò capace di capire i problemi di chi ha fame!», queste le parole pronunciate da Papa Giovanni Paolo I nell'udienza ai Bellunesi il 3 settembre 1978. Non è così semplice immedesimarsi nell’altro, quando non si è mai sofferto in prima persona. I genitori sono Giovanni Luciani e Bortola Tancon, che assieme ebbero altri tre figli: Tranquillo Federico, morto in tenera età, Edoardo, e Antonia, detta Nina. Quest’ultima sorella, venuta a mancare nel 2009, legava papa Luciani alla Valsugana, Antonia infatti viveva a Santa Giuliana di Levico. Il padre è stato emigrante per lavoro in Svizzera e le sue idee socialiste hanno contagiato Albino che si è sempre dimostrato attento alla condizione operaia. Nell'ottobre del 1923 Albino fa il suo ingresso nel seminario inter-diocesano minore di Feltre, nel 1928 prosegue il suo cammino nel seminario maggiore di Belluno. L’ordinazione a diacono avviene il 2 febbraio 1935, segue il 7 luglio dello stesso anno l’innalzamento al grado di presbitero. Un cammino veloce il suo che lo vede nominato immediatamente cappellano e vicario cooperatore di Canale d'Agordo, suo luogo natio. Dopo soli pochi mesi viene trasferito ad Agordo, in veste di cappellano sino al luglio del 1937, nel suo dedicarsi alle categorie più povere si occupa anche dell’insegnamento della religione presso l'istituto minerario. Viene poi chiamato nel Seminario Gregoriano di Belluno dove all’attività di insegnante portata avanti fino al 1958 affianca per dieci anni quella di vice-rettore. Nel 1947 si laurea in sacra teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma con una tesi su “L'origine dell'anima umana secondo Antonio Rosmini”: una scelta intrepida che lo avvicina nuovamente al Trentino, ma che prende in causa un autore con due volumi, all’epoca, ancora all’Indice dei libri proibiti. Nel 1949 riesce a pubblicare il saggio “Catechetica in briciole” che ha visto sei edizioni in Italia e una in Colombia. Gli incarichi si moltiplicano e nel 1954 diviene vicario generale della diocesi di Belluno dove, il 30 giugno 1956 è nominato canonico della Cattedrale. Albino Luciani venne proposto diverse volte per la nomina a vescovo, ma per due volte venne respinto a causa delle sue precarie condizioni di salute, per la voce, considerata troppo flebile, e l'aspetto dimesso. È

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Visita di Paolo VI a Venezia (1976)

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Papa Luciani, 40 anni fa l'elezione al soglio di Pietro

Papa Giovanni XXIII che si prende la responsabilità di ordinarlo vescovo, nella basilica di San Pietro in Vaticano il 27 dicembre 1958, insieme a monsignor Charles Msaklia, originario della Tanzania, con il quale stringerà amicizia e avrà modo di conoscere la realtà della Chiesa cattolica in Africa. Il vescovo Luciani prende possesso della diocesi di Vittorio Veneto l'11 gennaio 1959. Sono anni difficili, Albino ama stare fra la gente e occuparsi della formazione dei giovani, ma qui deve occuparsi anche della gestione economicofinanziaria che appare al tracollo. Si intessono i primi rapporti con il terzo mondo con l’invio dei primi missionari

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in Burundi, ma anche con una visita pastorale nel 1966, dove il vescovo scende per spingere assieme agli altri la jeep rimasta impantanata. Presente a tutte le quattro sessioni del Concilio Vaticano II, tra il 1962 e il 1965, si fa conoscere e apprezzare per le sue doti. Segue l’elezione a patriarca di Venezia, avvenuta il 15 dicembre 1969, voluta da papa Paolo VI; nel 1971 viene nominato vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana e nello stesso anno propone alle chiese d'Occidente di donare l'1% delle loro rendite alle più bisognose chiese del terzo mondo. Il 16 settembre 1972 il Patriarca Luciani riceve Paolo VI che al termine della Santa messa in piazza San Marco, si toglie la stola papale, mostrandola alla folla e ponendola sulle spalle di Albino che diventa rosso per l'imbarazzo. Un gesto che per molti ha significato individuare nel patriarca veneziano il proprio successore al soglio di Pietro. A conferma di ciò, la convocazione a

breve del Concistoro che vede Albino primo nella lista dei candidati alla veste cardinalizia, ricevuta in data 5 marzo 1973 dallo stesso pontefice. Nel 1975 è due volte all'estero per un viaggio pastorale in Germania e poi in Brasile, dove l'università statale di S. Maria a Rio Grande do Sul gli conferisce una laurea honoris causa. Nel gennaio dell’anno seguente pubblica “Illustrissimi”, una raccolta di lettere immaginarie indirizzate a personaggi storici o della letteratura, scritte e pubblicate mensilmente negli anni precedenti sulla rivista Il Messaggero di S. Antonio.


Tra le molte lettere anche una indirizzata all’orso di San Romedio; il volume riscosse successo e venne tradotto in diverse lingue. Il 10 luglio 1977 il cardinale Luciani, molto devoto alla Madonna di Fátima, parte in pellegrinaggio dove incontra la “veggente” con la quale si trattiene per due ore in conversazione. Dopo l’incontro Albino appare molto scosso e pensieroso, proprio per questo motivo c’è chi dice che suor Lucia gli abbia predetto il suo futuro e breve pontificato. Ma non ci è dato saperlo, quello che la storia ci dice è che il Luciani lascia Venezia il 10 agosto 1978 per Roma dove partecipa al conclave che lo elegge papa il 26 agosto seguente, al secondo giorno di votazione con un'amplissima maggioranza, 101 voti tra i 111 cardinali, il quorum più alto nei conclavi del XX secolo. La fumata, forse a causa di un errore compiuto dal cardinale fochista, ha avuto un avvio grigio chiaro, per poi trasformarsi in una fumata nera. Momenti di dubbio e incertezza precedono le ore 19 e 18, quando si aprono le vetrate della loggia centrale delle Basilica Vaticana e si ode l’annuncio: Habemus Papam. Il 263º successore di Pietro, eletto per la prima volta con il doppio nome di Giovanni Paolo I, in onore dei suoi predecessori, avrebbe voluto subito parlare alla folla, ma il cerimoniere glielo impedirà sostenendo che non era mai stato fatto; sarà il suo successore a infrangere quel cerimoniale. Il suo papato fu brevissimo, Giovanni Paolo I muore il 28 settembre 1978 dopo appena 33 giorni dall’elezione, ma avviò un processo di rinnovamento della chiesa portato avanti ancora oggi da Papa Francesco. È lui che cancella dai suoi discorsi il pluralis maiestatis, rivolgendosi in prima persona ai fedeli, rinuncia all’incoronazione per una più sobria "cerimonia per l'inizio del ministero petrino", è il primo che davanti alla folla ammette le sue debolezze, mette al centro la sua umanità e chiede l’aiuto e la preghiera di tutti.

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Intervista esclusiva

PIA LUCIANI

nipote di Papa Luciani

 di Chiara Paoli

La parentela con Papa Luciani, Pia la porta scritta in volto e la testimonia fin anche nel sorriso oltre che nei modi gentili e nella delicata accoglienza che ci manifesta. Risponde volentieri alle nostre domande, trattandoci quasi come una di famiglia.

Quindi sua zia Antonia, sorella del papa, venne in Valsugana? La zia Antonia, soprannominata Nina ha sposato Ettore Petri, si sono conosciuti quando erano migranti in Svizzera per lavorare, è così che poi si è trasferita a Santa Giuliana di Levico. E com’era lo zio Albino con voi bambini e in famiglia? Lui quando veniva era molto affettuoso e sempre buono con noi bambini, chiedeva al suo segretario di caricarci in macchina e portarci a mangiare il gelato. Ho sempre considerato lo zio Albino come un secondo padre. Io sono la più anziana delle nipoti, quella che ha avuto modo di conoscerlo meglio, ricordo come fosse non soltanto un fra-

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Pia Luciani

tello, ma anche un amico e confidente per mio papà, sebbene avessero due caratteri completamente diversi. Il vostro era un rapporto particolare? In Vaticano teneva la foto dei nonni con me in braccio. Credo che per me abbia sempre provato un affetto particolare, perché porto il nome di Pia, la sorellastra, che sebbene sordomuta ha insegnato ad Albino a leggere e scrivere prima che andasse a scuola. Il padre dal precedente matrimonio aveva avuto due figlie, entrambe sordo mute, quando muore la moglie conosce Bortola che lavora a Venezia dalle suore e rinuncia a prendere i voti per sposarlo e accudire le figlie. Nelle motivazioni per il rifiuto alla carica di vescovo, tra le motivazioni si legge tra il resto che aveva «due sorelle alquanto deficienti». Ricorda qualche episodio particolare? Lo zio aveva una vasta cultura, ma si

sforzava di parlare in modo semplice per farsi capire dagli umili. Ricordo una volta a Venezia, rileggeva l'omelia e mi disse: «Puoi leggerla? È abbastanza semplice?», io gli risposi di sì, ma lui replicò: «Non posso fidarmi, hai una laurea in lettere! Chiedo in cucina alle suore se è comprensibile». La loro risposta fu: «Sua Eminenza è bellissima», e lui, appena usciti dalla stanza mi disse: «Anche se non hanno capito niente mi vogliono così bene che non direbbero altro». Il suo motto era l’umiltà, ma com’era nella quotidianità?

Conduceva una vita semplice, mangiava poco, l'indispensabile, e diceva alle suore di tenere da parte qualcosa per i ragazzi. Chiedeva sempre se i malati avevano bisogno e infilava i soldi sotto il cuscino, in una busta. Anche quando era già patriarca andava in giro vestito di nero, con croce e zucchetto in tasca, come un sacerdote normale. Un giorno un uomo giunto da Venezia mi portò i


saluti di don Albino, mica si era accorto che aveva parlato con il patriarca di Venezia. Poi nelle occasioni, ubbidiva a Suor Celestina che preparava il vestito giusto perché diceva lei, ai malati piace vedere il patriarca vestito di rosso. Quando poi le suore volevano acquistare calzini nuovi, perché i suoi erano tutti rotti, lui chiedeva di aggiustarli ancora una volta, per dare i soldi ai poveretti. C’era qualcos’altro che avrebbe voluto fare nella sua vita? Lo zio Albino avrebbe voluto divenire Gesuita, ma gli fu vietato dal vescovo che aveva bisogno di preti per la diocesi. Oppure il giornalista, nei suoi scritti prevalgono un linguaggio fresco, parole di uso comune, scritte per arrivare alle persone, come oggi fa papa Francesco. Cosa le ha insegnato? Mi diceva sempre che gli altri non hanno bisogno di essere caricati delle nostre difficoltà, che il nostro compito è quello di accogliere gli altri, fare carità e non far pesare i nostri problemi. Ricorda qualche episodio che rac-

contava della sua infanzia? La famiglia era molto povera ma aveva grande dignità, mentre il nonno era all'estero, Albino aiutava come poteva. Una volta una signora gli chiese di fare

per lei una commissione nel paese vicino, e per ringraziarlo gli diede un pezzo di pane bianco. Albino si fece 5 km di corsa e quando arrivò, mio padre, che era il fratellino più piccolo, si mangiò tutto il pane. Lui era comunque contento,

anche se a pancia vuota, perché si sentiva in dovere di aiutare fratellino e famiglia. Una volta mentre pascolava la mucca, questa si era mangiata il quaderno, il maestro arrabbiato perché Albino non aveva fatto i compiti, disse che non sarebbe più andato in seminario; a graziarlo fu l’intervento di don Carli. Ricordano poi che a scuola era molto vivace, faceva dispetti e legava le trecce delle bambine. La morte è giunta velocissima dando adito a numerose ipotesi. È stata una morte naturale? Sicuramente si è trattato di morte naturale, già suo nonno e altre due zie hanno avuto una morte così fulminea, il primo seduto davanti al focolare e le altre nel campo mentre lavoravano. Già al ritorno dal Brasile aveva avuto problemi a causa di un trombo in un occhio. Riteniamo corretta la diagnosi riportata dal professore che parla di un embolo polmonare o qualcosa del genere; la morte è stata veloce, quasi immediata, aveva ancora in mano i fogli e gli occhiali sul naso.

Carissimi Samanta e Andrea, con il matrimonio avete realizzato il Vostro sogno più bello e noi di Valsugana News, non possiamo che essere entusiasti e augurarVi che si avverino tutti i vostri desideri futuri in un universo di gioia, serenità e tanta, ma tanta felicità.

I nostri più sinceri AUGURI

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Papa Luciani Onlus e ilMusal L

a Fondazione Papa Luciani è un ente senza scopo di lucro nato il 18 giugno 2009 per far conoscere la figura di Giovanni Paolo I, affiancando anche la causa di canonizzazione che ha portato recentemente i suoi frutti, quando l’8 novembre dello scorso anno Albino Luciani è stato dichiarato da Papa Francesco Venerabile. Questa realtà è nata per accogliere i pellegrini che ogni anno giungono a fare visita al paese natale di Albino Luciani e per rispondere alle loro richieste. La Fondazione dalla sua nascita, mette a disposizione alcune guide che possono accompagnare i gruppi nella visita ai luoghi della sua infanzia, come la casa natale, la Pieve di San Giovanni Battista, e la via Crucis a lui dedicata in paese. Tra il 2010 e il 2017 sono stati accompagnati nella visita 397 gruppi, per un totale di circa 15mila persone, per lo più provenienti dal Triveneto. Sulla scia di queste richieste è nato il Musal, inaugurato nel suo nuovo allestimento il 26 agosto 2016, alla presenza del Cardinale e Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin. Il Museo ha sede a lato della parrocchiale,

nelle sale dell’ex ospizio dei Battuti e nell’Ex Albergo Cavallino, edificio donato con grande generosità da Lina Zandò Bòlda alla comunità di Canale d’Agordo. Il progetto, fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale del paese e sostenuto dalla Fondazione, ha previsto il restauro dell’edificio per opera degli architetti Antonio Pollazzon e Willi Guidolin, mentre l’allestimento interno è stato curato dall’architetto Marino Baldin assieme a Loris Serafini, direttore e curatore scientifico del Museo. Un esposizione che dispone di 380 metri quadri di spazio suddivisi su quattro piani, ed è grazie a questi spazi che molti fedeli hanno oggi la possibilità di conoscere meglio e più da vicino la vita del successore di Pietro noto come Papa del Sorriso. Alcuni commenti dei visitatori lasciano trasparire la cura e la passione che in questo luogo di cultura sono state profuse: «Museo ricco di testimonianze. In particolare le sue parole e i brani dai suoi scritti fanno trasparire la sua grande e allo stesso tempo semplice umanità!». E ancora fra i commenti: «Sono sorpreso per l'immensa documentazione raccolta sulla vita di Albino Luciani che mi ha permesso di penetrare il suo pensiero e il suo sacerdozio. Congratulazioni per questo museo messo a onorare in maniera semplice e ricca il Papa Giovanni Paolo I». Il Centro studi del Museo è stato arricchito con oltre un centinaio di donazioni; che hanno portato alla co-

stituzione di una biblioteca e un archivio specifico nel quale è possibile trovare non soltanto documenti, ma anche fotografie, audiovisivi, e rassegna stampa, fruibili e consultabili da studiosi e persone interessate. Nel 2017 è stato caricato online un nuovo e più completo sito internet che garantisce una migliore qualità d’informazione. La Fondazione si occupa anche delle rubriche intitolate rispettivamente “L’Angolo del Pellegrino” e “Curiosità dal Musal”, pubblicate all’interno della rivista Humilitas edita del Centro di Cultura e Spiritualità Papa Luciani di Santa Giustina Bellunese. In quelle pagine trovano spazio le preghiere più belle che i pellegrini scrivono sul registro posto vicino alla statua di papa Luciani, collocata in fondo alla chiesa di Canale d’Agordo. Il 2018 segna il 40° anniversario della sua elezione al soglio pontificio e dalla sua scomparsa. La Fondazione opera per promuovere la conoscenza e la valorizzazione della figura di Papa Giovanni Paolo I, attraverso pubblicazioni e audioguide museali in diverse lingue. Ma la sua funzione è anche quella di promuovere eventi, conferenze e dibattiti che ruotano attorno a quello che viene ricordato come il Papa di settembre. Per info: www.musal.it/fondazione-papaluciani

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Indimenticabile trasferta in Cina da parte della Banda Sociale Folkloristica di Castello Tesino

DAL TESINO A SHANGHAI

All’ultima ora ci giunge una fantastica notizia di grande riconoscimento alla Banda Sociale Folkloristica di Castello Tesino: non solo è stata la più votata dal pubblico tra i 57 gruppi presenti al festival, per le musiche, i costumi e le coreografie, ma, fatto questo veramente straordinario e motivo di grande soddisfazione e orgoglio, per effetto della magnifica e applaudita prestazione ha ricevuto dal Governo cinese l’invito a esibirsi sulla Grande Muraglia Cinese all’interno di un Festival musicale mondiale.

Un’esperienza davvero unica, quella della Banda Sociale Folkloristica di Castello Tesino. Un qualcosa che indiscutibilmente merita di essere conservato nel cassetto dei ricordi più belli e che è vanto e orgoglio della Valsugana e di tutto il Trentino.

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utto ha inizio da, quando la Banda Sociale di Castello Tesino, riceve un invito ufficiale degli organizzatori del “Tourism Festival Shanghai 2018” per una partecipazione, in rappresentanza dell’Italia, alla loro manifestazione folkloristica internazionale attiva ormai dal 1990. Di certo in molti avranno pensato a una delle tante bufale o scherzo della domenica, ma poco costava approfondire la veridicità della richiesta. E invece? Invece dopo le appropriate verifiche è tutto vero. Non solo, ma emerge anche che in tutta la storia del festival cinese (28 anni) solamente altre due bande italiane, in precedenza, avevano avuto l’alto onore di partecipare. Riunione di “banda” con amici e familiari, vivace discussione, ma poi alla fine si decide di accettare. «Per la verità - spiega Claudio Costa, che della Banda Sociale è il presidente -, forti dubbi si erano generati considerato gli alti costi della trasferta. Da una parte c’era tantissima voglia di partecipare, ma dall’altra

un piccolo crescente sconforto per le spese troppo alte, soprattutto per le famiglie dei molti giovani che ancora studiano e non hanno un lavoro». E allora cosa fare? Non accettare l’invito oppure percorrere tutte le strade per trovare gli indispensabili aiuti economici? «In quest’ottica - continua il presidente Costa -, abbiamo tentato l’impossibile per risolvere i problemi economici. E, giorno dopo giorno, l’iniziale pessimismo si è trasformato in crescente ottimismo grazie all’Amministrazione Comunale, alla Provincia Autonoma di Trento e alla Cassa Rurale Valsugana e Tesino che hanno risposto positivamente alle nostre richieste. Anche i bandisti, che hanno partecipato al 50% delle spese di viaggio (l’ospitalità in terra cinese era garantita dagli organizzatori) si sono mossi sui social riuscendo a coinvolgere tantissime persone per una raccolta fondi online con il “crowdfunding”». «Mi permetta di sottolineare - precisa Costa -, che mai, nella nostra storia,

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Pronti per la sfilata

abbiamo avuto un così forte sostegno materiale e morale, anche da persone a noi sconosciute e lontane dalla nostra comunità tesina. E quindi, rassicurati da tutto questo, ma comunque non privi di preoccupazioni, mandiamo la mail di partecipazione, e forse con un pochino d’incoscienza accettiamo. Prepariamo i bagagli, gli abiti, gli strumenti e… via, partenza. Ora la Cina ci aspetta. Aspetta noi che mai avremmo potuto sognare un’esperienza del genere. Mai avremmo potuto pensare che una “piccola” Banda di un paesino sperduto tra pur stupendi monti e paesaggi sarebbe arrivata a tanto e partecipato a un avvenimento mondiale».

e imbarco di tutti gli strumenti. E pensare che qualche bandista mai aveva volato prima! Decollati il 13 settembre giungiamo a Shanghai e che sia una città di 26 milioni di abitanti con i dintorni (10 milioni di pendolari per lavoro al giorno) lo scopriamo subito nei tempi di spostamento dall’aeroporto all’albergo e nei giorni successivi dall’albergo ai luoghi della sfilata e dei concerti. Traffico molto intenso attraverso grattacieli, grattacieli, e ancora grattacieli. Traffico caotico, ma mai incidenti o strombazzate

di persone impazienti. Impressionante e indescrivibile l’impatto con gli altri gruppi provenienti da tutto il mondo e con il pubblico durante le sfilate e i concerti in città.

L’ESPERIENZA A SHANGHAI I gruppi musicali, folkloristici e di ballo, invitati per l’edizione 2018 sono stati 57, in rappresentanza di numerosi Stati dell’Europa, America, Asia, Australia, e America Latina, Canada, Nuova Zelanda ecc. E che il Tourism festival Shanghai sia il più importante di Shanghai e uno dei più prestigiosi di tutta la Cina lo testimoniano i dati veramente impressionanti dell’edizione 2017 perché ci riferiscono che solo a Shanghai, nei giorni Inizia la sfilata

DIARIO DEL VIAGGIO Undici ore di volo da Milano Malpensa, ore trascorse veloci rispetto a quelle passate ai controlli agli aeroporti di Milano e Shanghai fra impronte digitali, foto, controllo visti, controllo bagagli, del festival (la sua durata è di 15 gg.) si sono registrati 11 milioni di spettatori fra locali e stranieri con diretta radio e TV in mondovisione vista da oltre 200 milioni di persone. Una manifestazione per certi aspetti veramente unica sia per le persone presenti e sia per la sua spettacolarità. La parte più importante del festival è la sfilata in notturna sulla Huaihai Road (oltre 2,5 km) dove i complessi musicali e gruppi folk si esibiscono in 4 fermate su altrettanti palcoscenici lungo il percorso, tra un pubblico di centinaia di migliaia di persone con riprese televisive e la diretta mondiale sulla TV nazionale Le donne

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cinese. Solo quest’anno alla serata d’inaugurazione erano presenti i Leader di diverse provincie dello Stato e ufficiali di diversi consolati stranieri a Shanghai. Impressionante poi il numero di persone lungo tutti i 2,5 km del percorso con un’accoglienza del nostro gruppo strepitosa. Dal 13 al 20 settembre i colori e le musiche della banda hanno invaso le strade di Shanghai e nel corso delle varie giornate la banda si è esibita nei principali luoghi d’interesse e di massima attrazione della città come l’Oriental Pearl TV Tower, nella Nanjing Road e in Piazza del Popolo tra l’esultanza e il calore di una folla inimmaginabile. «Era davvero incredibile - dice con una punta di vero orgoglio il presidente Costa -, vedere come tanta gente fosse lì proprio per noi, ad applaudirci con entusiasmo». Per la cronaca, L’Oriental Pearl Tower è una torre televisiva nel distretto di Pudong all’estremità di Lujiazui a lato del fiume Huangpu. Con i suoi 468 metri è la quarta torre più alta di tutta l’Asia e quarta torre di telecomunicazioni più

In sfilata

alta al mondo. Alla base di questa imponente struttura la Banda di Castello Tesino ha tenuto alcuni concerti con diverse coreografie sempre circondata e applaudita da un attento e nutritissimo pubblico. Mentre la Piazza del Popolo è circondata dalle principali arterie commerciali della città, Nanjing Road, Central

Xizang, Wusheng Road, e North Huangyi Platz che è di fatto il centro nevralgico di Shanghai e dove è presente uno dei centri commerciali più imponenti con i suoi 32 piani di negozi e oltre 64mila metri quadrati di superficie. E in questa grande piazza si affacciano grattacieli, ristoranti, negozi di moda, discoteche, bar, oltre a luoghi d’interesse come il museo d’arte contemporanea,

La storia La tradizione musicale bandistica di Castello Tesino risale al 1901: grazie all’acquisto di strumenti da parte di Martino Braus fu possibile costituire un complesso che partecipò nel 1903 ad un concorso musicale a Trento durante la Feste Vigiliane. Fu quella la prima uscita ufficiale, che fruttò alla Banda “pergamena e bandiera”. Nel 1909 fu redatto il primo Statuto che venne approvato dall’Imperial Regia Luogotenenza di Innsbruck. Nel 1946 Carlo Deflorian e Bruno Zanettin ripresero l’attività della banda portando la sede all’Oratorio. Nel 1981 il sodalizio venne dotato dei tradizionali ed antichi costumi del Tesino e rinominato Banda Sociale Folkloristica. L’intensa attività, con il Maestro Lele Lauter, trovò il meritato coronamento nell’incisione di un LP. Nel 2001 la Banda, diretta dal M° Claudio Dorigato, ha festeggiato il suo primo centenario di fondazione attraverso un’apprezzata rassegna alla quale hanno partecipato numerosi complessi bandistici trentini. Dal 2003 è guidata dal M° Ivan Villanova, ed il presidente in carica è Claudio Costa. Il complesso possiede un gustoso repertorio di Blasmusik, e questa caratteristica, unita all’autenticità e bellezza dei costumi tradizionali della Valle del Tesino, porta la nostra Banda ad essere frequentemente invitata in numerose località nazionali. Nel 2008 ha rappresentato a Roma il Trentino nella “Festa della Musica Popolare” in onore di Santa Cecilia, promossa dal Ministero dei Beni Culturali. Successivamente è stata ospite di numerose rassegne nazionali e internazionali tra le quali: Raduno bandistico nazionale di Gubbio (PG), Rassegna Arcadia musica e sapori (Val di Sole), Internationales Blasmusikertreffen di Wolfsberg (Austria), Traubenfest di Merano (BZ), Festival Internazionale di Giulianova (TE), FAKS Festival di Rovigno (Croazia), Rassegna Bandistica di Follonica (GR).

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con noi c’erano tutti i tesini, i valsuganotti, i trentini, e l’Italia tutta». «Ora parlo in nome di tutti - sottolinea Claudio Costa -, crediamo che questa sia stata davvero un’esperienza unica che rimarrà per sempre tra i più belli e incancellabili ricordi per questa banda che dalla piccola valle del Tesino è arrivata, con coraggio, entusiasmo e caparbietà fino in Cina a conquistare Shanghai».

Gli uomini

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il Grand Theatre, il Parco Renmin. «Anche in questa immensa piazza conclude Costa - abbiamo avuto l’onore di esibirci e di ricevere scroscianti e interminabili applausi. E di tutto questo siamo veramente entusiasti e non solo per la stupenda esperienza vissuta, ma anche e principalmente perché abbiamo portato la nostra musica e i nostri costumi tipici alla ribalta del mondo intero, in una metropoli che vive già il futuro, come Shanghai». L’emozione è tutt’ora così grande che trapela ancora dai nostri, emozionati e felici per l’esperienza vissuta. «Noi, più che una semplice associazione siamo una grande famiglia e vogliamo ringraziare tutti, ma proprio tutti quelli che hanno contribuito alla riuscita di questa trasferta storica; e credeteci,

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Alla Oriental Pearl Tower

I RINGRAZIAMENTI «In chiusura - dice Costa -, mi permetta di porgere un grazie dal profondo del cuore al nostro maestro Ivan Villanova che sempre ha creduto nelle capacità del nostro organico e subito si è mosso per preparare la trasferta, le musiche e le coreografie. Purtroppo e con rammarico ci ha poi detto che non ci avrebbe accompagnati dall’altra parte del mondo! Con dispiacere, ma anche con grande gioia perché proprio nei giorni della trasferta sarebbe diventato papà per la seconda volta. Una banda senza maestro è come una nave senza timone, ma il “nostro” Ivan ci ha rassicurati e ci ha procurato un maestro alla sua altezza, Fabio Turra e anche uno dei mazzieri migliori del Trentino Giuseppe Ferrario. Quindi è anzitutto grazie a Ivan se abbiamo potuto partecipare al Tourism Festival Shanghai. Un grazie sentito alla Provincia Autonoma di Trento, alla Cassa Rurale Valsugana e Tesino, all’Amministrazione Comunale di Castello Tesino e a tutte quelle persone che sempre hanno creduto in noi e ci hanno sostenuti sia materialmente che moralmente».


Il Maestro

Premio Speciale al Gruppo più apprezzato dal pubblico tra i 57 partecipanti

Ivan Villanova

Diplomato in clarinetto, si perfeziona con Fabio di Casola al Conservatorio della Svizzera Italiana. Ottiene 7 premi in concorsi naz ionali ed internazionali, tra i quali il 1° Premio assoluto al “Città di Stresa” 1996. Ha suonato come Primo Clarinetto nell’Orc hestra Sinfonica dell’Emilia-Romagna “Fonda zione Arturo Toscanini”, l’Orchestra del Gran Teatro “La Fenice”, la Filarmonia Veneta e l’Or chestra d’Archi Italiana, collaborando inoltre con L’Orchestra di Padova e del Veneto, l’Or chestra del Teatro “G. Verdi” di Trieste e la Symphonica Toscanini diretta da Lor in Maazel, con tournée in Europa, USA e Giappone. È docente di Clarinetto alla Scuola Mus icale di Primiero ed ha insegnato clar inetto ai Corsi Internazionali di Perfezionamento di Spilimbergo. Si diploma in Direzione all’Istituto Sup eriore Europeo Bandistico sotto la guid a di Jan Cober, Felix Hauswirth e Carlo Pirola, e nel 2009 vi consegue anche il Diploma Sup eriore con la votazione più alta rilasciata dall’istituto , perfezionandosi poi con Jan Cober alla Bläserakademie Sächsen e con Dou glas Bostock alla Bund Deutscher Bla smusikverbände. Direttore principale della Dolomiti Win d Orchestra, guida la Banda Folklori stica di Castello Tesino e la Banda Città di Feltre. Dal 2014 affianca José Rafael Pascual-Vi lapl ana nella classe di Direzione dei Corsi Internazion ali di Spilimbergo.

L’ Organico DIRETTORE FLAUTI

Con le Giubbe Rosse canadesi

In sfilata

Ivan Villanova Alice Costa, Loredana Dorigato, Eleonora Lucca, Daniele Zotta CLARINETTI Anna Boso, Claudia Fabbro, Giada Rattin, Linda Franceschini, Giorgio Moranduzzo, Giulia Moranduzzo, Gloria Moranduzzo, Anna Zotta SAXOFONI Stefania Ballerin, Alice Boso, Sara Fattore, Thomas Guzzo FLICORNI SOPRANI Daniel Moranduzzo, Werner Moranduzzo, Arianna Zampiero TROMBE Luca Ambrosini, Gianni Boschetti, Lorenzo Boschetti, Kevin Dean, Giorgio Zampiero CORNI Mario Ambrosini, Marco Franceschini, Fulvia Nervo TROMBONI Paolo Müller, Italo Zampiero EUPHONIUM Adriano Dorigato, Claudio Fattore, Matteo Moranduzzo TUBA Gianluca Pasqualin, Remigio Muraro TIMPANI Daniel Moranduzzo PERCUSSIONI Nicholas Dorigato, Jenny Fattore, Michela Galvan, Mattia Moranduzzo MARKETENDERINNEN Monica Boso, Elisa Menguzzo, Clara Pasqualin, Giovanna Zotta

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VAJONT Il

DISASTRO del

 di Elisa Corni

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ra il 9 ottobre 1963. Moltissime persone ancora si ricordano la notizia che passava di bocca in bocca, i bambini svegliati, le informazioni che, a differenza di oggi, circolavano più lentamente. Voci che parlavano di centinaia e centinaia di morti. Si era appena consumata una tragedia che, a 55 anni di distanza, rimane ancora oggi una ferita aperta nella storia d’Italia e del Nord-Est. Una tragedia che poteva essere evitata. Il disastro del Vajont fu provocato dalla caduta di una gigantesca frana dal Monte Toc, sul versante sinistro del neo bacino idroelettrico artificiale del Vajont: gli esperti stimano che circa 270 milioni di metri cubi di roccia piombarono direttamente nella diga piena d’acqua, sollevando un’on-

Longarone, prima...

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da che forse oggi le cronache battezzerebbero impropriamente come tsunami. Sì, perché l’onda di circa 115 milioni di metri cubi d’acqua non fu sollevata da un terremoto, eppure raggiunse l’impressionante altezza di 250 metri, travolgendo tutto ciò che incontrava sul suo cammino. Dell’utilizzo sulle montagne italiane fin dal XIX secolo dell’energia idroelettrica abbiamo scritto qualche numero fa; questa tradizione continuò anche nei decenni successivi, dato che il nostro suolo è povero di carbone, la principale fonte di energia fino agli anni Cinquanta e Sessanta. Tutto l’Arco alpino, quindi, fu costellato di dighe e condotte forzate in grado di trasformare torrenti e laghi di montagna in fonti inesauribili di energia.

Fu proprio in questo contesto che si sviluppò l’idea di sfruttare come bacino idroelettrico la valle del fiume Vajont, sul confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. La Società Idroelettrica Veneta si occupò della realizzazione di un’imponente diga, in grado di fermare e rilasciare a piacimento l’acqua del fiume. Il primo progettista fu l’ingegner Carlo Semenza già nel 1926. Ma tra perizie geologiche, progetti nuovi e sempre più grandi, la diga vide la luce solo dopo la Seconda guerra mondiale: la concessione definitiva per la costruzione di questo gigantesco impianto fu accordata solo nel 1948; è allora che si cominciò a parlare, nell’ambiente, di “Grande Vajont”, un progetto sempre più im-

...e dopo


ponente. Vi basti pensare che i 202 metri di altezza previsti nel progetto iniziale divennero 679 dell’ultimo progetto per la diga. L’anno successivo, era il 1949, cominciarono i controlli geologici per accertare la struttura della valle e la possibilità che potesse ospitare una struttura di quella portata. Contemporaneamente le popolazioni dei due paesini che si sviluppavano sul versante destro della valle, Erto e Casso, cominciarono a protestare contro questo progetto che li avrebbe costretti ad abbandonare non solo le loro case che si sarebbero trovate sotto il livello dell’acqua, ma anche i campi coltivati, loro principale fonte di sostentamento. Proteste che nulla poterono: negli anni Cinquanta arrivò l’ok definitivo e cominciarono gli espropri di terreni sui quali avrebbe dovuto svilupparsi il colossale impianto idroelettrico. Impianto che, secondo alcuni geologi ed esperti, presentava alcune criticità che non potevano essere sottovalutate. Il primo esperto a sollevare osservazioni Campanile - Pirago

LA NUOVA

critiche sulla situazione geologica fu Leopold Müller, ma le sue conclusioni sul rischio di frane non fu ascoltata. In particolare il geologo Giorgio Dal Piaz, che aveva seguito il progetto fin dagli anni Trenta, confermò la sicurezza dell’area. Eppure era presente una paleofrana - una frana molto antica non completamente ancorata - che provocherà poi il disastro e passò inosservata agli studi geologici fino al 1959 quando Edoardo Semenza, figlio del primo progettista, ne ipotizzò la presenza dopo una perizia lungo la valle del Vajont. Purtroppo quello fu anche l’anno della fine dei lavori: la diga era terminata e poteva cominciare a fare il suo dovere. Non ci volle molto perché emergessero i primi problemi. Nel novembre del 1960 ci fu la prima frana di medie dimensioni (800mila metri cubi di terra). Il dibattito si accese ma non ne emerse una soluzione davvero convincente, così fu coinvolta l’Università di Padova e si costruì un modello in scala della vallata. Il test diede riscontro negativo: non c’era di che preoccuparsi. Purtroppo nella realtà dei fatti la frana fu di quasi 300 milioni di metri cubi e si mosse a velocità tripla di quella prevista; il livello dell'onda superò i 200 metri, scavallando la diga. Probabilmente tutto sarebbe andato per il meglio se quella fatidica notte il livello d’acqua non avesse superato i 700 metri s.l.m., innescando

Il disastro del Vajont - da Panorama

il devastante movimento di terra e roccia. Alle ore 22.39 del 9 ottobre 1963, un volume di terra più che doppio rispetto a quello dell'acqua contenuta nell’invaso scivolò nel bacino della diga del Vajont, provocando un’onda che si arrampicò lungo il versante destro della valle distruggendo Erto e Casso; un’altra parte dell’acqua messa in movimento dalla frana (circa 30 milioni di metri cubi) saltò oltre al diga e si riversò nella Valle del Piave, travolgendo Longarone e i centri abitati vicini. Ma nel frattempo aveva colto nel sonno tutti gli abitanti di quei territori. Il numero delle vittime non è ancora accertato, ma si parla di 1900-2000 persone. A provocare questo disastro furono sicuramente la negligenza umana, la cattiva gestione del territorio, la sottostima della gravità della situazione cui concorsero le abbondanti precipitazioni dei giorni precedenti. Tutto ciò portò a una tragedia che il territorio di quella vallata segnato dall’imponente onda indossa ancora a imperitura memoria.

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La favola musicale di Caldonazzo. Il 24 novembre una mostra e tanta musica con il gruppo Straghenga per ricordare il complesso a plettro

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’era una volta in Valsugana, nel ridente paese di Caldonazzo… …. Potrebbe iniziare così l’avventura di sette innamorati della musica che nel 1930 decisero di fondare una loro orchestrina. Era il tempo in cui spopolavano i romanzi del veronese Emilio Salgari ; in particolare Sandokan ed i pirati della Malesia e forse furono questi personaggi pirateschi, giocatori incalliti che dissipavano a dadi e carte i tesori accumulati, ad ispirare il nome del complesso: lo chiamarono Bisca e loro naturalmente diventarono i biscazzieri. Fu una scelta ironica visto che erano tutti personaggi di grande affidabilità e serietà. Dal primo mandolino Davide Murari, detto del Monte perché abitante sul monte Rive ai mandolinisti Italo Chiesa ed Ettore Ciola, a Quirino Bort appassionato di mandola, ed i chitarristi Vittorino Sartori, soprannominato e, di fatto, maestro de posta, Lino Nicolussi e Fausto Campregher. Il complesso era dunque per strumenti a plettro, come si addiceva ai tempi in cui trionfava il trentino Club mandolinistico Armonia diretto da Giacomo Sartori di Ala, al quale si devono composizioni capaci di ispirare anche

alcune celebri suonate partenopee. Dal Lehar del mandolino, come era detto Sartori. trassero parte del repertorio anche i nostri biscazzieri che, tuttavia seppero comporre brani propri ispirati a fatti divertenti del paese e adattare al proprio pubblico sonate latino americane. D’altra parte il sodalizio della Bisca fu forse ispirato anche dal pittore Luigi Prati Marzari, emigrato nel 1928 in Brasile, ma che un anno prima aveva fondato un complesso jazz di cui facevano parte il professor Umberto Mattalia al violino, Danilo Prati Bisca in pineta

alla cornetta e alla chitarra Emilio Ciola e Luigi Begher. Repertorio a parte, lo stesso Marzari aveva raccolto una passione già nata all’inizio degli anni Venti quando era nato il “Quartetto Satana” con Luigi ed Ernesto Begher, Angelo Sadler e il fisarmonicista Moser e, quasi contemporaneamente il complesso a plettro diretto dal maestro Domenico Tiecher composto da Giuseppe Marchesoni, Emilio Ciola, Umberto Mattalia, Angelo Agostini, Prospero Tonezzer, Clemente Bort e Luciano Nicolussi. C’era una volta dunque in Valsugana un paese dove il pentagramma era una pagina di vita spesso travolto dalla passione, dall’improvvisazione, dall’ispirazione. A dispetto dei nomi trasgressivi ed anticonformisti i nostri suonatori frequentavano musicalmente l’oratorio dove accompagnavano sonoramente le proiezioni dei film muti. La loro bravura li portò sui prati, nelle molte taverne del paese, nei cortili, sulle rive del fiume Brenta dove si festeggiavano matrimoni e battesimi, feste patronali, cerimonie commemorative. Non ebbero vita facile perché l’arte è impegno e spesso sacrificio

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ma ebbero molto successo perché la loro non era solo musica ma anche e soprattutto comunicazione: trasmettevano simpatia, allegria, passione, serenità di gruppo. La seconda guerra mondiale obbliga a una pausa di riflessione ma nel 1945 La Bisca torna a riunirsi e, oltre a Quirino Bort, aderiscono Luigi Begher, Bruno Castagnoli, Giuseppe Menegoni e Giuseppe Gasperi, Camillo Campregher. Non disdegnano i nostri musicisti unire le voce al suono degli strumenti formando un gradevole coro. “La Bisca va forte, scrive Luciano De Carli, in un appassionato articolo. Suona in molte occasioni, invitata da associazioni pubbliche e private, in feste paesane. Il repertorio è vasto: dalla polka Primo Bacio al tango Donna Fatale, alla mazurka Fra le Rose e Tesoro Mio. Musiche di Bixio, Cherubini, Gottar1963 la Bisca

di…..” Tanto successo è consolidato dal buon piazzamento nel 1978 al concorso Slalom musicale della Rai ai cui microfoni si cimenta la Bisca con Italo Chiesa, Romeo Valentini detto Selvarotto, Bruno Castagnoli, Umberto Mattalia, Camillo Campregher, Vittorino Sartori, Giuseppe Campregher, Giuseppe Gasperi.Nel 1980 su ispirazione di Umberto Mattalia, primo violino, il Centro d’Arte La Fonte assieme alla Biblioteca, pubblicò un volumetto in occasione del cinquantesimo compleanno. La Bisca si arricchisce delle fisarmoniche di Albino Ducati e Marco Fortarel. Il tempo pare essersi fermato ma per alcuni di loro nati fra il 1914 ed il 1916 è corso anche troppo e nel 1987 La Bisca perde Davide Murari, Bruno Castagnoli e Giusep-

Anni 70 la Bisca

pe Gasperi. C’è l’inserimento del giovane Silvano Rigon, classe 1944 oggi unico sopravvissuto “ Amavo la musica e mi hanno chiesto di suonare. Ho comperato un mandolino al costo di 300 mila lire che ho donato poi al gruppo Folk di Caldonazzo”. Il dono segue lo scioglimento, nel 1990, della Bisca. Non mancava la voglia di suonare e lo spirito corsaro era ancora forte ma le dita faticavano sul plettro e l’età non perdona. La favola bella finisce. I biscazzieri però si affollano ancora nelle menti dei paesani e il 24 novembre prossimo, per iniziativa del vice sindaco e assessore alla cultura Elisabetta Wolf, sarà inaugurata una mostra con fotografie. Il 25 nel teatro concerto del gruppo Straghenga con Roberto Murari, anche lui del Monte, e Silvano Rigon. Nel 2019 sarà pubblicato un libro ricordo.

Anche quest’anno l’Associazione “DONNE DI CARZANO”, l’8 Dicembre dalle 9:00 alle 12:00 presso i “volti” del Municipio di Carzano, allestirà un mercatino a scopo benefico. Si potranno trovare ceppi, corone verdi, addobbi natalizi, ricami e altro ancora. Quest’anno inoltre saremo presenti al “Mercatino di Natale” di Levico il 2 Gennaio 2019 dalle 10:00 alle 19:00.

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50 anni dal suo omicidio, la storia e il mito di Martin Luther King non cessano di stupire e ispirare. Del resto, è innegabile, la sua figura d'uomo, prima ancora di quella di politico e pioniere, resta tutt'oggi salda e forte tra i grandi pilastri del XX secolo. Le ragioni di questa immutata stima nel corso del tempo sono molteplici: dai suoi famosi discorsi, le sue marce pacifiste, la sua reclusione, paziente e dignitosa, a quel grande sogno di uguaglianza e rispetto che ha rincorso per tutta la vita. Nato ad Atlanta (Georgia) il 15 gennaio del 1929, King è figlio di un pastore battista e cresce nel profondo sud degli Stati Uniti, area che più di tutte, e fin dalle prime colonizzazioni, vive in un pesante e costante clima di razzismo e segregazione. Nonostante ciò, la famiglia King ha la possibilità di offrire ai propri figli un'ottima educazione. Inutile dire che, nonostante le possibilità economiche della famiglia, Martin frequenta una delle poche scuole del Paese dove era permesso studiare anche alle per-

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L’eco di Martin Luther King a 50 anni dal suo assassinio

sone di colore. L'impegno e la dedizione costanti gli permettono di ottenete la laurea in Filosofia e di seguire poi le orme paterne diventando egli stesso pastore. Nonostante le difficoltà, egli decide comunque di continuare a vivere nel Sud dell'Alabama, a Montgomery, lanciando già così il primo dei tanti segnali di resistenza e lotta al sistema di segregazione. Scappare, pur avendone la possibilità, per cercare una vita più facile e sicura altrove non rientra tra i piani del giovane predicatore che vede già nella vicinanza al suo popolo in affanno il primo passo verso l'unione di una comunità decisa a farsi rispettare. Questo credo di uguaglianza ed emancipazione diventa il motore dell'azione di King che persegue i suoi obiettivi in maniera pacifista e non-violenta. Più il clima si fa ostile, più egli riesce a creare una comunità solida e attiva. Siamo negli anni ’50 e inizia a girare il Paese, partecipando a sit-in, marce, e mostrandosi sempre pronto in prima linea. In compagnia di altri attivisti per i diritti civili della comunità afroamericana,

 di Veronica Gianello

Il Presidente Obama, la First Lady con la famiglia e il figlio di Martin Luther King al National Memorial


fonda il Southern Christian Leadership Conference. L'obiettivo di questa associazione era di organizzare in modo chiaro i vari gruppi attivisti sparsi nelle singole parrocchie e città e di dare un'autorità di riferimento al movimento per i diritti. Così facendo, King inizia a creare una solida rete di persone che, come lui, hanno gli occhi del mondo puntati addosso. Rimane celebre la stretta di mano tra lo stesso King e l’allora presidente degli USA J.F. Kennedy, ma anche la solidarietà con altri attivisti. Tra tutti, King volle conoscere di persona Rosa Parks, oggigiorno famosa e conosciuta come la donna che venne arrestata perché si rifiutò di cedere il proprio posto sul bus a un uomo bianco. Quell’episodio diede il via a una delle manifestazioni di resistenza più ricordate nella storia dell’emancipazione della popolazione di colore. I diversi gruppi di attivisti di colore del Paese organizzarono uno spettacolare boicottaggio dei mezzi pubblici locali, mettendo in ginocchio l'amministrazione locale. Il boicottaggio durò ben 382 giorni; fu una protesta pacifica,

seppure dura. Soprattutto però fu una protesta che mai come prima di allora portò la situazione razziale americana e la lotta in corso, sotto gli occhi di tutto il mondo. È l'inizio di una battaglia che per King durerà tutta la vita, una battaglia pacifica che lo porterà a marciare per la causa dei neri fino alla morte. Nel 1963 organizza proprio una delle sue marce, la più grande e memorabile, quella che, grazie alle sue parole, lo

porterà a incidere il suo nome nella storia, a essere ricordato come abile e sincero oratore, a venire recitato a voce alta, e pensato, nello sconforto, per portare speranza e ottimismo. Siamo a Washington e oltre 200mila persone sfilano davanti al Lincoln Memorial per far sentire che ci sono, che il tempo della discriminazione deve finire, che il popolo nero non deve più essere silente e remissivo. È proprio in questa occasione che King pronuncia il più famoso dei suoi discorsi: «I have a dream». Gli anni che seguono creano un vortice sempre più pericoloso tra la riconoscenza a King come rivoluzionario pacifista - vincerà infatti il Nobel per la Pace nel 1964 - e il crescente odio dei clan razzisti nei confronti del suo operato. La crescente violenza che questi opposti pensieri creano portano al più tragico degli eventi. Nella notte del 3 aprile del 1968, mentre si trovava a Menphis per sostenere un gruppo di attivisti locali, Martin Luther King venne assassinato. Aveva solo 39 anni.

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GIOVANI, SESSO e affitti gratis  di Patrizia Rapposelli

Free rent for service” Un fenomeno che dilaga. Un fatto sociale concreto. Un mood vicino a noi più di quanto si possa pensare. Si parla di “affitto gratuito in cambio di servizi”. Diciamo di giovani sempre più disposti a prostituirsi e concedere favori sessuali in cambio di alloggi gratis. Internet facilita il passaparola; infatti il punto di partenza è dato dall’annuncio su un sito internet, seguito da una mail dalla quale nasce una telefonata, per poi mutarsi in un appuntamento al bar dal quale prende forma il “contratto”. Gli annunci pubblicati, secondo ricerche web, sono lanciati da siti più comuni, quelli che noi tutti conosciamo, da Kijiji, Porta Portese, Bakeka, Vivastreet; il punto è saper cercare, in quanto di solito le inserzioni sono camuffate sotto espressioni “per ragazza” o “in cambio di prestazioni” o ancora “cerco aiuto domestico” ed il prezzo dell’affitto non viene specificato. Ecco l’appartamento, la stanza e il conteggio dei rapporti. Generalmente i protagonisti della vicenda sono uomini di mezza età, giovani studentesse o perché no di rado donne di mezza età in cerca di giovani studenti; abituati a guardare il fenomeno “sesso service” come unilaterale sul fronte femminile, in questo caso è bene considerare la generalità del fatto. La ricerca di servizi sessuali in cambio di qualcosa non sorprende, ma piuttosto allarma la facile disponibilità

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che dilaga tra il mondo studentesco. Si va su internet, ci si affida ad una bacheca virtuale, un portale annunci e da li si spera che dall’altra parte qualcuno risponda, magari uno studente fuori sede, senza troppi soldi. Disposto. E lo si trova. Se molteplici sono i messaggi di “disponibilità” alloggi altrettanti i riscontri. RepubblicaTv aperta un’inchiesta è entrata in diverse facoltà dalle quali emerge un’idea comune che sconfina nel pensiero che il consenso al servizio sessuale in cambio di affitto non si faccia per necessità, ma per avere una via più facile. La crisi globale e l’evoluzione della nostra epoca sul piano economico, sociale e culturale hanno avuto i loro effetti, conseguenze che non tardano a creare situazioni allarmanti: poche possibilità e futuro incerto sono le parole chiave. Privati di giudizio e di moralismi ci si può chiedere se basta come giustificazione.

La società d’oggi tende a privare di significato le azioni che si compiono, da ciò tutto è lecito, tutto giustificato, tutto comprensibile, ma il problema sta nell’affrontare e soprattutto sfidare l’attuale emergenza educativa arrivando al cuore del più importante dovere della comunità, la crescita delle nuove generazioni, il futuro. È l’epoca dell’instabilità emotiva dei giovani dove è necessario capire e interpretare in modo non superficiale l’evoluzione di cultura e linguaggio; identità deboli, in continua raffigurazione, dove non è mai chiaro il punto d’equilibrio che stabilisce la coerenza comportamentale, ma la radice dell’instabilità emotiva-morale la si ha a partire dall’adulto stesso e dal sistema in cui un giovane è inserito. Del resto è l’adulto ad aver trasformato le situazioni in un luogo di assoluta incertezza e indeterminazione dove ciò che conta è il profitto generale nel minor tempo possibile. “Free rent for service” è scenario di una delle tante forme speculative della società d’oggi. Chi offre soddisfa la sua sessualità ambigua, chi risponde trova un’opportunità di scorciatoia. Un profitto generale fatale se considerata nuova frontiera confortevole per affrontare la crisi. Ridondante è la parola “educazione”, ma ad oggi si è ad un bivio: assottigliamo l’ostacolo con la scorciatoia o iniziamo a rispondere alle sfide consapevolmente?


MONICA VITTI

 di Sabrina Mottes

"Le donne mi hanno sempre sorpreso. Le donne sono forti ed hanno la speranza nel cuore e nell'avvenire”

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aria Luisa Ceciarelli, in arte Monica Vitti, nasce a Roma il 3 novembre 1931 da madre bolognese e padre romano. La passione per il teatro la scopre durante la guerra, periodo in cui inventa spettacoli con i burattini per distrarre se stessa e i fratelli. Dopo il diploma all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, nel 1953, inizia a lavorare in teatro facendosi notare per la bravura e l’intensità della recitazione, interpretando in modo sublime sia i drammi di Shakespeare che il giocoso Molière. In questo periodo sceglie il nome d’arte Monica Vitti, ricordando nel cognome la madre, che di cognome faceva Vittiglia. Nel 1959 gira il suo primo film, “Le dritte” e poco dopo incontra il regista

Michelangelo Antonioni, con cui inizia una relazione durata poco più di quattro anni e di cui diventa la musa ispiratrice. Nei quattro film di Antonioni “L’avventura”, “La notte”, L’eclisse” e “Deserto rosso”, la Vitti interpreta alla perfezione le inquietudini, le nevrosi e il disagio delle donne in un momento storico a cavallo tra il mondo borghese tradizionalista e senza speranza e la spinta verso l’emancipazione che però porta con sé anche una parte di decadenza morale. Verso la metà degli anni Sessanta, Monica scopre la sua vena comica, alternandola da lì in poi ai ruoli drammatici. Sensuale, eclettica, intensa, a tratti grottesca, diventa una delle attrici comiche migliori del cinema italiano della seconda metà del Novecento, scalzando il ruolo fino ad allora detenuto solo da attori maschi e lavorando con e al pari di colleghi quali Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman. Così, nel 1968 interpreta “La ragazza con la pistola” di Monicelli, nomination all’Oscar come migliore film straniero. Nel 1969, lavora in “Amore mio aiutami”, di Alberto Sordi. Seguono nel 1970 “Dramma della gelosia” e “Tutti i particolari in cronaca” di Ettore Scola. E poi “L’anatra all’arancia”, “Io so che tu sai che io so” e molte altre pellicole, in un’alternanza di cinema, teatro e televisione, dove recita tra l’altro accanto ad Eduardo De Filippo ne “I cilindri”. Per brevi periodi viene diretta

A mezzanotte va la ronda del piacere

anche da registi stranieri, come Buñuel e Losey. In alcuni suoi film, come sua controfigura, troviamo una ancora sconosciuta Fiorella Mannoia, la nota cantante che iniziò la sua carriera come stuntman. Monica Vitti debutta alla regia del 1990, vincendo il Globo d’oro come regista e interprete de “Scandalo Segreto”. Nel 1993 esce il libro autobiografico “Sette sottane”, che prende il titolo dal suo nomignolo infantile “Setti vistìni”, dovuto al fatto che, essendo molto freddolosa, indossava molti vestiti per coprirsi dal freddo. La sua ultima apparizione pubblica risale al 2002, alla prima teatrale di “Notre Dame de Paris”. Successivamente si ritira dalle scene e dalla vita pubblica per ragioni di salute, essendo affetta da una malattia degenerativa. La sua vita sentimentale, a parte la storia con Michelangelo Antonioni, è segnata dalla relazione con il direttore della fotografia Carlo Di Palma e dal matrimonio con Roberto Russo, fotografo di moda, con cui si è sposata nel 2000 dopo 27 anni di fidanzamento e che la accudisce e assiste ancora oggi, nella loro casa di Roma.

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MEDICINA&SALUTE

Sonno e bambini

 di Erica Zanghellini

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na delle dure prove con le quali quasi ogni genitore si trova a dover fare i conti con l’arrivo di un bambino è quella che siamo abituati a chiamare “il problema” del sonno. Cerchiamo “ricette” miracolose per far dormire i bambini tutta la notte, ma c’è un problema di fondo, non si tiene conto della fisiologia del sonno. Il loro sonno è diverso dal nostro, per cui dobbiamo modificare le nostre aspettative. Quando il bambino nasce e per i primi mesi di vita, il piccolo dovrebbe passare circa 15-20 ore al giorno a dormire. Col passare del tempo le ore dovrebbero diminuire fino ad arrivare in adolescenza alle canoniche 8 ore. È bene ricordare che non ci sono regole fisse, ognuno è a sé ma, a grandi linee, possiamo dire che la quantità di sonno cambia a seconda delle varie fasi di vita. Si modifica in relazione al nostro stadio evolutivo, dal massimo picco nei neonati si decrescere gradualmente man mano che il tempo scorre, fino ad arrivare a circa 6 ore per notte durante la vecchiaia. Cominciamo a capire un po’ meglio la fisiologia del sonno e capire di conseguenza perché inseguiamo una chimera nel cercare di far dormire i neonati tutta la notte. Il sonno è caratterizzato da

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fasi che si susseguono e si ripetono più volte durante la notte. Il ciclo del sonno dei bimbi è diverso dal nostro, sia per la durata complessiva di ogni sequenza, sia per come è composto. Gli adulti hanno un ciclo all’incirca di un’ora e mezza o due, e si compone nel seguente modo: ci servono circa venti minuti per passare da uno stato di sonnolenza al vero e proprio addormentamento. Da qui, si passa da una fase di sonno leggero a uno di sonno profondo, in cui ci ristoriamo dalla fatica fisica della giornata. Nella fase Rem che per così dire chiude la sequenza, si sogna e alla fine di questo stadio riinizia un nuovo ciclo. Il passaggio di chiusura, l’incipit di un nuovo ciclo, è un momento delicato in quanto ci si può facilmente svegliare. Durante l’alternarsi dei diversi cicli di sonno, infatti, si possono avere dei micro risvegli,

e se pensate che nei bambini i cicli sono più brevi capite perché possono svegliarsi più spesso. Se con la crescita la durata dei risvegli diminuisce progressivamente fino ad arrivare a pochi secondi, come capita a noi, per i minori questi risvegli possono essere difficili da affrontare. Spesso gli infanti richiedono la vicinanza dell’adulto per lasciarsi andare di nuovo nel sonno, ed ecco che quindi scatta il pianto per richiamare l’attenzione delle figure di riferimento e far sì che l’adulto si prenda cura di lui. Ricordiamoci inoltre che le funzioni che il sonno assolve nei piccoli sono molteplici, dallo sviluppo cerebrale, al consolidamento delle memorie di quanto appreso, al rafforzamento del sistema immunitario, al ripulire il cervello dalle sostanze tossiche prodotte durante la veglia, e infine favorire la secrezione dell’ormone della crescita. Queste funzioni fondamentali sono necessarie per uno sviluppo sano dei bambini ed è per questo che gli adulti dovrebbero rispettare i ritmi del bambino e non forzarlo con metodologie parti-


colari a dormire a comando. I bambini sono capaci di regolarsi autonomamente, sia quando addormentarsi, sia quando risvegliarsi. Il pianto, lo mettono in atto quando si svegliano perché ha la funzione di comunicarci un loro bisogno e, grazie alle risposte che il genitore dà, il minore acquisisce fiducia negli altri e nelle proprie competenze. Questo non vuol dire che il genitore deve scattare come un soldatino appena il proprio figlio produce una vocalizzazione, a volte infatti basta aspettare qualche secondo e riesce a riaddormentarsi da solo, altre volte invece basta una parola o una carezza; l’importante è non lasciarlo piangere fino allo stremo. Infine, voglio ricordare che esistono le sleep regression, che sono dei periodi precisi, in cui il bambino diventa più esigente in termine di contatto fisico con le proprie figure di attaccamento durante il giorno, mentre durante la notte, sembra “perdere” i ritmi del sonno acquisiti. Il motivo fisiologico che si cela dietro a queste regressioni è imputabile all’apprendimento di nuove abilità. Sono fasi che durano qualche giorno e anche se ci mettono a dura prova, ricordiamoci che sono necessari per la crescita di nostro figlio e aumentare la sua autonomia. Ora, se avete capito come funziona il sonno nei bambini, avrete anche compreso perché risulta difficile che il bimbo riposi tutta la notte senza svegliarsi. Quello che possiamo fare è essere pazienti, creare un rituale per aiutare il bambino a lasciarsi andare nel sonno ed essere fiduciosi che col tempo imparerà a gestire da solo i risvegli rendendo la nostra notte più tranquilla. Dott.ssa Erica Zanghellini • Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento - Tel. 3884828675

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Cento anni fa finiva la

Grande guerra  di Elisa Corni

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i primi di novembre di cento anni fa si concludeva la Prima guerra mondiale che i contemporanei battezzarono Grande guerra, per le dimensioni degli eserciti schierati, per il numero di mobilitati e di caduti, per le risorse tecnologiche ed economiche messe in campo: si trovarono di fronte a un conflitto senza precedenti. La guerra ebbe iniziò nell’estate del 1914 per concludersi quattro anni e mezzo dopo. Gli eserciti mobilitarono circa 70 milioni di maschi adulti; di essi, circa 9 milioni morirono in battaglia o per le conseguenze delle condizioni di vita sul fronte. A questa enorme massa di caduti vanno aggiunti milioni di vittime dell’epidemia “spagnola”, che sul finire del conflitto fece strage tanto di soldati quanto di civili. La guerra era scoppiata come una crisi locale (fra Austria-Ungheria e Serbia) ma si era presto trasformata in un conflitto fra le principali potenze europee: Francia, Gran Bretagna, e Russia, (l’Intesa), scese in campo a fianco della Italia - I Guerra Mondiale - fanti classe 1888

Serbia, Germania, Impero ottomano, e Bulgaria, a sostegno degli Asburgo (la Triplice Alleanza). In un primo tempo l’Italia restò in disparte, consapevole della propria debolezza militare. Dopo un duro scontro politico, nella primavera del 1915 gli interventisti ebbero la meglio sui neutralisti: l’Italia entrò così in campo a fianco dell’Intesa. Solo nel 1917 la guerra era divenuta mondiale, quando i terribili danni economici provocati dalla guerra sottomarina tedesca (per bloccare i rifornimenti all’Intesa provenienti attraverso le rotte atlantiche), avevano provocato la discesa in campo della potenza nordamericana, desiderosa di difendere i propri interessi economici. Nel frattempo, la Russia era uscita dalla guerra. Una guerra così moderna mise a dura prova l’antiquato impero zarista. Dalla duplice rivoluzione era uscito un governo rivoluzionario, guidato da Lenin. Esso divenne lo spauracchio delle potenze capitalistiche, sia quelle vincitrici che quelle vinte. La guerra, iniziata nell’aspettativa di essere breve, si trasformò in un logorante conflitto bloccato su contrapposti sistemi di trincee; soprattutto sul fronte occidentale, sul confine tra Francia e Germania guglielmina, le ripetute e sanguinose offensive dell’una e dell’altra parte furono di regola bloccate

Trincea italiana sulle Alpi durante la prima guerra mondiale

dalla difesa, costringendo gli eserciti a lunghi periodi di stallo. Anche se nell’ultimo biennio (1917/18) i vari comandi militari modificarono le tattiche d’attacco, riducendo così in modo significativo le perdite, la Prima guerra mondiale portò in campo la cosiddetta “guerra di posizione”. Quella iniziata nel 1914 era una guerra che non poteva certo risolversi con una netta vittoria sul campo; avrebbe potuto concludersi soltanto attraverso un logoramento più intenso di una parte rispetto all’altra (il cosiddetto “attrito”). E fu così che il tempo ebbe un terribile effetto sui diversi fronti: per esempio, l’esercito zarista uscì di scena a causa della rivoluzione all’interno; l’esercito austro-ungarico, invece, si disgregò gradualmente nelle ultime settimane di guerra non tanto a causa dell’offensiva italiana, quanto per le crescenti tensioni interne fra le varie nazionalità che componevano l’impero; sul fronte occidentale, infine, fu il cedimento del fronte interno a determinare la sconfitta tedesca. In Trentino, sul fronte alpino, nei primi giorni di novembre di cento anni fa le truppe italiane avanzarono accompagnate da quelle inglesi, sancendo la pace e l’annessione di queste terre al Regno d’Italia.

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NEARDERTHAL il che c'è in noi

 di Marco Nicolò Perinelli Una storia che inizia in Africa 7 milioni di anni fa

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i siete mai chiesti come e quando siamo diventati "esseri umani"? E cosa significa essere "umani"? Non è una domanda filosofica, ma quella che ci siamo posti il 4 ottobre di quest'anno sul palco del teatro Zandonai, in occasione della Rassegna internazionale del Cinema Archeologico di Rovereto. Insieme al paleoantropologo Giorgio Manzi abbiamo cercato di capire quando i nostri progenitori si sono trasformati da curiose scimmiette in esseri capaci di dominare gli elementi. Da molto tempo la scienza si interroga sull'origine dell'uomo, almeno da quando il naturalista britannico Charles Darwin, in modo sibillino, insinuò il dubbio, nell'ultima pagina del suo "L'origine della specie", che anche l'uomo avrebbe potuto essere il frutto di una evoluzione. Con le parole "sarà gettata la luce sull'origine dell'uomo e della sua storia", mise in discussione la teoria creazionista, parlando del meccanismo di selezione naturale che ha portato allo sviluppo

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delle forme animali moderne. Poco meno di duecento anni di storia di una scienza, quella della paleoantropologia, fatta di scoperte continue, di piccoli passi avanti e talvolta indietro. Così abbiamo capito che l'uomo di Neanderthal, i cui resti furono scoperti nel 1865, Oetzi la mummia del Similaun e una ricostruzione dell'Uomo venuto dal ghiaccio. pochi anni dopo la archeologiavocidalpassato WordPress.com pubblicazione degli studi di Darwin, non era un progenitore ominidi che si misero a camminare su dell'homo sapiens, ma un suo cugino due zampe e le usarono per spostarsi con il quale i nostri antenati ebbero a in diverse direzioni e proprio lì si sarebbe che fare. L'uomo moderno, così come poi sviluppato, in epoca molto più reil genere umano nel suo insieme, ebbe cente, l'Homo sapiens, il genere di cui origine in Africa, e più precisamente anche noi facciamo parte. I singoli nella zona orientale del continente gruppi ebbero evoluzioni parallele e nero. Proprio da lì, circa sette milioni di svilupparono abilità differenti, fino ad anni fa, mossero i primi passi, è proprio estinguersi con l'arrivo dell'Homo Sail caso di dirlo, quelle prime forme di piens che iniziò a fare la sua comparsa circa 200 mila anni fa. Un percorso lunghissimo, che ha portato a forme sempre più evolute e sempre più simili a noi. Tra loro proprio i Neanderthal, del quale si può vedere anche una bella ricostruzione nel M.U.S.E. di Trento, che circa 400.000 anni fa cominciarono a colonizzare il territorio dell'Europa. Già pochi anni dopo il ritrovamento dei fossili della valle di Neander, gli studiosi capirono che quello non poteva essere l' "anello mancante", ovvero quella creatura che avrebbe rappresentato la congiunzione tra le scimmie e l'uomo. Così la ricerca proseguì e iniGruppo di ominidi - Enciclopedia Britannica ziarono a emergere nuovi fossili, sempre


più antichi nel tempo, che raccontavano una storia molto lunga. Ci vollero molti anni, ma quando gli studi si spostarono finalmente in Africa, cominciarono a emergere sempre più testimonianze di questo lontano passato, a partire da quando un giovane anatomista, Raymond Dart, nel 1924 si imbattè in un reperto straordinario, i resti fossili, tra cui la scatola cranica e l'impronta del cervello, di un cucciolo di circa tre anni: lo studio di questi resti gli permise di capire che si trattava di un ominide dalla postura eretta e con una dentatura

simile alla nostra, vissuto circa 2 milioni e 300 mila anni fa. Scoperta dopo scoperta, è stata ricostruita la storia dell'evoluzione umana, un percorso tutt'altro che lineare, ma un albero con molti rami, dove al vertice si trova l'Homo Sapiens. L'uomo moderno e l'uomo di Neanderthal, le cui strade si erano geneticamente separate in Africa 700-500 mila anni fa, si incontrarono dunque e non solo, ebbero modo di conoscersi anche intimamente, circa 120.000 anni fa nella penisola arabica, tanto che la scienza genetica ha trovato

una traccia di quell'antico cugino nell'uomo moderno non africano, un piccolo Neanderthal dentro ciascuno di noi. L'Homo Sapiens, proveniente dall'Africa orientale, soppiantò in breve tempo i primi colonizzatori europei, i cui ultimi esemplari vissero fino a circa 40 mila anni fa, e li sostituì, portando però con sé una traccia indelebile di quei primi contatti. Marco Nicolò Perinelli è Archeologo e giornalista

A destra il professor Manzi

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GRAZIE TRENTINI GRAZIE VALSUGANA!

 di Waimer Perinelli

Maurizio Fugatti Governatore del Trentino racconta l’esperienza politica. Ora dice dobbiamo difendere, tutti assieme, la salute pubblica, l’economia e la bellezza del nostro territorio.

“Quando frequentavo le scuole superiori a San Michele, racconta, mi recavo in classe con il quotidiano l’Indipendente di Feltri sotto il braccio e la cosa Maurizio Fugatti, neo Presidente della non era proprio Provincia autonoma di Trento, riconosce gradita da tutti gli un ruolo importante alla valle, dove ha insegnanti”. Il giorcostruito la vittoria prima alle elezioni nale nasce nel parlamentari sconfiggendo Lorenzo Del- 1991 e la sua linea politica è dettata lai e poi alle regionali. Il Governatore nasce a Bussolengo di dagli editori, un Verona il 7 aprile del 1972. I suoi gruppo di indugenitori abitavano a Borghetto all’Adige striali, Falk, Gare scelsero l’ospedale veronese, equidi- dini, Moratti e la Maurizio Fugatti con Salvini, il sindaco di Novaledo, Mirko Bisesti stante da Rovereto, perché dotato di Banca Euromobi(Segretario della Lega Trentino) e neo consigliere proviciale e Roberto Paccher un reparto di ostetricia fra i più qualificati liare.” A 21 anni si iscrive alla Lega nord. E’ in Italia. La politica entra presto nella sua vita. Il fra i primi trentini ad accorrere alle ma- gente e Bossi è un grande comunicatore”. padre è amministratore comunale ad nifestazioni di Bossi. Avio, lo zio è segretario comunale del “Un visionario, dice, nel senso di un Nel 1994 il successo del centro destra uomo che ha sogni, con Berlusconi. Patt. intuizioni, visioni. Nel 1998 Fugatti è candidato alle elezioni Bossi incontra Pruner, provinciale dove raccoglie oltre 400 Tretter e coglie lo spi- consensi. Non entra in Consiglio ma rito dell’ autonomia. nel 2000 è consigliere comunale ad E’ il politico che ha Avio in una maggioranza composta da saputo creare un Lega, Forza Italia e Patt. partito dal nulla. E Ad Avio vive. Laureato in scienze polinon c’erano gli at- tiche all'università di Bologna, di protuali social. Non si fessione commercialista, sposato, ha poteva cioè comu- due figli gemelli di 8 anni. nicare con tante La corsa politica non si ferma. Nel persone senza ve- 2005, a 33 anni, diventa segretario derle. La campagna politico della Lega Nord del Trentino. elettorale era fatta L'anno dopo alle elezioni politiche viene Mauruzio Fugatti con Matteo Salvini, Stefania Segnana sul territorio fra la eletto alla Camera dei Deputati. e Alessandro Savoi a Borgo Valsugana - da Ildolomiti

“La Valsugana è il simbolo della vittoria elettorale in Trentino. In questa valle abbiamo rovesciato una situazione giudicata immutabile”.

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Maurizio Fugatti a Novaledo

Il 2008 è il suo anno fortunato viene eletto sia in Parlamento che in Consiglio Provinciale da cui si dimette poco dopo per l'incompatibilità. E’ durante questa prima esperienza parlamentare che incontra Matteo Salvini. Due anni di intensa collaborazione a Montecitorio. “Un lavoratore instancabile, leale, capace di motivare e trascinare e, come si vede attualmente al governo, in grado di costruire e comunicare”. Il 2013 un anno incerto. Candidato al Parlamento non viene eletto perchè non scatta il seggio. Non demorde, sicuramente non gli manca la determinazione, non si scoraggia facilmente. Lo stesso anno è candidato presidente della Provincia della Lega nord e dei Cattolici Europei Uniti. Ottiene il terzo posto ed entra in Consiglio Provinciale. Il 4 marzo 2018 è candidato per la Lega nord alle elezioni parlamentari e viene eletto nel collegio della Valsugana che comprende la Valle di Fiemme e la

Bersntol; ottiene il 44,6 per al modello trentino.” cento dei consensi. Il 10 aprile Con la Valdastico il Veneto è più viciè deputato e il 13 giugno è no. sottosegretario alla Salute del “La Valdastico è un’opportunità. Visiogoverno Conte formato da neremo per correttezza il progetto che pare sia stato sottoscritto dalla preceLega e Cinque Stelle. Il resto è storia di questi giorni. dente amministrazione con la Regione Il 21 ottobre è eletto Presi- veneto in cui si prevede l’uscita a Trento dente della Provincia auto- sud ma il nostro obiettivo rimane il noma in una lista compren- tracciato con uscita a Rovereto. Lavodente oltre alla Lega, Forza reremo anche ad una utilizzazione diItalia, Fratelli d’Italia, Auto- versa della Statale 47 che non può nomisti Popolari, UDC Centro reggere l’attuale flusso di traffico”. Popolare, Civica Trentina, As- A Borghetto c’è l’antico confine fra sociazione Fassa, Agire. Dal Repubblica di Venezia e Impero d’Austria 1946 è il primo Governatore di centro Ungheria, da una parte il Leone di San Marco, dall’altra l’Aquila. Oggi sono destra. E’ stata una corsa predestinata c’è chi due regioni di un’Italia governata anche la acclamava vincitore prima del voto. dalla Lega. “Ed era sbagliato perché noi trentini Sentirà nostalgia della carica di sottonon amiamo gli sbruffoni, quelli che si segretario? vantano prima della competizione. Sia- “Si perché con Salvini si lavora bene, si mo gente prudente, equilibrata e con collabora. Ma come dice un motto lagrande senso di responsabilità. Abbiamo tino,attribuito da Plutarco a Giulio Cela capacità di controllare le emozioni e sare: meglio primo in Gallia che secondo l’entusiasmo. Ma siamo determinati”. a Roma.” In campagna elettorale è stato accusato di voler trasformare il Trentino nell’ottava provincia del Veneto. “E’ per questo che hanno perso, dice Fugatti, e proseguendo su questa linea perderanno ancora. Hanno detto una bugia senza senso perché proprio la Lega sta proponendo l’autonomia sia del Veneto che della LomMaurizio Fugatti con Matteo Salvini, L'On.le Stefania Segnana bardia riferendosi anche e il neo consigliere provinciale Robero Paccher

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elezioni IN TRENTINO 2018 PRESIDENTE

MAURIZIO FUGATTI

3.677 VOTI

GIULIA ZANOTELLI

3.930 VOTI

MIRKO BISESTI

VANESSA CATTOI

GIORGIO LEONARDI

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1. 049 VOTI

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ALESSIA AMBROSI

2. 212 VOTI

IVANO JOB

ROBERTO FAILONI

1. 363 VOTI

1.312 VOTI

2.345 VOTI

GIANLUCA CAVADA

MATTIA GOTTARDI

2.060 VOTI

DEVID MORANDUZZO

1. 044 VOTI

KATIA ROSSATO

ROBERTO PACCHER

980 VOTI

2. 116 VOTI

2. 313 VOTI

CLAUDIO CIA

RODOLFO BORGA

1. 763 VOTI

1. 455 VOTI

DENIS PAOLI

1.21 5 VOTI

MARA DALZOCCHIO

STEFANIA SEGNANA

1.74 5 VOTI

MARIO TONINA

1.570 VOTI

1. 952 VOTI

WALTER KASWALDER

2. 507 VOTI

2.016 VOTI


LUCA GUGLIELMI

ALESSIO MANICA

651 VOTI

2.00 4 VOTI

PAOLO GHEZZI

PIETRO DE GODENZ

LUCA ZENI

5. 273 VOTI

2.965 VOTI

MICHELE DALLAPICCOLA

UGO ROSSI

1.019 VOTI

LEGA NORD TRENTINO PROGETTO TRENTINO AGIRE PER IL TRENTINO CIVICA TRENTINA FASSA AUTONOMISTI POPOLARI FORZA ITALIA FRATELLI D'ITALIA UDC

Voti: 69.117 Voti: 8.251 Voti: 5.458 Voti: 11.769 Voti: 2.490 Voti: 7.627 Voti: 7.204 Voti: 3.687 Voti: 5.315

27,09% 3,23% 2,14% 4,61% 0,98% 2,99% 2,82% 1,45% 2,08%

UNIONE PER IL TRENTINO FUTURA CON PAOLO GHEZZI PARTITO DEMOCRATICO

Voti: 10.137 Voti: 17.660 Voti: 35.518

3,97% 6,92% 13,92%

PATT MOVIMENTO 5 STELLE RICONQUISTARE L'ITALIA

Voti: 32.104 Voti: 18.453 Voti: 341

12,58% 7,23% 0,13%

FONTE: PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

1. 884 VOTI

GIORGIO TONINI

4. 090 VOTI

SARA FERRARI

2. 689 VOTI

PAOLA DEMAGRI

FILIPPO DEGASPERI

494 VOTI

4.406 VOTI

ALESSANDRO OLIVI

1. 691 VOTI

LUCIA COPPOLA

1.719 VOTI

5.71 2 VOTI

LORENZO OSSANNA

1.83 4 VOTI

746 VOTI

ALEX MARINI

CASAPOUND ITALIA MOVIMENT LADIN DE FASCIA

Voti: Voti:

1.215 1.891

0,48% 0,74%

L'ALTRO TRENTINO A SINISTRA LIBERI E UGUALI

Voti: Voti:

2.101 3.555

0,82% 1,39%

POPOLI LIBERI TRE AUTONOMIA DINAMICA

Voti: voti: voti:

2.285 3.817 5.120

0,90% 1,50% 2,01%

Totale votanti: 275.012 Sche de bianche: 3.04 4 5.333 Sche de nulle o contenenti solo voti nulli: Voti Contestati e non attri buiti: 20

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IL PARERE SULLA ELEGGIBILITà DI FUGATTI D

opo il 21 ottobre e la vittoria di Maurizio Fugatti alle elezioni provinciali è stata presentata, da alcuni elettori tramite legale, una richiesta di parere all’Ufficio Centrale Circoscrizionale, per verificare la possibile ineleggibilità dello stesso Fugatti all’interno del Consiglio Regionale, in quanto, al momento del voto, era segretario di Stato e pertanto, a detta degli istanti, membro del Governo e quindi non candidabile ai sensi dell’art. 10 Legge Regionale 7/1983. Per avere più chiara la situazione occorre compiere una breve analisi della normativa di riferimento, cioè la Costituzione, la legge n. 400/1988 e la Legge Regionale n. 7/1983. L’art. 92 Cost. precisa che: “Il Governo della Repubblica è composto dal Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i ministri.” L’art. 1 della Legge 400/1988, al capo 1 ed in relazione agli organi di governo, non si discosta dalla Costituzione: “ Il Governo della Repubblica e’ composto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.”, al comma 2 del summenzionato articolo, la legge prevede: “Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.” Per quanto riguarda i sottosegretari di stato, ai sensi dell’art. 10 Legge 400/1988: “sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro che il sottosegretario è chiamato a coadiuvare, sentito il Consiglio dei Ministri.” Al comma 2 dell’art. 10 si prevede che: “prima di assumere le funzioni i sottosegretari di Stato prestano giuramento nelle mani del Presidente del Consiglio

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Fugatti giura da sottosegretario - LaVocedelNordEst.it

dei Ministri con la formula di cui all’articolo 1.” L’art. 10 della Legge Regionale TAA n. 7 dd. 08.08.1983 alla lettera a) prevede, come possibili cariche ricoperte che comportano la non eleggibilità: “i membri del Governo ed i Commissari del Governo per le Province di Trento e Bolzano.” E’ pertanto evidente che, l’inserimento della figura del sottosegretario di stato al capo 1 della Legge 400/1988, dove si parla di organi del governo, possa portare ad una interpretazione restrittiva dell’art. 10 della Legge Regionale, con tutte le conseguenze del caso. Sul punto però occorre valutare anche l’orientamento della stessa Corte Costituzionale che, in punto di cause di non eleggibilità e quindi di elettorato passivo, lo fa rientrare nell’alveo dei diritti fondamentali ed inviolabili di cui all’art. 2, che può essere violato solo per motivi adeguati e ragionevoli e finalizzati alla tutela di un interesse generale ed in particolare: “le cause di ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione e devono comunque rigorosamente contenersi nei limiti di quanto sia ragionevolmente indispensabile per garantire la soddisfazione delle esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate.” (In tal senso Corte Costituzionale sentenza n. 46/1969). Nel caso specifico l’art. 10 della Legge Regionale 7/1983, entrato in vigore

 di Zeno Perinelli prima della Legge 400/1988, fa riferimento generico a membri del governo, quindi sicuramente al Capo del Consiglio e ai Ministri che giurano nelle mani del Capo dello Stato, come previsto dall’art. 92 Cost., meno automatico appare estendere il ragionamento, di non eleggibilità, anche ai sottosegretari di stato, il cui ruolo politico è sicuramente diverso, tanto più che prestano il proprio giuramento nelle mani del Presidente del Consiglio dei Ministri e sono meri delegati dei Ministri di riferimento, rimanendo comunque in capo al singolo ministro la responsabilità politica e i poteri di indirizzo politico ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione (art. 10 comma 3 Legge 300/1988). Si comprende pertanto come, il ruolo e la figura del segretario di stato, siano nettamente distinti dal Governo in senso stretto individuato dagli artt. 92 Cost. e art. 1 Legge 400/1988, quindi, con una stretta interpretazione dell’art. 10 Legge Regionale n. 7/1983, si può escluderne l’applicazione nel caso dei sottosegretari di Stato. E’ però opportuno chiarire che si tratta di un’interpretazione della normativa in essere, come quella evidentemente data nel parere espresso dallo stesso Paolo Nicoletti direttore generale della Provincia e quindi possibile oggetto di critica o diversa valutazione del caso. In ogni caso sarà compito della Giunta per le elezioni - in seno al Consiglio Provinciale -statuire su un’eventuale ineleggibilità di Maurizio Fugatti ed i tempi per la decisione non sono determinati. Il provvedimento della Giunta potrà poi essere impugnato avanti alla giustizia ordinaria giudiziaria, ma prima di avere una decisione, con efficacia accertativa, dovranno essere esperiti tutti i gradi del giudizio e l’eventuale decisione della Suprema Corte di Cassazione.

L’avvocato Zeno Perinelli esercita a Trento, nello studio in Via Grazioli


Il Cardinale a braccetto con la trans  di Franco Zadra

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l Ciclo dei mesi è un gruppo di affreschi nella Torre dell'Aquila nel castello del Buonconsiglio di Trento, attribuiti al maestro Venceslao (documentato in città nel 1397). Risalgono alla fine del XIV secolo-inizio del XV e sono il migliore esempio di gotico internazionale in Trentino e uno dei più significativi dell'Italia settentrionale. A Trento tra gli ultimi anni del Trecento e il 1400 il principe-vescovo di Trento Giorgio di Liechtenstein commissionò l'opera a un artista straniero, probabilmente boemo, di nome Venceslao. Nel 1534 il Ciclo fu oggetto di un restauro conservativo commissionato dal principe vescovo Bernardo Clesio al Maestro restauratore Marcello Fogolino, come è documentato dal Morassi in un’antica pubblicazione del Bollettino dell’Arte (bollettinodarte.beniculturali.it); in quell’importante operazione di conservazione e rimedio a devastanti infiltrazioni d’acqua troviamo testimonianza di una piccola burla che il Maestro FoCiclo dei mesi - giugno

golino giocò al suo illustre committente che aveva Trento - Il principe vescovo Giorgio di Liechtenstein espresso il ritratto da Maestro Vences. - da Vita Trentina desiderio di venire raffigurato in uno dei riquadri Che il Fogolino non marcasse troppo della Torre. La scena riferita al mese di le caratteristiche fisionomiche del pergiugno che probabilmente rappresenta sonaggio è spiegabile per quel senso un corteo nuziale, vede infatti riprodotti di sottomessa discrezione che il pittore i tratti del Clesio nel personaggio di un avrà voluto serbare verso il suo comvecchio vestito di bruno. mittente. Ciò che poi non lascia dubbio «Porta egli un ampio berrettone - scrive è il corteo dei suonatori. Sul petto il Morassi - e una larga veste dalle lun- d'uno di essi, e precisamente del tamghissime maniche che scendono a terra. burino, è dipinto il fascio colle sette La figura è quasi tutta di fattura quat- verghe, emblema del Clesio. È chiaro trocentesca, ma la testa invece è rifatta che il pittore volle con ciò più speciodi mano del Fogolino. Il Cardinale è samente indicare I' appartenenza del rappresentato in età avanzata (per gruppo dei musicanti al seguito del quanto nel 1534 non avesse che 49 Cardinale. Ma v’è un’altra prova ancora. anni) con i capelli lunghi, come real- Si guardi la figura a destra del nostro mente soleva portarli, e grigi, quali personaggio, appoggiata al suo braccio. forse allora già incominciavano a di- È un uomo o una donna? Originariaventare. La somiglianza di questo volto mente, I' abbondanza del suo seno con gli altri ritratti noti di lui, primo fra non lascia dubbio, era donna! Ora è tutti quello fiammingo della Corsini, diventata ginandro. Ha il corpo femminon è in verità schiacciante. Tuttavia nile, ma la testa d'uomo con baffi e non ci par dubbio che nelle intenzioni barba. Il perché della metamorfosi è del pittore dovesse raffigurare il Clesio. patente: non andava bene che il Clesio, È sua la costruzione facciale larga, il gran dignitario della chiesa, s'accommento pronunciato, la pappagorgia pagnasse a braccetto d'una donna, marcata, la forte linea della bocca; e specialmente di forme così giunoniche. innanzitutto la struttura della testa E perciò il Fogolino le mutò sesso». grande, taurina all'attacco del collo. A guardar bene, il personaggio che Non sono invece accentuate tre delle avanza al braccio del cardinale ci ricorda caratteristiche fisionomiche del Cardi- Conchita Wurts che nell’edizione 2015 nale: il grosso naso a patata, le soprac- del Festival di San Remo esordì con ciglia rialzate agli angoli, il labbro infe- una faccia ambigua e pelosa cantando riore tumido e sporgente. Ma v’è tuttavia in un look da “gay pride”. Un look che una certa somiglianza con altri ritratti certamente ha avuto il suo impatto sul del Clesio, ugualmente fatti di maniera, pubblico, ma che non rappresenta una specie quello dipinto dal Dosso sopra novità e neppure un grosso scandalo la porta della sala grande, sempre al visto che neppure il Clesio se l’è presa Buonconsiglio. più di tanto.

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CENTRO SERVIZI CONTABILI sas Dottore Commercialista Revisore Contabile

ELABORAZIONE CONTABILE DEI DATI ED ALTRI SERVIZI INTEGRATI ALLA IMPRESE La dott.ssa SERENA MARIN è iscritta all'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili per la circoscrizione di Trento e Rovereto nonchè Albo dei Revisori contabili. Componente di Collegi Sindacali e Presidente di Comitati di Controllo, ha collaborato, in qualità di assistente, alla cattedra di Diritto Tributario presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Trento. Ha svolto attività d'insegnamento per la Scuola Superiore dell’economia e della Finanze “Ezio Vanoni”.

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Il Personaggio

Il Maestro Giuseppe Calvino:  di Franco Zadra

«Avrei voluto essere una banda…» Non ha ancora 42 anni il Maestro Giuseppe Calvino per il quale solo a elencare i numerosi titoli accademici, le specialità e produzioni musicali occuperebbe tutto lo spazio di questo articolo. Intervistarlo è un onore per la nostra rivista che in ogni modo ha sempre cercato di valorizzare le eccellenze locali scoprendo sempre con meraviglia che anche la nostra piccola Valsugana ha un respiro globale ed è una terra feconda di talenti e personaggi che non passano inosservati sul palcoscenico del mondo. Ricordiamo solo che dal gennaio 2003 è direttore della Banda Cittadina di Levico Terme con la quale nel 2004 ha partecipato al VII Concorso Bandistico Internazionale di Dunabogdány in Ungheria, ottenendo il massimo punteggio nella propria categoria con “Premio d’Onore”; e nel 2015 partecipa alla XVIIIa edizione del Festival “Mondi Sonori” di Trento, con la propria composizione “Le Voyage dans la Lune”, colonna sonora per l'omonimo film muto di Georges Méliès (1902). Ha suonato con importanti formazioni, tra le quali la Banda Nazionale dell'Esercito Italiano (Roma), sotto la direzione del M° Fulvio Creux, l'Orchestre d'Harmonie des Jeunes de l'Union Européenne (direttore M° Jan Cober) e l'Orchestra "Haydn" di Bolzano e Trento, diretta dal M° Pietro Borgonovo.

«

Mia mamma Maria Grazia – racconta Giuseppe Calvino ama molto cantare e da ragazza faceva parte del Coro Parrocchiale di Telve. Nell'estate del 1971 partecipò a “La Corrida”, la celebre trasmissione di Corrado (allora trasmessa solamente via radio), interpretando una canzone composta da suo fratello Nello, che l'accompagnava; arrivarono secondi. Mio zio Nello è stato per diversi anni il pianista di Gino Paoli (Paoli lo chiamava Nello “el Trentin”) ed è stato il mio professore di educazione musicale alle scuole medie “Don Lorenzo Milani” di Telve. Frequentando le sue lezioni ho iniziato a studiare le basi della formazione degli accordi alla chitarra e al pianoforte. Suonare mi è piaciuto fin dalle prime note e poco dopo ho intrapreso lo studio del saxofono presso la scuola di musica di

Borgo Valsugana, nella quale insegno attualmente. La musica iniziò a far parte della mia vita e da lì a poco entrai come saxofonista nella Banda Folkloristica di Telve. Ho bellissimi ricordi di quegli anni: io e i miei amici facevamo musica divertendoci. Questa è l'essenza del far parte di un'associazione come la banda e consiglio a tutti i giovani di intraprendere un corso di musica e far parte di un coro, una banda, o un'orchestra. Le amicizie nate in quei contesti sono le più forti e durature, e coltivare la passione per la Musica, a livello professionale o anche amatoriale, migliora ogni aspetto della nostra vita». Poi hai iniziato a comporre… «Fin da quando ho imparato a leggere le prime note – continua Calvino - Non mi bastava leggere le melodie, sentivo il bisogno di comporre le mie. A 15 anni scrissi

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la mia prima, semplice, composizione per banda: un valzer intitolato “Masterwaltz”. Non avevo idea di come fare, non partii da una partitura, ma scrissi direttamente le singole parti strumentali, una dopo l'altra. Se il flauto suona questo, il clarinetto potrebbe suonare questo, il saxofono quest'altro, etc. Non sapendo come scrivere la parte

Concerto al Muse

per il basso tuba, andai dal tubista della Banda Folkloristica di Telve che abitava a poche decine di metri da casa mia. Remigio mi accolse con estrema gentilezza, andammo nel suo garage e mi mostrò i metodi per basso tuba con i quali aveva iniziato. Lo ricordo ancora con affetto per la sua disponibilità. E che gioia quando i miei genitori mi regalarono un pianoforte! Scrissi diverse canzoni, testi compresi, e poco dopo mi dedicai alla composizione di un brano per Saxofono e Pianoforte. Il titolo era “Un secret enchanté” e lo eseguii in diverse occasioni. Conservo ancora quei fogli pentagrammati ma-

noscritti e ho anche una vecchia registrazione su cassetta. Lo registrammo io al saxofono e mio cugino Dante al pianoforte. Alle superiori, il prof. Giordano Balzani mi propose di comporre un accompagnamento musicale per la famosa Con il Dott. Recchia Presidente della banda in occasione Canzona nomina a Maestro Banda Levico - 18.12.2002 di Bacco (“Quant'è bella giovinez- e sempre geniale leggiadria di Mozart, za”...) di Lorenzo de' Me- alla rivoluzionaria esplosione ritmica di dici, per la lettura che sa- Stravinsky, alla possanza delle Sinfonie rebbe avvenuta in occa- di Mahler, alle meravigliose melodie di sione dell'imminente gior- Puccini, per farsi un'idea della loro imnata di Scuola Aperta. Col- mensità. È strabiliante osservare come, si l'invito al volo e, ispirato all'interno di uno stesso periodo storico, dalla bellezza di quei versi, con lo stesso materiale a disposizione, composi la musica nei gior- Maestri diversi abbiano realizzato ni seguenti quasi di getto, utilizzando un PC e un software di notazione. La mia piccola composizione al pc mi gratificò molto». Nel tuo percorso di studi e professionale ti sei ispirato a qualcuno dei grandi maestri? «I grandi maestri sono tali Con i giovani musicisti perché i loro capolavori hanno delle peculiarità uniche che li hanno resi immortali nei opere con tratti unici e personali. secoli. Basti pensare alla maestria con- Ognuno di loro è riuscito a utilizzare trappuntistica di Bach, all'inconfondibile quel materiale musicale in modo diverso dagli altri. Ecco il segreto della memoFoto di gruppo rabilità: rendere unico ciò che è potenzialmente disponibile a tutti. In questo mi ispiro ai grandi maestri: nel mio piccolo, cerco di sviluppare e mantenere un mio stile, una firma sonora che accompagni ogni mia composizione». Come ti sei sentito incoraggiato dalla tua famiglia? «Inutile dire che senza il supporto della mia famiglia non sarei mai andato avanti. Mio padre, prima professore di matematica e poi promotore finanziario, avrebbe desiderato che i suoi tre figli seguissero le sue orme. I miei fratelli

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Alessandro e Grazia lo hanno fatto. A me è stato permesso comunque di seguire la mia strada con il massimo dell’appoggio. Non potrò mai dimenticare i chilometri che mia madre ha percorso per accompagnarmi in giro per il Trentino per le prove e i concerti, quando ancora non avevo la patente. Una delle esperienze più piacevoli e divertenti che abbia avuto da adolescente è stata quella di far parte della Banda Rappresentativa Giovanile della Federazione dei Corpi Bandistici della Provincia di Trento, allora diretta dal Maestro Stefano Matuzzi. Le corse in macchina la domenica mattina per essere a Pomarolo alle 9 in punto, attraversando i tornanti della Val Sorda, ce le ricordiamo come fosse ieri. Non li ringrazierò mai abbastanza». A cosa o a chi ti ispiri per scrivere le tue musiche? «Considero la composizione una delle esperienze più entusiasmanti in assoluto. Un vero e proprio viaggio all'interno della propria creatività. Quando compongo cerco sempre di raccontare qualcosa, di condividere le mie emozioni

con qualcuno e quindi, con il pubblico che ascolta. Partendo dalla scelta di ciò che voglio condividere, il mio primo passo è quello di fare ordine nella mia mente e abbozzare le prime idee. In questa delicatissima fase, non mi baso quasi mai sulla pura “ispirazione”, ma preferisco affidarmi all'intuizione e all'esperienza. Il compositore parte da del materiale che considera un buon germoglio e piano piano, grazie alla tecnica e al “fare artigianale” aggiunge, cesella, raffina, e, soprattutto, elimina il superfluo per ottenere un prodotto finito convincente, in grado di trasmettere il messaggio che vuole condividere».

Per concludere, quali consigli daresti ai giovani che vogliono fare i musicisti oggi? «Sempre più spesso vedo ragazzi che si avvicinano alla musica con la speranza di diventare le star del momento con le loro hit! Lo auguro loro! È giusto che provino a sperimentare; creare è ammirevole e merita incoraggiamenti. È altrettanto giusto, però, metterli in guardia su una cosa: lo studio approfondito della musica richiede tempo, dedizione, passione, e tanto impegno. Le scorciatoie difficilmente porteranno da qualche parte. Se la loro è una conoscenza superficiale, sovrastata dalla ricerca spasmodica del successo, rimarranno degli autori di opere superficiali che poco o nulla lasceranno negli anni a venire. Investire anni nello studio, per capire ciò che si vuole ottenere e imparare a ottenerlo con le proprie abilità, può sembrare un percorso lungo e tortuoso, ma certamente porterà a frutti più gustosi e appaganti. Inseguite sempre i vostri sogni e date sempre il massimo per realizzarli! Sappiate che nessuno vi regalerà mai niente e, se lo farà, vi chiederà sempre il conto».

Chi è? Dopo la maturità tecnica consegue i diplomi di Saxofono (2000) e Percussioni (2002 ). Nel 2006 consegue il Diploma Triennale in Direzione di Banda presso l’Istituto Superiore Europeo Bandistico (I.S.E.B.) di Trento, e per lo stesso anno è direttore della Banda Rappresentativa Giovanile della Federazione dei Corpi Bandistici della Provincia di Trento. Nel 2010 si diploma in Strumentazione per Banda. Nel Maggio 2012 suona con il Wind Ensemble della rinomata Stanford University (California), diretto dal M° Giancarlo Aquilanti, prendendo parte a due concerti in cui era in programma anche la propria composizione “African Ritual”. Con il padre Antonino Dal Settembre 2004 è docente a tempo indeterminato di Saxofono, Percussioni e Formazione Musicale presso la Civica Scuola di Musica S.I.M. di Borgo, Levico e Caldonazzo (TN). Componente per svariati anni della Banda Rappresentativa della Federazione dei Corpi Bandistici della Provincia di Trento, partecipa con essa al 52° “The Midwest Clinic” di Chicago. Nel Marzo 2014 dirige la Banda Rappresentativa della Federazione dei Corpi Bandistici della Provincia di Trento in occasione della prima esecuzione assoluta della sua Sinfonia Multimediale e Multisensoriale “Music of the Muse” dedicata al Muse di Trento ed eseguita presso gli spazi del museo con i musicisti disposti sui vari piani dell'edificio. Ha frequentato svariati corsi di Composizione, Analisi, Repertorio, Strumentazione e Direzione, tenuti da maestri come Daniele Carnevali, Jan Cober, Fulvio Creux, Thomas Doss, Felix Hauswirth, Isaac Karabtchevsky, Hardy Mertens e Robert W. Smith, per citarne alcuni. In tali occasioni ha diretto formazioni di prestigio, come la Banda Nazionale dell’Esercito Italiano, la “Rundfunk-Blasorchester” di Lipsia e la “Youth Orchestra of the Americas”. Nel 2017 consegue la Laurea Specialistica in Nuove Tecnologie e Multimedialità e ad Ottobre 2017 e la Laurea Specialistica in Composizione.

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QUANDO I

 di Sabrina Mottes

MIGRANTI

ERAVAMO NOI Le navi fatiscenti che trasportavano gli italiani tra fine ottocento e inizi novecento

Affondamento della nave Principessa Mafalda - ottobre 1927

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oco più di un secolo fa, spinti da fame e povertà, moltissimi italiani decisero di emigrare verso un ipotetico futuro migliore. Iniziò così, nell’ultimo trentennio dell’Ottocento, un enorme spostamento di persone che lasciarono terre, case e famiglie, spopolando interi paesi e zone dell’Italia troppo povere per poterci sopravvivere. Gli emigranti italiani iniziarono a spostarsi a piedi verso zone economicamente migliori dell’Europa. Dopo il 1886, invaghiti dai fantastici racconti di ricchezza e benessere, ben 7 milioni e 600mila italiani si imbarcarono verso la tanto agognata America, attraversando l’Atlantico verso Stati Uniti, Argentina e Brasile. I viaggi avvenivano su navi se possibile ancora più fatiscenti di quelle che oggi trasportano i migranti verso i nostri porti. Vecchie carrette del mare chiamati “vascelli della morte” che caricavano più di mille persone, la cosiddetta “tonnellata umana”, ammassate senza la minima attenzione all’igiene e alla sicurezza. Le condizioni igienico-sanitarie di queste imbarcazioni erano così compromesse da provocare spesso epidemie di colera, difterite, morbillo o altre infezioni a bordo. Era normale, dunque, che all’arrivo una parte più o meno consistente del “carico di merce” fosse

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morto di stenti, malattie o asfissia. Emblematico il caso della nave “Matteo Brazzo”, che nel 1884 giunse a Montevideo con venti morti di colera a bordo e venne respinta a cannonate per paura del contagio. Le condizioni catastrofiche di queste imbarcazioni provocarono non pochi naufragi, anche se la storia non ne ha parlato molto per motivi politici e a causa dell’omertà delle compagnie navali e degli armatori che non avevano nessun interesse a pubblicizzare lo stato disastroso delle loro imbarcazioni. Il 17 marzo 1891, dopo diciassette anni di servizio, il vascello “Utopia” affondò davanti al porto di Gibilterra. Destinata negli ultimi anni al trasporto di migranti, partiva dal porto di Trieste per poi fare

scalo a Napoli e Genova dove si riempiva di uomini diretti verso una nuova vita a New York. A causa di una tempesta e delle pessime condizioni della nave, il comandante gestì male una manovra che provocò l’affondamento dell’imbarcazione in poco più di venti minuti. L’”Utopia” portò con sé in fondo al mare ben 576 migranti, molti dei quali intrappolati sottocoperta. Il 4 agosto 1906, in Spagna di fronte a Capo Palos, morirono 550 italiani nel disastro del “Sirio”, salpato da Genova verso Brasile, Uruguay e Argentina. La nave passò a velocità molto elevata troppo vicina alla costa dove l’acqua è notoriamente molto bassa e anche un faro avvisa dei bassi fondali. Molti

Il naufragio del piroscafo Sirio


furono tratti in salvo ma altrettanti annegarono sotto coperta o finirono in mare per l’emergenza finita nel panico. Il 25 ottobre 1927 si svolse al largo del Brasile la peggior catastrofe in mare che abbia colpito gli emigranti italiani. Nel naufragio della “Principessa Mafalda” morirono circa 600 nostri connazionali. Questa nave era entrata in servizio nel 1909 come il più prestigioso piroscafo tricolore, dotato di lussuosi arredi e saloni innovati. Anche la terza classe era all’avanguardia, con ampi stanzoni e servizi igienici e poteva ospitare fino a milleduecento passeggeri, in larga parte migranti. Proprio per l’ultimo viaggio prima del disarmo e dello smantellamento, la nave partì l’11 ottobre 1927 da Genova con 1.259 persone a bordo tra le quali molti siriani e tantissimi emigranti provenienti da Piemonte, Liguria e Veneto. Solo fino a Gibilterra,

LE CRONACHE

La nave Utopia - (credits alamy ipa)

ci furono undici guasti a varie parti tra cui motori, pompe e un’elica. Nonostante il comandante avesse più volte chiesto di trasbordare i passeggeri su altro transatlantico, il viaggio proseguì e il 25 ottobre il transatlantico affondò a 80 miglia dalla costa Brasiliana a causa di uno squarcio provocato da un guasto ad un’elica. Le navi accorse non si avvicinarono per paura di esplosioni e non fu possibile comunicare con il vascello perché l’unico generatore di corrente di bordo era fuori uso. Le scia-

luppe erano in larga parte danneggiate. Altre vennero assaltate per il panico esploso a bordo ed affondarono. Molti furono divorati dagli squali. Altri si suicidarono pur di non morire annegati. Le autorità italiane, in pieno regime fascista, minimizzarono la tragedia per motivi puramente politici affermando che la nave era in perfette condizioni e parlando prima di poche vittime, poi di circa 300. Ma le autorità sudamericane ne contarono più di 600 e ancor oggi non si è chiarito quanti nostri connazionali persero la vita su questa enorme carretta, poiché tanti italiani imbarcavano in porti francesi per pagare meno il viaggio. Sulla nave affondata, che ancor oggi giace a circa duemila metri di profondità, si trovava anche un carico di monete d’oro per un valore di 250.000 lire che il governo fascista voleva donare a quello argentino, per ringraziarlo dell’ospitalità ai nostri numerosissimi emigrati.

BORGO DI VALSUGANA

AMEDEO, UN GRANDE UOMO

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ll’età di 82 anni è scomparso, nelle scorse settimane, il maestro di Borgo Amedeo Galante, una figura conosciuta in paese e stimata per il suo grande impegno umano e sociale. Per diversi decenni aveva insegnato, come maestro, in diverse scuole elementari della Valsugana: non solo a Borgo anche a Ivano Fracena e Ronco Cainari facendosi apprezzare per la sua grande umiltà e per il forte desiderio di promuovere ai suoi scolari lo spirito cooperativo. Fin da giovane era impegnato nel mondo degli scout, contribuendo, assieme a tanti altri e con don Gianni Chemini, alla nascita del gruppo storico di Borgo 1. Insieme al maestro Alfredo Istel, divenuto poi sindaco di Borgo, a metà degli anni ’50 era stato tra i promotori del patronato Acli e, successivamente, aveva investito molte energie e diverso tempo libero nell’organizzazione dei primi corsi di formazione professionale a Strigno e Borgo e nella promozione dell’attività ricreativa e sociale presso l’oratorio parrocchiale. Grazie alla presenza del Circolo Stefano Bellesini, che lo stesso Galante aveva costituito, si era occupato anche della ristrutturazione dell’allora sede dell’oratorio, presso la ex Masera. Una presenza, la sua, costante all’interno dell’Azione Cattolica e della San Vincenzo, nell’Associazione Agraria del paese ed in molte iniziative di volontariato. Amedeo Galante aveva ricoperto anche l’incarico di consigliere di amministrazione nell’allora Cassa Rurale di Olle e di segretario della sezione Dc di Borgo. Dossettiano di ferro, aveva in La Pira e Zaccagnini i suoi politici di riferimento. Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, aveva ricoperto anche alcuni incarichi amministrativi. Prima come consigliere comunale, nella legislatura guidata da Alfredo Istel, e, successivamente, come vicesindaco nella giunta guidata da Giorgio Zottele. (M.D).

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E L O C C I P 30 ANNI DI

E N N O L CO  di Chiara Paoli

AL VIA IL XV CONCORSO INTERNAZIONALE

Un testo per noi Per tutte le classi della scuola primaria e, da quest’anno, anche per quelle dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia, provenienti dall’Italia ma anche da tutto il mondo (purché in esse si studi l’italiano) è aperta la partecipazione alla XV edizione del concorso “Un Testo per noi”, indetto dall’Associazione Coro Piccole Colonne* di Trento in collaborazione con l’Azienda per il turismo Altopiano di Piné e Valle di Cembra, la Provincia autonoma di Trento e la Regione Trentino Alto Adige. L’obiettivo è coinvolgere gli alunni in un progetto grazie al quale poter esprimere fantasia e creatività, ma anche sviluppare alcuni temi e concetti studiati in classe. Non solo, “Un Testo per noi” vuole essere una modalità per avvicinare i bambini alla musica in modo creativo e, allo stesso tempo, per creare nuove canzoni per l’infanzia che costituiscano un efficace mezzo di comunicazione permanente. Attraverso esso si vogliono inoltre creare occasioni di dialogo tra culture differenti e diffondere l’amore per il canto corale. Alle classi e agli insegnanti si chiede di inviare un testo in lingua italiana, oppure parte in italiano e parte nella lingua di appartenenza o altra lingua (sono ammessi anche i dialetti locali) sviluppato su un argomento a piacere. Il testo dovrà essere formato da almeno due strofe e un ritornello (per gli insegnanti sul sito www.piccolecolonne.it sono presenti anche alcuni utili consigli) e la possibilità di “animare” l’elaborato, ovvero di costruirvi attorno una coreografia, è un titolo preferenziale. Il concorso si concluderà con il Festival della Canzone europea dei Bambini, il 25 e 26 aprile 2020 all’Ice Rink di Baselga di Piné. Per tutti il termine per la partecipazione è il 31 gennaio 2019. PER MAGGIORI INFORMAZIONI: www.piccolecolonne.it http://festival.piccolecolonne.it Tel. 0461 935133 - email: segreteria@piccolecolonne.it Anche su YouTube e Facebook (Piccole Colonne)

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Coro Piccole Colonne con Lorenzo Branchetti

Sono già 30 anni di attività con il Coro Piccole Colonne per il presidente dell'Associazione, Luciano Anesi, e per la direttrice artistica, Adalberta Brunelli, riusciti a coinvolgere nel progetto più di 450 bambini entrati a far parte del coro.

Dialogo aperto con

Adalberta Brunelli «La più recente lo E ora, quanti sono gli scorso sabato 20 iscritti? ottobre, quando «Sono 23 i bambini che fanno i bambini hanno parte del coro attualmente – cantato in modo spiegano Anesi e Brunelli -, meraviglioso a più 7 che stanno facendo il una messa brani corso preparatorio per entrare molto impegnatinel coro, tutti hanno dai 6 ai vi, come quelli 14 anni. Adalberta Brunelli che sono entrati Gli iscritti alle lezioni di avvicinamento al canto corale sono at- a far parte del cd registrato per il tualmente 12, mentre ci sono già trentesimo anniversario del coro, alcuni iscritti per l’attività “Sing in “Meraviglioso mondo” (2017). English” che partirà a febbraio ed Quelle che più mi hanno fatto è riservata ai bambini della materna “battere il cuore” le due partecipazioni a “Domenica In” nel 1995». e della prima classe primaria». In totale quanti cd o musicQuanti concerti avete fatto? «Abbiamo perso il conto, ma il cassette sono stati registrati millesimo concerto è stato fatto negli anni? «Ne abbiamo contati 37 tra quelli nel 2015». Quali sono le più grandi sod- registrati da noi o usciti anche con disfazioni nel dirigere un coro altre case discografiche come per esempio la Sar, gli Audiovisivi San di bambini?


Lezione di canto

Paolo e la Elledici di Torino». Quale è stata la canzone più difficile? «Come dirlo? Non c’è una canzone difficile, dipende dai ragazzi; quando hai un gruppo che canta da diversi anni, puoi fare cose più difficili, come è avvenuto con il gruppo che ha lavorato al cd edito per i trent'anni di coro». Cosa è cambiato in questi trent’anni di attività? «La differenza sostanziale riguarda le famiglie, oggi tante mamme lavorano, un tempo in estate si potevano fare i concerti infrasettimanali, mentre ora i bambini al mattino, pur essendo in vacanza sono comunque costretti ad alzarsi per andare in colonia e ai centri estivi perché le mamme lavorano. Si vede inoltre che la capacità di concentrazione è un po' calata, a causa delle eccessive distrazioni. L’attività corale aiuta il bambino a crescere, non ci si limita a insegnare a cantare, ma a stare in gruppo, a rispettare il ritmo di ogni bambino. Vi è necessità di regole che vanno rispettate perché nessuno

LE CRONACHE

impone di venire qui, è una loro libera speciale Ventre, per il testo con il messaggio educativo più forte. scelta». Come nasce il concorso “Un testo Il bello di questo concorso è che indiper noi”? pendentemente dalla vittoria o meno «Il concorso nasce nel 1991- dice Adal- si è creato un testo frutto di un lavoro berta -, partendo dall'idea che le classi di gruppo, che può essere comunque potessero scrivere nuove canzoni per il musicato. coro, prima si cantavano le canzoni del Gli effetti benefici a livello educativo Coro dell' Antoniano. poi sono molteplici, per esempio abFino alla quarta edizione di “Un testo biamo avuto testimonianza da una maeper noi” le parole venivano musicate stra con bambino balbuziente che, in da me, poi abbiamo iniziato a collaborare fase di creazione del testo, il bambino con grandi nomi come Franco Fasano, è divenuto un vulcano di idee, con conMino Reitano, Memmo Remigio, Fran- seguente aumento dell'autostima percesco Salvi, Beppe Carletti, Dario e sonale e del gruppo verso di lui. Lo Paolo Baldan Bembo, Albano Carrisi, e scorso anno tra i vincitori c’è stata una Toto Cutugno, che hanno musicato i classe di La Plata, dove nel video compare testi vincitori. anche una ragazzina sulla sedia a rotelle; Il concorso è iniziato su scala provinciale, è bello vedere i bambini che interagiper passare poi a quella regionale, è scono, annullando le differenze e sustato poi rivolto al Triveneto, ed è dive- perando insieme le difficoltà. Appare nuto passo dopo passo Nazionale, Eu- così il lato più umano e positivo delropeo, e infine, internazionale a partire l'esperienza, che si rivela ricca di emodal 2010. zioni». La decisione della giuria inizia Il capriccio di Mozart light a essere difficile da prendere anche per il numero di opere che giungono, lo scorso anno erano più di 250 testi e ci sono voluti due incontri, un primo per scremare e un secondo per decidere i 10 vincitori, le cui canzoni entreranno a far parte di un cd. Nella giuria vi è anche Antonietta Ventre, sorella di Mariele, che assegna il premio

LEVICO TERME

L’AUTO “NONNA”

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’è chi sogna una nuova vettura fiammante ma c’è anche chi è affascinato dalla sua “nonna auto” che ha già compiuto, in piena forma, i 45 anni di vita. E’ il caso del levicense Pio Avancini, classe 1951, che possiede una 124 spider a benzina che probabilmente è la più “anziana” di tutta la Valsugana. L’aveva acquistata, nuova, a Treviso nel lontano 10 giugno 1973 e ad oggi il suo contachilometri segna solamente 110 mila chilometri. Anche perché, avendo Pio una seconda vettura, è sempre stata rispettata come una vera signora. “Non ha mai dato fastidi, ci dice Pio, non sono mai rimasto per strada. Con quella recente verniciatura la mia macchina appare come nuova”. Qualche personaggio del Veneto avrebbe voluto acquistarla offrendo anche cifre elevate. Ma il proprietario non si è lasciato “corrompere”. E’ troppo bella e lui è particolarmente affezionato. (M.P.)

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Alessandro Ghezzer

GIÙ LE MANI

DAL LAGORAI La catena montuosa del Lagorai è da tutti riconosciuta come la meno antropizzata del territorio trentino e a ragione può essere definita l'ultimo wilderness. Ha caratteristiche ambientali, naturalistiche e geografiche molto particolari con una secolare tradizione silvopastorale. Un bene prezioso, dunque, che nel corso dell'ultimo mese è balzato agli onori delle cronache per l'avvio di un progetto di riqualificazione e ristrutturazione di edifici destinati originariamente alla pastorizia e che ora invece si vogliono indirizzare alla ristorazione e alla ricettività. Abbiamo intervistato Alessandro Ghezzer, amante sfegatato del Lagorai e creatore del famigerato gruppo facebook che amministra con Cristina Canal e che in poche settimane ha attirato più di 17 mila fan.

In cosa consiste il progetto di riqualificazione del trekking Translagorai approvato nell'agosto passato dalla Provincia Autonoma di Trento in accordo con la magnifica Comunità di Fiemme vari comuni di Fiemme e Valsugana e l'appoggio della SAT? «Il Progetto Translagorai è stato presentato come “un rilancio” e addirittura una “riqualificazione” della classica traversata. Ma la Translagorai non ha alcun bisogno di essere rilanciata, né riqualificata: lo dimostrano le migliaia di trekkers che hanno compiuto la traversata in questi ultimi 40 anni in tenda o sfruttando i pochi ma sufficienti appoggi tra malghe e bivacchi. Negli anni Alessandro Ghezzer

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recenti la segnaletica e i sentieri sono stati migliorati dalla Sat: chiunque sia sufficientemente allenato può compiere la traversata in circa 3-4 giorni. Il progetto non prevede alcun intervento in quota lungo il percorso, dove sarebbe eventualmente utile, ma si concentra su ristrutturazioni edilizie a media quota di diverse malghe che sarebbero convertire in ristoranti, del tutto superflui per chi fa la traversata; chi fa la traversata con lo zaino a pieno carico non ha certamente voglia di sprecare dislivello e chilometri per doverli recuperare il giorno seguente. La Translagorai somiglia molto a un pretesto, una foglia di fico per nascondere la vere intenzioni: potenziare le infrastrutture turistiche e lo sfruttamento commerciale. L’appoggio di Sat a questo progetto è incomprensibile: la promozione di ristoranti esula e anzi tradisce quanto stabilito dal loro stesso statuto. Tutti gli interventi previsti hanno poco senso per chi fa la traversata, perché troppo distanti o troppo a bassa quota dal

 di Elisa Corni

percorso classico della Translagorai. In alcuni casi si realizzerebbero ristoranti. Ma che senso ha?». Il dissenso verso questo progetto si è coagulato attorno alla pagina facebook “Giù le mani dal Lagorai” aperta il 27 settembre scorso. Quali i timori maggiormente espressi dai suoi utenti? «Il timore è che questo progetto sia una sorta di grimaldello, una prima spallata per lo sfruttamento turistico intensivo del Lagorai. Su questa catena insistono da sempre appetiti economici: ci sono già ben quattro stazioni sciistiche, Brocon, Panarotta, Cermis, Tognola, le quali ogni anno si ingrandiscono. Una nuova pista, un nuovo impianto di risalita, un nuovo bacino per


l’innevamento, al Cermis una nuova via ferrata. Si comincia sempre con poco, con interventi “ragionevoli” e poi si finisce coi campi di “beach volley” in quota tra le palme del Gardoné a 1600 metri (Latemar), il bancone dei gelati al rifugio Contrin (Marmolada), i concerti rock sul Cermis e le apericene da 500 persone (Lagorai). Non condanniamo a priori questo modello di turismo ormai imperante ovunque, vogliamo solo che non contamini e comprometta tutto il Lagorai, l’ultima area wilderness del Trentino. La domanda che ci poniamo in molti è: per quale ragione tutto il territorio deve essere omologato a un solo modello di turismo? Perché non possiamo conservare in Trentino questo territorio unico che è il Lagorai, anche per quei turisti che cercano qualcosa di diverso dalle solite resse dolomitiche?». A metà ottobre il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa ha visitato una delle zone interessate dal progetto; quale posizione ha espresso in quell'occasione? «Il ministro Costa ha incontrato i citta-

LE CRONACHE

dini della valle di Fiemme contrari al Progetto Translagorai: ha ben compreso le forti criticità e ha invitato la Provincia di Trento a rivedere il progetto, soprattutto ad ascoltare la voce dei territori e dei suoi abitanti. Il ministro tuttavia non ha competenza diretta nelle questioni di una provincia

autonoma ma, come ministro dell’Ambiente, può certamente esercitare opera di persuasione laddove lo ritenga necessario». La vostra pagina ha un testimonial d'eccezione, Andrea Castelli.

Quale è il pensiero dell’amato attore trentino? «Andrea Castelli, da artista e intellettuale, ha centrato la motivazione che muove questo progetto: “I soldi!”. È una operazione di sfruttamento commerciale camuffata. A chi servono le malghe trasformate in ristoranti? Di certo non a chi fa la traversata, lo hanno capito tutti, basta guardare una carta geografica. Dopo la netta contrarietà al progetto di molte voci autorevoli di Sat, come i due ex presidenti Caola e Giacomoni, è arrivata anche quella del Wwf trentino, e di recente anche la sonora bocciatura della storica "Associazione dei Malghesi del Lagorai". Noi auspichiamo in un ripensamento di tutto il progetto, anche utilizzando lo strumento del referendum. Decisioni così importanti e definitive per il territorio non possono essere prese arbitrariamente da alcune persone per l’interesse di pochi. Il Lagorai è uno straordinario patrimonio della collettività che va conservato e tutelato anche pensando alle future generazioni».

LEVICO TERME

FESTA DELL’INCONTRO

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a attirato tanta gente del posto e anche turisti la Festa dell’incontro “Cuciamo ponti per allargare gli orizzonti”, svoltasi nel pomeriggio di sabato 29 settembre presso l’Area dei Servizi per la disabilità, dell’ex Centro don Ziglio di Levico Terme in via Silva Domini. Un evento organizzato dalla CURAE, il Centro Unico Riabilitativo Assistenziale Educativo, nato qualche mese fa dopo la fusione dell’APSP San Valentino e il Centro don Ziglio, le due aziende che sul territorio levicense si occupano della cura delle persone. Come ci ha testimoniato il direttore Fabrizio Uez, “quello è stato un momento fortemente voluto dal nostro consiglio di amministrazione allo scopo di aprire la struttura al territorio e permettere così alla cittadinanza di entrare per conoscere la realtà dell’Istituto e la disabilità dei suoi ospiti. Una circostanza simile a “porte aperte” che si teneva in passato e che quest’anno aveva come tema la musica. Questo infatti il titolo: “MusicaAmica suoni e canzoni nella memoria e nel quotidiano”. Abbiamo avuto la partecipazione della Banda Cittadina di Levico Terme, il Gruppo Rock n’Pinè, l’esecuzione del laboratorio musicale dei residenti e la partecipazione del Museo degli strumenti musicali popolari di Roncegno. Il tutto per creare momenti di socialità in cui tanto i residenti quanto i famigliari, il personale e la cittadinanza, si possano ritrovare per un momento di festa. Nutrita anche la presenza di bambini ai quali sono stati proposti momenti di animazione con bolle giganti e zucchero filato con il clown “Bepi”, “Babydance” con i fisioterapisti dell’Istituto, sculture di palloncini e tanti altri giochi. Pure a loro è stata offerta così un’occasione di potersi avvicinare al mondo della disabilità”.Le autorità provinciali intervenute ed anche la vicesindaco di Levico Terme Laura Fraizingher, hanno espresso apprezzamento per questa lodevole iniziativa. (M.P.)

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Io e l’economia green

Io e l’Economia Green” è un progetto didattico innovativo che vuole promuovere la nascita di nuove idee, strategie, e modelli che possano aiutare non soltanto noi e la nostra evoluzione ma anche l’ambiente che ci circonda, elemento fondamentale per il nostro futuro. Questa iniziativa, promossa da Bim Brenta, è frutto di una collaborazione che vede congiungersi il nazionale con il provinciale; si tratta del connubio fra l’Associazione Junior Achievement Italia che ha sede a Milano, che opera in collaborazione con l’Associazione H2O+ di Trento. Una prima edizione pilota del format ha preso avvio nel corso dell’anno scolastico passato, 2017/2018. All’iniziativa hanno partecipato ben 320 studenti suddivisi in 15 classi dislocate sul territorio della Valsugana e del Primiero. I progetti presentati dagli studenti sono stati 26, e considerato il successo riscosso da questa prima edizione di prova, si è deciso di continuare proponendone una seconda che vede l’offerta ampliata nel corso dell’anno scolastico da poco iniziato. Ma qual è la funzione di questo progetto? Cosa devono fare i ragazzi? Il progetto Io e l’impresa green serve a

promuovere progettualità che mirino a rendere sostenibili le imprese. È necessario seminare e diffondere buone pratiche, ma anche metodologie e strumenti che un domani potranno tornare utili ai ragazzi per creare una loro vera e propria impresa. Questo è stato possibile facendo scoprire ai ragazzi delle scuole Secondarie di Primo Grado le realtà produttive del territorio che si contraddistinguono per il loro orientamento alla sostenibilità. In un periodo in cui risulta sempre più difficile fare impresa, perché le realtà si moltiplicano ed è sempre più forte la concorrenza, vi è il bisogno di distinguersi. Questo innovativo progetto, mira proprio a incrementare le loro capacità di inserirsi nel mercato delle aziende; è una fucina utile ai ragazzi per sviluppare idee che hanno quale tema centrale l’impresa, vista in questo caso come luogo dove poter apprendere, ambiente volto allo sviluppo e all’innovazione, con un accento particolare su quella che è l’esperienza di sostenibilità. Molteplici gli obiettivi del progetto e tra essi l’impegno volto a favorire le connessioni tra scuole e imprese, soprattutto quelle che propongono iniziative di informazione e sensibilizza-

 di Chiara Paoli

zione, volte a diffondere un modello d’impresa sostenibile e che più in generale sostengono la cultura della sostenibilità all’interno della propria azienda. Gli Istituti secondari di primo grado coinvolti nella prima edizione sono stati: Ora e Veglia di Borgo Valsugana, Marco Pola di Roncegno, Don Milani di Telve, Garbari di Pergine, Luigi Negrelli di Fiera di Primiero, Canal S. Bovo, i Salesiani di Mezzano, cui si aggiunge una classe del Liceo Scientifico di Fiera di Primiero. I tre progetti premiati lo scorso anno sono stati: “Pen Recycle”, della scuola di Telve (primo posto), “Differenzia la tua vita”, della scuola di Roncegno (secondo posto), e “Energia più”, della scuola di Pergine (terzo classificato). Ora è tempo per nuovi studenti di elaborare ulteriori progetti che si basino sul modello di sviluppo responsabile. Questo progetto vuole indurre nei futuri cittadini un passaggio di informazioni e competenze che mirano a una competitività territoriale sostenibile. Ma qui si vuole porre al centro il territorio e la comunità, nella visione di una responsabilità verso l’ambiente e di un impegno nel fare e costruire impresa insieme. Per info: www.h2opiu.org

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80 CANDELINE PER GLI

ALPINI DI SCURELLE

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ondata il 12 marzo del 1938, la sezione alpini di Scurelle ha recentemente festeggiato i suoi 80 anni di vita. Una ricorrenza che ha dovuto fare i conti con il maltempo e che ha impedito di ritrovarsi a Cima Socede per l’inaugurazione della nuova area museale, un museo all'aperto che si snoda fra resti di baraccamenti, trincee, caverne e testimonianze della Prima Guerra Mondiale. Un centinaio di penne nere, però, era presenti con diverse autorità alla seconda inaugurazione di giornata: quella del restaurato cimitero di guerra sul cosiddetto “cocuzzolo dei morti” nei pressi di malga Conseria. Dopo la Messa, officiata dal vescovo di Maralal, in Kenya, Virgilio Pante il breve momento ufficiale con il sindaco Fulvio Ropelato che ha ripercorso le tappe di una vicenda storica ri-

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costruita dal comune, dagli alpini di Scurelle e dallo storico Luca Girotto. Nel 1993 è stato eretto il monumento ai caduti, ora è stato restaurato questo piccolo cimitero. “Grazie a ricerche compiute sia in Italia che negli archivi ungheresi di Budapest – ha ricordato il sindaco di Scurelle Fulvio Ropelato – sono stati portati alla luce i nomi di tutti e cinque i soldati che sono ora riportati sulle croci in legno. Qui riposano i resti di tre soldati italiani e due soldati austroungarici, tutti accomunati dal triste destino che quassù li attese il 16 giugno del 1916 a seguito degli scontri per la conquista di questi monti”. I tre italiani sono alpini del plotone esploratori Valbrenta: Gaetano Chemello di Marostica, Antonio Franco di Vas e Giuseppe Pante di Lamon. I due ungheresi, appartenenti al 2° battaglione del 29° reggimento della riserva, si chiamavano Nàndor Csermely e Zoltàn Gergely. Presenti il gruppo Kaiserjaeger di Ora con l’obmann Ivo Lazzeri ed i gruppi alpini di Quero, Vas, Lamon e Marostica per onorare, assieme ai familiari, i tre soldati del Valbrenta. Ancora le parole del sindaco di Scurelle Ful-

vio Ropelato. “La Grande Guerra, cent'anni fa, per due anni e mezzo devastò queste valli, questi monti; guerra che causò l'allontanamento forzato della popolazione dai nostri paesi per essere disseminata nelle terre più disparate del Regno d'Italia e dell'impero d'Austria. Una guerra che annientò i nostri paesi non solo da punto di vista sociale ma che distrusse case, scuole, chiese, riducendole a cumuli di macerie e mura annerite dagli incendi. Se pensiamo, sono le stesse scene ed immagini che, per quanto crude e tragiche, la televisione ed i telegiornali hanno reso abituali, tanto da renderci quasi indifferenti e ritenerle facenti parte di una normale quotidianità di territori per fortuna molto distanti da casa nostra, estranei alla nostra cultura, quasi appartenessero ad un altro mondo”. Parole forti, profonde e che hanno fatto riflettere tutti i presenti. “Penso che pochi di noi


rimandino sul fatto che queste cose sono successe anche qui, cento anni fa e che anche le nostre famiglie hanno vissuto analoghi drammi. Ecco allora che il recupero delle testimonianze di questa triste pagina della nostra storia, come questo cimitero, come i baraccamenti, le trincee e le testimonianze della Prima Guerra Mondiale credo assuma un significato molto profondo, un monito soprattutto per le giovani generazioni. Per non dimenticare recita la famosa frase incisa sul cippo granitico di Cima Ortigara. Non dimenticare gli errori di un passato non proprio così lontano, per renderci consci di quanto prezioso sia il bene della pace, bene che noi in questo momento abbiamo la fortuna di poter vivere. Un bene incommensurabile che non dobbiamo mai dare per scontato, ma che deve essere continuamente alimentato. È con questo spirito e questo significato che, accanto alla bandiera italiana, è stata issata anche la bandiera austriaca. Bandiere che cento anni fa su questi monti avevano sventolato come simboli di due eserciti che si contendevano queste terre, che qui si sono scontrati e qui hanno lasciato i loro morti. Ed è con questo spirito che la bandiera d'Eu-

LE CRONACHE

ropa, che sta coprendo la stele del piccolo cimitero, auspichiamo diventi concretamente la bandiera sotto la quale possano davvero riconoscersi tutte le nazioni del vecchio continente, per non cadere mai più nei pericolosi nazionalismi che cento anni fa videro popoli dalla stessa matrice culturale e religiosa guerreggiare l'uno contro l'altro”. La domenica mattina, poi, i festeggiamenti per gli 80 anni di vita della sezione di Scurelle. Sotto una pioggia battente la sfilata, l’alzabandiera in piazza Maggiore e la deposizione della corona al monumento ai caduti nel cimitero. Poi, in chiesa, prima della Messa il momento ufficiale con il saluto del capogruppo Renato Girardelli che, in carica da 26 anni, ha ripercorso la storia del gruppo, guidato, prima di lui,

da Agostino Costa e Remo Girardelli, protagonista della ricostruzione nel secondo dopoguerra. Poi, il saluto del sindaco che ha ricordato come “sia doveroso riconoscere agli alpini il ruolo principale di custodi della memoria con l'esortazione e l'auspicio che continuiate la vostra attività in quest'opera meritoria affinché le sofferenze di coloro che furono costretti a fronteggiarsi sui nostri monti, le tragedie vissute dalle nostre popolazioni e le devastazioni che subirono i nostri territori, non abbiano mai più ad accadere. Riconosco in voi il ruolo di veri costruttori di pace”. Con i consiglieri di zona Riccardo Molinari e Stefano Zanghellini, era presente anche il vicepresidente della seziona Ana di Trento generale Carlo Frigo assieme ai tre sindaco di Ospedaletto Ruggero Felicetti, di Castel Ivano Alberto Vesco e Andrea Giampiccolo di Samone. Al termine della Messa, i 18 gagliardetti presenti e gli alpini partecipanti al 23° raduno di zona Valsugana Orientale e Tesino hanno sfilato per le vie del paese con la fanfara alpina della Valle dei Laghi fino alla palestra dove, come da tradizione, i volontari del Nu.Vol.A hanno preparato il rancio alpino.

VIGALZANO DI PERGINE

AUGURI DON GUIDO

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Vigalzano di Pergine, in occasione della Festa delle Famiglie che per tradizione si tiene sempre nella terza domenica di settembre, è stato festeggiato alla grande don Guido Avi che a febbraio del prossimo anno raggiungerà i suoi 101 anni di vita. Nella sua ancor piena forma fisica e lucidità mentale, don Avi ha presieduto la concelebrazione con don Marco Berti, parroco di Madrano e di tutto l’Oltrefersina, celebrata nei giardini che circondato la casa natale di don Avi, il cui fabbricato, ad eccezione di alcuni locali in mansarda che costituiscono la sua abitazione, lo aveva donato diversi anni fa alla Parrocchia e che poi la Curia Arcivescovile l’ha destinata all’accoglienza degli emigranti. Alla festa, solennizzata dai canti del coro Castel Rocca, vi hanno partecipato tutte le coppie di sposi che festeggiavano, per lustri, l’anniversario del loro matrimonio dai 15 anni in su fino ai 60. Presente anche una coppia che festeggiava i 62 anni di matrimonio. Al termine della Messa a tutte le coppie è stato fatto un omaggio floreale. Don Avi è chiamato da tutti simpaticamente “don Torta” dato che molte necessità della parrocchia le aveva affrontate con il ricavato dalla vendita delle tante torte che i parrocchiani confezionavano ed offrivano alla Parrocchia. Già lo scorso febbraio don Avi era stato festeggiato per il raggiungimento del secolo di vita e anche per i suoi 75 anni di vita sacerdotale. (M.P.)

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I Guglielmo Tell

IN GARA

artiamo dai numeri. In tutto 2.200 chilometri percorsi per partecipare al campionato mondiale di tiro con l'arco storico disputato in Ungheria, più precisamente nella città di Gyula. Un evento a cui hanno partecipato 350 arceri provenienti da 6 continenti.

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Anna Filomena Passerella

In tutto 7 tipologie di gara. L'HDH-IAA Historical Archery World Championship è un evento che si è tenuto con lo scopo di riunire i più bravi arcieri da tutto il mondo a sfidarsi nelle diverse discipline che caratterizzano il tiro con l'arco storico. Quest'ultimo si differenzia da quello moderno in quanto gli archi, le frecce, gli accessori ed i vestiti riportano fattezze medievali o antecedenti. Per esempio, gli archi sono esclusivamente in legno, senza dispositivi di misura o di stabilizzazione. Ciò implica che l'arciere di turno debba avere esperienza e conosca bene il comportamento del proprio attrezzo. Tant'è che quest'ultimo diventa più un “compagno d'avventura” piuttosto che un normale attrezzo sportivo. E quest'anno, per la prima volta, hanno partecipato anche tre arcieri valsuganotti. Infatti, alla conquista del paese magiaro, sono partiti Fortunato Boker, Anna Filomena Passerella e Valeria Saggiorato. I tre atleti fanno parte di due associazioni di rie-

vocazione storica che si occupano anche di tiro con l'arco storico. Fortunato ed Anna sono la punya di diamante dei Dragoni del Brintesis, associazione di Borgo Valsugana. Valeria, invece, fa parte dei “cugini” del gruppo storico degli Arcieri de Persen di Pergine Valsugana. I tre, sotto la guida del referente italiano di questi eventi Nandor Keresztes (arciere di origini ungheresi ma residente a Connobbio, paese situato lungo le sponde del lago di Como, e veterano in queste competizioni) hanno partecipato all'evento non tanto con lo scopo di vincere ma con l'idea di crescere a livello agonistico e personale. L'evento si è sviluppato in

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Anna Filomena Passerella, Fortunato Boker e Valeria Saggiorato

più giorni di gara in cui si misuravano le varie abilità dell'arciere: precisione, velocità, destrezza (saper tirare in diverse posizioni o a bersagli multipli a distanze diverse) e forza (tiri a gittata dove lo scopo era far arrivare la freccia il più lontano possibile). Cambiavano anche le location. Infatti si è gareggato in campi da calcio, castelli e fortezze, boschi e perfino aeroporti. I nostri atleti si sono avvicinati alla finale, sfiorandola per pochi punti. Un vero peccato ma questa cosa li ha spronati ad allenarsi ulteriormente con la promessa di tornare tra qualche anno e puntare a risultati migliori. E magari un podio. Risultati a parte, ciò che ha avuto davvero importanza in questo evento, è stata l'amicizia e l'unione nata tra persone totalmente sconosciute tra loro, appartenenti a culture e vite diverse. Da questo punto di vista, la nostra rappresentativa ha vinto la medaglia d'oro. Oltre ad aver incontrato, conosciuto e condiviso bei momenti con un altro gruppo di italiani provenienti da Piemonte, Friuli e Sicilia (Andrea e Giorgio Fantoli, Veronica Agostini, Maria e Biagio Mangione e Giuseppe Pellizzotto), i nostri atleti hanno stretto amicizie con persone provenienti dall'Ungheria, Cina, Germania, Russia, Buthan, India e altri ancora. Il mondo intero seduto pacificamente allo stesso tavolo; culture diverse, vite diverse e tecniche diverse. Ma tutte accomunate da un semplice bastone ricurvo ed uno spago. Sicuramente questo mondiale resterà nei cuori dei nostri atleti, in quanto li ha fatti crescere sia agonisticamente che emotivamente. E sicuramente una cosa l'hanno capita. Che in questo sport la rivalità tra arcieri è totalmente inutile in quanto l'avversario da battere non è vicino a te. Ma dentro di te.

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FUNIVIE LAGORAI IN BROCON

TUTTE LE NOVITÀ 2018-2019 Con l'arrivo della stagione invernale, leFUNIVIE LAGORAI in BROCONhanno preparato per gli ospiti un completo depliant con fantastiche novità per una offerta a 360° dove tutti gli amanti dello sci e degli sports invernali potranno trovare il loro spazio e la loro motivazione ludico-sportiva per trascorre giornate all'insegna del divertimento e del completo relax. Particolari innovazioni in grado si soddisfare le esigenze di tutti, dai bambini agli adulti agli appassionati e che indiscutibilmente renderanno piacevole trascorrere una giornata“sulla neve”godendo i piaceri dello stare insieme.

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a quest'anno, infatti, e per la prima volta, gli sportivi potranno usufruire, con libero accesso, di due tracciati cronometrati –con cancelletto- per cronometrare la propria velocità e le proprie capacità sciistiche, sia in discesa libera e sia in slalom speciale. Di poi la possibilità di utilizzare una delle pochissime piste di SKICROSS dove tutti potranno sperimentare e cimentarsi in questa nuova dinamica disciplina. Sempre in tema di novità ecco il percorso FREE RIDE, ovvero una pista non battuta per sciare free in assoluto sicurezza (pista Monte Rosso). E ancora, non solo i numerosi tracciati di SCI ALPINISMO accessibili sia in diurna che notturna (ad impianti aperti) ma anche la possibilità di praticare lo SNOWBOARD, ovvero i fantastici salti su piste e strutture appositamente create, oppure noleggiare le EBIKE e divertirsi sulla neve.

E a proposito di offerte è doveroso precisare che FUNIVIE LAGORAI in BROCON è uno dei pochissimi campi ARTVA in trentino dove è possibile l'esercitazione della ricerca in valanga. Grazie a queste nuove proposte, che integrano e arricchiscono quelle già esistenti, FUNIVIE LAGORAI s’identifica, concretamente, come una stazione invernale sempre di più attenta alle richieste e alle esigenze dei propri ospiti. Una struttura sciistica “completa” grazie anche ai numerosi servizi complementari, che nella struttura sono presenti e che la rende veramente funzionale sotto tutti gli aspetti: • un ampio parcheggio GRATUITO a ridosso delle partenze impianti; • biglietteria al coperto; • un fornitissimo noleggio con locali spogliatoi con armadietti riscaldati;

©FOTO DANIELE MOSNA

• possibilità di acquisto e attivazione di skipass on-line; • ristoranti ad alta cucina e qualità; • comodo e pratico tappeto di risalita per i bambini che si approcciano al campo scuola; • piste illuminate per lo sci in notturna; • giochi gonfiabili per i più piccini; • esperti, qualificati e abilitati maestri di sci. Si informano i lettori e gli interessati che la prevendita degli abbonamenti stagionali 2018-2019 sarà fatta dal 10 al 30 novembre e che, se le condizioni meteo lo permetteranno, gli impianti saranno funzionanti dal 1 dicembre. Ulteriori informazioni: www.skilagorai.it

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Emigrazione Conoscere la storia, e immigrazione contro l’indifferenza  di Franco Zadra

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asta, per esempio... leggere la tesi di Laurea Magistrale in Scienze Storiche e Forme della Memoria su “Levico Terme e la sua popolazione nella Prima guerra mondiale” del nostro concittadino Leonardo Vinciguerra, laureatosi nel 2013 con il prof. Gustavo Corni e la prof.ssa Sara Lorenzini come relatori, per recuperare la nostra storia locale, e resistere così a quell’oblio che è padre dell’indifferenza tipica dei nostri giorni. Di seguito un piccolo estratto, redatto in sintesi, del lavoro di Vinciguerra. Fu dopo la primavera del 1916 che alcune zone della Valsugana, dato l’allontanarsi della linea di fronte, vennero prese in considerazione dal Ministero dell’Interno, nonostante il perdurare dello stato di guerra, per abbozzare dei piani di rientro degli sfollati nelle aree considerate prive di grossi rischi. Soggetti a uno specifico permesso di rimpatrio rilasciato dai supervisori dei campi o dalle autorità delle colonie, alcuni, pochi, rientri furono limitati al ritorno unicamente nel proprio luogo di residenza. Ma nel settembre del ‘17, Levico e frazioni erano ancora considerati “zona nera” e quindi esclusi da questa possibilità. Nel corso di quell’anno fu attuata la Riforma dei baraccamenti, promossa dal nuovo imperatore Carlo I, tesa a migliorare la gestione attuata dai militari tra il 1915 e il 1916 e che riuscì a regolamentare in modo più libero la permanenza dei profughi e la gestione stessa dei Lager. In quel frangente, molte persone, dimostrando alle autorità di potersi sostenere da sé con un lavoro, poterono domandare il trasferimento

verso altre mete, meno vincolate al controllo delle autorità. Anche il sistema di gestione fu modificato, immettendo rappresentanti degli esuli nei comitati di gestione. Il Bollettino del Segretariato per Richiamati e Profughi, l’8 settembre 1917, scrive: «Le difficoltà sempre crescenti di alloggiare e approvvigionare i profughi di guerra all’interno, ed il bisogno di forze lavoratrici per il disbrigo dei lavori agricoli e industriali nella zona

di guerra inducono il ministero degli interni d’accordo col comando superiore d’armata di permettere ai profughi meridionali, tenendo conto del desiderio ripetutamente espresso, il ritorno in patria». Nell’indicare il nome dei distretti politici e delle singole municipalità aperti al rimpatrio il Bollettino si preoccupò di riferire, attraverso richiami, la situazione che i rientranti avrebbero trovato, descrivendo lo stato di conservazione del

territorio e dei centri urbani della Valsugana. Così per Levico, anche se zona non compresa per il ritorno, si disse che «non presenta alcuna traccia delle devastazioni di questa guerra. La città è semideserta. La campagna attorno è lussureggiante». Se si considerano però le numerose richieste di indennizzo avanzate dagli abitanti dal 1919 che evidenziano soprattutto l’utilizzo e l’occupazione militare di molte case private, si può dire che i redattori del Bollettino giudicarono le conseguenze della guerra in modo del tutto frettoloso e non tenerono conto dei danni che l’occupazione militare produsse ai fabbricati, ai servizi, alle infrastrutture pubbliche, e alle proprietà della popolazione civile di Levico. Le case, occupate per l’alloggio dei militari in città, furono razziate in quasi ogni caso, e anche i boschi, le campagne, e i pascoli del circondario mostrarono i segni del conflitto. Il ritorno a Levico non veniva ancora permesso poiché permanevano gli interessi logistici per mantenere la presenza dei soldati e lo stato di occupazione. L’esistenza di fortificazioni, di alloggi permanenti, di comandi militari, e i continui movimenti di truppe, connessi anche all’attività dell’ospedale da campo, posticiparono la decisione di aprire al ripopolamento. Alcune case non erano state liberate, molte inoltre furono quelle rese inservibili dai danneggiamenti arrecati dai militari. Levico divenne quindi, ancor più dopo l’arretramento della linea di fronte oltre la bassa Valsugana, centro logistico di primaria importanza, area di addestramento e luogo di deposito per materiale militare.

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Brava Katia

complimenti!

 di Armando Munaò

Cerimonia consegna della Cintura Nera

Uno dei traguardi più ambiti, per chi pratica una qualsiasi arte marziale, è la conquista della cintura nera, ovvero di quell’attestato che identifica l’alto grado tecnico raggiunto e l’esperienza maturata. Un riconoscimento che indubbiamente gratifica ed è motivo di orgoglio di chi questa traguardo ha raggiunto.

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d è quello che Katia Rosso, una delle più promettenti allieve del maestro Giovanni Rampelotto, della scuola di Qwan Ki Do di Borgo Valsugana, in questo momento sta provando. Emozione e soddisfazione per aver conquistato la cintura nera di questa disciplina orientale che forgia, mente, spirito, e corpo. Ora per la nostra bravissima atleta si sono aperte le porte della scuola di perfezionamento per passare ai successivi gradi di maestria, ovvero fregiarsi degli ambitissimi Dan, che poi sono i successivi gradi che etichettano i maestri e i campioni. Il Dan, infatti, definisce il grado di esperienza dei praticanti delle diverse arti marziali a partire dal livello di cintura nera. A seconda delle diverse scuole, degli stili e delle varie arti marziali, i Dan previsti possono essere da cinque fino a un massimo di dodici. Normalmente e nella maggior parte di essi sono dieci. Normalmente, dal 3° Dan in poi (il 6° nello Judo), e dopo aver sostenuto e superato difficili esami e prove teoriche e tecniche, si può conseguire la qualifica ufficiale di maestro riconosciuta dalle diverse federazioni e associazioni internazionali a livello mondiale. Ancora per la cronaca, l’unico maestro che ha indossato la cintura del 12° Dan è stato

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Jigoro Kano, colui che nel 1885 codificò lo Judo. L'11° Dan non è stato mai assegnato, proprio per mantenere le distanze dal grande maestro. «Sì - ci dice Katia -, sono veramente emozionata e soddisfatta per questo traguardo raggiunto. Ho iniziato a praticare questo sport nel 2010, principalmente per migliorare la mia difesa personale e combattere contro le violenze

sulle donne. Poi, però, mi sono fatta coinvolgere dalla bellezza di quest’arte e dai motivi sportivi e quindi ho continuato. E passo dopo passo, giorno dopo giorno, con sempre maggiore impegno sono arrivata a conquistare l’ambitissima cintura nera, dopo aver sostenuto gli specifici esami a Milano che sono stati preceduti da una impegnativa preparazione a Trento, Verona e Milano». «Se mi permette - ci chiede Katia -, vorrei dedicare questa cintura nera e ringrazio di cuore la mia spalla Maurizio, il mio istruttore Giovanni Rampelotto e tutti gli istruttori/maestri che ho avuto la fortuna di incontrare nel percorso di tutti questi anni. Ognuno mi ha lasciato qualcosa di sé aiutandomi con tanta pazienza e carisma a superare le difficoltà e ad avere fiducia in me, trasmettendomi questa fantastica Arte completa di ogni forma tecnica e morale... uno stile di vita che aiuta a vivere la vita serenamente e nel migliore dei modi. Un pensiero a tutti i miei compagni con i quali ho condiviso tante fatiche, ma anche tante gioie di stare insieme. Un grazie affettuoso, poi, al nostro Carlo Armellini perché mi ha insegnato che la vita è meravigliosa e nonostante tutto merita di essere vissuta». Katia Rosso, oltre a essere una bravissima


Katya, il M.stro Rampelotto e il marito di Katya, Maurizio

atleta, è conosciuta per essere una delle più ricercate ragazze immagini della nostra zona, ma anche per il suo impegno nella cultura come nel sociale, ben oltre i confini della Valsugana. Da alcuni anni, infatti, dopo le partecipazioni a manifestazioni di assoluto richiamo, collabora con Pier Angelo Bertolotti, presidente del "Premio nazionale di cultura" in memoria dei caduti delle Forze Armate e Forze dell'Ordine, e presidente del Premio Nazionale di Poesia "Monte Netto" dove la nostra Katia è stata nominata Madrina provinciale di Trento e membro della giuria artistica nazionale. È poi collaboratrice e rappresentante della Giuria Artistica Nazionale del progetto Editoriale Internazionale dedicato alla bellezza femminile "Dio è Femmina" e ha una partecipazione con premiazione all’interno della Serata Speciale "Essere Donna" realizzata per la prevenzione della violenza sulle donne. Tanto per non farsi mancare nulla è stata nominata "Miss Copertina 2018" e grazie a tale titolo sarà inserita automaticamente nella "selezione" finale del prestigioso Albo d'Oro "Fotomodella per un anno".

Katya con il Presidente Pier Angelo Bertolotti

GRAN CASINÒ

storie di chi gioca sulla pelle degli altri

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l teatro dell’Istituto Alcide Degasperi di Borgo Valsugana è andato in scena lo spettacolo «Gran Casinò» della compagnia teatrale Itineraria Teatro, primo appuntamento teatrale dei cinque giovedì della rassegna di teatro sociale “#ionondipendo”, dedicati alle dipendenze dei giorni nostri. L’evento, nato dalla collaborazione della Comunità di Valle con la cooperativa scolastica Giovani Cooperatori Uniti, è frutto dell’impegno dei ragazzi nel-

l’ambito della responsabilità sociale d’impresa, ed è la concretizzazione delle idee da loro promosse. Lo spettacolo è stato occasione per condividere con la comunità una riflessione sulla grande piaga sociale del gioco d’azzardo, che sta distruggendo vite e famiglie. L’attore Fabrizio De Giovanni, vincitore del premio nazionale Enriquez 2016, ha reso coinvolgente lo spettacolo, utilizzando un linguaggio semplice alla portata di tutti, rendendo la rappresentazione adatta anche per tutti coloro che non sono soliti frequentare l’ambiente teatrale; inoltre ha fornito molti dati e infor-

 di Irene Chin

mazioni che hanno fatto comprendere al pubblico quanto questo problema sociale sia diffuso e la velocità con cui si sta propagando. Dopo lo spettacolo i ragazzi della cooperativa hanno avuto la possibilità di parlare di «marchio etico», cioè un segno distintivo per tutti i bar che hanno deciso di non avere le slot machine, per distinguersi e fare la differenza per la società in cui vivono. Questo progetto del marchio etico contro il gioco d’azzardo è già attivo nel Primiero ed è promosso da molti imprenditori che credono nella loro scelta. I ragazzi hanno invitato i presenti a riflettere sul fatto che ognuno di noi può fare la differenza e fare in modo che il gioco d’azzardo sparisca dai locali pubblici semplicemente facendo delle scelte quotidiane consapevoli.

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Telve la banda di

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ra il 1 maggio 1993 quando la banda di Telve si è esibita nel suo primo concerto ufficiale. Ma la firma dell’atto costitutivo porta la data del 23 settembre 1991. In calce i nomi dei soci fondatori: Aldo Agostini, Pietro Borgogno, Giulio Pecoraro, Stefano Pecoraro, Giancarlo Pennacchi, Remo Ropelato, Remigio Spagolla, Telve: la banda in concerto per i 25 anni di fondazione Alberto Zanetti, Bernardino Zanetti e Bortolo Zanetti. Una realtà, vita fino al 1939 e si ricostituì al terquella presieduta da Lorenzo Pecoraro mine del secondo conflitto mondiale che, recentemente, ha festeggiato in sempre sotto la guida del maepaese i suoi 25 anni di vita. Lo ha fatto stro Campestrin. Tra il 1952 e il con un concerto, in piazzale Depero, 1959 vi fu una pausa dovuta ed una mostra fotografica, allestita all’emigrazione di tanti telvati. nella sala consiliare del comune di Telve Pietro Campestrin fece ripartire che, attraverso le immagini, ripercorre nuovamente l’attività che riil percorso musicale di questo quarto di mase in vita fino al 1971-72 secolo di vita. Come ha ricordato nel quando per varie difficoltà si suo intervento il presidente “una prima unirono le forze costituendo la formazione bandistica era già presente, Banda comprensoriale della tra gli anni 1923 - 1924 a Telve, gui- Bassa Valsugana guidata semdata prima dal maestro Augusto Cat- pre dal maestro Campestrin e tarozzi e poi dal maestro Pietro che svolgeva la sua attività a Campestrin. La compagine rimase in Telve”. Nel 1977 la banda comprensoriale si trasferì definitivamente a Borgo. Poi, nel 1991, l’idea di rifondare la banda. “Nel gennaio del 1991 le prime prove, con vecchi strumenti e logore partiture fino al concerto del 23 settembre di 27 anni che sanciva la ripartenza”. Primo presidente è Aldo Agostini, vicepresidente Bortolo Zanetti. Venne realizzato il costume che oggi è in dotazione alla banda, la riproduzione dell’abito festivo della popolazione

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di Telve nella seconda metà dell’Ottocento. Con gli anni, grazie al lavoro del maestro e di tutti i direttivi che si sono alternati, la banda è cresciuta dando vita a collaborazioni con artisti ed altri gruppi, si è sviluppata l’attività della banda giovanile, è stato inciso un CD partecipando a rassegne, concorsi nazionali ed internazionali. Un grazie particolare ai soci fondatori ed una parola di riconoscenza anche per quei bandisti che, fin dal primo giorno di fondazione, frequentano con impegno e dedizione il complesso in maniera continuativa ed ininterrotta, cioè dal primo concerto ad oggi senza anni di

interruzione di frequenza dall’attività. Il presidente ha concluso ringraziando tutti i bandisti (passati, presenti e anche i futuri) per il loro impegno, entusiasmo ed energia che mettono in ogni uscita e prova. Dopo l’intervento del presidente Lorenzo Pecoraro hanno preso la parola il vicesindaco di Telve Paolo Stroppa, il direttore della Cassa Rurale Paolo Gonzo, il consigliere Paolo Zanetti e il presidente della Federazione Renzo Braus. (M.D.)


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Girovagando negli USA

Il Campidoglio

Washington DC W

ashington DC è la capitale istituzionale degli Stati Uniti per eccellenza. Tutte le più importanti istituzioni governative americane vi risiedono, ed i relativi rappresentanti. A queste si aggiungono altre rilevanti istituzioni internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Ma Washington è anche molto altro, è cultura, è storia, è intrattenimento.

LA STORIA Washington DC fu fondata nel 1790 per ospitare il Governo federale dopo La cupola del Campidoglio

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la conquista dell'indipendenza. Fu costituita sulla costa nord-est degli Stati Uniti, su un quadrato di terra di dieci miglia su ogni lato, lungo il fiume Potomac. Il territorio fu ceduto dagli Stati del Virginia e del Maryland. Fu poi dichiarato territorio autonomo e denominato Distretto di Columbia, da cui la sigla DC. Una curiosità, Washington DC non è da confondere con lo Stato di Washington, che invece si trova a nord-ovest del Paese.

CAPITOL HILL Sulla collina del Campidoglio – o Capitol Hill - svettano tra le istituzioni politiche USA per eccellenza. C’è il Campidoglio, che ospita i due rami del Congresso degli Stati Uniti d’America. L'edificio è caratterizzato dalla grande cupola centrale che connette le due ali della struttura. L'ala nord è occupata dal Senato, l'ala sud dalla Camera dei Rappresentanti. Nel portico del Campidoglio si celebra l’iconica cerimonia di inse-

 di Francesca Gottardi

La Georgetown University

diamento dei nuovi Presidenti USA. C’è poi la Corte Suprema. Posizionata di fronte al Campidoglio, rappresenta la supremazia del diritto ed è la Corte più alta degli Stati Uniti. Il suo compito è quello di proteggere ed interpretare lo spirito della Costituzione americana. Sulla collina risiede infine la storica biblioteca del Congresso. Si tratta della più grande biblioteca al mondo, con una collezione di più di 38 milioni tra libri, documenti e reperti storici. Il lungo viale di fronte alla collina del Campidoglio collega le istituzioni del


Lincoln Memorial

potere legislativo e giudiziario con quella che per eccellenza rappresenta il potere esecutivo: la Casa Bianca. Situata al 1600 di Pennsylvania Avenue, la Casa Bianca è la residenza ufficiale del Presidente USA, ed il suo principale ufficio. Seppur con delle limitazioni, è possibile visitare le istituzioni USA.

I MONUMENTI L’ampio viale – o National Mall - che si estende per tre chilometri di fronte al Campidoglio è costellato da monumenti che per la loro importanza hanno acquisito un notevole valore simbolico. Primo fra tutti il Lincoln Memorial. Dedicato al sedicesimo Presidente degli Stati Uniti Abramo Lincoln, amato ed odiato per il suo ruolo nella guerra civile e per aver promosso l’abolizione della schiavitù in USA. Il monumento, contiene la celebre Statua di Lincoln

Il Monumento a Washington

che lo ritrae in atteggiamento pensoso. Alla sua realizzazione partecipò anche lo studio degli scultori italo-americani Fratelli Piccirilli. Il memoriale contiene inoltre alcuni tra i discorsi più famosi di Lincoln scolpiti nella pietra circostante. Il Lincoln Memorial è dove Martin Luther King ha pronunciato il suo famoso discorso a sostegno dei diritti civili “I have a Dream” (io ho un sogno). Il Monumento a Washington si contraddistingue per la sua forma ad obelisco. Con i suoi 169 metri, svetta tra il Campidoglio e la Casa Bianca. È dedicato a George Washington, primo Presidente degli USA e padre fondatore degli Stati Uniti. Un ascensore, ora in fase di restauro, permette di raggiungerne la cima per godere di una vista di 360 gradi sulla zona di Capitol Hill. Non distante, nel 2004 è stato inaugurato il memoriale in onore ai caduti della Seconda Guerra Mondiale. Il Jefferson Memorial è invece dedicato a Thomas Jefferson, terzo Presidente degli USA. Si caratterizza per lo stile neoclassico dell’edificio, che ricorda le linee del Pantheon a Roma. Lungo la passeggiata che collega il memoriale di Lincoln ed il Campidoglio abbondano gli alberi di ciliegio. Donati nel 1912 dal governo giapponese alla città di Washington in simbolo di amicizia, sono particolarmente spettacolari in primavera. La fioritura dei ciliegi – o “Cherry Blossom” – ed il relativo festival attirano ogni anno visitatori da tutti gli Stati Uniti. Il lungo viale crea un effetto raccolto, tutti i monumenti sembrano vicini l’un altro. In realtà, si tratta di una passeggiata di quasi tre ore.

CULTURA Numerosi sono i musei presenti nella zona del Campidoglio. Si contraddistinguono in particolare quelli della rete dello Smithsonian, tutti ad ingresso gratuito. Tra gli esempi ci sono il Museo Nazionale di Storia Americana, il Museo Nazionale di Storia Naturale ed il celebre Museo Nazionale dello Spazio. Le aggiunte più recenti sono il Museo Nazionale degli Indiani d’America e quello di storia e cultura afroamericana. Da visitare anche la Galleria Nazionale d’Arte, uno dei più importanti musei di arte al mondo, che espone capolavori dal Medioevo ai giorni nostri. La Galleria Nazionale dei Ritratti è invece dedicata alla storia americana raccontata attraverso i ritratti dei suoi protagonisti. Celebri sono quelli dei coniugi Obama. Davanti alla Casa Bianca

Quanto ad università, la prestigiosa Georgetown University ha sede a Washington DC, insieme alla American University ed alla George Washington University. Tutte contribuiscono a stimolare la vivacità culturale della città e ad attrarre conferenze ed altri eventi di spessore. Washington DC è una città frenetica ed al contempo pittoresca. Al centro della storia e della politica americana, con le sue istituzioni e numerose attrazioni è certamente una capitale che vale la pena visitare!

Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA

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LE CRONACHE

PERGINE VALSUGANA

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iovanni Fruet e Vera Gubert di Pergine Valsugana, sono stati festeggiati domenica 21 ottobre scorso, presso la sala di Maso San Pietro ai Tre Castagni, per i loro 54 anni di vita assieme. Una doppia ricorrenza dal momento che lei in quei stessi giorni festeggiava pure il compleanno e la festa è stata fatta coincidere con gli appuntamenti al Parco che da quest’anno si tengono anche nelle domeniche d’autunno. Giovanni e Vera, che godono ancora di ottima salute, sono soci e fanno pure parte attiva del direttivo di questa importante associazione. Hanno rallegrato il festoso momento il duo musicale Mirta e Umberto, mentre i festeggiati hanno portato una grande torta che è stata distribuita a tutti i presenti. (M.P.)

LA FESTA DEI NONNI

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a ottenuto grande successo la “Festa dei Nonni” tenutasi nel pomeriggio di domenica 7 ottobre presso la sala di Maso San Pietro, gentilmente messa a disposizione dal direttore Padre Beppino Taufer dei Padri camilliani di Trento. Una festa organizzata dall’Auser di Pergine guidata da Armando Pergher in collaborazione con la Comunità Terapeutica di Maso San Pietro e del locale Gruppo Alpini. Una ottantina i nonni partecipanti al festoso momento che comprendeva musica dal vivo con il duo Mirta e Umberto, ballo ed estrazioni della lotteria. Poi a tutti è stato offerto un ricco piatto di maccheroni all’amatriciana. L’appuntamento è stato salutato dallo stesso presidente Pergher e da padre Taufer che hanno espresso soddisfazione per la grande partecipazione a questa iniziativa di far trascorrere a tante persone “nonne” della comunità, un gioioso pomeriggio insieme. Al termine è stata distribuita a tutti la torta confezionata ed offerta dalla socia e volontaria signora Meri. (M.P.)

68 ANNI DI VITA INSIEME

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on capita tutti i giorni di trovarsi di fronte ad una coppia di sposi che festeggia i 68 anni di vita assieme. Lunghi decenni trascorsi in un clima particolarmente affettuoso e costruttivo, da essere di sicuro esempio a tante coppie dei giorni nostri. Il caso esemplare viene dai coniugi Gino Cetto e Giuseppina Pompermaier rispettivamente di 92 e 91 anni che abitano a Levico Terme in via Giannettini. “Ci eravamo sposati, ci racconta Gino, il 30 settembre del 1950 nella chiesa di Selva di Levico, alle 5 e 30 del mattino. Poi siamo partiti in treno per il viaggio di nozze fino a Trento. Abbiamo pranzato presso l’Albergo Italia spendendo 2.400 lire e la sera, sempre in treno, siamo ritornati a casa”. Un viaggio di nozze insomma durato poco più di mezza giornata. Dalla loro unione nacquero 4 figli, due maschie due femmine. Gino è sempre stato un grande lavoratore. Aveva iniziato a fare il fabbro maniscalco a Selva di Levico per poi trasferirsi nella parte est di Levico, dove ancora oggi abita la sua famiglia e dove fino ai suoi 90 anni lavorava il ferro producendo personaggi storici di grandi dimensioni che sono in costante esposizione al piano terra e che costituiscono una grande attrattiva soprattutto per i turisti che nella stagione estiva in particolare, frequentano la città termale. Gino e Giuseppina fondarono e gestirono per alcuni decenni anche un’attività alberghiera, che ora è passata ai figli. Gli sposi Cetto godono ancora di buona salute sia fisica che mentale. Giuseppina in particolare quando afferma di non prendere nessuna medicina e che forse è proprio per questo che sta ancora bene. Ma nella vita, conclude, ci vuole anche un po’ di fortuna”. (M.P.)

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IN RICORDO DEI CADUTI

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Caduti nella battaglia di Sant’Osvaldo sono stati recentemente ricordati durante una Messa celebrata dal parroco don Paolo Ferrari e solennizzata dai canti di un gruppo di Scaut. La cerimonia, alla quale hanno partecipato numerose persone venute non solo da Roncegno ma anche da altri paesi accanto a tanti Alpini venuti da altri paesi della Valle presenti con il loro gagliardetto, è iniziata con la deposizione di una corona all’ingresso della chiesa mentre il capogruppo ANA di Roncegno ne ha ricordato il loro sacrificio. Poco distante, in località Cinque Valli, la società Bocciofila Tor Tonda di Marter aveva allestito un capannone all’interno del quale si erano svolte alcune esibizioni di boscaiolo e dove è stato poi servito anche il pranzo per tutti gli intervenuti. (M.P.)

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BENESSERE&SALUTE Rolando Zambelli è titolare dell’Ottica Valsugana con sede a Borgo Valsugana in Piazza Martiri della Resistenza. È Ottico, Optometrista e Contattologo.

 di Rolando Zambelli

OCCHIALI DA BAMBINO I nostri occhi, e in particolare quelli dei bambini sono preziosi e sensibili. È quindi necessario proteggerli (con occhiali da sole con protezione UV) e nel caso di difetti visivi correggerli nel miglior modo possibile.

Il primo passo nella scelta dell'occhiale, è quello di ricercare una montatura che sia adatta all'anatomia del viso, non deve perciò essere troppo grande, in modo tale da assicurare il miglior centraggio delle lenti: il margine superiore deve superare di poco il sopracciglio in modo tale che il bambino non sbirci al di sopra, il bordo inferiore non deve toccare le guance. La scelta poi del colore deve essere fatta insieme al bambino, più il colore piace al bimbo più lo indosserà volentieri.

Il secondo passo è quello della scelta delle lenti. L?unico materiale consigliato è quello organico, ovvero plastica infrangibile, poiché offrono sicurezza e protezione, anche durante il gioco. Se è possibile è bene orientarsi su materiali che abbiano una protezione UV che hanno anche la qualità di essere più resistente agli urti (es. lenti in PNX). Oltre alla scelta dei materiali delle lenti bisogna anche soffermarsi sulla scelta dei trattamenti che queste devono avere. Un primo trattamento è quello indurente, che assicura una minor abrasione della superficie. Se il bambino è in età scolare è consigliabile utilizzare anche il trattamento antiriflesso,

che diminuisce l'affaticamento del bambino durante lo studio, oltre ad aumentare il contrasto e a rendere la lente molto più trasparente. Sopratutto in età scolare è consigliabile tenere sotto controllo i bambini, con visite programmate annualmente, magari prima del periodo scolastico e magari anche durante per controllare come il sistema visivo funzioni sia sotto sforzo che in momenti di riposo. I bambini, passano molto tempo all'aria aperta, sarebbe quindi consigliabile che indossino degli occhiali da sole protettivi così da diminuire l'influenza dannosa dei raggi UV per gli occhi.

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Che tempo che fa ESTENSIONE DEI GHIACCI POLARI

 a cura di Giampaolo Rizzonelli

LO SCIOGLIMENTO CONTINUA IN QUESTO NUMERO ANDREMO FUORI DAI CONFINI DELLA VALSUGANA PER PARLARE DEI GHIACCI MARINI ARTICI E ANTARTICI

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nnanzitutto va detto che esistono rilevazioni quotidiane sull’estensione e la “qualità” dei ghiacci polari, in particolare la missione dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) Earth Explorer Cryosat è dedicata al monitoraggio del ghiaccio marino nelle regioni polari. Obiettivo della missione è ricavare variazioni sullo spessore del ghiaccio marino e dei ghiacci di calotta della Groenlandia e dell’Antartide, allo scopo di valu-

tare come l’attuale “riscaldamento globale” coinvolga queste aree. La copertura del ghiaccio è spesso citata come una delle prime vittime del riscaldamento globale, il ghiaccio svolge un ruolo importante nella regolazione del clima e del livello del mare. È quindi importante capire esattamente come le superfici ricoperte di ghiaccio stanno rispondendo a questi cambiamenti e da quanto.

CryoSat è stata la prima missione europea ad affrontare queste ricerche, il CryoSat1 è andato “perso” a causa del fallimento del lancio tramite un vettore russo nell'ottobre 2005, così si è dovuto attendere l'8 aprile 2010 per il lancio del Cryosat2. Il satellite vola ad un'altitudine di poco superiore ai 700 km, raggiungendo le latitudini di 88 gradi nord e sud, per massimizzare la copertura dei due poli e quando sorvola le superfici ghiacciate effettua misurazioni con la precisione al centimetro. Sempre nell’ambito del monitoraggio dei ghiacci polari, a settembre 2018, la Nasa ha lanciato il satellite ICESat-2, destinato a misurare le variazioni annuali dell'altezza dei ghiacci polari con una precisione record di quattro millimetri. Il satellite è decollato dallo Space Launch Complex-2 della Base Aerea di Vandenberg. Le stazioni terrestri di

Fig. 1 - estensione dei ghiacci artici

Svalbard, in Norvegia, hanno acquisito i segnali dal veicolo spaziale circa 75 minuti dopo il lancio. Si sta comportando come previsto e orbita attorno al globo, da un polo all'altro, a 27.470 km/h da un'altitudine media di 467 km. "Con questa missione continuiamo l'esplorazione dell'umanità delle regioni polari remote del nostro pianeta e facciamo progredire la nostra comprensione di come i continui cambiamenti della copertura del ghiaccio terrestre ai

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Fig. 2 - estensione ghiacci artide grafico

poli e altrove influenzeranno le vite in tutto il mondo, ora e in futuro", ha detto Thomas Zurbuchen amministratore associato della direzione della missione scientifica della NASA. ICESat-2 trasporta un singolo strumento, il sistema di altimetro laser topografico avanzato che verrà attivato circa due settimane dopo che il team delle operazioni di missione avrà completato i test iniziali del veicolo spaziale, quindi inizierà a lavorare sul suo obiet-

tivo scientifico, raccogliendo dati sufficienti per stimare il cambiamento di altezza annuale delle calotte glaciali della Groenlandia e dell'Antartico con una precisione di quattro millimetri: la larghezza di una matita. I dati ad alta risoluzione documenteranno i cambiamenti nelle calotte polari della Terra, miglioreranno le previsioni di innalzamento del livello del mare sostenute dalla fusione dei ghiacci in Groenlandia e Antartide, aiuteranno gli


Fig. 3 - estensione dei ghiacci antartide

Fig. 4 - concentrazione dei ghiacci artici

Fig. 5 - concentrazione dei ghiacci antartide

scienziati a capire i meccanismi che stanno riducendo il ghiaccio fluttuante e valuteranno come questa perdita di ghiaccio marino influisca sull'oceano e sull'atmosfera. ICESat-2 continua ad effettuare le misurazioni dell'altezza del ghiaccio avviate dalla missione originale ICESat della NASA, che ha funzionato dal 2003 al 2009, che sono proseguite dai voli annuali dell'operazione IceBridge dell'Agenzia sopra l'Artico e l'Antartide, iniziati nel 2009. Analizziamo ora alcune delle informazioni che vengono rese disponibili da questi monitoraggi, nelle immagini qui a lato sono riportati i dati rilevati il giorno 15 ottobre 2018 dal “National Snow and Ice Data Center”. In fig. 1 è riportata l’estensione dei ghiacci marini rilevata il giorno 15 ottobre (colore bianco) mentre la linea colorata delimita l’area con l’estensione media dei ghiacci nel periodo 19812010, come si può notare la differenza è “enorme”. Tale differenza si può notare anche nella fig. 2 dove sotto forma di grafico è riportata l’estensione dei ghiacci marini artici il 15 ottobre 2018 (superficie dell’oceano con almeno il 15% di ghiaccio) e viene confrontata con la media del periodo 1981-2010 e con il 2012 (anno peggiore). Purtroppo la linea del 2018 si sta molto avvicinando

a quei valori record “negativi”. Nella fig. 3 è riportata l’estensione dei ghiacci marini in Antartide Nella fig. 4 è riportata la concentrazione dei ghiacci marini artici, mentre nella 5 la concentrazione di quelli antartici. Nella fig. 6 analogamente alla fig. 2 è riportata, sotto forma di grafico, l’estensione dei ghiacci marini antartici e il confronto in questo caso viene effettuato con il 2017 e con la media 19812010. Un altro effetto del riscaldamento globale è evidente anche dal fatto che oggi il ghiaccio marino artico è per lo più ghiaccio del primo anno. Mentre il ghiaccio più vecchio si è sempre sciolto quando le correnti lo hanno spinto verso sud in acque più calde, ora più ghiaccio pluriennale si sta sciogliendo all’interno del Mar Glaciale Artico, lasciando spazio a ghiaccio nuovo. Mark Serreze, direttore del National Snow and Ice Data Center ha dichiarato “ho pubblicamente affermato che dal 2030 potremmo avere un Artico stagionalmente libero dal ghiaccio”, “Alcune

persone hanno detto che la mia affermazione è troppo aggressiva, che stiamo ipotizzando forse qualche cosa che avverrà dopo il 2040. Ma io non credo, siamo sicuramente sulla strada per perdere entro meno di 15 anni, forse anche 12, la copertura di ghiaccio marino estivo in buona parte del mare artico. Onestamente, credo che siamo al punto di non ritorno”.

Fig. 6 - area estensione ghiacci antartide

Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli Meteo Levico Terme

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LE CRONACHE LEVICO TERME

ALZHEIMER FEST

 di Mario Pacher

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Levico Terme si è svolta dal 14 al 16 settembre scorso, la seconda edizione dell’”Alzheimer Fest”. Tre giorni in cui sono stati evidenziati gli aspetti di questa malattia e le poche terapie per curarla. L’Alzheimer, come si rileva pure da pubblicazioni specifiche, si combatte anche con l’allegria e la musica. E così anche nel programma della festa di Levico si son tenuti due concerti con l’Orchestra d’Argento di Casa Santa Maria di Vigolo Vattaro, composta da una decina di persone di età media sui 90 anni. Dieci i pezzi eseguiti, ripescati dai mitici anni 50 e 60, intervallati da battute divertenti ad opera dell’insuperabile Antonio Maule nonchè balli coinvolgenti anche per il folto pubblico presente. Affiancati dai maestri Darius, Dario, Claudio, Umberto, Paul, e presentati da Antonio, hanno dato sfogo a tutta la loro energia. La ricetta per loro è chiara: “stare bene significa lasciarsi andare senza paure e coltivare le proprie passioni insieme agli altri”. Di valido supporto è stato anche Lorenzo Laner del CTA, che anche questa volta ha offerto il servizio di trasporto con il gentile autista Luca. Sulla scorta dei dati forniti dall’ADI Alzheimer’s Diseases International, l’alzheimer è da considerarsi una delle emergenze del futuro. Nel mondo sono 47 milioni le persone colpite da questa patologia. Un numero che purtroppo sarà destinato a salire notevolmente. Si ipotizza infatti che intorno al 2050 i malati saliranno a circa 131 milioni. L’aumento delle malattie croniche, come la demenza, è dovuto soprattutto all’aspettativa di vita, che sta determinando una rapida crescita della popolazione anziana. Il morbo dell’Alzheimer è forse la forma più comune di demenza, termine generale che si riferisce alla perdita di memoria e di altre abilità intellettuali. Attualmente il morbo di Alzheimer è incurabile, tuttavia sono disponibili dei trattamenti per i sintomi, mentre la ricerca continua. Anche se gli attuali trattamenti del morbo non possono fermare la sua progressione, si può fare molto per ritardarne la sua insorgenza e per impedire di svilupparsi. Uno stile di vita sano, una buona alimentazione, delle buone relazioni interpersonali e la voglia di divertirsi ancora nonostante l’età e gli acciacchi, sono tra le indicazioni per vivere la vita nonostante la malattia e per prevenire il peggioramento.

LE CRONACHE LEVICO TERME

INTERCLUB FESTA DELLE FAMIGLIE

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i è tenuto domenica 14 ottobre scorso presso l’Oratorio Parrocchiale di Levico Terme, un incontro promosso dall’APSS distretto Est della Valsugana in collaborazione con ACAT, il Comune, l’”Interclub Festa delle Famiglie” dei Club Alcologici Territoriali e Club di Ecologia Familiare dell’Alta Valsugana, sul tema “L’importanza di esserci per il cambiamento.” Dopo il saluto del presidente A.C.A.T dell’Alta Valsugana ai numerosi partecipanti, vi sono stati diversi interveti seguiti dalla premiazione con consegna delle rose e diplomi a chi vanta tanti anni di astinenza. Si è trattato, come ci ha testimoniato la signora Fiorella Mazzon membro del gruppo dell’alcologia dell’alta Valsugana, di un incontro al fine di aiutare le persone a cambiar vita e che non riguarda solamente l’alcol ma anche le droghe, il fumo, il gioco e aiutarle in tante altre difficoltà della vita. Sono seguite alcune rappresentazioni per dimostrare le difficoltà in tante famiglie e dei racconti da parte delle persone che sono riuscite a venirne fuori. (M.P.)

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