Valsugana News n. 2/2020 Marzo

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ANNO 6 - NR. 2 - marzo 2020

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ELEZIONI PER IL RINNOVO DEI CONSIGLI COMUNALI TRENTINO-ALTO ADIGE le elezioni si terranno il 3 maggio 2020

CONDIZIONI DI ACCESSO PER LA DIFFUSIONE DI MESSAGGI POLITICI ELETTORALI SUL PERIODICO VALSUGANA NEWS Si informano gli interessati che il periodico VALSUGANA NEWS, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 7, comma 2, della legge 22 febbraio 2000, n° 28, e successive modifiche, pubblicherà nel mese di aprile 2020, uno SPECIALE ELEZIONI all'interno del quale sono stati previste pagine politiche riservate ai candidati, partiti e movimenti politici. Si informa che i messaggi politici elettorali saranno posizionati in ordine di prenotazione e in spazi chiaramente evidenziati e riconoscibili con modalità uniformi per ciascun candidato, Partito e/o Movimento politico, e recheranno la dicitura “messaggio politico elettorale” con l'indicazione del soggetto politico committente. Si informa, inoltre, che potranno essere pubblicate soltanto le seguenti forme di messaggio politico elettorale: 1) annunci di dibattiti, tavole rotonde, conferenze e discorsi; 2) spazi riservati alla presentazione dei programmi delle varie liste, dei gruppi di candidati e dei candidati; 3) pubblicazioni di confronto tra più candidati.

COSTO SPAZI ELETTORALI: PAGINA INTERA 350,00 + IVA AL 4% - MEZZA PAGINA 200,00 + IVA AL 4% Le modalità, le condizioni di accesso e i prezzi relative alle pagine, agli spazi e ai modulari per la pubblicazione dei messaggi elettorali di cui sopra e relativi alla legge sopracitata, sono disponibili presso GRAFICHE FUTURA (sede della redazione del periodico VALSUGANA NEWS) a Mattarello,Via della Cooperazione, 33. Per info e prenotazioni: direttore@valsugananews.com - info@valsugananews.com Per contatti telefonici: 333 2815103 1

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SOMMARIO ANNO 6 - MARZO 2020 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 2815103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Roberto Paccher - Erica Zanghellini Katia Cont - Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Laura Mansini - Alice Rovati Laura Fratini - Sabrina Mottes - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Giampaolo Rizzonelli - Nicola Maschio - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)

PER LA TUA PUBBLICITÀ cell. 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

Comunicato elezioni Sommario Punto e a capo Le foibe: l’esodo Giuliano-Dalmata La fine del colonianismo italiano La Valsugana: cultura, servizi, turismo La società senza denaro Umana-mente Le grandi epidemie del novecento In ricordo di: Kirk Douglas La notte degli Oscar Isaac Asimov L’artista di casa nostra: Ivo Fruet Professione vignettista Le cronache Sant’Orsola:il villaggio del piccoli frutti Ezzelino da Romano in Valsugana Attualità: il coronavirus A ciascuno il suo

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World Dance Cup ASD in punta di piedi... in partenza per Roma Levico Terme, città della danza La Valsugana... dove ci piace vivere La scuola di danza... andiamo a Roma L’album fotografico Il medagliere

39 40 42 43 46 47

Matilde di Canossa Le cronache Alleniamoci con il calisthenics Padre Alfredo Delai Le cronache Arte e musica: di scena gli artisti di Borgo In vino veritas Arte musica e danza Valsugana Serramenti: nuova realta imprenditoriale

48 51 54 56 57 60 63 65 67

Metodo Zangirolami: il dimagrimento non ha età Ottica Valsugana Medicina & Salute: l’inclusione scolastica Gli antibiotici Medicina & salute : rimuginio e ruminazione

68 69 70 73 75

La chiesetta S. Maria ad Nives in Sella Le cronache locali Aperta la stagione di pesca La pasta madre e il lievito di birra Le cronache locali Teatro per dieci, il visto climatico Le cronache locali Le cronache locali Che tempo che fa Le cronache locali Giocherellando Gli annunci immobiliari

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Il giorno del ricordo Le foibe Pagina8

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Punto e a Capo di Waimer Perinelli

Sessantotto il mito si fa storia “L

ong life to the university of Trento” (lunga vita all’università di Trento) questo era scritto sul muro dell’università di Berkeley in California nel 1968 . Questa scritta apre il libro “Addio al cortile. Il sessantotto, la trasformazione di Trento e la narrazione dei quotidiani” scritto dal giornalista Fabrizio Franchi. Ottimo contributo alla conoscenza della facoltà trentina. Il libro segue le ricerche di Concetto Vecchio del 2005 e di Luigi Sardi nel 2008, ed apre necessariamente alla riflessione storica. La storia la scrivono i vincitori. Cicerone, Plinio, Tacito... Giulio Cesare capace di esaltare gli sconfitti per farsi più grande. Viene scritta anche attraverso l’ archeologia, le tombe, le epigrafi; ma e soprattutto, come spiegava Paolo Prodi, primo rettore dell’università, con lo studio degli atti amministrativi e politici. Mary Beard in “SPQR” analizza la Roma popolare non fatta di guerre ma di conflitti sociali, tradizione. Così insegnava l’antropologo Tullio Tentori incoraggiando a invadere le valli muniti di registratore e parlare con la gente. Giuseppe Sebesta seguiva la stessa tecnica raccogliendo anche strumenti di lavoro del Trentino arcaico. Pensate cos’era per giovani studenti, molti provenienti da quel Veneto che io chiamavo Vandea, aprire le menti a questi innovatori della scienza. Cosa può avere significato scoprire i limiti della propria cultura, le pigre bugie di tanti insegnanti e genitori. Nel 1975 quando la brigatista rossa

Balducci e don Milani. Margherita Cagol morì nel “cortile” Zucconi lesse, approvò e poi mi disse della cascina Spiotta (ironia della “ Riduci a 80 righe”. Così quella storia, sorte per un’operazione di polizia pur limitata è rientrata nel cuore e dovuta a una spiata) Guglielmo Zucconi, direttore del settimanale Tempo nella mente. E sociologia a Trento iniziava il declino passando dalle 1556 Illustrato, mi incoraggiò a fare una matricole del 68 al massimo storico riflessione. “Tu vieni da Trento, mi disse di 2600 del 69, alle 600 del numero e scrivi Vienna con la doppia W, sei chiuso successivo; ma non per colpe un testimone. Scrivi!” E io scrissi della scientifiche bensì a causa della scoprimavera del 68 che fu, come ebbe perta che lo statu nascenti portava a intuire Francesco Alberoni, lo statu alla scarsa occupazione. Nel 1972, a nascenti. Era divertente partecipare un decennio dalla fondazione, solo il alle lezioni del medico-sociologo, 65 per cento aveva un lavoro stabile in una facoltà dove la trasgressione e solo il 14,9% nell’industria privata. era convintamente praticata e ben L’ entusiasmo diminuiva e aumenpresto venne incanalata in rivendicazioni sociali e sindacali. tava la politicizzazione. Agli anni Scrissi dei miei vent’anni, grato a dell’innocenza seguirono quelli della Bruno Kessler e a tutti i trentini, per la consapevolezza e in qualche caso bella ed educata accoglienza; di Paodell’incoscienza. Sono stati gli anni lo Sorbi del controquaresimale; della terribili innescati dalla bomba di visita del Presidente della Repubblica Piazza Fontana, nel 1969, e chiusi Giuseppe Saragat, degli scontri di nella prima fase con l’ assassinio piazza, della nascita dei cattocomudi Aldo Moro. Ma questa è un’altra nisti, della scelta di saltare il fosso, storia che i veri protagonisti ancora sull’esempio tedesco, e dei confronti non hanno voluto scrivere, nemsulle brigate rosse che nascevano a meno sulle epigrafi, e le cronache Milano dove in piazza Santa Chiara dei giornali non riescono a svelare era la redazione del mio giornale. completamente. Scrissi dell’Arcivescovo Alessandro Maria Gottardi, veneziano, a cui si deve l’apertura, signorile, del vescovado a tutte le istanze sociali. Di Margherita Cagol, la moglie di Curcio, ragazza trentina, generosa, cattolica, osservante, con la chitarra in oratorio dove nella mia Vandea Guglielmo Zucconi erano già di casa padre

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Il giorno del ricordo

di Armando Munao’

Le foibe per non dimenticare I

massacri delle foibe e l’esodo dalmata-giuliano* sono state, purtroppo, una tristissima pagina di storia che per molti anni l’Italia non solo ha voluto dimenticare, ma non si comprende il perché una simile tragedia abbia vissuto nell’oblio per oltre sessant’anni. Per fortuna, con il passare del tempo la coltre di silenzio che l’ha circondata, piano piano si è diradata grazie anche al Parlamento Italiano che nel 2004 approvò la legge Menia (dal nome del deputato triestino Roberto Menia, che l’aveva proposta) che di fatto istituiva il Giorno del Ricordo “in memoria degli italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della seconda guerra mondiale”. Grazie a quella scelta, tutti noi, da quel giorno, abbiamo potuto conoscere quante sofferenze dovettero subire gli italiani della Venezia Giulia, dell’Istria di Fiume e della Dalmazia.

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Da ricordare che già gli allora Presidenti della Repubblica, Francesco Cossiga e Oscar Luigi Scalfaro. il primo il 3 novembre 1991 e il secondo 11 febbraio 1993, si recarono alla foiba di Basovizza per rendere reverente omaggio alle vittime del massacro che i comunisti di Tito perpetrarono, riconoscendo il grave errore che la storia aveva com-

Recupero corpi foiba di Monrupino

messo nell’oscurare questa tragedia umana. Quest’anno sono state le parole che Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana, ha pronunciato in occasione del “Giorno del Ricordo” per richiamare alla nostra mente quella tragedia. “Le foibe, sono state una sciagura


Il giorno del ricordo

Cadaveri delle vittime di Greggio ripescati

nazionale, una vera pulizia etnica che ha causato, alla fine della seconda guerra mondiale, terribili sofferenze agli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia. Queste nostre terre, con i loro abitanti conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo. La persecuzione, gli eccidi efferati di massa – culminati, ma non esauriti, nella cupa tragedia delle Foibe, l’esodo forzato degli italiani dell’Istria, della Venezia Giulia e della Dalmazia, fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell’Europa”. A oggi una vera quantificazione delle vittime non è certa, ma secondo gli storici e le testimonianze dei sopravvissuti sono stati almeno 20mila i morti e più di 250 mila gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case. Il “Giorno del Ricordo”, ha sottolineato il Capo dello Stato nel suo emozionante discorso, ha contribuito e contribuisce a farci rivivere una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata e alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo a questa immane tragedia che coinvolse gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi.” “Questa penosa circostanza, ha continuato il Presidente Mattarella, pesò ancor più sulle spalle dei profughi che conobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati d’incomprensione, indifferenza e persino di odiosa

Foiba di Vines - recupero cadaveri

ostilità”. Un discorso, quello di Sergio Mattarella, che ha aperto un nuovo e necessario libro del ricordo le cui pagine devono svegliare la mente di coloro i quali per oltre 60 anni , forse anche volutamente, non hanno voluto leggere. “Si deve soprattutto alla lotta strenua degli esuli e dei loro discendenti, ha sottolineato Mattarella, se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e dell’esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa, conquistando, doverosamente, la dignità della memoria”. “Purtroppo, ha continuato il Capo dello Stato, esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante. Ma oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Questi ci insegnano che l’odio la vendet-

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

ta, la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, germinano solo altro odio e violenza”. Alle vittime di quella persecuzione, ai profughi, ai loro discendenti, ha concluso il Presidente Mattarella, rivolgo un pensiero commosso e partecipe. La loro angoscia e le loro sofferenze non dovranno essere mai dimenticate. Esse restano un monito perenne contro le ideologie e i regimi totalitari che, in nome della superiorità dello Stato, del partito o di un presunto e malinteso ideale, opprimono i cittadini, schiacciano le minoranze e negano i diritti fondamentali della persona. E ci rafforzano nei nostri propositi di difendere e rafforzare gli istituti della democrazia e di promuovere la pace e la collaborazione internazionale, che si fondano sul dialogo tra gli Stati e l’amicizia tra i popoli”. Permettetemi, però, una mia piccola, piccolissima considerazione: è vero che il numero delle vittime delle Foibe non può essere minimamente paragonato a quello che quantifica l’eccidio e le barbarie del nazi-fascismo, ma se fossero stati i fascisti a fare quello che hanno fatto i “titini” ai nostri italiani, ci sarebbe stato un tale assordante silenzio per oltre sessant’anni? Parafrasando Alessandro Manzoni ”ai posteri l’ardua sentenza.” *L’esodo giuliano dalmata, conosciuto anche come esodo istriano, è stato un evento storico che ha determinato una forzata emigrazione della maggioranza, non solo dei cittadini di nazionalità e di lingua italiana dalla Venezia Giulia, dal Quarnaro e dalla Dalmazia, ma anche di un consistente numero di cittadini italiani di nazionalità mista, slovena e croata. Emigrazione che si verificò a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (1945) e nel decennio successivo e che interessò, secondo gli storici un numero compreso tra le 250.000 e le 350.000 persone.

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Il giorno del ricordo di Chiara Paoli

Le foibe e l’esodo

Giuliano Dalmata D

al 2005 il 10 febbraio, si celebra la Giornata del Ricordo, per commemorare le vittime delle Foibe e gli esodati italiani delle ex provincie italiane del Friuli Venezia-Giulia, di Fiume, dell’Istria e della Dalmazia. La data prescelta è quella della firma del Trattato di Parigi (10 febbraio 1947), un momento per ricordare le circa 20 mila vittime degli inghiottitoi carsici. Le prime esecuzioni sommarie di italiani hanno inizio dopo la firma dell’armistizio, avvenuta l’8 settembre 1943. Si tratta di una resa dei conti o piuttosto di una vera e propria vendetta contro i fascisti che anche in questi territori avevano operato una politica di italianizzazione forzata tra le due guerre. A guidare questa rivolta sono i comunisti slavi guidati da Josip Broz, noto con il nome di «Tito», che sconfiggono i fascisti croati al soldo di Ante Pavelic, che si erano macchiati di molteplici reati. Tutti i fascisti e gli italiani che non si dimostravano filocomunisti, venivano ritenuti nemici, pertanto sottoposti a torture e mandati a morire nelle foibe. In questa prima fase di violenze, si stima siano morte circa un migliaio di persone, ma è solo l’inizio dell’orrore. Tito assieme ai suoi uomini si lancia alla riconquista delle zone slovene e croate, che erano state incorporate nel Terzo Reich, ma puntando anche a impossessarsi di Dalmazia, Istria e Veneto, sino all’Isonzo. Fino alla Liberazione, avvenuta nell’aprile del 1945, i tedeschi avevano operato per tenere a bada i partigiani jugoslavi, seminando il terrore e compiendo a loro volta rappresaglie. Ma quando il Terzo Reich crolla, Tito diviene inarrestabile e nella primavera

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Foiba

del ’45 occupa il territorio dell’Istria, puntando verso Trieste per recuperare quei territori che dopo la Grande Guerra non erano stati concessi agli slavi. Ma le truppe di Tito vennero battute sul tempo dalle truppe di liberazione, ed in particolare dalla Divisione Neozelandese guidata dal generale Freyberg, che giungono a Trieste il primo maggio del 1945, quando la città è ancora in mano ai tedeschi, che si arrendono il giorno seguente. La rabbia e la frustrazione di Tito per non essere riuscito nell’impresa premeditata, si sfoga contro i civili che pagano con il loro sangue. Tra maggio e giugno di quell’anno, migliaia di italiani vengono costretti ad andarsene, deportati o peggio ancora sterminati. Alcide De Gasperi a fine anno esibì agli Alleati «una lista di nomi di 2.500 deportati dalle truppe jugoslave nella Venezia Giulia» e considerò scomparse almeno 7.500 persone.

In realtà oggi si calcola che le vittime tra il 1943 ed il 1947 siano state almeno 20.000, mentre coloro che furono costretti ad abbandonare le proprie case furono più di 250.000. Tra le prime vittime vi furono i militari fascisti e collaborazionisti, che non erano riusciti a scappare, e in loro assenza, mogli e figli, assieme a carabinieri, poliziotti e forze dell’ordine. La morte di un infoibato è qualcosa di terribile, i prigionieri venivano legati insieme con un unico filo di ferro che stringeva loro i polsi e costretti a

Fiumani in Italia


Il giorno del ricordo

Tempio nazionale dell’internato ignoto

disporsi sul ciglio delle cavità. Soltanto i primi della fila subivano le raffiche di mitra, ma nella caduta trascinavano tutti gli altri all’interno dell’incavo, dove rimanevano prigionieri per giorni assieme ai morti, prima di spirare a loro volta. Imponente fu l’esodo dalla città di Fiume che si ritrovò quasi totalmente

svuotata entro la fine del 1946, dopo la partenza degli italiani che in massa si dirigono entro i nuovi confini. Un capitolo, quello della diaspora giuliano dalmata, che venne minimizzato, per non dire quasi totalmente ignorato. La promessa di indennizzo fatta agli italiani in partenza non venne mantenuta e le case abbandonate non vennero risarcite. Alcuni migranti decisero di cercare fortuna fuggendo oltre oceano, verso le Americhe, il Canada o l’Australia. Emilio Sereni ministro per l’Assistenza post-bellica nasconde la drammatica situazione e rifiuta di accogliere nuovi esuli, sostenendo che non vi erano posti e definendo le notizie sulle foibe mera «propaganda reazionaria». Un capitolo della storia dimenticato, che comincia a riemergere soltanto dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989. Ci vorranno ancora anni perché la

vicenda venga a galla definitivamente e soltanto nel 2004 si istituisce per legge il “Giorno del Ricordo”, grazie al deputato triestino Roberto Menia. L’anno successivo la televisione, attraverso la mini-fiction “Il cuore nel pozzo” racconta agli italiani questa drammatica vicenda.

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“Ieri avvenne” di Chiara Paoli

La fine del colonialismo italiano e cambiano i confini

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l 10 febbraio 1947 l’Italia firma il trattato di Parigi, sancendo la fine della sua politica colonialista. In un solo giorno lo stivale è costretto a ridimensionare i propri confini sia ad est che ad ovest e perde tutte le sue colonie: Libia, Eritrea e Somalia Italiana, le isole del Dodecanneso, i possedimenti in Albania e la concessione di Tientsin in Cina. Quanto stabilito nel trattato è frutto della conferenza di pace, tenutasi a Parigi tra il luglio e l’ottobre dell’anno precedente. La nota più dolente, riguarda soprattutto la cessione alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia di Fiume e dell’Istria, oltre all’istituzione del Territorio Libero di Trieste, che però rimane ironicamente amministrato da due diversi governi militari, entrando in contrasto con i dettami della Carta Atlantica. Questo tradimento era stato fatto presente dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, in occasione del suo discorso alla conferenza della pace del 10 agosto 1946: “avete dovuto far torto all’Italia rinnegando la linea etnica; avete abbandonato alla Jugoslavia la zona di Parenzo e Pola senza ricordare la Carta atlantica che riconosce alle popolazioni il diritto di consultazione sui cambiamenti territoriali; anzi, ne aggravate le condizioni stabilendo che gli italiani della Venezia Giulia passati sotto la sovranità slava, che opteranno per conservare la loro cittadinanza, potranno entro un anno essere espulsi e dovranno trasferirsi in Italia abbandonando la loro terra, la loro casa, i loro averi. Inoltre i loro beni potranno venire confiscati e liquidati come appartenenti a cittadini italiani all’estero, mentre gli

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italiani che accetteranno la cittadinanza slava saranno esenti da tale confisca. L’effetto di codesta vostra soluzione è che, fatta astrazione del territorio libero, 180 mila italiani rimangono in Jugoslavia e 10 mila slavi in Italia (secondo il censimento del 1921); e che il totale degli italiani esclusi dall’Italia, calcolando quelli di Trieste, è di 446 mila; nè per queste minoranze avete minimamente provveduto…” Queste le condizioni per l’ingresso dell’Italia all’ONU, che richiese comunque tempi lunghi e fu autorizzato soltanto il 14 dicembre del 1955. Il trattato riconosce la responsabilità dell’Italia fascista, per la sua partecipazione al Patto tripartito con Germania e Giappone, ma riconosce il rovesciamento del regime da parte dei democratici, avvenuto il 25 luglio 1943 e la sua entrata in guerra il 13 ottobre successivo a fianco degli alleati e contro la Germania. Tra le varie clausole specifiche, l’articolo 16 si impegna a difendere soldati e cittadini che avevano sostenuto gli Alleati, sin dall’inizio della guerra, mentre al 45 è Alcide De Gasperi richiesto l’impegno

dell’Italia per assicurare alla giustizia tutti coloro che hanno compiuto in prima persona o ordinato ad altri di compiere crimini di guerra. Su questo fronte l’Italia, deciderà poi di procedere direttamente al giudizio di tutti i criminali identificati dalla Commissione ONU, ma tutte le accuse vennero archiviate senza procedere a giudizio. Con gli articoli 49, 50 e 51 vengono dettate le imposizioni di tipo militare, relative alle dotazioni di armi e allo smantellamento delle fortificazioni, e con il 59 si dettano anche le restrizioni relative alla Marina Militare.


“Ieri avvenne”

Proteste per il trattato di Parigi

Difficili da accettare le condizioni, che il Capo dello Stato Enrico De Nicola non approva e non vuole firmare, sostenendo che l’adesione italiana di-

pendeva dalla ratifica dell’Assemblea Costituente. Sala dell’Orologio del Quai d’Orsay, ore 11.15 del 10 febbraio 1947, An-

tonio Meli Lupi di Soragna, in qualità di segretario generale della delegazione italiana alla conferenza di pace di Parigi, appone la firma al Trattato di Pace e in assenza del sigillo della Repubblica Italiana, imprime nella ceralacca, l’immagine raffigurata sul suo anello. Il discorso conclusivo di Alcide De Gasperi vuole essere un inno alla pace e alla volontà di rialzarsi: «In questa ora agitata l’Italia riafferma la sua fede nella pace e nella collaborazione internazionale. Sarebbe ideale se una simile affermazione fosse dell’intera Assemblea ma quello che importa soprattutto è che essa sia un’affermazione chiara, onesta, senza riserve e senza equivoci, e che dimostri in noi una volontà nazionale autonoma che, sulla via del sacrificio, ci incammini verso la nuova dignità e indipendenza della nazione»

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L’intervista

di Armando Munao’

La Valsugana

una miniera di cultura, servizi, turismo

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ltimamente, e noi ne siamo felici, la Valsugana, che per lungo tempo è stata trattata ingiustamente come la Cenerentola del Trentino, è stata destinataria di numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali su alcune specifiche iniziative a carattere ecologico e turistico, grazie ai quali i più importanti organi d’informazione le hanno dedicato ampi servizi. Attestati che indubbiamente stanno ridisegnando una nuova dimensione utile ad attirare turisti e residenti. Ma quali sono i problemi e le naturali difficoltà da superare per proiettare ancora di più la Valsugana in una dimensione decisamente più elevata ed appetibile? E cosa si può fare per renderla più ricettiva? Marco Perinelli, 41 anni, due figlie, di 9 e 5, residente a Tenna, archeologo, giornalista, Capo Ufficio Stampa del Consiglio Regionale, è quotidianamente a contatto con questa realtà. Gli abbiamo rivolto qualche domanda. Dott. Perinelli, le iniziative promosse dagli organi competenti, in primis l’Azienda di Promozione Turistica, stanno proiettando la nostra zona in un quanto mai dinamico universo turistico e d’immagine. Come vede Lei il futuro della Valsugana?

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Il Dott. Perinelli con la moglie e le figlie


L’intervista L’APT sta facendo un grande lavoro e i risultati si vedono. La Valsugana è una delle valli più belle del Trentino e per questo in molti, negli ultimi venti anni, hanno scelto di trasferirsi qui dal capoluogo alla nostra realtà, portando nuova linfa vitale e contribuendo a valorizzarne il patrimonio naturale e culturale. Penso alla zona dei laghi, dove il turismo rappresenta una risorsa straordinaria, ma anche agli altipiani e alle montagne che incoronano tutta la valle. Vi sono grandi potenzialità di sviluppo sostenibile, che punti su ambiente e territorio, valorizzando l’esistente, come i percorsi ciclabili, i sentieri per il trekking, le terme, le strutture invernali. Un’offerta al passo con i tempi, fatta di rispetto per l’ambiente ed alta qualità ricettiva. Esiste poi un turismo culturale che qui trova terreno fertile. Abbiamo un patrimonio immenso: da siti preistorici come Riparo Dalmeri alla Via Claudia Augusta, dai castelli, Ivano Fracena, Pergine, ai forti della Grande Guerra di Tenna, delle Benne. Possiamo davvero promuovere un viaggio in Valsugana che va dalla natura, all’enogastronomia; dalle terme alla cultura, anche attraverso la realizzazione di una carta storico-informativa a disposizione di abitanti e turisti. A Suo avviso la possibile diversità di veduta tra le varie realtà comunali, il famoso campanilismo, può essere ancora da ostacolo al processo di crescita sociale e turistica della Valsugana? Come in tutte le nostre valli, caratterizzate da una naturale vocazione all’autogoverno, ciascun paese è sempre stato legato al proprio campanile. Ed è un aspetto che certamente nel passato ne ha salvaguardato le peculiarità. I paesi fino all’inizio del nuovo Millennio si erano lentamente svuotati degli abitanti attirati dalle città ricche di lavoro e servizi. Oggi c’è il fenomeno inverso: dalla città si fugge alla ricerca di una vita migliore. Per

fare questo, per difendere i più deboli, giovani e anziani, vanno salvaguardati i valori della cooperazione e mantenuti i servizi essenziali: lo sportello bancario, la cooperativa, lo studio del medico di famiglia, la biblioteca. La parola chiave di tutto questo è collaborazione. Anche fra comuni. Alcune esperienze imposte dall’alto quali la fusione o associazione di comuni sta dando risultati contraddittori. Si può migliorare, ma dove c’è una giusta autonomia all’ombra del municipio o del campanile va difesa. Se un piccolo comune ha una scuola di eccellenza, per esempio, occorre far vivere quella realtà anche nell’interesse dei vicini e viceversa. Sul piano amministrativo il tempo sarà maestro. Uno dei temi di scottante attualità e che interessa la Valsugana e la sua viabilità e il trasporto su gomma. La sua opinione? La SS47 è al sesto posto per incidenti mortali nella classifica nazionale. Un dato che obbliga a riflettere. Con il completamento ormai imminente della Pedemontana Veneta, non è difficile immaginare che il traffico pesante sia destinato a crescere. La ferrovia, pur essendo un tracciato di grande fascino e con delle enormi potenzialità dal punto

di vista della mobilità locale e del turismo, non può reggere il confronto con il trasporto su gomma. Bisogna intervenire con investimenti per modernizzarla: elettrificazione in primis. Per la statale 47 bisogna mettere in sicurezza le tratte più pericolose ma anche pensare a grandi opere che possano ridurre l’impatto ambientale, allontanando il tracciato dalle zone sensibili e dai laghi. In questi giorni Levico Terme è stato teatro di una selezione nazionale per la partecipazione ai campionati del mondo di danza che ha riscontrato consensi unanimi. Crede Lei che queste manifestazioni possono essere utili per ridare nuova energia e vitalità turistica e sociale alla Valsugana? Anche mia figlia ha ballato su quel palco. Bravi coloro che hanno organizzato l’evento che ha dato visibilità nazionale all’intero territorio. A giugno saremo a Roma per la competizione mondiale. Grandi iniziative, ma non dimentichiamo le piccole: la musica in piazza, le feste tradizionali, anche con l’aiuto del volontariato, migliorano la vita del paese e l’immagine della comunità oltre che fare da volano all’economia.

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Per la tua Primavera Estate

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Economia & Finanza di Cesare Scotoni Amministratore Unico della “Cesare Scotoni 1878” Srl

La società senza denaro La società del futuro potrà essere completamente senza soldi contanti. Già oggi con il percorso indicato dal Governo per i pagamenti con carta di credito, bancomat, posta pay..., permette il passaggio di crediti e debiti detta anche disintermediazione, con notevole contrazione degli intermediari bancari, crea un processo di dematerializzazione.

F

iorisce così quello che in inglese si chiama E-Commerce ovvero attività economica, per beni e servizi, in formato digitale. Ma per ottenere questo servono alcuni strumenti che semplificano la ricerca di informazioni e strutturano e veicolano con immediatezza il contatto tra domanda ed offerta permettendo di selezionarle fin da subito in base a dei precisi desideri dell’utente. Un servizio che dia trasparenza ed attendibilità all’indice di soddisfazione espresso dagli utenti oppure certifichi o garantisca la qualità dei beni o servizi offerti, come la sicurezza dei pagamenti. Senza questi “vincoli ineludibili” i processi di “Disintermediazione” e “Dematerializzazione” che permettono di modificare in parte quella “catena del valore” attraverso la quale Prodotti e Servizi vengono proposti al potenziale utente sono destinati all’insuccesso. Tra i principali vincoli ci sono: Semplicità, Immediatezza, Affidabilità, Selettività. Sono caratteristiche richieste sia dal versante del supporto Hardware che per il Software con cui il Cliente si interfaccia. La portabilità che lo SmartPhone offre a sistemi integrati tra hardware, social media, operanti nell’ambito dei BIG DATA la possibilità di classificare e prevedere con estrema precisione i comportamenti di ciascun utente. Questo significa che i sistemi devono essere in grado di “rilevare, ricercare e scambiare”, molte informazioni, più o

meno consapevolmente, che riguardano l’utente nei suoi spostamenti, i suoi gusti, le sue abitudini, nei suoi interessi e sulla sua rete di relazioni capaci di diffusione e raccolta immagini. Con buona pace della privacy. D’altra parte l’utente usa quel mezzo per soddisfare un’idea che è essenzialmente personale e vuole quindi ricercare informazioni ed opportunità, con rapidità e “scegliere” in autonomia se la scelta è agevole e conforme a quelle aspettative. Cosa può significare nella concretezza di ogni giorno questo cambiamento? Intanto che all’integrazione dell’hardware deve corrispondere un’integrazione dei software, ovvero che il futuro non sta nella costante moltiplicazione delle App, ma in una progressiva integrazione tra App di successo. Poi che l’utente è del tutto consapevole dell’esistenza di tecnologie che ne classificano gusti, interessi ed aspettative, ma vuole essere protagonista delle proprie scelte, per cui

un pacchetto di viaggio “se lo costruisce” con gli elementi che gli vengono offerti e di cui vuole impostare i criteri su cui ricevere le proposte relative alle singole opportunità. Poi che i modelli di business, per avere successo, debbono rispettare i criteri antichi della Specializzazione e che dovranno quindi separare nettamente chi opera nel B2C, da impresa a consumatori (vendita al dettaglio), e chi nel B2B, da impresa a impresa, ed individuare le modalità con cui integrare quelle offerte. Si deve inoltre comprendere che Culture diverse portano a modalità di fruizione diversa, per cui le interfaccia utente destinate ad un mercato potranno differire anche profondamente da quelle destinate a utenze diverse. Su questi temi quindi la tecnicità rappresenta solo un aspetto, importante, ma forse non determinante, rispetto all’approccio umanistico nel proporre i contenuti ed all’elaborazione di un modello di business.

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20/1al al31/3/2020 29/2/2020 1/3

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Umana-mente di Chiara Paoli

“Quando la donna viene celebrata ma ancora picchiata” Marzo è il mese dedicato alla donna, ovunque fiori, mimose, spettacoli e celebrazioni, ma le violenze continuano e sono all’ordine del giorno, come la violenza subita in un locale di Trento nella notte tra il 17 e 18 febbraio scorso da una studentessa inglese, che si trova in Trentino per il progetto Erasmus.

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no stupro avvenuto nel centro storico della città intorno alle 3 di notte, per cui è stata sporta denuncia. Nel mese di gennaio è invece una diciassettenne a segnalare alla questura l’ex ragazzo per le violenze verbali e fisiche subite, rimanendo di fatto inascoltata. La giovane si sarebbe recata a sporgere denuncia in seguito ad un percorso psicologico, affrontato dopo aver deciso di lasciare il coetaneo che si era dimostrato aggressivo e che le aveva distrutto il cellulare. A volte si trova il coraggio di denunciare, ma capita di non incontrare alcun appoggio, soltanto ore di attesa, richieste di ritornare in un altro momento e poliziotti che minimizzano sostenendo che non si può fare nulla. Una situazione frustrante che non collima affatto con le molteplici campagne volte a sostenere le donne, perché abbiano il coraggio di segnalare le violenze subite. La mentalità delle persone, quella purtroppo non cambia, i maltrattamenti continuano e troppo spesso vengono sottovalutati, sia da chi li subisce, sia da chi ascolta questi tristi e allarmanti racconti di soprusi. E a volte sono le donne stesse che alimentano i maltrattamenti, vendendo addirittura le proprie figlie e sorelle per interesse, come avvenuto recentemente nella provincia di Spezia, dove due giovani di 13 e 17 anni sono state vendute ad un avvocato

sessantenne per i propri appetiti sessuali. La sorella di 22 anni che conviveva con l’ex avvocato avrebbe “offerto” le due sorelle più giovani con l’accordo e la complicità della madre, vista la promessa da parte dell’uomo, di ottenere in cambio una casa. Viene quindi da chiedersi quanto valga la vita di una figlia rovinata nel pieno dell’adolescenza, non bastano tutte le lacrime del mondo se penso che anche una madre può svendere così una creatura che è sangue del suo sangue. È il mese delle donne e io le voglio celebrare così, dando una voce a

quelle donne inascoltate di questi primi mesi del 2020, facendo presente che il gentil sesso, anche nella civilizzata città di Trento non può considerarsi al sicuro, perché l’uomo anche qui sa ferire e “distruggere”. Vorrei che questo grido di allarme si amplificasse fino ad estinguere queste violenze, mi piacerebbe poter dire che si è trattato soltanto di un bruttissimo incubo e invece purtroppo si tratta della realtà di questo nostro terzo millennio. La mia personale campagna per il mese di marzo 2020 è “Io da donna non voglio un fiore, esigo piuttosto rispetto”.

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Tra passato e presente di Elisa Corni

Le grandi epidemie del

Novecento I

n questi giorni sui giornali e in tutti i mezzi di informazione campeggiano i titoli riguardanti la terribile epidemia che sta flagellando un’intera provincia della Cina ma che minaccia tutto il mondo: il Coronavirus. Misure estreme, come la quarantena per tutta la provincia di Wuhan, focolaio dell’epidemia, si affiancano a misure meno radicali, come lo scanner della temperatura corporea negli aeroporti per tutti i viaggiatori; misure adottate anche grazie all’esperienza maturata nel secolo scorso di contenimento delle epidemie. Nel corso di tutto il Novecento numerose malattie pandemiche hanno messo a dura prova la specie umana. La più nota, nonché una delle più devastanti, è sicuramente stata l’Influenza Spagnola (H1N1) che, sul finire della Prima Guerra Mondiale ha falcidiato il mondo intero. Tra il 1918 e i primi anni venti, questa influenza è stata la causa della più grande pandemia della storia. Secondo alcuni studi a morirne furono tra i cinquanta e i cento milioni di persone, tra il 3 e il 5% della popolazione mondiale dell’epoca. Il virus, probabilmente originario della Meso America, si diffuse prima in Europa con le truppe statunitensi sbarcate nel vecchio continente, ma fu in grado di raggiungere anche le più remote isole del Pacifico. Esaurita la pandemia, il virus continuò a circolare probabilmente fino agli anni Cinquanta, con la pseudo-pandemia che nel 1947 colpì nuovamente le truppe americane in Corea e Giappo-

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ne; vi fu un ritorno di fiamma nel 1977 in Russia e poi la Suina ricomparve sul finire del secolo con la Sars nel 2009. Se alla fine della Seconda Guerra mondiale l’H1N1 fu decisamente poco efficace, incidenza maggiore la ebbe la cugina di fine millennio: in poche settimane raggiunse ben 37 paesi, provocando quasi 20.000 vittime. Nel 1957 un nuovo ceppo di virus si fece largo nel globo: H2N2, anche nota come l’Asiatica, fu un’influenza altamente virale. Il virus era stato isolato pochi anni prima nei laboratori cinesi, dove lo identificarono come virus influenzale di tipologia aviaria. Ma la malattia si diffuse con una tale rapidità che, come riportava il New York Times, a Hong Kong l’Asiatica colpì 250 mila persone nel giro di pochi giorni. Si stima che in tre anni furono quasi due milioni i morti, nonostante già nel 1957 si realizzò un vaccino in grado di contenere la diffusione

della malattia. A causare molti decessi furono soprattutto le complicazioni a livello polmonare per chi era stato infetto. Da questo ceppo di virus una mutazione diede origine alla terza grande pandemia globale dell’ultimo secolo: H3N2 o l’Influenza di Hong Kong. In Italia questa influenza con le sue complicazioni portarono alla morte di circa 20.000 persone. Questa e la sua parente stretta H2N2 furono malattie che colpirono soprattutto individui appartenenti alle fasce più deboli della società. E poi ci sono tutte quelle epidemie “in corso ma dimenticate”. Come l’HIV che, seppur contenuta, ha mietuto oltre 39 milioni di vittime da quando è comparsa a oggi; la tubercolosi, tutt’altro che debellata e che nel 2012 ha fatto oltre un milione di vittime: o addirittura la lebbra che fa centinaia di migliaia di contagiati ogni anno. Non tutti ad esempio sanno


Tra passato e presente che, soprattutto nel territorio degli Stati Uniti d’America, ci sono ancora numerosi focolai di peste bubbonica attivi. La dominatrice del medioevo è ancora operativa ad esempio in Cina, dove lo scorso anni si è registrato il quindi caso. Si tratta sicuramente di una malattia sotto controllo, anche se tutt’altro che debellata. Esistono poi epidemie silenziose, che non fanno notizia perché le malattie sono considerate “normali” dall’opinione pubblica e dalla stampa. È il caso ad esempio del morbillo per il quale esiste un efficace vaccino ma che comunque riesce a colpire migliaia e migliaia di persone ogni anno. L’ultima in Italia è datata 2017 e si sono registrati ben 1600 casi, il doppio dell’anno precedente. Alcuni epidemiologi e virologi ritengono che ciò sia dovuto anche a una minor copertura vaccinale. Secondo l’OMS

con l’aumento delle vaccinazioni in tutto il globo i casi di morbillo si sono drasticamente ridotti: si è passati dai 32.768.300 del 2000 ai 9.719.600 solo cinque anni dopo. E poi ci sono quelle malattie che non fanno scalpore, di cui pochi parlano e in misura ridotta, forse perché non ci riguardano direttamente. Sono l’Ebola, comparsa nel

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1976 attorno all’omonimo fiume in Congo, una malattia terribile diffusa soprattutto in Africa e con una mortalità del 90%. O il Colera che si presenta soprattutto in quei paesi dove le condizioni igieniche sono scarse e che ogni anno fa tra i 3 e i 5 milioni di morti. O la Malaria, i cui malati sono per il 90% nell’Africa Subsahariana.

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In ricordo di... di Katia Cont

Kirk Douglas “È

con tremenda tristezza che io e i miei fratelli annunciamo che Kirk Douglas ci ha lasciati oggi all’età di 103 anni. Per il mondo era una leggenda, un attore dell’età d’oro del cinema, il cui impegno umanitario per la giustizia e per le cause in cui ha creduto rappresenta uno standard a cui tutti aspiriamo”. “Ma per me, i miei fratelli Joel e Peter era semplicemente papà “. Queste le parole con qui il figlio Michael ha voluto salutate il papà Kirk, scomparso lo scorso 5 febbraio all’età di 103 anni”. Kirk Douglas, nome d’arte di Issur Danielovitch Demsky, nato a Amsterdam, nello stato di New York, il 9 dicembre 1916, era figlio di genitori russi, emigrati ebrei, giunti negli Stati Uniti nel tentativo di sfuggire alle persecuzioni zariste e alla povertà. Fu sua madre Bryna a spingerlo a studiare, a laurearsi e la sua insegnante di inglese lo incoraggiò a recitare. Nel 1939 si stabilì a New York nel Greenwich Village per seguire i corsi dell’American Academy of Dramatic Arts. Al suo primo ruolo da protagonista, in “Il grande campione” (1949) di Mark Robson, Douglas guadagnò la prima e meritata nomination all’Oscar come miglior attore. Divenne un titano di Hollywood, con il suo record di longevità e con tre nomination all’Oscar, che però riceverà solamente nel 1996 come riconoscimento alla carriera. Kirk Douglas ha interpretato quasi 90 film, legando la sua fama a memorabili titoli come “Sfida all’O.K. Corral” (1957) con la regia di John Sturges, “Orizzonti di gloria” (1957) e “Spartacus” (1960), entrambi diretti da Stanley Kubrick. Caratterizzato da una personalità tormentata, Douglas, divo dai saldi

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principi democratici, all’inizio degli anni Cinquanta divenne uno dei nomi più prestigiosi e contesi dalle case cinematografiche, con le quali ebbe sempre un rapporto contrastato. L’esempio più clamoroso fu quando decise di affrontare il “sistema” alla fine degli anni 50, dopo aver letto “Spartacus”, romanzo scritto da Howard Fast, incentrato sulle vicende di un gladiatore romano che si ribellò alla schiavitù. In quegli anni Douglas era già un divo affermato con la sua casa cinematografica - la Bryna Productions – e decise di affidare la sceneggiatura a Dalton Trumbo, che però in quegli anni risultava sulla lista nera di Hollywood, accusato di essere filocomunista. La pellicola diretta da Stanley Kubrick uscì nel 1960, e oltre a decretare un enorme successo, segnò la fine del “maccartismo”, quantomeno nell’ambiente cinematografico.

Douglas ha interpretato il suo penultimo film, “Vizio di famiglia” (2003), accanto a suo figlio Michael, proprio nel ruolo di suo padre, mentre la sua ultima apparizione al cinema risale al 2004 con il film “Illusion” di Michael A. Goorjian, nella parte di un regista moribondo. Un uomo pieno di energia, a volte irrequieto, un uomo dai mille interessi che con la sua fondazione nata nel 1964 ha donato milioni di dollari per le scuole, le istituzioni e altri enti benefici. Per anni, nel giorno del Ringraziamento lui e la moglie hanno servito i pasti ai senzatetto. Per il suo 99mo compleanno ha inoltre donato 15 milioni di dollari al centro di cura della Motion Picture & Television Fund a Woodland Hills. “La vita di Kirk è stata ben vissuta – ha scritto ancora Michael Douglas– e lascia un’eredità nel cinema che durerà per le generazioni a venire, e una storia come un famoso filantropo che ha lavorato per aiutare la gente e portare la pace sul pianeta. Vorrei concludere con le parole che gli ho detto durante il suo ultimo compleanno e che rimarranno sempre vere. Papà, ti amo così tanto e sono così orgoglioso di essere tuo figlio.”


La notte degli Oscar di Katia Cont

Il Red Carpet stupore infinito

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nche quest’anno la notte degli Oscar ha accolto i nomi delle star più acclamate dal pubblico e dalla critica sul red carpet più famoso del mondo. Come già era avvenuto lo scorso anno, anche questa edizione si è svolta senza nessun presentatore. Diverse star hollywoodiane e personaggi celebri, infatti, si sono alternati sul palco presentando i vari premi, assicurando così varietà alla manifestazione e una maggior dinamicità, aspetto fondamentale nell’era dei social. Alla 92ma cerimonia degli Oscar, il film che ha vinto più premi è stato Parasite, che si è aggiudicato i riconoscimenti: “Miglior film”, “Miglior film internazionale”, “Miglior regia” e “Migliore sceneggiatura originale”. 1917, che era considerato alla vigilia il favorito per il premio al miglior film, ha invece ottenuto quelli per “Miglior sonoro” e “Miglior fotografia ed effetti speciali”. I quattro premi per la recitazione sono andati infine a Joaquin Phoenix, Renée Zellweger, Brad Pitt e Laura Dern, che hanno recitato in quattro film diversi. La notte degli Oscar rimane la più importante notte di premiazioni a Hollywood, durante quella che viene chiamata la Awards Season, che è partita con i Golden Globe. I bookmaker, insieme ai critici cinematografici, avevano preannunciato (o pronosticato?) quella che a tutti gli effetti sembrava essere la più prevedibile notte degli Oscars, ma a quanto pare nulla è davvero prevedibile nella notte degli Academy Awards. Sovvertendo quindi tutti i pronostici della vigilia, Parasite, del regista sudcoreano Bong Joon-ho, si è aggiudicato l’Oscar come miglior film del 2020,

dopo aver vinto, nel maggio 2019, anche la Palma d’oro al Festival di Cannes. Un vero en plein quello della pellicola di Joon-ho, che complessivamente si è portata a casa quattro statuette. Quello andato in scena a Los Angeles può essere considerato un momento memorabile, poiché, nei 92 anni di storia del premio Oscar, Parasite è il primo film non in lingua inglese capace di conquistare il riconoscimento più prestigioso di Hollywood. Ciò che sorprende è che per la prima volta sia stato premiato un film con un immaginario completamente diverso dal consueto americano, che pone al centro la tematica politicamente universale del conflitto tra le classi sociali. Al di là della tematica e delle opinioni personali, i critici lo hanno giudicato come un film tecnicamente ed esteticamente notevole, magistralmente girato. Altra nota da evidenziare per questa straordinaria notte è il primo trionfo a livello individuale per una delle più luminose stelle di Hollywood degli ultimi 20 anni, Brad Pitt, che si è aggiudicato l’Oscar come miglior attore non protagonista maschile per la sua

interpretazione in C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino. La collega Laura Dern è stata invece la vincitrice nella categoria femminile con Storia di un matrimonio. Miglior attore protagonista è risultato essere Joaquin Phoenix, che ha trionfato sull’onda lunga del successo di Joker di Todd Phillips. Renee Zellweger, già vincitrice di una statuetta nel 2004 con Ritorno a Cold Mountain, ha infine fatto il bis, ottenendo il riconoscimento come migliore attrice protagonista di questa edizione per la sua interpretazione di Judy Garland in Judy, di Rupert Goold. Molti i discorsi toccanti che anche in questa edizione hanno lasciato il segno. Tra tutti il sentito e commovente ringraziamento di Joaquin Phoenix, centrato sull’amore e sulla fratellanza universale, sulla denuncia contro i crimini barbarici che l’essere umano perpetra contro gli animali e la natura. «Il dono più grande che mi ha dato il cinema è quello di poter dare voce a chi voce non ha. È arrivato il momento di iniziare a farci portavoce di altre cause», ha detto. Un messaggio davvero forte e politicamente significativo.

Oscar 2020 - Bong Joon Ho vince con il film “Parasite” (da cinema-everyeye)

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In ricordo di… di Elisa Corni

Isaac Asimov S

e non il più grande, uno dei più grandi scrittori di fantascienza: Isaac Asimov, il papà dei robot. Tutti lo conosciamo per le leggi della robotica e per la produzione di romanzi che rimangono impressi nella memoria. Eppure fu molto di più: prolifico scrittore (il più produttivo della storia umana) nonché grande divulgatore scientifico. In questo 2020 celebriamo il centenario della sua nascita. Nato da una famiglia ebraica a Petrovichi, in Bielorussia, a soli tre anni lascia il vecchio continente per stabilirsi con tutta la famiglia a Brooklyn, negli Stati Uniti dove il padre Judah gestisce un emporio di giornali e dolci. È proprio sfogliando le riviste di fantascienza dell’emporio che il piccolo Isaac inizia ad appassionarsi a questo mondo della letteratura. Di certo lo aiutano le sue doti quasi eccezionali: impara a leggere molto presto, a soli cinque anni. Ciò lo porterà ad essere un divoratore di libri e un grande studioso - pensate che si laurea ben due volte in chimica e in filosofia. Ma è il mondo della letteratura quello che lo affascina e attrae: già a 11 anni scrive il suo primo racconto, ma ne deve aspettare altri tre per vederne uno pubblicato. Nel 1937 invia un suo racconto all’allora nota rivista di John Campbell, una pietra miliare nel mondo della fantascienza; l’editore non è interessato al racconto, eppure invita il giovane Isaac allora diciassettenne a continuare a scrivere. Due anni dopo è il momento del suo vero e proprio esordio letterario: su Amazing Stories esce il racconto “Naufragio al largo di Vesta”. Da quel momento in poi, tutte le

riviste che si occupano di fantascienza vedranno il suo nome nell’indice degli autori. Ma Asimov non fu solo un prolifico scrittore. Nel 1942 si sposa con Gertrude Blugerman - dalla quale divorzia nel 1970 per sposare la psicologa Janet Jeppson; sono gli anni della guerra e Isaac, è impiegato prima come ricercatore nel settore chimico, e poi arruolato tra le fila di coloro che parteciperanno a Honolulu al primo esperimento con l’atomica. Il secondo dopoguerra è il suo periodo d’oro come romanziere. Mentre insegna alla prestigiosa School of Medicine dell’università di Boston scrive, scrive e scrive. Nel 1950 va alle stampe il famosissimo “Io, robot” che inaugura l’ambientazione del “Ciclo della Fondazione” che vedrà l’ultimo capitolo pubblicato nel 1993, l’anno dopo la morte del grande scrittore. Nel 1952 comincia invece la saga di Lucky Starr, il vagabondo dello spazio, fortunata serie su Lucky Starr pubblicata con lo pseudonimo di Paul French. Nel 1951 nasce il figlio David e nel 1955 Ribyn Joan, la sua seconda figlia. Gli anni Cinquanta lo vedono impegnato tanto nel ruolo di romanziere, quanto in quello di docente. Ma nel 1958 abbandona l’attività accademica per dedicarsi alla scrittura a tempo pieno grazie al successo raggiunto. Asimov è estremamente prolifico e nella sua

libreria si possono contare oltre 500 volumi. Ma non si tratta solo di libri di fantascienza. Egli si dedica anche alla saggistica e alla divulgazione scientifica con testi dedicati a evoluzionismo e genetica, ma anche trattati di astrofisica e biologia, passando ovviamente per la sua materia, la chimica. Fin da giovane, inoltre, fu appassionato lettore di romanzi gialli - una delle sue autrici preferite era Agatha Christie - genere cui si dedicò scrivendo una mezza dozzina di romanzi, oltre alla serie dei Vedovi Neri. Lucky Starr fa invece parte del filone dedicato alla narrativa per ragazzi, che vide in Asimov uno scrittore piuttosto prolifico oltre che apprezzato. Si dedica anche a racconti e romanzi di science fiction comica. Muore nel 1992 a New York. La sua vita, le sue opere,, il suo spirito si possono probabilmente riassumere in questa sua affermazione: “Ardo dal desiderio di spiegare, e la mia massima soddisfazione è prendere qualcosa di ragionevolmente intricato e renderlo chiaro passo dopo passo. È il modo più facile per chiarire le cose a me stesso”.

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L’artista di casa nostra di Waimer Perinelli

“La dolce vita” di Ivo Fruet Tutto si può dire di Ivo Fruet fuorché sia un uomo taciturno. Nato a Pergine nel 1942 di professione artista. Lo incontrate e dopo pochi minuti la sua mente e il suo cuore si aprono come un libro.

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o incontro nello studio sulla via che porta a Vigalzano. Una casa comperata da poco per farne abitazione e studio. Il laboratorio è nel seminterrato; una stanza dall’ingombrate ordine fatto di tele, colori, sculture, sue, dell’amico Aldo Caron e della moglie Gabriella . Pochi preliminari e siamo vecchi amici. Fruet si apre all’intervista ed entra nella storia della propria vita dove lo scultore veneto ha una grande importanza .“Aldo, l’ho conosciuto che avevo 17 anni, racconta. Wanda Bossi, la sua futura moglie, insegnava a Pergine e fu lei a segnalarmi al grande scultore”. Dopo la licenza all’Istituto d’Arte di Trento, Caron lo chiamò. Era il 1960: “Ivo viene a Roma con me” disse, e lo ospitò per tutta la durata dei corsi all’Accademia di belle arti dove insegnavano Mino Maccari e Franco Gentilini. Sono gli anni ruggenti della Dolce Vita di Fellini. Via Margutta, via Veneto, i paparazzi e i personaggi della cultura da Zevi a Sinisgalli, Mirko, Fazzini, Guttuso, De Chirico al Caffè Greco. Un’ esplosione di idee forgiava la grande creatività artistica in cui s’immergeva il giovane artista. “Roma era bellissima. Ci sono arrivato con la giacca di mio cugino ma poi Angelo Litrico, lo stilista appassionato d’arte, mi ha donato un vestito. Un’opera d’arte. Pensate che un giorno cercavo un rosso particolare per un collage di stoffe. Angelo aveva quel colore sulla cravatta. Prese le forbici, ne tagliò un pezzo e me ne fece dono”. Anche questa era Roma, generosa, aperta, internazionale. Studio in via Palasperna, a due passi dal Viminale e da palazzo del Grillo dove viveva e lavorava Renato Guttuso. Notti

Ivo Fruet

al cavalletto e tavolozza. “La sera con amici, artisti, filosofi, critici, poi nello studio a dipingere, disegnare fino alle tre del mattino”. Si conquista il premio alla quadriennale sindacale di Roma e nel 1962 il primo viaggio a Parigi, il tempio mondiale dell’arte. Lo stesso anno vince il premio speciale per la pittura d’avanguardia di Marina di Ravenna, 200 mila lire e nel 1966 il diploma d’onore al Premio Internazionale Europa Arte di Bologna. Nella metà degli anni Sessanta è in Danimarca dove ha successo e vende moltissimo. Nel 1969 la mostra personale a Copenhagen. La sua crescita seguita con attenzione da Caron. “ “Per lui non ero un allievo, ero un figlio” dice Fruet. Poi all’inizio degli anni Settanta il ritorno in Trentino, l’insegnamento all’Accademia Alessandro Vittoria, e nelle scuole medie. Nel 1976 fonda con Franco Ossnoser e altri amici “Pergine spettacolo

aperto” e ne dipinge il primo manifesto. Oggi è un signore di 78 anni coccolato dalla moglie Gabriella, anch’essa artista, sua allieva all’accademia. Hanno un figlio di trent’anni e alcuni gatti sospettosi e affettuosi. Ivo Fruet ha molti ricordi ma la freschezza dei vent’anni e l’ironia perenne che attenua qualche tristezza: un amalgama trasferito nelle opere. Le tele , dove il colore sovrapposto a strati forma geometrie fantasiose, prigioni da cui improvvise esplosioni proiettano raggi, frammenti di pensiero come schegge di bombe. Le sculture in Gres e ceramica Raku dove i segni diventano forme in cui tutto si compone ed armonizza. La ricerca ossessiva di una mente inquieta, di un’anima tormentata nascosta in parte dalla grande disponibilità al dialogo che le opere tradiscono. Ivo Fruet non è un uomo facile, né un artista estroverso: è polemico, critico, diffidente. Ha conosciuto la Dolce Vita ma la sua vita dolce è a Pergine.

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La ragazza immagine di Armando Munao’

Sara Orsi bellezza di casa nostra S

ara, è una di quelle ragazze che comunemente sono definite “belle e carine”. Nel suo caso, però, conoscendola e dialogando con lei, ci si accorge, che altre sono le doti della sua personalità. La simpatia, il suo modo di fare, il modo di porsi agli altri e una spiccata capacità di interloquire in maniera semplice e, per certi aspetti accattivante, la rendono una ragazza con la quale è davvero piacevole trascorre del tempo. E dialogando con lei capisci che la bellezza è uno degli elementi del suo “essere”, ma non il più importante.

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Sara ci racconti qualcosa di te? Sono una ragazza solare, estroversa, portata ai rapporti umani, con un forte desiderio di viaggiare e trascorrere il tempo in compagnia. Circa quattro anni fa, oggi ho ventitrè anni, mi sono trasferita qui in Trentino e ho iniziato, per puro caso, a entrare nel mondo delle sfilate e delle ragazze immagine. Un universo che ha sempre attirato la mia attenzione e i miei desideri perché, sin da piccola, è sempre stato una delle mie più grandi passioni. E oggi sono veramente contenta di tutte le esperienze che ho fatto. Hai una passione in particolare? I cavalli. Li adoro e mi piace stare con loro perchè hanno una particolare attrazione alla quale non so resistere. Sono affascinata dalla bellezza ed eleganza di questi animali. Cosa è per te la bellezza? Per me la bellezza è particolarità, sapersi distinguere da tutti e da tutto. La bellezza, e non solo quella fisica, ma

anche quella interiore, per me deve avere un qualcosa di diverso, che può essere un particolare fisico, un caratteriale o un elemento che ti distingue dagli altri. E quanto conta la bellezza per emergere nella vita? Personalmente penso che la bellezza conti fino ad un certo punto, anche se per moltissime ragazze è un elemento indispensabile per emergere. A mio modesto avviso quella che conta è la bellezza interiore che si deve sposare con una certa personalità. Poi viene la bellezza esteriore. Tu hai sfilato in passerella e


La ragazza immagine rispetto, stima e fiducia reciproca. Amare significa dare tutto per il bene dell’altra o delle altre persone con le quali si è legati da un profondo sentimento. E volutamente ho parlato anche al plurale perché oltre l’amore che s’intende tra ragazzo e ragazza c’è anche, come detto prima, l’amore per la famiglia. Qual è il tuo sogno nel cassetto? Quello di ricominciare a intraprendere la carriera nel mondo della moda, che è sempre stato un sogno sin da quando ero bambina. Lo so che sarà un pochino difficile, ma io non demordo e come spesso si dice anche nelle favole…spero che i sogni diventino realtà.

partecipato a numerosi concorsi. Cosa si prova? Sì, ho partecipato a diversi concorsi e a numerose fiere espositive come ragazza immagine. Come già detto prima è sempre stata una mia passione quindi poterla realizzare è stato un bellissimo traguardo. Mi ricordo la prima volta quando il sentirsi osservata ti faceva tremare le gambe. Mi creda, inizialmente volevo ritirarmi poi, però, c’è l’ho fatta e la soddisfazione è stata tanta. A tuo parere, il mostrarsi al pubblico è condizionato da una sorta o voglia di esibizionismo? Diciamo che non lo vedo proprio come esibizionismo. Per me sfilare o essere una ragazza immagine o partecipare ai concorsi di bellezza non è caratterizzata da una sorta di esibizionismo bensì dalla voglia di emergere e fare “quello che piace e in cui si crede”. C’è qualcosa che rifaresti nella tua vita? Sì, quello che rifarei di più in assoluto è accettare di partecipare alle sfilate senza nessuna paura o vergogna. Purtroppo per lavoro e per altri motivi ho dovuto abbandonare

questo mondo. Ammetto però, che mi piacerebbe “riviverlo” e magari ripercorrere la strada che anni fa mi ha vista protagonista. Nel tuo percorso di ragazza immagine hai mai subito o ricevuto proposte “particolari?” Per mia fortuna no! Non ho mai avuto richieste particolari e non le ho mai cercate. Sono certa, però, che in questo particolare universo forse non poche sono le ragazze che le hanno avute. Magari qualcuna avrà anche accettato di scendere a compromessi per proprio tornaconto. Ma al di là di ogni considerazione sono da condannare coloro i quali, approfittando del proprio potere, economico e sociale, fanno queste proposte che indiscutibilmente offendono le ragazze. Che cosa valorizzi di più nella vita e nel tuo quotidiano? In primis la famiglia, di poi gli affetti più cari e infine l’amicizia, quella vera però. Ho la fortuna di avere una famiglia unita, che non solo mi ha seguita e supportata, ma ha condiviso sempre le mie scelte. Cos’è secondo te l’amore Alla base di tutto ci devono essere

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L’artista di casa nostra di Elisa Corni

Dall’Italia ad Amsterdam per fare il vignettista Emanuele del Rosso, classe 1986, trentino, professione: vignettista. Una persona con un forte senso dell’umorismo al punto che alla domanda “presentati” ha risposto: “Non disegno una vignetta da stamattina!”.

E

manuele ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda. Da quanto fai il vignettista satirico? Dove hai imparato e dove lavori? Lo faccio da 4 anni, pubblicando per alcune testate e su alcuni siti che distribuiscono i miei lavori a livello internazionale. Ho imparato da solo, grazie a persone che mi hanno spinto a migliorare ed evitato di criticarmi troppo - mi offendo facilmente. Di lavoro - il lavoro vero, quello che mi fa guadagnare abbastanza per pagare il costosissimo cibo italiano importato in Olanda - faccio il Communications Manager in una startup di Amsterdam. Meglio Amsterdam o l’Italia? Mi manca l’Italia ma Amsterdam è

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proprio un bel posto. Come ti sei avvicinato a questa passione? Chi è il fumettista/ vignettista che maggiormente ammiri? Di italiani ce ne sono tanti e bravissimi, da Magnasciutti a De Angelis. Sono cresciuto con il Rat Man di Leo Ortolani sotto il cuscino, e amo moltissimo, sopra chiunque altro, Hugo Pratt ed il suo Corto Maltese. Riguardo l’estero lasciamo perdere i nomi, la lista sarebbe davvero troppo lunga. Per fare il vignettista satirico conta di più l’ironia o la mano? Ho partecipato a molte conversazioni e ti dirò che conta più l’ironia. L’ironia non si impara - o si impara negli anni, nei decenni e in ogni caso richiede una certa predisposizione - mentre la mano può migliorare in fretta. Per fare il vignettista satirico bisogna leggere un sacco di libri, questo ti posso dire. Come si passa da essere un giornalista a fare il cartoonist? Si smette di scrivere per quattro spiccioli e si inizia a disegnare per quattro spiccioli in Italia. C’è davvero differenza tra queste

due professioni? Sì, se parliamo di giornalismo del tipo daily news, della cronaca cioè. Se parliamo di editoriali direi di no, anche se non comparerei le due cose. Diciamo che sono entrambe professioni di “informazione”. Quale è stato il soggetto della tua prima vignetta? Il muro tra Israele e Gaza. Una cosa inguardabile - la vignetta dico, ma anche il muro comunque. Quale vignetta è quella che ti ha dato più soddisfazioni? Non è mai quella che preferisco io, e questo è il bello della satira. La gente interpreta e si entusiasma per illustrazioni che non ri-disegnerei, a volte. Quale momento storico del passato ti piacerebbe aver vis-


L’artista di casa nostra suto per interpretarlo con il tuo tratto? Una domanda pazzesca! Allora, potrei dire qualcosa di epico come la Presa della Bastiglia, ma la verità è che non credo che un vignettista politico se la sarebbe cavata bene in quel periodo. Forse la caduta del Muro di Berlino? Già ero nato, ma ancora niente vignette a tre anni. La satira politica è ancora importante? Perché? Certo che è importante. Perché una vignetta, per essere capita, va interpretata. E perché gli editorial cartoons sono una lingua internazionale, e infatti vediamo che riescono a far imbestialire un po’ tutte le culture. Uno dei temi che ti è più caro è legato al cambiamento climatico. Quali sono le conclusioni a cui sei giunto, in quanto attivista e cittadino?

Serve una presa di coscienza diversa, maggiore, più forte, da parte delle persone perché le cose cambino. Sono stato ad un evento dei Creatives for Climate, un collettivo di Amsterdam di cui faccio parte. A questo evento erano presenti i fondatori di Extinction Rebellion, un movimento globale per la lotta al climate change, e mi ha colpito molto quello che uno di loro ha detto: non basta riciclare e comprare meno plastica, perché chi inquina davvero sono le grandi aziende. Bisogna agire davvero, far sentire la nostra voce. È difficile, ma dobbiamo farlo. Il 2019 è stato un anno di importanti riconoscimenti per te, hai vinto alcuni premi. Cosa ti aspetta nel 2020? Sto lavorando assieme a Creatives for Climate per inserire la satira politica nel loro programma. Oltre a questo,

sono nella giuria della prima edizione dello European Cartoon Award. Due cose molto entusiasmanti! E per finire, ho appena comprato casa ad Amsterdam con la mia bella, Maaike. Mi aspetta un grasso, grosso, grossissimo mutuo! E cosa ci aspetta, secondo te? Cosa rischi di doverci raccontare con il tuo stile così particolare? Gli Anni Venti saranno quelli del climate change, purtroppo. Lo vedremo con sempre più chiarezza e ci morderemo i gomiti per non aver fatto qualcosa quando potevamo. E poi il secondo mandato di Trump, la Brexit, l’Europa che traballa, l’Italia che arranca...il governucchio della domenica, l’estate che non arriva e poi arriva troppo...la giunta comunale sempre sbagliata... le buche per strada...il male ai denti...le rughe in faccia…le risate con gli amici…i tulipani.

IN VALSUGANA

La comunità educante

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tre laboratori si stanno svolgendo proprio in questi giorni. Dopo Castel Ivano e Roncegno, venerdì 13 marzo il ritrovo è fissato dalle 15.30 alle 18.30 all’oratorio parrocchiale di Borgo. Per arrivare, entro l’estate, a trasformare 8 pensiline da zone di passaggio in luoghi di comunità. Una sfida per rendere questi spazi più vivi e riconoscibili raccontando qualcosa della via di chi le utilizza ogni giorno. È il progetto sperimentale di innovazione educativa e relazione “Pensi-Line”, una iniziativa messa in campo all’interno del progetto pluriennale “#Fuoricentro. Coltiviamo le periferie”. I primi passi sono stati fatti in occasione della Festa del Volontariato nell’autunno scorso. Ora si entra nel vivo per creare anche in Bassa Valsugana e Tesino una “comunità educante” dove tanti attori, pubblici e privati, si impegnano per promuove nuove forme di relazione ed una rete sociale sempre più viva. Al progetto hanno aderito tre comuni della zona: Roncegno Terme, Borgo e Castel Ivano. In tutto saranno 8 i luoghi dove, grazie alla tecnica della sticker art, saranno realizzati degli interventi grafici con carte adesive. Due le pensiline del trasporto pubblico sono a Borgo (zona ospedale e nei pressi dell’ex pretura), altrettante a Roncegno (nei pressi del Picchio ed a Marter): le altre quattro si trovano a Villa Agnedo, Ivano Fracena, Strigno e Spera, nel comune di Castel Ivano. Oltre all’associazione Nettare ed i re comuni interessati, nel progetto sono coinvolti l’Uisp, il Mart e Trentino Trasporti. Entro la prossima estate in tutte le 8 pensiline saranno realizzati, grazie alla tecnica della sticker art, degli interventi grafici con carte adesive. Il progetto “Pensi-line” lancia una sfida per rendere questi luoghi riconoscibili e raccontare qualcosa della vita delle persone che le usano quotidianamente. (M.D.)

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Il Villaggio dei piccoli frutti

di Waimer Perinelli

Valsugana...

... dal cuore di fragola Matteo Bortolini, 42 anni è uno di noi. Noi della Valsugana perché è nato e vive a Brenta, frazione di Caldonazzo. È metaforicamente un vicino di casa ed è, fuori di metafora, un giovane ingegnere che ha studiato ed affronta il lavoro di campagna in una valle che ha, nell’agricoltura, storia e tradizione. Ma non lavora la terra, se non nel piccolo podere che ha vicino a casa, ma trasforma il prodotto in bene pregiato di consumo organizzando il lavoro di chi produce, conserva e vende.

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a storia trentina è fatta di emigranti: nell’Ottocento e inizio Novecento costruttori di ferrovie in Austria e Sud America, ambulanti o Perteganti nelle terre dell’Impero fino alla Russia, minatori in Belgio. Oggi chef di successo come Denis Franceschini a New York, studenti e professori a Londra, Parigi, e Stati Uniti. Matteo Bortolini non è emigrato. La sua famiglia è saldamente inserita a Caldonazzo. Matteo ha studiato ingegneria elettrotecnica a Trento e Trieste, poi ha cercato lavoro e, a riprova che la buona formazione aiuta, l’ha trovato presso una ditta di Gardolo specializzata negli impianti fotovoltaici. “Una bella azienda, dice, tecnologicamente avanzata, con un ottimo gruppo di lavoro”. Siamo negli anni Duemila, tempi buoni d’ investimenti nel settore e, fra i primi in Trentino a sfruttare le nuove tecnologie, c’è la Cantina Mezzocorona; un colosso della cooperazione vi-

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tivinicola. Qui Matteo conosce Fabio Rizzoli, manager ed amministratore delegato, che dell’Azienda rotaliana ha fatto un gigante internazionale. Si ritrovano nel 2012 a Sant’Orsola, in Valle dei Mocheni, nella cooperativa specializzata in produzione dei piccoli frutti, dove il presidente, Silvio Bertoldi ha scelto di farsi affiancare come consulente da Fabio Rizzoli il quale, ricordandosi delle capacità

dell’ingegner Bortolini, lo chiama alla direzione.. È un anno duro per la Cooperativa Sant’Orsola che ha chiuso il bilancio con un passivo di quasi tre milioni di euro e molti soci pensano al ridimensionamento. Non il nuovo consulente che anzi rilancia. Come si dice “di una crisi fai un’occasione”. Ci sono sia le opportunità economiche, in un mercato naziona-


Il Villaggio dei piccoli frutti ricorda il figlio Luigino, prima di lui le fragole erano solo per il consumo casalingo”. Fu lui ad avviare i lavori per la costruzione del primo centro sociale di raccolta e poi il grande magazzino di Zivignago. Una storia fatta di fatica e di cooperazione è lo stimolo per lo sviluppo dopo la crisi del 2012, quando i piccoli frutti erano ancora un mercato di nicchia. Fabio Rizzoli non è uno che s’accontenta di piccoli obiettivi: guarda al mercato internazionale. Con l’aiuto organizzativo di Matteo Bortolini e tecnico dell’agronomo Gianluca Savini le in crescita, che storiche. La Cooperativa ha una storia di quarant’anni. Anzi di più perché tutto inizia a Sant’Orsola, in Valle dei Mocheni, nei primi anni 70 per iniziativa di 15 giovani agricoltori, che nel 1979 fondano l’Associazione produttori agricoli, Sant’Orsola Scarl (Apaso). La storia tipo è quella del primo Presidente, Giuseppe Bortolotti. Possedeva campi ai Masi Alti ma scese a valle per coltivare mele e patata da semina. Poi si accorse che in quota c’era il tesoro delle fragole e piccoli frutti. “Un vero imprenditore agricolo,

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che coordina 18 specialisti, avvia nuove produzioni nelle Marche, in Calabria e Sicilia. “ È la fase di destagionalizzazione, dice Bortolini, la produzione in climi diversi consente continuità produttiva”. In un mercato che cresce del 30 per cento e i soci sono 850, Rizzoli e Bortolini, diventato direttore generale, posano nel 2017, la prima pietra del nuovo stabilimento dentro il Villaggio dei piccoli frutti: il più grande d’Europa. Quarantadue milioni d’investimento e 16 ettari di area operativa. Il Posto delle Fragole della Valle dei Mocheni è diventato cuore e polmone economico: la Cittadella costruita alla confluenza di tre valli è bella da vedere e dice Rizzoli “Può essere parte dell’ampia offerta turistica”.

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La storia di casa nostra di Elisa Corni

Ezzelino da Romano in Valsugana

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l terribile era il soprannome dato a Ezzelino III da Romano, signore della Marca Trevigiana, uomo astuto, spietato, audace e soprattutto abile politico. Dal padre ereditò nel 1223 i territori di Bassano, di Marostica e di tutti i castelli dei Colli Euganei e da qui iniziò la sua dirompente conquista di territori inglobando nel suo feudo Belluno, Brescia, Padova, Verona, Vicenza; esercitava inoltre grande influenza su Trento. Riuscì quindi a creare una sorta di signoria regionale indipendente ispirata da una politica che andava oltre i limitati orizzonti comunali e cittadini, unico esempio nell’Italia del tempo. Inizialmente simpatizzante per la Lega Lombarda, deluso dai loro insuccessi si schierò con l’imperatore Federico II di Svevia di cui sposò nel 1238 la figlia Selvaggia. La parabola fortunata di Ezzelino iniziò a declinare in concomitanza con la morte dell’imperatore avvenuta nel 1250: per arginare il potere imperiale e salvaguardare quello temporale della chiesa, papa Alessandro IV lo scomunicò accusandolo di atti feroci e di eresia e imbastì contro di lui una “crociata” per annullarne il potere. Su

Bassano del Grappa

invito del papa, anche il Trentino fu coinvolto in questo duro confronto armato. Ezzelino puntò allora a rafforzare la sua influenza sul podestà e sul territorio di Trento, penetrando sia in Vallagarina sia in Valsugana dove aveva feudi, come a esempio a Civezzano, e dove giudici agivano in suo nome; suo agente era anche il capitano di Pergine e rettore della gastaldia di Levico. Ma fu proprio questa minacciosa crescita della presenza di Ezzelino a provocare nel 1255 un massiccio fronte contro di lui da parte di molte casate del Trentino che si schierarono a difesa del vescovo Egnone rientrato allora nella sua sede episcopale. Negli anni successivi Ezzelino lanciò numerosi attacchi a Trento anche servendosi dell’asse vallivo valsuganotto; arrivò a distruggere il castello di Vigolo e mettere a ferro e fuoco la landa circostante che in seguito a ciò si spopolò. Dei feudatari della Valsugana alcuni presero le parti del vescovo come quelli del castello di Selva o come Nicolò da Brenta che nel 1258 fu investito della casa murata di Brenta posta sul colle di San Valentino quale indennizzo per i danni subiti da Ezzelino. Altri si allearono con il Signore della Marca uscendone perdenti: sconfitto Ezzelino, il vescovo fece pagare il tradimento togliendo loro beni e privilegi. Secondo le ipotesi avanzate da Nirvana Martinelli nel volume Castel Brenta e la chiesa di San Valentino sul colle di Tenna, ciò avvenne anche per la famiglia dei da Caldonazzo il cui feudo passò alla famiglia dei Castelnuovo. Dopo la perdita di Trento, la

fortuna di Ezzelino andò rapidamente spegnendosi. Persi altri importanti territori in Veneto, tentò nel 1259 di conquistare Monza ma fu sconfitto a Cassano d’Adda. Gravemente ferito, fu catturato e rinchiuso a Soncino dove secondo la tradizione si lasciò morire in cella. Per la sua crudeltà Dante Alighieri pone Ezzelino nell’Inferno, tra i violenti contro il prossimo, immerso nel sangue bollente: è indicato a Dante dal centauro Nesso con il verso “e quella fronte ch’a ‘l pel così nero, / è Azzolino” (Inferno, XII,109-110). Oggi, a Bassano del Grappa, un’associazione composta da giovani storici e archeologi fa rivivere Ezzelino e la sua storia nei recenti allestimenti della Torre di Guardia del Castello degli Ezzelini con il progetto “Bassano feudale”, un viaggio nella storia e nella vita del Medioevo; il percorso di visita è curato dai volontari sabato, domenica e festivi. Per informazioni su eventi e manifestazioni: https://www.facebook.com/ arietidiventura/

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Borgo Valsugana

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Abbiamo l’esclusiva vendita di detergenti industriali per la pulizia della casa 36

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Attualità di Waimer Perinelli

Il Coronavirus che c’è in noi L’augurio, mentre scrivo, è che il Coronavirus abbia raggiunto all’altro mondo l’Ebola,la Spagnola e la Sars. Prima o poi se ne andrà anche questa pandemia. Comunque vada ci sono cose che non potremo mai scordare. Al primo posto le immagini televisive delle strade deserte di Wuhan la città cinese madre del virus. Immagini riviste in alcune città italiane con i nostri occhi: scaffali vuoti e ressa alle casse nei supermercati. A proposito di economia non ci basteranno le lacrime per il turismo e la perdita di Pil. Qualche giornale finanziario ha spiegato come investire mentre le Borse crollano: una crisi è un’occasione, dicono gli esperti. Purché ci sia il tempo per goderne i frutti. La politica interna ha recitato l’ennesimo indecente show con appelli all’unità, ma a scadenza fissa “poi si va al voto”; il richiamo all’orgoglio nazionale con chiusura delle frontiere; la prova di autonomia con Regioni che anticipano o disattendono in parte le direttive del Governo. In politica estera abbiamo visto le difficoltà dell’Europa; il galletto francese farsi anatra e lasciare le frontiere aperte, la Brexit non fermare il virus, l’impero di Trump invitare gli americani a non venire in Italia. Dobbiamo dare merito alla Cina di essersi comportata responsabilmente dopo il 31 dicembre 2019, data del primo allarme. Prima, ancora non si sa. Dobbiamo elogiare i medici cinesi in particolare Li Wenliang, quello che a inizio dicembre aveva lanciato inascoltato l’allarme, morto il 6 febbraio di Coronavirus. Dobbiamo lodare i sanitari e volontari italiani impegnati notte e giorno negli ospedali delle zone rosse e quanti, dalle zone franche, si sono recati volontari ad aiutare i colleghi. Una lode alla Chiesa che invita a pregare ma adotta misure di sicurezza, comprese le mancate processioni con cui implorando il miracolo si diffondeva l’epidemia. Una nota ad un giornalista televisivo che parlando dei veleni nati nel circo del calcio, ha chiuso il servizio con “Chi vivrà, vedrà” che non suona proprio di buon augurio in questi tristi tempi.

A ciascuno il suo DOV’È IL SUD?

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’hanno chiamata la Carovana del sud quella che Giuseppe Zanardelli Presidente del Governo organizzò nel 1902, all’età di 77 anni, per vedere dov’era e come stava il Sud Italia. Zanardelli era un signore bresciano che aveva combattuto nelle dieci giornate d’insurrezione del 1849 per liberare la sua città dal dominio austriaco. Quel poco che sapeva del Sud gli era raccontato agli amici parlamentari provenienti da quelle terre che decise di visitare personalmente assieme a ministri e giornalisti. Vide così terreni abbandonati, fame, malattie, miseria. Rientrato a Roma varò il primo piano per il Sud, naufragato alla sua morte l’anno successivo. Giuseppe Conte, attuale capo del Governo è un uomo del Sud, non ha bisogno di visitarlo in carovana. Lo conosce bene e per questo ha ideato un piano di 130 miliardi di euro d’ investimenti. Per presentarlo ha ordinato una libro con in copertina una bella fotografia di scogli e mare. Peccato che questi siano della località di Duino in Friuli Venezia Giulia. Qualcuno ci difenda dai professionisti distratti. Zanardelli chiese a un vecchio contadino di cosa avesse bisogno. “ Eccellenza, rispose, di tutto. Ma intanto pregate per noi”. (W.P.)

L’AMORE ANIMALE

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el 2037 la metà dei bambini sarà concepita da coppie conosciutesi in rete. Lo dice un’indagine della Businnes School Imperial di Londra. Già oggi tramontano le conoscenze in parrocchia, al minimo storico, al bar, tramite conoscenti comuni, al lavoro, in famiglia mentre internet è oltre il 40 per cento. Non sappiamo come Elly Schlein, 34 anni, vice presidente della Regione Emilia Romagna, abbia conosciuto i suoi partner ma sappiamo, grazie alla televisione (ed al tramonto della riservatezza), che lei ha avuto relazioni amorose con tanti uomini, tante donne e di essere arrabbiata con la più recente compagna. Una rivelazione fatta, dicono, con disinvoltura. Nulla da segnalare invece da parte dei due insetti che il Muse ha proposto con disinvoltura come esempio dell’accoppiamento animale. La loro foto, a cui gli umani non hanno nulla da invidiare, rappresenta un amplesso convenzionale. Era fra le pubblicità di una tre giorni sull’amore organizzata in occasione delle festività di San Valentino tradizionalmente riservate a quello umano. Una proposta, dice la pubblicità, fatta con rigorosa ironia scientifica, anche per i bambini. È finito il tempo delle api e dei fiori, ora Oliviero Toscani, rimasto senza lavoro per eccesso di ironia potrà essere assunto al Muse. (W.P.)

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NEWS

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Stage con insegnanti esterni Preparazione per concorsi ed ammissione in scuole di danza professionali o accademie

Una scuola per la vita, che sia una passione o una professione, noi ti aiuteremo a realizzare i tuoi sogni

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Levico Terme

Colonia estiva luglio e agosto 2020 Inizio corsi anno accademico 2020-2021: 14 settembre 2020 (iscrizioni dal 1 settembre) Info: 3200452356

Corsi: Predanza Danza classica Punte Modern Jazz e Lyrical Hip Hop


Dance World Cup di Laura Mansini

“ASD in punta di piedi”… …in partenza per Roma Leggere, romantiche, aggressive; piccole, grandi, esili, robuste, ma soprattutto sorridenti: un meraviglioso ensamble di ragazze e decisamente meno ragazzi, per due giorni, ha riempito di fascino e di allegria il Palacongressi di Levico Perme per la selezione internazionale delle scuole di danza, la “Dance World Cup”, giunta alla trentasettesima edizione.

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a manifestazione, per la prima volta in Alta Italia, ha visto l’iscrizione di 470 atlete provenienti dal Centro, dal Nord Italia ed anche dall’Austria. Ad organizzarla è stata la scuola di Levico Terme “ADS In punta di Piedi” in collaborazione con l’’APT Valsugana Lagorai”, l’Amministrazione Comunale di Levico, il consiglio Regionale. La scuola è stata fondata dalla ballerina professionista Samantha Gabban nel 2014. Ha iniziato con 50 allieve ed oggi sono 103, con età che vanno dai 3 ai 19 anni. C’era grande attesa per quest’incontro, un grande fermento che ha coinvolto le giovani allieve nei mesi precedenti, ma c’era anche molta gioia per uno sport, o meglio un’arte antica: la gioia di muoversi nello spazio , di comunicare la propria sensibilità, accompagnando il ritmo della musica prescelta. Si va dalla raffinata musica classica, in punta di piedi, all’intensa musica moderna, dalla danza Lyrical e Jazz, al coinvolgente Hip Hop . Grande fermento anche all’interno ed all’esterno del Palacongressi, dove s’aggiravano i circa 1500 accompagnatori. Un’ animazione positiva, la disciplina della danza insegna anche questo; l’educazione, il rispetto, la correttezza. Era bello entrare nella grande platea del Palacongressi ,accolti nella penombra dalla musica mentre sul palco si esibivano le danzatrici e la partecipazione serena di un pub-

blico attento e rispettoso delle gare in corso, con generosi applausi alla fine di ogni esibizione. Levico Terme, penso, abbia offerto una bella vetrina alla quale hanno contribuito anche gli operatori sul territorio che hanno messo a disposizione le loro strutture ricettive pur essendo fuori stagione. Va detto che non tutte le partecipanti erano allo stesso livello, chiaramente, ma a tutte va riconosciuto l’impegno e la disciplina; e la finale è stata quanto mai lusinghiera per la scuola di Levico Terme che ha ottenuto un meritato successo con parecchi gruppi e solisti che andranno alle finali dei mondiali a Roma. Deliziose la bimbe fino ai nove anni in una elegante tarantella, ( insegnante Samatha Gabban), travolgenti gli allievi di Hip Hop preparati da Francesca Primon; 5 gruppi di diverse scuole di danza, ma poi va detto che saranno ben 50 gli

allievi trentini che andranno a Roma fra questi il Flamenco, presentato da “Sincronia Danza”, anche di Levico Terme; un bel traguardo per le scuole trentine che si sono confrontate con le grandi scuole di Milano e di Torino. La speranza per loro è quella di bissare il successo di alcune delle allieve della scuola di “Danza in Punta di piedi” che si sono qualificate a Barcellona due anni fa ed hanno portato la medaglia di Bronzo in Trentino. Grande soddisfazione per Samanta Gabban la quale sottolinea l’ampia presenza di scuole in Trentino con una professionalità che fortunatamente cresce ed una selezione attenta con cui si guadagnano le luci della ribalta nazionale. La manifestazione di Levico Terme è il segnale di un grande amore dei nostri giovani per la musica e la coreografia “in punta di piedi”.

Mini Small gruppo Ballet e Mini Small gruppo Jazz Medaglia d’oro in entrambe le categorie

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Dance World Cup di Armando Munao’

LEVICO TERME “Città della Danza” L’8 e il 9 febbraio 2020 Levico Terme è diventata la “Città della Danza” dove, proveniente dal Centro-Nord d’Italia, è approdato il meglio di quest’arte, non solo classica ma anche moderno, tap, street dance, folk, hip hop, National, per disputarsi la partecipazione ai Campionati Mondiali DWC a Roma 2020. Una qualificata giuria internazionale, composta da cinque giudici guidati da Mavi Careddu, ha selezionato le ballerine per la finalissima mondiale.

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n particolare evento che ha visto la presenza di gruppi provenienti da moltissime regioni d’Italia (solamente da Venezia hanno gareggiato 90 allieve), e ottenuto plausi e consensi unanimi. ASD IN PUNTA DI PIEDI, la scuola levicense, ha messo “in campo” un team davvero sostanzioso di 60 allieve, diviso per settori, con l’obiettivo di superare gli ambiziosi risultati ottenuti nel 2018. Merito di questa encomiabile manifestazione è di Florio Angeli, deus ex machina di tutta l’organizzazione e grande promotore di questo evento che, come lui stesso afferma, ha dovuto superare particolari difficoltà per riuscire a portare la DWC North Italy proprio a Levico Terme. Florio, cosa ha provato nel sapere che 39 allieve della sua scuola

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parteciperanno alla finale mondiale di Roma? Un qualcosa che ti rende veramente felice perché ripaga di tutti gli sforzi e l’impegno messi in campo. Mi preme sottolineare che i selezionati della nostra scuola comprendono ballerine di tutte le età. Dalle più piccole di circa 4 anni alle più Florio Angeli con la nipotina Alyssa esperte e ad altre di età compresa tra i 14 e 18 anni e anche di più. Questo ci dimoproiettare l’allieva nel grande universtra che la nostra scuola può essere so della danza. frequentata dalle diverse età, anche La scuola in Punta di piedi è stata le mini, che hanno davanti un percorfondata anni fa dalla maestra so formativo e di crescita che oltre ad Samantha Gabban e poi lei è essere di piacere, di divertimento e riuscita, nel tempo e con il tempo, di socializzazione, può, in alcuni casi, a dare una nuova energia. Oggi,


Dance World Cup alla luce di questo grande risultato, come vede il futuro? La nostra scuola copre l’intera Valsugana con ragazze che provengono da Trento, dal Primiero e da tutti i centri limitrofi. Mio desiderio non è solo è quello di ampliarla, potenziandola nella sua essenza agonistica-ricreativa e valorizzando l’aspetto di socializzazione e di vera amicizia, ma anche il poter offrire, alle presenze extra regione e a tutti gli ospiti, la possibilità di apprendere e danzare in tutti i periodi dell’anno. Un progetto, il mio, forse fantasioso, ma sono certo che nel tempo potrà essere realizzato. È emozionato perchè tra le selezionate vi è anche una sua nipotina. Certamente, e lo sono in maniera indescrivibile. Per la sua età è davvero brava, anzi bravissima e in cuor mio spero e mi auguro che non solo diventi come la madre, ma che la posso superare. E mi creda ha tutte le doti e capacità per riuscire. Florio, i sogni si possono avverare? In questo specifico caso si sono realizzati. Il pensare di poter selezionare 39 allieve era, per noi, una pura fantasia. Un traguardo impensabile, anche

Eni Minxolli - Medaglia d’oro - Junior Solo Ballet (R7FOTODANZA.COM)

perchè negli anni passati abbiamo portato alle finali massimo sei sette allieve. Nei primi anni anche di meno. Quest’anno da Levico Terme parte per Roma un allegro e gioioso pullman e sinceramente la soddisfazione è tanta e, sotto sotto in cuor nostro, siamo certi che qualcosa di bello e d’impensabile potrà accadere. Lei ritiene che questo evento potrà diventare un appuntamento fisso per Levico Terme? Sì, lo spero proprio e sarebbe davvero

bello, non solo per Levico Terme ma anche per tutta la provincia e regione. Mi piacerebbe far sì che questo evento possa diventare un appuntamento fisso, ogni anno, e dare quindi alla nostra cittadina l’insegna di “Levico Terme, Citta della Danza”. Mi permetta di ringraziare, a conclusione di questa nostra intervista, in primis le nostre bravissime ed encomiabili insegnanti, Samantha, Camilla e Giulia, che si fanno sempre in quattro per dare il meglio a ogni singola allieva e poi le famiglie che hanno supportato i sogni delle loro figlie. E un sentito e riconoscente grazie alla Provincia Autonoma di Trento, Trentino Marketing, a Roberto Paccher (presidente del Consiglio Regionale), a tutti quelli che hanno reso possibile questa selezione e in modo particolare il Comune di Levico Terme e l’Azienda di Promozione Turistica che ci hanno guidato e supportato fin dal primo giorno permettendoci di realizzare questo significativo evento.

“Il Vicesindaco Patrick Arcais, L’Assessore Moreno Peruzzi con Mavi Careddu Patron, porgono il Benvenuto alle centinaia di ballerine provenienti dal Nord Italia”

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Dance World Cup di Armando Munao’

La Valsugana.. dove ci piace vivere Dialogo aperto con Stefano Ravelli, Amministratore delegato Azienda per il Turismo Valsugana Lagorai.

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avelli, dal punto di vita promozionale e d’immagine cosa ha rappresentato questa selezione mondiale per Levico Terme? Una grande, grandissima opportunità per la promozione e il rilancio a livello nazionale di Levico Terme e di tutto il nostro territorio. Ritengo, e credo non a torto, che un evento come questo ci permette di raggiungere una grande vetrina internazionale che sono appunto i campionati del mondo di danza che si terranno a Roma. Ultimamente l’APT è stata destinataria di riconoscimenti nazionali e internazionali. La sua opinione in merito? Siamo contenti di questi attestati e mi creda per ottenerli abbiamo faticato tanto e con tanto impegno. La prima certificazione, quella per un turismo sostenibile, è stato un attestato internazionale rilasciato da un soggetto partecipato delle Nazioni Unite. Poco tempo fa, a Verona, abbiamo ottenuto un qualificato

riconoscimento da parte della stampa per quanto riguarda le strade e i percorsi “verdi”, con particolare riferimento alla ciclabile della Valsugana che qualche anno fa era arrivata tra le prime cinque a livello europeo. Riconoscimenti che ci onorano e ci rendono, mi permetterla di dirlo, orgogliosi. Mi preme anche sottolineare che lo scorso anno sono stati oltre 2 milioni e 200 mila i pernottamenti turistici nelle nostre zone di cui il 50% stranieri e 50% italiani.

Mini Small Gruppo Ballet - Medaglia d’oro (R7FOTODANZA.COM)

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Stefano Ravelli intervistato dal nostro direttore

Cosa ne pensa della possibile denominazione di Levico Terme come “Città della Danza”? Sarebbe veramente una bella insegna. E credo che la cosa sia realizzabile, anche perchè, mi permetta di evidenziarlo, noi possiamo fattivamente godere della collaborazione di tutti. E per tutti intendo non solo l’amministrazione o le istituzioni, ma anche

i commercianti, le varie associazioni e tutti gli operatori economici. L’idea di Florio Angeli di etichettare Levico Terme come centro della danza, e non solo nella nostra regione ma anche a livello nazionale, mi piace e mi coinvolge in prima persona. Un qualificato obiettivo che avrebbe anche l’importante compito di fare arrivare, in tutto il nostro contesto turistico ricettivo, turisti e presenze da ogni parte d’Italia e anche dall’estero.


Scuola di danza… ”ASD in punta di piedi” di Armando Munao’

Si parte per Roma

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amantha Gabban insieme alle “colleghe” Camilla Nardelli e Giulia Primon, sono le preparatissime e qualificate insegnanti della scuola. Si deve a loro, il grande risultato di questa selezione mondiale perché, con tutte le “ballerine” hanno voluto e saputo formare un corpo decisamente “unico” e d’indiscutibili alte potenzialità tecniche com’è raro vedere. Samantha è contenta della manifestazione e del grandissimo risultato ottenuto? Contentissima e strafelice perchè mai mi sarei aspettata un simile risultato che indiscutibilmente proietta la nostra scuola e Levico Terme a livello nazionale e internazionale. E avere selezionato per la finale mondiale 39 ragazze e bambine di diversa età, cosa genera in Lei? E cosa rappresenta per la scuola da Lei diretta? Non solo un’enorme soddisfazione, ma soprattutto una crescita quantitativa perché le nostre ballerine, nessuna esclusa, hanno messo e mettono il loro massimo impegno. Le nostre ragazze sono davvero “uniche” perché

la loro è una vera e continua applicazione e riuscire in questo “ grande” traguardo ci rende veramente orgogliosi. E mi permetta di sottolineare che la nostra scuola, come abbiamo già detto in un precedente articolo, “basa la sua essenza su molti principi e concetti “formativi” che sono elementi portanti del nostro essere e del nostro insegnamento. Nostro obiettivo prioritario è trasmettere a tutte le allieve l’amore per la danza intesa non solo come tecnica accademica, ma anche come stile di vita, disciplina ed equilibrio psico-fisico. Un insieme che contribuisce, ed è questo il nostro augurio, a far crescere le allieve in modo armonico, favorendo, nel contempo, sani legami di amicizia e complicità con le loro insegnanti tali da sostenerli nei particolari momenti di difficoltà, di sfiducia e, a volte, anche di stanchezza. Quindi, una grandissima soddisfazione per Lei e le finaliste. E i genitori? Le mamme e i papà, tutti entusiasti e felici e la cui gioia sprizza dai loro occhi e dai loro sorrisi, sono già pronti

La maestra Samantha Gabban

con le valigie per andare a Roma. Hanno potuto vedere che lavorando bene si possono ottenere risultati impensabili. Samantha, quali le reali speranze e le aspettative in quel di Roma? Il nostro più bel sogno sarebbe quello di portare a casa almeno una medaglia, anche se arrivare tra la prima metà della classifica sarebbe già un ottimo traguardo. In cuor nostro,però, speriamo qualcosina in più. Mai dire mai. Quindi, qualche volta i sogni si possono avverare? Sarebbe veramente bello vedere tornare a casa gratificate da ottimi risultati e non soltanto per la scuola, ma anche e principalmente per tutte le ragazze che in questo appuntamento hanno messo “anima e cuore”.

Alyssa Angeli - Medaglia d’ argento - Mini Solo Ballet (R7FOTODANZA.COM)

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Dance World Cup

L’album fotografico

Children Large Gruppo Ballet - Medaglia d’oro (R7FOTODANZA.COM)

Mini Small gruppo Ballet e Mini Small gruppo Jazz Medaglia d’oro in entrambe le categorie

Denise Cetto - Children Solo Contemporaneo - Medaglia d argento (R7FOTODANZA.COM)

Children Quartet Ballet Medaglia d’oro (R7FOTODANZA.COM)

(R7FOTODANZA.COM)

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Mini Small Gruppo Ballet - Medaglia d’argento


Dance World Cup

Il Medagliere MEDAGLIA D’ORO Mini Small Gruppo Ballet (Alyssa Angeli, Linda Donati, Lisa Lucchi, Maddalena Merlo, Greta Trinchero, Sofia Vettorazzi, Viviana Picco, Beatrice Andreatta ,Eleonora Minzatu) Mini Small Gruppo Jazz (le stesse di Mini Small Gruppo Ballet) Children Quartet Ballet (Susanna Campregher, Anna Trinchero,Matilde Stenico, Vittoria Emma) Children Large Gruppo Ballet (Susanna Campregher,Sofia Campregher, Giorgia Gislimberti, Vittoria Emma, Matilde Stenico, Sofia Pasini, Lisa Agostini, Lisa Vukaij, Anna Pettinato, Anna, Beatriz Bellini, Giulia Vittoria Perinelli,Ginevra Quaranta, Anna Trinchero )

MEDAGLIA D’ARGENTO Mini Solo Ballet (Alyssa Angeli) Mini Solo Lyrical e Contemporaneo (Alyssa Angeli) Mini Small Gruppo Ballet (Gaia Rapisarda, Agata Frare, Sara Vettorazzi, Katia Vettorazzi, Melanie Paoli, Beatrice Lamboglia) Children Solo Contemporaneo (Denise Cetto)

Junior Large Gruppo Contemporaneo (Alice Fiorentini, Denise Cetto, Eni Minxolli, Asia Divina,Emma Giaccio, Rebecca Marongiu, Camilla Acler, Annalisa Dietre,Serena Dietre,Martina Viero, Tania Ballista, ) Children Small Gruppo Hip Hop (Rama Antonela,De Battaglia Beatrice, Rama Matilda, Zenki Belma, Zenki Rajana, Stenico Matilde,Pasini Sofia, Profaizer Carol, Bertassi Alice,Saliu Elda) Junior Solo Ballet Punte (Eni Minxolli)

MEDAGLIA DI BRONZO Senior Solo Lyrical (Arianna Facchini) Children Solo Lyrical (Alice Fiorentini) Children Small Gruppo Lyrical e Contemporaneo (Matilde Stenico, Sofia Pasini, Alice Bertassi, Beatrice Lamboglia, Carol Profaizer, Lisa Faggioni Sella, Anna Frison, Chiara Guglielmi, Emma Guglielmi,Emma Giaccio )

Children Large - hip hop - Medaglia d’oro (R7FOTODANZA.COM)

Children Trio Lyrical e Contemporaneo (Matilde Stenico, Sofia Pasini, Alice Bertassi)

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Storie di altri tempi di Chiara Paoli

Matilde di Canossa o di Toscana “Se dovessi citare ad una ad una le opere compiute da questa nobile signora, i miei versi aumenterebbero a tal punto da divenire innumerevoli come le stelle.” Donizone, Vita Mathildis, libro II, prologo IIx

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atilde di Canossa nasce probabilmente nella città di Mantova nel marzo del 1046. Aveva solo sei anni quando il padre Bonifacio venne assassinato con una freccia avvelenata diretta alla gola da uno dei suoi sottoposti, durante una battuta di caccia. Alla morte di papa Leone IX, imparentato con i Canossa, si susseguirono numerosi Papi che ebbero vita breve, in questo periodo di instabilità e considerato il crescente potere della Casata dei Canossa, l’imperatore Enrico III decise di prendere in ostaggio Matilde, che aveva compiuto 10 anni e la madre Beatrice, per portarle in Germania. Nel 1057 morì anche Enrico III e le due donne riuscirono a rientrare nei loro domini. Alla ricerca di protezione la madre di Matilde decise quindi di sposare Goffredo il Barbuto, duca di Lotaringia e fratello di papa Stefano IX. Il contratto prematrimoniale stabiliva inoltre che il figlio, detto Goffredo il Gobbo, avrebbe preso in sposa Matilde, per consolidare maggiormente il potere, rinsaldando i rapporti con la Bassa Lorena. Lo sposalizio venne celebrato nel 1069, quando Matilde giunse al capezzale del patrigno morente. Il nuovo marito di Matilde aveva un animo buono e coraggioso, ma era affetto da difetti fisici gobba e gozzo, che non lo rendevano certo attraente:. Matilde affronta i propri doveri nobiliari con coraggio, rimane in Lotaringia

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Ritratto di Matilde di Canossa

e agli inizi del 1071 partorisce una bimba alla quale viene dato il nome di Beatrice come la nonna paterna. Il parto fu difficile e purtroppo la piccola spirò il 29 gennaio, pochi giorni dopo la nascita. La nonna Beatrice il 29 agosto seguente, eresse per la grazia dell’anima della defunta nipote, il monastero di Frassinoro, nell’Appennino Modenese, Dopo aver rischiato la propria vita, post parto Matilde viene accusata di non aver dato alla casata un erede maschio e viene additata come portatrice di malocchio. Nel gennaio del 1072 riesce a scappare per ritornare a Canossa dalla madre. Nei due anni successivi il Gobbo si inoltra nei territori della penisola per “riprendersi” la propria moglie, sen-

za ottenere però alcun successo e nel 1076 Matilde rimane vedova di Goffredo , assassinato con una spada conficcata nella schiena mentre era seduto sulla latrina nei dintorni di Anversa. Nessuna lacrima venne versata dalla moglie e nessuna offerta elargita alla chiesa, per commemorare l’anima del defunto. Nello stesso anno Matilde piange il lutto per la madre Beatrice, ma deve farsi forza per regnare sulle proprietà che si estendevano grosso modo dall’attuale Tarquinia al lago di Garda, oltre alla Lorena. Sono questi gli anni che vedono l’imperatore Enrico IV, secondo cugino di Matilde scontrarsi apertamente con il papato e subire la scomunica oltre alla decadenza dal trono. La prima pena inferta verrà ritirata da Gregorio VII, dopo aver umiliato Enrico costretto a rimanere in ginocchio per 3 giorni e 3 notti, davanti al Castello di Canossa con il capo cosparso di cenere. Nel 1079 Matilde decise di donare tutte le sue terre al Papato, sfidando l’ira dell›imperatore, che elegge antipapa Clemente III e si scontra con le milizie di Matilde, sconfiggendola nella battaglia di Volta Mantovana. Ma la contessa non si fa mettere i piedi in testa e parte al contrattacco il 2 luglio 1084, scaccial’esercito imperiale grazie a una forte coalizione a sostegno del Papa. Nel 1088, quando Matilde ha 42 anni, temendo un ulteriore discesa di Enrico IV, decide di sposarsi una seconda vol-


Storie di altri tempi

Matilde di Canossa

ta per interessi politici con Guelfo V (17 anni), erede del Ducato di Baviera. Un matrimonio che non venne mai consumato e fu annullato dopo 6 anni. Ma la lotta si protrasse con l’Imperatore e vide la battaglia accentrarsi su Mantova. Matilde si era assicurata la fedeltà degli abitanti garantendo lo sgravio da alcune tasse, lealtà che viene ribaltata con il “tradimento del Giovedì Santo”. È il 1092 quando Matilde si arrocca nella zona di Carpineti, dove l’eremita Giovanni la incita a

portare avanti la battaglia che la vedrà prevalere sull’esercito imperiale. Morto l’Imperatore Matilde si riavvicina al suo erede Enrico V, confermando i feudi e ottenendo il titolo di Viceregina d’Italia e Vicaria Imperiale. Morì nel 1115 a Bondanazzo di Reggiolo, vicino all’amato monastero di San Benedetto in Polirone, che ne accolse le spoglie, traslate a Roma nel 1632 per volere di papa Urbano VIII e che trovano dal 1645 sepoltura nella Basilica di San Pietro, in una tomba detta “Onore e Gloria d’Italia”, intagliata dal Bernini. Un documento del 1124, riporta la fondazione dell’Abbazia di Orval in Vallonia per volere di Matilde di Canossa. Leggenda vuole che mentre era in visita l’anello le cadesse nel fiume, venendo riportato a galla da una trota, con la contessa che esclama “Questa è una Valle d’Oro!”, da cui deriverebbe il nome “Orval”.

Gian Lorenzo Bernini, Matilde di Canossa, bronzo, collezione privata

VILLA AGNERO E IVANO FRACENA

Alpini…eletto il nuovo direttivo

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a qualche settimana gli alpini di Villa Agnedo e Ivano Fracena hanno un nuovo capogruppo. In occasione della recente assemblea annuale, infatti, Flavio Sandri è stato eletto dai soci presso la sede di Agnedo alla presenza del sindaco Alberto Vesco. Per l’occasione è stato eletto anche il nuovo direttivo: ne fanno parte Giancarlo Basso, Roberto Basso, Italo Battisti, Romedio Campestrin, Renato Carraro, Giorgio Dallefratte, Antonio Gasperetti, Giorgio Piccoli, Elio Sandri, Marino Sandri, Pieraldo Tiso, Sergio Tiso, Stefano Zanghellini e Igor Groff. Rappresentante degli aggregati e degli amici degli amici è stato eletto Felice Zambaldi. Flavio Sandri ha preso il posto di Bruno Buffa, ringraziato dal primo cittadino che ha colto l’occasione per sottolineare “I sessant’anni di impegno, di solidarietà, di dedizione al servizio della collettività da parte degli alpini, promotori e partecipi di numerose manifestazioni e attività, alpine e civili. Auguro buon lavoro al nuovo capogruppo, con l’augurio che riesca a fare valere sempre il valore alpino!”. (M.D.)

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Qui USA di Francesca Gottardi è nostra corrispondente dagli USA

Football Americano Il Super Bowl, l’evento sportivo più atteso dell’anno

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l football americano è uno degli sport più amati dagli americani. In molti qui lo paragonano al calcio in Italia. Tutti gli Stati hanno una squadra di riferimento, di cui gli americani vanno molto fieri. Questa componente locale crea un forte senso di comunità tra i fan. La storia Il football ha radici lontane e trova il suo antecedente nel rugby. Un primo rudimentale regolamento del football compare già nel 1861. La vera rivoluzione avviene nel 1880, con l’avvento delle innovative regole introdotte da Walter Camp, ad oggi considerato “il padre del football americano”. Queste nuove regole diedero nuova individualità al football americano, contraddistinguendolo in modo netto rispetto al suo sport “fratello”, il rugby. A partire da fine Ottocento, il football trova grande diffusione quando le varie università USA istituiscono le loro squadre e cominciano a sfidarsi. Nel 1920 nasce l’American Professional Football Association, ora conosciuta come la National

Football League (NFL), ovvero la principale (e potente) lega professionistica di football americano. Da uno sport sviluppatosi prevalentemente nelle città industriali del “Midwest” degli USA, oggi il football americano professionistico è un fenomeno a livello nazionale, nonché un elemento centrale dell’identità statunitense. Lo sport Nel football americano, due squadre composte da undici giocatori si sfidano per una media di 3 ore. Obiettivo del

gioco è quello di conquistare progressivamente il territorio del campo avversario avanzando a più riprese sulle linee di yard (1 yard=0,9144 m). Ogni yard è segnalata trasversalmente lungo i lati del campo con la decina di riferimento. Le due squadre cercano di raggiungere il punto situato all’estremo della zona avversaria, al centro del lato corto del campo. Questo per posizionarvi la palla e mettere a segno così il colpo decisivo, chiamato “touchdown” (6 punti). Dietro la zona del “touchdown” troviamo la linea con al centro i pali alti 1,8 metri

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Qui USA per segnare i goal (3 punti). Vince chi ottiene il maggior numero di punti tra goal e touchtown. Il Super Bowl ll Super Bowl è la finale del campionato della National Football League (NFL). Si tratta dell’incontro che assegna il titolo di campione USA di questo sport e rappresenta l’evento culmine della stagione. Il Super Bowl si tiene nell’ultima domenica di gennaio o nella prima di febbraio, e registra ogni anno gli ascolti televisivi più alti in assoluto negli USA. Quest’anno la notte del Super Bowl è stata vissuta il 2 febbraio. Curiosità Il trofeo è chiamato “Vince Lombardi Trophi”. Si tratta di una palla da football d’argento creata dalla gioielleria Tiffany dal valore di 25.000$. Il trofeo è dedicato al famoso allenatore di origine

italiana Vincent Lombardi, morto improvvisamente nel 1970, per ricordarne le vittorie nei primi due Super Bowl alla guida della squadra del Wisconsin dei “Green Bay Packers”. A differenza di altri trofei, questo resta alla squadra vincente, ed ogni anno Tiffany ne crea una nuova versione. Il momento più atteso del Super Bowl è senza dubbio l’half time show, che ogni anno conta più di 100 milioni di spettatori. Si tratta di uno stravagante spettacolo nell’intervallo della partita che vede alternarsi grandi artisti come Lady Gaga, Beyoncè, i Rolling Stones. Quest’anno Jennifer Lopez è stata l’artista principale ad esibirsi in occasione dello show. Scalpore aveva fatto l’half time show del 2006, quando durante l’esibizione musicale di Justin Timberlake e Jane Timberlake ha abbassato una spallina della cantante, rivelandone il seno. Negli USA il fatto, ribattezzato

lo “scandalo del capezzolo” ha causato forti polemiche. Dopo questo episodio, l’evento viene trasmesso in diretta, ma con qualche secondo in ritardo. Questo per dare la possibilità alla regia televisiva di intervenire o censurare altri simili imprevisti. Il giro economico attorno al Super Bowl ha dell’incredibile. Basti pensare che durante la diretta della partita, ogni intervallo pubblicitario da 30 secondi viene venduto ad una media di 4 milioni di dollari ciascuno. Si stima inoltre che in media tra la popolazione presente allo stadio e quella che guarda la partita da casa, vengano consumate 51,7 milioni di lattine di birra, 1,23 miliardi di ali di pollo, e che 48 milioni di americani ordinino cibo da asporto. Il Super Bowl diventa così non solo l’evento sportivo dell’anno per gli americani, ma anche un’opportunità economica e di marketing per imprenditori e ristoratori di tutta la nazione.

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Complimenti ai campioni

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l titolo di campione italiano è arrivato al termine di tre giorni di gara a Bolzano. Ora, il trofeo è in bella mostra al bar Cusso. Per la prima volta, infatti, la squadra di freccette del “The Best Cusso Dart” ha conquistato il titolo di campione nazionale a squadre di serie B. Da oltre 20 anni, infatti, a Borgo è stata avviata questa attività sportiva, grazie all’intuizione del compianto Mario “Cusso” Moranduzzo. Una tradizione oggi portata avanti dal figlio Thomas. A Bolzano i borghigiani si sono messi alle spalle 143 squadre. A portare a casa il trofeo ci hanno pensato sei atleti: Mattia Giongo, Claudio Minute (capitano), Matteo Ognibeni, Walter Bonecher, Renato Sandri e Vlado Vukojevic che fanno parte dell’Ezzo Dart Club ASD di Lona-Lases. In passato la squadra aveva vinto i campionati provinciali in serie C e, lo scorso anno, in serie B. Ora è arrivato anche questo prestigioso successo. Al presidente ed agli atleti il sindaco Galvan ha consegnato una targa ricordo sottolineando la grande soddisfazione, sua personale e dell’intera comunità, per il titolo di campione italiano portato a casa dalla squadra. Proprio in questi giorni il Cusso Dart parteciperà alla fase primaverile del campionato di serie A. C’è anche una seconda formazione iscritta alla serie C. Allenamenti il lunedì sera, le partite il giovedì ed il venerdì sera. Quella in casa si svolgono tutte presso il bar Cusso in piazza Dante Alighieri. (M.D.)

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Tra storia e novità di Veronica Gianelo

Alleniamoci con il

calisthenics

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l calisthenics, o calistenìa, è un metodo di allenamento a corpo libero che prevede solamente l’utilizzo del proprio peso corporeo. Deriva la sua origine dai termini greci “khalòs”, che significa bello, e “sthenos”, ovvero forza. L’allenamento calistenico quindi, deve portare a un miglioramento fisico ed estetico, secondo gli standard del fitness, tramite allenamenti che incrementino la forza. Una definizione facile per questa disciplina non c’è, e anche quella appena fornita non è certo esaustiva. Tuttavia, è difficile inquadrare un tipo di attività così nuova, ma allo stesso tempo così antica. Sì, perché, come già anticipato dall’etimologia greca, il calisthenics, in quanto semplice allenamento a corpo libero, veniva praticato già dai guerrieri spartani. Ne troviamo traccia nelle testimonianze dello storico Erodoto e nel geografo Pausania, che osservava l’armoniosità dei corpi degli atleti olimpici che praticavano questa disciplina come preparazione fisica. L’essenzialità e le tecniche di base di molti esercizi infatti sono state poi riprese da diversi sport nel corso del tempo. Un vantaggio del calisthenics è che per ogni tecnica base esistono diverse varianti che possono essere adatte sia ai principianti che agli atleti esperti. Alla base c’è la funzionalità di ogni esercizio: nessun movimento è innaturale o in contrapposizione allo sviluppo naturale del corpo. Il fatto che si lavori solo con il peso del proprio corpo sicuramente aiuta questa peculiarità. Il calisthenics, in quanto disciplina

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isolata nel corso della storia, ha subito un crollo negli anni 50 con la diffusione in America del bodybuilding, che non si concentrava più sullo sviluppo della forza funzionale relativa al proprio peso, ma sull’incremento della massa muscolare a oltranza. Solo negli anni 2000 il calisthenics è tornato ad essere praticato come disciplina grazie anche alla creazione di canali video come YouTube dove gli appassionati di tutto il mondo forniscono tutorial e allenamenti. Questo aspetto è certamente molto vantaggioso: il calisthenics può essere praticato ovunque. Allo stesso tempo però è molto pericoloso: come per molti altri campi, l’autoapprendimento tramite video non è sempre una scelta consigliabile. Ci sono professionisti ed esperti delle attività motorie che possiamo consultare per avere consiglio e sostegno: non dimentichiamoci mai che stiamo lavorando con il nostro corpo. Nonostante il suo nome possa risultare riduttivo, il calisthenics lavora sullo sviluppo di molte più abilità, oltre alla forza: flessibilità, resistenza, agilità e coordinazione. Per lavorare sui diversi aspetti della disciplina, spesso, soprattutto nelle palestre, si lavora con l’ausilio di attrezzi. La centralità del peso corporeo rimane essenziale, i props utilizzati infatti sono principalmente sbarre fisse o mobili, anelli,

spalliere o parallele. In questa disciplina inoltre è fondamentale il concetto della progressione. Quando il nostro corpo è pronto, si passa al livello di difficoltà successivo. Prendiamo ad esempio un esercizio base: il piegamento. Una volta appresa la corretta postura e tenuta del corpo, i principianti dovranno approcciare questo elemento appoggiati al muro o eseguendolo sulle ginocchia, per poi passare ai piedi, al piegamento saltato e addirittura al piegamento su una sola mano. La possibilità di crescita per questo tipo di lavoro è estremamente stimolante ma allo stesso tempo rigida. Si progredisce solo se si lavora, e soprattutto se si lavora con la testa. Questo concetto è essenziale prima di tutto per un’educazione psicofisica personale ma anche per evitare traumi e future problematiche. Anche se spesso lo vediamo eseguito da atleti fisicati ed estremamente preparati, il calisthenics è una disciplina estremamente versatile e alla portata di tutti e potrebbe essere un ottimo stimolo anche per quelle persone che con lo sport non vanno molto d’accordo.


CENTRO SERVIZI CONTABILI sas Dottore Commercialista Revisore Contabile

ELABORAZIONE CONTABILE DEI DATI ED ALTRI SERVIZI INTEGRATI ALLA IMPRESE La dott.ssa SERENA MARIN è iscritta all'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili per la circoscrizione di Trento e Rovereto nonchè Albo dei Revisori contabili. Componente di Collegi Sindacali e Presidente di Comitati di Controllo, ha collaborato, in qualità di assistente, alla cattedra di Diritto Tributario presso la Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Trento. Ha svolto attività d'insegnamento per la Scuola Superiore dell’economia e della Finanze “Ezio Vanoni”.

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Il personaggio di Massimo Dalledonne

Padre Alfredo Delai P adre Alfredo Delai è una figura davvero poco conosciuta. Sia a Borgo, suo paese natale, che in Valsugana. Un giovane religioso, un missionario comboniano che perse la vita esattamente 79 anni fa. Infatti, il prossimo 26 aprile sarà una data da ricordare. Nel 1941, in quello stesso giorno, nella sperduta regione di Gondar, in Etiopia, nel piccolo paese di Socotà, venne ucciso questo ragazzo borghigiano. La sua è una storia che merita di essere raccontata. Ma chi era padre Delai, trucidato dai soldati abissini a soli 28 anni? Un giovane valsuganotto che, come ricordava sul bollettino parrocchiale Voci Amiche del dicembre 1978 don Armando Costa, si può tranquillamente definire protagonista “di un sacrificio passato quasi in silenzio. Quasi dimenticato a causa della scarsità di notizie dovuta alla guerra in atto nel 1941 in Etiopia”. Alfredo Delai era nato a Borgo il 30 settembre 1913, figlio di Giovanni Delai e Anna Bonecher. Ancora piccolo entra nella Scuola Apostolica di Trento. Dopo un periodo trascorso a Brescia ed al Noviziato di Venegono, il 7 ottobre 1932 emise i Primi Voti. Cinque anni dopo la Professione perpetua e il 10 luglio del 1938 fu ordinato sacerdote. La Messa Novella la celebra nel suo paese natio. Come si legge nel numero di Vita Trentina del 12 luglio dello stesso anno “la mattina dalle 4.30 alle 8 il novello distribuì a intervalli la Comunione. Poco prima delle 10, accompagnato dal clero, dai parenti e da una gran folla all’arcipretale per la Messa Solenne. Come nelle grandi occasioni, la chiesa era preparata a festa e gremita di fedeli. Il coro con la sua

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nota maestria eseguì la Messa del Palestrina a 4 voci dispari. Al vangelo salì sul pulpito il missionario padre Brogini che parlò molto bene della festa, della vocazione sacerdotale e specialmente di quella missionaria. Dopo pranzo si cantò il solenne Te Deum di ringraziamento e subito dopo, nel teatro dell’oratorio, ebbe luogo un trattenimento in onore del novello Levita. Il ricavato andò a beneficio dell’Opera di S. Vigilio. La giornata di chiuse con un’ora di adorazione predicata da padre Brogini”. Poco dopo padre Delai partì per un periodo di breve apostolato a Troia, dove, da studente era anche stato prefetto. Nei primi giorni del 1939, esattamente il 3 gennaio, si imbarcò a Napoli, destinazione Gondar. In quella regione i missionari comboniani erano arrivati verso la fine del 1935 come cappellani militari al seguito delle truppe italiane. Il loro obiettivo, oltre che l’assistenza spirituale ai soldati, era quello di fondare missioni vere e proprie tra la gente. Cosa che hanno fatto in un arco di tempo abbastanza breve, rivolgendosi presto alle popolazioni del paese non ancora evangelizzate, specialmente nella regione che confina con il Sudan. Destinato alla stazione di Socotà, per far capire alla gente la netta distinzione tra la croce e la spada, con altri missionari decide di costruirsi una casetta a una certa distanza dal campo militare. Una baracca in legno coperta di lamiere, esposta al vento ed alla polvere perché non si vergo-

gnavano di mostrare la loro povertà, in sintonia con quella dei quasi 18 mila abitanti di Socotà. Dopo la caduta di Amba Alagi le truppe sudanesi e abissine, al soldo degli inglesi, chiudono le vie di accesso. Come raccontato da padre Lamberto Agostini, compagno di missione “il 25 aprile gli inglesi pongono l’accampamento a 5 chilometri dalla città. Con i missionari ci sono anche una trentina di soldati italiani, tutti concentrati in due fortini. La mattina del 26 aprile il capitano trattò la rese con il comando inglese, doveva avvenire con una sparatoria simbolica tra una squadra di sudanesi e gli italiani. Così avvenne, ma improvvisamente arrivarono al fortino bande irregolari di abissini che uccisero, dopo averli derubati, tutti i soldati italiani”. Per salvare i pochi superstiti padre Delai, impugnando il crocifisso, si portò di fronte alla


Il personaggio canna del fucile di un soldato, continuando a ripetere: “Basta uccidere, per amore di Cristo, per amore della Madonna. Non vi abbiamo fatto che del bene”. Padre Lamberto Agostini gli era vicino. “Io mi trovavo nell’angolo e schivavo le pallottole. Quando padre Delai fece vedere il crocifisso agli abissini, lui lo diede loro e le presero. Poi – si legge testualmente nella relazione che il religioso fece sull’avvenimento – chiamarono fuori anche padre Ceccarini. Siccome la finestra era alta, i guerrieri gli porsero la mano per aiutarlo a uscire. Stavano aiutan-

do anche me quando partì una scarica, due o tre colpi contro padre Delai. Diede un grido e poi non sentì più nulla: io feci appena in tempo a svincolarmi per rientrare nell’angolo in cui ero prima”. La sua figura venne ricordata anche sul bollettino interno numero 20 della Congregazione dell’Istituto Missioni Africane in occasione della Festa dell’Immacolata del 1942. “La sua amabile semplicità, il suo distinto riserbo, la sua carriera missionaria così atrocemente e precocemente stroncata incidono indelebile nei nostri cuori la sua soave figura d’apostolo!”.

LEVICO TERME

I pensionati in assemblea

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i sono svolti recentemente a Levico Terme i lavori dell’annuale assemblea generale ordinaria del locale Gruppo Pensionati. Dopo il saluto del presidente Marco Francescatti agli oltre cento intervenuti dei 375 iscritti, è stato nominato presidente dell’assemblea il vicesindaco della città termale Patrick Arcais, ed ha fatto osservare un momento di silenzio in memoria di quei soci che nel corso del 2019 hanno concluso il loro cammino terreno. Poi ha ricordato le varie iniziative realizzate nel corso del 2019 ed ha elencato quelle per l’anno in corso. L’assemblea ha poi approvato il bilancio economico che al 31 dicembre 2019 chiude, con l’utilizzo del precedente avanzo, con un saldo attivo di 141 euro. Il presidente Francescatti ha ricordato anche che con la fine del 2019 il Gruppo ha compiuto i 32 anni di attività e che gode sempre di ottima salute. Ha rammentato poi che dal 2018 il Gruppo è affiliato all’ANCeSCAO, l’associazione nazionale che coordina attraverso i Comitati Provinciali l’attività di tutti i circoli Pensionati e Anziani. Con grande soddisfazione dei presenti è stato annunciato che quest’anno verrà organizzata, con la collaborazione del comune, l’università della Terza Età e del tempo disponibile che comprende pure un corso di ginnastica dolce. Ha ricordato poi la disponibilità del Gruppo, ormai da diversi anni, nel servizio di Vigilanza Scolastica con 20 soci, nonni vigili, nonché il prezioso servizio di apertura dal mese di giugno fino a settembre, della chiesetta di San Biagio nel pomeriggio di ogni lunedì ma anche in altre giornate su richiesta. Ha infine ricordato gli incontri quindicinali, al venerdì pomeriggio, con don Franco per discutere su problemi religiosi e il servizio di distribuzione del “fresco” (alimentari in scadenza), alle persone bisognose nonchè l’incontro, unitamente al socio e consigliere Arturo Benedetti, al convegno organizzato dall’ANCeSCAO provinciale dal titolo “la fragilità dell’anziano”. Presenti all’assemblea l’arciprete don Ernesto Ferretti e l’assessore comunale Paolo Andreatta che hanno usato parole di lode verso questo importante piccolo ente locale. (M.P.)

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Arte e musica di Massimo Dalledomme

La musica scaccia l’odio Di scena artisti di Borgo

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atteo Ferrari e Simone Cappello due borghesani amanti della musica hanno debuttato a Grigno ed ora si preparano per Verona dove replicheranno il 4 aprile con Maramao-Canzoni tra le guerre. Al debutto è stato un successo. Quello messo in scena, nell’antica pieve di Grigno, dal cantante e attore Matteo Ferrari è stato un concerto-omaggio a tutti i musicisti che hanno fatto la storia della canzone italiana. Per l’occasione Ferrari è stato accompagnato al pianoforte da Simone Cappello, tutti e due originari di Borgo e cresciuti artisticamente presso la Civica Scuola di musica. Una serata di successo, quella di Grigno, che verrà replicata sabato 4 aprile presso la Società Letteraria di Verona. “Maramao - Canzoni tra le guerre”, questo il titolo del concerto-omaggio, è un viaggio di circa un’ora e mezza alla riscoperta delle più belle melodie composte in Italia tra il 1915 ed il 1945. Un progetto artistico e storico-culturale che porta la firma di Ferrari, classe 1987, fin da giovane istintivamente portato alle arti della musica e dello spettacolo. Dopo il diploma alla Bernstein School of Musical Theater di Bologna e un corso intensivo nel Regno Unito presso la Guildford School of Acting, il cantante e attore trentino ha cominciato una densa attività artistica che lo ha portato a lavorare sui più importanti palcoscenici italiani (fra questi i teatri Sistina e Olimpico di Roma, il Manzoni di Milano, il Comunale di Bologna e il Goldoni di Venezia). È stato scelto dal compositore di Broadway Larry Grossman per interpretare il ruolo di Snoopy nella registrazione

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del disco “Snoopy, il musical” edito da Warner Chappell Music ed ha lavorato, in qualità di doppiatore, anche per Rai Yoyo e DeA Junior. All’attività artistica affianca un’intensa attività didattica, collaborando con scuole, realtà artistiche ed associazioni di assistenza alle persone con disabilità sia in regione che nelle provincie di Vicenza, Bologna e Roma. È docente presso l’Art Voice Academy di Castelfranco Veneto, la Scuola di cinema e teatro “Estro” di Trento e la Let’s Academy di Pescantina. Dal 2014 è fondatore e direttore del Coro Highlight di Pergine, il primo musical theatre choir della regione. In “Maramao” ha reinterpretato diverse canzoni scritte con lo scopo di rallegrare, creare distrazione e far sognare le persone. “L’appellativo di canzonette – ricorda Ferrari – voleva quasi sminuire il loro valore, declassandole ingiustamente rispetto al repertorio del melodramma e della canzone napoletana”. Brani che erano e sono ancora di straordinaria modernità. “Direi proprio di sì – sottolinea Matteo

Lo spettacolo “Maramao” di Matteo Ferrari

– perché esaltano l’eredità dell’opera italiana e la mescolano al jazz ed allo swing d’oltreoceano che in quel tempo stavano contaminando il vecchio continente”. Un programma di 18 canzoni studiato attraverso ricerche sugli spartiti originali. Come non ricordare “Tu, musica divina”, “Voglio vivere così” o “Non ti scordar di me” per proseguire con “Mille lire al mese” fino alla conosciutissima “Ma l’amore no”. Tutte melodie che a quei tempi risuonavano alla radio, nei cinema, nelle sale da ballo e nei tabarin. Un repertorio che ben si adatta alla formazione artistica di Matteo Ferrari. In origine, infatti, le canzoni venivano interpretate sia da attori che cantanti in svariati generi di spettacoli come l’operetta, il café-chantant, la rivista, il varietà e l’avanspettacolo. Dopo Grigno ora tocca a Verona per riflettere, ancora una volta, sul potere della musica che, come ricordava il grande violoncellista Pablo Casals, “scaccia l’odio da coloro che sono senza amore. Dà pace a coloro che sono in fermento, consola coloro che piangono”.


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In Vino Veritas

di Maurizio Cristini

Dal vigneto alla tavola

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e tecniche di produzione delle uve da vino utilizzate in Trentino hanno radici antiche, ma sono usate anche tecniche moderne, legate alla natura del terreno, alla posizione dello stesso, alla qualità e alla quantità di prodotto che si intende raccogliere alla data della vendemmia. Tra le forme di coltivazione delle viti, i sistemi più diffusi ed impiegati sono la classica Pergola semplice (o doppia) trentina, il Guyot/Spalliera, il Cordone speronato (a potatura lunga o breve, a seconda del numero di gemme che si lasciano sul tralcio produttivo) e la Pergola concatenata: (è il sistema più semplice, economico e redditizio per la coltivazione dell’uva specie nelle zone collinari, dove le pendenze del suolo sono elevate e le spese di impianto sarebbero onerose usando altre tecniche di allevamento). Non come sottoprodotto, ma come naturale complemento alla produzione vinicola, in tutto il territorio della provincia vengono poi lavorate le vinacce svinate dopo la fermentazione dei mosti, per dare vita ad una miriade di grappe (monovitigno da uve bianche e da uve rosse, o da mix di più varietà o da vinacce bianche/ rosse frammischiate). Il territorio alpino fornisce poi una svariata serie di prodotti del sottobosco (fragoline, lamponi, ribes selvatico, mirtilli, ecc.) e di erbe officinali (ruta, genziana, asperula, timo, ecc.)

con le quali la grappa viene usata per produrre liquori con aromi e sentori particolari, apprezzati da molte persone (anche a scopo terapeutico). Gli abbinamenti gastronomici classici dei vari vini citati in precedenza, possono spaziare da: VINI BIANCHI E ROSATI: aperitivi, abbinamenti con antipasti a base di pesce, di salumi leggeri e magri, di primi piatti non troppo elaborati, di secondi piatti a base di pesce e/o carni bianche, di formaggi teneri, non stagionati, ecc. VINI ROSSI: i più giovani e leggeri con affettati e con “carne salada” cruda, trota affumicata ai ferri, con polenta e formaggio, con risotti, con strangolapreti al burro e salvia, ecc. I rossi via via più strutturati e corposi trovano buon abbinamento con carni in umido o arrostite, funghi, piatti elaborati, arrosti di selvaggina da piuma e da pelo (con i quali si sposeranno le annate più affinate e ricche di bouquet). VINI DOLCI: si sposeranno perfettamente con la ricchezza dolciaria trentina, sulla quale troneggia lo strudel di mele, gli “straboi o strauben”, le crostate ai frutti di bosco, le pinze ripiene di marmellata, la classica torta di fregoloti, la treccia mochena, ecc. Dopo pasto, potranno essere gustati come vini da meditazione, da sorseggiarsi lentamente davanti al fuoco di un caminetto.

SPUMANTI: oltre che come aperitivi, potranno essere utilizzati come elegantissimi vini da tutto pasto (se questo non avrà connotazioni “rustiche” o di particolare “robustezza/vigoria”) oppure, se di buon contenuto zuccherino, potranno anche essere abbinati a dolci o a dessert. GRAPPE E DISTILLATI: sono da consumarsi a fine pasto, senza esagerare, come digestivi o come correttivi del caffè, e così pure i liquori a base di grappa contenenti piccoli frutti (devono avere questa denominazione legale in etichetta e non, ad esempio, grappa al lampone, grappa al mirtillo, ecc.). Abbiamo letto nei numeri precedenti della rivista, quanto sia ampia la scelta a nostra disposizione per ciascuna delle tipologie succitate: quindi deliziamoci, ma sempre con moderazione. Ricordiamo che durante un pranzo elegante, potranno essere presentati vari vini in abbinamento alle portate, vini che spazieranno dai bianchi, fino ai rossi più corposi e strutturati. Con ciò intendiamo sfatare un vero e proprio luogo comune da tempo radicato, cioè che “bere vini bianchi e rossi nello stesso pasto porti a malesseri in chi lo fa”. In realtà non è il colore di un vino che reca effetti deleteri su chi lo beve, bensì l’alcool in esso contenuto: quindi teniamo sempre in considerazione quante volte abbiamo alzato i calici a tavola!

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Arte, musica e danza di Veronica Gianelo

Rivisitare il balletto: Les ballets trockadero de Montecarlo

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on è mai facile sdoganare le rigide regole dell’arte classica. C’è sempre una sorta di sacralità che avvolge le grandi opere di artisti del passato che inibisce spesso i giovani interpreti a riprendere e rivisitare colonne portanti della nostra storia culturale comune. Quando si decide di intraprendere questa strada solitamente si ha già sviluppato una maturità artistica che in qualche modo tuteli almeno in parte il risultato finale. Non si sa mai, insomma. I rischi di questo tipo di operazioni? Infiniti. La critica annusa e già pregusta il delizioso banchetto di tentativi e rimaneggiamenti mal riusciti e il pubblico, attento e fedele, difficilmente riesce a lasciare un’interpretazione classica a favore del nuovo. Le avanguardie e gli outsider di inizio ‘900, per fortuna, hanno ammorbidito questa tendenza permettendo a nuovi esperimenti e ricerche artistiche di scrivere anch’esse la storia di una nuova concezione di performance. Siamo negli anni ’60, nel fermento e nel fervore di una New York che nasconde con le luci e le paillette di Broadway una città più profonda e più vera: quella che vuole dar voce a chi fino a quel momento era stato zitto. Sono gli anni della liberalizzazione, delle prime lotte femministe, dell’anticonformismo, degli hippy e della Guerra del Vietnam. Gli anni in cui nella patinata civiltà del benessere statunitense gli artisti inascoltati si scavano spazi nuovi per sperimentare e creare. Nascono così i teatri Off-Off Broadway, ovvero i teatri non solo fuori dal circuito della grandi produzioni americane—Off-Broadway—

ma addirittura fuori dalle piccole realtà teatrali minori della Grande Mela. Sono spesso scantinati, garage, luoghi di fortuna improvvisati. Tra questi ritagli dall’arte conformista trova spazio Cafè La MaMa di Ellen Stewart. Qui tra sfratti e arresti, inizia a sperimentare un gruppo di giovani ballerini. Amano il balletto classico, ma sentono forte il bisogno di renderlo proprio, di destrutturarlo e soprattutto di alleggerirlo dalla pesantezza che il delicato sistema dell’arte istituzionale richiede. Si esibiscono senza pretese, e per diverso tempo resteranno nell’ombra, finché, nel 1974, un giornalista del New York Times li vede e scrive una memorabile recensione sul quotidiano. Inizia così il loro riconoscimento pubblico, e l’apprezzamento prima nazionale e poi mondiale. Come alleggerire quindi il balletto? Ridendo. Può permettersi una tale operazione artistica solamente chi conosce perfettamente e porta nel corpo la difficoltà e il sacrificio che la danza chiede a un ballerino. La tecnica è acquisita solamente quando non si deve più pensare ad essa mentre si balla: con la mente libera da passi e pensieri si

riesce ad andare oltre al puro e statico virtuosismo. Un danzatore immaturo non può permettersi questo privilegio. Les Ballets de Trockadero Montecarlo, come poi si chiameranno, portano in scena una pratica già di per se provocante: una compagnia completamente al maschile danza sulle punte — scarpa tradizionalmente femminile — il repertorio classico interpretando tutti i ruoli, soprattutto quelli femminili. Oltre a questo, il loro intento è quello di sottolineare, esagerare ed esasperare le manie e gli errori del rigoroso balletto. L’ironia e l’innovazione del classico quindi sono il connubio vincente di questa ormai internazionale compagnia di professionisti. Nelle valigie che portano in giro per il mondo infilano enormi tutù ed ancor più grandi scarpette. La loro più celebre parodia è certamente quella del Lago dei Cigni di Čaikovskij, probabilmente il balletto più famoso al mondo. La presenza del travestimento del cigno, inutile dirlo, carica ancora di più la potenza comica del gesto che si divide tra movenze animalesche, cadute improvvise e una mimica che corona questo brillante lavoro di rivisitazione.

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l famoso detto “ L’unione fa la forza” in questi ultimi giorni ha trovato la sua vera e concreta realizzazione. Merito di due aziende della Valsugana, la cui dinamicità d’impresa e una fattiva logica imprenditoriale, hanno fatto nascere e dato vita ad un qualcosa in grado di fare fronte alle sfide del mercato sempre alla ricerca di nuove opportune risposte, anche le più particolari, a tutto ciò che concerne il completamento della abitazione o strutture siano esse produttive e/o commerciali. Uno spirito d’iniziativa ed uno nuovo stimolo, il loro, che in questi tempi è raro vedere. Due realtà che sotto la nuova qualificata insegna di VALSUGANA SERRAMENTI, costituiscono di fatto una “rete d’impresa” che con competenza, professionalità e conoscenza del proprio mestiere, maturati nel corso degli anni, opera nell’ ambito dei serramenti interni ed esterni, chiusure tecniche, recinzioni, cancellate, automazioni, parapetti, scale, della razionalizzazione degli spazi interni ed esterni dando la possibilità di personalizzare i prodotti secondo le esigenze

&

del cliente. Da un lato “ART & WOOD snc” un’ azienda che continua la tradizione ”di padre in figlio” i cui titolari, cresciuti nella falegnameria di famiglia, hanno appreso i segreti della professione nella lavorazione del legno (mobili, pavimenti, boiserie) affinando e potenziando, nel tempo e con il tempo, le proprie conoscenze specialmente nel settore dei serramenti, finestre, porte interne, scale e parapetti in alluminio. Dall’ altro “SOTECK srl” un struttura artigianale attiva da anni nel settore delle chiusure tecniche, sia residenziali che industriali commerciali, che, nel corso degli anni, con vera e proficua dinamicità, ha ampliato le proprie abilità, conoscenze e pratica tecnologica, sviluppando prodotti, di vero pregio e altissima qualità, in legno unitamente a manufatti in carpenteria metallica. Una unione, quella di VALSUGANA SERRAMENTI, in grado oggi di proporre nel suo depliant illustrativo una offerta che in zona ha pochi eguali. Serramenti (in pvc, legno/alluminio e alluminio), porte interne, portoncini d’ingresso (blindati e di sicurezza), porte da garage e basculanti (in metallo e legno) portoni ad ante

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e libro (in metallo e legno), sezionali (in e legno), cancelli e recinzioni. & metallo Tutte proposte e soluzioni a progetto uniche. Una unione, quella di VALSUGANA SERRAMENTI, che commercializza e propone le migliori marche nel settore quali Oknoplast, Oknokomp, MPM porte, BDS Blinda, Groke, Sommer, Ryterna, Nice, Novoferm. Il fiore all’occhiello di questa nuova realtà è la progettazione e produzione di propri prodotti per soddisfare ogni esigenza del cliente, anche le più particolari. Una unione, quella di VALSUGANA SERRAMENTI, la cui progettazione, la produzione e il lavoro di posa in cantiere, vengono seguite ed eseguite da personale tecnico – commerciale altamente qualificato per poter dare al cliente un servizio professionale completo ed esaustivo, anche in fase di valutazione iniziale da parte del cliente, per coadiuvarlo nella scelta a lui più congeniale. Lo stesso personale professionalmente competente che interviene anche nel post- vendita nelle manutenzioni e/o assistenze. (PR)

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A CURA DI RCS PUBBLICITà

Metodo ZangIroLaMI, percorsI personaLIZZatI contro L’obesItà graZIe a un teaM dI specIaLIstI

Il dimagrimento non ha età

Il «Metodo» che può aiutare a vincere la lotta ai chili in eccesso

è

risaputo che alcune persone possono mangiare quello che vogliono senza ingrassare e, altre, che pur mangiando poco o stando perennemente a dieta, non riescono a perdere peso. La differenza è data dal metabolismo: e il metabolismo può essere veloce oppure pigro. Molti sono i fattori che possono rallentare il nostro metabolismo: diete “croniche” o estreme, cibi sbagliati, mancanza di movimento ma anche altri fattori come

dr.ssa rosanna avi responsabile sanitario ambulatorio di trento

l’età, patologie legate al funzionamento della tiroide o stile di vita possono influenzare negativamente il metabolismo. Ma cos’è il metabolismo? è un processo che ci mantiene in vita e ci permette di svolgere le varie attività quotidiane. Ma si “modula” in base a quello che mangiamo o a come viviamo e allo sport che facciamo. e se rallenta, è perché cerca di proteggere il nostro organismo. da che cosa? dalla mancanza di cibo. Quindi il non mangiare o mangiare poco o ancora mangiare male, non necessariamente ci permette di raggiungere lo scopo che ci siamo prefissi: dimagrire. In questo settore Il Metodo Zangirolami ha cercato di dare un modesto aiuto, proponendo pasti corretti senza la necessità di pesare quotidianamente i cibi e consigliando una corretta attività motoria, alla portata di tutti. due semplici passaggi, quindi, che interagiscono con il metabolismo senza creare un effetto contrario: 1. mangiare e “mangiare” bene 2. poca attività motoria, distribuita nel corso della giornata, che non crei stress “fisico” all’organismo.

il signor Fabio Portugalli di lazise (vR) ha perso 15 kg il dottor ivan Zangirolami (laureato in scienze motorie) è anche autore di un libro che parla dei problemi legati al sovrappeso, passando in rassegna in maniera imparziale le varie diete comunemente utilizzate descrivendo i concetti del suo Metodo. acquista la pubblicazione in italiano o in tedesco direttamente su www.metodozangirolami.it

Stile di vita SoStenibile Quando L’attIvItà fIsIca da soLa non basta

S

eguire uno stile di vita sostenibile: questa è la parola chiave del “Metodo Zangirolami”, ideato dal dott. Ivan Zangirolami che ha investito energie e risorse nel settore del dimagrimento. Oggi abbondanza e ricchezza si traducono nel concetto di “Stare Bene”, il che significa in altre parole mantenere un buon livello di prestazione fisica e mentale il più a lungo possibile nell’arco della nostra vita (ormai si può sperare di puntare al traguardo dei cento anni e persino oltre). Abbondanza di tempo da dedicare a se stessi, ricchezza nel disporre degli alimenti migliori e di facile reperibilità, cibi che nutrono il corpo senza appesantirlo e pieni di tutte quelle proprietà che contribuiscono a preservare lo stato di salute. L’alimentazione è un

Ivan Zangirolami e Ivo Lorenzi

fattore molto importante, perché il cibo, come ribadito nel libro di Ivan Zangirolami, Chi ha detto che per dimagrire bisogna mangiare poco? è un nostro potente alleato, non un nemico da contrastare

con inutili rinunce e diete da fame. Il primo centro nasce a Trento, nel 2004 e accoglie ad oggi più di 1000 pazienti. La svolta arriva poi nel 2013 quando lo studio intuitivo, metodico, ed originale del dottor Zangirolami incontra lo spirito imprenditoriale del dottor Ivo Lorenzi, classe 1962, imprenditore, laureato in scienze della comunicazione, da anni nel settore del benessere. In meno di 5 anni vengono aperti gli studi a Bolzano nel 2014 con al suo attivo, circa 2000 pazienti; apre Milano nel 2015 con circa 2500 pazienti, Carpi nel 2016 e il 29 novembre 2019 si inaugurerà la sede di Brescia, già attiva da un anno con più di mille pazienti. Il metodo è presente anche nelle sedi di Verona e Romano d’Ezzelino (VI).

0461 822538

i RiSultati deL «Metodo»

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li studi sono stati svolti su 197 pazienti (128 donne e 69 uomini di età compresa tra i 18 e i 78 anni) durante i primi 2-5 mesi di “trattamento” e con un BMI a inizio percorso compreso tra 53.35 (obesità grave) e 20.7 (normopeso). A un mese dall’inizio del percorso il 97% dei pazienti ha presentato un calo ponderale medio del 5.6 % rispetto al peso di partenza, variabilità compresa tra i 17.1 kg e i 0.4 kg e a 4 mesi si è evidenziata una riduzione del peso compresa tra 20.3 e 0.2kg, media di 9.7kg, e di BMI del 10.87% medio. Circa il 52,5% dei pazienti obesi ha presentato un miglioramento dell’indice di obesità. Importanti miglioramenti sono stati osservati anche sugli indici glicemici: su 40 pazienti con indice ematochimico Hbglicata uguale/ superiore a 38 mmol/l (condizione di inizio diagnosi pre-diabete) è stato osservato una diminuzione a 3-4 mesi del 7.65%, media in valore assoluto di 2.91 punti. Alcuni hanno presentato già dopo soli tre mesi necessità di modifica/ riduzione della terapia medica in corso. Le Conclusioni hanno evidenziato che: il «Metodo» ha rivelato un efficace impatto sia sul dimagrimento armonico che sul miglioramento del quadro clinico dei pazienti. I risultati osservati hanno aperto la necessità di uno studio osservazionale di più ampio bacino per la valutazione degli effetti del «Metodo» sulle condizioni cliniche di Diabete e Pre-diabete, nonché sulla condizione clinica a più ampio spettro quale è la Sindrome Metabolica.

Dott.ssa F. Abate, Dott. P. Cavalli, Dott.ssa R. Avi



Medicina & Salute di Erica Zanghellini

L’inclusione scolastica Il mondo della scuola può essere un ambiente ricco, stimolante e importante soprattutto per quei ragazzi che necessitano di bisogni speciali. Per loro è un’occasione, visto le loro fragilità di inserirsi in un ambiente favorevole a far emergere tutte le loro potenzialità, e di trovarsi inoltre, intercalati in un contesto sociale ricco di stimoli. Una volta si usava il termine “integrazione” scolastica, ora invece è stato sostituito col termine “inclusione”, per definire quel processo grazie al quale, si risponde ai bisogni di tutti gli alunni. La pedagogia speciale, si è occupata assieme alla psicologia e ancora si occupano, di tutti i bisogni di cui necessitano questi ragazzi, ma soprattutto sollecitano la nostra società a prendere coscienza che bisogna occuparsi delle persone che hanno bisogno di aiuto e/o sono indifesi. Se pensiamo prima degli anni settanta, non ci si poneva il problema di integrare i ragazzi con disabilità, per fortuna piano piano il nostro Paese è cambiato e ha modificato il suo atteggiamento. Nel 1971 con la legge 118 si iniziò un percorso culturale di accettazione della diversità. Tutto ebbe inizio nell’ambito della scuola; dobbiamo pensare che fino a prima i ragazzi diversamente abili erano allontanati dal mondo educativo ordinario, erano state stabilite infatti, delle scuole speciali e lì frequentavano tutti i ragazzi con

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problematicità. Bisognerà aspettare il 1977 con la legge 517 perché venga istituita una unica grande scuola, e che quindi finalmente tutti i ragazzi confluissero nella stessa struttura. Finalmente anche i disabili avevano il diritto di frequentare la scuola. Fu una grande

rivoluzione, che spinse tutto il mondo scuola a prendere coscienza che era necessario formarsi e modificarsi per permettere una buona offerta formativa anche per i ragazzi con bisogni speciali. Nel 1992 con la legge 104, si arrivò a


Medicina & Salute rendere ufficiale questo, esisteva una regolamentazione che richiedeva agli insegnanti di integrare le loro competenze didattiche. L’istituzione scolastica si preparava a ristrutturarsi e ad affrontare nuove sfide. Bisognava acquisire metodologie e prospettive didattiche sicure e valide per permettere la crescita personale e comunitaria di questi allievi. Ricordiamoci che l’inclusione si deve manifestare come quel processo che tiene conto sia dei punti di forza che delle criticità degli alunni. Le azioni didattiche-pedagogiche necessariamente adottate per l’inclusione scolastica devono quindi individuare i punti di debolezza, ma soprattutto riuscire a trovare e selezionare le prassi scolastiche più idonee atte a superare le difficoltà. Il piano per l’inclusione steso dal gruppo di lavoro, presente in ogni Istituzione Scolastica, ha il compito

di occuparsi proprio di questo. Nel suddetto piano si trova la visione globale della persona e le sue specifiche necessità, nonché le risorse che la scuola può mettere in campo. Dobbiamo concepire l’inclusione in termini di integrazione sia nel senso di riuscire ad accogliere tutte le diversità, e in base a queste ultime modulare e adattare le modalità organizzative e metodologiche, sia collaborare e integrare tutti i diversi attori che girano attorno a questi ragazzi, che siano specialisti, che siano realtà territoriali di diverso genere, come le associazioni per esempio. Solamente la presa in carico globale, darà i migliori frutti possibili. È necessario un lavoro di sinergia tra scuola, famiglia, servizi attivi e tutte quelle istituzioni di vario genere, che creano la rete in cui questi ragazzi si muovono. Bisogna creare una cultura

di rispetto alla disabilità. Da non sottovalutare anche l’ambiente sociale, l’aiuto a crescere come persone può essere dato attraverso i rapporti di qualità sia che si instaurino con gli insegnanti o con i compagni di classe. Se è vero infatti, che ragazzi disabili possono avere anche notevoli difficoltà a sviluppare degli armoniosi e integrati rapporti con gli altri, bisogna coltivare anche il fatto che gli altri si rapportino a loro positivamente. Per occuparsi di situazioni difficili, c’è bisogno non solo di competenze, ma di entusiasmo, coraggio e impegno. Bisogna credere nel cambiamento e chi lavora con la disabilità lo sa bene. Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel. 388 4828675

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Medicina & Scienza di Elisa Corni

Antibiotici storia e curiosità Antibiotici, virus, batteri, antivirali… c’è una gran confusione su questo tema. Per questo motivo domandarsi: “Cosa sono gli antibiotici e a cosa servono” non è così sciocco come sembra.

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nnanzitutto bisogno tenere presente che batteri e virus sono due cose molto diverse. Pur essendo entrambi microorganismi, i primi sono composti da un’unica cellula, mentre i virus sono forme di vita semplici e di dimensioni piccolissime che, non possedendo strutture di replicazione, a differenza dei loro lontani cugini, hanno bisogno di essere ospitati da forme di vita operative e non possono sopravvivere su superfici inerti come ad esempio i pavimenti di casa. Questi parassiti devono infettare nuovi ospiti, e alcuni di questi essendo patogeni possono dare origine a delle malattie. Anche i batteri esistono in forma patogena provocando infezioni per le quali il medico può prescrivere i famosi antibiotici. Per virus come il corona virus che sta flagellando la Cina in questo momento, dunque, gli antibiotici non servono a granché. Però possono comunque servire molto, dato che grazie ad alcuni di

Vincenzo Tiberio (da Fame di Sud)

essi si sono salvate innumerevoli vite. Basti pensare alla penicillina, il “primo antibiotico della storia umana”. La sua scoperta è stata attribuita al medico scozzese Alexander Fleming solo nel 1928. Questi lavorando nel suo laboratorio su una piastrina di coltura contaminata da muffa, osservò che la crescita batterica era inibita da qualche fattore a lui sconosciuto. Analizzando la coltura, scoprì la presenza di questa sostanza prodotta da dei microrganismi e la battezzò Penicillina. Nonostante questa scoperta portasse a Flemming il nobel nel 1945, è importante sapere che probabilmente a scoprire, osservare e descrivere questa sostanza per primo fu un medico italiano,Vincenzo Tiberio. Molisano di origine, nel 1895 lavorava presso l’Università di Napoli e riportò l’osservazione di una muffa la cui presenza inibiva la proliferazione batterica. Precursore delle scoperte degli anni Trenta, scriveva che “Le proprietà di queste muffe sono di forte ostacolo per la vita e la propagazione dei batteri patogeni”. Sì, perché antibiotico significa letteralmente “contrario alla vita”, e un abuso in medicina può provocare danni piuttosto seri al nostro organismo. Questo perché alcuni processi metabolici e fisiologici che avvengono nel nostro corpo sono veicolati e prodotti proprio dall’azione dei

batteri. Per questo dopo un ciclo di antibiotici ci consigliano di assumere prodotti in grado di assistere la nostra flora batterica. Ma questi prodotti non sono usati solo nell’uomo. L’allevamento intensivo di animali per la macellazione è spesso collegato a situazioni fortemente contrastanti rispetto ai naturali cicli vitali: i polli, perché crescano in fretta, sono esposti costantemente alla luce; gli animali sono costretti in ambienti malsani dove il contagio è all’ordine del giorno; l’alimentazione con insilati fa aumentare il rischio di insorgenza di malattie. E così vengono preventivamente “curati” con antibiotici. Il risultato, come rilevato da recenti studi scientifici, è che i batteri superstiti sviluppano una resistenza agli antibiotici, rendendoli inutili perché inefficaci. E questi geni potrebbero addirittura essere trasmessi all’uomo, inibendo l’effetto di questi farmaci salva-vita anche nella nostra specie. Scienziati e studiosi stanno quindi lanciando un allarme: dopo sessant’anni dalla loro introduzione gli antibiotici rischiano di farci ripiombare nella situazione precedente. È ora di prendere delle contromisure.

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Medicina & Salute di Laura Fratini*

Pensaci su! O forse no! Rimuginio e ruminazione: quando il pensiero si attorciglia su se stesso

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l pensiero umano è un processo meraviglioso. È il punto massimo dell’evoluzione, ciò che davvero ci distingue dagli (altri) animali. Da un punto di vista meramente pratico, grazie al pensiero l’uomo è dotato della capacità di ritardare la messa in atto di comportamenti in risposta a stimoli ambientali, è capace di modificare ciò che lo circonda e affrontare problemi complessi. Ma tanto è un’arma straordinaria per la sopravvivenza nella nostra quotidianità, con la capacità di analizzare e affrontare i problemi, tanto rischia di diventare un problema quando si rivolge contro noi stessi. Quando il pensiero diventa abituale, ripetitivo, intrusivo e focalizzato sui contenuti negativi può contribuire allo sviluppo e al mantenimento di quei problemi emotivi che, superata la fase della normalità, diventano un problema nella nostra quotidianità. I tipi di pensieri negativi sono tre: rimuginio, ruminazione e pensiero traumatico. Le persone che rimuginano spesso sono preoccupate per il futuro, per ciò che potrebbe accadere, così tentano di arrovellarsi su possibili soluzioni per prevenire un problema. Chi usa il pensiero come ruminazione, invece, è spesso orientato al passato: immaginiamoci una mucca che rumina, mastica continuamente il cibo portandolo dal rumine alla bocca. Così, funziona la ruminazione, pensiamo a ciò che abbiamo fatto o detto illudendo noi stessi di trovare soluzioni pensando alla medesima cosa per ore. Rimuginio e ruminazione ingannano, ci illudono di trovare soluzioni o attenua-

no l’immediato stato d’animo sgradevole ma nel lungo termine la sofferenza emotiva aumenta e non troviamo mai una reale risoluzione ai problemi. Queste convinzioni portano a provare ulteriore ansia e a sentirci in balia dei nostri pensieri, sentendoci impotenti davanti ad essi. In genere, quando si è vittima di pensieri o immagini ricorrenti, la soluzione tentata di solito è quella di cercare di scacciare il pensiero, o di evitare di pensare. Di fare cioè in modo di impedire al pensiero di presentarsi o di ripetersi. Lo scacci, lo mandi via, lo eviti…ma questo si ripresenta. Immaginiamo di pensare ad un elefante rosa, chiudete gli occhi e pensateci. Adesso aprite gli occhi e provare a pensare a tutto ciò che volete ma non pensate più ad un elefante rosa. Cosa vi accade? E praticamente impossibile non vedere quel maledetto elefantino rosa! In genere scacciare un pensiero è mol-

to faticoso e non è un granché come soluzione. Le terapie brevi, approcci psicoterapeutici pragmatici e l’ipnosi sono vincenti come metodi scientifici per estirpare questo tipo di problema che spesso crea vere e proprie difficoltà nella quotidianità delle persone. Chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta fa la differenza, con delle tecniche precise e mirate le persone possono riuscire a cambiare il loro modo di affrontare certi processi di pensiero che si rivelano la trappola stessa della loro sofferenza. Vi consiglio questo quaderno simpatico, molto pratico ed efficace: Quaderno d’esercizi di psicologia positiva di Yves-Alexandre Thalmann (Autore), J. Augagneur (Illustratore), R. Franceschini (Traduttore) * Dott.ssa Laura Fratini Psicologa - Psicoterapeuta Studio, Piazzale Europa n°7 - Trento Tel. 3392365808

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La vera Solidarietà di Massimo Dalledonne

La chiesetta S.Maria ad Nives in Sella

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lavori sono durati cinque mesi. Da giugno ad ottobre 2019 diversi volontari degli alpini della Bassa Valsugana e del Tesino hanno lavorato in Val di Sella per la ricostruzione del tetto della Chiesetta S. Maria ad Nives, parzialmente scoperchiato in occasione della tempesta Vaia nell’autunno del 2018. Come ricorda il consigliere di zona dell’ANA Riccardo Molinari “nel dicembre dello stesso anno abbiamo dato la nostra disponibilità alla parrocchia di Borgo e, dopo aver fatto richiesta al comune per circa 50 mc di legname, con i consiglieri Remo Raffi, Stefano Zanghellini e Italo Battisti, a suo tempo promotore dell’iniziativa, abbiamo effettuato i primi sopralluoghi. E fin da subito – ricorda Molinari – abbiamo deciso di ricostruire un tetto molto più robusto del precedente. Da qui la necessità di avere più legname. Nel marzo del 2019 il comune ce ne assegnò 100 metri cubi, materiale che identificò in località Canaia”. Le prime operazioni non sono state facili. Il legname, infatti, poteva essere lavorato solo da ditte di esbosco autorizzate e il taglio doveva essere eseguito in fasi

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diverse. “Abbiamo chiesto aiuto al comandante della Stazione Forestale di Borgo Dott. Marco Olivari – ha proseguito Riccardo Molinari - che da subito si è dimostrato disponibile e agevolando di molto il nostro lavoro. A metà maggio le ditte, affiancate da alcuni nostri volontari, hanno eseguito il taglio e, in questo contesto, desideriamo ringraziare anche il professor Giuliano Morandi per aver donato alcune piante di sua proprietà, schiantate da Vaia che ostruivano l’accesso al cantiere e che sono state ricomprese nel lotto di taglio”. All’inizio di giugno sono iniziate le prime operazioni sul posto e i lavoro svolti nel fine settimana con squadre di 6/8 volontari. Un cronoprogramma che prevedeva la rimozione del tetto, la ristrutturazione della parte muraria ed il montaggio della nuova copertura. “Con gli alpini hanno fattivamente collaborato anche diverse ditte della zona. Voglio ricordarle una per una: Roberto Pecoraro di Telve, Daniel Paterno di Spera, Enzo Casagranda di Scurelle e Michele Perer di Samone per il taglio e il trasporto del legname; la Segheria

Battisti di Torcegno per il progetto esecutivo, segagione, piallatura, essicazione, verniciatura e trasporto del legname; la Full Color di Castelnuovo per la verniciatura; lo Studio dell’ing. Rossano Stefani di Tezze per la firma dei calcoli statici; la Edilmenon Costruzioni Srl di Scurelle per il noleggio dei ponteggi; la Zortea Srl Costruzioni di Castelnuovo per il noleggio della gru di cantiere, trasporto materiali e recupero inerti; la Tecno Crane Snc di Campodarsego (PD) per il montaggio, smontaggio e manutenzione della gru di cantiere; la Tecno Luce di Castel Ivano per la redazione della dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico e la Carpenteria Bortolotti di Scurelle per la costruzione di un soppalco in ferro contro le cadute dall’alto dei volontari e l’Impresa Edile Cenci Lucio di Ospedaletto”. Il cantiere è stato recintato il 7-8 giugno ed il 3 dicembre, ultimo giorno di lavoro, avviene lo smontaggio della gru ed il trasporto inerti in discarica con la copertura in lamiera del tetto effettuata dal 18 ottobre al 4 novembre dalla ditta Pitaro Lattoneria di Tezze. “Ecco alcuni numeri del


La vera Solidarietà nostro intervento. In tutto siamo stati impegnati in 63 giornate lavorate, di cui 3 dedicate al taglio legname, 45 in cantiere e 15 in segheria. Sono stati coinvolti 100 volontari con 1700 ore/ uomo lavorate. Il nuovo tetto è stato realizzato con una copertura in legno di abete per una superficie coperta pari a 275 mq con doppio tavolato areato e guaina di protezione. Oltre ai volontari dell’A.N.A. Valsugana e

Tesino – conclude Molinari – voglio ringraziare la sezione di Trento per il contributo concesso, finanziato con l’iniziativa di solidarietà “l’Alpino adotta un Pino”, lo Studio Associato d’Ingegneria PeD di Borgo dell’ing. Amos Poli in qualità di Direttore dei lavori, i F.lli Battisti della Segheria Battisti Srl di Torcegno e in primis il socio Italo Battisti, promotore ed esecutore del progetto del tetto, il capocantie-

re Remo Raffi, il consigliere Stefano Zanghellini ed il Nu.Vol.A Valsugana della P.C. ANA Trento. Come alpini ci auguriamo di vedere presto questa chiesetta riportata al suo iniziale splendore, in un luogo splendido qual è la Val di Sella, consapevoli di aver dato anche per essa il nostro piccolo contributo per una rinascita che, ci auguriamo, la possa portare in tempi brevi, al suo originale splendore”.

CALCERANICA AL LAGO

Assemblea pensionati

S

i è svolta domenica 9 febbraio l’assemblea generale ordinaria dell’Associazione Pensionati e Anziani di Calceranica al Lago. La presidente Gilia Fontana, dopo il saluto di benvenuto, ha relazionato sull’attività svolta nel corso del 2019 mettendo in risalto le principali iniziative come le gite, i momenti conviviali, i soggiorni al mare, gli appuntamenti con musica e ballo in sede due volte al mese, le feste, i momenti culturali. Ha ricordato anche due appuntamenti particolari che si sono svolti in collaborazione con l’amministrazione comunale, la Parrocchia e le altre associazioni del posto: la presentazione del libro “continuo a pregare che venga la pace ma anche che si termini la Quaresima”- memorie 1914-1919 del soldato Giuseppe Gremes, e la giornata dell’anniversario della morte di padre Basilio Martinelli con la presenza di una delegazione dei Padri Cavanis di Possagno. Poi ha illustrato il programma di attività per il 2020 elencando la nuova serie di iniziative che sostanzialmente ricalca quella del 2019. La segretaria Enrica Malpaga ha quindi illustrato la situazione economica dell’Associazione il cui bilancio chiude al 31 dicembre 2019 con un attivo di poco più dei 600 euro. All’assemblea hanno preso parte più di sessanta soci dei circa 130 iscritti, di cui molti provenienti pure dai paesi vicini. Sono intervenuti anche il primo cittadino Cristian Uez e la sua vice Cinzia Tartarotti che hanno lodato l’operato di questo piccolo ma tanto importante ente, sottolineando l’entusiasmo e il grande impegno della presidente che guida questa associazione da oltre 20 anni. (M.P.)

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In Valsugana di Massimo Dalledonne

Aperta la stagione:

vita dura per i pesci D

a qualche giorno anche in Valsugana è iniziata la stagione della pesca. Dal 1 marzo, infatti, diverse lenze sono entrate in azione nei fiumi e torrenti della zona, in quelle aree dove è possibile pescare secondo le indicazioni delle quattro associazioni: quella di Grigno, di Scurelle, del Tesino e dei Dilettanti Sportivi della Valsugana. Una realtà, quest’ultima, che lo scorso anno ha dovuto fare i conti con calo dei soci (da 312 a 272) e delle uscite, in tutto 4.127 rispetto alle 4.347 dell’anno precedente. In aumento le catture, passate da 10.301 del 2018 alle 10.467 dello scorso anno. Nel corso del 2019 sono stati una decina gli interventi effettuati con

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l’elettrostorditore con il guardiapesca Paolo Smarzaro impegnato in 11 sopralluoghi sui torrenti e fiumi della zona, seminati con diverso pesce proveniente dall’incubatoio di Telve di Sopra. Si tratta di trote marmorate, alcune rilasciate in accordo con i pescatori di Grigno, di fario adulte, fario 4/6 e 6/9 oltre a trotelle e salmerini, quest’ultimi seminati al lago di Nassere, Rava e Montalon e provenienti dall’incubatoio di Molveno”. Novanta chili di marmorate, 100 di fario e 2 quintali di fario adulte sono state cedute ai pescatori della zona del Fersina e dell’Alto Brenta, del Primiero, del Vanoi e di Castello Tesino. Dalle cinque società che gestiscono altrettanti impianti idroelettrici sul territorio (Polemos sul Moggio, Hydro Dolomiti, Maso Energia per Maso di Calamento e Spinelle, Proming per il Brenta e Monte Giglio per il Maso di Carzano) l’Associazione ha incassato poco più di 29 mila euro quale compensazione per gli effetti creati dagli svasi con il bilancio 2019 che si è chiuso con un avanzo gestionale di oltre 11 mila euro. I soci dell’associazione attualmente sono 272, così distribuiti: Bieno (2), Borgo Valsugana (74), Carzano (7), Castelnuovo (18), Castel Ivano (43), Novaledo (12), Ospedaletto (16), Roncegno Terme (24), Ronchi (3), Samone (3), Telve (39), Telve di Sopra (7) e Torcegno

(11). “Nel corso dell’anno abbiamo effettuato diversi lavori all’incubatoio – sottolinea il presidente Massimo Andriollo – e per quanto riguarda la nuova piazzola di pesca per persone con disabilità motoria, realizzata dalla Provincia lungo il fiume Brenta in via Roma a Borgo, abbiamo dato dei suggerimenti e degli spunti progettuali ma le esigenze idrauliche e di sicurezza fluviale hanno ridotto di parecchio la fruibilità della zona rispetto alle nostre esigenze”. In collaborazione con l’Ufficio Foreste e Fauna della Provincia, infine, l’associazione si è impegnata nella campagna ittiogenica riguardante la trota marmorata e la trota fario. Lo ha fatto utilizzando le fattrici presenti nell’incubatoio di Telve di Sopra.


In collaborazione con Pizzeria VINTAGE- Borgo Valsugana

Pasta madre e lievito di birra

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er tanto tempo gli esperti dell’alimentazione si sono chiesti se, per la preparazione di moltissimi alimenti, specialmente quelli da forno, sia più opportuno usare il lievito di birra o la pasta madre. Tutti sono concordi nell’affermare che entrambi, anche se hanno composizione e comportamenti ,sono indispensabili allo sviluppo e crescita di volume dell’impasto. Ma quali le differenze sostanziali tra i due lieviti? Il primo, quello di birra, usato fin dall’antichità (si può trovare sotto forma di panetto fresco oppure essiccato in bustine) ha tempi di lievitazione, nella media, di circa di un’ora e mezza, massimo tre/ quattro, per ottenere un impasto lievitato e quindi

è più comodo perché basta usarlo all’occorrenza. Con il secondo invece (la pasta madre che richiede cure settimanali) i tempi di lievitazione possono raggiungere anche le ventiquattr’ore, pertanto occorre preparare l’impasto con un certo anticipo. Il lievito madre è di fatto un organismo vivente complesso che necessita continue cure. La sua preparazione parte da un impasto di acqua e farina, ma affinché mantenga la sua capacità lievitante, deve essere rinfrescato tutte le settimane. Con l’aggiunta, secondo le dovute quantità e proporzioni, di nuova acqua e nuova farina. Per informazione ricordiamo che esiste anche il lievito di birra istantaneo (non necessita di lievitazione) usato per la preparazione delle torte salate o della

pizza in padella. Anche per quanto riguarda la loro composizione, i due lieviti si differenziano e non di poco. Il lievito di birra è composto unicamente da organismi che appartengono al ceppo Saccharomyces cerevisiae , mentre la pasta madre oltre ai lieviti di cui il genere dominante è il Saccharomyces, anche diverse specie di batteri lattici eterofermentanti e omofermentanti del genere Lactobacillus. Aspetti culinari ed organolettici ci dicono che gli impasti ottenuti con il lievito madre non solo sono più leggeri e digeribili rispetto ai corrispettivi preparati con il lievito di birra, ma gli alimenti prodotti (pane, pasta di pizza ed altro) presentano il tipico e piacevole caratteristico profumo. (A.M.)

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Le cronache locali LEVICO TERME

Tavolo verde

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’ APSP “San Valentino” di Levico Terme, ha organizzato anche quest’anno , un torneo di briscola riservato ai residenti delle Case di Riposo della Valsugana e zone limitrofe, con giudici di gara i dirigenti del Gruppo Pensionati a Anziani di Levico Terme guidato da Marco Francescatti. Terminate le prove, si è proceduto alla premiazione presso la grande sala della San Valentino proprio nel pomeriggio di quella ricorrenza, il 14 febbraio. Presenti i dirigenti e gli ospiti dell’Istituto levicense, la presidente Martina Dell’Antonio ha consegnato le coppe ed altri premi ai 10 gruppi partecipanti, mentre il fisarmonicista Pierino intonava allegre vecchie canzoni e l’appuntamento si è concluso con un signorile rinfresco offerto a tutti. Questi gli istituti partecipanti al torneo: Casa soggiorno Isola della Luna di Levico Terme che si è classificata al primo posto con la coppia Ruggero Martinelli e Maria Pia Barberi; APSP Levico Curae are anziani; APSP San Giuseppe Roncegno; APSP Levico Curae area disabili; APSP “Santo Spirito Fondazione Montel” di Pergine; Centro diurno Isola della Luna; APSP Redenta Floriani Strigno; APSP Margherita Grazioli Povo; APSP “S. Lorenzo e S. Maria della misericordia” di Borgo Valsugana; APSP “Piccolo Spedale” Pieve Tesino. Primo classificato è risultato la Casa soggiorno Isola della Luna di Levico Terme con la coppia Ruggero Martinelli e Maria Pia Barberi.(M.P.)

LEVICO TERME

Poeti e poesie

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avanti ad una sala particolarmente gremita, è stato presentato venerdì 14 febbraio scorso presso la sala consiliare del comune di Levico Terme, il libro di poesie del levicense Alessandro Perina, ingegnere e insegnante ora a riposo, nonchè assessore alla cultura dal 1995 al 2000 del comune di Levico Terme, “Disvelare il senso”, realizzato in collaborazione con la locale Associazione Culturale Chiarentana. Una raccolta di 83 poesie che Alessandro ha scritto dopo il 19 maggio del 2018, quando venne a mancare la moglie Maria. La prima composizione è dedicata proprio a lei ed è intitolata “L’amore che mi hai dato” e che si conclude con queste patetiche parole: “In ogni sguardo, in ogni sorriso delle persone che ho incontrato, ho ritrovato l’amore che mi hai dato!”. Alla presentazione è intervenuto, oltre l’autore, anche il letterario Stefano Borile che ha pure condotto la serata che è stata intervallata fra musica e recite. Si sono alternati nelle letture anche Clara Angeli, Bianca Perina e Aurelio Micheloni. (M.P.)

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Giovani & Società di Massimo Dalledonne

Teatro per dieci Visto climatico Per dieci studenti trentini, e fra loro due ragazze dell’Istituto Degasperi di Borgo, il progetto europeo “Visto climatico” è stata l’opportunità per approfondire il tema dei cambiamenti climatici. La loro esperienza diventata anche spettacolo teatrale.

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elle ultime settimane hanno portato nei teatri e nelle scuole della Provincia lo spettacolo “Sabbia”. Assieme ad altri studenti trentini, dopo il debutto di Trento e la tappa di Borgo, Devki Costa e Rachele Zanella hanno messo in scena un lavoro che, per loro, rappresenta una esperienza che non dimenticheranno mai. A fine novembre hanno partecipato alla Conferenza sul clima dei giovani (COY15) che si è tenuta a Madrid. In Spagna hanno avuto l’opportunità di scambiare conoscenze ed esperienze sul tema dei cambiamenti climatici, si sono confrontati con persone provenienti da diverse parti del mondo. Devki frequenta la 5ARI, Rachele la 3AFM dell’Istituto Degasperi di Borgo. Rachele Zanella arriva dalla Valbrenta. Assieme a Devki, circa un anno fa ha aderito al bando del progetto “Visto Climatico” promosso dall’associazione Viracao&Jangada. Da febbraio a giugno dello scorso anno i dieci studenti hanno lavorato per formare il gruppo e da settembre hanno iniziato il loro percorso teatrale. Poi, a fine novembre, i tre giorni nella capitale spagnola. Devki e Rachele, sia prima che dopo il loro viaggio a Madrid, hanno partecipato alla creazione dello spettacolo. “Ora – ci racconta Rachele Zanella - voglio concretizzare ciò che ho appreso a Madrid e diffondere la consapevolezza del problema. Credo che il cambiamento debba iniziare in

primo luogo da noi stessi, dalle piccole cose e dalle piccole abitudini che caratterizzano le nostre vite. Quest’esperienza è stata unica e mi ha fatto capire che la forza di noi giovani può fare la differenza! Ognuno di noi – prosegue Devki Costa - ha avuto la possibilità di partecipare a diversi laboratori, conferenza e discussioni di gruppo in modo individuale o in gruppo e questo ha fatto sì che avessimo la possibilità di conoscere persone da tutto il mondo, e grazie a ciò ho avuto la possibilità di confrontarmi con queste persone e discutere su quello che è la loro visione dei cambiamenti climatici. Nello scambio con altre persone – sottolinea Rachele - che vivono nei paesi con una differenza notevole in ambito economico, sociale e cultura-

le rispetto a noi è stato sorprendente il riscontro che ho avuto nella loro sensibilità che è uguale alla nostra o forse anche più forte”. Ancora Rachele. “Io ho speranza nella forza di noi giovani, una forza che potrà portare al cambiamento solo se ripuliamo le nostre vite. Sono consapevole che non è semplice ma ognuno di noi nel suo piccolo può fare qualcosa. Da Madrid - – conclude Devki Costa - sono tornata consapevole di cosa voglio davvero per il mio futuro e che tipo di persona voglio diventare. Consiglio a tutti di fare un’esperienza del genere in quanto ti forma come persona e ti apre la mente. Perché noi giovani – concludono le due studentesse del Degasperi - insieme possiamo essere il cambiamento. We are action!”.

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Le cronache locali LEVICO TERME

Foibe: il giorno del ricordo

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nche Levico Terme ha celebrato la giornata della Memoria organizzata dall’amministrazione comunale. Nel pomeriggio di lunedì 10 febbraio, autorità civili e militari accanto ai rappresentanti di associazioni combattentistiche e d’arma nonchè numerosi cittadini, partendo dal Municipio hanno percorso il breve tratto di qualche centinaio di metri ed hanno raggiunto il “Giardino delle Memoria” ricavato nel 2008 nel parco dell’ex ospedale dove era stata collocata una lapide con accanto un albero a ricordo dei tanti nostri connazionali che vennero gettati nelle grotte carsiche chiamate foibe. Dopo il suono del silenzio d’ordinanza da parte del trombettista Simone Francescatti, l’arciprete di Levico Terme don Ernesto Ferretti ha benedetto la lapide e la corona. Quindi il sindaco Gianni Beretta ha ricordato quei tragici eventi che con tanta feroce violenza voluta dalle dittature totalitarie e dall’integralismo politico, hanno portato al genocidio di intere popolazioni. Il vicesindaco Arcais Patrick: “Oggi celebriamo la “sciagura nazionale” delle foibe e degli esuli Giuliano-Dalmati, un esodo dalle dimensioni incredibili. Sciagura, proprio come l’ha definita in questi giorni il Presidente della Repubblica Mattarella, intimando all’intera Nazione il ricordo di ciò che in quegli anni accadde e mettendo in guardia dalle “sacche di deprecabile negazionismo” che ancora oggi insistono nella loro azione denigratoria. Non spetta certo a noi oggi stabilire le responsabilità di quelle atrocità, divenendo una vera e propria caccia all’uomo. E qui è il caso di ricordare anche una delle protagoniste, Norma Cossetto, la ventitreenne seviziata e barbaramente gettata nella foiba di Villa Surani tra il 4 ed il 5 ottobre 1943. I nostri giovani, conclude il vicesindaco, devono sapere cosa accadde, devono essere portati a conoscenza di quei fatti”. Sulla stessa linea anche l’assessore regionale Claudio Cia: “Quella degli eccidi delle foibe è una storia dai connotati tragici che tutto il mondo si augura non abbiano mai più a ripetersi”. . (M.P.)

CALDONAZZO

La festa dei Patroni

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lmeno cento soci dei circa 200 iscritti al Gruppo Pensionati e Anziani di Caldonazzo, hanno festeggiato i loro Santi Patroni Simeone e Anna. Dopo la solenne Messa nella parrocchiale celebrata dal parroco don Emilio Menegol, i partecipanti hanno raggiunto l’hotel Paoli a Lochere di Caldonazzo per un momento conviviale assieme. Accanto alla presidente Rita Girardi che ha dato il saluto di benvenuto, sedeva il suo vice Giuseppe Conci ed alcuni altri componenti il direttivo. Presente anche il primo cittadino Giorgio Schmidt e l’assessore Marina Eccher nonchè alcune suore permanenti a Caldonazzo. Un saluto particolare è stato rivolto alla “nonna del Gruppo”, la signora Carmela Sadler che il prossimo 18 luglio compirà i suoi 101 anni di vita. (M.P.)

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Le cronache locali LEVICO TERME

I micologi in assemblea

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i è tenuta nel pomeriggio di sabato 8 febbraio a Levico Terme presso l’oratorio parrocchiale, l’annuale assemblea ordinaria dei Soci del locale Gruppo Micologico “Bruno Cetto”. Dopo la nomina a presidente dell’assemblea di Marco Francescatti, il presidente Marco Pasquini ha fatto osservare al centinaio di tesserati presenti dei 265 iscritti, un minuto di silenzio in memoria di quei soci che nel 2019 hanno lasciato questo mondo. Poi ha tenuto la relazione di sua competenza sottolineando l’attività svolta nel corso del 2019 ed ha presentato il programma per l’anno in corso. Fra le attività dell’anno da poco trascorso ha ricordato in particolare le uscite micologiche, le mostre di fiori e funghi, la consulenza ed informazione micologica presso la sede sociale durante tutta l’estate per concludersi con la “Strozegada de Santa Luzia” del 12 dicembre, la manifestazione più imponente che coinvolge sempre più di mille persone provenienti anche dai paesi vicini. Ha poi illustrato il programma per l’anno in corso che ricalca essenzialmente quello del 2019. Eccolo nel dettaglio. Nel mese di maggio, in data da definire, si eseguiranno i lavori di manutenzione alla baita in Vezzena per preparare la nuova stagione e ripristinare la recinzione. 28 giugno tradizionale prima auscita micologica della stagione nei boschi di Torcegno con base al baito del Socio Romeo; 5 e 6 luglio: 33” Mostra dei fiori di montagna e piante officinali a Levico Terme. 26 luglio uscita micologica in Valle dei Mocheni — zona Kamauz. 23 agosto uscita micologica in Sella Valsugana; 5 e 6 settembre 45^ Mostra micologica a Levico Terme; 27 settembre Mostra micologica a Telve Valsugana in occasione della Sagra di S. Michele; 11 ottobre l9^ Giornata micologica nazionale - Festa del Socio con pranzo di chiusura della stagione; 12 dicembre 42^ Strozegada de Santa Luzia. Durante i mesi di luglio, agosto e settembre, nei giorni di lunedì e sabato non festivi, la sede sociale sarà aperta dalle ore 20.00 alle 21.00 per il servizio di informazione e consulenza micologica al quale tutti potranno accedere liberamente. Durante tutto il periodo estivo, inoltre, continuerà l’esposizione di funghi freschi nelle vetrinette di Viale Dante a Levico e presso il Ristorante “Il Cacciatore” ai Prati di Monte (Strada dei Baiti per Vetriolo). È seguita la relazione del cassiere Roberto Coli che ha illustrato il bilancio che si è chiuso con un avanzo di poco superiore ai 600 euro. In rappresentanza dell’amministrazione comunale era presente l’assessore Paolo Andreatta che ha lodato l’operato di questa tanto attiva associazione levicense. (M.P.)

LEVICO TERME

Come eravamo

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n questa foto d’epoca gentilmente concessaci dallo storico Ferruccio Galler, vediamo i custodi forestali (saltàri) del comune di Levico, in occasione della festa degli alberi nell’anno 1950 in località Guizza. Alcuni sono stati riconosciuti: Pietro Libardi, Arcangelo Moschen, Germano Magnago, Emilio Libardoni, il comandante la stazione forestale di Levico Martinelli con vice Finco. Accanto a loro il comandante della Stazione Carabinieri di Levico Maresciallo Munari. (M.P.)

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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli *

2019 un anno caldo e il 2020 inizia ancora peggio

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l 2019 a livello planetario si è chiuso al 139° posto su 140 anni di osservazioni (dal 1880 al 2019) , quindi il secondo anno più caldo di sempre dopo il 2016, il tutto come ben evidenziato in figura n. 1 Prendendo come base di riferimento il periodo 1901-2000, il 2019 ha registrato un’anomalia di temperatura di +0,95°C, il più caldo fu il 2016 con un’anomalia di +0,99°C, più freddo il 1904 con un’anomalia di -0,46°C. (dati della NOAA – National Oceanic and Atmosperic Administration degli USA). Secondo l’analisi climatica pubblicata da Meteotrentino relativa al 2019, l’anno appena concluso è stato in assoluto il più caldo dal 1930 per Levico Terme e il secondo anno più caldo per Trento Laste e Careser rispettivamente dal 1920 e dal 1930. Il grafico di fig. 2 mostra come anche per l’Italia, secondo le elaborazioni del CNR Isac, il 2019 sia stato un anno caldo, la tabella mostra le anomalie di temperatura rispetto al periodo 1981-2010. Tornando alla Valsugana, colto dalla curiosità della foto scattata dal sottoscritto il 12 febbraio 2006 (14 anni fa), che mostra un’Alta Valsugana innevata con i laghi di Caldonazzo e Levico ghiacciati (vedi fig. 3), sono andato ad analizzare le temperature dell’aria di Levico Terme e dell’acqua di superfice del lago di Levico, effettuando un raffronto con la situazione attuale. Se si fa un confronto con i valori delle minime (vedi figura 4) e delle massime (vedi figura 5), non c’è un solo giorno del febbraio 2020 con temperature più basse dei primi 12 giorni del febbraio 2006. La media delle minime dei primi 12 giorni di febbraio 2006 fu di -6,0°C rispetto alla media dei primi 12 giorni 2020 di -0,8°C (quindi 5,2°C più caldo quest’anno), nel 2012 (sempre primi 12 giorni di febbraio) la minima più bassa raggiunse i -8,9°C il giorno 7, quest’anno si è fermata a -3,0°C sempre il giorno 7. Per quanto riguarda le massime, nel 2012 la media (sempre primi 12 giorni di febbraio) fu di +7,0°C, quest’anno invece di +11,2°C (quin-

Fig. 1 Anomalie temperatura Pianeta Terra 1880-2019 rispetto a periodo 1901-2000.

Fig. 2 Anomalie temperatura Italia 1800 2019 rispetto a periodo 1981-2010

Fig. 3 Laghi di Caldonazzo e Levico innevati e ghiacciati

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Che tempo che fa di 4,2°C più caldo quest’anno), la massima più elevata nel 2006 fu di +10,6°C il giorno 2, quest’anno di +16,3°C il giorno 11. Mediamente i primi 12 giorni di febbraio 2006 furono 4,7°C più freddi di quelli del 2020. Quindi un 2020 che Fig. 4 Minime Levico primi 12 giorni Febbraio 2006 vs 2020 Fig. 5 Massime Levico primi 12 giorni Febbraio 2006 vs 2020 inizia ancora all’insegna del caldo, Meteotrentino ha emesso il meteo www.meteolevicoterme.it ), anche dall’assenza di precipitazioni, report del mese di gennaio dal quale successivamente ho rilevato 5,1 mm mentre sto scrivendo questo artisi evince un ennesimo mese con complessivi nel mese di gennaio e colo (21/02) a Levico Terme l’ultima temperature sopra la media, addi4,5 nel mese di febbraio, a fronte di precipitazione degna di questo nome rittura di 3°C alla stazione Meteo di valori medi di 50 mm per entrambi i risale ai quattro giorni compresi tra Trento Laste. mesi, in poche parole precipitazioni il 19 e 22 dicembre quando in totale E questo 2020, per ora, è caratterizinferiori del 90% alle medie. caddero quasi 55 mm (dati Stazione zato, oltre che da temperature miti, * Elaborazioni di Giampaolo Rizzonelli anche su dati forniti da Provincia Autonoma di Trento e da Associazione Meteotrivenet

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Gli alpini in assemblea

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Si è tenuta recentemente a Caldonazzo l’annuale assemblea ordinaria del locale Gruppo Alpini che prevedeva, fra l’altro, la nomina del nuovo direttivo. Il capogruppo uscente Aldo Marchesoni, dopo il saluto di benvenuto ai 55 soci intervenuti, ha tenuto la sua relazione illustrando l’attività svolta nel corso del 2019 ed ha poi anticipato alcuni eventi previsti per l’anno in corso. Marchesoni ha voluto esprimere riconoscenza anche al gruppo di donne presenti, sempre pronte ad aiutare le Penne Nere nelle varie iniziative e le ha premiate con un mazzo di fiori. Ai lavori hanno presenziato anche il vicepresidente della sezione ANA di Trento generale Carlo Frigo che ha illustrato l’attività della sezione di Trento, il consigliere mandamentale Vincenzo D’Angelo, il primo cittadino di Caldonazzo Giorgio Schmidt, il maresciallo Francesco Giacchetto che è stato recentemente insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica. Tutti hanno lodato l’attività di questo Gruppo, sempre disponibile ed operoso anche di fronte alle necessità della gente. Anche il parroco don Emilio Menegol ha espresso lode per lo spirito di fraternità sempre vivo all’interno di questa amata associazione. Poi il cassiere Edoardo Gretter ha illustrando il bilancio chiuso al 31 dicembre 2019. Si è quindi proceduto alla votazione per il rinnovo del direttivo scaduto per compiuto mandato, che ha visto la riconferma dell’intera dirigenza. Ecco i dirigenti che resteranno in carica per i prossimi tre anni: Capogruppo Aldo Marchesoni, consiglieri Andrea Campregher, Remo Brida, Lucio Begher, Maurizio Ciola, Edoardo Gretter, Franco Lamber, Lorenzo Marchesoni, Diego Pola, Valerio Pola, Aldo Stenghel. Questi i rappresentanti “Amici degli Alpini”: Giangiacomo Menegoni e Sergio Pasqualini. (M.P.)

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QUESITO A SCHEMA: L’ECO

ORIZZONTALI: 1. Un famoso eremo vicino a Rovereto - 12. Una Provincia come quella di Trento - 13 . Una abbreviazione sulla busta - 14. La sigla di una taglia molto piccola - 15. Riparano stecche e manici - 18. E' famoso 1quello delle Benne - 20. Ammiraglio che diede il nome ad una corazzata e ad un sottomarino del secolo2 scorso - 21. Si1 discute in una riunione (sigla) - 22. Pianta erbacea del Centro/Sud America i cui semi sono molto usati nell'alimentazione - 23. Una Valle e una città italiana - 25. Articolo romanesco - 26. Si accompagnano ai crauti - 27. 3 - 30. Preceduta da Sine, significa senza Una negazione - 28. La sigla del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca una scadenza - 31. Una marca di benzina - 33. Aspettato da tempo - 35. Anche Madrano ne ha uno - 37. Nota forma allotropica dell'ossigeno - 38. Grossa città del Nord della Sardegna dove si parla il catalano - 40. Il conduttore di La 4 Repubblica delle Donne su Rete 4 (iniz.) - 41. Non tutti vengono per nuocere - 42. Scopi... senza sci! - 43. L'ornitologia è quella che studia gli uccelli - 46. La fine delle bugie - 47. Non qui - 48. Tante sono le virtù teologali - 49. Zelo, alacrità - 52. L'ultimo Giovanni Paolo - 53. Si cita quello classico o quello scientifico - 54. Balena nella mente. 5

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ORIZZONTALI: 1. Amuleto, portafortuna - 11. La più famosa Christie - 12. Il Conte di San Bonifacio che dà il titolo alla prima opera di Verdi - 15. Gli elenchi esposti ai seggi elettorali - 16. Serpente a sonagli - 17. Favola... senza favo! -

18. Beffeggiare - 20. Addis Abeba ne è portafortuna capitale - 22. Nel caso che -La 23. più Contestazione parte di un -cliente ORIZZONTALI: 1. Amuleto, - 11. famosada Christie 12. -Il24. Un premio molto ambito dagli attori - 26. La farina più raffinata - 27. Misteriosa, nascosta - 28. Lo specialista che studia la Conte di San Bonifacio che dà il titolo alla prima opera di Verdi - 15. Gli elenchi circolazione del sangue - 31. La provincia di Grigno - 32. Titolo arabo al quale si associa grande ricchezza - 33. A fine esposti ai seggi - 16. Serpente a sonagli - 17. Favola... - 18. Novecento si temevaelettorali quello del Millennium - 34. L'autore di una celeberrima fontana insenza rame chefavo! si trovava a Borgo Valsugana dedicata adAddis Evita Peron (iniz.)ne - 35. Organo contenente le spore in alcuni generi di funghi - 36. Sono uguali Beffeggiare 20. Abeba è capitale 22. Nel caso che 23. Contestazione in Ala - 37. Laboratorio... in breve - 39. Il capoluogo più meridionale delle Marche (sigla) - 40. Un piccolo, moderno dascooter partedella di un cliente Un ITEA... premio molto- ambito dagli attoriGrecia - 26.definiva La farina più e la Piaggio - 42. -La24. Società di Milano 45. Voce che nell'antica la tristezza malinconia- -27. 47. E'Misteriosa, molto varia quella delle zone-geografiche ondulate - 48. La bocca dei Latini. raffinata nascosta 28. Lo specialista che studia la circolazione delVERTICALI: sangue - 31. La provincia di Grigno al quale- si associa gran-- 4. Lo 1. Circolavano in Valsugana nel 1600- -32. 2. LoTitolo sono le arabo persone benestanti 3. Prima di... Vegas dei Pesci-- 33. 5. I portatori-guida himalayani -si6.temeva Però - 7. Viquello si trova Palù Fersina rispetto a Pergine - 8. Un fiato destudio ricchezza A fine Novecento del del Millennium - 34. L’autore - 9. Il Dies del Giudizio Universale - 10. Arma da lancio australiana - 13. Lo fu di origine il Re Porsenna di nell'orchestra una celeberrima fontana in rame che si trovava a Borgo Valsugana dedicata ad 14. Simbolo del tallio - 16. Un comune saluto - 19. Rincalzare le lenzuola o le coperte - 21. Le immagini sul desktop Evita - 35.Comparsa Organo contenente le-spore in alcuni generisididepositano funghinei - 36. 22. E'Peron famoso(iniz.) quello della a Montagnaga di Piné 24. I rifiuti che in Valsugana cassonetti marrone - 25. Le di... Calceranica - 27. Lein vocali nel lago - 28.IlI capoluogo chiacchieroni nepiù hanno due! - 29. Pari sulla Sono uguali inperiferie Ala - 37. Laboratorio... breve - 39. meridionaschedina - 30. Il Toe che è il più semplice salto nel pattinaggio su ghiaccio - 32. Un fitto bosco - 33. Un Gruppo come le The delle Marche - 40.- 38. UnUnpiccolo, della Piaggio 42. La molte Indigo Devils di (sigla) Levico Terme pipistrello...moderno a Londra - 41.scooter Lo è l'azoto - 43. Non qui - 44.- Compose Società ITEA... di Milano - 45. Voce che nell’antica Grecia definiva la tristezza e la malinconia - 47. È molto varia quella delle zone geografiche ondulate - 48. La bocca dei Latini.

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gratuito Periodico azione e cultura

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LA ZIONATE PER 11 E SELE LE BALLERIN CE CUP E WORLD DAN FINALE MONDIAL A 2020 ROM

LEVICO TERME

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A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome della sede del Museo degli

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A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il Spaventapasseri a Marter. nome della sede del Museo degli Spaventapasseri a Marter.

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VERTICALI: 1. Strumento tipico delle orchestrine jazz - 2. Il lager più spesso nominato - 3. Si ripetono nell'intento 4. Como - 5. La Yoko moglie di J. Lennon - 6. Una Mezzo... in Trentino - 7. Dicesi di cavalli facili a spaventarsi - 8. Il 6 nome della Patuzzi famosa violinista svizzera - 9. Svolge i compiti del Servizio Sanitario Nazionale (sigla) - 10. Il più lungo fiume africano - 11. Regione del Corno d'Africa contesa fra Etiopia e Somalia - 16. Un istituto con personalità 7giuridica - 17. Si dice di sostanza che assorbe facilmente l'umidità atmosferica - 19. Quello d'Arabia è conosciutissimo!7 24. Il Dante a cui è dedicato il ponte sul Rio Maggiore a Levico Terme - 28. Nei cortei sventolavano il Libretto rosso 29. Chimere, illusioni - 32. Il più famoso Edgard Allan - 34. Targa di Sondrio - 36. Il bulbo che si strofina sulla bruschetta - 838. Volere bene - 39. Una voce della busta paga (sigla) - 44. Il verso del grillo - 45. Un taglio netto! - 50. Il centro di Padova - 51. Edward per gli amici.

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QUESITO A SCHEMA

A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome di un famoso ingegnere trentino progettatore di una colossale opera idraulica in Africa.

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VERTICALI: 1. Circolavano in Valsugana nel 1600 - 2. Lo sono le persone benestanti - 3. Prima di... Vegas - 4. Lo studio dei Pesci - 5. I portatori-guida himalayani - 6. Però - 7. Vi si trova Palù del Fersina rispetto a Pergine - 8. Un fiato nell’orchestra - 9. Il Dies del Giudizio Universale - 10. Arma da lancio australiana - 13. Lo fu di origine il Re Porsenna 14. Simbolo del tallio - 16. Un comune saluto - 19. Rincalzare le lenzuola o le coperte - 21. Le immagini sul desktop - 22. È famoso quello della Comparsa a Montagnaga di Piné - 24. I rifiuti che in Valsugana si depositano nei cassonetti marrone - 25. Le periferie di... Calceranica - 27. Le vocali nel lago - 28. I chiacchieroni ne hanno due! - 29. Pari sulla schedina - 30. Il Toe che è il più semplice salto nel pattinaggio su ghiaccio - 32. Un fitto bosco - 33. Un Gruppo come The Indigo Devils di Levico Terme - 38. Un pipistrello... a Londra - 41. Lo è l’azoto - 43. Non qui - 44. Compose molte colonne sonore di Spaghetti western (iniz.) - 45. Arezzo - 46. In mezzo all’oceano.

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Il numero di febbraio di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 2 marzo 2020

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