Valsugana News n. 10/2019 Dicembre

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ANNO 5 - NR. 10 DICEMBRE 2019

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Punto e a capo di Waimer Perinelli

Quel treno per l'Europa Una sottile linea divide la tragedia dalla farsa. Immaginate Amleto mentre recita il monologo, teschio in mano e inciampa in un ciottolo; ma l'esempio più chiaro ce lo fornisce ironicamente lo stesso Shakespeare con la tragica farsa, commedia in commedia, del Sogno di una notte di mezza estate, recitata dagli artigiani per divertire i nobili.

C

ambiamo i personaggi: politici e tecnici recitano per il popolo sovrano. Il tema è: ferrovia della Valsugana. Il testo della tragica farsa ha un prologo negli anni 70 del Novecento e in attesa della stesura finale accenna all'epilogo, alla fine, annunciata come gloriosa. Partiamo dalla ferrovia della Valsugana. Sono stati tanto bravi da far rimpiangere ai nostalgici i treni in orario di quando c'era Lui, lo sdoganato Mussolini. Hanno eliminato le macchine a vapore e le Littorine sostituendole con motrici più moderne ma, per gettare altri soldi, hanno acquistato in tempi recenti le attuali automotrici diesel che sono certamente più confortevoli e capaci ma hanno per fabbricazione la stessa massima velocità delle altre, 130 chilometri orari, e come le precedenti non possono superare, salvo qualche tratto, i 65 chilometri orari perché ci sono le curve. Ora ci raccontano la farsa che elettrificando la ferrovia si andrà più veloci. Fantasie: si ridurrà il tempo di avvio ma non si raddrizzeranno le curve con i fili elettrici. La Valsugana merita di meglio visto che può diventare una percorso ferroviario fondamentale del circuito europeo. Là dove termina c'è Venezia, c'è Porto Marghera, la diramazione per Trieste e....l'Est europeo. C'è poi qualcuno che difetta di immaginazione, ma non solo, e si affida alle

Fate, immaginando solo grazie alla elettrificazione, il trasferimento del trasporto da gomma a rotaia, ovvero su un tracciato ormai ripudiato da tutti: artigiani e industrie. La farsa diretta verso la tragedia poteva diventare commedia a lieto fine se fosse stata degnamente inserita nel mega progetto dei sognatori della grande Trento. Gallerie per 32 chilometri attorno alla città; binari interrati, e parchi verdi ovunque, magari uno spazio per le tre Palle del Muse. Ma volendo anche noi, popolo sovrano, credere nelle favole perché non rilanciare e immaginare una funzionale ferrovia della Valsugana e costruire una galleria che da Lavis sale da Civezzano a Pergine e da qui proseguire attraverso un tunnel, anche stradale dove infilare anche la statale 47 e liberare le sponde del lago di Caldonazzo. Poi fino a Levico e , con poche curve arrivare a Venezia. Trazione elettrica, materiale pesante, poche curve: velocità da 90 a 130-160 chilometri orari. La città dell'acqua è a soli 120 chilometri, ottanta minuti di

viaggio da Trento e lasciamo pure la circumlacuale da Pergine e Calceranica, Caldonazzo e Levico. Sulla direttrice Trento Venezia elettrificata e senza le gallerie di Roncogno, come scriveva Sergio Baldi della CGIL nel 1975, si potrebbero caricare perfino i container, i rimorchi e motrici dei Tir. Ci vorrà qualche anno ma siamo pazienti e pensiamo al futuro visto che attendiamo da oltre mezzo secolo. Nell'attesa perché non chiamare PIRUBI o Valdastico la statale 47 . Sarebbe l'autostrada che già c'è; finalmente dotata di un nome proprio. Basta finzioni. Basta chiudere gli occhi sulle colonne di TIR e automobili da mattina a sera. I poveri valsuganotti oggi gasati e bastonati, avrebbero forse la riconoscenza della gente delle valli del Leno dove pare che le rocce e i rovi siano d'oro. E' in Valsugana, solo sgrembeni? Facciamo un po' di chiarezza. Bisogna guardare in faccia la realtà, ma attorno vediamo solo “Volti noti e sentimenti confusi” dramma di Botho Strauss, dove i sentimenti diventano pensieri confusi. O malvagi?

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SOMMARIO ANNO 5 - DICEMBRE 2019 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Katia Cont - Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Laura Mansini - Alice Rovati Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Giampaolo Rizzonelli - Nicola Maschio - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)

PER LA TUA PUBBLICITÀ info@valsugananews.com www.valsugananews.com

Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per di tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

Punto e a capo Sommario La testimonianza: intervista a Bethany Yeiser Il personaggio: Vittorio Sgarbi Qualità della vita: Trento al Top Teatro oggi: Civezzano 130 anni di storia A ciascuno il suo Teatro: a Bressanone torna Soliman Feste nell’antichità Sud chiama Nord Tra passato e presente: inizia la caccia alle streghe I pompieri di Caldonazzo I seggiolini anti abbandono Tempo di Natale: la caccia al regalo Ieri avvenne: i fratelli Lumière La Madonna di Loreto La Madonna nera San Francesco ecologista A Roma il presepe di Scurelle Storie di casa nostra: Roberto Pendini UMANA-MENTE Il problema degli oppiodi in USA Vaia, il suono del bosco ferito La lunga storia del Gospel Susy Doriguzzi, un sogno divebta realtà Natale 2019: i regali alternativi Develpai Tone : l'ultima cima Altroconsumo risponde Natale: missione spreco Il medico e lo scrittore Krumer: i fumetti

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Salute & Benessere: il metodo Zangirolami Medicina & Salute: crediamo in Babbo Natale? Medicina & Salute: i disturbi alimentari Salute & Benessere: la massoterapia

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In Vino veritas: il vino novello Ieri avvenne: la pallacanestro Il Take Away alimentare Fatti di casa nostra: verso Štivor Riapre il mercatino di Emergency Andiamo a teatro Le cronache locali Le cronache locali Le cronache locali Le cronache locali Che tempo che fa Giocherellando

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La redazione, i giornalisti, l'editore, i collaboratori, i grafici e gli stampatori di Valsugana News, porgono a tutti i nostri lettori, inserzionisti e alle Vostre famiglie i MIGLIORI AUGURI DI BUON NATALE E FELICISSIMO ANNO NUOVO

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La testimonianza di Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA

"Il mio viaggio attraverso la schizofrenia" Nostra intervista esclusiva a Bethany Yeiser Bethany Yeiser è una scrittrice americana ed un’attivista nella campagna di sensibilizzazione su salute mentale e schizofrenia. Nel 2014 pubblica un libro autobiografico sulla sua esperienza di persona affetta da schizofrenia, dal titolo "Mind Estranged: My Journey from Schizophrenia and Homelessness to Recovery." Prima di ammalarsi, Bethany era ricercatrice universitaria e violinista. A seguito di un percorso terapeutico, nel 2011 si laurea con lode in biologia molecolare presso l’Università di Cincinnati. Nel 2016, Bethany dà vita alla Fondazione CURESZ con il Dr. Henry Nasrallah. CURESZ promuove la ricerca e l'educazione sulla Schizofrenia. Bethany è anche autrice di un blog su PsychologyToday.com, chiamato "Recovery Road.” Sig.ra Yeiser, è mai stata intervistata da una rivista italiana? No, mai. Ci racconti...com’è stata la Sua infanzia? Ho avuto un'infanzia normale e felice. Non ho mai avuto discussioni particolarmente accese con i miei genitori. Suonavo il violino ed ero un membro dell’orchestra giovanile; ne ero molto orgogliosa! Andavo molto bene a scuola, facevo parte dell’associazione studentesca per gli studenti meritevoli. Amavo la matematica ed andare all’università era il mio chiodo fisso. Ero molto entusiasta per il mio futuro! All’università si è infatti poi iscritta, dove si è subito distinta… Si, ho iniziato a studiare biologia molecolare e biochimica in California. Ho subito iniziato a condurre un’intensa attività di ricerca, e quattro dei miei scritti sono persino stati pubblicati! Tre articoli di ricerca ed uno sulla schizofrenia. A Sue parole, cos’è la schizofrenia?

Bethany Yeiser

La schizofrenia è un disturbo del pensiero e dello sviluppo neurologico caratterizzato da quelli che vengono comunemente chiamati sintomi negativi, positivi e cognitivi. I sintomi negativi comprendono apatia e perdita di interesse per cose che prima si amavano, come la musica o lo sport. Una persona può trascurare la cura di sé, dimenticare di mangiare o fare la doccia. I sintomi positivi includono allucinazioni, delusioni e paranoia. Infine, i sintomi cognitivi comprendono deficit di memoria e

incapacità di pianificare o prendere decisioni. La perdita di contatto con la realtà è abbastanza comune nella schizofrenia. Proprio per questo molte delle persone affette da schizofrenia non si rendono conto di esserlo. Nel Suo caso, come si sono manifestati i deliri? Ho iniziato a credere che centinaia di milioni di persone in Cina contassero personalmente su di me per migliorare la loro situazione di vita. Poi ho iniziato a pensare di essere la prossima Madre Teresa di Calcutta ed il prossimo profeta. I deliri si sono progressivamente fatti sempre più contorti, e sono diventati il centro della mia vita. Ci pensavo in continuazione. Sapevo però che non potevo parlarne apertamente, che non sarei stata presa sul serio. Pensavo: "Quando accadrà, tutti vedranno!" I deliri sono andati avanti per circa tre anni. Poi, all'improvviso, ho iniziato ad avere allucinazioni. Che tipo di allucinazioni? Ho iniziato a sentire voci nella mia mente e vedere cose o persone che

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La testimonianza

Bethany alla presentazione del suo libro

non c'erano. Ad esempio, una volta mi sono guardata allo specchio e ho visto il mio viso trasformarsi in quello del personaggio Lisa nello show “I Simpsons”. Quanto alle voci, ce ne sono di due tipi. Il primo si chiama ego-sintonico. È quando senti qualcosa di coerente con la tua personalità e ti piace. Le voci dicono, ad esempio, che sei un abilissimo giocatore di basket o che sei bravissimo a parlare quello spagnolo che hai imparato al liceo. Quelle voci mi piacevano. Il secondo tipo di voci si chiama ego-distonico, e sono quelle più problematiche. Ti incitano a fare cose totalmente non in linea con la tua personalità, che altrimenti non faresti mai. Ad esempio, ad un certo punto le voci che sentivo mi hanno comandato di rompere il mio violi-

Bethany che suona il suo adorato violino

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no, al quale tenevo moltissimo. Ed io l’ho fatto; anche se per me quel violino era un tesoro, la cosa più preziosa avevo, e valeva pure un sacco di soldi! Le voci sono così potenti e irritanti che è impossibile ignorarle e resistervi. Ecco perché è così importante iniziare tempestivamente una terapia… Precisamente. Quando ho iniziato a prendere le mie medicine le voci le sentivo ancora, ma improvvisamente ero in grado di ignorarle quel tanto da riuscire a dire di no ad alcuni impulsi come rompere un violino. Prima di cominciare la terapia le voci erano arrivate a controllarmi in tutto e per tutto. Quando ti è stata ufficialmente diagnosticata la schizofrenia? Mi è stato diagnosticata nel marzo 2007. Ma i sintomi sono iniziati anni prima. Dal 2003 ero una senzatetto ed una mattina mi sono svegliata per strada ed ho iniziato ad imprecare alle voci che sentivo nella mia mente. Un vicino ha chiamato la polizia e sono stata portata in un reparto psichiatrico. Ho pensato: “Ottimo, ora vedranno che non c’è nulla che non va in me e mi faranno uscire subito!” Avevo perso ogni contatto con la realtà. Qual è stata la tua reazione quando la tua diagnosi è stata confermata? La diagnosi di schizofrenia è stata una delle più grandi sorprese che io

abbia mai avuto. Anche quando udivo le voci, pensavo: "beh, forse tutti sentono delle voci, l'importante è fare come tutti gli altri e non parlarne". Per questo, quando è arrivata la diagnosi, ero completamente sotto shock. Ricordo di aver pensato: “La mia vita finisce qui.” C'è stato un momento topico nel tuo viaggio attraverso la malattia? Sì, quando ho interagito con il mio medico durante il ricovero in ospedale. Si è seduto vicino a me e mi ha spiegato che se avessi continuato con le mie cure avrei potuto ricostruirmi una vita. Che sarei potuta tornare a lavorare e che avrei potuto suonare di nuovo il violino ad alti livelli. In quel momento, è stato come se questo dottore mi avesse lanciato un'ancora di salvezza. Mi sono resa conto che la schizofrenia non sarebbe stata una condanna a morte. Quali pensi siano le principali sfide dell’uscire allo scoperto come malato di schizofrenia? Vi è ancora uno stigma molto forte nei confronti dei malati di schizofrenia. Vi è un’idea diffusa che le persone schizofreniche siano deboli, pericolose ed impossibili da capire. Affrontare questo stigma è stata per me una grande sfida. Temevo che se avessi rivelato che avevo la schizofrenia, le persone non avrebbero capito, che non avrebbero saputo cosa dire e che avrei perso i miei amici. Per questo per molto tempo ho vissuto nell’ombra, con la sensazione che dove nessuno sapessi chi fossi veramente. Questo fino a quando ho pubblicato il mio libro autobiografico. Come è stato ricevuto? In maniera molto positiva! Le persone lo leggevano e finalmente potevano capire cosa stessi vivendo e che cosa fosse la schizofrenia. Ho ricevuto moltissimo supporto da par-


La testimonianza

Bethany che presenta il tema della schizonefria in una delle presigiose conferenze a Cincinnati tenutasi nel 2019

te della gente, è stato davvero molto incoraggiante. Per me pubblicare il libro è stato un atto liberatorio Dedichi molto del tuo tempo alla sensibilizzazione sulla schizofrenia. Qual è il messaggio che ritieni sia più importante trasmettere alle generazioni future? Che la schizofrenia è una malattia al pari di cancro o diabete. Chiunque può svilupparla, indipendentemente

da sesso, etnia o quogli di non perpetuare lo stigma, sceziente intellettivo. gli di essere suo amico. Proprio come per Sig.ra Yeiser, a nome mio qualsiasi altra malate della rivista Valsugana News tia, anche la schizofreLe sono molto grata per aver nia va curata con condiviso la Sua storia un’adeguata terapia. con i lettori italiani. Grazie! Per questo l’assunzione di farmaci antipsicotici non è diversa da quella, ad esempio, dei i farmaci per il diabete. Credo che ci sia un doppio standard tra malattie come l'Alzheimer, il Parkinson, un ictus e la schizofrenia. Quello che mi sento di dire è che non c'è vergogna nell'avere la schizofrenia. Non bisogna vergognarsi a chiedere aiuto. Prima si riceve un trattamento adeguato e specifico per la malattia, meglio è. E se il tuo amico ha la schizofrenia sce- Bethany ad una conferenza

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Il personaggio di Waimer Perinelli

Vittorio Sgarbi! cerca castello C'è un pallido sole autunnale a Castel Caldes, venti centimetri di neve, la prima della stagione, sui tetti e marciapiedi. Un gruppo di appassionati, Sindaco Maini in testa , visita la mostra Cavallini-Sgarbi all'interno del Castello. E' annunciato l'arrivo di Vittorio per le ore 11. Un'ora dopo Franco Panizza annuncia al gruppetto in attesa, la partenza di Vittorio da Terzolas.

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ranco Panizza, già Senatore e non dimenticato assessore alla cultura della Provincia, voluto da Sgarbi quale “geografo” del Mart, è sereno. “A Roma dice, quando ti fissano un appuntamento per le 11 vuol dire: a partire dalle 11”. Caldes non è Roma ma quando arriva Sgarbi si scioglie anche la neve. Tutto è perdonato. Vittorio è attore, istrione, affabulatore. E' l'artefice della mostra “La collezione Cavallini-Sgarbi da Niccolò dell'Arca a Francesco Hayz” aperta fino al 2 febbraio 2020, ma nell'incontro con una quarantina di visitatori riesce a parlare di tutto l'universo dell'arte e del sesso. Esordisce con il ricordo della madre Rina Cavallini, colta e sensibile, capace di incoraggiare la bramosia di collezionista del figliolo, folgorato sulla via della “Sibilla” di Carlo Bonomi e del Cristo benedicente di Jacopo da Valenza, che

troneggia nella prima sala della mostra e ci guarda ieratico dalla copertina del catalogo. “Mia madre, dice Vittorio, mi ha incoraggiato, aiutato, acculturato”. Cultura profonda, memoria e intelligenza accompagnano Sgarbi nella bulimia del collezionista. La storia è nota: la sua attività di accaparratore inizia nel 1977. “Non sono io a cercare le opere d'arte, dice, ma sono loro a venirmi incontro. Il San Domenico del Dell'Arca, l'ho comperato a Roma da un antiquario mentre due mercanti, ignorandolo, trattavano un lampadario”. Dalla madre all'attualità, ai due noti gay Dolce e Gabbana, gli stilisti sotto accusa perché contrari all'inseminazione assistita ma favorevoli alle adozioni. “Forse sono gelosi delle lesbiche che possono comunque procreare?” gli chiedono. Vittorio è colpito e rilancia “La donna sarà veramente libera quando deciderà,

com'è già successo a personaggi famosi, di usare il maschio per avere un figlio e poi cacciarlo”. Chissà perché mi conforta non essere un maschio della mantide religiosa, una specie dove la femmina dopo l'inseminazione stacca a morsi la testa del partner e se ne ciba. “In realtà, dice Sgarbi, la coppia Dolce e Gabbana si dice favorevole alla famiglia tradizionale perché ormai si confondono i valori con la moda”. Dalle donne al tradimento. “Io sono favorevole alla famiglia altrui, dice, e fatico a tollerare il sesto e nono comandamento della Bibbia”. Non fornicare e non desiderare la donna d'altri. “Un vescovo amico mi disse che desiderare è uguale a scopare. Allora perché non farlo visto che non c'è uomo che uscito di casa non sia travolto dal desiderio”. Subito dopo il ricordo di un amico, uno dei tanti, ai quali ha sottratto, sia pure per breve tempo, la fidanzata o la moglie. Un' arte anche questa: l'arte di vivere a modo suo, che non è di tutti. Ma l'Arte vera è, anche per Sgarbi, un'altra cosa. “E' creatività, impegno, capacità. Non è aggiunge, fare un taglio su una tela (Fonta-

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Il personaggio

na), né riempire un barattolo di merda (Manzoni). Queste sono opere contemporanee, concetti che valgono decine di milioni”. Ben diversa è la creatività e capacità di artisti, anche del Novecento, realizzatori di capolavori in competizione, a modo loro, con il grandi del passato. “I capolavori del passato, conclude Sgarbi, hanno lo Spirito (l'anima) ed esso ha un valore incommensurabile. Per questo, afferma, non amo l'arte contemporanea. Mi ribello all'arte fatta di testa”. Al pubblico amico racconta come ha accumulato la vasta raccolta di capolavori esposti a castel Caldes. Non da critico ma da uomo provato dalla vita. E dalla morte.

Da sinistra Panizza, Sgarbi e il nostro Perinelli

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Quella della madre, avvenuta il 3 novembre 2015, una data segnata dall'ingresso in casa dell'Aquila una splendida terracotta di Niccolò dell'Arca(1435/40-1494), realizzata nel 1478. La morte dell'amato zio anche questa segnata dalla nuova scultura di Niccolò Dell'Arca, il Castel Caldes - Visita alla Collezione Cavallini Sgarbi San Domenico, una terrapacità dei medici. Una fortuna che lo zio, cotta del 1474. La morte vinta dall'arte colpito dallo stesso malore, non ha avuimmortale. to.” Nella sua vita due sculture ed una croIl futuro di Sgarbi è legato a Ferrara, la ce: una vera croce piantata nel suo cuosua città; alla casa museo di Ro Ferrarere ed a Ronco Bilaccio, sull'Appennino se; alla Fondazione Elisabetta Sgarbi, tosco-emiliano, dove dice scherzando, sua sorella; al Mart, al Trentino e ai suoi è morto Vittorio castelli. Sgarbi. Quando scrivo mancano due giorni alTornava in auto a l'incontro con la proprietà di Castel Vatarda notte, nel diler a Tassullo, un gioiello del XIV secolo cembre 2015, da appartenente da 600 anni ai nobili Brescia verso FirenSpaur e comparso sulla stampa in venze quando sentì un dita per una trentina di milioni di euro. forte dolore al petLo accompagna il suo “geografo”; la fito. Si fece portare data guida culturale del Trentino, origisubito in ospedale nario di Tuenno, con il quale ha in prea Modena dove fu parazione una mostra del Mart dedicasottoposto ad anta a Tullio Garbari, illustre valsuganotto, gioplastica a causa da allestire alla Corte Trapp di Caldodi un' ischemia al nazzo. cuore. Mentre leggete potremmo già parlare “Sono sopravvissuto, del nobile Sgarbi erede degli Spaur alla ricorda, grazie alla corte del successore dei Trapp. scienza ed alla ca-


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Attualità di Nicola Maschio

Qualità della vita: Trento al top

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rento ancora una volta al top in Italia. Ne avevamo dato notizia giusto qualche edizione fa ed ora, a distanza di pochissimo tempo, arriva un’altra importantissima conferma. Siamo la migliore provincia del nostro Paese nel 2019, quella in cui la qualità della vita ha raggiunto il livello più alto, quello massimo. La notizia è stata data, tra le altre, anche da ItaliaOggi (al termine dell’annuale ricerca in collaborazione con l’Università “La Sapienza” di Roma e Cattolica Assicurazioni), tra le testate più importanti in termini economico-statistici. Ma cosa ha contraddistinto Trento dalle tantissime altre realtà nella nostra Penisola? L’eccellenza negli affari, nel lavoro, nell’istruzione e nella formazione, ma anche in settori quali il tempo libero o il turismo. Ma soprattutto, l’Università e gli Enti di ricerca, al top a livello non solo italiano ma addirittura internazionale. Dall’altro lato della medaglia invece, ovvero all’ultimo posto delle 107 province considerate complessivamente, troviamo la città di Agrigento che, contrariamente a Trento, pecca notevolmente in quasi tutti i settori ad esclusione della sicurezza e della dimensione demografica. Prima di tornare a parlare della nostra provincia però, è necessario fare un breve riassunto a livello generale, per capire in quale direzione la qualità della vita si sta evolvendo. In 65 province attualmente si vive bene (livello “buono” o comunque “accettabile”), un trend in forte crescita considerato quanto emerso negli anni precedenti: nel 2015 una buona qualità della vita si era registrata in 53 città su 110, nei successivi 2016 e 2017 erano diventate 56 e lo scorso anno, nel 2018, ben 59.

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L’aumento notevole di quest’ultimo anno lascia ben sperare per il futuro, ma soprattutto permette a Trento di attestarsi ancora una volta come la migliore d’Italia. Soprattutto nel corso di un’indagine come quella in esame che, nel 2019, ha considerato fattori ed elementi più specifici rispetto alle precedenti “edizioni”: ad esempio la dimensione dei servizi finanziari e scolastici è stata sostituita da quella inerente “istruzione, formazione e capitale umano”, ma tanti altri aspetti hanno permesso di svolgere un’indagine completa praticamente al cento per cento. Assodato della straordinaria qualità della nostra realtà, viene dunque da chiedersi: quali città seguono il capoluogo trentino? Si resta sempre nel Nord Italia (il divario con il Sud, come ancora una volta emerso nella ricerca, rimane parecchio esteso), con Pordenone, Sondrio, Verbano-Cusio-Ossola, poi Belluno, Aosta, Treviso, Cuneo, Udine e Bolzano. I nomi delle prime città del meridione compaiono invece attorno alla settantesima posizione, con Potenza e Matera. Quali dati di fatto emergono dun-

que da questa nuova indagine? In primo luogo, nelle piccole province si vive generalmente meglio: nonostante siano infatti due grandi centri in termini economici e turistici, Milano e Roma stentano a scalare la classifica, nonostante la Capitale abbia rimontato ben nove posizioni rispetto allo scorso anno (dall’85esimo posto al 76esimo). Milano, capoluogo della moda e del design, passa dal 55esimo al 29esimo posto in graduatoria, mentre Torino raggiunge proprio il capoluogo lombardo partendo ben dalla 78esima posizione. Bologna attua una scalata formidabile, spostandosi di ben trenta posizioni dal 43esimo al 13esimo piazzamento. Un secondo elemento al quale prestare attenzione è tuttavia il già citato grande distacco tra Nord e Sud, sinonimo di un’Italia praticamente “spaccata in due” in termini di qualità della vita (Crotone, ad esempio, è all’ultimo posto in molti degli aspetti considerati). Un punto di partenza sul quale lavorare in futuro, per far si che in tutta la Penisola si torni a vivere dignitosamente, senza fratture territoriali.


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Teatro oggi di Laura Mansini

Civezzano: 130 anni di teatro Nel variopinto ed interessante mondo del teatro amatoriale dell'Alta Valsugana,una menzione particolare spetta alla Filodrammatica di Civezzano che nel 2020 compirà 130 anni.. Ottima Compagnia con una bella storia alle spalle, si formò infatti negli ultimi anni del XIX secolo.

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e prime informazioni risalgono al 1890 quando non c'era sala teatrale e nelle corti, solai, avvolti e canonica s'improvvisava su canovacci, si recitava la nascita e la passione di Cristo, si raccontavano storie di paese. Il primo documento ufficiale è un decreto del Regio Capitanato distrettuale firmato Trento, 31 gennaio 1906, con il quale la direzione della Società Agricolo Operaia Cattolica veniva autorizzata a "dare una rappresentazione" nel proprio teatrino. Le notizie che qui riporto sono ricavate dal bel Libro "Chi è di scena !" scritto dalla Filodrammatica nel 2010 nato da un'idea di Antonio Caldonazzi, attore professionista venuto a mancare prematuramente . Incontrai per la prima volta la filo di Civezzano nel 1983, con Silvio Castelli e Lino Lucchi che mi accompagnarono a vedere l'ottima messinscena de "La botega de l'Orso" scritta dallo stesso Castelli, regia di Vittorio Gadotti. Già da allora fui favorevolmente impressionata dalla serietà ed impegno del gruppo che aveva un bel passato alle spalle con intere generazioni di famiglie che di padre in figlio si passavano il testimone di un'arte antica capace di aggregare, di fare cultura, di raccontare la vita. Scorrendo un elenco degli attori che hanno fatto parte della filo dalle origini ad oggi vediamo che molti cogno-

Vittorio Sgarbi

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Filo Civezzano - Fo...'na serata (2019)

mi sono ancora presenti come i Bampi, i Caldonazzi, i Gadotti e ogni generazione ha portato una nuova storia; ad esempio nel 1989, un gruppo di giovani, per esplorare nuovi generi teatrali , formò "Filo-Folies" entrando nelle stagioni teatrali estive . Da ricordare la bella messinscena dei due atti unici: "La cantatrice calva "di Jonesco e "Lo sportello" di Tardieu, con regia di Antonio Caldonazzi; nel 1992, al Sipario d'Oro di Lizzana, ideato da Paolo Manfrini, il lavoro venne premiato come miglior spettacolo e, come migliori attori furono premiati Alessandra Gadotti e Roberto Claudiani. Antonio, uno dei giovani attori più promettenti del panorama teatrale trentino dopo, avere vinto la borsa di

studio intitolata all'attrice trentina Edda Albertini (1926-1988) ed aver frequentato l'Accademia d'Arte drammatica Sivio D'Amico di Roma, venne assunto al Teatro Stabile di Bolzano diretto da Marco Bernardi e, molto apprezzato sia per la regia e la recitazione, vi rimase per tutta la sua breve vita. Il suo entusiasmo fu contagioso ed assieme agli amici più cari quali Roberto Claudiani, Daniela Pontalti che poi divenne sua moglie, Michele Gennari, la sorella Susanna e altri ancora, in collaborazione con gli attori della vecchia filodrammatica costruì un modo nuovo di affrontare il teatro amatoriale, teso al futuro senza dimenticare la tradizione. Ora a Civezzano si festeggia il 130° an-


Teatro oggi di Waimer Perinelli

QUEL TRENO PER AUSCHWITZ

P Filo Civezzano - Pirandello (2014)

niversario con la sedicesima rassegna teatrale 2019/2020 "Bruno Pallaoro", inaugurata dallo spettacolo "Fo...'na serata", due atti unici di Dario Fo e Franca Rame. La regia è degli esordienti Daniela Pontalti e Michele Gennari. In scena con Susanna Caldonazzi, Roberto Cerlenco, Fabio Eccel, Mattia Leonardi, e Francesca Berciga anche i giovani: Arianna Ambrosi, Elisabetta Caldonazzi, Aurora Lenzi, Damiano Losa ed Edoardo Rossi. Fra i tecnici troviamo Francesco Caldonazzi ed il nonno Giovanni che ora collabora creando le scenografie, ma che io ricordo ottimo attore e socio storico della Filodrammatica. Instancabile la Filo, composta da sessanta soci, dei quali un terzo formato da giovani dai 13 ai 19 anni, oltre alla Rassegna, che vanta dieci spettacoli, ogni anno organizza, per i più giovani e le famiglie "Il Grillo parlante" teatro per bambini e famiglie fatto da professionisti e da 20 anni, in estate, al parco giochi di Civezzano "La Talpa Arianna" presenta letture per i bambini dai 3 ai 6 anni. Molto importante è anche il laboratorio teatrale giunto al sesto anno, ultimamente curato da Alessio Kogoj, che aiuta i ragazzi ad avvicinarsi al teatro; infatti Edoardo Rossi che ha sempre partecipato ai laboratori è riuscito ad entrare nell'Accademia Recitazione Toscana e Lucca. Augurando a lui successo e fortuna, colgo l'occasione per augurare a questa bella ed importante compagnia un Sereno Natale ed un felice Anno Nuovo ricco per dirla alla Goldoni di "Salute, bezzi, e tempo da goderli"

Filo Civezzano - Quel che no i credeva lori (1979)

redappio è conosciuta per avere dato natali e sepoltura a Benito Mussolini(1883-1945) socialista fra gli sfruttati trentini e romagnoli, poi difensore degli agrari contro i socialisti e infine duce degli italiani per 23 anni. I sindaco di Predappio nel novembre del 2019, ha negato il contributo a due studenti partecipanti ad un viaggio studio nel campo di sterminio di Auschwitz in Polonia, dicendosi disposto a finanziare un tour più grande comprendente un Gulag sovietico e una o due Foibe. Non fa una piega ma sembra la foglia di fico spostata dal davanti al didietro. Ai soliti dubbiosi l'iniziativa potrebbe sembrare un omaggio all'illustre concittadino che concesse ai nazisti di portare ad Auschwitz qualche decina di migliaia di italiani, ebrei, rom, malati senza fare domanda e senza pagare il biglietto.

DUE CUORI E UN'AUTOMOBILE

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nche le favole cambiano: non più due cuori e una capanna bensì due sfollati e un'automobile. E' accaduto a Trento dove una coppia di circa 50 anni, lei invalida ma occupata in un'azienda per ben 4 euro l'ora e lui con reddito di cittadinanza di 391 euro mensili. Hanno perso l' abitazione e il Comune li ha alloggiati a 200 euro al mese in una casa famiglia da dove dovrebbero spostarsi separatamente in due strutture: una per sole donne l'altra per soli uomini. Mentre scrivo non sappiamo ancora se lui ha accettato un lavoro e lei qualcosa di meglio pagato. Nella disgrazia che a differenza della fortuna ci vede benissimo, hanno confermato il patto sociale preferendo a due capanne un' automobile. All'orizzonte nuovi problemi economici: ammesso che trovino parcheggio, ci saranno le spese per il bollo, l'assicurazione e il carburante per il riscaldamento. Come ogni favola anche questa ha la sua morale: se comperate un'automobile sceglietela grande.

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Arte, cultura e teatro di Katia Cont

A Bressanone torna “Soliman”

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ella magica atmosfera del Palazzo vescovile di Bressanone torna Soliman, l’elefante che nel 1551, dopo essere stato donato dal re portoghese Giovanni III al nipote Massimiliano d’Austria, fece una sosta di quindici giorni a Bressanone durante il viaggio verso l’Austria. Abbiamo intervistato il direttore di “Bressanone Turismo”, Werner Zanotti, proprio il giorno della prova generale e ci siamo fatti raccontare come sia nata l’idea di questo meraviglioso evento che dal 2015 affascina migliaia di spettatori ogni anno. Direttore, da chi è nata l’idea di questo spettacolo? «Nel 2014 ero in visita alla città di Berna e sono rimasto molto colpito dallo show che gli artisti della luce “Spectaculaires - Allumeurs d’Images” proposero sull’edificio del Parlamento. In quell’occasione nacque in me l’idea di proporlo nella mia città». E come mai proprio l’elefante ? «Abbiamo pensato subito di proporre un evento con il video mapping, ma serviva qualcosa da raccontare. La storia dell’elefante era la più adatta perché legata alla città. La vicenda dell’elefante di Bressanone ha un fascino talmente speciale che è stata addirittura narrata dal premio Nobel Josè Saramago nel libro “Il viaggio dell’elefante”. – spiega Zanotti - Mi rendo conto possa sembrare pura fantasia, ma è storicamente accertato che più di 500 anni fa il Re di Portogallo ha regalato a suo cugino, il futuro imperatore Massimiliano II d’Asburgo, in occasione del matrimonio, un elefante indiano». L'elefante di Nome Soliman partì infatti nel 1551 dal Portogallo, sbarcò a Geno-

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Bressanone Turismo (c) Santifaller Photography

va, proseguì per Milano, Cremona, Mantova, Trento, Bressanone per poi arrivare a Vienna nel marzo del 1552. Durante il suo percorso destò meraviglia e festeggiamenti, tanto da essere rappresentato anche nel Chiostro del Duomo di Bressanone. Lo Show ha avuto diversi episodi e quest’anno proponete il “Best Of”. Ci racconti che evoluzione ha avuto questo spettacolo. «Lo Show è nato fin da subito come una trilogia. Dal 2015 al 2017 abbiamo proposto “Soliman Dream” 1, 2, 3. In seguito, nel 2018, abbiamo provato qualcosa di nuovo con lo spettacolo “Natalie”, portando l’innovazione con un “light musical show” e inserendo la musica scritta da un compositore di Bressanone e una cantante dal vivo. Anche per questa proposta abbiamo riscontrato un grande successo con 35.000 spettatori, tant’è che stiamo pensando alla seconda edizione. Quest’anno abbiamo voluto ripresentare il “Best Of Soliman’s Dream”, nel quale sarà lui stesso a raccontare il suo lungo viaggio, i suoi sogni e il suo soggiorno a Bressanone. La voce narrante sarà quella dell’attore bressinese Peter

Schorn». Quante persone gravitano attorno all’organizzazione? «Il prodotto lo curo io personalmente, mentre sono quattro le persone dello staff. Oltre a loro ci sono collaboratori che si occupano del ticketing e della comunicazione. Il lavoro è importante e ogni cosa va studiata nel dettaglio. C’è una bella squadra coesa e professionale, che affronterà dal 22 novembre al 6 gennaio 2020, 44 giorni di repliche con tre recite al giorno. E poi, ovviamente, c’è la sicurezza della compagnia “Spectaculaires - Allumeurs d’Images”». La compagnia a cui fa riferimento il Direttore Zanotti è stata fondata nel 1987 ed è composta da un gruppo di artisti francesi che unisce artigianato arte e tecnologia avanzata. Il team mette in scena il patrimonio storico, urbano, naturale e industriale per mezzo di scenografie di immagini monumentali proiettate e animate. Questa alleanza di luce, suono e immagine sublima la creatività degli artisti che, grazie alla padronanza dell’utilizzo di tecnologia e materiali, fanno vivere esperienze al limite della fantasia.


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Tra passato e presente di Elisa Corni

Feste invernali nell’antichità

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l Natale è forse la festa più sentita, che nel corso dei secoli ha portato con sé la nascita di nuove tradizioni: dal presepe che vede le sue origini nel Medioevo, al rosso Babbo Natale, frutto del marketing degli anni Sessanta. Secondo il calendario liturgico, invece, questa è una delle più importanti festività religiose della religione Cristiana. Non solo per la nostra cultura e tradizione dicembre è un mese importante: festività di ogni genere si riscontrano in ogni luogo e tempo in questo periodo dell’anno. Comprendere le festività dell’antichità ci aiuta, oggi come oggi, a scovare le radici delle festività odierne. Prendiamo ad esempio le tradizioni

culturali e religiose di epoca romana; gli abitanti della Città Eterna il 25 dicembre celebravano l’importante ricorrenza del Natale del Sol invictus, ovvero del Sole invitto - secondo alcune fonti poteva trattarsi anche del 19 o del 20 dicembre. Ma chi era? Secondo gli storici con maggior probabilità si trattava di Helios, il dio del Sole. Attorno a lui si sviluppò il culto solare romano molto in voga soprattutto dopo il 272 d.C. quando l’imperatore Lucio Domizio Aureliano ringraziò per la vittoria contro la regina

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Tra passato e presente

di Palmira il dio Sole che avrebbe giocato un ruolo decisivo in questo scontro. In epoca più antica il 25 dicembre si celebrava la nascita del dio Mitra, una divinità così importante da essere comune a diverse religioni: quella persiana, all’induismo e quelle di epoca romana più antica. Il suo culto fu attivo soprattutto tra il I secolo a.C. e il V d.C. Ovviamente ognuna di queste società interpretò in modo differente questa complessa divinità, ma in comune tutte ne celebravano la nascita proprio in quel fatidico giorno di dicembre, secondo quanto scoperto dagli studiosi. Ma le nascite di queste divinità non sono le uniche celebrazioni importanti del mese di dicembre nel corso delle diverse epoche: moltissime culture e religioni individuano nelle giornate alla fine dell’anno momenti di festeg-

giamento e rinascita. Attorno al 20 dicembre le antiche religioni pagane diffuse in tutta Europa prima dell’avvento del cristianesimo celebravano il solstizio d’inverno a modo loro. Ad esempio c’erano i saturnali romani: cinque giorni di grandi banchetti e sacrifici per celebrare il dio Saturno. La caratteristica principale di queste festività era il sovvertimento dell’ordine sociale: per un breve periodo la società romana viveva all’incontrario, con gli schiavi che la facevano da padroni e i nobili sottomessi alle classi inferiori per placare le divinità annoiate dalla scarsa attività tipica dei mesi invernali, improduttivi, freddi e poco adatti al divertimento. Al nord, la tradizione precristiana germanica celebrava con il 21 dicembre la divinità celtica di Yule. Non sappiamo molto su questo culto, se non

che la popolazione festeggiava con danze e lunghe giornate di riposo dedicate a questa divinità patrona della rinascita. Ma anche uscendo dal vecchio continente incontriamo momenti di celebrazione dicembrini. È il caso ad esempio Donghzi, una festa tradizionale cinese. Fin dalle prime dinastie a dicembre si commemoravano gli antenati. Oppure del Katik Poornima induista; e poi c’è la Yalda iraniana: da sempre nella notte più lunga le popolazioni della Persia festeggiano la vittoria della luce sul buio in compagnia dei propri cari. Molto probabilmente la coincidenza di questi eventi si deve proprio al fenomeno astronomico del solstizio: dopo mesi e mesi in cui le giornate si sono sempre più accorciate, finalmente il sole rinasce dando a tutti una nuova speranza!

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Attualità

Sud chiama Nord

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l noto cantante trentino Amedeo Fumana al quale è stato intitolato il Museo della Lirica di Crotone, nonché fedele lettore di Valsugana News, ci ha fatto pervenire queste due foto perché venissero pubblicate

sulla nostra rivista. In particolare ha voluto sottolineare che presso quel Museo ha destinato uno spazio al giornalista Mario Pacher che sempre ha seguito la sua attività di cantante e quella di sua figlia Paola.

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ra i personaggi trentini presenti al Museo della Lirica Fumana nel Castello di Santa Severina (Crotone): da Amedeo Fumana e Paola Fumana ( artefici dell’allestimento del Museo stesso ), oltre ai trentini prof. Renzo Francescotti poeta e scrittore e le pittrici Marisa Brun e Marianna Merler, in seguito entrati in maniera visiva nel cuore del Museo con la loro arte, non può mancare il giornalista Mario Pacher che ha sempre seguito con grande interesse sulla stampa locale e non, le manifestazioni che Amedeo Fumana ha in varie occasioni dedicato alla lirica con mostre – col materiale della sua collezione – e concerti tenuti in vari luoghi regionali prestigiosi, vedi Trento in piazza Thun, Levico Terme in Villa Sissi e Villa Paradiso, etc. Mario Pacher, trentino di nascita, è stato il più longevo dei corrispondenti del quotidiano L’ADIGE e nel 2019 ha festeggiato i 60 anni di collaborazione. Attualmente è uno dei validissimi collaboratori di “VALSUGANA NEWS” e grazie a lui il nostro periodico troverà, mensilmente, collocazione visiva al MUSEO DELLA LIRICA FUMANA, in apposito spazio a lui dedicato.

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Tra passato e presente di Elisa Corni

Inizia la caccia alle streghe La caccia alle streghe è uno dei fenomeni storici di metodica che, a partire dal Quindicesimo Secolo e per i cinque secoli successivi, fa parte dell’immaginario collettivo se pensiamo all’Europa dell’età moderna. Inquisitori, camere della tortura, roghi e prove della sedia: macabre immagini che solo parzialmente riescono a restituire la tragicità di quanto accaduto.

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utto ebbe inizio il 5 dicembre del 1484 quando Papa Innocenzo VIII, pontefice all’epoca, emise la bolla Summis desiderantes affectibus, con la quale si mise al bando la stregoneria. Con qualche parola vergata in lettere arzigogolate si misero a morte e tortura migliaia di persone, perlopiù donne, accusate di essere streghe e di essersi “abbandonate a demoni”. Secondo gli storici questa “caccia alle streghe” provocò tra le 35 mila e le 100 mila vittime nell’arco di ben cinque secoli e in tutto il globo, dal Vecchio Continente alla Papua Nuova Guinea. Ancora oggi nel Ventunesimo secolo alcuni paesi hanno in vigore una legislazione contro la stregoneria. Oggi si può con certezza affermare che a muovere all’odio verso gli altri furono fenomeni di superstizione e isteria collettiva, e la Chiesa cattolica dichiara apertamente e ufficialmente che le streghe non esistono. Ma non è sempre stato così, come testimonia l’editto di Innocenzo VIII. Fin dall’inizio del Quattrocento stregoneria e magia si sovrapponevano nella visione dominante, facendo sì che fenomeni come scope volanti e sabba fossero ridotti a farneticazioni e sogni. Ma con il Formicarius scritto dal teologo Johannes Nider nel 1437 s’iniziò a credere che esistesse-

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ro i malefici, i sortilegi di magia nera fatti da streghe e stregoni. Se a questo si aggiungono i numerosi trattati sull’esistenza del Diavolo tentatore, ecco che si ha l’innesco per una vera e propria esplosione. Ma fu proprio l’editto papale a dare il là alla vera e propria caccia alle streghe, soprattutto in Germania, dove con maggior frequenza si riportavano casi di sospetta stregoneria. E così i frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Kramer iniziarono il loro pellegrinaggio alla ricerca degli adoratori di Satana. È proprio in Germania che nelle due ondate principali, quella tra il 1484 e il 1520 e quella dal 1560 al 1650, che si concentra il maggior numero di condanne a morte per rogo eseguite a donne tacciate di essere streghe. Si pensi, ad esempio, che a Wurzburg furono arse vive quasi novecento persone in meno di un decennio. Infatti il tribunale della riforma luterana fu uno dei due principali centri, oltre all’Inquisizione, ad occuparsi dei processi alle streghe. Anche nel nostro Paese si contano in centinaia le donne e gli uomini

accusati di stregoneria. Il fenomeno però si concentrò soprattutto nel Nord della penisola; si pensi, ad esempio, che nelle regioni meridionali si conta un unico caso a Benevento e nessun caso a Roma. Ma qui in Trentino Alto-Adige possiamo contare ben 11 roghi in val di Fiemme. Ma chi erano le streghe? Nella maggior parte dei casi si trattava di donne, spesso sole perché vedove o nubili, che facevano mestieri di cura: erano levatrici o guaritrici, ma spesso si trattava anche di prostitute. Figure spesso al margine della società, con abitudini diverse e con la conoscenza della medicina tradizionale


Tra passato e presente

attraverso piante ed erbe. Quasi esclusivamente appartenevano alle classi sociali inferiori, anche se non mancano i casi, come quello della nobildonna tedesca Sidonia von Borcke, di donne condannate per stregoneria e facenti parti delle classi sociali più agiate. Bastava poco per essere accusate di stregoneria: usare infusi o erbe, vivere ai margini della società, posare gli occhi sull’uomo sbagliato. Una denuncia poteva essere sufficiente affinché qualcuno prendesse in carico il caso e si arrivasse agli interrogatori e alle torture. L’azione del tribunale seguiva regole non ufficiali e spesso ricorreva alla tortura, come scritto nel trattato di Kramer e Sprenger "Malleus Maleficiarum"; in questo manuale, mai uffi-

cialmente adottato dalla Chiesa ma nemmeno inserito nella lista dei libri proibiti, i due frati descrissero con dovizia di particolari i sistemi per ottenere una confessione da parte dell’accusato. E come mai la caccia alle streghe a un certo punto cessò in Europa? L’esaurirsi del fenomeno non è ancora ben chiaro, eppure sta di fatto che la popolarità di trattati come il Malleus iniziò a crollare dopo la metà del Sedicesimo secolo. Nonostante il feno-

meno si protraesse ancora, il diffuso scetticismo delle classi colte verso il satanismo e lo spostamento dell’interesse verso il tema della riforma protestante comparteciparono fortunatamente all’affievolirsi del fenomeno.

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Uomini e coraggio di Waimer Perinelli

I pompieri di Caldonazzo C'è una casa che brucia e davanti s'intravvedono le figure di alcuni abitanti e dei vigili del fuoco. Siamo a Caldonazzo in via della Villa. L'immagine è sfocata perché appartiene alla fantasia ed arte del pittore Giuseppe Angelico Dallabrida, nato nel 1874 e morto nel 1959, la cui famiglia è originaria della cittadina dove egli, vagabondo per natura, ha trascorso parte della vita lasciando di sé il ricordo di uomo estroso e originale, come si diceva un tempo per indicare una persona strana.

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i ricorda come girasse con una bicicletta senza sella e dipingesse con olio delle scatolette di tonno. Con questa tecnica Angelico ha dipinto dal vivo, la post impressionista tela dove s'immortala il drammatico momento in cui le fiamme devastano le case in legno della contrada nella storica via del paese e, tramanda la tradizione, rimasero poche ceneri malgrado il tempestivo intervento dei pompieri. Il dipinto porta la data 1943 e i vigili del fuoco del paese compivano i 58 anni di età. Il Corpo dei vigili del fuoco di Caldonazzo è stato fondato infatti nel 1884 ovvero 96 anni dopo un furioso incendio che aveva devastato la stessa sfortunata via. Scrive don Giuseppe Pacher d'Isola di Malo: L'ultima sera dell'anno 1788 s' apprese improvvisamente alla case di Caldonazzo il fuoco all'estremità settentrionale del paese. Soffiava da tramontana un vento impetuoso, che alimentando l'orrido incendio , fu fama portasse le riarse tavolette in oltre le cime dei monti.(...) Il terrore dei vicini a cui le fiamme già arrivavano...l'inutile sollecitudine per difetto d'acqua, ...il crepitar del fuoco formavano uno spettacolo miserando insieme e terribile.” Tutto era perduto, non restava che pregare e così fece le gente. Il bravo

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cronista del 700 ci racconta delle suppliche a Dio e del vento che cambiò direzione. Miracolo! Il paese fu salvo. Cento anni più tardi, nel 1870, Caldonazzo dopo avere dedicato al miracolo un bel capitello in via della Villa e sopportato almeno due altri incendi, dei quali almeno uno doloso con colpevole reo confesso, decise di dotarsi di un corpo professionale di vigili del fuoco. Non che prima non esistessero nel comune delle persone incaricate di intervenire sul luogo dell'incendio con macchinari adatti ma esse non erano organizzate in maniera paramilitare. Questa organizzazione, ancor oggi adottata, risale ad una legge del 1881, le cui direttive formeranno il quadro di riferimento per la nascita del Corpo dei Pompieri di Caldonazzo. Fu una nascita graduale avviata già

nel 1882 in ottemperanza al regolamento emanato per legge dell'imperatore Francesco Giuseppe e in pochi mesi furono ben 20 volontari e nel 1884 il Capo Comune Giacomo Prati inviò l'atto di nomina a otto persone: Chiesa Clemente Ciola Emanele, Murara Adamo, Tiechere Carlo, Weiss Alfonso, Micheloni Aurelio, Murara Francesco e Agostini Angelo. Otto pionieri ancor oggi ricordati nel bel libro edito nel 1988 dal Corpo dei Vigili del Fuoco di Caldonazzo. Uno scritto documentato, una lettura affascinante, un libro dove rivivono impegno, dolore, pietà e gioia nonché lamentele per la carenza d'acqua e, a volte, scarsità di finanziamenti. Naturalmente si racconta di incendi a Campregheri, ai Frisanchi, ancora in paese in via della Villa. Si narra delle coraggiose imprese con diversi pompieri premiati con


Uomini e coraggio

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medaglie d'onore. “Oggi il Corpo dei pompieri con i suoi 135 anni, dice il Comandante Diego Campregher, testimonia la vita della comunità e un concetto di solidarietà radicato nei nostri comuni e che continua ad essere tramandato di generazione in generazione. “ A loro ha dedicato un quadro an-

che il pittore originario di Caldonazzo, Luigi Prati Marzari, (19071980). E' una tela dipinta nel 1979; la rappresentazione drammatica di un incendio, forse in via della Villa o piazza Vecchia e contro le alte fiamme lottano i vigili del fuoco dotati di autopompa e scale.

l Corpo vigili del Fuoco di Caldonazzo è attualmente composto da 35 vigili attivi dei quali uno è una ragazza,gli uomini sono suddivisi in quattro squadre guidate ciascuna da un capo. I quattro capi squadra sono coordinati da due capi plotone i quali a loro volta fanno riferimento a comandante e vice comandante. Il corpo di Caldonazzo ha in dotazione fra l' altro una autobotte 4x4 per incendi civili ed industriali un autocarro con braccio meccanico un furgone con pinze idrauliche per incidenti stradali, un defribillatore. Il corpo di Caldonazzo compie mediamente 150 interventi all’anno tra chiamate di soccorso e servizi di vigilanza per manifestazioni nel territorio del paese.gativo questo cambiamento?

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Cose da mamme…e da papà di Elisa Corni

Seggiolini anti abbandono

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ualche settimana fa le famiglie italiane si sono svegliate con una bella doccia fredda: quasi dal nulla - anche se il provvedimento era nell’aria da un po’- lo scorso novembre è entrata in vigore la normativa per i seggiolini o i dispositivi anti-abbandono. I titoli altisonanti dei giornali hanno diffuso il panico in mamme e papà, al punto che alle 10 della mattina successiva all’entrata in vigore del provvedimento, gran parte dei negozi del Trentino avevano finito le scorte di dispositivi e seggiolini che rispettassero la nuova norma. Quali sono i motivi dietro a questa normativa? Ogni anno, purtroppo, si assiste impotenti ad alcuni incidenti nei quali i genitori si dimenticano i figli in auto. Se spesso la cosa si risolve con un brutto spavento, in uno o due casi l’anno il bambino non ce la fa. Tra il 2008 e il 2018 sono stati ben dieci i bimbi che hanno avuto questa tragica fine. Tragica per tutti: non è facile capire cosa scatti nella testa di un genitore che si dimentica il bambino seduto dietro, ma le conseguenze di questa dimenticanza lo tormenteranno per tutta la vita. Stress, fretta, mancanza di abitudine, casualità, sfortuna… ognuna di queste è una cosa che potrebbe capitare a chiunque, quindi bene non demonizzare un genitore che deve affrontare una tragedia simile. E così, complice anche l’assurdità di incidenti come questi, è stata portata avanti e poi firmata una legge che prevede l’obbligo di utilizzare seggiolini auto o dispositivi che segnalino la presenza del bambino nel vei-

colo. La normativa è piuttosto chiara. Questi strumenti devono in maniera automatica avvisare il conducente che sta scendendo dalla macchina della presenza del minore (la normativa è valida fino ai 4 anni del bambino) nell’abitacolo. Si può quindi optare per diverse soluzioni. Quella che può sembrare la più adatta è l’acquisto di seggiolini a norma con dispositivo integrato. Il problema è che c’è pochissima scelta: la maggior parte delle ditte di seggiolini sono tedesche o olandesi e guardano al mercato mondiale. Però questa normativa è solo italiana, e molte ditte - soprattutto quelle famose a livello internazionale per gli elevatissimi standard di sicurezza dei loro prodotti - non hanno interesse a produrre seggiolini solo ed esclusivamente per il nostro piccolo mercato. L’altro acquisto è quello del dispositivo da mettere su un seggiolino che ne è altrimenti sprovvisto. Esistono due modalità: quello alla cintura e quello sulla seduta. Il primo si attiva nel momento in cui si allaccia la cintura, il secondo sente lo scaricarsi del peso, nè più nè meno del simpatico suono che ci ricorda di allacciare la nostra di cintura. Sembrerebbe che purtroppo il primo sistema non sia proprio a norma, dato che in molti modelli deve essere attivato. Il tema ovviamente non si esaurisce qui, dato che rimangono ancora molte questioni aperte come le modalità di segnalazione di questi di-

spositivi (se mi manda un messaggio sul cellulare e io dimentico il cellulare?) e il bonus di 30€ (un buon seggiolino auto può costare fino a 500€). Ad esempio, sembrerebbe che fino a marzo non saranno date multe, anche perché molte case produttrici rifiutano l’omologazione dei loro seggiolini in caso d’installazione di dispositivi non della stessa marca e non testati. Infatti uno dei grossi problemi è quello della sicurezza in auto. Ogni anno più di 300 bambini sono coinvolti in incidenti stradali spesso mortali perché legati male sul seggiolino, rivolti nel senso di marcia sbagliato troppo presto o perché in braccio alla nonna “tanto sono solo pochi metri”. Forse è anche di questo che dovremmo preoccuparci.

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Tempo di Natale di Patrizia Rapposelli

La caccia al regalo si fa online

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top alla ressa natalizia lungo le corsie dei grandi magazzini. Stop alla lunga ricerca per i negozi della città. Stop al tempo passato a cercare un parcheggio disponibile. Oggi la caccia al regalo perfetto non corrisponde più a un full immersion last minute tra le vie del centro, ma parte, in tutta comodità, dal vasto scaffale online. Oggi sei italiani su dieci scelgono un dono online. Stiamo parlando di un trend travolgente che coinvolge sempre più consumatori, i quali risparmiano su tempo e denaro. Una comodità che in parte smorza i toni caldi della magia dell’andare a fare un regalo, che annulla il contatto umano tra cliente e consumatore, oltre a volte rendere la scelta impersonale e frettolosa. E così come la società si trova approdata nell’era digitale, anche il Natale piano-piano lo si vede conformarsi e adattarsi alla nuova “città digitale”. Prende quindi forma la Christmas Digital Experience. Fortunatamente non tutto è perduto della vecchia tradizione. Infatti a differenza del boom iniziale dello shopping online, guardando i dati del 2018 e le previsioni 2019, circa il 58% delle persone valuterà i regali online, ma li prenderà in negozio, viceversa il 52% li toccherà con mano sugli scaffali per poi acquistarli online e infine il 24% li comprerà in rete per poi ritirarli in negozio o aspettandoli a casa. Tale tendenza emerge da uno studio promosso da Espresso Communication (agenzia di marketing) per Sodexo Benefit&Rewards Service

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(azienda che promuove servizi innovativi) attraverso un monitoraggio online sui social network, forum, panel di docenti universitari e tendenze riportate dalle testate internazionali. A tal proposito il Managing Director dell’azienda dice: “Lo shopping natalizio del futuro si sta concretizzando con la perfetta integrazione dell’esperienza digitale e dell’acquisto fisico in negozio". Nel concreto il successo di questa nuova moda è dato dalla garanzia di risparmio di tempo dell’online, seguito dalla facilità di confrontarsi sui portali di rete e alla possibilità di ricevere a casa l’acquisto. Dal lato dell’esperienza natalizia tradizionale rimane importante l’interazione fisica con il regalo, la voglia di vivere l’atmosfera del Natale lungo le vie della città e nei centri commerciali, oltre alla facilità di restituzione dei resi e la possibilità di avere il parere di un negoziante. I canali digitali più cliccati dagli italiani per farsi un’idea su cosa regalare sono i siti di ecommerce che permettono di consultare un’offerta variegata in base al budget e il brand preferito, ci sono poi i classici canali di ricerca per le rapide esplorazioni, i social network dove si trovano i suggeri-

menti di blogger e influencer, infine l’e-shop e cataloghi digitali attraverso i quali si arriva anche direttamente con i canali social. Ne rimane un Natale 2.0. In fondo i principi cardini della tradizione natalizia non sono stati annientati, sono solo evoluti e si sono adattati alla nuova mentalità digitale delle nostre società. La corsa continua ai regali di Natale prima era uno sprint giocato a dicembre, ora è una maratona di un paio di mesi dove la ricerca del regalo perfetto è una combinazione di consultazione online e di classica emozione natalizia. Il consumatore vuole l’atmosfera natalizia della tradizione andando nei negozi, toccando con mano gli oggetti, ma allo stesso tempo vuole evitare le resse e le file interminabili alle casse, scegliendo con logica e confrontando i prezzi online. È poi così negativo questo cambiamento?


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Ieri avvenne… 28 dicembre 1895 di Elisa Corni

Nasce il cinema con i fratelli Lumière

È

il 28 dicembre 1895, una fredda giornata in quella città capitale della modernità: Parigi. Mancano quattro anni alla grande esposizione universale di Parigi, quella per la quale si realizzò la Torre Eiffel e che vide l’esposizione di oggetti che allora apparivano avveniristici, eppure qualcosa già si muoveva. Qualcosa di meno tangibile del monumento in ferro identificativo della città, ma che è stato letteralmente esportato in tutto il mondo e che, da più di un secolo, ci intrattiene e diletta tanto nelle serate invernali, quanto nella bella stagione. Stiamo parlando del cinema. Ma torniamo al 28 dicembre 1895. Protagonisti di questa invenzione sono i fratelli Auguste e Louis Lumière. Nati a Besançon, vicino al confine con la Svizzera nel distretto della Borgogna, sono due imprenditori parigini. Hanno ereditato la passione per la fotografia dal padre, anche egli imprenditore e fotografo. Negli anni di gavetta i due fratel-

Teatro ottico - Charles Emile Reynaud

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li imparano molto dal padre, ma sono anche portatori di importanti innovazioni, come la sperimentazione di lastre secche per la fotografia, una delle novità alla base della pellicola cinematografica. A loro si devono numerosi brevetti in questo campo (come il “foro di trascinamento” che tutti abbiamo visto ad esempio anche nei rullini fotografici; si tratta del metodo ancora utilizzato per far muovere la pellicola), ma soprattutto sono noti al mondo per aver fatto nascere il cinema. Furono loro, infatti, a organizzare la prima proiezione cinematografica pubblica a pagamento. Luogo prescelto per l’evento fu il seminterrato di uno storico locale parigino, dove una ristretta cerchia di spettatori assistette alla proiezione del primo film della storia del cinema: “L’arrivée d’un train en gare de la Ciotat”. Ben note sono le reazioni alla proiezione, seguita da un fuggi-fuggi generale: era la prima volta che un treno si rivelava innocuo per chi vi stava davanti! Anche se inventarono e brevettarono le cinématographe, strumento in grado sia di registrare che di proiettare immagini, i fratelli Lumière non furono i primi a dar-

Fratelli Lumiere

si al cinema. In quegli stessi decenni a cavallo tra Otto e Novecento molti passi erano già stati fatti. Nel 1877 l’allora insegnante (solo poi inventore e regista) francese Chales-Èmile Reynaud realizzò un gioco ottico che chiamò Praxinoscopio. Con questo oggetto fu in grado di proiettare le prime miniature in movimento: gli oggetti piroettavano, si muovevano e contorcevano per pochi secondi e soprattutto su piccoli schermi. Ben presto questo gioco da salotto che aveva inizialmente trovato il favore del pubblico non suscitò più l’interesse di nobili e borghesi. C’era bisogno di novità. Novità che fu lo stesso Reynaud a introdurre, grazie alle prime proiezioni di immagini in movimento dipinte su celluloide. Oggi li conosciamo come cartoni animati, ma all’epoca il Puvre Puerrot di Reynaud era una cosa mai vista prima; il suo inventore lo chiamava Cabinet fantastique, adottata nel 1892 dal Museo Grevin, letteralmente il primo luogo per proiezioni della storia.


Ieri avvenne… 28 dicembre 1895

Copia di un biglietti invito

Ma la straordinaria invenzione che rivoluzionerà la cultura del XX secolo, rendendo possibile la nascita della settima arte – ovvero il cinema – è proprio il cinematografo dei fratelli Lumière, quell’apparecchio in grado di proiettare la realtà attraverso una sequenza di fotografie scattate in rapida successione, creando così l’effetto di movimento. Prima di loro altri brevetti tentarono l’impresa, come il “kinetoscopio” brevettato da Thomas Edison nel 1891 o un precedente brevetto de-

positato da Leon Bouly. Se dunque sulla paternità del cinematografo si discute ancora, gli storici concordano nel considerare la proiezione del 28 dicembre 1895, quella dei fratelli Lumiére, come il primo film nella storia del cinema. Piccola curiosità: Auguste e Louis ritengono che il cinema sia “un’invenzione senza futuro”, convinti che presto il pubblico si sarebbe stufato di ammirare immagini in movimento. I due fotografi e inventori non riescono purtroppo a intuire il potenziale di questo strumento, tanto che si rifiutano di vendere le loro macchine, limitandosi a darle in locazione, per poi cedere i diritti di sfruttamento a Charles Pathé, nel 1900. All’inizio del secolo, però, il cinema decolla: ne è prova il successo di pubblico di pellicole come

“The Great Train Robbery” (1903) di Edwin Porter e “Le Voyage dans la Lune“ (1902) di Georges Méliès. Chissà cosa direbbero oggi i fratelli Lumiére di fronte ai numeri di botteghino dei colossal che soprattutto nel periodo natalizio ci ricordano quanto è bello il cinema!

Cinematografo

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Religione e storia di Chiara Paoli

La casa di Maria a Loreto La Casa della Vergine, pare essere stata miracolosamente trasportata dagli angeli a Loreto, nella sua attuale collocazione, la notte tra il 9 ed il 10 dicembre del 1291. Proprio per questo suo volo, la Madonna di Loreto è divenuta patrona degli aeronauti per volere di Papa Benedetto XV. Nella realtà la casa però sembra aver preso il volo più di una volta e per l’esattezza gli spostamenti testimoniati tra 1291 e 1296 sono ben 4.

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apprima collocata a Tersatto, sobborgo della città di Fiume, per poi trasferirsi ad Ancona, nella selva della signora Loreta, da cui prende il nome; successivamente viene posata nel campo di due fratelli, sul colle lauretano e infine raggiunge la pubblica piazza, dove ancor oggi si colloca. Tra coloro che ebbero visioni della Santa Casa sono annoverati San Nicola da Tolentino, che viveva nella vicina Recanati e Paolo della Selva, eremita isolato a Montorso al quale la stessa Vergine sembra aver rivelato l’arrivo della Casa di Nazareth, fuggita alla devastazione musulmana. I primi opuscoli a noi noti, che narrano le vicissitudini della Santa Casa, risalgono al 1440 e sono opera di Santa Caterina de Vigri, si tratta in questo caso di una preghiera che riporta notizie in

La casa della Madonna a Loreto

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La cattedrale di Loreto

merito alla traslazione. Nell’“Historia Virginis Mariae Loretae”, Giacomo Ricci e databile al 1468/1469, si parla di quando la Casa della Madonna si trovava in località Banderuola, nella selva della signora Loreta, a cavallo tra il 1295 e il 1296. “La fama di questa nuova traslazione miracolosa fece confluire grandi folle di pellegrini nella selva della signora Loreta. Di giorno e di notte gli angusti sentieri della selva erano percorsi dai pellegrini, che si fermavano in quel luogo sacro per giorni e settimane, senza curarsi dei disagi e di dover poi riposare all’ombra degli alberi, non essendoci null’altro. La valle riecheggiava di preghiere e di canti, di suppliche e di lodi alla Vergine.” (cit. http://www.santuarioloreto.com) Un pellegrinaggio continuo è disturbato però dai mal intenzionati, come

narra il Ricci e proprio per questo motivo la Casa dell’Annunciazione si sposta nuovamente sul Monte Prodo, il 10 agosto 1296, ma anche qui i preziosi doni, gli ex voto dei fedeli, scatenano la sete di ricchezza dei due fratelli, Simone e Stefano Rinaldi degli Antici, che iniziano a litigare tra loro. Il Papa dell’epoca, Bonifacio VIII (12941303), venne informato dello spostamento della Casa della Vergine, dal Comune di Recanati, che voleva che il colle divenisse proprietà pubblica, per approntare le strutture necessarie all’accoglienza dei devoti. E come per miracolo, questo desiderio venne esaudito, con l’ultimo spostamento della Casa di Loreto, dove giace a tutt’oggi. Il Pontefice manda a Loreto Mons. Federico di Nicolò di Giovanni, vescovo e cittadino di Recanati, perché si occu-


Religione e storia

passe del Santuario Mariano, ma fece anche inviare 16 uomini in Palestina, per verificare la sparizione da Nazareth della Santa Casa. Tra i documenti che attestano i vari spostamenti della casa anche una lettera in latino del Beato Giovanni Spagnoli, indirizzata al Cardinale Girolamo Della Rovere e datata 22 settembre 1479, (Pier Giorgio di Tolomei, detto il Teramano, Governatore della Santa Casa, stilò uno scritto pressoché identico nel 1472. Ma questa storia la si può leggere ancora oggi sulle mura della Casa di Loreto, dove nel 1595 Papa Clemente VIII fece incidere a grandi lettere: “Ospite cristiano che qui venisti per devozione o per voto, ammira la Santa Casa Loretana, venerabile in tutto il mondo per i misteri divini e per i miracoli. Qui nacque Maria SS.ma Madre di Dio, qui fu salutata dall’Angelo, qui s’incarnò l’eterno Verbo di Dio.

Questa gli Angeli trasferirono dalla Palestina la prima volta in Dalmazia, a Tersatto, nell’anno 1291, sotto il pontificato di Niccolò IV. Tre anni dopo, all’inizio del Pontificato di Bonifacio VIII, per lo stesso ministero angelico, fu trasportata nel Piceno, vicino alla città di Recanati, in una selva, da cui, nello spazio di un anno, cambiato posto tre volte, qui ultimamente fissò la sede già da 300 anni. Da quel tempo commossi i popoli vicini di così stupenda novità ed in seguito per la fama dei miracoli largamente divulgata, questa Santa Casa ebbe grande venerazione presso tutte le genti, le cui mura senza fondamenta, dopo tanti secoli, rimangono stabili ed intere”. Il santuario di Loreto è tra i più venerati e visitati luoghi di culto, ma quanti sanno che anche in Trentino abbiamo una chiesa dedicata a Santa Maria Lauretana, che al suo interno racchiude

una mirabile riproduzione della Casa ove avvenne l’Immacolata Concezione. Questo splendido ed evocativo scrigno del sacro è stato edificato per volere del principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo nel 1645.

La Madonna di Loreto

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Paesi e religione di Waimer Perinelli

La Madonna Nera immigrata in volo In Trentino ci sono quattro chiesette dedicate alla Madonna di Loreto. E' di colore nero ma non è clandestina. Non è venuta, casa e bagagli, su un gommone ma in volo e importanti lavori di restauro eseguiti nel santuario originale delle Marche hanno svelato che il colore scuro dell'immagine si deve solo al fumo.

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andele e lampade ad olio che ardono ininterrottamente dal 1291 quando, vuole la leggenda, la Santa Casa di Nazareth dove aveva abitato la Madonna con Gesù, venne salvata dall'invasione dei mussulmani e trasferita dagli Angeli in volo prima a Tersatto nell'Illiria e poi a Loreto. Una versione laica attribuisce il salvataggio della Santa Casa alla famiglia Angeli, imparentata con il re di Napoli, abitante nella Palestina e fuggita via mare trasportando sulla nave una parte importante dei muri della casetta poi ricostruita nelle Marche. Nel 1464 attorno al piccolo edificio venne costruita una cattedrale dotata di un' immagine miracolosa. Una Madonna nera! La stessa Madonna che si trova a Oro-

Santuario della Grotta. Santo Stefano Villazzano - Diocesi di Trento

pa in Piemonte, a Tindari presso Patti in provincia di Messina, a Czestochowa in Polonia, la cui immagine si vuole sia stata dipinta dall'evangelista Luca con i tratti ed il colore di Maria. Altre Madonne nere sono a Montserrat in Spagna e perfino nella chiesa messicana di Nostra Signora di Guadalupe in assoluto il santuario più frequentato fra i 1760 mariani classificati nel mondo. Dello stesso colore è l'immagine esposta in una chiesa a Lavis voluta dall'oste dell'Aquila d'oro Giovanni Battista Svaldi, ed edificata delle stesse misure della Santa Casa ovvero, 9,9 metri di lunghezza, 4,5 di larghezza per il doppio del modello originale ovvero 6 metri di altezza. Il santuario, consacrato nel 1705, è conosciuto anche come chiesa del respiro perché era consuetudine portarvi i bimbi nati morti nella speranza che, grazie all'intercessione della Vergine, dessero un ultimo segno di vita e potessero perciò essere battezzati. Altri santuari lauretani si trovano in Trentino dove, grazie all'Imperatore Ferdinando II d'Asburgo, vissuto dal 1578 al 1637, sono stati costruiti molti luoghi di culto dedicati a Maria alla quale venne affidata la difesa del cattolicesimo dalla riforma luterana. Elegante e ricca di arredi la chiesa costruita in località La Grotta di Villazzano, ai piedi del monte Marzola. La struttura con dimensioni quasi identi-

La madonna di Czestochowa

che a quelle della Santa Casa è stata voluta nel 1623 dal canonico e vescovo suffraganeo di Salisburgo, Giovanni Battista Ciurletti. E' per volontà del Principe Vescovo Giovanni Emanuele Madruzzo che fra il 1645 ed il 1650, viene edificata la chiesa della Madonna Lauretana a Madruzzo, comune prossimo a Lasino. La struttura imita per misure e decorazioni la Santa Casa ed è arricchita da interessanti affreschi raffiguranti la vita di Maria. Meno significativa ma pur sempre interessante la dedicazione alla Madonna di Loreto della chiesa valsuganotta di Sagron nel Primiero. La struttura è parrocchia e gestita dal clero diocesano. Il parroco ha sede a Fiera di Primiero.

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Il Patrono d’Italia di Waimer Perinelli

San Francesco ecologista Il Trentino vanta una decina di conventi e chiese dedicate a San Francesco d'Assisi. In Valsugana sono due, uno a Pergine e l'altro a Borgo. Storie diverse per un unico santo, il poverello in procinto di trasformarsi anche in patrono della differenziata e del clima.

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ccade ad Assisi, la città umbra dove nacque(1181) ed è sepolto(1226) San Francesco d'Assisi, patrono d'Italia e dove c'è il grande convento con la chiesa affrescata da Giotto. Da questa Basilica si avvia il messaggio “Italia Verde” aperto a tutto il mondo; un manifesto pronto a partire pienamente nel 2020. Italia Green nasce nel luogo dove Francesco comunicò la fratellanza degli uomini e della natura: da fratello sole a sorella luna e il fuoco, l'acqua, gli animali, lupo ed orso compresi. Un luogo di fede visitato ogni anno da milioni di pellegrini e caro a Papa Bergoglio che, primo nella storia della Chiesa, ha preso il nome del fondatore. La grande affluenza di fedeli e il messaggio di Papa Francesco hanno ispirato i frati e nel 2017 è nato un programma con cui s'interpreta e si applica il rispetto della natura che fu compagna di vita del Santo. Si chiama "Fra Sole, progetto di sostenibilità del complesso monumentale di Assisi" e prevede alcuni interventi a sostegno dell'ambiente, quali l'utilizzo di

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materiale plastico monouso e biodegradabile, il consumo di acqua di fonte, la produzione di energia da fonti rinnovabili. Nel numero monografico della rivista del la Basilica si descrive il progetto Progetto Fra Sole del novembre-dicembre 2019, di cui sono riportati i primi risultati. Sono stati installati nella vasta area conventuale 200 punti per la raccolta differenziata, un punto di compostaggio dell'organico, otto distributori dell'acqua corrente ed attivata la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Non manca qualche aspetto pratico come la produzione della borraccia di fra Sole da riempire con l'acqua corrente e della "sacca del pellegrino" anch'essa di materiale degradabile e comoda. I frati hanno unito praticità e pubblicità creando un affare, un businnes, senza vendita di oggetti sacri o presunti tali, con un grande e giustificato valore sociale. Nulla che farebbe inorridire Lutero. Il progetto accoglie pienamente l' Enciclica del maggio 2015, "Laudato si" di Papa Bergoglio, un messaggio d'amore per il mondo, l'universo, nel messaggio di San Francesco. Nello spirito evangelico e pratico rientrano i progetti di finanza verde ma etica e l'attenzione all'economia del domani "The economy of Francesco", con ricerche e proposte avanzate da centinaia di giovani ricercatori, manager di 70 Paesi. Come s'addice ai nostri

tempi il programma si avvale di studi e diagrammi riferiti per ora solo al modello conventuale. Secondo le prime proiezioni l'impronta ecologica complessiva prevede, rispetto alla situazione rilevata nel 2018, la riduzione della Carbon Foot Print pari a 366.957 kilogrammi di anidride carbonica(CO2, e di 840 chilogrammi di plastica. Tutto questo però, avvertono i frati e collaboratori, sarebbe solo un palliativo senza la contemporanea crescita della consapevolezza sul pericolo distruttivo interessante la Terra. Consci di questo dovremo tutti attuare abitudini di vita etiche. Jeffry Sachs, economista dell'Earth Istitute dell'università di Columbia invita ad un'economia etica, alla lotta alle disuguaglianze sociali, all'impegno morale della Politica. “Un cattivo governo genererà cittadini meno virtuosi, scrive sulla rivista Valori edita ad Assisi. Le virtù individuali e le virtù civiche sono due aspetti chiave dell'ecologia integrale”.


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Scurelle, Roma e il Natale di Massimo Dalledonne

Il Presepe di Scurelle racconta in Vaticano le tradizioni trentine Nel 2016 l’albero. Quest’anno il presepe. Destinazione piazza San Pietro a Roma.

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l Presepe di Scurelle ha alle spalle oltre vent’anni di storia, di impegno e di volontariato che ha coinvolto tutta la comunità. I bellissimi personaggi in legno a grandezza naturale raccontano la Natività e offrono uno scorcio del Trentino di inizio Novecento con le sue tradizioni, i suoi valori e i mestieri di un tempo. È il racconto di una piccola comunità di montagna: gente della Valsu-

gana che vive vicina alla natura, che le dona la farina per fare la polenta ma anche il legno per costruire il tetto della propria casa. Un paese dove il solo stare insieme strappa un sorriso durante il duro laIl presepe di Scurelle voro nei campi e la famiglia è unita da valori forti e fino ai privati cittadini e alle imprese tramandati dagli anziani ai bimbi. del circondario. La ricchezza del Tutti hanno contribuito, con un ogPresepe di Scugetto di famiglia attraverso cui narrare relle sta prima il lavoro dei propri avi, le vesti delle ASSISTENZA - VENDITA di tutto nella NUOVO E USATO statue, la costruzione delle capanne, la RICAMBI ORIGINALI comunità che condivisione dei saperi di un tempo e REVISIONI (Consorziato) l’ha realizzata. il sostegno verso il lavoro degli artigiaAnno dopo ni. La realizzazione del presepe è stata TRATTAMENTO anno, il Comitacurata dal Comitato presieduto da Ivo IDROREPELLENTI PER VETRI Ideale per il parabrezza: to “Amici del Tomaselli e da circa 70 volontari. Il Prerespinge pioggia, sporco, Presepio e resepe vede la presenza di due casette, sottili strati di ghiaccio e neve. cupero tradianch’esse tipiche del Trentino: la stalla DA NOI CONTROLLO GRATUITO DELLA BATTERIA zioni locali Scuin cui è posta la Natività, e la Casera, tirelle” ha contapica abitazione tradizionale del Lagoto sulla collarai. L’allestimento è cresciuto negli borazione di anni. E così, intorno ai personaggi sacri tutto il Paese, e tradizionali del Presepe, si è svilupdall’amminipata via via una piccola comunità strazione comontana, simbolo della semplicità munale agli Aldella vita di un tempo, del rispetto pini, dai Vigili della natura e dei valori della solidadel Fuoco Vorietà e della bontà. Tra i personaggi TANTI AUGURI PER UN lontari ai bimbi raffigurati, ci sono alcune figure tipiSERENO NATALE della scuola che di queste valli trentine, come il E UN FELICE ANNO NUOVO elementare, Kromaro, venditore itinerante di stamdalla parrocpe religiose che girava l’Europa, ma chia al Gruppo Borgo Valsugana (Tn) - Via Giovanelli, 11 - Tel. e Fax 0461 753325 anche la giovane casara con in mano Missionario, la Pigna, strumento tradizionalmente

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Scurelle, Roma e il Natale

usato per fare il burro, o la donna che fila la lana delle pecore per riscaldarsi durante i mesi più rigidi. I personaggi sono ventitré. “E’ dalla primavera del 2018 che ci siamo messi in moto – ci racconta il sindaco Fulvio Ropelato – non appena avuto la conferma direttamente dal Vaticano”. Già nello scorso inverno i vigili del fuoco volontari del paese hanno ricostruito le due capanne in legno che, da 20 anni, venivano allestite in piazza assieme al presepe. Un intervento necessario in quanto le strutture non potevano essere smontate, da qui la decisione di ricostruirle fedelmente. A rifare le capanne ci hanno pensato i vigili del fuoco, a completare e sistemare il presepe ci hanno pensato i volontari. Da qualche settimana la struttura è a Roma, in tutto occupa una superficie di 200 metri quadrati. “Per noi è stata

ISTITUTO DI ESTETICA

di Nadia Libardi

fondamentale la collaborazione delle (da anni in estate la parrocchia del coditte e delle aziende che, gratuitamune toscano soggiorna in Val Cammente e nel loro tempo libero, si sono pelle) ed una rappresentanza dei vigili messe a disposizione. Così come il del fuoco dalla Val Rendena. Giovedì 5 prezioso aiuto della Protezione Civile dicembre è stata celebrata dal vescodel Trentino”. All’interno del presepe vo Lauro Tisi la messa nella Basilica di trovano posto anche alcuni tronchi San Pietro, alle 11 l’udienza dal papa e provenienti dalle zone colpite da Vaia. nel pomeriggio, alle 16.30, la comitiva Il presepe è stato inaugurato giovedì 5 era presente in piazza San Pietro per dicembre, resterà a Roma fino al 12 l’inaugurazione. gennaio. Per l’occasione è stata organizzata una trasferta con diversi pullman (7) partiti dalla Valsugana. Destinazione Roma. Più di 500 persone. Con il Coro Lagorai di Torcegno anche due delegazioni di Kennelbach (cittadina austriaca gemellata con ScuScurelle volontari al lavoro per la casetta del presepe pronto a partire per Roma relle) e di Pontremoli

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Roberto Pendini, classe 1924 Quella piccola chiesetta italiana di Orkney è rimasta impressa nella sua mente. L’ha vista costruire. Lui, Roberto Pendini, però, non ci ha mai lavorato. Ci ha pensato, insieme a tanti altri prigionieri italiani, il fassano Domenico Chiocchetti. Ma quei giorni (poco più di due mesi) trascorsi alle isole Orcadi non li ha mai dimenticati.

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lasse 1924, Pendini vive a Grigno. Una storia, la sua, tutta da raccontare. Dopo i primi lavori, nel 1940, a Malles, Valdaora e Vipiteno come aiuto fabbro, a 18 anni fa il muratore per venire “militarizzato” nel 1942. Destinazione Pantelleria con il 5° fanteria dove, allo sbarco americano, viene fatto prigioniero. “Assieme a tanti altri compagni, racconta, vengo trasferito ad Arenella, vicino a Palermo, dove ci mettono a lavorare in un frantoio per preparare l’asfalto da posizionare sull’aeroporto di Palermo. Siamo rimasti 7/8 mesi in quello che allora veniva chiamato Regimento Americano 7-600 separato del Genio Italiano ed in quell’occasione ho fatto anche la patente di guida americana”. In Sicilia lavora anche a Campo Milo, a Trapani, all’idroscalo di Marsala ed alle isole di Favignana. Dagli americani passa, sempre come prigioniero, in mano agli inglesi che lo trasferiscono nel campo 211 di Algeri e, successivamente, a Glasgow. “Ricordo ancora il viaggio, lo abbiamo fatto in condizioni disperate sul translatlantico Orion London di 56 mila tonnellate”. In Inghilterra diventa cooperatore ed arriva nelle isole Orcadi, a nord della Scozia. Esattamente nel campo 60. Con lui tanti italiani, (in tutto 1.200) ospiti anche del campo 34, catturati durante la campagna del Nord Africa ed impegnati nella costruzione delle cosiddette “barriere Churchill”, imponenti opere murarie in cemento a difesa della base navale. All’inizio il campo consisteva di 13 ma-

linconiche baracche ma gli italiani, costruendo sentieri e piantando fiori, trasformarono l’intera area. Alle Orcadi rimane due mesi. Conosce Domenico Chiocchetti e tanti altri. Nascono amicizie e, soprattutto, oltre ad arricchire la zona con diversi manufatti (tra cui la statua di San Giorgio) gli italiani ereggono la piccola chiesetta ancora oggi visitata da oltre 100 mila persone all’anno. Quando nel 1945 i prigionieri lasciarono l’isola, il fassano Chiocchetti (originario di Moena) rimase ancora per completare la pila dell’acqua santa, che era già in lavorazione. “Dal campo 60 vengo trasferito a Glasgow con la nave e poi, in treno, a Luton, vicino a Londra. Ci trasferirono in undici. Io ed altri due – ricorda Pendini fummo assegnati alla fattoria di Chardingleye nel Ware Herts. Qui rimanemmo a lavorare fino al giugno del ’46 come trattorista nei campi ed a coltivare grano e barbabietole di zucchero. Come alloggio ci assegnarono una piccola casa e lì cucinavamo e consumavamo i nostri pasti. Eravamo trattati bene. Pensi che nel tempo libero potevamo spostarci fino a cinque miglia dalla fattoria. Mr Edwardson, il fattore, ci pagava ogni settimana e mi dette una bicicletta che mi permetteva di arrivare fino al locale cinema”. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale Roberto Pendini torna a casa. Arriva a Napoli nel giugno del 1946 e passa otto giorni cercando di raggiungere la sua casa a Vicenza. “L’Italia era totalmente distrutta – ricorda

Roberto Pendini

Roberto Pendini oggi

ancora oggi – ed a quel tempo non ero sposato. Così ritornai dalla mia famiglia e fui abbastanza fortunato a trovare un lavoro in una fabbrica tessile esattamente un mese dopo”. Era la fabbrica Ferronato di Marostica.

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Storie di casa nostra

Si sposa nel settembre del 1949 per poi mettersi in proprio creando uno spallificio a Grigno che ora viene portato avanti dal nipote Claudio. " Non posso dimenticare quel giorno quando mi è arrivata a casa una busta dell’ambasciata americana. Con mia grande sorpresa, quando l’ho aperta, ho trovato un pagamento di 154 mila lire per il lavoro svolto durante la prigionia." Per anni è stato consigliere comunale (dal 1980 al 1992 a Marostica), ha guidato, da presidente, anche la squadra di calcio dell’Ortigara di Grigno. Oggi, a 95 anni, Roberto Pendini ricorda con gioia ed affetto quegli anni trascorsi in Scozia ed in Inghilterra. Amicizie coltivate nel tempo, rapporti che lo portato a tornare a visitare la piccola cappella “orcadiana”. Cessato il conflitto, il piccolo tempio rimase e gli orcadiani cominciarono a visitarlo, facendolo diventare meta di pelle-

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grinaggi. Ma mentre la sua fama aumentava il suo stato di conservazione peggiorava. Nel 1958 fu fondato un comitato che eseguì una serie di restauri finanziati con i contributi dei visitatori: la popolazione locale guardava alla cappella “come a un dono da benedire e conservare”. Domenico Chiocchetti è morto il 7 maggio del 1999 all’età di 89 anni. “Ricordo con grande commozione quelle settimane che ho trascorso alle Orcadi. Ho avuto la grande fortuna di vedere nascere quella chiesetta, un messaggio di pace e di speranza che, come hanno ricordato anche i figli di Chiocchetti – ognuno di noi può fare proprio e portare con sé nella vita di ogni giorno. Ed è quello che ho sempre fatto anch’io che ho avuto l’immenso piacere, anche se solo per 65 giorni, di toccare con mano la grande passione con cui Domenico

Roberto Pendini in Sicilia nel 1943

Chiocchetti l’ha ideata, realizzata e conclusa”. Dalla guerra all’amicizia e tanta voglia di raccontare con la freschezza delle sue 95 primavere.


UMANA-MENTE di Chiara Paoli

Giovannino, Arlecchino che spaventa

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novembre ha fatto discutere molto il caso di Giovannino, bambino nato con una rara patologia chiamata Ittiosi Arlecchino, abbandonato dai genitori in ospedale. L’essere umano ha sempre la profonda e istintiva tendenza a giudicare i suoi simili, velocissimo a puntare il dito verso l’altro, fatica invece ad ammettere i propri errori e le proprie debolezze. Se non si vive una vicenda sulla propria pelle, è veramente difficile stabilire quale sarebbe stata la nostra reazione in una determinata occasione. Giovanni era un bambino fortemente desiderato dai genitori, che per averlo sono ricorsi alla fecondazione eterologa, pur di far venire alla luce la creatura, sulla quale nei mesi si sono costruire e concretizzate numerose aspettative. Quando un figlio nasce e non è come ce lo aspettiamo, ma soprattutto quando è affetto da una grave malattia che non era stata diagnostica e che ci colpisce senza pietà, ecco che crolla il mondo addosso. In questi momenti, forse

quello che manca maggiormente è un sostegno non solo psicologico, medico ed economico, ma anche propriamente umano. Questa notizia ha scatenato moltissime condivisioni e commenti controversi sui social, da coloro che si offrono prontamente di adottare il piccolo bambino malato, a coloro che si sono arrogati il diritto di offendere e giudicare i genitori, per finire con coloro che hanno preso le loro parti, sostenendo la difficoltà di affrontare una situazione così difficile. Io non posso dire che la loro sia scelta sia giusta o sbagliata, ma questa è stata la decisione che hanno preso, sicuramente non è stata facile e non è indolore. Queste grandi sofferenze segnano i nostri cuori e le nostre anime e ci accompagnano nel cammino della vita. Sono convinta che anche portare a casa un bambino, di cui non avrebbero potuto prendersi cura in maniera adeguata, non sarebbe stata una buona scelta. Nella vita bisogna fare i conti bene, non esiste giusto o sbagliato e non vi è solo bianco e solo nero, in questa situazione qualsiasi scelta

avrebbe comportato comunque un “grigiore”. Rimane il pensiero per un bimbo malato che ha bisogno di cure e di attenzioni, ed una coppia di “genitori mancati” nonostante i grandi sforzi messi in atto che non riusciranno a lenire il dolore delle cicatrici che si portano dentro. Dolori grandi che invitano a riflettere su quanto siano fortunati i genitori di bambini sani. Il Natale indica il giorno di nascita di Gesù, ma in fondo è la celebrazione della Nascita più in generale, dei bambini e del grande dono della vita. Il 20 novembre è stata celebrata la Giornata mondiale dei diritti dei bambini e fortunatamente giungono anche notizie positive, grazie all’associazione Melamango, che grazie al filmmaker trentino Massimo Gabbani, ha scoperto in Kenya una situazione di estrema difficoltà, il cui protagonista è Patrick.. Si tratta di un bambino di appena 15 mesi, rimasto senza mamma, lei è morta a causa dell’AIDS ed il piccolo è rimasto solo con il nonno novantenne gravemente malato. Patrick è stato accolto da Padre Francis Gaciata, nell’orfanotrofio Shalom Home – Casa della Pace, mentre il nonno Simon, è stato portato in ospedale per le cure necessarie. Questa storia, insieme ad altre fa parte del documentario “IKIAO - Misericordia”, che è stato presentato in novembre presso l’Auditorium di Denno.

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Qui USA di Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA

Il problema degli oppioidi in USA: Italia e Stati Uniti a confronto Una delle più grandi minacce alla salute pubblica che negli ultimi anni affligge gli Stati Uniti è il problema degli oppioidi. Secondo il National Safety Council la crisi sta mietendo più vittime degli incidenti stradali, ed è al quinto posto tra le cause di mortalità negli USA. Alla luce del recente dibattito circa cause, effetti e prevenzione di tale crisi, ecco un confronto tra la situazione in Italia e negli Stati Uniti. Gli oppioidi Gli oppioidi comprendono una vasta classe di sostanze derivate dal papavero da oppio (Papaver somniferum). Possono essere sostanze naturali (come morfina e codeina), semisintetiche (come l’eroina), o sintetiche (come metadone e Fenantyl). Gli oppioidi sono tra le droghe più antiche al mondo, conosciute fin dall’antichità per il loro uso terapeutico. Si tratta di composti chimici psicoattivi che agiscono principalmente legandosi a recettori del sistema nervoso centrale. Gli oppioidi hanno un effetto analgesico, ovvero di modulazione del dolore. Per questo sono una risorsa importante per la gestione del dolore acuto come nel caso, per esempio, di tumori o altre gravi patologie croniche. Tra gli effetti collaterali degli oppioidi vi sono sedazio-

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ne, depressione, nausea, vomito, stipsi e un senso di euforia. L’uso incontrollato degli oppioidi è inoltre associato ad un rischio di dipendenza fisica alla sostanza ed a casi di overdose, che possono portare alla morte per arresto respiratorio. Pertanto, gli oppioidi sono utilizzati sia come farmaci da prescrizione e cura del dolore, che in modo illegale come sostanze stupefacenti. La crisi degli oppioidi in USA Ad oggi, la crisi degli oppioidi negli

Stati Uniti continua a fare notizia. Stando a dati del Centro Controllo e Prevenzione Malattie USA, dal 1999 al 2017 sono state 400.000 le morti per overdose da oppioidi. Secondo il Dipartimento della Salute Americano, la crisi affonda le sue radici nella


Qui USA

prescrizione incontrollata di oppioidi negli anni novanta sotto la pressione delle aziende farmaceutiche. Farmaci a base di oppioidi venivano prescritti per disturbi lievi, creando nei pazienti dipendenza, ed una transizione verso sostanze illecite––spesso meno costose dei farmaci stessi. Ancora oggi, più del 3% della popolazione adulta statunitense è sottoposta ad una terapia cronica con oppioidi (Fonte:Sif ). Eroina e Fentanyl (circa 45 volte più potente dell’eroina) sono tra le droghe più problematiche e letali negli USA. La situazione in Italia In Italia la situazione non è così critica come negli Stati Uniti, ma il rischio che il problema si ponga anche da noi è elevato. La Società italiana di farmacologia (Sif ) e la Società italiana di tossicologia (Sitox) hanno recentemente espresso preoccupazione che la crisi possa presto colpire l’Italia. Per questo nel 2019 Sif e Sitox hanno stilato un documento di posizione sull’appropriatezza terapeutica ed il timore di dipendenze da oppioidi per il trattamento del dolore cronico. Si legge nel documento che “grande attenzione deve essere posta nell’evitare il rischio di abuso, pur garantendo a tutti i pazienti con dolore il diritto all’accesso alle cure, come previsto dalla legge 38/2010.” Tra le proposte di Sif e Sitox per affrontare tale rischio vi è quella di

somministrare “questionari che valutano le patologie e la personalità̀ dei pazienti, la presenza di sindromi ansioso-depressive o di disturbo di personalità̀, […] e la capacità del paziente di aderire alle prescrizioni del medico.” Questo perché l’identificazione precoce di pazienti a più̀ alto rischio permette di offrire cure e monitoraggio mirati a prevenire una futura dipendenza. Crisi oppioidi e giornalismo Spesso il giornalismo (locale) può fare la differenza nel mettere in luce fenomeni sociali. È per esempio il caso del team di oltre 60 giornalisti del Cincinnati Enquirer, che nell’aprile 2018 ha vinto il premio Pulitzer per miglior reportage nel giornalismo locale. Il premio Pulitzer è un premio americano, considerato come una delle più prestigiose onorificenze per il giornalismo. Il reportage ha documentato la piaga del consumo di oppioidi, in particolare di eroina, a Cincinnati– città del Midwest nel cuore dell’America rurale e provinciale. Sono 18 i morti e 180 i casi di overdose che si sono registrati in una sola settimana in questa città dell’Ohio, e che il servizio ha documentato. Seppur si tratti di un reportage locale, la vicenda è altamente rappresentativa del problema della crisi degli oppioidi che sta interessando gli Stati Uniti a livello nazionale.

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Attualità in Trentino di Chiara Paoli

Vaia, il suono del bosco ferito

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’intento della Startup Vaia è quello di “ridare una seconda vita alla foresta ferita, con il design”, a partire dal legno reso disponibile in grandi quantità, dopo la tragedia dello scorso anno. Questo progetto ha visto operare in sinergia tre giovani imprenditori, nati negli anni ’90: Federico Stefani, Paolo Milano e Giuseppe Addamo. che hanno dato il via a questa avventura alla quale hanno preso parte man mano molte altre figure, che si occupano di contribuire, attraverso lo studio del design e la comunicazione, alla buona riuscita del piano di lavoro. Ma come restituire la vita al legno caduto? La scelta è caduta sulla potenza del

suono, perché il bosco ferito vuole comunicare la sua sofferenza, ma soprattutto invitare alla riflessione e ricordare quanto accaduto nell’ottobre 2018. Nasce così questo piccolo cubo di legno massello, che amplifica naturalmente il suono, quando al suo interno viene appoggiato il cellulare. Un sistema dunque naturale ad impatto zero che propaga i suoni nell’ambiente che ci circonda e lo fa attraverso un design accattivante. “Per noi si tratta di una metafora forte e concreta, una cassa attraverso la quale amplificare ulteriormente il grido di aiuto della natura e mantenere alta l’attenzione sul cambiamento climatico” afferma Federico Stefani “creando allo stesso tempo un progetto sostenibile.”

Obiettivo primario della startup, è quello di mettere al centro la natura, proponendo un prodotto sostenibile al 100%, che prevede non soltanto di non sperperare risorse indispensabili, ma anche di rendere fruibili quei materiali scartati, assegnandogli una nuova funzione.

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Attualità in Trentino

In questa circostanza si è scelto di coinvolgere la comunità, collaborando con artigiani e falegnami locali. L’impegno della startup non finisce qui, perché acquistando una cassa di risonanza Vaia, si contribuisce alla piantumazione di un nuovo albero, che andrà a riempire il vuoto lasciato a causa della tempesta. “Vaia non vuole essere solo un oggetto di design quanto un’idea concreta di come si possano creare progetti che aiutino concretamente il territorio e uniscano la comunità” - continua Giuseppe Addamo. Vaia è realizzata con legno certificato caduto durante la tempesta, come gli abeti rossi della Val di Fassa, noti come alberi di risonanza ed utilizzati per la realizzazione di violini grazie alla loro capacità di amplificare il suono. Ogni modello è unico e originale poiché il falegname, segue la venatura naturale del legno nel suo punto di rottura, rendendo ogni

pezzo differente; si tratta inoltre di legno massiccio, da cui si ottiene una combinazione di qualità artigianale e originalità. Questa scelta è stata fatta in seguito ad un episodio che narra Paolo Milan: “Un giorno di maggio di quest’anno il falegname si era fatto male alla caviglia camminando nel bosco e gli era venuto in mente che gli alberi erano tutti rotti. Da lì l’idea di scolpire con l’ascia il prototipo di Vaia seguendo proprio i segni della rottura

del legno, dei tagli necessari per far capire cos’era successo e portare dentro le case un segno tangibile della foresta ferita.” Da tenere presente che il 95% degli alberi caduti sono larici e abeti, legni con i quali si produce Vaia, ma rimane aperta la possibilità di realizzare alcune serie limitate usufruendo di altre tipologie di piante, cadute in numero minore, come noci e castagni. Per maggiori info: www.vaiawood.eu

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Storie e tradizioni di Veronica Gianelo

La lunga storia del gospel

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i avvicina il Natale. Eh sì, amanti di lucine e decorazioni o brontoloni che aspettano già gennaio si troveranno presto spalla a spalla in fila alla cassa di un negozio reggendo tra le braccia qualche regalo, torroni e dolciumi, e ingombrantissime confezioni di panettone. Che siate amanti dei canditi, dell’uvetta o, più golosi, delle gocce di cioccolato, tra pochi giorni non potrete fare a meno di canticchiare, senza neanche rendervene conto, qualche canzoncina natalizia. Ma da dove arrivano queste melodie così diffuse nel periodo natalizio? Dalle piantagioni americane, potremmo dire, prendendola molto alla lontana. Fin dal 1600 infatti le neonate colonie inglesi, che ancora non erano Stati Uniti, iniziarono a far arrivare sulle promettenti terre d’oltreoceano carichi e carichi di schiavi dall’Africa; pratica già conosciuta dai non lontani conquistatori spagnoli e portoghesi. Inutile dire che le condizioni in cui piombarono questi lavoratori erano invivibili. Non vi era nessuna tutela né diritto ed era loro vietato parlare nella loro lingua e praticare i loro riti religiosi. Così per far passare il tempo ed alleviare il dolore

nelle lunghe ore sotto il sole a coltivare la terra e per dare un ritmo al lavoro, iniziarono a cantare. Le plantation song e le work song trovano infatti origine nella tradizione musicale africana e spaziano tra vari argomenti che richiamano generalmente il desiderio di libertà, il ricordo di quella casa lontana, o più semplicemente l’ottimismo verso il futuro, per tenere alto l’umore. Una caratteristica comune dei canti delle piantagioni è quella che viene chiamata “struttura responsoriale”, dove un solista canta una strofa e gli altri rispondono con il ritornello. Agli inizi della schiavitù africana, gli schiavi provarono ad utilizzare anche le percussioni, tuttavia queste furono presto proibite. Conosciuti per avere un senso del ritmo innato però, gli africani riuscirono lo stesso a produrre suoni di percussione utilizzando il proprio corpo. Nonostante fosse loro proibito praticare riti religiosi, gran parte degli schiavi si riuniva in segreto per pregare e socializzare, e ancora una volta la musica era presente. Nel corso della storia della schiavitù vi fu una grande opera di conversione non solo delle popolazioni locali, ma anche degli schiavi stessi. Nonostante forme di rifiuto e ribellioni, le storie della Bibbia, innegabilmente, erano spesso storie di liberazione, verso cui gli schiavi sentivano una certa vicinanza. Le forme future di spiritual e poi di gospel vengono proprio da qui, da questo inaspettato incon-

tro tra la narrazione biblica e la musica spirituale africana. In una delle prime canzoni di cui abbiamo testimonianza, ad esempio, “Nobody knows the trouble I’ve seen”, lo schiavo identifica le proprie sofferenze con quelle di Gesù in croce. Molte altre sono ispirate alla storia di Mosè che guidò il suo popolo verso la libertà. Con l’abolizione della schiavitù, avvenuta nel 1865, la musica nera varca i confini delle piantagioni e incontra le tradizioni musicali di origine europea. Da questa fusione e dagli sforzi da parte di alcuni compositori del periodo, di modernizzare gli spiritual e favorire così la loro diffusione e commercializzazione, nasce un nuovo genere musicale: il gospel, ovvero Vangelo. Il suo successo oltreoceano è immediato ed è oggi conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Spesso viene associato al periodo natalizio, talvolta per motivi più superficiali e commerciali, altre volte invece, nel repertorio dei cori, ritroviamo proprio quegli inni, quelle canzoni lontane ma sempre attuali che parlano di liberazione e felicità. Avete mai provato ad ascoltare bene Oh happy day?

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New York City Marathon di Massimo Dalledonne

Susy Doriguzzi… un sogno che diventa realtà

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er molti, correre la maratona di New York è un po’ come inseguire il sogno americano, fatto di slogan motivazionali e di successi personali che possono sembrare alieni alla nostra cultura italiana. Ma la maratona è anche scuola di vita, e disciplina. È conoscenza dei propri limiti e della voglia di superarli; a volte non è essere primi, ma esserci, in modo consapevole, con il cuore, la testa ed il corpo.

Susi Doriguzzi a New York

Lo scorso 3 novembre, alcuni felicitatori del Sente-Mente®modello hanno corso la maratona di New York. Si sono messi in gioco correndo non solo per una causa, ma per dimostrare in prima persona che, nonostante la vita ci ponga di fronte a sfide molto impegnative, queste possono essere affrontate da tutti, con il giusto allenamento. Non si tratta di corridori professionisti, ma di esponenti del mondo socio sanitario che, con la loro impresa, hanno portato al mondo il messaggio: #lavitanonfinisceconladiagnosi. Un metodo basato su evidenze e studi scientifici capace di fornire nuove idee ed azioni concrete per aiutare e, soprattutto, allenare tutti coloro i quali,

a vario titolo, si trovano ad affrontare il compito impegnativo di prendersi cura delle persone che convivono con la demenza. A New York c’era anche Susi Doriguzzi. Con tanti altri trentini, per la prima volta ha partecipato alla maratona più famosa al mondo. “Indossare lo slogan #lavitanonfinisceconladiagnosi mi ha motivato per ogni passo compiuto in quei 42 km e 165 metri. Il 2019 – ci racconta - è stato finora un anno ricco di esperienze legate all'allenamento ed alla condivisione di obiettivi che potessero portare nel mondo una modalità di guardare alle persone che con-vivono con la malattia ed ai carepartner in modo innovativo. Allenarmi alla maratona mi ha insegnato quanto sia importante il tempo e la sua gestione, quanto la mente ed il pensiero positivo abbiano potere sul corpo che ogni tanto ti chiede una pausa o persino di rinunciare, quanto con gli strumenti del modello Sente-Mente® si possano superare la fatica fisica e mentale donandoci nuovi spazi di energia, quanto sia meraviglioso guardare ogni giorno i medesimi paesaggi ma darci il permesso di dare loro significati diversi”. A New York Susi Doriguzzi ha scoperto una parola bellissima e di grande potenzialità: finisher. “Proprio così. Tutti coloro che partecipano alla maratona di New York sono dei finisher, coloro che hanno completato tutto il percorso e sono arrivati al traguardo. Tutti, nonostante il tempo impiegato. Ciò significa che tutti hanno un valore perché ci hanno messo impegno, fatica e sudore. Hanno creduto in ciò che li ha portati li e sono arrivati

fino in fondo. Coloro che lo hanno fatto spingendosi oltre i propri limiti e che hanno puntato a migliorare il proprio record personale, così come coloro che hanno reso sacra la propria fatica perché il sogno da realizzare era molto più grande della loro piccola prestazione. La maratona l'hanno vinta tutti, perché tutti siamo stati Finisher! Penso a tutte le persone che ogni giorno affrontano gli eventi della vita, alle persone che hanno e trovano risorse per farlo e a quelle che invece rimangono schiacciate sotto il peso della malattia. E' questa la vera maratona della vita”. In Valsugana Susi Doriguzzi opera come felicitatrice. “Il mio desiderio è di portare nel nostro territorio le risorse affinché tutti possano trovare quella risorsa che permetta davvero di vivere la vita oltre la diagnosi. Ad oggi sto conducendo i Sente-Mente® Laboratori per i familiari ed i caregivers ai quali stanno partecipando alcune famiglie ed alcuni professionisti della cura e della relazione. Tutto questo in collaborazione con la Comunità Valsugana e Tesino. Il mio sogno – conclude - è riuscire ad abbattere gli stigmi che gravitano sul mondo della demenza e rendere la nostra comunità un posto migliore nel quale tutti i malati possano diventare dei finisher perché accolti, rispettati ed ascoltati in quanto detentori di un'esperienza che può insegnare tanto a tutti noi."

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Le feste di Natale di Elisa Corni

Natale 2019, i regali alternativi

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e feste si avvicinano a passo veloce. Panettoni e pandori riempiono gli scaffali dei supermercati da settimane ormai e alla televisione le pubblicità di giocattoli sono aumentate in misura esponenziale. Sì, perché natale significa anche “regali”. Ci sono i parenti più stretti, i nonni, i nipoti, gli amici e i colleghi a cui fare almeno un presente. Non avete ancora trovato il regalo perfetto per l’occasione? Non avete voglia di cadere sul solito maglione e sul set di presine con fantasie di renne e alberi di Natale? Eccovi qualche idea creativa, originale e alternativa (ma anche non troppo dispendiosa) per regali in grado di stupire! Innanzitutto non è detto che il regalo debba per forza essere un oggetto fisico. Esistono numerosissime idee regalo non fisiche. Perché non regalare l’abbonamento al cinema o al teatro, il biglietto per un concerto o uno spettacolo? Con gli abbonamenti si va sul sicuro: sarà la persona poi a scegliere cosa andare a vedere; il biglietto singolo potrebbe anche trasformarsi una bella occasione per passare del tempo assieme e andare

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finalmente a sentire il concerto di quella band americana che torna in Italia dopo tanti anni la prossima estate. Oppure l’occasione per portare qualcuno a vedere l’opera per la prima volta. Si possono regalare buoni per la palestra, corsi di cucina o di spagnolo, lezioni di yoga o di decoupage: sfide ma anche pensieri graditi per chi amiamo. E perché non un buono, magari di coppia, per la spa? Il tempo è ormai il bene più prezioso, e allora perché non regalarne un po’ ai nostri cari? Un buono per 4 ore di babysitting alla sorella con i figli piccoli, o il taglio dell’erba per tutta l’estate alla nonna sono regali a costo zero che però possono dare gioia a chi li riceve. E per il fidanzato appassionato di sport, un buono per andare a vedere le partite, o “cucino io” per la mamma possono essere delle ottime carte da giocare! Se però cercate qualcosa di materiale, non è detto che i negozi siano il luogo ideale dove andare a cercare. Armadi, soffitte, mercatini delle pulci, la rete con gruppi di scambio oggetti e vendita oggetti usati (spesso nuovi e ancora dotati di cartellino) sono tutti luoghi per regali alternativi. Il riuso creativo, poi, può essere una scelta etica (non si produce scarto) e al contempo economica: oggetti che non usate più, acquistati in qualche mercatino, scambiati ai quali dare nuova vita con una mano di pittura o componendoli assieme possono trasformarsi

in doni più che graditi. Se poi siete creativi potete farli voi i regali: sciarpe, marmellate, biscotti, maglioni, guanti e cappelli, ma anche giochi con sassi dipinti e alberi di natale costruiti con rametti raccolti nei boschi sono sicuramente pensieri fatti con il cuore oltre che con le mani. Navigando in rete potete trovare spunti e idee creative e originali adatti a tutte le tasche e a tutti gli stili. Potreste anche prendere in considerazione di sostenere con l’acquisto dei regali di natale associazioni o realtà benefiche; in rete ma non solo potete trovare molte occasioni per fare del bene spendendo i vostri soldi, dato che il ricavato è devoluto a progetti, azioni concrete, attività. E poi si può anche decidere una modalità alternativa di fare i regali: con la famiglia, perché non organizzare uno scambio uno a uno? Ogni persona farà un solo regalo a una sola altra persona. Come scegliere chi lo fa a chi? Tutti i nomi in un cappello e ognuno pesca il proprio. Se poi vi piacciono le sfide, fatelo alla cieca: ognuno porta un regalo e poi ognuno pesca il suo. Così sì che ci sarebbe da divertirsi!


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Il personaggio di casa nostra di Waimer Perinelli

Develpai Tone L'ultima cima “Il primo mercoledì di dicembre, la stagione fredda del riposo. Antonio Rizzi, per tutti Tone del Poldin a Vigo di Fassa, esce per l'ultima volta dal suo bel san Giovanni, la chiesa madre della Valle... Sulla bara di legno chiaro la corda fedele di tanti salvataggi in parete. E, accanto, la picozza...” E' con questa pennellata di scrittore che Diego Andreatta, giornalista, direttore di Vita Trentina, immortala l'addio degli amici ad un uomo forte nel fisico e nello spirito come le sue montagne.

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one era entrato in quella chiesa 86 anni prima per il battesimo, ora in quella bara chiara era racchiusa tutta la sua vita fra le cime, i canaloni, le pareti a strapiombo della valle, e la corda gli sarà servita idealmente per l'ultima ascensione perché, ammesso che il Paradiso sia in alto, lo avrà raggiunto a piedi, magari con un solo balzo perché la sua anima era più leggera di una piuma. “Era un uomo buono”, scrive Andreatta, un uomo che, immagina la figlia Rosa: “adesso ci guarda di lassù e si fa una bella risata”. Già, Tone del Poldin amava guardare il mondo dall'alto delle cime dove saliva per passione, tradizione, sfida senza arroganza anzi con quella prudenza che é la forza dell'alpinista saggio. Come quella volta che, negli anni Sessanta, prevedendo il cattivo tempo, rinunciò alla scalata della parete Scotoni a Cortina d'Ampezzo e contemporaneamente alla Fiat 600 promessa a premio dell'impresa da un ricco cliente. “Meglio salvare la pelle” sentenziò con l'amico Toni Gros. Tone, il rocciatore, l'alpinista, la guida e membro del soccorso alpino: “Un uomo generoso”, ricorda Andreatta, sul quale facevano affidamento la famiglia e tanti turisti, molti ospiti della pensione Maria di proprietà dei Rizzi,

che accompagnava e altri che troppo spesso soccorreva sulle pareti di roccia. Le stesse che egli saliva con agilità, competenza professionalità. Innumerevoli le ascensioni da cima Undici alla Torre della Vallaccia, la Torre Winkler, il Cimon de La Pala, la via Usuelli sul Sass Pordoi.....Almeno 60 le nuove vie aperte nelle Dolomiti, affrontate senza rivalità anzi nella massima collaborazione con i compagni d'avventura. Nell'elenco non troviamo cime lontane, d'altri luoghi o continenti. Non aveva tempo il Tone, aveva da lavorare e poi diffidava dei finanziamenti, delle sponsorizzazioni. Leggendo il libro “Le stagioni di Tone” di Diego Andreatta si compie un viaggio nel mondo ladino della Valle di Fassa e s'incontrano tanti personaggi, cito uno per tutti Tita Weiss, diventati leggenda e testimonianza di umanità dolente ma non perduta anzi generosa e fraterna. Gente con il cuore tenero come l'amore per la moglie Mimma e i figlioli, ma forte come la roccia. L'altra passione di Tone era la ricerca di minerali e fossili. Ne ha raccolti e catalogati oltre duemila esemplari esposti nel Museo Mineralogico Monzoni inaugurato nel 1990. Non si può passare in Val di Fassa senza visitare il Museo di cui Tone era orgoglioso. Raccontano in Valle che all'ospedale di Bolza-

no dove era ricoverato chiese all'infermiera quanto tempo gli restava da vivere perché disse: “ho due cose ancora da sistemare”. Una di questa era il Museo voluto non per celebrare il Tone bensì per presentare la sua valle, la roccia, la montagna, la cultura della gente ladina. “Develpai Tone! Grazie Antonio” è stato l'ultimo saluto degli amici. Diego Andreatta esplora attraverso Tone e la sua storia, il magico mondo della montagna e lo fa da antropologo, con un filo di nostalgia per il mondo passato ma, fortunatamente, non ancora perduto.

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Altroconsumo risponde Alice Rovati *

Dalla parte del consumatore DOMANDA Nel mese di luglio ho acquistato un tappeto mediante televendita. Il prezzo del bene era pari ad euro 900,00; al momento della prenotazione mi veniva chiesto il versamento di una caparra di euro 180,00. Effettuato tale pagamento mi veniva consegnato un tappeto differente rispetto a quello che avevo richiesto (e fotografato come prova). Alle mie critiche veniva risposto che il bene ordinato era esaurito e che quello consegnato aveva le stesse caratteristiche seppur un colore diverso. Io comunque decisi di non accettare il tappeto ma a seguito di ciò il venditore si trattenne il 50% della caparra quale rimborso per le spese sostenute. Subito inviai una raccomandata ma, ad oggi, non ho ricevuto alcuna risposta. Come devo comportarmi? LA RISPOSTA DI ALTROCONSUMO Il Codice del consumo prevede che il venditore abbia l’obbligo di consegnare al consumatore un bene conforme al contratto di vendita. Per volontà del Legislatore si presume che i beni di consumo siano conformi al contratto se coesistono le seguenti circostanze: a) sono idonei all'uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo; b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore

ha presentato al consumatore come campione o modello; c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull'etichettatura; d) sono altresì idonei all'uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti. Nel caso in esame è evidente che manchino le qualità promesse in quanto il tappeto non presenta le ca-

ratteristiche pattuite. Il consumatore ha quindi diritto di chiedere la sostituzione del bene o la risoluzione del contratto con conseguente restituzione di quanto pagato. E’ utile inoltre precisare che, trattandosi di caparra, nel caso in cui una delle parti venga meno agli impegni presi, la stessa ha la funzione di risarcimento senza che si debba fornire la prova del danno subito e senza che si debba attivare un lungo e costoso processo. Il codice civile, infatti, stabilisce che in caso di inadempimento del venditore, l’acquirente potrà richiedere la restituzione del doppio della caparra versata e così ottenere un risarcimento forfettario del danno. La invito pertanto a far valere i suoi diritti come sopra precisato, inviando un’ultima raccomandata. Dopo di che le consiglio di rivolgersi ad un’associazione di consumatori che la aiuterà ad ottenere giustizia.

La dott.ssa ALICE ROVATI è rappresentante di Altroconsumo per la Provincia di Trento: (rappresentantetrento@altroconsumo.it)

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Società oggi di Chiara Paoli

Natale... missione Zero Spreco

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a campagna europea di sensibilizzazione denominata “Spreco Zero” di Last Minute Market, muove i primi passi nel 2010, con l’intento di sensibilizzare la popolazione sugli sprechi alimentari. Una battaglia portata avanti in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e con i progetti Reduce e 60 Sei Zero dell’Università di Bologna. Da questo movimento nasce: la Carta Spreco Zero, sottoscritta da più di 800 sindaci italiani, “Primo non sprecare”, campagna che vede grandi chef indaffarati a cucinare avanzi e cibi di recupero, cui si è aggiunto il Premio rivolto ad aziende, enti pubblici e testimonial “Vivere a Spreco Zero”. Il maggior spreco nel nostro paese si registra proprio nei confronti del cibo di cui ci nutriamo e dell’acqua di cui non possiamo fare a meno. Il 5 febbraio 2014 sono stati convocati per la prima volta in Italia, gli Stati Generali dello Spreco, giornata che è quindi divenuta Giornata Nazionale di prevenzione dello Spreco. Nel progetto più ampio rientra anche l’Osservatorio Waste Watcher, che monitora gli sprechi e le abitudini alimentari degli italiani ed è efficace strumento di sensibilizzazione che tiene alta l’allerta anche attraverso i media. Ebbene dal 2014 molti passi sono stati fatti contro gli sprechi, se 5 anni fa 1 italiano su 2 dichiarava di buttare avanzi di cibo quotidianamente, mentre lo scorso anno questi numeri si sono ridotti al solo 1%. Il progetto REDUCE mette in luce che lo sperpero di alimenti a persona in Italia a settimana, corrisponde a 700,7 grammi, per un valore stimato di 3,76

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€ settimanali, e 196 € l’anno; questo quanto emerso dai “Diari di famiglia” presi in esame. Questi i numeri per famiglia, ma se sommiamo tutto il cibo buttato nelle case degli italiani raggiungiamo cifre esorbitanti che sfiorano i 12 miliardi di €, cui va aggiunto lo spreco che si ha nelle fasi di produzione e distribuzione per un totale che supera i 15 miliardi di €. Quando pensiamo che la maggior parte dello spreco avviene nelle scuole e negli ospedali, ci sbagliamo di grosso, perché i 4/5 dello spreco complessivo esce dalle mura domestiche. E qual è il periodo in cui lo spreco raggiunge quote elevatissime? Ovviamente il periodo Natalizio, quello che si avvicina e forse è quindi il momento migliore per fare una riflessione ed impegnarsi a ridurre il più possibile questi numeri. Tenete presente che tra i prodotti più cestinati ci sono verdura, prodotti da forno, latticini e frutta. Di seguito forniamo alcuni sempli-

ci consigli per ridurre la quantità di cibo che finisce nella pattumiera, nella speranza che vada riducendosi sempre più perché “il cibo è vita” come recitava lo spot di Expo 2015: 1. Pianificare bene il menù, calcolando le quantità di prodotti da acquistare. 2. Comprare solo il necessario, calcolando anche che poi magari arrivano cesti natalizi in dono e cibaria non prevista in aggiunta. 3. Evitare di farsi allettare dalle offerte 3X2, soprattutto se i prodotti hanno una scadenza ravvicinata e difficilmente riusciremo a consumare tutto. 4. Il cibo avanzato va riutilizzato per preparare altri piatti come le intramontabili e gustose polpette. 5. Surgelare eventuali avanzi che possono essere riscaldati e messi in tavola in altre occasioni. 6. Frutta e verdura vanno conservate al meglio perché non ammuffiscano.


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ELABORAZIONE CONTABILE DEI DATI ED ALTRI SERVIZI INTEGRATI ALLA IMPRESE La dott.ssa SERENA MARIN è iscritta all'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili per la circoscrizione di Trento e Rovereto nonchè Albo dei Revisori contabili. Componente di Collegi Sindacali e Presidente di Comitati di Controllo, ha collaborato, in qualità di assistente, alla cattedra di Diritto Tributario presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Trento. Ha svolto attività d'insegnamento per la Scuola Superiore dell’economia e della Finanze “Ezio Vanoni”.

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Amarcord

Il medico e lo scrittore

...E l'ho visto il Grand Hotel Imperial, in cima al parco, immenso, cinque piani di luci accese, sbucato all'improvviso dall'oscurità...mi ha fatto la stessa impressione del transatlantico Rex". Michele Stellato, medico di professione scrittore per diletto, ha una visione felliniana da Amarcord quando a mezzanotte arriva per la prima volta a Levico Terme, al suo albergo. Lo stesso che, vuole la leggenda, fosse frequentato dalla principessa Sissi, al secolo Eugenia di Baviera, moglie di Francesco Giuseppe imperatore d'Austria. Di Sissi si conserva per leggenda e tradizione una vasca dove si sarebbe bagnata con le acque arsenicali e una casa liberty che da il titolo al libro "I racconti di Villa Sissi" scritto dal medico e pubblicato per Cavinato editore. Leggendo i diciannove racconti di

Stellato, l'albergo imperiale ricorda un altro film di Fellini "La nave va" dove personaggi s'incontrano casualmente, si prendono e si lasciano, intrecciano sentimenti ed affari. Il medico, che ha esercitato la professione a Levico Terme per nove anni ci descrive vicende, drammi, fantasie di persone particolari. In "Aspettando Siss "la protagonista è una, tre volte vedova, signora di Piacenza con presunte doti paragnostiche. Cercherà inutilmente di contattare la nobile asburgica e scomparirà nel nulla dopo avere sconcertato gli altri ospiti dell'albergo. Solo il dottor Stellato pare conoscere il mistero della sparizione, ma non ce lo svela. Enigmatici anche gli altri racconti. Quello del petroliere texano che compera per un milione di dollari, come opera d'arte una ragazza di

nome Gospel, come il canto religioso afro americano o “La ragazza vestita di lamè” dal cuore e sogni infranti. Grand Hotel:gente che viene, gente che va. Anche il dottor Stellato emulo di Carlo Levi, Anton Cechov, Ippocrate e tanti altri cerusici-scrittori ha lasciato Levico (ora risiede a Crema) con il suo carico di sogni, fantasie, immagini e persone reali, con cui il lettore può passare qualche ora senza pensieri. Il libro di Michele Stellato/ I Racconti di Villa Sissi/ si trova nelle librerie

I Krumer a fumetti

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n nuovo albo a fumetti di Fulvio Bernardini in arte Fulber, dal titolo “Antiche Piste”, narra le vicende degli ambulanti mòcheni, detti Krumer. Il progetto sostenuto dalla Comunità Alta Valsugana e Bersntol, è il terzo di una collana tutta dedicata alla “valle incantata”, il primo dei quali inerente la figura di Robert Musil ed il secondo intitolato a Giuseppe Šebesta. Un modo divertente e comprensibile di narrare l’epopea dei cròmeri, che intorno alla metà del ‘700, si sono spinti verso nord e nei territori ad est, per “sfruttare” al meglio la “stagione morta”, operando come commercianti e “arrotondando” i magri introiti dell’economia di sussistenza della valle del Fersina. L’opera è in uscita a dicembre 2019 e ci conduce oltre i confini della vallata, portandoci nel contesto mitteleuropeo, ai confini dell’Impero Austro-ungarico tra vicende storiche e battaglie. La narrazione procede da un lato in italiano e dall’altro in lingua mòchena, in una logica bilingue, che ha l’obbiettivo anche di chiarire anche il contesto storico-geografico dell’epoca, con l’inserzione di mappe, luoghi e protagonisti che hanno fatto parte dello scenario europeo, a cavallo tra il XVIII ed il XX secolo. Gary e Spike, i due simpatici personaggi, ormai noti al grande pubblico, che intraprendono il viaggio con la kraks o cassela sulle spalle, fanno una sorta di viaggio nel tempo, che narra la secolarizzazione del Principato Vescovile e l’avvio dell’Impero Austro-ungarico, oltre all’avvento della ferrovia insieme a tanti altri © FulberPromo cambiamenti. (C.P.)

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Salute & Benessere

Il punto di vista dei nostri pazienti VEZZANO (TN) Marisa Tondin si racconta: con il Metodo Zangirolami ho ritrovato il benessere!

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l Metodo Zangirolami permette alle persone di trovare un benessere generale: oltre al dimagrimento, in alcuni casi, risolve problemi di salute causati dal sovrappeso. La signora Marisa Tondin di Vezzano, nella Valle dei Laghi, ad esempio, non soffriva di patologie legate al sovrappeso e il suo desiderio di dimagrire è stato dettato principalmente dalla voglia di sentirsi meglio nella quotidianità. La signora, che ha 54 anni, aveva accumulato nel tempo diversi chili di troppo che aveva tentato di eliminare in passato con varie diete. Dopo il dimagrimento nei mesi in cui si atteneva rigidamente alle regole, il peso tornava però a salire fino ai livelli precedenti, rendendo vano ogni sforzo. Nel settembre 2017 ha deciso di rivolgersi al Centro Zangirolami incuriosita dalle esperienze raccontate da altre persone sulle pagine dei giornali. “Ci pensavo già da qualche mese, esordisce la Signora Tondin, poi mi sono

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detta che al ritorno dalle ferie avrei preso un appuntamento – temendo di dover rinunciare in seguito a molte pietanze - in vacanza ho mangiato tantissimo.” E quando ha iniziato Metodo Zangirolami non è stato più cosi? “No, il bello del Metodo Zangirolami è

che lo puoi seguire senza fatica. Non devi pesare sempre gli alimenti, cucinare a parte per te o rinunciare a uscire a cena con gli amici perché non sai se troverai qualcosa che puoi mangiare. Con il Metodo Zangirolami ti puoi gestire benissimo e non soffri mai la fame”. Come è stato il suo primo approccio con il Metodo Zangirolami? “Mi è stato spiegato tutto fin dal primo appuntamento: il percorso che avrei dovuto seguire che comprendeva un controllo dell’alimentazione e lo svolgimento dell’attività fisica. Ma non mi sono decisa subito, pensavo fosse troppo oneroso - anche dal punto di vista economico – seguire tutto per un periodo non breve. Mio marito ha insistito convincendomi che era giusto farlo per la salute. La molla che mi ha spinta era che volevo eliminare quei chili di troppo perché con l’avanzare dell’età diventa sempre più difficile”. E i risultati sono arrivati? ”Assolutamente, in poco più di un


Salute & Benessere

anno e mezzo ho perso 14 chili, pesavo 74 per 1,65 di altezza, non ero obesa però quei chili mi “pesavano”. Ora sono soddisfattissima, anche perché non ho mai fatto fatica. Certo i primi mesi c’è bisogno di un po’ di attenzione e soprattutto bisogna volerlo. La convinzione deve partire dalla persona. Si iniziano a vedere i risultati si è molto motivati. Anche nel primo periodo non ho mai rinunciato a uscire a cena in compagnia”.

Cosa è cambiato nella sua vita? “Nell’alimentazione saper mangiare le cose giuste al momento giusto, evitare alcuni cibi in alcune ore e soprattutto fare 5 pasti al giorno. La colazione è abbondante: si figuri che mangio pane e marmellata. Gli spuntini a metà mattina e a metà pomeriggio sono importantissimi, non arrivo mai a pranzo o a cena con la fame. Poi c’è l’attività fisica, ho sempre camminato tantissimo e ho fatto lunghi tragitti in bici quando seguivo altre diete, ma senza grandi risultati. Ora invece con il Metodo faccio tutti i giorni il percorso motorio previsto di circa 20 minuti e facendo meno fatica rispetto a prima ho ottenuto ottimi risultati grazie alla specificità di questi esercizi progettati per il dimagrimento. Poi altri piccoli accorgimenti come fare le scale a piedi sono diventate delle abitudini”. Tutte queste cose insieme hanno attivato il metabolismo e dopo sei mesi, da quando ho iniziato la fase di mantenimento, non sono aumentata di peso neanche un po’”. Quindi consiglierebbe il Metodo Zangirolami?

“La mia esperienza è stata davvero positiva. Al Centro sono poi tutti professionali e altamente preparati. Ascoltano le tue esigenze e sono disponibili in qualsiasi momento. Il percorso di dimagrimento non è difficile da seguire, è gestibile senza problemi anche se si ha famiglia o se si esce in compagnia, sono molto soddisfatta”. (P.R.)

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Medicina & Salute di Laura Fratini *

Arriva Babbo Natale: è importante crederci?

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n vecchio signore con il pancione e la barba bianca, che s’infila nei camini delle case per portare doni ai bambini la notte del 25 dicembre, per poi risalire sulla sua slitta trainata da renne e continuare il suo viaggio. Una immagine che evoca gioia e felicità. E chi di noi non vorrebbe tornare bambino per un po’ e rivivere la magia di questi giorni con quegli occhi carichi di attesa ed emozione? E' un mito che molti adulti alimentano per i propri figli e qualcuno si interroga se sia giusto o no. Alcuni studiosi hanno messo a disposizione il proprio tempo per la ricerca di cosa sia giusto fare: dire la verità oppure lasciar credere ai bambini a questa magia? Ci sono quelli che pensano sia controproducente alimentare la leggenda del vecchio signore che porta i regali, come afferma, in un recente studio, Christopher Boyle, psicologo australiano, che sostiene che la credenza in "Babbo Natale" mette a dura prova il rapporto di fiducia fra genitori e figli. Tutti i bambini scoprono prima o poi che i propri genitori hanno mentito a lungo e potrebbero interrogarsi su cosa altro hanno mentito. Così pensa lo studioso australiano, ma al contrario, secondo la professoressa di psicologia Jacqueline Woolley dell’Università del Texas: "Non esistono prove a sostegno che la credenza o la miscredenza in Babbo Natale metta a dura prova la relazione di fiducia fra genitori e figli. Inoltre, i bambini hanno tutti gli strumenti necessari per scoprire la verità".

La ricerca ha preso in esame vari aspetti della capacità dei bambini di discriminare le informazioni fantastiche da quelle reali, in particolare la distinzione tra entità reali o fiabesche (Skolnick & Bloom, 2006, 2009; Tullos & Wooley, 2009; Wooley & Cox, 2007), il credere in amici immaginari (Taylor, Shawber, & Mannering, 2009), la comprensione del concetto di magia (Browne & Wooley, 2004; Subbotsky & Slater, 2011), la capacità di differenziare eventi improbabili e impossibili (Cook & Sobel, 2011) evidenziando un incremento di tale abilità all’aumentare dell’età. In genere, la fantasia dei bambini in età prescolare è più vivida e fanno più fatica a discriminare con precisione e immediatezza la realtà dalla fantasia. Per il bambino la fantasia è il suo rifugio, grazie all’immaginazione riesce a reinterpretare gli avvenimenti, i fatti e le circostanze che si trova ad affrontare nella vita quotidiana. Utilizzando la fantasia il bambino può trasformare la realtà in avvenimenti immaginari gradevoli. Secondo la mia esperienza, un bambino che crede nella favola del Natale, quando sarà pronto, avrà la capacità di creare un nuovo equilibrio improntato sulla realtà, lasciando andare quella che è la leggenda, ma nel frat-

tempo avrà sicuramente imparato a sognare. I bambini sono perfettamente in grado di scoprire la verità e confermano quanto emerso da un vecchio studio del 1994, in cui emerse che le reazioni dei bambini sono prevalentemente positive quando scoprono la verità su Babbo Natale. Mano a mano che il bambino cresce, le sue domande dovranno sempre trovare una risposta sincera: non solo perché il bambino ha sempre diritto alla verità, ma anche perché queste domande stanno a indicare che egli comincia a riflettere in modo critico su questa credenza. Perché in fondo il Natale è anche questo: un momento in cui la magia diventa realtà. * Dott.ssa Laura Fratini Psicologa - Psicoterapeuta Studio, Piazzale Europa n°7 Trento Tel. 3392365808

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Medicina & Salute di Erica Zanghellini

I disturbi alimentari

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disturbi alimentari esistono dalla notte dei tempi, spesso si fa riferimento solo all’anoressia o alla bulimia, ma non è così. Tra le altre “varianti” troviamo il Binge Eating Disorder (Bed) detta anche disturbo da alimentazione incontrollata, che inficia notevolmente la vita di chi ne soffre e sempre di più sta emergendo. Ci sono spesso problemi di identificazione, succede frequentemente infatti, che si confonda con la bulimia nervosa, o semplicemente che le persone erroneamente vengano scambiate “solo” per persone obese o in sovrappeso. L’aumento importante di peso è una conseguenza diretta di chi soffre di questo disturbo. Chi soffre di bed è in sovrappeso o addirittura obeso, ma non è vero il contrario, non tutte le persone che hanno questi chili di troppo soffre di questo disturbo alimentare. La differenza principale, da ricordare, invece tra chi soffre di questa difficoltà e la bulimia nervosa, è che nel Binge Eating Disorder non ci sono comportamenti di compenso che precedono o seguono l’elevata quantità di calorie ingerite. Chi soffre di bulimia associa invece, metodi compensativi quali vomito, abuso di lassativi oppure esercizio fisico stenuante per cercare di controbilanciare quanto mangiato. Le persone che sono affette da il disturbo di alimentazione incontrollata presentano una storia personale, costellata da un numero elevato di tentativi di dimagrimento, hanno provato le più svariate diete magari ottenendo anche dei risultati, ma poi a questi periodi di equilibrio alimentare se ne associano altri, dove

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sono presenti abbuffate continue senza restrizioni di ogni tipo che vanificano se non peggiorano la situazione iniziale. Il cibo viene introdotto, anche in assenza di appetito o fame, si mangia voracemente fino ad arrivare anche a sentirsi spiacevolmente pieni. Queste abbuffate spesso e volentieri avvengono in solitudine per paura del giudizio dell’altro. Il senso di vergogna si riscontra sempre, così come una feroce autocritica. Si provano sensi di colpa, disgusto verso di sé e stati di abbassamento del tono dell’umore in alcuni casi associati anche a stati ansiosi di diverso genere. Il disagio nei confronti di questo tipo di comportamento è forte, anche perché la frequenza con cui avvengono le abbuffate di solito è alta. Il Binge Eating Disorder sovente è accompagnato da una grave autostima minata. Si cerca appagamento nel cibo, si cerca consolazione, si sfogano le emozioni, togliendo al cibo la sua vera funzione cioè quella di nutrire il proprio corpo. Si può dire che porta via anche i gusti degli alimenti, infatti visto le grandi quantità di cibo introdotto a un certo punto nemmeno si sente più il gusto di quello che si sta mangiando, ma l’obiettivo e altro, non è assaporare quello che si ha in bocca, ma riempire un vuoto che c’è dentro ma, che di certo non si compenserà in questo modo. I circoli viziosi sono tanti che si instaurano, ma quello che

molte volte si riporta come il più “doloroso” è il seguente: si vuole a tutti i costi dimagrire, ma più lo si vuole, più nervosi si è, e più si è nervosi più si mangia. E quindi inesorabilmente il risultato è di ingrassare. L’aumento di peso causerà a cascata il provare dei grossi sensi di colpa e sensazione di fallimento. Logicamente il provare queste sensazioni negative si riversano già sulla precaria autostima e senso di efficacia e tutto ricomincia. Peggio ci si sente, tanto più le persone con questa difficoltà impiegano il cibo per far fronte al disagio (Napolitano et al. 2001). Ma vediamo cosa può scatenare le abbuffate, si presume che per chi soffre di questo disturbo le abbuffate rappresentino qualcosa di emotivo. Fuggire da una situazione emotiva spiacevole, troppo forte da poter tollerare, oppure una difficoltà a gestire gli impulsi che si provano. Possiamo dire che c’è una dipendenza alimentare di origine psicologica. Spesso le abbuffate sono innescate da un umore depresso e/o ansioso, ma anche quando si è soli, annoiati o semplicemente tesi. Un problema secondario di cui biso-


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gna diventare coscienti è che se la persona continua a bloccare le sue emozioni utilizzando il cibo, questo meccanismo non permetterà di riuscire a imparare efficacemente a gestire i fattori scatenati. Di conseguenza le emozioni negative si perpetueranno e favoriranno nuove abbuffate. Ecco perché le diete sono totalmente inefficaci in questi casi.

La persona dovrebbe svolgere un percorso di accompagnamento/affiancamento alla dieta di tipo emotivo per aumenterà la probabilità di riuscita. Sembra paradossale ma, molto spesso ci sono meccanismi subdoli più o meno consci che in qualche modo mantengono in vita il disturbo. La paura di cambiare, il timore di ritrovarsi ancora più indifesi tanto per fare un paio di esempi. Resistere alle abbuffate non è facile, soprattutto all’inizio quando ci sono circoli viziosi che sono diventati dei rituali automatici. Ricordiamoci che

le abbuffate sono la risposta a un disagio, per cui bisogna capire gli schemi mentali, che tutti noi abbiamo, che hanno alimentato e costruito quel tipo di soluzione al problema per poi liberarcene. A volte l’obesità che questo tipo di disturbo porta può essere un scudo con gli altri, diciamo che può nascondere le proprie difficoltà relazionali. Bisogna darsi un’opportunità, lasciare dietro di se ciò che ci ha fatto stare male, e cambiare il proprio stile di vita, partendo da un cambiamento interiore.

* Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 3884828675

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Salute & Benessere In collaborazione con Ferrai Alessio

L’arte della massoterapia

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l termine “massoterapia” deriva dall’unione di due parole greche: “masso” e “therapeia”. La parola “masso” vuol dire “impastare, modellare con le mani”, mentre “therapeia” significa “cura, guarigione”. Quindi il significato letterale è “cura con il modellamento delle mani”. La massoterapia è il massaggio dei muscoli e dei tessuti connettivali, con lo scopo di promuovere la salute e il benessere del corpo umano, grazie a diversi tipi di trattamenti. In questa vita frenetica, fatta di lavoro, impegni e stress, non riusciamo mai a prenderci del tempo per noi stessi ed ecco che quindi, accumulo dopo accumulo, arriviamo al punto che il nostro corpo si blocca, incapace e indolente di andare avanti. Lo stress comporta tensione muscolare,

sia acuta che cronica, e questa può bloccare lo stato di benessere. Inizialmente è interessata solo la muscolatura, successivamente la contrazione diviene cronica ossia costantemente attiva a livello inconscio (il muscolo rimane contratto non avendo più l'energia per espandersi) e il tessuto connettivo relativo si ristruttura determinando una retrazione miofasciale. In un corpo sano, le fasce profonde consentono alle strutture vicine di scivolare una sull'altra. Tuttavia, in seguito a malattie infiammatorie o a lesioni traumatiche, si ha la formazione di cicatrici aderenziali nei diversi strati, che aumentano l'attrito interno durante la contrazione muscolare contrastando i movimenti e l'allungamento del muscolo.

Se non ci si oppone abbastanza contro queste retrazioni (tramite stretching, mobilizzazioni articolari, massaggi ecc.), esse si trasformano in fibrosità capaci di rendere difficilmente cancellabili dalla memoria posture anomale e movimenti limitati. Infine riducono anche la circolazione del sangue, dei liquidi interstiziali e la conduzione nervosa, interessando quindi anche la salute globale dell'individuo concorrendo all'affaticamento e alle tensioni generali. E qui scende in campo il massoterapista che, grazie a massaggi e ginnastiche posturali, avrà il compito di rilassare la muscolatura equilibrando tutto il sistema corporeo.

DR. FERRAI ALESSIO massoterapista

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In vino veritas - in collaborazione con “Terre del Lagorai” di Maurizio Cristini

Il vino novello

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n Francia, a metà degli anni 30 del XX secolo, a seguito di studi effettuati sulle uve, venne sperimentata la cosiddetta "fermentazione macero-carbonica" per produrre vino. Questa consiste nel caricare grappoli di uve rosse il più possibile

integri, dentro grossi recipienti di acciaio inox a tenuta d'aria, nei quali viene poi insufflata anidride carbonica ad una leggera sovrappressione di 1 - 2 atm. In queste condizioni il gas preme sulle bucce degli acini, facendone passare il colore nella polpa, dove per presenza di lieviti naturali presenti sulle bucce stesse, inizia anche un processo di fermentazione alcoolica intracellulare che rigonfia gli acini arricchendoli di profumi. Dopo 7-15 giorni di permanenza nei recipienti, si riporta la pressione a condizioni atmosferiche e si avvia tutto il contenuto a spremitura e successiva fermentazione classica (per un tempo molto breve, 3 - 4 giorni) al fine di trasformare tutto il mosto in alcool, quindi si filtra il vino ottenuto per illimpidirlo e lo si imbottiglia. Questo processo oggi comunemente utilizzato nella produzione dei vini

novelli, ha avuto applicazione pratica dagli anni '70 in Francia, in Borgogna, dove sono nati i famosi Vins en primeur, il più famoso dei quali è il Beaujolais Nouveau. Sono prodotti da uva Gamay, ricercati per il loro spiccato profumo e per il colore porpora-violaceo molto accattivante. Ma come può un vino essere già pronto e in vendita dopo poche settimane dalla raccolta dell'uva? Sembrerebbe una cosa assurda ma in realtà, grazie a questa particolare tecnica fermentativa, dopo un mese dalla data della vendemmia, possiamo già versare nei calici un prodotto raffinato e dal profumo di piccoli frutti , in una parola "elegante". Non avrà di certo le caratteristiche che il degustatore va cercando in un vino "classico", ma proprio questa sua particolare natura lo rende accattivante, unico e ricercato. E' un vino che non avendo praticamente tannini, si presenta molto morbido e beverino ma, per controparte, proprio la povertà di sostanze tanniche ne pregiudicano la serbevolezza e ciò fa sì che vada bevuto entro un semestre (al massimo) dalla messa in commercio, che in Francia scatta dopo la mezzanotte del terzo mercoledì di novembre successivo alla vendemmia. In Italia

tale data si configura nel fine ottobre di ogni anno. Sul nostro territorio sono tante le aziende che lo producono come numerose sono le varietà di uve utilizzate, ma in ogni caso sempre a bacca rossa, perché il lungo tempo di contatto del mosto (nella fermentazione intracellulare) con le bucce degli acini di uve bianche porterebbe ad un prodotto finale con tonalità di colore più giallo-aranciato e aromi ben diversi e meno gradevoli rispetto a quelli di un medesimo vino bianco prodotto con tecnica classica. In ogni caso è questo il periodo ideale per gustarlo, soprattutto in abbinamento ai piatti tipici dell'autunno avanzato, come le classiche caldarroste, le ballotte e il castagnaccio ma anche con salumi profumati o come vino da tutto pasto in un menù fatto di piatti leggeri o rustici e comunque non troppo strutturati e impegnativi. Verrà servito ad una temperatura di 14 - 15 °C, un po' più fresca di quella di un rosso "classico". Berlo sarà sempre un piacere ma non dimentichiamo che la sua gradazione alcoolica spesso si aggira sui 12 gradi o più!

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Ieri avvenne di Chiara Paoli

L’invenzione della Pallacanestro La pallacanestro, in inglese basket, è stata inventata il 15 dicembre del 1891, in un inverno freddo in cui si rendeva necessario praticare lo sport all’interno di una palestra, per mantenere allenata una squadra di football. Si tratta in realtà di un’eccezione perché è l’unica disciplina sportiva di cui si abbia una data precisa di “inizio”.

L

’ideatore di questa disciplina sportiva è James Naismith, dottore ed insegnante di ginnastica canadese International Training School di Springfiel, nel Massachusetts, gestita dalla Young Men’s Christian Association. Questo sport viene inizialmente regolato attraverso 13 regole, con cesti di vimini per le pesche a fondo campo, da cui bisognava recuperare la palla utilizzando una scala e un numero di giocatori non ancora definito. La prima partita di pallacanestro viene disputata il 21 dicembre, con squadre composte da 9 giocatori e un risultato di 1 a 0, con il solo canestro di William Richmond Chase. Il nome è frutto dell’ingegno di Frank Mahan, uno degli allievi di Naismith, che venne coniato appositamente visto che l’inventore non voleva denominarlo Naismithball.

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A partire dalla sua invenzione, questo sport riscuote un immediato successo, che lo diffonde nel mondo a macchia d’olio, dando avvio nel 1923 alla Federazione Internazionale Pallacanestro e facendolo entrare tra le discipline olimpioniche a partire dal 1936. Il basketball si diffonde negli Stati Uniti e nel mondo grazie alla rete di ostelli dell’associazione; i giovani studenti diventano missionari e viaggiando diffondono assieme al messaggio cristiano, questo nuovo gioco. L’NBA, National Basketball Association nasce a dieci anni di distanza, nel 1946, nell’intento di regolamentare le squadre di professionisti e James Naismith da Haiku Deck far conoscere maggiormente questo sport. Le regole di questa disciplina sportiva sono complesse ed il canestro ha un punteggio diverso, a seconda da dove viene effettuato il tiro; la palla che viene utilizzata è di cuoio o pelle ruvida e detta anche “a spicchi” per le righe che la disegnano di nero, su

fondo tipicamente arancione, anche se oggi in commercio si trovano palle di molti altri colori. Le gare regolamentari si tengono all’interno di palazzetti sportivi, al chiuso, ma in U.S.A. è ampiamente diffuso anche lo Street Basket, giocato per strada o nei campi di quartiere, i cosiddetti playground, attorno ai quali si è diffuso un alone di leggenda. Vi sono poi alcuni adattamenti del gioco, messi in atto in prima istanza da Senda Berenson Abbott, per adattare questa disciplina al femminile, che prevede la divisione e ripartizione delle giocatrici in 3 diverse zone del campo, da cui non possono uscire. Le varianti per donne si evolvono nel basquette, chiamato anche “6 on 6 basketball”, non più in uso dagli anni ’90 e nel netball, diffuso oggigiorno soprattutto in Oceania.


Ieri avvenne

Michael Jordan

Un ulteriore modifica alla disciplina, che si è diffusa intorno a fine anni ’80 è quella che vede affrontarsi 3 giocatori contro 3, giocando in metà campo; questa specialità dal 2020 sarà presente alle olimpiadi. Questa specialità è praticata anche in Italia, con il torneo nazionale Join the game riservato a ragazzi sotto i 14 anni d’età. Vi è poi la variante paralim-

pica, praticata dai disabili in carrozzina, dove le regole sono molto affini, con piccole specifiche, questo sport viene gestito dall'International Wheelchair Basketball Federation. Tanto diffuso e amato questo sport, che tra le varianti prevede anche il gioco di ambo i sessi, come avviene nel korfball, oppure il 21, il cui scopo è raggiungere i 21 punti.. Il basket può essere praticato in spiaggia, senza palleggi, come avviene per il beach basket, oppure in piscina con il waterbasket, che si mescola alla pallanuoto o ancora su tap-

peti elastici con lo Slamball. Il basket è poi lo sport dei record, il cestista più alto della storia è Suleiman Ali Nashnush, alto ben 246 cm, mentre Yao Ming con i suoi 229 cm di altezza, pare essere nato su “espressa commissione” del governo cinese a due giocatori di pallacanestro. Eppure anche tra i giocatori più bassi si trovano grandi campioni, come Nate Robinson, dei New York Knicks, che con i suoi 175 cm, vincitore nel 2009 e 2010 dell'Nba Slam Dunk Contest, con una strepitosa elevazione di 112 cm. Anche se il giocatore più piccolo della Nba, con soli 160 cm di statura è stato Tyrone “Muggsy” Bogues. Impossibile poi dimenticare un mito come Michael Jordan, ritenuto il più grande giocatore di tutti i tempi, con i suoi 32.292 punti.

di Paolo Monsorno

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Vendiamo un grazioso MINIAPPARTAMENTO posto al secondo piano di un edificio composto da otto unità immobiliari. L’alloggio ha una bellissima terrazza, cucina/soggiorno, disbrigo, bagno finestrato con vasca, stanza matrimoniale, soffitta/lavanderia e posto auto esterno. No ascensore. Viene venduto arredato di cucina. Spese condominiali minime. Attualmente locato con ottima resa.

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In edificio di 5 unità immobiliari (no condominio) vendiamo APPARTAMENTO A ULTIMO PIANO di circa mq 73 composto da ingresso, cucina/soggiorno, studio, due stanze, doppi servizi, due poggioli, due cantine, orto di mq 120 e due posti auto esterni. La mansarda, non servita da ascensore, ha finiture degli anni ‘80 ma è abitabile, ha impianto di riscaldamento autonomo a metano con caldaia a condensazione e camino per una stufa legna/pellet. E’ ubicata in una zona molto tranquilla, soleggiatissima e vicina a tutti i servizi.

RIF. V000266

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RONCHI VALSUGANA Proponiamo DA RISTRUTTURARE una porzione di MASO libero su tre lati con terreno di pertinenza di circa mq 50. L’edificio di antica costruzione in sasso ha una superficie di circa mq 90 per piano su tre piani oltre soffitta con vano scala esterno da piano terra a primo piano e poggiolo al secondo piano. RIF. V000278

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Alimentazione oggi di Armando Munao’

Il Take Away alimentare

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econdo alcune recentissime indagini sempre di più si evidenzia il fatto che in Italia è in aumento la tendenza al take away ovvero l'acquisto di cibi e alimenti d'asporto da portare a casa. I numeri ci dicono che negli ultimi sei mesi, il 52% degli italiani ha optato questa scelta e che si sta assistendo ad un progressivo aumento Secondo le ricerca effettuate, ordinare il pranzo e cena a domicilio è un modo per evadere dalle proprie abitudini e dallo stile di vita ripetitivo. E con la cultura del take away sempre di più si ha la possibilità per reperire, in modo semplice e veloce, piatti pronti da consumare a casa gustando, da soli o con tutta la famiglia, piatti nuovi. E in Valsugana? Per saperne di più abbiamo aperto un particolare dialogo con Michele De Nart uno dei titolari della rosticceria “I gusti del Borgo”, di Borgo Valsugana, che gestisce insieme al fratello Massimo e ai genitori Graziella e Luciano, per sapere se anche nelle nostre zone non solo si concretizza il fenomeno del take away ma se sono anche cambiate le

abitudini alimentari dei valsuganotti. Sì, i gusti - ci dice - sono cambiati rispetto agli anni passati e nello specifico per quanto riguarda i giovani che sempre di più preferiscono fare degustazione al posto del tradizionale pranzo o cena. Preferiscono assaggiare molti piatti nelle loro diverse preparazioni, piuttosto che avere un piatto unico e a prescindere che sia di carne o di pesce. E per quanto riguarda le famiglie? Sempre di più ci accorgiamo che le famiglie, e sono la stragrande maggioranza, si indirizzano verso i piatti d'asporto in modo da avere il pranzo o la cena già pronta. E queste scelte sono essenzialmente giustificate dal trantran quotidiano caratterizzato dal fatto che i tutti i componenti della nostre famiglie lavorano. Quindi a suo parere le mamme sono sempre meno impegnate ai fornelli rispetto agli anni passati? Si, noi notiamo l'aumento degli acquisti familiari. E per acquisti intendo non solo il singolo piatto ma, non di rado, anche il pasto completo. A questo aggiungo che le scelte culinarie, sempre di più, si indirizzano verso cibi e alimenti genuini e naturali.

Michele De Nart

Alla luce della sua esperienza i prodotti italiani sono danneggiati da quelli d'importazione? Anche se questo particolare aspetto non ci coinvolge devo purtroppo affermare che sempre di più il nostro mercato è invaso da cibi e alimenti provenienti dalle più disparate parti del mondo. E a volte non sappiamo bene come sono stati prodotti. E si aggiunga che i prodotti d'importazione sono più convenienti, ma ciò avviene solo e solamente a discapito della bontà e della genuinità rispetto ai nostri alimenti."

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Fatti di casa nostra di Massimo Dalledonne

“Verso Štivor... su orme antiche” Alle 6.30 del mattino, davanti alla Scuola Media di Borgo Valsugana, c'è un gruppo di ragazzi e insegnanti con valigie e zaini, in attesa di partire. Sono i 30 studenti che partecipano al progetto “Verso Štivor...su orme antiche”, finanziato dal Piano Giovani di Zona della Comunità Valsugana e Tesino. Con loro anche quattro insegnanti che hanno ideato ed organizzato il progetto.

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li studenti sono ragazzi di seconda e terza media, provenienti dalle SSPG di Borgo, Grigno, Roncegno e Telve. Il progetto ha visto la partecipazione dell'Istituto Comprensivo di Borgo Valsugana come capofila, e in particolare del professore Alessandro Turcato (coordinatore del progetto), della professoressa Neva Fabris e del professore Francesco Minora. C’è anche l'Istituto Comprensivo Centro Valsugana, come partner, con la professoressa Margherita Fabris. Il tutto è partito da un'idea del compianto maestro Sigismondo Stenico e del professore Turcato per realizzare una mostra fotografica sulla realtà di Štivor, paese fondato attorno al 1883 da un gruppo di famiglie prevalentemente valsuganotte, emigrate in Bosnia in se-

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guito all'alluvione del 1882, che aveva ridotto i trentini di allora in miseria. Dopo la prematura scomparsa del maestro Stenico, le redini del progetto sono state prese da Turcato che, nell'anno scolastico 2017/2018 ha realizzato la mostra fotografica con un gruppo di studenti dell'Istituto Comprensivo Borgo Valsugana, grazie anche al finanziamento del Piano Giovani di Zona della Comunità Valsugana e Tesino. L’anno successivo la Commissione Progetti dell'IC Borgo Valsugana ha cominciato ad accarezzare l'ambiziosa idea di portare gli studenti a vedere con i propri occhi il paese di Štivor. I docenti hanno quindi deciso di chiedere ancora una volta la collaborazione del Piano Giovani di Zona della Comunità Valsugana e Tesino e di coinvolgere stavolta

tutti gli istituti della Comunità. L'Istituto Comprensivo Centro Valsugana ha aderito con entusiasmo, dal momento che molti dei trentini (allora tirolesi) che hanno fondato Štivor, sono partiti proprio dalla zona di Roncegno, sede dell'IC Centro Valsugana. Vi è stato poi il coinvolgimento di altri


Fatti di casa nostra

partner, ovvero dell'Associazione Trentini nel Mondo ONLUS, che ha dato un contributo economico, della Fondazione Museo Storico del Trentino, di Valsugana Web TV e del Circolo Fotografico “Luigi Cerbaro”. Il Piano Giovani di Zona della Comunità Valsugana e Tesino, che ha fortemente creduto in questa proposta, ha finanziato e seguito passo dopo passo tutte le attività attraverso il responsabile tecnico Stefania Viola. Il progetto si è strutturato in 4 laboratori e in un viaggio finale di 4 giorni a Štivor, Banja Luka (capitale della Repubblica Serba di Bosnia) e Lubiana. Le attività laboratoriali hanno riguardato la storia, la lingua e la geografia della ex Jugoslavia, ma anche attività preparatorie alla conduzione di video-interviste, a cura di Emilio Marzaroli e Manuel Tomio (Valsugana Web TV e Circolo Cerbaro) e riflessioni linguistiche sul dialetto trentino antico, ancora oggi

parlato da alcuni abitanti di Štivor, condotte dalla professoressa Loredana Corrà, già docente presso l'Università di Padova. Un laboratorio è stato dedicato, inoltre, alla preparazione dell'incontro dei ragazzi con i loro coetanei della scuola di Šibovska, frequentata anche dai bambini di Štivor. Il progetto si è concluso con un viaggio ricco di esperienze ed emozioni, durante il quale i ragazzi hanno potuto conoscere dei testimoni privilegiati dell'emigrazione trentina, ma anche visitare nuove città e Paesi e incontrare ragazzi

bosniaci della loro età. Durante la visita alla scuola di Šibovska è stata riservata una calorosa accoglienza al gruppo di italiani e la dirigente Sandra Boccher, che ha partecipato al viaggio, ha chiesto che questo possa diventare il primo passo per un vero e proprio gemellaggio tra le realtà valsuganotta e bosniaca. L'idea è stata accolta con entusiasmo dal Direttore della Osnovna škola. Speriamo che possa concretizzarsi. Foto su gentile concessione del CIRCOLO FOTOGRAFICO CERBARO

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Il Natale solidale di Elisa Corni

Riapre il mercatino di Emergency

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o scorso 23 novembre ha riaperto a Trento lo spazio Natale di Emergency; anche per questo Natale, l'associazione fondata da Gino Strada nel 1994 trasforma la ricerca del regalo perfetto nella possibilità di fare un gesto di solidarietà. Prima che la cosa diventasse una moda, in molte città italiane l’associazione umanitaria che ha aperto numerosi ospedali anche in Italia ha deciso di aprire nel periodo che precede il Natale dei temporary shop dove si possono fare regali "fatti per bene", contribuendo così a garantire le cure alle vittime della guerra e della povertà. Lo spazio Natale di Emergency a Trento è uno di questi; è gestito dai volontari e vi si possono trovare prodotti provenienti da Afghanistan, Iraq, Cina, Ecuador, India, Indonesia, Marocco, Nepal, Pakistan, Perù, Senegal, Sri Lanka, Thailandia, Italia e Trentino: sono circa 650 le aziende italiane che hanno donato i loro prodotti per sostenere l’associazione con la E cerchiata. Lo spazio Natale, infatti, è un posto

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che restituisce la varietà e la bellezza del mondo: manufatti dal Centro di riabilitazione di Sulaimaniya in Iraq, orsetti di Bamiyan, bracciali di alluminio riciclato da ordigni bellici del Laos e poi prodotti di alta qualità, biologici o coltivati e prodotti su beni confiscati alle mafie…Emergency vi accompagnerà in un viaggio che tocca i paesi stranieri tanto quanto la tradizione soprattutto eno-gastronomica - del nostro paese. Curiosando tra gli scaffali, si scoprono prodotti utili e sostenibili provenienti dalle filiere solidali o da riuso e riciclo e i gadget marchiati Emergency. L’intero ricavato delle vendite sarà devoluto all’associazione, che da 25 anni porta cure e salute in giro per il mondo oltre che in Italia. Siccome è bene essere informati e sapere come e dove saranno utilizzati i soldi raccolti, allo Spazio Emergency si può trovare materiale informativo ricco di dettagli. Come lo scorso anno, inoltre, c’è la possibilità di immergersi nei suoni, nei colori, nelle storie dei progetti di Emergency con i video a 360° degli speciali visori per la realtà virtuale. Ma non è finita qui, perché ad accompagnare lo spazio Natale, l’associazione ha organiz-

zato una serie di manifestazioni ed eventi organizzati dal gruppo degli Universitari di Emergency. Perché sostenere Emergency? Perchè da 25 anni, grazie a tesseramenti, mercatini, banchetti e soprattutto grazie al lavoro volontario di medici e personale sanitario questa associazione costruisce ospedali, forma personale e fornisce attrezzature mediche in paesi dove povertà e guerra la fanno da padrona. Emergency, ad esempio, è ancora in Afghanistan e Iraq, dove, nonostante i rischi quotidiani, l’organizzazione continua a offrire prestazioni mediche gratuite e di qualità. Dal 1999 a oggi Emergency ha curato in Afghanistan oltre 6 milioni di persone, ma anche qui in Italia è operativa con 6 ambulatori stabili, con gli ambulatori mobili e con gli interventi realizzati ad hoc, come quello rivolto alle popolazioni vittime del terremoto in Centro Italia con oltre quattromila interventi dal 2017 a oggi. Potete fare i vostri regali di Natale solidali allo spazio Natale Emergency di Trento che è aperto in via Santissima Trinità fino al 24 dicembre dal lunedì al venerdì dalle 15.00 alle 19.00, sabato e domenica dalle 10.00 alle 19.00. Martedì 24 dicembre, vigilia di Natale, con orario 10.00-13-00.


Teatro in Valsugana di Veronica Gianelo

Andiamo a teatro! Da Cagol a Dracula

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ncora teatro in Valsugana! Continuano gli appuntamenti in poltrona anche per l’anno nuovo. Il 2019 si chiude e già si annuncia la ripresa del nuovo anno con cui si arricchsce ulteriormente l'offerta teatrale in Bassa Valsugana. Al Cartellone stagionale si aggiungono due spettacoli comici dialettali fuori abbonamento. Sabato 11 gennaio 2020 l’amatissimo Mario Cagol presenterà il suo spettacolo “Stendap” presso il Teatro di Grigno, mentre sabato 15 febbraio toccherà a Loredana Cont intrattenere il pubblico del Teatro di Tezze con “La sat la penultima?”. E se la prosa non bastasse, il rinomato Balletto del Sud farà tappa al Teatro di Borgo domenica 19 gennaio con lo spettacolo “Serata Romantica” ideato e diretto da Fredy Franzutti. Il 5 marzo 2020, con l'arrivo delle prime viole, nel teatro di Borgo Valsugana, Andrea Castelletti porterà in scena la sua “Commedia illuministica sul matrimonio fronte retro” dal titolo

“Bon Mariage”, prodotto da Modus in collaborazione con Teatro Impiria. Per chi deciderà di abbonarsi all’intera stagione sono previsti due spettacoli aggiuntivi presso il Teatro Sociale di Trento: “Dracula”, in scena dal 9 al 12 gennaio, e e“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, previsto dal 19 al 22 marzo. Non finiscono qui tuttavia gli appuntamenti teatrali in Bassa Valsugana! Per il terzo anno Lorena Guerzoni e i suoi “Figli delle Stelle” ripropongono l’ormai consolidata collaborazione con il Comune di Castelnuovo per portare in scena la “Rassegna Teatro di Castelnuovo”, un evento che ha saputo ridare centralità al teatro del paese, ristrutturato in occasione della prima edizione della rassegna. Si alterneranno sul palco nei mesi che ci accompagneranno fino alla primavera diverse compagnie del territorio, a dimostrare ancora una volta l’impegno dell’Associazione nel creare una rete tra le varie realtà locali, offrendo al pubblico un teatro vivo e partecipato. Si inizierà il 18 gennaio con il gradito ritorno della Filodrammatica di Telve che aprirà il sipario con la commedia dialettale “El convento del Santo Spirito”. Si continuerà poi con un’altra filodrammatica, la Filolevico, che proporrà sabato 1 febbraio il suo spettacolo comico “Pirati di montagna”. Sarà poi la volta di Gianni Corradini che il 15 febbraio presenterà con la sua Compagnia la commedia brillante “Fratelli e sorelle”. Uno spettacolo nello spettacolo verrà invece presentato in “Rumori fuori scena” dalla Filodrammatica Don Bosco di Pergine che

porterà il pubblico nella farsesca costruzione di un testo un po’ problematico! L’appuntamento è per sabato 29 febbraio. Continuando verso un altro viaggio, il duo comico Toni Marci ci porterà in giro per l’Italia a suon di risate venerdì 6 marzo con la produzione “Un’estate da turista”. Sarà poi la volta proprio dell’Associazione “Figli delle Stelle” che sabato 28 marzo replicherà “Dieci sotto un tetto”, scritto da Lorena Guerzoni e vincitore del Premio Co.Fas “Palcoscenico Trentino” nella sezione Gradimento del Pubblico. A concludere la rassegna sabato 18 aprile sarà il Teatro Giovanile di Roncegno con la commedia “Tre donne e… Una panchina”. Tutti gli spettacolo della Rassegna sono a ingresso libero, con inizio alle 20.45 presso il Teatro di Castelnuovo.

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Le cronache locali VALSUGANA

Si chiude il ciclo di mostre su Levico e la Grande Guerra

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distanza i quattro anni dall’inaugurazione della prima parte di questa storia, si chiuderà quest'inverno il percorso iniziato nel 2015 presso il Forte delle Benne di Levico e che ha raccontato Levico (e la Valsugana) durante il primo conflitto mondiale in una mostra storico artistica ricca di materiali inediti e originali. “Paese di Guerra, Paese di Guerra” è nata dalle ricerche d’archivio fatte dagli storici levicensi Carolina Cattoni e Leonardo Vinciguerra presso l’Archivio Storico Comunale della città termale. Ricerche grazie alle quali sono entrati in possesso di documenti inediti, in grado di raccontare una storia nuova e più dettagliata di quanto accadde a Levico durante quei terribili anni. Il loro progetto, iniziato sotto l’egida dell’Associazione Chiarentana che ha poi trovato struttura dal 2017 nell’associazione Culturale Forte delle Benne, si è espanso: da ricerca è diventato mostra storica, poi storico-artistica grazie all’incontro con artisti e infine mostre storico-artistiche. Sì, perché quello che sarà esposto in occasione delle aperture invernali al Forte austro-ungarico è il quarto e ultimo capitolo di questo percorso. Tanti capitoli quante le fasi individuate dai ricercatori nell’evoluzione del periodo storico preso in esame. Dall’anteguerra allo scoppio del conflitto per il primo capitolo (mostra esposta nel 2015); profugato e internamento per il secondo (estate 2016); la presenza dei militari nella Levico deserta degli anni della guerra per il terzo capitolo (2017) e, infine, il ritorno (2019). La mostra nel suo complesso ha due percorsi di lettura: la parte storica su pannelli in cui testi e immagini si fondono, e quella artistica che ha visto partecipare una decina di artisti. Molti i materiali inediti - documenti, fotografie, diari - presenti nella mostra, della quale sarà disponibile anche un catalogo generale che sarà presentato a Levico sempre in dicembre. Il lavoro è stato però un lavoro corale e collettivo, alla quale hanno collaborato anche Nirvana Martinelli, Paola Vettorazzi, Francesco Filippi ed Elisa Corni, per raccontare una Levico altrimenti dimenticata. La mostra sarà visibile al Forte delle Benne in occasione dell’apertura invernale sabato, domenica e festivi (ad eccezione del 25 dicembre) dalle 13.30 alle 16.30.

VIGOLO VATTARO

Alpini in festa

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anno festeggiato il 90^ anno di fondazione del loro Gruppo gli Alpini di Vigolo Vattaro. Una festa particolarmente sentita in tutto l’Altopiano che è iniziata con l’ammassamento dei vari gagliardetti e rappresentanti di altre associazioni combattentistiche e d’arma venute da tutto il Trentino e anche da altre regioni italiane, seguito dalla sfilata per le vie del paese accompagnata dalle note del locale corpo bandistico “San Giorgio”. Al termine è stata celebrata una solenne Messa seguita dalla deposizione di una corona d’alloro al vicino monumento che ricorda Caduti di tutte le guerre. Il capogruppo Alessandro Rech, durante il suo applaudito intervento, ha ricordato pure gli Alpini fondatori che già sono “andati avanti”, i precedenti capigruppo e le principali iniziative intraprese in questi lunghi decenni di attività. Ha rammentato anche la premurosa disponibilità sempre dimostrata dai “suoi” Alpini in occasione di calamità, terremoti ed alluvioni in diversi luoghi del Trentino e anche in altre province italiane. (M.P.)

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Le cronache locali NOVALEDO

Pensionati: il nuovo direttivo

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i è tenuta recentemente presso la propria sede in Casa Zen, l’assemblea generale straordinaria del locale Gruppo Pensionati e Anziani. Dopo l’approvazione del nuovo Statuto che prevedeva l’adesione ad ANCeSCAO e l’iscrizione al Registro Unico delle Associazioni, è stato nominato anche il nuovo direttivo del Gruppo. Alla carica di presidente è stata riconfermata Bruna Gozzer mentre Laura Slomp è stata riconfermata vicepresidente. Queste le cariche di consigliere: Italo Angeli (pure cassiere), Renzo Zen, Marisa Corn, Carlo Andreatta, Paolo Cestele, Ivano Bastiani e Angelina Martinelli. Inoltre a Maria Teresa Tria è stato conferito il mandato di Segretaria Esterna. Roberto Paccher, presidente del Consiglio Regionale del Trentino-Alto Adige, ha salutato il nuovo direttivo augurandogli buon lavoro. (M.P.)

LEVICO TERME

Erio e le zucche

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ra i vari espositori che hanno rallegrato l’autunno levicense portando nelle vie principali di Levico Terme tanti prodotti coltivati nelle nostre campagne, una menzione particolare merita la mostra della zucca che ha concluso la serie di esposizioni. Fra i coltivatori di questo frutto della terra è il caso di ricordare la piantagione di zucche di Erio Eccli, finanziere in pensione, che ha prodotto, nel campo vicino a casa, tanti originali esemplari molti dei quali di origine francese. (M.P.)

Erio Eccli davanti alle sue zucche produzione 2019

NOVALEDO

Come eravamo

“Coronovaledo1979”: il coro e, al centro, Antonia Luciani con Ettore Petri

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i proponiamo questo mese una significativa foto storica di 40 anni fa. Era esattamente il 23 settembre 1979 quando il coro parrocchiale di Novaledo diretto da Mario Pacher, solennizzò una S. Massa presso la chiesa parrocchiale di Santa Giuliana per ricordare Papa Luciani nel 1^ anniversario della sua morte. La scelta non fu casuale poichè in quella piccola frazione del comune di Levico Terme abitava, dopo aver contratto matrimonio con Ettore Petri, la sorella del Pontefice, Antonia Luciani. La maggior parte dei cantori che vediamo in questa foto sono già passati all’eternità e anche quelli che all’epoca erano tanto giovani sono ormai avanti con gli anni. Questa foto è stata scattata davanti alla chiesa di Santa Giuliana al termine della Messa celebrata dall’allora parroco della frazione, don Ziglio.(M.P.)

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Le cronache locali

Ad Arte Sella il premio Allegrini

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restigioso riconoscimento per Arte Sella. Nelle scorse settimane, nella Villa della Torre, a Fumane, nella Valpollicella veronese, all’associazione guidata da Giacomo Bianchi e dal direttore artistico Emanuele Montibeller è stato consegnato il premio Allegrini 2019 promosso dall’omonima casa vinicola. «C’è sicuramente una preoccupazione per i fenomeni atmosferici che stanno cambiando il paesaggio - ha commentato Marilisa Allegrini, presidente del gruppo vitivinicolo - ma, come insegna la lezione di Arte Sella, l’intelligenza, la caparbietà, la determinazione dell’uomo possono dare speranza e far pensare che possiamo intervenire nel modo migliore con amore e rispetto per la natura». Con lo staff di Arte Sella, alla consegna del premio Allegrini «L’Arte di mostrare l’Arte» c’era anche il sindaco di Borgo Enrico Galvan. “E’ stata una serata ricca di emozioni ricordando Vaia e quei giorni terribili in Sella che hanno comunque significato un nuovo e positivo rilancio. Tante iniziative nei prossimi anni – ricorda - vedranno Artesella protagonista della cultura nel mondo”. Per l’occasione il direttore artistico Emanuele Montibeller ha tenuto una lectio sul passato, il presente e il futuro di Arte Sella. Nella motivazione del premio viene sottolineato come Arte Sella da più di trent’anni rappresenti «il luogo dove arte, musica, danza e altre espressioni della creatività umana si fondono, dando vita ad un dialogo unico tra l’ingegno dell’uomo e il mondo naturale». Tra gli interventi anche quelli del climatologo Franco Prodi e di Guido Beltramini, direttore del Centro «Andrea Palladio» di Vicenza. (M.D.)

Francesca Lorezin

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al 2016 lavora come assegnista di ricerca al Cibio l’Università di Trento, nel laboratorio di Oncologia Computazionale e Funzionale guidato dalla professoressa Francesca Demichelis. Lei è Francesca Lorenzin, originaria di Castelnuovo. Dopo aver studiato Biologia Molecolare e Sanitaria a Padova, dal 2011 ha fatto il dottorato di ricerca in Germania, per quattro anni, presso l'Università di Würzburg studiando processi di base delle cellule tumorali. Recentemente è stata premiata a Carlsbad, in California, in occasione dell’edizione 2019 del concorso PCF Young Investigator Award, un premio altamente competitivo per giovani di grandi promesse, che diventeranno leader del futuro in ambito di ricerca biomedica. “Da molti anni PCF Young Investigator Award finanzia i più brillanti ricercatori a diversi livelli di carriera e le idee di ricerca – ricorda Francesca Lorenzin - con lo scopo di aumentare la probabilità di sopravvivenza e migliorare la qualità della vita degli uomini affetti da cancro alla prostata, uno dei tipi di tumori diagnosticati più frequentemente negli uomini”. Ma che tipo di ricerca ha presentato in California? “Questo studio – continua la giovane ricercatrice di Castelnuovo - si inserisce nel contesto della medicina di precisione e dello sviluppo di nuovi approcci terapeutici personalizzati. Si focalizza sull’identificazione di potenziali candidati per bloccare indirettamente l'attività di una proteina frequentemente espressa ad alti livelli in cellule di cancro alla prostata. Il PCF Young Investigator Award – conclude Francesca Lorenzin - mi permetterà di portare avanti questo progetto nel Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata, un ambiente per me già familiare. in modo da massimizzare i risultati ottenibili nei 3 anni di finanziamento”. (M.D.)

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Le cronache locali LEVICO TERME

Auguri ai 90enni

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ome avviene ormai per tradizione, anche quest’anno che sta per concludersi, il Gruppo Pensionati e Anziani di Levico Terme ha festeggiato il raggiungimento dei 90 anni dei cittadini della città termale. E così domenica 17 novembre alla presenza di almeno 130 iscritti al Gruppo, si sono incontrati presso l’hotel Scaranò per festeggiare i nati nel 1929: Ada Osler e Marcello Bassetti. Con loro c’era anche Alba Quaglieri che lo scorso 27 novembre, ancora in piena forma, ha compiuto il secolo di vita. Sono stati ricordati anche i coscritti Anna Maria Barberi e Marta Paternolli impossibilitate a presenziare alla loro festa. Dopo il saluto del presidente del Gruppo Marco Francescatti, hanno usato parole di lode verso questo importante ente che attualmente raggruppa ben 365 persone non più giovani delI neo novantenni con il presidente Francescatti ed altre autorità la comunità, il vicesindaco Patrick Arcais, l’arciprete di Levico don Ernesto Ferretti, il già vicesindaco reggente Arturo Benedetti ed il presidente del consiglio regionale Roberto Paccher. I “nuovi” novantenni sono stati poi premiati con significativi omaggi messi a disposizione dal Gruppo e da alcuni operatori economici locali. (M.P.)

LEVICO TERME

Profughi di Levico in Cecoslovacchia negli anni 1915-1919

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i primi di giugno dell’anno 1915 anche un gran numero di levicensi partirono profughi per sfuggire agli orrori della prima guerra mondiale. Erano partiti da Levico, a piedi, e dopo aver raggiunto la stazione ferroviaria di Pergine, erano saliti su di un treno merci che all’epoca serviva per il trasporto del bestiame e di altre cose. Dopo una settimana di strada ferrata sono arrivati in Cecoslovacchia nella provincia della Moravia e precisamente nel piccolo paese di Zanashovice, e qui sono stati accolti dagli abitanti di quel centro ed alloggiati nelle loro case. Nel periodo scolastico i ragazzi frequentaGli scolari levicensi in Moravia vano la scuola dove avevano imparato, fra l’altro, anche la loro lingua, il “gnasco”, mentre nel periodo estivo aiutavano i contadini sia per sfamarsi che per avere un compenso minimo per la sopravvivenza. Accanto a loro c’era anche un sacerdote, il trentino don Tullio, che rimase con loro fino al termine del conflitto. Finita la guerra, sono ritornati a Levico il 2 febbraio 1919, ancora in treno, e qui hanno trovato le loro case ancora in piedi ma tutte senza i serramenti in legno che i militari avevano levato e utilizzato probabilmente per riscaldarsi e per scaldare il rancio. Grande conoscitore di questi eventi bellici è lo storico Ferruccio Galler che gentilmente ci ha offerto anche questa foto dove sono riportati alcuni ragazzi di Levico, profughi in Moravia. La foto è stata scattata nel 1917 in occasione della loro Prima Comunione. (M.P.)

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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli *

NOVEMBRE 2019 il mese più piovoso di sempre In meno di un mese è caduto il 44% della pioggia che solitamente cade in un anno.

È

l’alba del 25 novembre quando sto scrivendo questo articolo, primo giorno senza precipitazioni dopo 4 consecutivi, in un mese di novembre in cui su 25 giorni ben 19 sono stati piovosi (per giorno piovoso si intende quello in cui cade almeno 1 mm di pioggia, 1 mm per metro quadrato equivale ad 1 litro) e sono previste ancora precipitazioni entro la fine del mese. Questo novembre sarà ricordato per essere il mese di novembre più piovoso di sempre, da quando abbiamo rilevazioni sia per Trento che per Levico Terme (dal 1921). Per quanto riguarda Levico Terme questo mese di novembre è stato anche il mese più piovoso di sempre comprendendo tutti i mesi da gennaio a dicembre. LEVICO TERME A Levico Terme sono caduti (fino al 25 novembre) 468,6 mm alla Stazione Meteo di Meteotrentino (Provincia Autonoma di Trento), 469,3 alla Stazione Meteo del sito ww.meteolevicoterme.it. I giorni piovosi di novembre (per ora) sono stati 19 (per giorno piovoso si intende quello in cui cade almeno 1 mm di pioggia, 1 mm per metro quadrato equivale ad 1 litro). I valori normali di pioggia per il mese sarebbero pari a 115 mm. Per dare un termine di paragone, nel solo mese di novembre di quest’anno è caduta il 44% della pioggia che mediamente cade in un anno. Facciamo ora un passo indietro nel tempo per vedere quali sono stati i mesi di

novembre più piovosi della storia (fonte Meteotrentino – Provincia Autonoma di Trento) LEVICO TERME I 10 MESI DI NOVEMBRE PIU’ PIOVOSI DAL 1921

ANNO 2019 (Stazione Terme) dato provvisorio 2002 (Stazione Terme) 2014 (Stazione Terme) 2010 (Stazione Terme) 2012 (Stazione Terme) 1968 (Stazione Lido) 1951 (Stazione Lido) 1934 (Stazione Levico) 2000 (Stazione Terme) 2003 (Stazione Terme)

mm. 468,6 427,4 362,0 339,2 300,0 273,9 273,6 266,3 266,2 260,4

E’ piuttosto singolare vedere come su una serie di 99 anni di rilevazioni, tra i 10 mesi di novembre più piovosi, ben 7 siano relativi agli anni duemila. Queste precipitazioni si sono fatte sentire mettendo a dura prova il livello dei laghi di Caldonazzo e Levico, nonché le portate dei corsi d’acqua in particolare del Brenta. Vedi alcune foto a lato. Le precipitazioni del mese di novembre 2019 sono state superiori a quelle di Vaia a fine ottobre 2018, giova però ricordare che a fine ottobre 2018 erano caduti 356,4 mm in soli 5 giorni, di cui 192,2 nella sola giornata del 28 ottobre. TRENTO A Trento sono caduti (fino al 25 novembre) 417,6 mm alla Stazione Meteo

delle Laste di Meteotrentino (Provincia Autonoma di Trento). E quali sono stati i mesi di novembre più piovosi della storia per Trento? (fonte Meteotrentino – Provincia Autonoma di Trento) TRENTO LASTE I 10 MESI DI NOVEMBRE PIU’ PIOVOSI DAL 1921

ANNO 2019 (dato provvisorio) 2000 1951 2002 2014 2012 1926 1963 2010 1934

mm. 417,6 402,8 342,2 312,8 310,2 285,4 273,2 262,2 253,8 249,0

Anche in questo caso è piuttosto singolare vedere come su una serie di 99 anni di rilevazioni, tra i 10 mesi di novembre più piovosi ben 7 siano relativi agli anni duemila. Per quanto riguarda i mesi più piovosi comprendendo tutti quelli che vanno da gennaio a dicembre, per ora a Trento/Laste questo novembre si piazza al secondo posto, battuto, per ora solo dall’ottobre del 1953 in cui caddero 445,4 mm. * Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli su dati forniti da Provincia Autonoma di Trento

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o d n a l l e r he

Maurizio a cura di

Cristini

Gioc

QUESITO A SCHEMA

A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrĂ il nome del tradizionale ritorno a valle del bestiame dopo l'alpeggio estivo.

al, chi, ci, cia, cor, de, dot, du, fe, fie, gio, glia, ho, in, li, lo, me, mu, nien, no, no, nor, pu, ra, re, res, ri, san, sco, se, se, se, tai, te, tel, to, to, un, ve, vo, wan.

Trovate le parole rispondenti alle definizioni date, aiutandovi con le sillabe qui elencate alla rinfusa. Le lettere nelle colonne a sfondo colorato, daranno una domanda alla quale dovrete dare la risposta. 1. Sulla scacchiera muove in diagonale – 2. Se sono presenti in mare è meglio evitare il bagno – 3. Quella cinese è la piĂš lunga – 4. Vino rosso di Romagna – 5. Pericoloso per la salute – 6. Gli appestatori manzoniani – 7. Al suo posto è detto sia meglio il poco – 8. Vi nacque San Benedetto – 9. Partecipano alle funzioni religiose – 10. Una struttura come... “Al Brentaâ€? di Levico Terme – 11. Genuflessione - 12. Donne laureate – 13. DĂ fastidio se entra in un occhio – 14. La Repubblica sull'isola di Formosa..

SOLUZIONI NR. DI NOVEMBRE 2019 CRUCI... TRENTINO POSTE ITALIANE

rivoluzionari cubani del Movimento del 26 luglio – 3. Sono pari nel trivio – 4. A inizio e fine ottobre – 5. A volte si spezza a favore di qualcuno - 6. Si cavalca col surf – 7. Dottore in breve – 8. Una pianta come l'azalea – 9. Una Contrada del Palio di Siena – 10. La sigla del noleggio con conducente – 12. L'abito del monaco – 13. Olio... inglese – 17. Sono molto usate dai boscaioli – 19. Rimini sulla targa – 20. Un prodotto come il Veltliner – 25. Abitante del Cairo – 26. Computer della Apple – 29. Di solito sono provocate da stimoli – 31. I sudditi di Casa Savoia – 32. Il suo nome turco è Izmir – 35. Capitale cubana – 39. L'acronimo che indica lo strato superiore della crosta terrestre – 40. Termine che letto due volte, dĂ il nome di un temibile insetto tropicale – 42. Ha la gestione delle strade italiane (sigla) – 43. Fiume del Trevigiano – 48. D'accordo negli USA – 50. La provincia toscana con l'Argentario (sigla).

VERTICALI: 1. Un verso della Divina commedia – 2. Il nome con cui sono conosciuti i

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ORIZZONTALI: 2. Il fiume di Saragozza – 5. Una Piazza e un Palazzo di Trento sotto i quali è stata ritrovata una importante area archeologica – 11. Paese a nord di Trento che fondendosi con il limitrofo Comune di Zambana, a partire dal 1 gennaio 2019 ha dato vita al nuovo Comune di Terre d'Adige – 14. Da qui provengono le piĂš note susine trentine – 15. Congiunzione inglese – 16. Produce le auto Duster e Sandero – 18. Una delle sue piĂš note canzoni è Il gatto e la volpe (iniz.) - 19. Il corrispettivo che si riceve in cambio della vendita di un bene – 21. Testa-coda in... Lotus! - 22. Il rame in chimica – 23. Io e te – 24. Come sopra – 27. La Negri poetessa italiana – 28. Finire... in brutte acque! - 30. La chiusura del caso – 31. Organizzazione paramilitare del partito nazista tedesco (sigla) – 33. VarietĂ di calcedonio traslucido – 34. La religione maomettana – 36. Le consonanti di Diaz – 37. La targa di Asti – 38. Un codice bancario – 39. Aperitivo alcoolico molto diffuso nel Triveneto – 41. Insaponarsi sotto la doccia – 44. Il gruppo rock dei fratelli Gallagher – 45. Nome antico della Val di Non – 46. Lieve imperfezione cutanea – 47. Il Matteo le cui Novelle risalgono alla seconda metĂ del XVI secolo – 49. Sono doppie nei panneggi – 51. Spostandone l'iniziale in fondo, diventa saio – 52. Interpretò Spartacus (iniz.) - 53. La A di RAF.

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ANNO 5 - NR. 1 - febbraio

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Il numero di dicembre di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 3 dicembre 2019


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